NewsUCIPEM n. 775 – 13 ottobre 2019

               NewsUCIPEM n. 775 – 13 ottobre 2019

Unione Consultori Italiani Prematrimoniali E Matrimoniali

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02 AFFIDAMENTO DEI MINORI                 Il caso Bibbiano azzera gli affidi in tutta Italia

03                                                                          Incontro alla Camera. Affido, una riforma a ostacoli

04 ASSEGNO DIVORZILE                               La Cassazione spazza via il tenore di vita

05                                                                          Divorzio Berlusconi-Lario, Cassazione conferma: niente assegno

05 ASSEGNO MANTENIMENTO                Rimborso dell’assegno alla moglie per anni convissuti con l’amante

06 ASSEGNO MANTENIMENTO FIGLI     Il dovere per i nonni di mantenere i nipoti è sussidiario

07 ASSOCIAZIONI – MOVIMENTI             AICCeF – Aggiornamenti eventi patrocinati e Scuole di formazione

07 CENTRO INTERN. STUDI FAMIGLIA   Newsletter CISF – n. 36, 2 ottobre 2019

10 CHIESA CATTOLICA                                  Sinodo, pro o contro il papa

10                                                                          Essere famiglia, via di santità

11                                                                          Se la prudenza non è timidezza

12                                                                          Un ministero più cattolico, aperto a “omnis utriusque sexus fidelis

15 COMM. ADOZIONI INTERNAZ.            Comunicato missione Minsk

15 CONFERENZA EPISCOPALE IT.             Pro Memoria per la Chiesa Italiana                     

18 CONGRESSI–CONVEGNI–CORSI         Milano. Conferenza “Tu ed io. Il tuo lato che mi è straniero”

18 CONSULTORI CATTOLICI                        Torino. Punto familia. Due appuntamenti

19 CONSULTORI UCIPEM                            Parma. Famiglia più. Incontri              

19 DALLA NAVATA                                         XXVIII Domenica del Tempo ordinario- Anno C – 13 ottobre 2019

19                                                                          Dio ci offre non solo guarigione, ma salvezza                                   

20 DONNE NELLA CHIESA                            Il momento di ascoltare le donne

21 FRANCESCO VESCOVO DI ROMA       Apertura dei lavori dell’assemblea speciale del Sinodo dei vescovi

22 GENITORI                                                     Il rapporto genitori-figli, da Edipo a Narciso

23 GENITORIALITÀ                                         La competenza giurisdizionale sulla responsabilità genitoriale

24                                                                          Più di 4 madri su 10 con figli minorenni non hanno un impiego

24                                                                          “Bonus di 10mila euro per ogni adozione internazionale”

25 MINORI                                                        Reati su minori.

26                                                       Giornata mondiale bambine

26                                                                         Minori migranti

27 RIFUGIATI                                                    La detenzione per l’omosessualità è un atto di persecuzione

27 SALUTE                                                         Disagio mentale                                                                            

28 SINODO                                                        6 cose che distinguono il Sinodo per l’Amazzonia dagli altri Sinodi

30                                                                          Passato non pregiudica futuro. Laici e donne nel cammino sinodale

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AFFIDAMENTO DEI MINORI

Il caso Bibbiano azzera gli affidi in tutta Italia

Il caso Bibbiano, tra le altre, gravissime conseguenze, rischia di azzerare anche il sistema affidi. Anzi per quanto riguarda l’Emilia Romagna, il danno è già pesantissimo. E mentre l’inchiesta giudiziaria va avanti, facendo emergere altri fatti inauditi, nei giorni scorsi i responsabili di alcuni servizi sociali delle province di Reggio Emilia, Modena e Parma hanno incontrato il presidente del Tribunale per i minorenni di Bologna, Giuseppe Spadaro che, com’è noto, ha competenza sull’intera regione.

Drammatico il quadro che n’è emerso. Il sistema della tutela dei minori fuori famiglia è di fatto paralizzato. Quasi impossibile trovare una famiglia affidataria. Ma quasi impossibili anche gli interventi ordinari da parte degli assistenti sociali. Un clima di sfiducia diffuso che induce i genitori in difficoltà a non chiedere più aiuto ai servizi e, d’altra parte, gli operatori dei servizi ad evitare interventi con decisioni che potrebbero essere fraintese e trasformate in nuovi casi giudiziari. Come uscirne?

 Nell’incontro con le assistenti sociali Spadaro ha ribadito l’urgenza di profondi interventi normativi per evitare il ripetersi di altri casi Bibbiano – ma questo è compito del legislatore – e ha sollecitato a non perdere la fiducia nella possibilità di lavorare al fianco dei minori in difficoltà e delle famiglie più fragili. Facile immaginare però che i tempi per colmare il baratro di sospetti aperto dalla tristissima vicenda della val d’Enza saranno tutt’altro che brevi.

