NewsUCIPEM n. 780 – 17 novembre 2019

                NewsUCIPEM n. 780 – 17 novembre 2019

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02 ABORTO                                                       Interruzione gravidanza: ultime sentenze

03 ACCOGLIENZA FAM.TEMPORANEA  5 principi per rilanciarlo: il Tavolo Nazionale scrive a Mattarella

04                                                                          Affidamento del minore: il ruolo dei nonni

05 ADOZIONE                                                   Rapporti tra ordinamenti

05 ADOZIONI INTERNAZIONALI                Di spending review i bimbi abbandonati ne hanno fatta fin troppa

06 AFFIDO CONDIVISO                                 Diritto di visita? Decide il giudice di merito

07                                                                          Emergenza: troppi «orfani» per i conflitti tra padre e madre    

08 AFFIDO ESCLUSIVO                                  Perde le figlie il padre che se ne disinteressa

09 ASSOCIAZIONI – MOVIMENTI             AICCeF. 65a Conferenza internazionale dell’ICCFR a Roma

09                                                                          “Il consulente familiare” n4\2019

10                                                                          Volontari dei Cav a convegno: «Così diamo vita al futuro»

11 CENTRO INTERN. STUDI FAMIGLIA   Newsletter CISF – n. 42, 13 novembre 2019

13 CHIESA CATTOLICA                                  De mulieribus ordinandis: percorsi ne fonti teologiche medievali.3

14                                                                          Filosofi antichi che non amano le donne: l ‘origine del pregiudizio

15 CHIESA DI TUTTI Chiesa dei poveri   Ripudio della dialettica

16 COMM. ADOZIONI INTERNAZION.    Comunicato Slovacchia

17 CONGRESSI-CONVEGNI–SEMINARI  Assisi. Quel Gesù della strada

17                                                                          Milano.Eros, relazione, progetto. I tre cervelli della coppia

17 CONSULTORI UCIPEM                            Milano2. Foglio di informazione n. 108 – novembre 2019

18                                                                          Napoli. I (quasi) 60 anni del primo consultorio del Sud Italia     

19                                                                          Portogruaro. Incontri su “Il corpo racconta”

20 CORRUZIONE                                             Corruzione di minorenne: ultime sentenze

21 DALLA NAVATA                                         XXXI Domenica del Tempo ordinario- Anno C – 3 novembre 2019

21                                                                          Neppure un capello si perderà nel nulla

21 DIRITTI DEI MINORI                                 Ancora colpita da disuguaglianze, 30 anni dopo Convenzione ONU

23 DONNE NELLA CHIESA                            La donna sirofenicia che resiste e convince Gesù

23                                                                          Vangeli tradotti e commentati da quattro bibliste

25 FRANCESCO VESCOVO DI ROMA        No a laici clericalizzati e sì a donne in ruoli di governo

26 MATRIMONIO                                           Denuncia per tradimento coniugale

27 MEDICINA PREVENTIVA                        Aids, 15mila pazienti non sanno di avere il virus dell’HIV

28 MINORI                                                        Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza

29 PROCREAZIONE ARTIFICIALE               PMA ‘post mortem’ e status giuridico del nato

30 PSICOLOGIA                                               Comportamenti autolesivi, quei disagi senza via d’uscita

31 SESSUOLOGIA                                            Lo studio, dieta mediterranea con cibi bio migliora seme maschile

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ABORTO

  Interruzione gravidanza: ultime sentenze

1)      Interruzione colposa della gravidanza e omicidio colposo: differenza. In tema di delitti contro la persona, il criterio distintivo tra la fattispecie di interruzione colposa della gravidanza e quella di omicidio colposo si individua nell’inizio del travaglio, momento in cui prende il via il processo fisiologico di separazione del feto dal corpo materno e il nuovo essere acquista autonomia, con conseguente fine della gravidanza (fattispecie in cui il reato di omicidio colposo era stato correttamente contestato, perché il decesso era avvenuto dopo che la partoriente aveva già espulso il liquido amniotico a causa della rottura delle membrane).       Cassazione penale sez. IV, 30/01/2019, n.9447

2)      Assunzione di prove dichiarative. Non sussiste l’obbligo di rinnovazione dell’assunzione delle prove dichiarative nel caso in cui il giudice di appello, che riforma “in peius” la sentenza di condanna di primo grado, procede solo ad una diversa riqualificazione dei giuridica dei fatti, senza però rivalutare il contenuto dichiarativo delle deposizioni dei testi escussi. (Fattispecie in cui in primo grado l’imputato era stato condannato per il delitto di tentata violenza privata nei confronti della compagna, mentre in appello i giudici avevano pronunciato una sentenza di condanna per i delitti di sequestro di persona, maltrattamenti e tentata interruzione non consensuale della gravidanza, in conformità alle originarie imputazioni).                                      Cassazione penale sez. V, 27/03/2018, n.32351

3)      Erronea esecuzione dell’interruzione di gravidanza e nascita indesiderata. Nei casi in cui la erronea esecuzione dell’intervento di interruzione della gravidanza determini una nascita indesiderata, può essere riconosciuto non solo il danno alla salute della madre, ma anche quello sofferto da entrambi i genitori per la lesione della libertà di autodeterminazione, diritto che una lettura costituzionalmente orientata della legge n. 194 del 1978 consente di ricollegare a una visione complessiva del bene salute, inteso come benessere psicofisico della persona. Milita in tale senso una interpretazione anche soltanto letterale dell’articolo 1 della normativa sopra richiamata che pone a oggetto della tutela una procreazione cosciente e responsabile, e del seguente articolo 4 che, elencando le ragioni che legittimano la richiesta di interruzione della gravidanza, indica le circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il patto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsione di anomalia o malformazioni del concepito, con una visione onnicomprensiva del diritto costituzionalmente garantito di cui all’articolo 32 della Costituzione. Cassazione civile sez. III, 29/01/2018, n.2070

4)      Medico induce la donna ad abortire illegalmente. Integra il reato di concussione la condotta del medico in servizio presso il reparto di ginecologia di un ospedale, il quale, strumentalizzando la propria posizione in ambito ospedaliero (era uno dei sanitari non obiettori in servizio presso l’ambulatorio di interruzione volontaria della gravidanza), con la prospettazione di lungaggini nella pratica standard e ostacoli organizzativi, induca le donne gravide, che avevano necessità di abortire in tempi contenuti, a un aborto illegale a pagamento presso il proprio studio.

Cassazione penale sez. VI, 15/11/2016, n.53444

5)      Patologia non diagnosticabile nell’utero. In considerazione della estrema difficoltà di diagnosticare la sindrome una volta nato il bambino, va ritenuta tecnicamente attendibile l’affermazione del C.T.U. per il quale la suddetta sindrome è una patologia, oltre che rara, non diagnosticabile in utero, cioè in fase prenatale. Pertanto, non v’errano indicazioni per proporre l’interruzione volontaria della gravidanza, poiché il feto era ecograficamente sano.        Tribunale Bari sez. II, 07/06/2016, n.3100

6)      Interruzione volontaria di gravidanza di donna minorenne. La minore deve comparire in giudizio per essere autorizzata dal giudice tutelare a decidere autonomamente in ordine all’interruzione della gravidanza. La mancata comparizione non consente al giudice di verificare se la stessa sia in grado di comprendere il significato e le conseguenze della propria scelta.     Tribunale Mantova, 29/02/2016

7)      Istanza al giudice tutelare per l’interruzione della gravidanza. Qualora una ragazza di età minore faccia istanza al giudice tutelare per essere autorizzata ad interrompere la gravidanza ai sensi dell’art. 12 L. n. 194 del 1978, ma non si presenti a lui, pur essendo stata ritualmente convocata a data ed ora fisse, il giudice, impossibilitato a conoscere del tutto la fattispecie e ad accertare le ragioni tutte della richiesta e, soprattutto, che la ragazza stia agendo in piena libertà morale e con la necessaria consapevolezza della rilevanza, attuale e futura, di ciò che chiede, non può che rigettare la richiesta muliebre, ferma restando la possibilità, per la ragazza, di rinnovare successivamente l’originaria richiesta, osservando del tutto quanto, al riguardo, è previsto dalla legge de qua [di cui si tratta].

                                                                             Tribunale Mantova, 29/02/2016

8)      Malattia grave e interruzione della gravidanza. In caso di responsabilità medica per nascita non desiderata la madre non è esonerata dall’onere della prova della malattia grave, fisica o psichica, che giustifichi il ricorso all’interruzione della gravidanza, nonché della sua conforme volontà di ricorrervi.

                                   Cassazione civile sez. unite, 22/12/2015, n.25767

9)      Anomalie nel feto: informazione sui rischi conseguenti alla prosecuzione della gravidanza. In materia di responsabilità per attività medico-chirurgica, il ginecologo di fiducia della gestante che riscontri, tramite esame specialistico, un’alterazione cromosomica o altre anomalie del feto, non può limitarsi a comunicare tale dato alla propria paziente, indirizzandola al laboratorio di analisi per ulteriori approfondimenti, atteso che gli obblighi di informazione a suo carico devono estendersi a tutti gli elementi idonei a consentire a quest’ultima una scelta informata e consapevole, sia nel senso della interruzione della gravidanza, che della sua prosecuzione, non sottacendo, in tal caso, l’illustrazione delle problematicità da affrontare; a propria volta, il laboratorio di analisi ed il genetista non possono limitarsi alla verifica della esistenza della anomalia, reindirizzando la paziente al ginecologo di fiducia ma, a specifica richiesta della gestante, devono soddisfare le sue richieste di informazione anche in relazione alle più probabili conseguenze delle anomalie riscontrate.

Cassazione civile sez. III, 28/02/2017, n.5004

10)  Pericolo di malformazioni del nascituro e interruzione volontaria della gravidanza. Il sanitario, seppure in colpa per non avere fatto effettuare i dovuti esami onde accertare il pericolo di malformazioni del nascituro, non risponde dei danni nei confronti del minore malformato per non avere la madre optato, stante l’ignoranza del rischio, per l’interruzione volontaria della gravidanza, non essendo concepibile nel nostro ordinamento un diritto a non nascere del minore malformato.

Cassazione civile sezioni unite 22/12/2015, n.25767

La legge per tutti        15 novembre 2019

www.laleggepertutti.it/330401_interruzione-gravidanza-ultime-sentenze

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ACCOGLIENZA FAMILIARE TEMPORANEA

Cinque principi per rilanciarlo: il Tavolo Nazionale scrive a Mattarella

La delegittimazione dell’affido è un gioco pericoloso. Perché mette in serie difficoltà un sistema che garantisce ai minori in difficoltà un’alternativa. Così le Associazioni e Reti di famiglie affidatarie aderenti al Tavolo Nazionale Affido hanno preso carta e penna per scrivere al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Scrivendo, hanno manifestato tutta la loro preoccupazione sulle conseguenze negative per i bambini ed i ragazzi, di questa “campagna in atto di strumentalizzazione e di discredito dell’intero sistema di tutela dei diritti dell’infanzia, che coinvolge sia gli attori istituzionali preposti che le migliaia di affidatari che hanno accolto nel corso degli anni minorenni nelle loro famiglie, dedicandosi a loro con tanto impegno ed affetto e che svolgono un prezioso ruolo di protezione dell’infanzia”.

            “Osserviamo – hanno proseguito – con preoccupazione il diffondersi di un clima di diffidenza e di sospetto verso l’affidamento familiare che ha portato negli ultimi mesi ad una all’allarmante diminuzione di disponibilità all’accoglienza e il proliferare di iniziative legislative nazionali e regionali, fondate sul presupposto che debba essere evitata la totalità degli allontanamenti dei bambini dai loro genitori. Riteniamo che questo metta a rischio la protezione e la tutela di quei minorenni che vivono in situazioni familiari di grave negligenza e maltrattamento. La carenza di interventi a sostegno delle famiglie fragili e l’assenza di livelli essenziali delle prestazioni sociali indeboliscono ulteriormente il sistema di tutela dei minorenni”. Le associazioni e le famiglie hanno inoltre chiesto al Presidente un incontro per condividere con lui le loro preoccupazioni.

            La richiesta arriva in seguito alla riunione svoltasi a Milano del Tavolo Nazionale Affido, in cui sono stati promulgati cinque principi per rimettere al centro il diritto dei bambini a crescere in una famiglia, messo in pericolo dal clima di sfiducia che attornia l’affidamento famigliare.

            Si tratta di quattro doveri e un diritto:

  1. “Il dovere di ogni politica, misura e intervento istituzionale e di ogni azione civile di perseguire innanzitutto il benessere di bambini e ragazzi, i cui interessi sono da considerarsi sempre preminenti rispetto a quelli degli adulti, così come stabilito dalla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo sottoscritta anche dall’Italia”;
  2. “Il diritto di ogni bambina e bambino e di ogni ragazza e ragazzo a crescere nella propria famiglia e il connesso dovere delle Istituzioni e della società civile di offrire alle famiglie fragili adeguati servizi e interventi di sostegno, la cui erogazione va resa certa ed esigibile in modo omogeneo in tutto il territorio nazionale, così come stabilito dalla legge 184/1983 e successive modifiche”;
  3. “Il dovere di proteggere ogni minorenne la cui famiglia, nonostante i sostegni, manifestasse gravi carenze nel rispondere ai suoi bisogni di crescita, o mostrasse comportamenti maltrattanti e/o abusanti, attivando – in base alle situazioni – adeguati e tempestivi interventi di tutela secondo il primario interesse del bambino: affidamento familiare, accoglienza in comunità di tipo familiare, adozione. Si ricorda che l’affidamento è una famiglia accanto in più a un bambino, non una in meno;
  4. “Il dovere di qualificare il sistema dei servizi istituzionali di tutela minorile, e di sostegno alle famiglie assicurando congrui investimenti sia in termini di risorse che di organici, e accompagnando percorsi di integrazione e di rete tra i diversi soggetti”;
  5. “Il dovere di assicurare i necessari controlli sull’adeguatezza del sistema di protezione minorile, innanzitutto mediante l’effettiva attuazione delle misure di accompagnamento e monitoraggio previste dalla normativa vigente, contrastando ogni possibile illecito o conflitto di interessi”.

AiBinews 17 novembre 2019

www.aibi.it/ita/affido-cinque-principi-per-rilanciarlo-il-tavolo-nazionale-scrive-a-mattarella/

 

Affidamento del minore: il ruolo dei nonni

Corte di Cassazione, prima Sezione Civile, sentenza n. 28257, 4 novembre 2019

www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_36441_1.pdf

     Nello svolgimento del giudizio sull’adeguatezza, o meno, del familiare prescelto quale affidatario in via temporanea del minore, il giudice di merito deve valorizzare le figure vicarianti inter-familiari, ad esempio i nonni. In particolare, deve soffermarsi sul loro contributo al mantenimento del rapporto con la famiglia di origine, criterio guida di ogni scelta in materia di affido, anche temporaneo, dei minori. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione pronunciandosi su una vicenda di affidamento di tre minori in un ambiente protetto etero familiare, stante la ritenuta adeguatezza delle competenze dei genitori e nonni paterni.

Il caso. In particolare, l’allontanamento dei ragazzini era stato disposto a causa delle violenze subite dai genitori. Nemmeno i nonni erano ritenuti adeguati a prendersi cura dei piccoli stante l’età avanzata, l’atteggiamento di giustificazione della condotta violenta del figlio, il ricorso del nonno a metodi educativi violenti rispetto a uno dei nipoti e l’atteggiamento fortemente critico della nonna con la madre dei minori.

In Cassazione, i nonni contestano questi elementi e ritengono che il giudice a quo non abbia effettuato un’accurata valutazione sulla loro idoneità nel rendersi affidatari dei minori, nonostante costoro fossero già stati designati in precedenza quali affidatari dal Sindaco del Comune. In particolare, rammentano come i nonni facciano parte del cerchio parentale più ristretto e deputato, come tale, allo svolgimento del percorso di recupero del ruolo genitoriale.

L’affido temporaneo etero familiare. L’affido temporaneo etero-familiare, rammentano i giudici, rappresenta una misura offerta al bambino che versa in difficoltà, determinate dalla malattia di un genitore, isolamento sociale, trascuratezza, fenomeni di violenza fisica e psichica, relazioni disfunzionali, e quindi in casi che, temporaneamente, possono ostacolare la funzione educativa o la convivenza tra genitore e figlio.

L’affido temporaneo etero-familiare è dunque un intervento “ponte”, destinato a rimuovere situazioni di difficoltà e di disagio familiare all’esercizio della responsabilità genitoriale e a porsi in funzione strumentale alla tutela riconosciuta, con carattere prioritario, dall’ordinamento al diritto del minore a crescere nella propria famiglia d’origine.

            La misura rientra tra i provvedimenti convenienti per l’interesse del minore, di cui all’art. 333 c.c., in quanto volta a superare la condotta pregiudizievole di uno o di entrambi i genitori, senza dar luogo alla pronuncia di decadenza dalla responsabilità genitoriale.

L’affidamento ai membri della famiglia allargata. Dunque, ben può declinarsi nelle forme dell’affidamento interfamiliare, ovverosia ai membri della cosiddetta “famiglia allargata”, nell’esigenza, prioritaria, di evitare al minore, insieme al trauma conseguente all’allontanamento dai genitori, quello di vedersi deprivato del contesto familiare in cui è cresciuto.

Dunque, ove l’affido etero-familiare abbia un’apprezzabile distensione temporale che rifugga, come tale, dal definire una situazione di stretta urgenza, emerge l’esigenza di non allentare il legame del minore con la famiglia di origine, di cui i nonni sono chiara espressione.

            Si tratta di una conclusione strumentale alla tutela del diritto, finale e personalissimo, del minore a crescere nella famiglia naturale a salvaguardia del suo sano ed equilibrato sviluppo psico-fisico

Affidamento minori: va valorizzato il ruolo dei nonni. Pertanto, conclude la Corte, il giudizio e l’eventuale istruttoria che il giudice di merito è tenuto a svolgere in ordine all’adeguatezza, o meno, del familiare prescelto quale affidatario in via temporanea, ai sensi dell’art. 333 c.p.c., a soddisfare le esigenze del minore e a salvaguardarne il sano ed equilibrato sviluppo psico-fisico, va accuratamente svolto, valorizzando delle figure vicarianti inter­familiari il contributo al mantenimento del rapporto con la famiglia di origine che è criterio guida di ogni scelta in materia di affido, anche temporaneo, dei minori.

            Il decreto impugnato non ha fatto applicazione di tale principio, in quanto, nel negare l’affido temporaneo ai nonni dei minori, ha valorizzato evidenze in fatto che in nessun modo ha posto in valutazione, per saggiarne la resistenza, rispetto al diritto dei minori a crescere e a permanere nella famiglia di origine, anche allargata a figure vicarianti, al fine di non allentare, seppure temporaneamente, i legami con la stessa.

