Sui due significati, naturale e soprannaturale, del termine salus

Spiritualità

Sui due significati, naturale e soprannaturale, del termine salus

Autore:        Mons. Egidio Faglioni

Il termine salus significa sia salute che salvezza. Il primo termine ha un significato naturale, terreno, medico, fisiologico e psicologico. Il secondo ha un senso soprannaturale, ultraterreno, spirituale. Per la Dottrina sociale della Chiesa i due termini non sono estranei né tantomeno opposti. Basterebbe pensare a questo passaggio della Caritas in veritate di Benedetto XVI: “Senza la prospettiva di una vita eterna, il progresso umano in questo mondo rimane privo di respiro” (n. 11).

La prospettiva della Dottrina sociale della Chiesa circa il rapporto tra salute in senso sanitario e salute in senso spirituale fa riferimento a due livelli della realtà, quello della natura e quello della sopra-natura. La salus che interessa ultimamente alla Chiesa è la salus animarum, in vista della beatitudine eterna come fine ultimo dell’uomo. Questa prospettiva apre però a una luce nuova anche sulla salus in senso sanitario.

Il fondamento biblico, io in particolare mi rifaccio al Vangelo di Giovanni, suggerisce che la vita naturale è simbolo di uno speciale dono di Dio, del dono per eccellenza, che è la “vita divina” (cfr. Gv 12, 25).

Infatti la vita fisica è il possesso più prezioso dell’uomo nel senso che da esso derivano tutti gli altri. Non hanno senso gli altri doni – ricchezze, salute, onori – se non si è vivi.

C’è quindi una duplice analogia nell’uso giovanneo del termine “vita – zoé”.

  1. Rispetto a Dio, anzitutto. Poiché l’uomo pensa Dio a partire da categorie umane, può parlare della “vita” di Dio – benché non sia una vita fisica – indicando ciò che è il suo essere nella pienezza di tutti i doni e le ricchezze spirituali immaginabili.
  2. Allora il più grande atto di amicizia di Dio per l’uomo viene descritto come partecipazione a questa pienezza che è l’essere di Dio, la sua “divinità”, la sua vitalità ricca di amore, di gioia e di creatività.

La seconda analogia è dunque quella tra la vita fisica dell’uomo e la vita divina dell’uomo.

Questa vita divina viene comunicata all’uomo il quale può così essere chiamato anche “figlio” (altra grande analogia umana, perché essere figlio è anzitutto un fatto biologico). Partecipare alla “vita di Dio” è il più grande atto di amicizia di Dio verso l’uomo che riceve il dono della “vita eterna”, della “vita”.

Comprendiamo dunque che per Giovanni la vita fisica, naturale è un simbolo per indicare il più prezioso dei doni divini.

Questa vita – zoé, questa “vita eterna” è la vita che vive Dio stesso, che il Figlio riceve dal Padre: “Come il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso” (Gv 5, 26). E il Figlio è venuto tra gli uomini per farli partecipi di questo dono che Egli ha dal Padre: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10, 10).

Gesù stesso è “vita” (“Io sono la risurrezione e la vita: chi crede in me anche se muore alla vita fisica vivrà della vita divina”). Anzi chi crede in Gesù neppure “gusterà la morte” (Gv 8, 52), cioè non sarà sconvolto dalla sua amarezza perché ha già la vita che dura sempre, la vita stessa di Dio che non può morire: “Se uno osserva la mia parola non vedrà mai la morte” (8, 51), perché è già passato “dalla morte alla vita” (5, 24).

Non può dunque esserci dubbio che per Giovanni la vita divina, la vita dei figli, è qualitativamente diversa dalla vita naturale, perché non può essere distrutta dalla morte: “Chiunque vive e crede in me non morrà in eterno” (11, 26).

Nel Vangelo di Giovanni la vita eterna e la figliolanza divina sono doni già in possesso del cristiano, benché ci sia anche una risurrezione futura.

Il rapporto tra il vangelo della vita secondo Giovanni e l’impegno per la difesa della vita

         Qual è il rapporto tra il vangelo della vita divina, della vita eterna, e l’impegno per la difesa della vita naturale?

         Credo sia molto importante tenere presente questo rapporto, per evitare di agire soltanto come agenti di civiltà, di umanità, e non come proclamatori del vangelo.

         Vorrei subito osservare che noi siamo nella strana condizione di dover riflettere sul significato e il valore della vita fisica.

         Cerchiamo dunque di rispondere alla domanda.

Come prima riflessione, occorre tener conto dei diversi livelli del vivere e dei loro rapporti:

  • C’è anzitutto la vita biologica, il fatto cioè di possedere un corpo organico capace di autoregolarsi e di organizzarsi nei suoi processi interni.
  • Su questo supporto c’è poi la vita psichica, la vita di chi si apre alla relazione con le cose e le persone mediante le sensazioni, gli impulsi, gli stimoli.
  • Questa vita è alla base della vita relazionale vera e propria, di chi entra in contatto con le persone mediante il linguaggio, l’affetto, il dono di sé, l’amore, la vita di famiglia, le amicizie, il rapporto sociale, ecc..
  • Come quarto e supremo livello c’è la vita divina, il partecipare al vivere stesso di Dio, che ci viene dall’alto e corona il dono originario della creazione, corona tutti i livelli precedenti.

I primi tre livelli, nel piano divino, sono finalizzati al quarto. La vita puramente fisica è attratta da una finalità che la porta verso la vita della psiche; questa, a sua volta, porta alla vita di relazione che è attratta da una finalità ultima, che l’apre alla vita divina.

Il vangelo della vita è dunque il vangelo della comunicazione che Dio fa all’uomo del suo vivere in pienezza. Il rispetto della vita fisica ha allora il suo senso pieno nell’ordinamento verso la vita in pienezza, la vita eterna. Annunciare il vangelodella vita significa annunciare il primato della vita divina e la finalizzazione di ogni vita umana a questo traguardo. Solo così un cristiano annuncia degnamente il vangelo della vita: ponendo come punto di riferimento essenziale il dono della vita divina per l’eternità, destinato a ogni creatura umana.

Come trovare intesa sui valori di difesa della vita con coloro che non ammettono la vita eterna?

         Vorrei concludere con un’ultima domanda: Come fare per trovare qualche intesa sui valori di difesa della vita fisica, psichica, relazionale, con coloro che non ammettono o non danno importanza alla vita eterna? Come ottenere il massimo di consensi nella società civile, per condurre una battaglia di difesa della vita nel nostro mondo occidentale che è in parte preoccupatissimo della vita, della salute e in parte negligentissimo rispetto al alcuni altri momenti della vita?

Credo che si possa giungere a un’intesa ampia tenendo conto della intrinseca ordinazione della vita fisica alla sua pienezza eterna, di cui abbiamo parlato. Tale ordinazione a chi crede si rivela in chiarezza, e a chi non crede, ma è pensoso e attento ai valori, si manifesta almeno come mistero, come quell’alone di riverenza che la vita fisica, anche della più povera creatura umana, irradia attorno a sé, suscitando rispetto di chiunque abbia un senso di dignità interiore.

Un aspetto non secondario, per i due significati del termine salus di cui parlavo all’inizio, è l’atteggiamento della Chiesa in questo campo. Da questo punto di vista essa ha alle sue spalle una storia gloriosa, alla quale non deve rinunciare per integrarsi nel nuovo sistema di controllo statalista e sovra-statalista che intende la medicina come uno strumento del potere politico globalista che mira al controllo sociale preventivo.

                                          Mons. Egidio Faglioni

                                Asola

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