            Da Nord a Sud la paura paralizza i genitori disposti ad ospitare i minori per un periodo temporaneo. La situazione più critica proprio in Emilia Romagna, dove anche le attività ordinarie dei Servizi sono ferme.

            Nel frattempo l’allarme è generale, con scenari preoccupanti in ogni parte d’Italia. «Le famiglie stanno facendo un passo indietro rispetto all’affido, assistiamo disarmati al fallimento del lavoro fatto per anni nell’intento di promuovere questo istituto di prossimità che a tanti bambini ha garantito un futuro». Nessun sistema, tranne quello che ha fatto della strumentalizzazione il mantra quotidiano di certi politici e di certi giornali. «Così che alla fine – spiega rassegnato Gianmario Gazzi, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli assistenti sociali (Cnoas) – il sospetto ha trionfato, e le famiglie hanno cominciato ad avere paura». Affidi quasi azzerati ovunque, dunque, e già a partire dall’estate. Con i Servizi in allarme, perché proprio gli affidamenti negli ultimi anni hanno fatto da perno nella gestione dei minori fuori famiglia (26mila il numero totale, la metà dei quali sistemati in comunità, l’altra nelle famiglie).

            Ma se viene meno l’apporto delle famiglie, anche la rete delle comunità – già nel mirino dell’indagine governativa per i costi eccessivi – rischia di andare in tilt. D’altronde la scelta di aprire le porte di casa a un bambino in difficoltà, offrendo a un’altra famiglia la possibilità di ricostruirsi «è una scelta già di per sé difficile da prendere, che richiede sforzi, preparazione, formazione. Immaginarsi che effetto deterrente ulteriore può aver avuto la vergognosa propaganda fatta negli ultimi mesi, con l’equazione “prendere in affido” uguale “strappare bambini” ai genitori.

            È legittimo che si siano creati dubbi e paure. Peccato che a fronte di errori e scorrettezze compiuti in un caso circoscritto – starà alla giustizia, si spera nel minor tempo possibile, accertarli –, «non si è fatto che generalizzare, fin dall’inizio, portando a un clima di caccia alla streghe che, oltre che colpire l’affido, ha fatto schizzare alle stelle anche il numero di aggressioni e minacce agli assistenti sociali all’urlo di “parlateci di Bibbiano”».

            Come se il “sistema” esistesse veramente: «E invece no, non c’è un sistema – continua Gazzi –. Ci sono professionisti che vogliono aiutare, ci sono tante richieste d’aiuto e ci sono territori, va ricordato, che non hanno aiuto perché quei professionisti non li hanno». La realtà, non va dimenticato, è quella di un Paese lontanissimo dal parametro di un assistente sociale ogni 5mila abitanti (abbiamo territori dove siamo a uno su 35mila o 40mila, per lo più precari), con famiglie che devono ricominciare percorsi e colloqui tutte le volte con una persona diversa. Ma dopo un decennio di tagli pesantissimi al welfare per famiglie e minori qualcuno poteva immaginarsi un esito diverso?

Viviana Daloiso e Luciano Moia venerdì 11 ottobre 2019

www.avvenire.it/attualita/pagine/e-bibbiano-ora-azzera-gli-affidi

 

Incontro alla Camera. Affido, una riforma a ostacoli

Risolvere i tanti problemi che affliggono il nostro sistema di protezione dei minori fuori famiglia? Possibile, ma a una condizione. Ciascuno – giudici, assistenti sociali, psicologi, neuropsichiatri, amministrazioni locali – deve tornare a fare il proprio mestiere, senza invasioni di campo e senza ambiguità. Il governo è convinto che le leggi attuali, in particolare la 184, 4 maggio 1983, possano essere migliorate, ma saranno poi indispensabili verifiche periodiche sull’applicazione. Perché già oggi tanti aspetti della norma su adozione e affidamenti sono ignorati o sostituite da prassi del tutto inopportune.

            Il confronto tra governo, esperti e associazioni sulle proposte di “Modifiche al codice civile e alla legge 184 in materia di affidamento dei minori“, prima firmataria Stefania Ascari (M5S), andato in onda lunedì pomeriggio nella sala del Mappamondo della Camera, è servito a raccogliere opinioni, indicazioni, stimoli da parte degli addetti ai lavori su una materia complessa e delicata, tanto più sull’onda dell’emozione di quanto capitato a Bibbiano.