Lucia Izzo       studio Cataldi 17 novembre 2019

www.studiocataldi.it/articoli/36441-affidamento-del-minore-il-ruolo-dei-nonni.asp

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ADOZIONE

Rapporti tra ordinamenti

La conservazione dello status filiationis di un minore straniero adottato da una coppia dello stesso sesso all’estero, che chiede la trascrizione del provvedimento in Italia, è una questione della massima importanza e, quindi, la Corte di Cassazione, I sezione civile, con ordinanza interlocutoria n. 29071 depositata l’11 novembre 2019, ha chiesto al Primo Presidente di assegnare la trattazione del caso alle Sezioni Unite (29071).

La vicenda ha al centro il ricorso di un sindaco italiano che si oppone all’ordinanza della Corte di appello di Milano del 9 giugno 2017 con la quale era stata dichiarata l’efficacia del provvedimento di adozione della Surrogate’s Court dello Stato di New York di un minore, cittadino americano, da parte di una coppia dello stesso sesso che si era sposata negli Stati Uniti. La coppia di genitori adottivi era costituita da due cittadini statunitensi, uno dei quali, però, aveva anche la cittadinanza italiana. Ad avviso del Sindaco, oltre a un errore sulla sua legittimazione passiva, la Corte di appello non avrebbe tenuto conto dell’incompatibilità del provvedimento straniero con i principi della Costituzione italiana e dell’ordine pubblico internazionale. Questo perché la legge n. 184/1983 consente l’adozione legittimante solo ai coniugi uniti in matrimonio che, in Italia, è consentito unicamente a coppie di sesso diverso.

La Cassazione ha evidenziato l’importanza della questione tenendo conto che, in passato, in particolare con la pronuncia n. 14007/2018, la stessa Suprema Corte si era occupata di un riconoscimento di una sentenza straniera di adozione legittimante riguardate due donne francesi coniugate all’estero, residenti in Italia, che chiedevano il riconoscimento di una sentenza francese con la quale era stato deciso il riconoscimento dell’adozione del figlio biologico di una delle donne. Una questione diversa, quindi, rispetto a quella attuale nella quale manca del tutto un genitore biologico. Inoltre, tenendo conto della relatività del limite dell’ordine pubblico, anche alla luce dei principi dell’ordinamento internazionale e della circostanza che “si profila l’ulteriore questione di massima di particolare importanza sul se lo scrutinio di compatibilità con l’ordine pubblico devoluto all’autorità giudiziaria italiana debba o meno includere la valutazione estera di adottabilità del minore”, la I Sezione ha chiesto l’intervento delle Sezioni Unite

www.marinacastellaneta.it/blog/la-cassazione-sul-riconoscimento-di-un-provvedimento-straniero-di-adozione-da-parte-di-una-coppia-dello-stesso-sesso-italian-supreme-court-on-same-sex-married-couples-adoption-abroad.html

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ADOZIONI INTERNAZIONALI

Marco Griffini (Ai.Bi.): “Di spending review i bimbi abbandonati ne hanno fatta fin troppa”

“Mi sento di dare un suggerimento al ministro Bonetti. Le famiglie adottive non possono essere trattate come le ‘normali’ altre famiglie. Si meritano molto di più: hanno dovuto pagare, anche profumatamente, il loro parto e lo hanno fatto non pensando soltanto a sé stessi, ma rimediando, con il loro atto di giustizia, alle colpe di una società che ha privato un bambino della cosa per lui più preziosa: un padre e una madre”. Il commento è del presidente di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, Marco Griffini, in seguito alle dichiarazioni con cui il ministro della Famiglia, Elena Bonetti, ha risposto alle critiche sul taglio di due milioni al Fondo Adozioni per il triennio 2020-2022.

“Secondo il ministro – ha proseguito Griffini – quella che si è verificata è una ‘normale spending review’ che ha inciso sui vari Fondi. Mi permetto di ricordarle che, di spending review, normale o meno, i bimbi abbandonati ne hanno fatta anche troppa. Il sistema delle adozioni è in crisi nera, inutile negarlo. Lo stesso ministro ha parlato apertamente di una necessità di rilancio. Ebbene il primo segnale potrebbe essere l’accoglimento di quel bonus forfettario da 10mila euro ad adozione che sarebbe perfettamente in linea con le necessità anche in termini di politiche per la natalità”.

Il ministro Bonetti ha inoltre dichiarato ad Avvenire che, con il Fondo, lo Stato è in grado “di assicurare i rimborsi spese per le adozioni internazionali” e che anzi è “allo studio un provvedimento che ne aumenti gli importi”. Affermazione che non sembra proprio corrispondente alla “realtà dei fatti”. Recentemente la legge di bilancio è stata infatti contestata anche dalla cabina di regia “Adozione 3.0” e dal Forum delle Associazioni Familiari.

AiBinews                    13 novembre 2019

www.aibi.it/ita/marco-griffini-ai-bi-di-spending-review-i-bimbi-abbandonati-ne-hanno-fatta-fin-troppa

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AFFIDO CONDIVISO

Diritto di visita? Decide il giudice di merito

Corte di Cassazione prima Sezione civile, ordinanza n. 24937, 7 ottobre 2019

https://sentenze.laleggepertutti.it/sentenza/cassazione-civile-n-24937-del-07-10-2019

Non spetta alla Corte di legittimità, bensì al giudice di merito fissare le modalità di esercizio del diritto di visita del genitore, nel rispetto dell’interesse esclusivo del minore. La pronuncia in commento trae origine dall’impugnazione avverso la decisione con cui, il giudice di merito, aveva rigettato l’istanza proposta dal ricorrente per ottenere l’ampliamento del diritto di visita al figlio. La Corte territoriale aveva respinto tale domanda in quanto, il regime proposto dal genitore, sarebbe stato articolato e frammentario, perciò disfunzionale rispetto alle esigenze del figlio.

Nel ricorso proposto in Cassazione, il ricorrente ha lamentato che, nonostante fosse stato adottato il regime dell’affido condiviso, la contrazione del periodo di visita del padre nascondeva di fatto, il regime di affido esclusivo, atteso che il genitore, poteva trascorrere con il figlio solo quattro giorni al mese e due pomeriggi con pernottamento.

Pertanto, ha eccepito che la Corte territoriale avrebbe valutato la richiesta in modo erroneo, intendendola come un elemento di disturbo alla quiete del minore, trattandosi invece della possibilità di mantenere una significativa relazione padre/figlio.

Inoltre, il ricorrente ha censurato che la violazione delle norme sulle bigenitorialità e dell’ascolto del minore, avevano causato un grave pregiudizio a danno del minore.

Esaminando il ricorso, preliminarmente la Suprema Corte ha rilevato che, la regola dell’affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori non esclude che il minore sia collocato presso uno dei genitori e che sia stabilito uno specifico regime di visita con l’altro genitore.

Inoltre, ha precisato che spetta al giudice di merito il potere di stabilire le concrete modalità di esercizio del diritto di visita, non sindacabili nel giudizio di legittimità, ove è invece possibile sollevare censure solo in relazione ai principi in virtù dei quali il giudice di merito ha regolato le frequentazioni del genitore non convivente con il minore, qualora si discostino rispetto a quello fondamentale, fissato dall’art. 155 c.c., dell’esclusivo interesse del minore.

Nel provvedimento impugnato, la Corte territoriale aveva evidenziato che, l’ampliamento dell’esercizio del diritto di visita proposto dal padre, avrebbe dato luogo ad un regime estremamente articolato e frammentato, non funzionale alle esigenze di stabilità e serenità che devono necessariamente connotare la quotidianità del minore, argomentazione che soddisfa “il minimo costituzionale” richiesto dalla giurisprudenza consolidata della Corte di legittimità.

Orbene, trattandosi di un accertamento in fatto, non sindacabile in sede di legittimità, la Cassazione ha rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Maia Elena Bagnato   Altalex 11 novembre 2019

www.altalex.com/documents/news/2019/11/11/diritto-di-visita-decide-giudice-di-merito

Emergenza affido condiviso: troppi «orfani» per i conflitti tra padre e madre

Il dramma dell’«alienazione parentale» merita più attenzione. L’ipotesi di una riforma senza pregiudizi. Migliaia di ragazzini con questa ferita affettiva aperta che porta conseguenze sulla crescita. Sono diverse migliaia i ragazzini che crescono con questa ferita aperta, destinata a dilatarsi, a diventare baratro affettivo con conseguenze più o meno pesanti sul loro processo di crescita. La situazione non va sottovalutata, perché la conflittualità in cui sono immersi questi bambini non è un fatto privato

Le vittime innocenti della complessa e multiforme emergenza minori non sono soltanto quelle ingiustamente sottratte alle famiglie da un sistema di protezione che funziona a singhiozzo. Il caso Bibbiano ha portato alla luce situazioni drammatiche, per fortuna limitatissime da punto di vista numerico, di cui però conosciamo ‘quasi’ tutto. Sappiamo quanti sono i bambini che vivono in comunità e strutture d’accoglienza. Sappiamo quanti sono quelli in affido familiare.

E, anche se manca una banca dati nazionale capace di documentare in tempo reale i movimenti di questi piccoli – quelli per esempio che dopo un periodo di affido tornano alle proprie famiglie – le singole procure minorili, limitatamente al territorio di loro competenza, dispongono di dati sufficientemente certi. Poi non tutti gli uffici giudiziari operano con la stessa solerzia e con le stesse risorse per trasmettere i dati ai ministri competenti. E la conoscenza da ‘quasi’ certa, diventa ancora più aleatoria.

            Ma nell’arcipelago del nostro sistema che si occupa di minori coinvolti a vario titolo nella fragilità delle proprie famiglie c’è un dato che nessuno conosce. Ed è gravissimo. Sono i bambini che non possono più vedere uno o l’altro genitore, quasi sempre il padre. E che quindi crescono con questa ferita aperta, destinata a dilatarsi, a diventare baratro affettivo con conseguenze più o meno pesanti sul loro processo di crescita.

Perché soprattutto padri? Perché statisticamente, nonostante esista la legge sull’affido condiviso che si vorrebbe riformare, ad occuparsi concretamente dei figli nella separazione sono, nove volte su dieci, le madri. E può capitare che una percentuale più o meno rilevante di loro, consumata dai contrasti, dalle incomprensioni e dalla solitudine, finisca per armare i figli contro l’ex coniuge, appunto il padre. Scelta comprensibile ma inaccettabile quella della cosiddetta ‘alienazione genitoriale’, perché contribuisce a lacerare l’ultimo esile filo del legame che ancora rimane, aprendo la strada a un crescendo di rivendicazioni nocive per tutti, genitori e figli.

            Quanti sono i minori che vivono questa situazione da orfani di padre vivo? Le associazioni dei padri separati parlano di decine di migliaia di figli ‘alienati’. Impossibile arrivare ad una stima più accurata, proprio perché la definizione stessa è oggetto di contesa scientifica. Ma, al di là dei numeri, si tratta di una situazione da non sottovalutare, perché la conflittualità quotidiana in cui sono immersi questi ragazzi non è semplicemente un fatto privato, da nascondere, consumare e sopprimere tra le pareti di casa.

Il bene sociale rappresentato da ogni bambino impone di guardare con attenzione a questo mondo di sofferenza, nello sforzo di offrire ai genitori – proprio perché soli e in difficoltà – tutto il sostegno possibile. L’angoscia che pesa sulle loro spalle è enorme, e non sempre facilmente intuibile. Ed è vissuta con identica intensità, pur con modalità diverse, sia dalle madri che impediscono ai figli di vedere i padri, sia dai padri a cui viene vietato di esercitare il diritto-dovere dell’educazione. Non sempre le posizioni sulla barricata sono le stesse. In qualche caso la situazione si capovolge. Anzi, il numero delle madri messe alla porta dagli ex o dalle decisioni dei tribunali cresce di mese in mese. Anche loro, come gli ex coniugi, vittime di quella tendenza alienante su cui da tempo si è aperto un dibattito intensissimo.

            Le lettere che ci arrivano in redazione hanno toni strazianti e contengono pesanti propositi rivendicativi. Questi genitori sono arrabbiati contro tutto e contro tutti. Da una parte prendono di mira giudici e assistenti sociali a cui imputano una mancata tutela dei loro diritti. Dall’altra attaccano l’ex partner, puntano il dito contro le scelte di lei – e, come detto, talvolta di lui – segnate da una volontà di vendetta di cui i figli diventano allo stesso tempo strumento e vittime.

Dopo il caso Bibbiano queste lettere sono aumentate, inevitabilmente. Troppo clamoroso lo spunto per impedire a persone, che già soffrono profondamente per la lacerazione delle relazioni familiari, di sovrapporre il loro caso a quanto capitato in Emilia. Anche se in realtà ogni situazione segue percorsi propri ed è sempre difficile mettere a confronto realtà che nascono da contesti e vissuti diversi. Esistono, certamente, punti in comune. Chi guarda da vicino questi conflitti sa che quando la separazione diventa baratro di incomunicabilità e si carica di sentimenti pesantemente oppositivi, è difficile resistere alla tentazione di escludere l’ex partner dalla vita dei figli.

Non c’è legge che tenga. Oggi un genitore a cui è stato assegnato l’affido ‘prevalente’ dei figli, pur formalmente ‘condiviso’, ed è fermamente deciso a creare solchi invalicabili tra i piccoli e l’ex partner, ha a disposizione mille stratagemmi – distanze, orari, problemi di lavoro, certificati di malattia, impedimenti di vario tipo – per impedire i contatti. Quando poi sono i figli stessi, soprattutto dopo i 10-12 anni, ad esprimere la volontà di non vedere più il padre – o la madre –, anche il giudice meglio intenzionato deve alzare bandiera bianca. Ma questi ragazzini manifestano davvero una posizione sincera o sono stati strumentalizzati dal genitore con cui vivono?

 La diatriba sull’alienazione parentale nasce proprio dalla difficoltà di accertare con un certo grado di sicurezza la rilevanza e la tipologia di questa influenza. I gruppi femministi, ma non solo, schierati sempre e comunque per i diritti delle donne, sostengono che l’alienazione parentale sia strumento manovrato dai padri abusanti per ridurre all’impotenza l’ex coniuge e continuare a schiavizzare i figli. Capita anche questo purtroppo. Ma la convinzione che sia sempre e comunque così, appare segnata da un pesante pregiudizio ideologico. D’altra parte è difficile anche affermare che tutti i bambini intenzionati ad escludere l’uno o l’altro genitore dalla propria vita, siano vittime di alienazione. Le motivazioni sono davvero infinite e appare impossibile far risalire tutti i possibili sintomi al rigido protocollo di una sindrome definita.

Chi, di fronte alla fragilità di un minore che ha alle spalle una famiglia devastata, pretende di collegare sempre e comunque cause ed effetti rischia di finire a sua volta vittima di una posizione che ancora una volta è ideologica, con tutte le conseguenze nefaste che abbiamo già visto a Bibbiano e negli altri casi simbolo di questi decenni, dove l’accanimento teso a individuare comunque segnali di abuso ha soltanto ingigantito dolore e ingiustizia.

            Ma se, al contrario, sulla spinta emozionale di quel caso, pretendiamo di affermare che i genitori alienanti non esistano, finiamo di nuovo nella trappola della generalizzazione. Occorre la capacità e la pazienza di valutare caso per caso, senza pregiudizi. E ci vogliono quindi psicologi e pedagogisti preparati e obiettivi. E poi giudici altrettanto equilibrati e sereni, dotati di strumenti e risorse adeguate – di cui oggi non dispongono – disposti a valutare ogni situazione in prima persona, senza trasformare le relazioni dei servizi sociali in altrettante sentenze. Oggi troppe volte capita così.

 Ben venga una grande riforma quindi – una legge quadro con tutte le articolazioni necessarie – se questa è l’unica strada per bonificare il nostro sistema di tutela dei minori. Ma che sia un intervento legislativo non ideologico, in cui tutte le parti siano ascoltate sulla base delle diverse competenze. E, soprattutto, si valutino bene le conseguenze derivanti dall’affidare la regia di un’operazione così complessa a qualche ‘scontento’ di professione, con il rischio di amplificare la logica del sospetto su tutto e su tutti. I minori – e i loro genitori in crisi – hanno bisogno ben d’altro.

Luciano Moia Avvenire 12 novembre 2019

https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/figli-contro-i-genitori-separati-laffido-condiviso-che-non-va

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AFFIDO ESCLUSIVO

Perde le figlie il padre che se ne disinteressa

Corte di Cassazione, sesta Sezione civile, ordinanza 28244, 4 novembre 2019

www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_36332_1.pdf

Il padre che nel corso degli anni non si interessa delle figlie minori e non corrisponde il mantenimento perde il diritto all’affidamento congiunto. Con l’ordinanza citata la Cassazione ribadisce un importantissimo principio in materia di affidamento dei figli minori. In caso di separazione o divorzio, il giudice di merito, nel disporre l’affidamento dei figli deve prima di tutto tenere conto dell’interesse morale e materiale del minore. Valutazione che non può prescindere anche dalla condotta passata dei genitori e che non è sindacabile in sede di legittimità. Ragion per cui, non può essere disposto l’affidamento congiunto di due minori se il padre negli anni è venuto meno a tutti i suoi doveri genitoriali, non partecipando materialmente e moralmente alla vita delle figlie.

La vicenda processuale. Il giudice di secondo grado dispone l’affidamento esclusivo alla madre delle figlie minori e pone a carico del padre l’obbligo di provvedere al mantenimento delle stesse nella misura di 350,00 euro ciascuna. L’uomo però ricorre in Cassazione rilevando come:

  • Il giudice di secondo grado abbia disposto l’affidamento esclusivo delle figlie alla madre basandosi su un giudizio prognostico sulla condotta del ricorrente senza solide basi probatorie;
  • La sentenza debba considerarsi nulla stante l’assenza di motivazioni in relazione al fatto che le minori non avrebbero tratto alcun vantaggio dal proseguire la relazione con il padre;
  • La corte abbia omesso di prendere in considerazione le dichiarazioni delle minori, da cui emergeva la volontà di coltivare il rapporto vista l’importanza della figura paterne nelle loro scelte di vita.

Il giudice deve decidere per l’interesse primario del minore. La Cassazione dichiara il ricorso inammissibile perché il ricorrente mira a una ricostruzione più appagante del merito dei fatti emersi in giudizio e insindacabile in sede di legittimità. Gli Ermellini rilevano infatti come la decisione della Corte d’Appello impugnata risulti perfettamente conforme ai principi che ispirano la disciplina e la giurisprudenza in materia di affidamento, in caso di separazione e divorzio, incentrate sul primario ed esclusivo interesse morale e materiale dei minori. Nel disporre l’affidamento infatti il giudice deve privilegiare “quel genitore che appaia il più idoneo a ridurre al massimo i danni derivati dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore.”

Il giudice valuta anche la condotta passata dei genitori. Suddetta valutazione, contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente, deve essere fatta in base a un giudizio prognostico che tenga conto della capacità del padre o della madre di educare e crescere il figlio. Valutazione che non può prescindere dalla condotta passata “con particolare riguardo alla sua capacità di relazione affettiva, di attenzione, di comprensione, di educazione, di disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché sull’apprezzamento della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente che è in grado di offrire al minore.” Decisione, quella sull’affidamento dei figli minori, che spetta al giudice di merito e che non può essere censurata in sede di legittimità.