Proposta di legge n. 2047 Ascari ed altri: “Modifiche al codice civile e alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di affidamento dei minori”, 4 articoli,presentata il 31 luglio 2019, assegnato alla II Commissione Giustizia in sede referente il 9 settembre 2019, relatore Valentina Palmisano;

leg.18.pdl.camera.2047.18PDL0073880.pdf

Esame iniziato il 17 settembre 2019

www.camera.it/leg18/824?tipo=C&anno=2019&mese=09&giorno=17&view=&commissione=02&pagina=data.20190917.com02.bollettino.sede00020.tit00010#data.20190917.com02.bollettino.sede00020.tit00010

            E se l’inchiesta è ormai alle battute finali in attesa delle richieste di rinvio a giudizio e poi dell’inizio del processo, la proposta di legge incardinata il mese scorso alla Commissione giustizia della Camera dovrà da una parte «cancellare ogni spiraglio normativo per evitare il ripetersi di fatti come quelli della Val d’Enza, dall’altra – ha fatto notare la vicepresidente della Camera, Maria Edera Spadoni – non alimentare inutili sentimenti di sfiducia sul sistema degli affidi e sull’operato di giudici, assistenti sociali e psicologi».

Stefania Ascari ha sottolineato gli aspetti positivi della riforma – attenzione prioritaria ai bisogni dei bambini, introduzione del contraddittorio tra le parti con una reale possibilità di difesa da parte delle famiglie, interventi per limitare la discrezionalità del giudice – ma non ha negato che la bozza presenti ancora aspetti da migliorare. E sarà possibile anche grazie ai nuovi dati raccolti dal ministero della Giustizia presso le varie procure minorili. Le cifre sono ancora in via di elaborazione ma è già fin d’ora possibile affermare che più di un numero sembra motivo di grande preoccupazione.

            Ascari ha citato tra l’altro il fatto che tre procure su dieci non ricevano i dati sull’inserimento dei minori nelle comunità. Un “buco” intollerabile visto che dovrebbero proprio essere i magistrati a verificare la congruità delle decisioni prese dai servizi sociali e a confermare o meno la scelta di affidare un minore a una comunità. Ecco perché, se le modifiche legislative – illustrate poi nel dettaglio da altre due parlamentari M5S, Valentina Palmisano e Valentina D’Orso – sono urgentissime, lo è altrettanto stabilire le buone prassi degli interventi. «Vorremmo arrivare a una legge capace di offrire la possibilità di valutare obiettivamente i fatti, lasciando da parte le opinioni», ha aggiunto Stefania Ascari che, come avvocato, si è occupata a lungo di diritto minorile.

            Oggi purtroppo succede molto spesso il contrario. E non solo a Bibbiano. Anche Francesco Morcavallo, avvocato, ma per alcuni anni giudice minorile a Bologna, ha ricordato la ciclicità di questi allarmi, in relazione alle tante inchieste che hanno punteggiato gli ultimi decenni, dallo scandalo della Bassa Modenese agli altri fatti che hanno coinvolto minori e genitori. Solo un caso? Niente affatto. L’esperto ha parlato di “modello perverso”, più volte condannato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo proprio a causa della sovrapposizione dei ruoli. «Oggi nei processi di allontanamento – ha messo in luce – intervengono tutti, psicologici, psichiatri, assistenti sociali, ma non i genitori. E tutte queste competenze sostituiscono troppo spesso quelle del giudice». Succede infatti che le perizie ordinate dai tribunali finiscano per estendersi dalla valutazione psicologica all’accertamento dei fatti con un grave rischio. Quello di “dover trovare” a tutti i costi il trauma dell’abuso anche quanto non esistono segnali obiettivi.

«Invece – ha spiegato Giuliana Mazzoni, docente di psicologica dinamica alla Sapienza – solo nell’8% dei casi segnalati c’è abuso sessuale. In 8 casi su 10 il cosiddetto maltrattamento è soprattutto trascuratezza». Piena sintonia allora sulla necessità di cambiare quella cultura suggestiva che, durante l’ascolto dei bambini, ingenera falsi ricordi e di fatto – ha ribadito ancora Morcavallo – finisce per convincere i giudici a rinunciare all’accertamento dei fatti, indispensabile invece per aprire la strada, quando serve, «all’intervento autoritativo».