Nel caso di specie la Corte, nel rispetto dei principi sopra enunciati, ha disposto l’affido esclusivo delle figlie alla madre perché il padre ha dimostrato di non essere interessato alla vita delle minori. Egli si è infatti trasferito in una regione diversa rispetto a quella in cui risiedono le minori, negli anni non ha provveduto al loro mantenimento, non ha partecipato alle loro scelte di vita, trascurando quindi in generale i suoi doveri genitoriali.

Annamaria Villafrate Newsletter giuridica – Studiocataldi.it 11 novembre 2019

www.studiocataldi.it/articoli/36332-perde-le-figlie-il-genitore-che-se-ne-disinteressa.asp

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ASSOCIAZIONI – MOVIMENTI

AICCeF. 65a Conferenza internazionale dell’ICCFR a Roma

La Commissione Internazionale sulle relazioni della coppia e della famiglia, ICCFR, ed il Centro Internazionale Studi sulla Famiglia, CISF, hanno organizzato la 65a Conferenza internazionale ICCFR, svoltasi a Roma dal 14 al 16 novembre 2019: famiglie e minori, rifugiati e migranti   proteggere la vita familiare nelle difficoltà.

Vi hanno partecipato esperti e professionisti da tutto il mondo, e, dato l’argomento che in Italia ha assunto un connotato sociale di particolare rilievo, riteniamo sarà particolarmente sentito e vissuto.

L’Aiccef, Associazione Italiana Consulenti Coniugali e Familiari storico partner dell’ICCFR, ha partecipato ai lavori con una delegazione di alto livello, formata dalla presidente Stefania Sinigaglia dalle consigliere Rita Roberto e Sarah Hawker.

Nella giornata di sabato, l’Aiccef ha presentato un workshop specialistico dal titolo: Siamo ascolto che accoglie ed accompagna: la consulenza familiare per salvaguardare i diritti dei minori e delle famiglie immigrate o rifugiate in ricongiungimento. Il laboratorio è stato condotto da Stefania Sinigaglia e Rita Roberto, con il supporto linguistico di Sarah Hawker.

www.aiccef.it/it/news/65-conferenza-internazionale-dell-iccfr-a-roma.html

 

Il consulente familiare n. 4\2019

E’ in distribuzione il n. 4 de “Il consulente familiare”, organo di informazione dell’Associazione Italiana Consulenti Coniugali e Familiari.

  • Editoriale
  • Lettera della presidente Stefania Sinigaglia
  • L’assemblea dei Soci, Bologna 20 ottobre 2019. Relazione della Presidente e del segretario Maurizio Quagliano, con intervista al commercialista dr Nicola Cavina
  • Relazione a nome dei Revisori dei conti di Mariagrazia Latini
  • Giornata di studio su “La relazione al tempo dei social”: intervento del prof. Francesco Belletti
  • I cinque Laboratori su l’Adultescenza
  • Social media: quale futuro? di Rita Roberto
  • Pillole digitali di Maurizio Qualiano
  • Matrimoni dei nostri giorni a cura di Ivana De Leonardis
  • Il terzo incomodo diRenataD’Ambrosio
  • Rubrica di libri e film
  • Notizie da Milano, Roma, Firenze

Volontari dei Cav a convegno: «Così diamo vita al futuro»

www.mpv.org/event/diamo-vita-al-futuro-insieme-per-guardare-lontano

I diritti umani sono allergici alle deroghe: sacrosanto battersi contro il razzismo, odiosa forma di discriminazione, ma allora perché quando qualcuno chiede di considerare il bambino non ancora nato come appartenente alla famiglia umana (un’evidenza per qualunque mamma), con tutte le conseguenze del caso sul piano dei diritti, si alza subito la vibrata protesta di chi dice di battersi contro ogni esclusione? Non è forse anche la mano libera per sopprimere una vita umana nascente un modo per discriminare, particolarmente crudele perché contro l’indifeso per eccellenza?

Eppure quando Marina Casini Bandini propone questo semplice ragionamento ai 400 delegati di Movimenti per la vita (Mpv) e di Centri aiuto alla vita (Cav), da ieri a Montesilvano per il convegno nazionale, l’idea suona poco meno che rivoluzionaria: «Il nostro impegno – sillaba la presidente nazionale del Mpv – è paragonabile a quello che ha portato alla liberazione dalla schiavitù e all’uguaglianza dei “neri” rispetto ai “bianchi”. Anche il nostro – aggiunge, coerentemente – è un movimento di liberazione da una situazione di minorità in nome della dignità umana, perché affermiamo che tutti gli esseri umani sono uguali anche quando si trovano nella fase iniziale della loro esistenza».

            A centinaia di volontari di ogni età e condizione sociale che si mettono accanto alla vita – della mamma, del bambino, della famiglia – per aiutarla a rimuovere l’infinità di ostacoli sulla strada di una elementare affermazione di esistenza. La presidente chiede di guardare lontano, di «dare vita al futuro», come invita a fare il titolo di questo 39° incontro nazionale, proponendo un «impegno culturale» accanto al consolidato e preziosissimo «servizio concreto». Una scelta di campo attualissima, che risponde alla necessità di allargare le alleanze sul campo per «convincere tutta la comunità allo sguardo sul figlio concepito».

Non c’è alternativa a questa creazione di una rete che vada oltre questo – sempre commovente – “popolo della vita”. Un esempio concreto è l’impegno a «operare affinché il lavoro dei Cav sia accolto e riconosciuto valido come servizio pubblico», e non solo dove si può contare su amministrazioni locali sensibili come quella pescarese (con il sindaco Carlo Masci entusiasta sostenitore dei volontari pro life).

La sfida va oltre le schematizzazioni politiche (non sempre affidabili, peraltro). Lo ricorda nel suo messaggio il cardinale Gualtiero Bassetti: «Purtroppo oggi difendere la cultura della vita è diventato molto più difficile rispetto al passato – scrive il presidente dei vescovi italiani – a causa dell’affermazione di una mentalità nichilista e consumista che ha favorito il progressivo svuotamento di significato della persona umana».

Siamo dentro «una crisi di senso, civile e morale, che mina le basi della convivenza sociale al di là della fede che si professa». Sul rispetto della vita più vulnerabile – nascente, morente, povera, disoccupata, migrante – la nostra società si gioca il futuro. Per questo Bassetti vede nel Movimento per la vita «una forza di rinnovamento, di testimonianza e di speranza», spronando i suoi animatori a «operare incessantemente perché tutti, credenti e non credenti, comprendano che la tutela della vita umana fin dal concepimento è condizione necessaria per costruire un futuro degno dell’uomo».

            E se una perdurante e incomprensibile ostilità culturale e mediatica alla sua testimonianza può far credere che ci si batte per una causa nobile ma periferica, il presidente della Cei invita a sentirsi orgogliosi di quel che si continua a fare: «Quante vite umane avete salvato dalla morte!».

Difficile pensare a un argomento più convincente di questo. Uno sforzo per far risuonare il «Vangelo della vita eternamente giovane», dice Marina Casini Bandini, verso il quale papa Francesco nel telegramma inviato tramite il segretario di Stato cardinale Pietro Parolin indirizza il suo «sincero apprezzamento» per «l’impegno profuso a favore della vita quale dono inestimabile, segno e riflesso della bontà di Dio verso ogni creatura».

            In particolare il Papa indica «l’importanza di una più incisiva formazione per un sereno approccio di amorevole accoglienza e cura del concepito, fin dal primo istante della sua esistenza».

            È chiaro, qui, che «non si tratta – dice la presidente del Mpv – semplicemente di incentivare le nascite per garantire un avvenire alla società»: la vita nascente oggi è «la leva per un profondo e generale rinnovamento morale e civile»

Francesco Ognibene   Avvenire         16 novembre 2019

www.avvenire.it/attualita/pagine/cav-diamo-vita-al-futuro

 

7.271 bambini nati grazie a 206 Cav, +25% negli ultimi 20 anni (e +50% dei Cav dal 1999),

oltre a 513 mamme aiutate col Progetto Gemma.        Marina Casini Bandini   14 novembre 2019

 

Forlì. Nel programma del Comune c’è il «diritto di non abortire»

Il sindaco: ci metteremo al fianco della donna, informandola sui servizi sociali, sanitari e assistenziali a lei riservati dalle strutture del territorio. Il sindaco di Forlì, Gian Luca Zattini, alla guida da sei mesi di una giunta civica appoggiata dal centrodestra, ha deciso di inserire nelle Linee programmatiche l’obiettivo di «garantire il diritto di non abortire».

Per il primo cittadino «l’amministrazione assicura il massimo rispetto della volontà femminile, riconoscendo la legittimità di una norma che compie più di quarant’anni». Il sindaco però chiama in causa «l’attuazione del protocollo d’intesa sottoscritto nel 2007 tra Comune (allora a guida centrosinistra), Ausl e volontariato, per difendere la cultura di una procreazione cosciente e responsabile, che metta al centro i valori della maternità e della paternità e la piena accoglienza della vita nascente, alla pari di chi vuole l’interruzione di gravidanza».

www.avvenire.it/attualita/pagine/nel-programma-deciso-dal-comune-c-anche-il-diritto-di-non-abortire

 

L’arcivescovo di Firenze, il cardinale Giuseppe Betori lancia un appello: “La nascita di una nuova vita de essere accolta e salvaguardata in ogni modo. La Chiesa e molte realtà cattoliche non fanno mancare la presenza e la vicinanza alle mamme in difficoltà che possono rivolgersi ai consultori familiari, ai centri di aiuto alla vita, e come ultima scelta possono lasciare in sicurezza i neonati nelle culle termiche affinché siano affidati ad una famiglia. Sono possibilità che insieme al parto in anonimato negli ospedali devono essere più valorizzate e promosse. Rivolgiamo una preghiera per questa creatura accolta nella luce del Signore, invochiamo pietà cristiana e misericordia per i genitori”.

www.avvenire.it/attualita/pagine/neonata-abbandonata-in-borsa-campi-bisenzio

 

«La legge sull’aborto la conosciamo, però bisogna anche apprezzare certi punti che, perlomeno quand’è nata, erano fermi, rispetto a certe proposte di legge che sono di un totale relativismo sul rispetto della vita e della donna”. «La 194 non era a favore dell’aborto ma prevedeva in certi casi particolari e circoscritti l’aborto. Noi ne abbiamo sempre visti limiti e difficoltà, però di fronte a un relativismo totale di fronte all’embrione alla vita, almeno lì c’erano dei paletti, si doveva fare di tutto il possibile. Non dico che fosse buona, perché c’è un principio di morale che dice bonum ex integra causa, deve essere buona per tutte le basi su cui poggia, ma bisogna distinguere e discernere».

. A parlare è il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei.  Bassetti, presidente della Cei.    24 maggio 2018

{Per un servizio concreto come auspicato dalla Presidente occorrerebbe rivedere le norme della Legge 194, 22 maggio 1978. Art. 4 «la donna … si rivolge ad un consultorio pubblico». Anche i consultori del privato sociale, in prevalenza pro live possono 0ffrire accoglienza, accompagnamento, aiuto concreto per la prevenzione dell’ivg ex art. 5.}.

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CENTRO INTERNAZIONALE STUDI FAMIGLIA

Newsletter CISF – n. 42, 13 novembre 2019

Oggi due video: …. Un primo breve video, che fa sorridere, ma lascia troppo amaro in bocca.… Un lancio del bouquet particolare, una reazione fin troppo prevedibile, ma malinconicamente pessimistica. E che pone una domanda proprio sui giovani maschi che si vogliono sposare: davvero oggi tutti i giovani pensano che con il matrimonio è “game over”?

www.facebook.com/1516366298582509/videos/1408923895924010

Invece la bellezza non delude mai. Basta fermarsi un attimo a contemplarla. In questo video, per meno di un minuto, musica, danza e geometria si incontrano in un’emozione che fa battere il cuore

www.facebook.com/flipyflux/videos/861663454188384

Il 20 novembre ricorre il trentennale della convenzione per i diritti dell’infanzia. Quale speranza per quei piccoli costretti a migrare? Oltre 70 milioni di persone nel mondo sono “in movimento forzato”, circa 30 milioni di loro sono bambini. Alle loro difficili situazioni e alle loro fatiche, non solo fisiche, è dedicato il convegno, che il Cisf ha organizzato insieme al Iccfr, “Famiglie e minori rifugiati e migranti. Proteggere la vita familiare nelle difficoltà” (Roma, 14-16 novembre 2019).

www.famigliacristiana.it/articolo/per-quei-piccoli-costretti-a-migrare.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_13_11_2019

Mediazione familiare 2.0 – Integrare le potenzialità online [Family Mediation 2.0 – Integrating Online Capacities, by Jim Melamed, CEO. Di estremo interesse questo breve documento (solo 7 pagine) in cui viene evidenziata la crescente attenzione presente in diversi contesti nazionali (Stati Uniti, Canada, Olanda) verso le potenzialità digitali per sostenere e promuovere la mediazione familiare, fino ad offrire alcune indicazioni di metodo e deontologiche in caso di utilizzo di colloqui di mediazione svolti non faccia a faccia, ma con la mediazione di uno schermo e di collegamento web.

Family Mediation 2.0 – Integrating Online Capacities, by Jim Melamed, CEO, Mediate.com

Gli asili nido in italia. Differenze regionali nei costi e nella disponibilità di posti. Cittadinanza Attiva ha fatto il punto sulla situazione degli asili nido in Italia, e delle relative tariffe. Al Nord si registrano le rette più alte, ma anche maggiori misure di agevolazione per le famiglie; il Sud invece più contenuto sui costi, seppur in aumento rispetto all’anno precedente, pecca sulla disponibilità di posti. La retta più alta in Trentino Alto Adige, pari a 472 euro in media, quella più bassa in Molise, 169 euro.

www.cittadinanzattiva.it/comunicati/consumatori/12699-asili-nido-i-dati-del-nostro-osservatorio-prezzi-e-tariffe.html

Adozione 3.0: per la prima volta 49 Enti autorizzati tutti insieme per rilanciare l’adozione internazionale nel nostro paese, oggi ai minimi storici

www.forumterzosettore.it/2019/11/04/nasce-adozione-3-0

Dalle case editrici

  • Fazzini Gerolamo, Famiglie missionarie a km zero. Nuovi modi di “abitare” la Chiesa, IPL, 2019, Milano, pp. 173, € 18,00.

C’è un modo nuovo di vivere l’appartenenza alla comunità cristiana e di intendere la vita di famiglia alla luce del Vangelo, che si esprime nella “missione a km zero”. Coppie che provengono da esperienze ecclesiali e mondi diversi hanno scelto, a Milano e nel resto d’Italia, di metter su casa in canoniche in disuso, nell’appartamento dell’oratorio o di stare sullo stesso pianerottolo del prete o della suora, continuando la loro vita ordinaria, ma vivendo durante la settimana momenti di incontro e confronto fraterno. Si può quindi essere sposi felici, genitori responsabili e cristiani accoglienti scegliendo modalità abitative che rappresentano di per sé un segno di speranza, rendendo il tessuto umano più ricco e fecondo. «Recuperare il senso dell’abitare è importante, perché significa imparare a tenere insieme intimità e socializzazione, identità e alterità, un tempo di custodia e un tempo di scoperta… L’abitare è molto eloquente, dice molto di come una persona, una famiglia, una comunità vogliono essere» (dalla postfazione di Johnny Dotti).

Save the date

  • Nord: Terapie individuali sistemiche integrate con la Teoria dell’Attaccamento: quali nuove integrazioni possibili? Corso di formazione per psicoterapeuti e terapeuti in formazione promosso da Scuola IRIS (Insegnamento e Ricerca Individuo e Sistemi), Milano, 30 novembre – 1 dicembre 2019.

www.centrocta.it/newsletter/TERAPIE_INDIVIDUALI_2019.pdf

  • NordGenitori e figli: un figlio è per sempre, incontro promosso dall’Ordine degli Avvocati di Milano (con crediti formativi per avvocati) in collaborazione con il C.T.A. ed il Consultorio Cemp, Milano, 4 dicembre 2019.

www.centrocta.it/newsletter/locandina_4dicembre2019.pdf

https://eventi.erickson.it/convegno-progettare-comunita-2019/UnitaDidattica/ProgrammaCom?nav=page8s.27&miu18s.icp283s=wall-menu&link=oln110s.redirect&cbck=wrReq66299&miu18s.icp20s=ProgrammaCom&miu18s.icp277s=wall-menu

  • CentroKarol Wojtyla Lectures. XII edizione (temi degli incontri: Il diritto all’obiezione di coscienza; La libertà religiosa), incontri/seminari con il prof. Piotr Mazurkiewicz (Università Cattolica Stefan WyszyÅ„ski, Varsavia) organizzati dalla Cattedra Karol Wojtyla del Pontificio Istituto Teologico per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia, Roma, 2-4 dicembre 2019.

www.istitutogp2.it/wp/wp-content/uploads/Wojtyla-Lectures-2019-Locandina-2019.11.22.pdf

  • Centro: La famiglia scuola di libertà e di pace, tema della Prolusione del Card. Pietro Parolin in occasione del Dies Academicus – Inaugurazione dell’Anno Accademico 2019-2020 del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia, Roma, 29 novembre 2019.   

www.istitutogp2.it/wp/2019/11/12/dies-academicus-inaugurazione-anno-accademico-2019-2020-29-novembre-201

www.psicogeriatria.it/usr_files/eventi/corsi-nazionali/brain-aging-2019.pdf

  • Estero: Immigration in OECD Countries – 9th Annual International Conference, incontro promosso da OCSE, CEPII (French Research Center in International Economics), in partnership con l’Università di Lille (LEM), School of Economics di Parigi, Fondazione Rodolfo De Benedetti, Università di Luxembourg and IRES (Université Catholique di Lovanio -Belgio), Boulogne-Billancourt (Francia), 12-13 dicembre 2019.

www.cepii.fr/CEPII/en/evenements/abstract.asp?IDReu=472

Iscrizione             http://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/newsletter-cisf.aspx
Archivio  http://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/elenco-newsletter-cisf.aspx

http://newsletter.sanpaolodigital.it/cisf/novembre2019/5147/index.html

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CHIESA CATTOLICA

De mulieribus ordinandis: percorsi nelle fonti teologiche medievali (/3).

Una fonte rabbinica della teologia cristiana circa la donna?

Come abbiamo visto nel post precedente, le fonti medievali che stanno all’origine della “fase scolastica” della teologia cristiana – ossia Ugo di S. Vittore e Pietro Lombardo – citano all’inizio della discussione intorno alla “creazione della donna” una esegesi di Gn 2,22, in cui alla parola biblica di “fianco/costola” si avvicinano, per analogia, i termini “capo” e “piedi”, quasi ad escludere gli estremi e al fine di conseguire un senso di pienezza e di equilibrio nella creazione della donna dalla costola di Adamo. Una simile lettura sapienziale, presente in queste fonti originarie del sapere scolastico, viene utilizzata per escludere sia un primato del femminile sul maschile, sia una riduzione servile della donna rispetto all’uomo. Si propone invece una lettura della “creazione dalla costola” come affermazione di una “societas”, di una “comunione d’amore”, di una “alleanza” tra uomo e donna, inscritta nell’atto stesso della creazione. Questi testi, scritti entrambi a distanza di pochi anni – da Hugo presumibilmente tra il 1136 e il 1141, mentre da Petrus tra il 1150 e il 1152 – costituiscono un piccolo rompicapo per la critica, perché appaiono “senza padre né madre”, quasi come Melchisedek: non sembrano avere precedenti nella cultura teologica latina. Né sembra esservene traccia neppure nella cultura greca.

Pare invece che vi sia, nella tradizione ebraica, una linea di lettura del racconto della Genesi che potrebbe avere fornito la base per la elaborazione della prima scolastica. Tale lettura appare nei commenti rabbinici alla Genesi, risalenti ad un periodo collocabile tra il IV e VI secolo d. C. Tuttavia, a loro volta, i testi di questa tradizione – chiamata del Bereshit Rabbah – elaborano il testo ebraico secondo una linea di interpretazione diversa da quelle poi assunta dalla riflessione cristiana, circa mezzo millennio dopo. Proviamo a leggere un passo significativo e sorprendente di questa tradizione, per il cui reperimento ringrazio la dott. Claudia Milani, che me lo ha gentilmente segnalato.

Il Bereshit Rabbah (XVIII, 3). Ecco il testo, risalente tra il IV e il VI secolo d. C., in cui si presenta una versione antecedente – con analogie, ma anche con grandi differenze rispetto a quella di Hugo di S. Vittore e di Pietro Lombardo:

“R. Jehoshua di Siknin in nome di R. Levi disse: E “formò” è scritto “meditò” perché pensava di doverla creare

 4 . Disse: “Non la creò dalla testa perché non si insuperbisse; non dall’occhio perché non fosse ansiosa di vedere; non dall’orecchio perché non fosse curiosa di sentire; non dalla bocca perché non fosse chiacchierona; non dal cuore perché non fosse gelosa; non dalla mano perché non toccasse quanto fosse a portata della sua mano; né dal piede perché non fosse girellona: ma dal posto che nell’uomo è nascosto, e quando l’uomo è nudo quel luogo è ancora coperto. Per ogni membro che le foggiava, le diceva: Sii una donna modesta, una donna modesta, tuttavia: Avete trascurato tutti i miei consigli e la mia riprensione non avete gradita (Prov. 1, 25). Non l’ho creata dalla testa, ma essa si è insuperbita, come è detto: E camminano con il collo teso (Is. 3, 16). Né dall’occhio, ma essa è ansiosa di vedere, come è detto: Sono ansiose di vedere (Is. 3, 16)

 5 . Né dall’orecchio, ma essa è ansiosa di sentire, come è detto: E Sara ascoltava all’ingresso della tenda (Gen. 18, io). Né dalla bocca, ma essa è chiacchierona, come è detto: E parlò Mirjam … contro Mosé, ecc. (Num. 12, 1). Né dal cuore, ma essa è invidiosa, come è detto: E Rachele ebbe invidia di sua sorella (Gen. 30, 1). Né dalla mano, ma essa tocca tutto: E rubò Rachele gli idoli di suo padre (Gen. 31, 19). Né dal piede, ma essa è girellona: E uscì Dinàh, ecc. (Gen. 34, 1)”.

Questa forma di esegesi, come è evidente, gioca a mettere in correlazione non tre organi come origine della donna e disposti in forma esemplare, dall’alto al basso, secondo la logica del racconto di Hugo, ma elabora una sequenza che coinvolge i diversi “sensi” e le diverse “facoltà”: essa enumera, infatti, ben 7 possibili alternative alla “costola”: ossia la testa, l’occhio, l’orecchio, la bocca, il cuore, la mano, il piede. Ognuno di questi “organi” viene scartato dal disegno di Dio, per evitare squilibri e spiacevoli eccessi, ma viene recuperato in modo “subdolo” dalla esperienza della donna. In questa esegesi, quindi, la creazione della donna appare quasi come uno scacco per Dio, che viene contraddetto nelle sue stesse intenzioni originarie. In un certo senso, si proietta sulla creazione il cono d’ombra della caduta e del peccato, che viene così a segnare pesantemente l’intera sfera della esperienza femminile. Ciò che negli autori medievali è stato riletto e orientato ad un riscatto della esperienza femminile, qui viene utilizzato, invece, come una conferma, e addirittura una accentuazione, della “inettitudine” e della “inaffidabilità” della donna. Da notare è la costruzione simmetrica e ripetitiva del testo, secondo una tecnica tipica del midrash.

Una singolare ibridazione di testi. Se alla costola non si sono affiancate “due”, ma “sette” possibili alternative (ossia testa, occhio, orecchio, bocca, cuore, mano, piede), ciò è accaduto, come abbiamo visto, per una lettura non “di equilibrio” tra eccessi, ma di “incremento” di eccessi. Quasi a sottolineare la “natura manchevole” della donna. E interessante che questo elenco di parti del corpo sembra corrispondere, quasi esattamente, agli organi delle 7 unzioni previste dal rituale della “estrema unzione” del Rituale Romanum del 1614. Le differenze sono costituite dalla “testa”, assente nel secondo elenco, che invece presenta le narici, assenti nel primo; e dalla sostituzione del “cuore” con le “reni”.

Ecco il testo tratto dal rituale del 1614:

“Quinque vero corporis partes præcipue ungi debent, quasi veluti sensuum instrumenta homini natura tribuit, nempe oculi, aures, nares, os et manus: attamen pedes etiam et renes ungendi sunt”.

            La tradizione tridentina recepisce la teologia medievale, che interpretava la unzione “a rimedio del peccato” e così la formula con cui ogni organo viene unto ricorda che ciò avviene “quidquid per visum, per odoratum, per tactum… deliquisti”, ossia in rapporto alle “mancanze” avvenute attraverso quel particolare organo.  Gli organi sono unti in quanto “fonti di mancanze”, mentre nel racconto della creazione della donna gli organi sono quasi “argomenti naturali” per sottolineare le “mancanze” della creatura femminile. Almeno sulla base di questo testo, la fonte ebraica sembra aver dato ai primi scolastici solo la forma di un paragone, ma non il suo contenuto. Tuttavia è presto per trarre conclusioni affrettate: si tratta di una ricerca che merita di essere proseguita.

Andrea Grillo             blog come se non        16 novembre 2019

www.cittadellaeditrice.com/munera/de-mulieribus-ordinandis-percorsi-nelle-fonti-teologiche-medievali-3-una-fonte-rabbinica-della-teologia-cristiana-circa-la-donna

 

Filosofi antichi che non amano le donne: l ‘origine del pregiudizio

Per gli antichi greci le donne erano una razza a sé, inferiore e maledetta, quel tipo di razza di cui nessuno, sano di mente, vorrebbe mai far parte, condividendone il destino: prigioniere di un percorso di vita domestico, cresciute nella totale, assoluta, radicale mancanza di formazione culturale ed educazione alla socialità. Anche il loro corpo era ritenuto sostanzialmente diverso da quello maschile perché più “poroso”, un aggettivo che richiama quanto si dirà nei secoli a seguire del loro cervello: così morbido, spugnoso, piccolo e leggero che cercare di dotarle di istruzione è un’impresa persa in partenza.

L’inferiorità di genere, avverte Eva Cantarella nel suo Gli inganni di Pandora (Feltrinelli) è dunque un’idea antica. È nel momento storico che va da Esiodo – il primo utilizzatore del mito in senso filosofico – a Platone che “l’individuazione di una differenza fra il genere maschile e quello femminile è stata tradotta nell’idea di un’inferiorità delle donne, immediatamente seguita da ineluttabili, pesanti discriminazioni”. È greco il percorso che dalla differenza sessuale porta alla differenza di genere, la quale (ora lo sappiamo bene) è costruzione sociale strettamente connessa a gerarchie e relazioni di potere, basata sull’istituzione di modelli – di comportamento, doveri, responsabilità, aspettative – a cui è obbligo adeguarsi. “Il maschio – scrive Aristotele – rispetto alla femmina è tale per natura, l’uno è migliore, l’altra peggiore, e l’uno comanda, l’altra è comandata”.

La tradizione europea e occidentale che affonda le proprie radici nel pensiero greco, insieme alla magnificenza della filosofia, della scienza, del teatro, all’idea di democrazia e di diritto, ha ricevuto in eredità dunque anche la mela marcia del primato di un sesso sull’altro, la teoria essenzialista secondo la quale la differenza di genere è un dato naturale, originario e immodificabile. La specificità delle donne dipende dalle caratteristiche biologiche che gli dèi hanno loro attributo, ci dicono gli antichi greci. C’è una differenza fra le virtù maschili e quelle femminili e questa differenza è legata alla biologia.

Ci vorranno secoli per rimettere in discussione questo impianto e ci vorrà altro tempo per superare le discriminazioni. Poteva andare in modo diverso? Il pensiero greco non è un monolite, al suo interno si odono voci che avanzano il dubbio che la differenza fra uomini e donne possa essere più culturale che naturale o divina. Ma queste voci – quella di Socrate, quella dei cinici che ammettevano le donne nelle loro scuole, o quella di Pitagora, che a Crotone discuteva delle capacità politiche femminili – restano minoritarie, soffocate dalle grida di chi recita ciò che Atene vuole sentire. Solo gli uomini possiedono dunque, nella sua pienezza, il logos, la capacità di deliberare. Le donne detengono una ragione minore e imperfetta, “che non consentiva di controllare la loro parte concupiscibile”, scrive Cantarella.

Non sono certo donne dotate di logos quelle descritte nel giambo di Simonide di Amorgo, vissuto nella seconda metà del VII secolo a.C. Il campionario che mette in versi è stupefacente. Ci sono donne fatte di terra (che non distinguono il bene dal male), altre di acqua (che cambiano umore rapidamente, senza un perché). Altre ancora, racconta il poeta, rappresentano la versione bipede degli animali della fattoria: c’è la donna che deriva dalla scrofa, la quale vive in una casa sporchissima e non si lava mai; la donna-volpe che sa tutto, controlla tutto e si adegua agli eventi, adattandosi; la cagna, che vagola per la casa latrando e non si calma mai; l’asina, paziente e lavoratrice, mangia rincantucciata vicino al fuoco, puoi bastonarla e non protesta, ma poi è pronta a fare l’amore con chiunque; la donna che deriva dalla gatta, che è senza grazia e senza fascino, ruba e si mangia le offerte prima di sacrificarle agli dèi; la donna cavalla, raffinata, curatissima, con una bella capigliatura, ma pigra tanto che preferisce lavare sé stessa, cospargendosi di profumi, piuttosto che spazzare il pavimento. Infine la peggiore: la donna scimmia, così brutta che quando va per la città tutti ridono di lei. E la migliore: l’ape, che ama il marito e invecchia accanto a lui, alleva devotamente i figli, non ama parlare di sesso con le altre donne (ma il poeta specifica che la donna ape, ahimè, non esiste, è solo un sogno ad occhi aperti tutto maschile).

Donne genere maledetto, donne senza logos. Intelligenti, a loro modo, ma di un’intelligenza concreta, non speculativa come quella maschile. E vista la deriva dell’antropocene, forse questa intelligenza “diversa” delle donne, di cui i greci si sono mostrati tanto convinti, potrebbe riservare a loro un ruolo da protagonista, nel secondo tempo della nostra permanenza su questa terra.

Daniela Monti             Corriere della Sera    17 novembre 2019

https://francescomacri.wordpress.com/2019/11/17/filosofi-antichi-che-non-amano-le-donne-l-origine-del-pregiudizio

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CHIESA DI TUTTI CHIESA DEI POVERI

Ripudio della dialettica

Care Amiche ed Amici,

www.chiesadituttichiesadeipoveri.it/chi-siamo

c’è di nuovo un furioso attacco al Papa accusato ora da “cento studiosi” di idolatria a causa della liturgia che ha ospitato i segni della devozione india durante il Sinodo per l’Amazzonia. Questo nuovo attacco al Papa non è che la continuazione dell’offensiva cominciata nell’estate del 2016 con una lettera accusatoria indirizzata ai cardinali e patriarchi della Chiesa cattolica orientale, ripresa il 16 luglio 2017 con la cosiddetta “Correctio filialis” e proseguita con la lettera ai vescovi e alla Chiesa del 30 aprile 2019, cose di cui si può trovare notizia nel sito chiesadituttichiesadeipoveri.it sotto il titolo: “La santa eresia di cui è accusato Francesco” e nella newsletter dell’11 maggio 2019: “Mirabile eresia”.

www.chiesadituttichiesadeipoveri.it/la-santa-eresia-di-cui-e-accusato-francesco/

www.chiesadituttichiesadeipoveri.it/mirabile-eresia/

Si tratta di una campagna che non sembra godere di molta vitalità e accusa ormai la sua usura dato che a condurla sono sempre gli stessi e dicono le stesse cose, anche se in un’escalation che passa dalla “correzione filiale” alla denuncia di eresia, alla richiesta di dimissioni, all’anatema per idolatria. Dunque non vale tanto la pena fermarsi su quest’ultima aggressione, quanto chiedersi qual è la vera contrapposizione che spinge una minoranza ecclesiale a rifiutare il magistero e la pastorale di papa Francesco. Ci sembra che essa consista nel fatto che si vuole ripristinare una “Chiesa contro”, rovesciando il modello della “Chiesa per”, che è poi il modello dell’“essere per gli altri” del Vangelo, irreversibilmente adottato da papa Francesco. E diciamo “irreversibilmente” perché volere una “Chiesa contro”, quale la rivendicano i cattolici e gli atei devoti della destra americana e non solo, significa non volere nessuna Chiesa, perché una Chiesa contro gli Indios, contro gli immigrati, contro i poveri, contro le donne, contro i divorziati, contro i “comunisti”, contro i protestanti, contro i musulmani, contro i maledetti dagli uomini e benedetti da Dio non sarebbe più possibile, finirebbe in una setta irrisoria. Che magari avrebbe ancora con sé “i cento studiosi” schierati oggi contro papa Francesco, ma non più il popolo di Dio.

Allora forse vale la pena capire meglio la novità di Bergoglio e perché essa è così crocefissa e difficile, tanto che egli non smette di chiedere di pregare per lui. Bergoglio, gesuita, come risulta dalla preziosa sua “biografia intellettuale” scritta da Massimo Borghesi (perché ci sono studiosi e studiosi!), viene dalla dialettica, cioè da una lettura “dialettica degli Esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola”, e in genere di tutta la spiritualità ignaziana, appresa alla scuola del gesuita francese Gaston Fessard.  Una dialettica certo non hegeliana, bensì risolta nella Trascendenza e nella Chiesa. Ma tutta la storia umana, da Eraclito fino a Hitler, è dominata dalla dialettica. Per il filosofo greco il gene della guerra, “polemos”, era “il padre e principio di tutte le cose, di tutte re”, gli uni svelando come dei, gli altri come uomini, gli uni facendo schiavi, gli altri liberi; e questa dialettica conflittuale, dominando tutto il corso storico, è giunta ultimamente, ai nostri giorni, a preconizzare la fine, perfino fisica, del mondo.

Ed ecco che il gesuita divenuto papa Francesco porta la Chiesa fuori della dialettica, la fa non signora ma serva (lava i piedi a tutti, all’Europa, alle donne, ai musulmani), la fa sorella delle altre Chiese e altre fedi, la fa madre della fraternità umana, nunzia dell’“armonia delle diversità”, non solo di colore, di razza, di sesso, di lingua, ma anche di religione, tutte frutto “di una sapiente volontà divina con la quale Dio ha creato gli esseri umani”, come dice il documento cristiano-islamico di Abu Dhabi, e la fa testimone dello scambio, e non della contraddizione, tra grazia e libertà. Ma ancora di più con la sua incessante tessitura dell’unità umana, papa Francesco spinge il mondo ad uscire dalla legge ferina della dialettica (amico-nemico, sommersi e salvati, uomini e donne, cittadini e stranieri, identità collettive e minoranze, “prima noi” e “fuori loro”) per assumere la veste nuziale dell’accoglienza, dell’inclusione, dell’eguaglianza e dell’amore. Che sia questo ripudio della dialettica, strumento del potere, altare dei contrari, assieme al ripudio della guerra che già abbiamo costituzionalizzato, il cambiamento d’epoca che abbiamo intravisto e stiamo aspettando?

Sul sito riproponiamo l’appello di Adolfo Perez Esquivel in difesa del Papa, “Amore in azione”

www.chiesadituttichiesadeipoveri.it/amore-in-azione

e il documento di Abu Dhabi sulla fratellanza umana.

www.chiesadituttichiesadeipoveri.it/le-religioni-dicono-al-mondo-come-puo-salvarsi

Pubblichiamo inoltre la catechesi di papa Francesco sugli Atti degli apostoli a proposito di Priscilla e Aquila “gli sposi ebrei che celebrano l’eucarestia”,

www.chiesadituttichiesadeipoveri.it/gli-sposi-ebrei-che-celebrano-leucarestia

e un manifesto-appello promosso dal chirurgo bolognese Francesco Capizzi per una vera realizzazione, da parte della politica e delle Istituzioni, del diritto alla salute, che è il diritto non solo a recuperarla, ma soprattutto a non perderla.

www.chiesadituttichiesadeipoveri.it/manifesto-appello-sul-diritto-alla-salute

Con i più cordiali saluti

Newsletter n. 170 del 15 novembre 2019

www.chiesadituttichiesadeipoveri.it/ripudio-della-dialettica

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COMMISSIONE ADOZIONI INTERNAZIONALI

Comunicato Slovacchia

Il 12 e il 13 novembre 2019 si è svolta a Bratislava una conferenza internazionale sui temi della sottrazione internazionale dei minori e della ricerca delle origini degli adottati. La conferenza è stata organizzata dal Centro per la Protezione Legale Internazionale di Minori e Giovani (CIPC), Autorità Centrale della Repubblica Slovacca in materia di adozioni internazionali. Per la CAI, ha partecipato in qualità di relatrice la Vice-Presidente dott.ssa Laura Laera, unitamente ai referenti di Autorità Centrali di altri Stati europei, tra cui Austria, Malta e Repubblica Ceca, esperti della Conferenza dell’Aja e della Commissione Europea, docenti universitari e magistrati. All’incontro, hanno assistito referenti di altre Autorità Centrali, tra cui Belgio, Principato di Andorra e Stati Uniti d’America, referenti di enti autorizzati italiani, SRAI che ha presentato un’interessante serie di video testimonianze e ASA, nonché di altri Stati europei, operatori dei servizi e studenti universitari.

Durante la Conferenza, si è svolto l’incontro tra la Vice-Presidente della CAI e la Direttrice del CIPC, dott.ssa Andrea Cisarova, in un clima di viva cordialità. Nell’incontro è emerso che il CIPC, che ha sottoscritto nel maggio 2019 un nuovo accordo bilaterale con la CAI così come ha fatto con altri 9 Paesi Europei (Cfr pagina web del CICP: www.cipc.gov.sk/osvojenia/#medzistatne-osvojenie), è pronto a ripartire con le procedure di adozione con le coppie adottive italiane. Tuttavia, tenuto conto del drastico calo dei minori slovacchi adottati in altri Paesi nel 2018 rispetto agli anni precedenti, occorre evidenziare che i numeri saranno comunque molto contenuti. Rispetto ai dati, nel 2018 in Slovacchia le coppie adottive inserite nel circuito dell’adozione nazionale erano 1.492 e i minori 322, mentre nel circuito dell’adozione internazionale sono state concluse 7 procedure adottive per un totale di 10 minori, con tre Stati (Malta, Olanda e Repubblica di San Marino).   

14 novembre 2019                      www.commissioneadozioni.it/notizie/comunicato-slovacchia

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CONGRESSI – CONVEGNI – SEMINARI

Assisi. Quel Gesù della strada

“Caffè Biblici” alla Cittadella Cristiana        incontro con padre Ermes Ronchi

e gli Amici della Cittadella/Memoria e Profezia        Assisi, 27 dicembre 2019

I “Caffe? biblici” sono appuntamenti organizzati dall’associazione “Amici della Cittadella” per riflettere insieme su alcune tematiche care alla Pro Civitate Christiana: la figura di Gesù, il laicato cristiano, i percorsi della Chiesa…..

… Vogliono essere un momento piacevole di incontro e di confronto: piacevole come un caffe? sorbito in compagnia.

www.cittadella.org/amici-cittadella-caffe-biblici-2019

Tutto cambia al mondo. Noi assistiamo a trasformazioni di anime, di popoli e di religioni impensabili. Bisogna che noi prepariamo più che opere, ponti; più che prediche, dialoghi; più che ricordi, nuove visioni di un avvenire di libertà, di pace, di giustizia.

                                           don Giovanni Rossi, fondatore della Pro Civitate Christiana

 

Milano. Eros, relazione, progetto. I tre cervelli della coppia

Centro Giovani coppie. Milano

Questo è il titolo del nuovo percorso che partirà a gennaio, destinato alle coppie che vogliano esplorare i passaggi di vita della coppia, alla ricerca di un equilibrio tra queste tre dimensioni. Alla sua base è la convinzione che nella coppia è necessario che si tengano ben presenti tutte e tre queste dimensioni: se anche solo una di esse è carente, il rapporto di coppia può incontrare difficoltà. Le tre dimensioni della vita di coppia riflettono il funzionamento del cervello umano, suddiviso appunto in tre parti ognuna delle quali è preposta a svolgere compiti e funzioni differenti ma complementari.

Quando? 26/1/, 9/2/, 23/2/2020 – Ore 9.15/12.30          Piazza San Fedele, 4 – Milano

Il percorso è guidato da una Counselor (Roberta Fumagalli) e da una Psicologa Psicoterapeuta (Elisabetta Orioli)

Il percorso è gratuito. Viene richiesto solo un contributo di 30 euro a coppia alle spese vive per l’aula e la sua pulizia.

Come avere altre informazioni e iscriversi? Con una mail a mail@centrogiovanicoppiesanfedele.it 

Le iscrizioni chiuderanno mercoledì 15 gennaio 2020

https://mailchi.mp/bb28b548d2ae/centro-giovani-coppie-san-fedele-a-gennaio-un-nuovo-percorso-per-coppie?e=dc6e7d7dc1

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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM

Milano2. Foglio di informazione n. 108 – novembre 2019                  passim

Ricordo ancora con affetto l’entusiasmo di Paola Marozzi Bonzi per l’uscita a luglio di questa nuova Newsletter. Era molto felice per la nuova veste grafica realizzata anche grazie al supporto del nostro consigliere Egidio Maggioni. Ed eccoci qui con un nuovo numero, così come Lei avrebbe voluto. Paola ci ha affidato una grande eredità, quella che a Lei stava più a cuore, il Centro di Aiuto alla Vita Mangiagalli e ha avuto l’amore e la cura di lasciarcelo su una strada tracciata che insieme percorreremo. In questi mesi ho ripensato alle nostre lunghe chiacchierate, ai suoi preziosi consigli e alle esperienze di vita che amava raccontare. Resteranno indelebili nel mio cuore e saranno di ispirazione in tutte le prossime attività.

Sabato 2 novembre 2019 la nostra cara Paola è stata iscritta al Famedio del Cimitero Monumentale di Milano annoverata tra i Cittadini Illustri Benemeriti e Distinti nella Storia Patria. Questo è motivo di orgoglio e ci sollecita ad una sempre maggiore responsabilità.

            Il 12 novembre il Centro di Aiuto alla Vita Mangiagalli festeggia 35 anni dalla sua fondazione.

       In attesa di incontrarci per festeggiarlo tutti insieme con un evento straordinario nella prossima primavera, facciamogli un regalo che sicuramente gradirà: una donazione, anche piccola, per le sue mamme e i suoi bimbi.

Vi abbraccio con affetto.          Soemia Sibillo, direttrice

    

Dal 17 ottobre 2019 è ripresa la formazione per le nostre mamme presso la sede del CAV Mangiagalli.

Attente e puntuali, di nazionalità differenti, al termine degli incontri saranno in grado di riaffacciarsi sul mondo del lavoro. I temi trattati spaziano dalla corretta stesura del curriculum vitae a come affrontare con professionalità un colloquio di lavoro. È l’occasione per confrontarsi con altre mamme in difficoltà e per rafforzare la propria autostima, mettendo anche a frutto studi ed esperienze acquisiti nei paesi d’origine.

Ci fa molto piacere proseguire la tradizione di Paola pubblicando una sua storia…

«Paola, c’è una persona che hai già incontrato, ma afferma che ha bisogno di parlare ancora con te». Strano, penso tra me; al CAV, infatti, di solito non succede così. Le cose sono organizzate in questo modo: all’interno della Mangiagalli, noi operatori, consulenti familiari e psicologi, incontriamo le donne al primo trimestre di gravidanza per svolgere un colloquio di counseling umanistico – esistenziale che metta a disposizione uno spazio e un tempo per potersi raccontare. In cuor nostro speriamo sempre che la signora incontrata decida di proseguire la gravidanza. In questo caso mettiamo in campo degli aiuti perché possa continuare almeno a vivere, nonostante l’eventuale licenziamento, poiché gravida.

Ci sarà, a quel punto, un invio a un altro operatore per la prosecuzione della gravidanza stessa. Questo secondo momento avviene nella sede del nostro consultorio familiare “Genitori Oggi”, ancora in via della Commenda ma al 37, dove gli operatori svolgeranno con l’utente un lavoro di tipo psico-pedagogico per accompagnare le madri nel difficile compito di diventare genitore.

            Qui al CAV, dunque, le donne affrontano solo il colloquio di riflessione per l’accettazione della loro gravidanza. L’incontro si conclude, in caso positivo, con un progetto che dichiara la nostra intenzione di aiutarle in tutto ciò che risulterà necessario per loro, personalizzando al massimo l’intervento. Ecco, perciò, la mia sorpresa nel sentirmi dire che Francesca aveva già parlato con me e che voleva rivedermi. Entra, mi saluta cordialmente e annuncia che c’è stato un cambiamento importante, quanto inatteso. Percepisco che tutto si è capovolto. Una stretta allo stomaco, l’ansia di sentirmi dire che rinuncia alla vita del figlio; poi il racconto. «E’ successa una brutta cosa – dice con sofferenza – Omar (il padre del bambino che per fortuna ancora porta in grembo) mi ha lasciato ed è in partenza per il suo Paese». Mi torna subito in mente il colloquio al quale erano venuti in coppia. Dei due, la persona più convinta del fatto che quel bambino dovesse nascere, era proprio lui. Spiegava a Francesca che dentro di lei c’era un bambino, che era il loro bambino, nato dal loro amore. Lui non voleva rinunciarvi e immaginava un futuro di famiglia felice.

                «I suoi progetti ora sono completamente cambiati. Non intende mantenere nessuna relazione con me. Mi ha detto che del bambino non gliene importa niente e che io faccia quello che voglio, visto che lui non ci sarà. Probabilmente, non ha avuto il coraggio di dirmelo, la sua famiglia in Egitto gli ha trovato una ragazza per moglie e lui non se la sente di andare contro il volere dei suoi».

«E lei, Francesca?», chiedo trasecolata. Con un po’ di magone risponde che per fortuna la sua mamma l’ha ripresa in casa. Le ha promesso di occuparsi di lei. «Qui c’è posto per te e per il tuo bambino». Si commuove, Francesca, pensando alle parole affettuose della mamma. «Vorrei, però, non sentirmi di peso!», aggiunge preoccupata.

L’accoglienza non è una parola astratta e, per supportare Francesca, ecco la nostra proposta di aiuto: «Potremmo, Francesca, offrirle un contributo mensile per le spese necessarie a lei e al piccolo, la ‘borsa della spesa’ piuttosto rigonfia, il corredino e il passeggino, i pannolini fino al primo compleanno del bimbo. Che cosa ne dice?».

Il viso della giovane mamma si illumina: «E’ davvero ciò che mi serve per essere più serena, nonostante tutto. So che al mio bambino fanno male le emozioni negative e vorrei che crescesse bene! Supportata così, mi accarezzerò la pancia con più gioia e so che arriverà anche a lui».

Si tratta di un altro “sì” alla vita. Tutto ciò mi rende felice e penso alla forza della solidarietà: insieme a questi piccoli aiuti sta il desiderio di condividere. Le donne sentono che il nostro sussidio non le farà di certo arricchire ma che ha il sapore dell’accoglienza, quella a tutto tondo, capace di infondere coraggio».

https://www.cavmangiagalli.it/news

                               www.genitorioggi.it/Portals/0/I%20nostri%20servizi1.png

 

Napoli. I (quasi) 60 anni del primo consultorio del Sud Italia

Ha oltrepassato varie epoche storiche il Centro La Famiglia onlus di via San Sebastiano, nel cuore di Napoli, nato nel 1962 da un’interessante intuizione del gesuita Domenico Correra che ancora oggi lo dirige e vi opera come psicoterapeuta. Un luogo di accoglienza e sostegno alla famiglia “nella sua formazione, sviluppo e conservazione”, secondo un approccio sistemico che riconosce cioè il nucleo familiare come un elemento dinamico al suo interno e all’interno della comunità e come tale sensibile alle trasformazioni del tessuto sociale. In questo senso il Centro è una vera e propria enciclopedia della famiglia, dal dopoguerra all’epoca digitale, che nei decenni ha portato istanze sempre più complesse e sempre meno legate agli aspetti materiali.

«La nascita della nostra organizzazione – racconta padre Domenico Correra – si è ispirata ad un’esperienza milanese di dieci anni prima che offriva sostegno alle famiglie appena uscite dalla guerra, persone povere e in condizioni di grande disagio da vari punti di vista».

Padre Domenico, che aveva espresso ai suoi superiori il desiderio di lavorare con le coppie, essendosi già sperimentato con le difficoltà delle famiglie, si rende conto che il solo ascolto non è sufficiente ma c’è
bisogno di consulenze mirate e professionalizzate. Di qui intraprende gli studi di psicologia, con approccio rogersiano, e struttura un luogo, in via S. Sebastiano, che offre ad oggi un ventaglio di servizi: dalla mediazione familiare, al sostegno psicologico individuale, di coppia e allargato alla rete parentale, a consulenze pediatriche, ginecologiche e sessuologiche, fino alla formazione degli operatori e al percorso di adozione internazionale.

«Negli anni sessanta – continua il gesuita – le problematiche di cui ci siamo occupati erano relative in buona parte a problemi sessuali, regolamentazione delle nascite, madri nubili. Ci si adoperava per sostenere queste donne evitando che potessero percorrere strade poco agevoli per se stesse e i loro figli».

Poi è arrivato il post sessantotto, rivoluzione sessuale e femminismo, con il crollo della classica suddivisione dei ruoli nella coppia e si è aperta una nuova epoca per la famiglia dinanzi alla quale il Centro di via S. Sebastiano non si è fatto trovare impreparato anticipando quella che sarebbe stata l’istituzione, ex legge 405\1975, dei consultori familiari, una specie di occasione mancata per la presa in carico globale del sistema-famiglia. Sì, perché conviene Padre Domenico, i consultori sono stati molto medicalizzati, poco spazio agli aspetti educativi e sociali, oggi di importanza ancora più cruciale come testimonia proprio il lavoro degli ultimi venti anni del Centro che conta un totale di circa 24mila schede di accoglienza.

«Dal nostro osservatorio – analizza il suo fondatore – i problemi di questa epoca sono relativi non solo alla coppia, ma anche molto all’educazione dei figli e alle famiglie allargate che non sanno come gestire la complessità dei vari sistemi interconnessi. E poi c’è un vuoto esistenziale: io per esempio ho in cura anche ragazzi giovani che non hanno un buon contatto con se stessi».

Il male di questo secolo, in poche parole, è soprattutto la difficoltà relazionale, la non comunicazione tra le persone e con sé, la distrazione dalla realtà.

A chiedere aiuto oggi non sono solo le donne, generalmente più sensibili, ma anche uomini, altro segno di cambiamento epocale, utenza non solo cittadina ma proveniente anche dalla periferia di Napoli, accolta senza nessuna barriera ideologica o religiosa perché il consultorio di via S. Sebastiano è da sempre un luogo aperto.

E oggi nel Family Act in via di approvazione cosa non dovrebbe essere trascurato? Secondo padre Correra bisogna prestare anzitutto attenzione alle coppie, al loro buon funzionamento, e poi alla loro capacità educativa che incide sulla crescita delle nuove generazioni, dunque sul futuro del Paese. Un futuro verso il quale, il novantaduenne gesuita, si sente fiducioso: «perché vedo i giovani in movimento, come Greta, che ha sollevato un’onda di interesse nei suoi coetanei su tematiche di grande importanza come la tutela dell’ambiente».

Ornella Esposito                    Comunicare il social   11 novembre 2019

www.comunicareilsociale.com/2019/11/11/centro-la-famiglia-onlus-i-quasi-60-anni-del-primo-consultorio-del-sud-italia/

 

Portogruaro. Incontri su “Il corpo racconta”

Si è svolto ieri pomeriggio, sabato 16 novembre 2019, il primo incontro del ciclo Il corpo racconta. Cinque mamme e le loro cinque figlie preadolescenti si sono riunite a parlare insieme a Sara Turchetto, formatrice certificata e insegnante del metodo Billings, degli argomenti inerenti lo sviluppo del corpo e della persona in età puberale e come vivere i cambiamenti con gioia e consapevolezza in modo sereno e armonioso e con le corrette informazioni. E soprattutto con fiducia nel dialogo con la mamma e adulti competenti.

Una bella merenda a metà incontro intorno a una tavola tutta vestita di rosa ha allietato la piccola e allegra compagnia di mamme e ragazzine.

www.consultoriofamiliarefondaco.it/?p=1901

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CORRUZIONE

Corruzione di minorenne: ultime sentenze

  1. 1.       Configurabilità del dolo specifico. In tema di corruzione di minorenne (art. 609 quinquies cod. pen.), la configurabilità del dolo specifico non richiede la prova certa della consapevolezza del reo di agire al fine di far assistere il minore agli atti sessuali commessi in sua presenza, potendo desumersi la direzione finalistica dell’atto, in particolare nella fase cautelare, anche da indizi, purché dotati di gravità, precisione e concordanza. (Fattispecie nella quale la S.C. ha ritenuto integrato l’elemento soggettivo dalle modalità dei fatti ascritti all’imputata, responsabile di aver condotto con sé i figli minori all’esterno della struttura protetta dove essi risiedevano, per farli assistere a rapporti sessuali con il proprio partner all’interno di una autovettura).

Cassazione penale sez. III, 29/01/2015, n.12537

  1. 2.       Corruzione di minorenne: la consapevolezza dell’agente. In tema di reati sessuali, il delitto di corruzione di minorenne (art. 609 quinquies c.p.) richiede il dolo specifico, in quanto è necessario che gli atti sessuali siano compiuti al fine di far assistere il minore, ovvero nella consapevolezza dell’agente di agire allo scopo specifico di far assistere il minore agli atti sessuali commessi in sua presenza. Tale dolo specifico richiesto ai fini della configurabilità del reato è incompatibile con il dolo eventuale.                                            Tribunale La Spezia, 22/04/2010, n.435
  2. 3.       Compatibilità tra seminfermità mentale e dolo specifico. Se non vi è in linea di principio alcuna incompatibilità fra il vizio parziale di mente e la sussistenza del dolo generico o del dolo eventuale, maggiormente problematica, o quantomeno necessariamente oggetto di una più approfondita verifica, è invece la compatibilità fra la seminfermità mentale ed il dolo specifico (fattispecie relativa alla contestazione del reato di corruzione di minorenne nei confronti di un soggetto affetto da vizio parziale di mente).                                      Cassazione penale sez. III, 25/10/2017, n.13996
  3. L’esibizione di foto pedopornografiche a soggetto infraquattordicenne. Ai fini della configurabilità del reato di corruzione di minorenne è sufficiente l’esibizione, a persona minore degli anni 14, di foto pedopornografiche (nella specie minori con genitali in mostra), in modo tale da coinvolgere emotivamente la persona offesa e compromettere la sua libertà sessuale.

Cassazione penale sez. III, 19/04/2017, n.31263

5         Non integra il reato di corruzione di minorenni la condotta tenuta da una donna e dal suo nuovo compagno, che si erano scambiati baci in presenza dei figli minori della donna, allorché tale comportamento rientra in un contesto relazionale di manifesta affettuosità estesa anche ai minori stessi, rispetto ai quali il nuovo compagno della donna serbava un comportamento di confidenza e amorevolezza.                                      Cassazione penale sez. III, 04/05/2016, n.41483

6         Corruzione di minorenne: l’esibizionismo intenzionale e insistente. Nella nozione di atto sessuale rilevante ai fini della configurabilità del reato di corruzione di minorenne rientra qualsiasi comportamento, anche di mero intenzionale esibizionismo, collegabile alle manifestazioni della vita sessuale. (Fattispecie, nella quale la condotta incriminata era consistita in ripetuti toccamenti dell’organo genitale alla presenza di minori, che l’imputato guardava con insistenza allo scopo di farle assistere al gesto).                                                 Cassazione penale sez. III, 09/03/2016, n.24417

7         Visione film pornografici. Costringere un minore a visionare film pornografici integra il reato di corruzione di minorenne.                                                                         Tribunale La Spezia, 24/04/2014, n.59

8         Corruzione di minorenne aggravata. Va dichiarata la penale responsabilità dell’imputato per i delitti di violenza sessuale pluriaggravata e di corruzione di minorenne aggravata, commessi in danno della figlia dell’età di cinque anni, laddove sebbene quest’ultima, unica teste di accusa, non sia stata mai ascoltata da personale di PG, né sia stata esaminata mediante incidente probatorio, e sia stata condotta via dall’Italia per decisione dell’imputato e della moglie, risultino comunque provate le dichiarazioni contenenti le accuse mosse all’imputato rese dalla minore alle maestre con le quali la piccola si era confidata.                                      Ufficio Indagini preliminari Napoli, 16/12/2013, n.2753

9         Atti sessuali con minorenne e corruzione di minorenne. In tema di reati sessuali non è ravvisabile un’ipotesi di concorso apparente di norme tra il delitto di atti sessuali con minorenne e quello di corruzione di minorenne, così da ritenere il secondo assorbito nel primo, in quanto mentre la fattispecie di cui all’art. 609-quater c.p. presuppone il compimento di atti sessuali attraverso un contatto corporeo con la vittima, il reato di cui al successivo art. 609-quinquies c.p. ricorre solo quando il soggetto minorenne non è il destinatario degli atti sessuali, ma si limita a fare da spettatore rispetto ad atti sessuali commessi da altri. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso che il palpeggiamento di zone erogene della vittima rientrasse nel paradigma di corruzione di minorenne).

Cassazione penale sez. III, 26/11/2014, n.15827

10     Reati contro la libertà sessuale- Quando il minorenne non fa semplicemente da spettatore, ma egli stesso è destinatario delle attenzioni dell’agente, e cioè, subisce gli atti sessuali, non si può ipotizzare il delitto di corruzione di minorenne, ma la diversa figura criminosa prevista dall’art. 609-bis o quater c.p.; e che il principio deve valere anche nella ipotesi in cui la violenza sessuale si diriga contemporaneamente verso più vittime facendo difetto la finalità di farle assistere ciascuna alle violenza subite dalle altre.                                      Cassazione penale sez. III, 06/07/2011, n.36965

Redazione La Legge per tutti           17 novembre 2019

www.laleggepertutti.it/330779_corruzione-di-minorenne-ultime-sentenze

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DALLA NAVATA

XXX Domenica del Tempo ordinario- Anno C – 17 novembre 2019

MalachiaGènesi          35  14, 20 Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia

18Salmo          97, 09 Giudicherà il mondo con giustizia e i popoli con rettitudine.

2Tessalocinesi 03, 14 Sentiamo infatti che alcuni fra voi vivono una vita disordinata, senza fare nulla e sempre in agitazione. A questi tali, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, ordiniamo di guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità.

Luca               21, 19 «Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

Neppure un capello si perderà nel nulla

Dov’è la buona notizia su Dio e sull’uomo in questo Vangelo di catastrofi, in questo balenare di spade e di pianeti che cadono? Se ascoltiamo con attenzione, ci accorgiamo però di un ritmo profondo: ad ogni immagine della fine si sovrappone il germoglio della speranza. Lc 21,9: quando sentirete parlare di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, non è la fine; ai vv.16-17: sarete imprigionati, traditi, uccideranno alcuni, sarete odiati, ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto; e ancora ai vv.25-28: vi saranno segni nel sole, nella luna, nelle stelle, e sulla terra angoscia e paura: ma voi risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.

Ad ogni descrizione di dolore, segue un punto di rottura, dove tutto cambia, un tornante che apre l’orizzonte, la breccia della speranza: non vi spaventate, non è la fine; neanche un capello…; risollevatevi…. Al di là di profeti ingannatori, al di là di guerre e tradimenti, anche quando l’odio dovesse dilagare dovunque, ecco quella espressione struggente: Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto; raddoppiata da Matteo 10,30: i capelli del vostro capo sono tutti contati, non abbiate paura. Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra.

Non c’è nessuna cosa che sia eterna. Ma l’uomo sì, è eterno. Si spegneranno le stelle prima che tu ti spenga. Saranno distrutte le pietre, ma tu ancora sarai al sicuro nel palmo della mano di Dio. Non resterà pietra su pietra delle nostre magnifiche costruzioni, ma l’uomo resterà, frammento su frammento, e nemmeno un capello andrà perduto; l’uomo resterà, nella sua interezza, dettaglio su dettaglio. Perché Dio come un innamorato ha cura di ogni dettaglio del suo amato. Ciò che deve restare scolpito nel cuore è l’ultima riga del Vangelo: risollevatevi, alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.

In piedi, a testa alta, occhi liberi e luminosi: così vede noi discepoli il Vangelo. Sollevate il capo, guardate oltre: la realtà non è solo questo che si vede, viene un Liberatore, esperto di vita. Il Signore che è «delle cose l’attesa e il gemito, che viene e vive nel cuore dell’uomo» (Turoldo), sta alla porta, è qui, con le mani impigliate nel folto della vita, porta luce nel cuore dell’universo, porta il dono del coraggio, che è la virtù degli inizi e del primo passo; porta il dono della pazienza, che è la virtù di vivere l’incompiuto in noi e nel mondo.

Cadono molti punti di riferimento, nel mondo, ma si annunciano anche sentori di primavera. Questo mondo porta un altro mondo nel grembo. Ogni giorno c’è un mondo che muore, ma ogni giorno c’è anche un mondo che nasce.

Padre Ermes Ronchi, OSM

www.cercoiltuovolto.it/vangelo-della-domenica/commento-al-vangelo-del-27-ottobre-2019-p-ermes-ronchi

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DIRITTI DEI MINORI

L’infanzia ancora colpita dalle disuguaglianze, 30 anni dopo la Convenzione ONU su Diritti

Il 20 novembre 2019 si celebra il trentesimo anniversario della Convenzione ONU sui Diritti dei minori. Eppure, in Italia, i dati socio-economici che riguardano l’infanzia sono ancora preoccupanti. Decisamente. Lo scorso febbraio il Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ha reso pubbliche le proprie Osservazioni Conclusive rispetto all’attuazione della CRC [Convention on the Rights of the Child]

In Italia. Il Governo italiano è chiamato ad adoperarsi per implementare le raccomandazioni espresse, sulle quali l’Italia dovrà render conto nel prossimo incontro previsto per il 2023. Con il decimo Rapporto CRC, alla cui redazione hanno contribuito gli operatori delle 100 associazioni del Network e che dalla prossima settimana verrà anche presentato in una serie di eventi sul territorio – tra cui il 4 dicembre a Roma, alla presenza del Ministro per le Pari Opportunità e la Famiglia Elena Bonetti – si apre un nuovo ciclo di monitoraggio: un percorso che prevede un confronto tra il Governo, la società civile e gli esperti che compongono il Comitato.

Il 20 novembre si celebra il trentennale della CRC, ed è anche l’occasione per riaffermare la centralità della stessa nel quadro degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) individuati dall’Agenda globale delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Sostenibile al 2030. Dei 169 Target che sostanziano i 17 Obiettivi, moltissimi possono essere ricondotti alla tutela e promozione dei diritti dell’infanzia, e proprio per questo per ogni paragrafo del Rapporto sono stati individuati i relativi target di riferimento.

Ribadendo le sue precedenti preoccupazioni il Comitato ONU ha raccomandato all’Italia “l’adozione di misure urgenti per affrontare le disparità esistenti tra le Regioni relativamente all’accesso ai servizi sanitari, allo standard di vita essenziale, ad un alloggio adeguato e all’accesso all’istruzione di tutti i minorenni in tutto il Paese”. Le disparità su base regionale possono infatti essere considerate una forma di discriminazione che incide sulle condizioni di vita delle persone di età minore in quanto maggiormente vulnerabili.

In ambito sanitario, come rilevato anche nel Rapporto “I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia – I dati regione per regione” (2018), anche per l’area pediatrica si rileva una erogazione dell’offerta a macchia di leopardo, con differenze significative per i dati relativi a mortalità infantile, obesità` e sovrappeso, numero di parti cesarei, coperture vaccinali. In ambito educativo permangono importanti differenze tra le regioni per quanto riguarda, ad esempio, i servizi per l’infanzia: nell’anno 2016/17 i posti offerti coprono il 24% della popolazione in età, ma permane un grande divario che oppone le aree del Nord e del Centro alle aree meridionali: nelle prime si sfiora l’obiettivo del 33%, anche superandolo in alcune regioni; invece nel Sud sono disponibili posti solo per l’11,5% dei bambini e la carenza dell’offerta di servizi educativi per l’infanzia si traduce per molti nell’ingresso anticipato alla scuola dell’infanzia, che è ritenuta qualitativamente inadeguata ad accogliere bambini sotto i tre anni. La Legge di Bilancio 2019 ha inoltre prorogato per gli anni 2019, 2020 e 2021 il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, anche se è stato ridotto a circa 85 milioni di euro il massimo che il Fondo potrà raccogliere annualmente per i progetti.

Molte sono le questioni irrisolte da affrontare con urgenza per il nuovo Governo, a cominciare dal contrasto alla povertà minorile. Secondo l’ISTAT, nel 2018 i minorenni in condizioni di povertà assoluta erano 1.260.000 (il 12,6% della popolazione di riferimento), oltre 50mila in più rispetto all’anno precedente. A loro corrispondono oltre 725mila famiglie in povertà assoluta.

Un altro tema importante è la protezione dagli abusi e dalla violenza a danno delle persone di età minore, con particolare attenzione alla prevenzione degli stessi. Rispetto alla situazione dei minori migranti non accompagnati (MNA) l’Italia ha ricevuto ben 23 raccomandazioni. Nel 2017 sono giunti in Italia via mare 15.779 minorenni stranieri non accompagnati (MNA), nel 2018 invece 3.536, con una diminuzione pari al 77,6%. I MNA hanno rappresentato oltre il 14% degli arrivi totali. Nei primi sei mesi del 2019, i MSNA giunti in Italia sono stati appena 3291. I dati del Ministero dell’Interno non danno però riscontro né delle nazionalità, né del genere, né delle fasce d’età dei nuovi arrivi. Al 30 giugno 2019 sono stati registrati nel Sistema Informativo Minori (SIM) 4.736 MNA irreperibili, allontanatisi spontaneamente dalle strutture presso le quali erano stati accolti. Un aumento del 30% rispetto al 2018, indicativo sia della precarietà delle condizioni di accoglienza delle strutture sia del loro desiderio di portare a termine il proprio progetto migratorio, che spesso ha come obiettivo finale altri Paesi del Nord Europa dove risiedono familiari, amici e connazionali. La Legge 47/2017 “Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati” ha potuto rappresentare un importante argine per la tenuta del sistema di protezione dei minori stranieri non accompagnati, avendo definito una disciplina organica che rafforza gli strumenti di tutela garantiti dall’ordinamento e maggiore omogeneità nelle prassi. Tuttavia si rileva che per la sua piena attuazione devono ancora essere adottati i decreti attuativi. Si segnala in positivo l’istituto della tutela volontaria su cui è rilevante l’impegno dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza e dei Garanti regionali, nonché l’entusiasmo della risposta se si pensa che al 31 dicembre 2018 5.501 privati cittadini hanno presentato domanda.

Il Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (Gruppo CRC), un network attualmente composto da 100 soggetti del Terzo Settore, tra cui Ai.Bi. – Amici dei Bambini, da tempo si occupa attivamente della promozione e tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

AiBinews 16 novembre 2019

www.aibi.it/ita/linfanzia-in-italia-ancora-colpita-dalle-disuguaglianze-30-anni-dopo-la-convenzione-onu-su-diritti-dei-minori

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DONNE NELLA CHIESA

La donna sirofenicia che resiste e convince Gesù

Una virtù è una forza che fa vivere. Al di là delle definizioni consegnateci dalle scuole filosofiche o dalle tradizioni spirituali, al fondo di questa sapienza sta la domanda su cosa significhi vivere. Nel tentativo di comprendere l’esistenza, siamo accompagnati da chi ha provato a reperire una bussola che ci aiuti a orientarci. Se intendo andare a nord, l’ago della bussola me lo indica; poi, però, gli occhi intravvedono un monte invalicabile. Dirò, dunque, che la bussola è uno strumento inutile? Sarebbe altrettanto sciocco quanto il pensare che, avendo la bussola, non ci siano più problemi. Se la vita domanda di essere orientata con una bussola, quest’ultima necessita di essere usata in una storia dal panorama incerto e mutevole.

La virtù domanda narrazione, va inserita in una trama che non è solo luogo dell’applicazione della virtù ma ne è riscrittura. La sapienza delle virtù deve camminare insieme alla sapienza del racconto. Proprio come avviene nella Bibbia. Prendiamo la temperanza. Cambia tutto se, con questa bussola, ci muoviamo sulla scena dell’eccesso o su quella del difetto. Le donne, perlopiù, hanno calcato quest’ultima. Se il peccato maschile è la troppa audacia, quello femminile è, più spesso, la reticenza e l’eccessiva ubbidienza. E lì la bussola della temperanza domanda di essere ripensata. È il caso della donna sirofenicia, in Marco 7.

 Gesù si trova in un territorio straniero, alla ricerca di calma e silenzio; ma una donna straniera disturba il suo riposo. Invade lo spazio del Messia per un’emergenza: sua figlia è malata. Gesù le risponde con parole dure, inadatte per chi si mostra sempre sollecito con i bisognosi: «Lascia che prima siano saziati i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli per buttarlo ai cagnolini». A una madre con una figlia malata Gesù nega il pane dei figli, in base alla contrapposizione tra i figli di Israele e quelli dei pagani. La rabbia della donna poteva esplodere, così come la rassegnazione. Invece prova a negoziare un ulteriore spazio. Accetta che l’altro non voglia sprecare il pane dei figli e colloca sé stessa in una posizione inferiore ma vicina, sotto la tavola, per nutrirsi almeno delle briciole. Questa non è una scena di resa, ma di resistenza, fatta con gli strumenti della temperanza. Che non consiste solo nel misurare le parole per non innervosire l’interlocutore: è anche misura di un ascolto che si fa empatico e prova a capire l’altro, senza subito giudicarlo. Un ascolto non solo di quello che dice ma delle possibilità sottese al suo dire, dei varchi che anche i discorsi più duri presentano. La temperanza, qui, diventa audacia. Sotto la tavola, facendosi cagnolino, la donna non si umilia, ma trasforma il pane sprecato in pane di vita. Sua figlia sarà guarita e lei, con la sua sapienza, aiuterà il messia a superare le sue resistenze fino a farsi pane per tutti.

Lidia Maggi, Pastora battista   “Donne Chiesa Mondo” n. 83 L’Osservatore romano    26 ottobre 2019

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“Vangeli tradotti e commentati da quattro bibliste”

Prima opera completa di traduzione e commento dei Vangeli realizzata da quattro bibliste: Rosalba Manes (Matteo), Annalisa Guida (Marco), Rosanna Virgili (Luca), Marida Nicolaci (Giovanni).

Traduzione del testo originale in una lingua italiana fluente e suggestiva, per rendere la sorprendente ricchezza del linguaggio evangelico.

Commento fondato su un’accurata analisi del testo, arricchita da sensibilità e intuizione femminili.

 Particolare attenzione – nei commenti e nel saggio conclusivo – alla presenza straordinariamente decisiva delle donne nel racconto evangelico.

Per la prima volta in Italia appare un’opera completa di traduzione e commento ai quattro vangeli realizzata da giovani donne bibliste. Qual è il senso di tale decisione? In linea teorica poco dovrebbe incidere il genere femminile o maschile di uno studioso, ai fini della realizzazione di una buona traduzione dei vangeli, ma nella realtà concreta questa opzione è assai significativa.

Essa mette in luce, innanzitutto, la presenza ormai affermata e qualificata delle donne nella conoscenza e la competenza della Bibbia, nonché nella docenza e la ricerca delle Scienze ad essa consacrate, fenomeno piuttosto recente e ancora sconosciuto ai più.

La materia teologica e, conseguentemente, quella biblica, sono state per secoli, nella Chiesa cattolica, appannaggio del clero e, quindi, del genere maschile, pertanto difficilmente accessibili, quando non addirittura precluse, alle donne in generale. Con il Concilio Vaticano II la restituzione della Bibbia al popolo di Dio ha contemplato anche i religiosi e i laici e, quindi, le donne, permettendo loro di accostarsi agli studi esegetici, e più in generale agli studi teologici, negli istituti di formazione accademica, come le università pontificie e le facoltà teologiche. Finalmente la donne “prendono la Parola” nella Chiesa. Tale novità ha avuto e continua ad avere la forza di una rivoluzione, destinata a generare cambiamenti radicali nella Chiesa cattolica e, auspicabilmente, anche nelle società dove essa vive.

L’entrata in scena delle donne nel mondo degli studi biblici comincia a far vedere i suoi primi frutti. A una passione di rara intensità che esse generalmente mostrano per la Scrittura, si unisce il rigore scientifico custodito da un impegno diligente e tenace, quale la vastità degli studi stessi prevede e chiede. A tutto ciò le donne aggiungono una capacità di intuizione speciale nella comprensione e l’impatto con la profonda e complessa esperienza umana e spirituale che la Bibbia contiene e con l’espressione letteraria con cui essa si consegna.

Trattandosi di una scrittura sapienziale, la Bibbia si presenta, infatti, particolarmente consona all’intelligenza femminile che è fatta di buon senso, intelletto, capacità di discernimento e saggia decisione. Non sarà un caso che, proprio nella Bibbia – fatto altresì condiviso dalle culture dell’intero bacino del Mediterraneo – la donna sia simbolo della Sapienza, quella “fanciulla” che era accanto a Dio mentre creava il mondo (cf Pr 8,22ss.) e da cui ogni inesperto sulla terra prende consiglio per avere la vita (cf Pr 9,1-6). La presenza straordinariamente decisiva delle donne nella storia biblica – da Eva a Maria, passando per Agar, Rachele, Giuditta, Ester, Elisabetta, Lidia, la diacona Febe, e molte altre – ci fa interrogare sul come mai, nella storia della Chiesa, la Parola biblica sia stata negata alle menti e alla bocca delle donne. Non finiremo di chiederci perché mai le donne non abbiano potuto continuare a dare il loro insostituibile contributo alla comprensione, riflessione, interpretazione, traduzione e trasmissione di tale Parola lungo il corso dei secoli.

Le caratteristiche di quest’opera Sullo sfondo di quanto già detto a proposito delle donne bibliste, quest’opera sfrutta la loro originalità a partire dal linguaggio in cui è scritta, sia nella parte della traduzione, sia in quella del commento.

Riguardo la traduzione si evidenzia una resa del sottostante testo originario greco in una lingua italiana corrente e comprensibile a tutti, evocativa di esperienze che il lettore può spontaneamente confrontare con le proprie, ma anche attenta a rendere con massima fedeltà, competenza e arte la ricchezza del linguaggio evangelico, dalle sue arcate narrative alle pieghe più sottili delle sue antiche parole.

Riguardo il commento, poi, lo stile è fluido, la scrittura semplice e chiara, espressione di una sensibilità profonda verso i contenuti che passano attraverso un’analisi filologica e formale, redazionale e simbolica, consapevole e accurata, pregnante di notizie storiche, oltre che di letture teologiche e di un vasto panorama di interpretazioni sapienziali e spirituali.

E come un filo rosso che unisce l’intera opera esegetica, appare manifesta l’intenzione di far emergere la bellezza della narrazione evangelica, la sua organicità letteraria e la forza del messaggio della fede cristiana che si impone a ogni passo, rivelandosi nella sua pienezza, nell’insieme del testo sincronico. In questo intento le traduttrici riescono a dare piena evidenza della diversità delle quattro testimonianze della fede cristiana delle origini, contenute nei quattro vangeli canonici. Una diversità che si illumina con la diversità: quella dei redattori/teologi (i quattro evangelisti) mediata da quella delle quattro traduttrici, ciascuna ricca di una sua particolare nota di perspicacia, intelligenza, conoscenza, riflessione ed esperienza professionale e umana. In virtù di tutto ciò, quanto giungerà al lettore sarà un’autentica “testimonianza evangelica”, simile a quella in cui furono generati, appunto, i vangeli stessi.

Scrittura di periferia Sull’onda dell’adagio di papa Francesco: «Occorre che la Chiesa esca verso le periferie», quest’opera può essere interpretata, innanzitutto, proprio come un atto di “uscita”. I suoi destinatari sono, infatti, certamente i cristiani, cattolici e delle altre confessioni, ma anche i diversi credenti che abitano le nostre società: ebrei, musulmani, buddhisti, induisti e di altre fedi; così come i non credenti, gli agnostici, gli atei o chi non si ponesse alcuna domanda neppure sul senso religioso. Dando per scontati i diversi livelli di interesse e, per così dire, di uso, che ciascuno ne possa fare, come dovrebbe succedere per ogni traduzione dei vangeli, quest’opera vuole aprire una finestra su quella periferia stupenda che è lo spaccato del Vangelo stesso. Periferia che parla alle periferie, Galilea delle genti restituita alle genti. Linguaggio popolare che torna a farsi interprete del linguaggio popolare, cioè capace di farsi comprendere da ciascuno «nella lingua nativa» (At 2,6).

Questo impatto vuole essere promosso da una terza “periferia”: quella delle donne nella Chiesa, ma anche e ancora, in moltissimi casi, nella società civile; quella delle tante donne laiche che lavorano e impiegano un autentico ministero al servizio della Comunità umana, civile ed ecclesiale, non sempre adeguatamente riconosciuto e non senza un oneroso carico di difficoltà e di resistenze; ma anche quella delle donne consacrate – religiose o laiche – che per secoli sono state escluse da qualsiasi forma di approccio allo studio della Bibbia e destinate esclusivamente ai servizi materiali nella Chiesa.

Da questo intreccio di periferie le autrici si augurano che possa venire una nuova beatissima lux sui vangeli.

La dedica dell’opera va ancora alla periferia: quella dei poveri, quella degli ultimi, dei lontani, dei deboli, degli esclusi, quella degli oppressi dalle schiavitù di ogni genere. Quella degli abbandonati e dei mercanteggiati, quella di chi è solo al mondo. Il Vangelo dei vangeli è l’annuncio di una consolazione, di una bella notizia: quella dell’Amore che sfida e vince ogni male; quella della Libertà che disperde i malvagi tentativi di oppressione dell’essere umano sull’essere umano; quella della Solidarietà e della Comunione che si inchina a raccogliere, uno per uno, i frammenti esistenziali e morali, i brandelli di carne e di spirito, nel desiderio di congiungerli e articolarli – già e non ancora – in un unico splendido Corpo Risorto.

                                                                            Rosanna Virgili, relatrice anche al Congresso Ucipem 2003, Vicoforte (CN)

https://alzogliocchiversoilcielo.blogspot.com/p/rosanna-virgili.html

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FRANCESCO VESCOVO DI ROMA

No a laici clericalizzati e sì a donne in ruoli di governo

http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2019/november/documents/papa-francesco_20191116_laici-famiglia-vita.html

“Indicare alcuni atteggiamenti di fondo” che ispirino il lavoro dei Membri e Consultori del nuovo Dicastero che da due anni e poco più raccoglie l’eredità del Pontificio Consiglio per i Laici e del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Con questa premessa, il Papa ha aperto l’udienza ai rappresentanti del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, in occasione della loro prima Assemblea plenaria.

www.laityfamilylife.va/content/laityfamilylife/it/il-dicastero.html

La prospettiva della Chiesa-madre. “Per svolgere un servizio alla Chiesa universale”, spiega Francesco, è indispensabile fare “proprio il cuore della Chiesa”. Passo possibile, solo se si compie lo sforzo di “uscire da se stessi ed entrare in una nuova prospettiva”: 

La Chiesa è cattolica, è universale ed è molto più ampia, è di animo più grande, ‘magnanima’, rispetto al mio punto di vista individuale. ‘Sentire con il cuore della Chiesa’, vuol dire perciò sentire in modo cattolico, universale, guardando al tutto della Chiesa e del mondo e non solo ad una parte.

“Promuovere e sostenere” i laici, le famiglie e la vita, significa dunque “andare al di là delle proprie specifiche competenze personali” per “assumere la prospettiva della Chiesa-madre” e interrogarsi, di conseguenza, su come essa stessa “vede” e “sente” la realtà:

Siete chiamati a fare un passo in più e a chiedervi, di fronte a un progetto pastorale, a una sfida, a un problema: come “vede” questa realtà la Chiesa-madre? Come la “sente”? Così facendo sarete di aiuto al Dicastero, perché saprete dare voce alla Chiesa, avendo già purificato ed elevato in voi il pensare e sentire personale fino a farlo diventare pienamente ecclesiale. 

La Chiesa-madre non fa preferenze. Proprio come una madre, prosegue il Papa, la Chiesa “non fa favoritismi e preferenze” poiché “desidera anzitutto la concordia fra tutti i suoi figli”. Di conseguenza, bisogna agire allo stesso modo: dunque, anche per voi, è importante proporre sempre modelli positivi di collaborazione fra laici, sacerdoti e consacrati, fra i pastori e i fedeli, fra organismi diocesani e parrocchiali e movimenti e associazioni laicali, fra giovani e anziani, evitando contrapposizioni e antagonismi sterili e incoraggiando sempre una fraterna collaborazione in vista del bene comune dell’unica famiglia che è la Chiesa.

La Chiesa-madre fa crescere i propri figli. Tra le caratteristiche fondamentali del “sentire ecclesiastico”, e dunque di quello della Chiesa-madre, il Pontefice indica il desiderio di far crescere i figli affinchè non “rimangano infantili” ma siano in grado di affrontare senza paura “le sfide che il mondo contemporaneo pone” in tutti i settori: la Chiesa, come ogni madre, desidera inoltre che i suoi figli crescano diventando autonomi, creativi e intraprendenti, e non che rimangano infantili. Allo stesso modo, tutti i fedeli laici, figli della Chiesa, vanno aiutati a crescere e a diventare ‘adulti’, superando resistenze e paure e uscendo allo scoperto, in modo audace e coraggioso, mettendo i loro talenti a servizio di nuove missioni nella società, nella cultura, nella politica, affrontando senza timore e senza complessi le sfide che il mondo contemporaneo pone.

La Chiesa-madre custodisce. Come ogni madre, prosegue ancora Papa Francesco, la Chiesa custodisce “la storia e la tradizione vivente della famiglia”, vivendo così “l’oggi con memoria e speranza” e gettando “i semi del Regno” senza essere “assillata dai successi immediati”:

La Chiesa, poi, da vera madre, sa custodire la storia e la tradizione vivente della famiglia; ciò vuol dire per voi saper tenere insieme il passato – tutto ciò che di buono è stato fatto dai due Pontifici Consigli – con il presente, cioè le sfide attuali, e con il futuro.

Avere uno sguardo da fratelli. Altra immagine usata dal Papa, è “quella di avere uno sguardo da fratelli”, che permetta di agire non come “ingegneri sociali o ecclesiali che pianificano strategie da applicare”, ma come “fratelli nella fede”. 

“Partendo dalla vostra esperienza e dalle vostre difficoltà, capirete meglio la fatica quotidiana dei fedeli laici di tutto il mondo, le cui difficoltà sono spesso accresciute da condizioni di povertà e di instabilità sociale, dalla persecuzione religiosa, dalla propaganda ideologica anti-cristiana”.

Una fede che nasca dall’incontro personale con Dio e che “trae alimento dai Sacramenti della Chiesa”. Da qui, spiega ancora Francesco, la consapevolezza che, “da fratelli nella fede”, la formazione non può concentrarsi esclusivamente sul fare:

E’ quanto mai necessario ai nostri giorni insegnare ai bambini, ai ragazzi, ai giovani, alle coppie sposate ad avere una vita di preghiera, un quotidiano e familiare colloquio con Dio. A tale proposito, non bisogna aver paura di affidare ai laici stessi l’accompagnamento di altri laici nella vita spirituale.

Di conseguenza, a questa necessità, si aggiunge quella di rendere i laici “segni visibili della presenza di Cristo in ogni ambiente”: Perciò il Dicastero di cui siete parte dovrebbe, al di sopra di tutto, aiutare i tanti discepoli di Cristo a vivere nel quotidiano in conformità alla grazia battesimale che hanno ricevuto.

Ma per mantenere uno sguardo che non sia troppo “distaccato dalla realtà”, avverte il Pontefice, è necessario pensare sia alle difficoltà che si incontrano nella propria vita ogni qual volta si cerca di vivere da cristiani sia immedesimarsi in quei cristiani che vivono esperienze diverse dalla propria: 

Allargare lo sguardo a tutti i fratelli nella fede, di ogni categoria sociale e di ogni regione del mondo, vi aiuterà molto a pensare in modo creativo e realistico a come il Dicastero può essere di sostegno alle Chiese locali per accompagnare i battezzati a vivere con gioia, convinzione e fedeltà l’appartenenza a Cristo, diventando discepoli missionari, protagonisti nella promozione della vita, nella difesa della retta ragione, della giustizia, della pace, della libertà, nel favorire la sana convivenza fra i popoli e le culture.

Lo sguardo a Maria. Dunque, “la Chiesa-madre” e “lo sguardo da fratelli” sono le due immagini che Francesco affida ai presenti, ricordando loro di volgere lo sguardo a Maria, “colei che impersona perfettamente la Chiesa-madre e che insegna a tutti i discepoli di suo Figlio a vivere da fratelli. 

Non clericalizzare i laici e il ruolo delle donne. Prima di concludere, Papa Francesco si sofferma su due punti per lui molto importanti: il pericolo di clericalizzare i laici rendendoli “preti a metà strada” e “il posto della donna nella Chiesa”. 

Ecco allora lo schietto consiglio del Pontefice ai Vescovi: “Allontanate i diaconi dall’altare”, che vadano al servizio. Sono i custodi del servizio, non chierichetti di prima categoria o preti di seconda categoria. 

Per quanto riguarda invece il ruolo della donna nella Chiesa, il Papa fa riferimento alla realtà del Dicastero stesso che “ha la grazia di avere due sottosegretarie” nella struttura. Francesco esprime il suo incoraggiamento a promuovere le donne: “Dobbiamo andare avanti”, dice, “sempre per inserire le donne nei posti di consiglio, di governo pure, senza paura”. Fondamentale dunque, che la donna occupi nella Chiesa posti di responsabilità, “di governance, di consiglio” ma, specifica il Pontefice, il suo ruolo non si esaurisce lì: non solo nella sua “funzionalità” ma, in particolare, nella sua capacità:

Il ruolo della donna nell’organizzazione ecclesiale, nella Chiesa va oltre e dobbiamo lavorare su questo ‘oltre’, perché la donna è l’immagine della Chiesa madre, perché la Chiesa è donna; non è “il Chiesa”, è “la Chiesa”. La Chiesa è madre; la Chiesa è capace di portare avanti questa realtà e la donna ha un’altra funzione. Non deve avere lavoro funzionale, ma il lavoro va oltre. È quel principio mariano proprio della donna; e una donna nella Chiesa è l’immagine della Chiesa sposa e della Madonna.

Emanuela Campanile – Città del Vaticano     Vatican news 16 novembre 2019

 www.vaticannews.va/it/papa/news/2019-11/papa-laici-famiglia-vita.html

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MATRIMONIO

Denuncia per tradimento coniugale

Dal matrimonio deriva una serie di obblighi che entrambi i coniugi sono tenuti a rispettare, pena la possibilità per l’altro di chiedere la separazione e, in determinati casi, perfino il risarcimento del danno. Ad esempio, marito e moglie, nel momento in cui convolano a nozze, si impegnano a vivere insieme, ad essere fedeli l’uno all’altra, a sostenersi reciprocamente, sia materialmente che moralmente. La violazione di uno di questi doveri può avere, come detto, conseguenze importanti, talvolta che sfociano perfino nel penale. Si può fare una denuncia per tradimento coniugale?

Obbligo di fedeltà: cos’è? Come anticipato nell’introduzione, dal matrimonio discende una serie di obblighi reciproci tra i coniugi; tra questi, uno dei più importanti è quello alla fedeltà [Art. 143 cod. civ.]. Ma cosa si intende per fedeltà coniugale? La fedeltà di cui parla la legge non si riferisce solamente alla sfera sessuale, ma si inserisce all’interno di una più ampia cornice fatta di lealtà e rispetto reciproci.

Non ci sono dubbi che il coniuge sia fedele se non tradisce il suo partner intrattenendo una relazione sessuale con un’altra persona: pertanto, possiamo pacificamente asserire che il coniuge fedifrago sicuramente viola l’obbligo reciproco di fedeltà. Tuttavia, la fedeltà può essere infranta anche intrecciando con persona diversa dal coniuge un forte legame sentimentale: secondo la giurisprudenza, anche un’infedeltà solamente platonica giustifica la richiesta di separazione con addebito [Cass., sent. n. 15557/2008]. Anche una relazione non consumata può sortire effetti devastanti per l’unità matrimoniale, tanto da giustificare l’addebito della separazione.

Secondo altra pronuncia, le conseguenze legali sono sempre le stesse anche nel caso in cui l’adulterio sia stato tentato ma non sia riuscito a causa del rifiuto da parte del terzo. In buona sostanza, l´infedeltà di uno dei coniugi può integrare da sola violazione dei doveri nascenti dal matrimonio ancorché sia rimasta allo stadio di mero tentativo [Cass., sent. n. 9472 del 07.09.1999].

Violazione fedeltà coniugale: cosa succede? Chi si rende infedele, anche solo platonicamente, rischia di incorrere in serie conseguenze, le più importanti delle quali sono:

  • L’addebito della separazione, con perdita del diritto al mantenimento e dei diritti successori;
  • La richiesta di risarcimento dei danni, nel caso in cui l’infedeltà si sia esternata in forme altamente irrispettose della dignità del coniuge tradito. È il caso dell’uomo che conduce con un’altra donna una vita parallela rispetto a quella che ha con la moglie, giungendo perfino a formare due famiglie separate;
  • La denuncia per il reato di maltrattamenti. Approfondiamo quest’ultimo aspetto.

Quando si può denunciare il tradimento? Sebbene rappresenti un’ipotesi limite, è possibile che la violazione dell’obbligo di fedeltà possa avere anche risvolti di tipo penale. Secondo la Corte di Cassazione [Cass., sent. n. 48224 del 15.11.2016], quando le modalità del tradimento sono tali da risultare gravemente umilianti e lesive della dignità del coniuge, può integrarsi il reato di maltrattamenti contro un proprio familiare [Art. 572 cod. pe].

Perché scatti il delitto, però, non è sufficiente una singola condotta adulterina: occorre che l’infedeltà sia reiterata nel tempo e fatta con la consapevolezza (dolo) di arrecare al coniuge una grave sofferenza morale. Facciamo un esempio pratico di quanto l’infedeltà diventa reato. Tizio, nonostante sia sposato da anni con Caia, non si fa scrupoli di corteggiare altre donne e di tradire la moglie avendo rapporti occasionali. In più occasioni, poi, ha portato a casa donne con le quali ha intrattenuto una breve relazione sentimentale. Caia, non avendo parenti né un’altra casa ove andare, essendo anche madre di una bambina piccola, è costretta a sopportare i tradimenti del marito, nonostante la grave sofferenza interiore. In un caso come quello appena esposto ricorrono sicuramente gli estremi per poter denunciare il tradimento coniugale, con conseguente diritto a chiedere anche il risarcimento dei danni patiti.

Mariano Acquaviva                         La legge per tutti          11 novembre 2019

www.laleggepertutti.it/336111_denuncia-per-tradimento-coniugale

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MEDICINA PREVENTIVA

Aids, 15mila pazienti non sanno di avere il virus dell’HIV

La generazione di “Millennials” sa molto poco della malattia e dei comportamenti a rischio. Sono circa 15mila le persone che non sanno di essere infette perché non si sottopongono al test per l’HIV [Human Immunodeficiency Virus]. Negli ultimi 7 anni in Italia il numero di nuove diagnosi è stato stabile con circa 3500 nuovi casi ogni anno causati soprattutto da infezioni a trasmissione sessuale, sia da rapporti eterosessuali che omosessuali. Più del 50% delle nuove diagnosi, però, avviene in condizioni avanzate di malattia. Inevitabile conseguenza del calo di attenzione su questa malattia di cui i millennialls sanno poco o nulla. Il tema è stato al centro di un incontro dal titolo “Hiv – Presente e futuro del paziente cronico” Approccio, Progresso, Prevenzione” promosso dalla Società di Malattie Infettive e Tropicali (Simit) e svoltosi oggi presso il Ministero della salute.

L’importanza della diagnosi precoce. Da troppo tempo le campagne di informazione non hanno più coinvolto la popolazione, specie giovani e giovanissimi, sui rischi di un’infezione che si mostra comunque sempre minacciosa. E’ probabilmente questo il motivo per cui sono tanti i casi ‘sommersi’. Con l’avvicinarsi della Giornata mondiale dell’Aids che si celebra il 1° dicembre, l’attenzione torna alta con l’obiettivo di promuovere il test per l’HIV tra i soggetti più a rischio. “Ai fini della prevenzione – sottolinea Massimo Galli, presidente della Simit – va tenuto conto che i giovani, anche quelli che appartengono alle cosiddette popolazioni chiave, nei quali il rischio di infettarsi è maggiore, come i giovani maschi che fanno sesso con maschi (MSM)<<], hanno poca o nessuna esperienza di malattia, non hanno visto in presa diretta la malattia negli anni bui, funestati da migliaia di decessi e hanno una percezione molto bassa della gravità potenziale dell’HIV”.

Test a 13 anni e distribuzione di profilattici nelle scuole. Di fronte alla richiesta che arriva dai medici e dalle associazioni di pazienti di far salire nuovamente l’attenzione sull’Aid [sindrome da immunodeficienza acquisita], il Ministero risponde annunciando una serie di iniziative: “E’ vero che la malattia è abbastanza stabile con 120mila pazienti cronicizzati, circa 3.500 nuove diagnosi ogni anno – afferma Pierpaolo Sileri, vice-ministro della Salute – ma resta il problema dei casi sommersi. E’ necessario tornare a fare delle campagne di sensibilizzazione per evitare un aumento dei casi e lo faremo utilizzando anche i social tra cui Instagram che abbiamo attivato da poco”. Il Ministero ha messo in campo varie azioni correttive inserite nel piano nazionale come, per esempio, rendere uniformi le schede di segnalazione delle nuove infezioni per avere un’unica centrale di controllo. Altro obiettivo su cui si sta lavorando è quello di creare un Pdta [Percorsi diagnostici terapeutici e assistenziali] comune in modo che i pazienti di tutte le regioni possano avere lo stesso percorso di cura. “Dobbiamo lavorare – prosegue Sileri – in accordo con il Miur per fare informazione nelle scuole e favorire la distribuzione di profilattici e brochure informative nelle scuole e nelle università. Infine, stiamo elaborando una bozza di decreto per consentire l’accesso al test per l’HIV anche ai ragazzi dai 13 anni in poi senza dover chiedere consenso ai genitori in modo da responsabilizzare i ragazzi e fargli superare il timore di essere giudicati”.

Verso il vaccino preventivo. Nonostante gli enormi progressi compiuti, il virus dell’HIV non è stato ancora sconfitto. Per questo la ricerca si sta concentrando sullo sviluppo di vaccino preventivo anti Hiv che potrebbe contribuire a porre fine all’epidemia entro il 2030, come auspicato dalle Nazioni Unite tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile adottati all’unanimità dagli Stati Membri nel 2015. “Subito dopo la scoperta del virus più di trent’anni fa – spiega Adriano Lazzarin, primario della Clinica infettiva dell’Ospedale San Raffaele di Milano – i principali centri di ricerca internazionali hanno dedicato notevoli risorse allo sviluppo di un vaccino preventivo contro il virus Hiv: le difficoltà di trovare un vaccino in grado di indurre una risposta immunitaria efficace contro un virus con una eccezionale mutagenesi ed una altrettanto evidente capacità di eludere i meccanismi di controllo immunologico da parte dell’ospite hanno rallentato moltissimo la concretizzazione di trial vaccinali nelle popolazioni a rischio”.

I fallimenti dei primi vaccini. Infatti, soltanto nel 2009 sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine i risultati della vaccinazione con alvac ed aidsvax per prevenire l’infezione da Hiv in Thailandia che purtroppo hanno dimostrato come l’efficacia del vaccino fosse risultata del 31.2%, lontana dal limite del 60% che avrebbe reso convincente un piano vaccinale. Un aggiustamento del candidato ad un successivo piano vaccinale in Sud Africa ha poi fornito nello studio di fase ½ risultati più convincenti e ha dato qualche informazione in più sui correlati immunologici di una risposta immune efficace”. Al via studio internazionale in 55 centri. Ora è allo studio un regime vaccinale “a mosaico” sviluppato per la prevenzione dell’infezione da un’ampia varietà di ceppi virali, responsabili della malattia. Finora questo vaccino sperimentale ha raccolto i risultati degli studi di fase 1/2a in termini di sicurezza ed immunogenicità e si appresta ad esser sperimentato all’interno di una popolazione più ampia con uno studio americano ed europeo che coinvolge anche l’Italia. Lo studio Mosaico prevede l’arruolamento di 3.800 persone, in circa 55 centri in otto Paesi distribuiti in tre continenti. L’inizio dello studio è previsto negli Stati Uniti in queste settimane e, previa approvazione dalle autorità competenti locali, potrà avere luogo anche in Argentina, Brasile, Italia, Messico, Perù, Polonia, Spagna.

Lo studio è condotto da Janssen in partnership, a livello globale, con il National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), l’HIV Vaccine Trials Network (HVTN) all’interno del Fred Hutchinson Cancer Research Center e la U.S. Army Medical Research and Development Command (USAMRDC). L’obiettivo è quello di studiare un regime vaccinale che preveda quattro somministrazioni nell’arco temporale di un anno. “La prova della sua efficacia – conclude Lazzarin –  potremo averla solo a studio concluso. La complessità e variabilità dei processi di risposta immune innescati da Hiv (linfociti B, linfociti T, cellule accessorie) nel singolo individuo lasciano purtroppo margini di imprevedibilità, e questo trial sarà una buona opportunità per conoscerli meglio”.

Irma D’Aria    La repubblica 13 novembre 2019

www.repubblica.it/salute/medicina-e-ricerca/2019/11/13/news/aids_15mila_pazienti_non_sanno_di_avere_il_virus_dell_hiv_-_embargo_ore_12-241039902/?ref=drac-2https://www.repubblica.it/salute/medicina-e-ricerca/2019/11/20/news/_rompiamo_il_silenzio_sull_hiv_per_fermare_i_nuovi_contagi-241486705/?ref=RHPF-VU-I194178879-C6-P8-S1.6-T1

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MINORI

Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza

Trentennale della Convenzione sull’infanzia e l’adolescenza, le iniziative dell’Autorità garante. Una campagna di comunicazione, tavole rotonde, incontri con bambini e adolescenti, un volume dedicato, raccomandazioni, studi e una proposta sui livelli essenziali delle prestazioni. Così l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza celebrerà, nel mese di novembre, il trentennale della Convenzione di New York, approvata dall’Assemblea generale dell’Onu il 20 novembre 1989. 

Campagna di comunicazione. Uno spot sulle reti Rai, sia radio che tv, e una campagna social realizzati in collaborazione con il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri accompagneranno il periodo delle celebrazioni. Con un linguaggio semplice, rivolto ai più giovani, la campagna promuove la conoscenza della Convenzione Onu ricordandone i 30 anni.

Diritti in crescita. Il 19 novembre 2019, nell’auditorium del Museo dell’Ara Pacis di Roma Capitale, si terrà l’evento “Diritti in crescita”. Sei tavole rotonde – animate da esperti, rappresentanti delle istituzioni e del terzo settore – affronteranno altrettanti temi. Si spazia da “Una città a misura di bambino” a “Rafforzare il sistema di prevenzione e protezione” per passare poi a: “L’inclusione dei minorenni vulnerabili”, “Il contrasto alla povertà educativa”, “La tutela del benessere e la promozione di sani stili di vita” e “Uno sguardo al futuro: la Convenzione riscritta dai ragazzi”. Partecipano ai lavori gli adolescenti della Consulta delle ragazze e dei ragazzi dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza e del progetto ENYA promosso dalla rete europea. In apertura di “Diritti in crescita” sarà presentato il volume curato dall’Autorità: “La Convenzione delle Nazioni unite sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (CRC): conquiste e prospettive a 30 anni dall’adozione”. A firmare i contributi docenti e ricercatori universitari.

Le celebrazioni. Nel mese di novembre l’Autorità garante parteciperà a una serie di eventi celebrativi. Sarà l’occasione per affrontare il tema dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza sia dal punto di vista dei traguardi conseguiti che da quello dei risultati da raggiungere anche alla luce dei cambiamenti intervenuti dal 1989 a oggi.

Off-line contro il cyberbullismo. Il 21 novembre nel teatro del liceo “Morgagni” di Roma, alla presenza della Garante Filomena Albano, si concluderà il tour nazionale di “Off-line, la vita oltre lo schermo”, progetto itinerante dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza realizzato in collaborazione con l’associazione “Un’altra storia”. Il progetto ha coinvolto in 10 tappe – con il contributo del giornalista Luca Pagliari – oltre 6 mila studenti delle scuole superiori di tutta Italia per raccontare la storia di Alice, vittima di soprusi, e per aiutare i ragazzi a prendere consapevolezza del fenomeno e a spingerli a parlare. L’evento conclusivo nella Capitale si svolgerà con la partecipazione di oltre 300 studenti e la presenza di Alice, protagonista del docufilm “dodicidue”.

I bambini parlano diritti[o]. A Palermo il 25 novembre, nella cornice del Cinema “De Seta” ai Cantieri culturali alla Zisa, l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza incontrerà più di 400 alunni della scuola primaria nell’ambito del progetto “I bambini parlano diritti[o]”. L’iniziativa, che ha avuto come obiettivo la diffusione della conoscenza della Convenzione Onu attraverso la riscrittura dei diritti, ha coinvolto in tutta Italia più di 10 mila giovanissimi partecipanti. Il progetto è stato realizzato in collaborazione con l’associazione “Così per gioco”. Nelle attività è stato utilizzato il libro illustrato dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza “Geronimo Stilton. Viaggio alla scoperta dei diritti dei bambini” (edito da Piemme), un’avventura ambientata nella Penisola alla ricerca della Convenzione smarrita, e ritrovata, in occasione delle celebrazioni per i suoi 30 anni. 

Comunicato stampa   11 novembre 2019

www.garanteinfanzia.org/sites/default/files/11-11-19_

trentennale_della_convenzione_sullinfanzia_e_ladolescenza_le_iniziative_dellautorita_garante.pdf

www.garanteinfanzia.org/sites/default/files/dichiarazione-30-anni-crc_0.pdf

www.garanteinfanzia.org/sites/default/files/scheda-sintetica-volume-trentennale.pdf

 

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PROCREAZIONE ARTIFICIALE

Procreazione medicalmente assistita ‘post mortem’ e status giuridico del nato

Corte di Cassazione, prima Sezione civile, sentenza n. 13000, 15 maggio 2019.

L’art. 8 della L. n. 40 del 2004, recante lo status giuridico del nato a seguito dell’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, è riferibile anche all’ipotesi di fecondazione omologa “post mortem” avvenuta mediante utilizzo del seme crioconservato di colui che, dopo aver prestato, congiuntamente alla moglie o alla convivente, il consenso all’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, ai sensi dell’art. 6 della medesima legge e senza che ne risulti la sua successiva revoca, sia poi deceduto prima della formazione dell’embrione avendo altresì autorizzato, per dopo la propria morte, la moglie o la convivente all’utilizzo suddetto. Ciò pure quando la nascita avvenga oltre i trecento giorni dalla morte del padre” (in applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto che nell’atto di nascita alla figlia minore della ricorrente, nata a seguito di inseminazione medicalmente assistita “post mortem”, possa essere attribuito lo status di figlia del marito deceduto).                                                                  www.parlamento.it/parlam/leggi/04040l.htm

Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 22679 – 13 novembre 2019

  Sentenza        http://divorzio.ilcaso.it/sentenze/ultime/22679/divorzio

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PSICOLOGIA

Comportamenti autolesivi, quei disagi senza via d’uscita

Protagonisti soprattutto adolescenti. Una forma distorta di relazione con gli altri. L’isolamento e l’incapacità di esprimere le proprie emozioni.

            Nella pratica clinica capita spesso di venire in contatto con un disturbo del comportamento sommerso ma diffusissimo, specie tra i giovanissimi: il comportamento autolesivo. Colpisce soprattutto adolescenti ed in prevalenza le ragazze. Dato che l’ingresso nell’adolescenza è sempre più precoce, anche l’età in cui il disturbo tende a comparire si sta abbassando. La definizione più utilizzata per descrivere l’autolesionismo è quella di «azioni intenzionali, ripetute, a bassa letalità, che alterano o danneggiano il tessuto corporeo senza alcun intento suicida cosciente». Per lungo tempo l’argomento è stato escluso dal dibattito pubblico e non se ne trova traccia neanche nella cronaca nera così come avviene per altre psicopatologie. Si è iniziato a parlarne negli Stati Uniti e, ad oggi, se ne discute anche in Italia, pur se non sui grandi mezzi di comunicazione di massa.

            Il comportamento autolesivo stenta ad uscire dalle mura domestiche; in genere i ragazzi si feriscono di nascosto, solo alcuni ostentano le cicatrici come trofei. Nella maggior parte dei casi occultano i segni delle ferite, vivendo un rapporto intimo con il proprio comportamento; spesso i ragazzi, nella difficoltà, non decidono di confidarsi con i familiari o chiedere aiuto ad un professore. Sono molti gli adolescenti che riversano le proprie difficoltà ed angosce autolesive sulla rete; sembra che siano numerosi i siti, i blog e le chat dedicati all’argomento. Più raramente, avviene che i familiari siano a conoscenza del disagio ma è talmente forte la vergogna ed il senso del fallimento che si riscontra la tendenza a nasconderlo all’esterno. Ciò comporta un ritardo nell’intervento dello specialista, con i rischi che ne conseguono.

            Autolesionismo, comportamenti autolesivi, giovani adolescenti. Quattro i tipi di comportamento autolesivo, differenti non solo per le modalità con cui viene provocato il danno, ma anche per le motivazioni che ne stanno alla base e per le associazioni con altre patologie psichiatriche.

  1. Nell’autoavvelenamento rientrano comportamenti che vanno dall’overdose di farmaci all’ingestione di sostanze tossiche, fino all’iniettarsi sostanze pericolose; disturbo vicino al comportamento suicidario.
  2.  Nell’automutilazione si è in presenza di un disturbo psichiatrico conclamato; si verifica per lo più nei casi di schizofrenia grave in cui non vi è consapevolezza del proprio corpo e manca la coscienza della malattia.
  3.  Nell’autodanneggiamento rientrano le cosiddette condotte a rischio, quali i comportamenti che indirettamente hanno effetti dannosi per la salute: gioco d’azzardo patologico, guida spericolata, abuso di stupefacenti ed alcool.
  4. Ma il comportamento più frequente è l’autoferimento, che non è caratterizzato dall’assunzione di sostanze, ma dal procurarsi tagli e bruciature. La modalità più comune è quella dell’utilizzo di utensili domestici per procurarsi tagli sulle braccia, sulle gambe e, più raramente, sull’addome. A volte, nella ricerca delle cause, il disturbo si presenta a seguito di una perdita affettiva importante; un abbandono che può essere reale o solo il frutto di una percezione distorta. Solitudine, sensazione di vuoto, senso di colpa ed impotenza sono spesso collegati a tale disturbo. Subito dopo essersi tagliate, queste persone possono provare un sollievo momentaneo, che dura fino a quando un’altra sensazione negativa farà scattare nuovamente il meccanismo.

Autolesionismo, comportamenti autolesivi, braccia coperte È come se fosse una dipendenza. Alcuni vivono una sensazione di estraneità dal proprio corpo, percependo il dolore ed il sangue che esce come un modo per sentirsi vivi; hanno bisogno di provare sofferenza per affermare la propria esistenza e, per altri ancora, è una valvola di sfogo, una via attraverso cui espellere tutte le sensazioni negative. L’autoferimento può essere impulsivo, compulsivo o stereotipico: nel primo caso vi è l’intermittenza dell’evento; nel secondo, invece, certi comportamenti sono ripetuti e possono presentarsi anche più volte al giorno e il pensiero di ferirsi può diventare una ossessione, più forte nei momenti di stress; il terzo è riscontrabile nei casi di grave ritardo mentale o di autismo e può avvenire anche in pubblico.

            Un’altra caratteristica comune è l’isolamento. L’autolesionismo è spesso associato al disturbo borderline di personalità. Chi ne soffre trascorre gran parte della vita in uno stato di confusione e i rapporti che riesce ad instaurare sono destinati a fallire o diventano emotivamente distruttivi. Alcuni studiosi hanno trovato una associazione frequente con i disturbi dell’alimentazione, in particolare la bulimia.

            Sembra che l’autolesionista sperimenti tanta difficoltà nel riconoscere ed esprimere le proprie emozioni; sente il bisogno di chiedere aiuto per un disagio che sta vivendo, ma non trova una via efficace per comunicarlo. È una forma distorta di relazione con gli altri: vuole richiamare l’attenzione, ma non ci riesce e, spesso, si sente ignorato. A volte sono presenti anche sentimenti di ostilità verso se stessi, così come le sensazioni di rabbia o di vuoto interiore. In questi casi è fondamentale intervenire con un percorso psicoterapeutico sul ragazzo o in generale sulla persona, sensibilizzare il contesto familiare e organizzare campagne di informazione sul disturbo, tanto da renderlo identificabile per tempo e limitare i danni fisici, ma soprattutto emotivi, dei nostri giovani.

Lucia Calabrese, psicoterapeuta e sessuologa clinica   consultorio familiare Al Quadraro Roma

Romasette 8 novembre 2019

www.romasette.it/comportamenti-autolesivi-quei-disagi-senza-via-duscita

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SESSUOLOGIA

Lo studio, dieta mediterranea con cibi bio migliora seme maschile

            La dieta mediterranea è in grado di migliorare la qualità del seme maschile e di modificare significativamente i livelli di contaminazione da metalli. E’ quanto dimostra lo studio Fast (Fertilità ambiente, stili di vita), condotto dal team di Luigi Montano, uroandrologo dell’Asl di Salerno, esperto in Patologia Ambientale e co-presidente della Società italiana riproduzione umana (Siru).

            Il trial fa parte del progetto multidisciplinare di biomonitoraggio umano, denominato EcoFoodFertility (www.ecofoodfertility.it), ed è finanziato dal ministero della Salute e vede tra i suoi partner l’Istituto superiore di sanità, l’Università di Brescia, il Cnr, l’Enea e le Università di Milano e di Napoli Federico II.

            I risultati dello studio, durato oltre due anni, sono stati presentati oggi al 3° Congresso nazionale della Siru in corso a Milano. Lo studio ha esaminato circa 400 maschi sani adolescenti, non fumatori, omogenei per età (media 19 anni), massa corporea e stili di vita, residenti in tre aree d’Italia fortemente inquinate: Brescia – Caffaro, Valle del Sacco nel Frusinate, Terra dei Fuochi.

            Sono state valutate, per ogni gruppo delle tre aree e confrontate fra loro la qualità del liquido seminale, parametri epigenetici, proteomici, stress ossidativo e alcuni tossici ambientali come i metalli pesanti, riscontrando diverse differenze statisticamente significative, in particolare per i tassi di contaminazione fra i soggetti nelle diverse aree con valori medi di concentrazione per area che differivano per alcuni metalli anche fino a 15 volte. Lo studio sembra mettere un punto fermo sull’efficacia della dieta mediterranea per la fertilità e per disintossicarsi da un ambiente inquinato stando a tavola.

            I primi risultati hanno dimostrato come il gruppo che ha seguito per circa 4 mesi il modello della dieta mediterranea ricca di verdura, frutta, legumi e cerali provenienti in massima parte da coltivazione biologica, ha migliorato in maniera statisticamente significativa tutti i principali parametri del seme, come numero, motilità e morfologia rispetto al gruppo di controllo che, invece, non ha avuto questo beneficio. Anzi, il segno in questo caso era negativo, con modifiche anche della concentrazione dei metalli, per qualcuno fino al 70%.

            “In sostanza – dichiara Montano – anche se questi sono i primi dati analizzati, sembrano abbastanza indicativi nel dimostrare non solo il ruolo protettivo della dieta mediterranea con prodotti bio sulla salute umana a partire dalla fertilità, ma anche come sia possibile, in attesa di azioni di risanamento ambientale, adottare misure di ‘resilienza’ individuali con stili di vita e alimentari corretti per controbilanciare gli effetti negativi dell’inquinamento.

            Aggiungo che, tali misure di prevenzione hanno tanto più efficacia se effettuate proprio nelle età di maggiore plasticità biologica e comportamentale come quella adolescenziale, età dove si acquisiscono più facilmente stili di vita errati che possono compromettere la salute riproduttiva e la salute complessiva, favorendo lo sviluppo di patologie cronico-degenerative in età adulta e, tramite i cambiamenti dell’epigenoma spermatico, nella stessa progenie”.

Roma, Adnkronos Salute             8 novembre 2019

www.lasaluteinpillole.it/salute.asp?id=53694

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