            Scelta che, come ha fatto notare Patrizia Micai, avvocato di alcune famiglie coinvolte nell’inchiesta sui “Diavoli della Bassa”, di cui è in corso la revisione dei processi, deve ora passare per una riforma efficace e coraggiosa. Micai ha parlato di «rifondazione dell’intero diritto di famiglia», perché sarà inutile concentrarsi sulle modalità di allontanamento dei minori – anche se “orrori” come l’articolo 403 del codice civile vanno cancellati – se ci dimentichiamo che l’abbandono dei minori nasce dalla conflittualità familiare. E che quindi, oltre all’affidamento, andrebbero riviste anche altre norme, a cominciare da quell’affido congiunto su cui si è lungo dibattuto senza approdare a nulla.

Luciano Moia Avvenire         9 ottobre 2019

www.avvenire.it/famiglia-e-vita/pagine/affido-una-riforma-a-ostacoli

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ASSEGNO DIVORZILE

La Cassazione spazza via il tenore di vita

Corte di Cassazione, prima Sezione, civile, ordinanza n. 24934, 7 ottobre 2019

www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_36078_1.pdf

Niente assegno divorzile alla ex moglie impiegata: il divario reddituale con il marito, facoltoso professionista, non giustifica il riconoscimento dell’esborso al fine di farle mantenere il pregresso tenore di vita in quanto quest’ultimo parametro non è più utilizzabile.

Alla luce dei più recenti approdi giurisprudenziali, l’attribuzione e la quantificazione dell’assegno, infatti, non sono variabili dipendenti soltanto dall’alto (o dal più alto) livello reddituale di uno degli ex coniugi, non trovando alcuna giustificazione l’idea che quest’ultimo sia comunque tenuto a corrispondere all’altro tutto quanto sia per lui “sostenibile” o “sopportabile”, quasi ad evocare un prelievo forzoso in misura proporzionale ai suoi redditi.

            Lo ha chiarito la Corte di Cassazione accogliendo il ricorso dell’ex marito tenuto, secondo la Corte d’Appello, a versare alla moglie un assegno divorzile affinché la stessa potesse “conservare il tenore di vita matrimoniale (…) tenuto conto della disparità economica tra gli ex coniugi”.

Assegno divorzile: l’addio della giurisprudenza al tenore di vita. In particolare, i giudici rilevavano come i redditi percepiti dalla donna (da lavoro impiegatizio) non fossero affatto paragonabili a quelli dell’ex marito che, professionista nell’attività di consulenza, godeva di un rilevante patrimonio anche immobiliare. Decisione ribaltata in Cassazione. Gli Ermellini rammentano che l’art. 5, comma 6, della legge n. 898/1970, contiene un parametro (la disponibilità di “mezzi adeguati o “comunque l’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive) e alcuni criteri da utilizzare per l’attribuzione e la determinazione dell’assegno divorzile a favore del coniuge richiedente, ovvero: le condizioni e i redditi dei coniugi, le ragioni della decisione, il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno e di quello comune, tutti da valutare anche in rapporto alla durata del matrimonio.

            La nozione di adeguatezza dei mezzi è stata intesa dalla giurisprudenza tradizionale come finalizzata alla conservazione (tendenziale) del tenore di vita matrimoniale; tuttavia, come noto, le critiche a tale parametro hanno indotto a sostituirlo con quello, intrinsecamente inerente alla nozione di adeguatezza dei mezzi, di indipendenza economica, intesa come possibilità di vita dignitosa (Cass. n. 11504/2017).

            La Cassazione ha precisato che “per determinare la soglia dell’indipendenza economica occorrerà avere riguardo alle indicazioni provenienti, nel momento storico determinato, dalla coscienza collettiva e, dunque, né bloccata alla soglia della pura sopravvivenza né eccedente il livello della normalità (Cass. n. 3015/2018).

La pronuncia delle Sezioni Unite. Un esito interpretativo solo in parte corretto, ma sicuramente non sovvertito, dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 18287/2018 che ha confermato come il parametro (della conservazione) del tenore di vita non trovi più cittadinanza nel nostro sistema.

            Ancora, la Corte ha chiarito come debba essere il coniuge richiedente l’assegno a provare l’esistenza delle condizioni legittimanti l’attribuzione e la quantificazione dell’assegno, mentre in passato era il coniuge potenzialmente obbligato a dover dimostrare l’insussistenza delle relative condizioni.

            Infine, si è chiarito come l’assegno svolga una finalità (anche o principalmente) assistenziale, evidenziando altresì l’ulteriore e concorrente finalità compensativa o perequativa dell’assegno qualora il coniuge richiedente l’assegno dimostri che la sperequazione reddituale in essere all’epoca del divorzio sia direttamente causata dalle scelte concordate di vita degli ex coniugi, per effetto delle quali un coniuge abbia sacrificato le proprie aspettative professionali e reddituali per dedicarsi interamente alla famiglia, in tal modo contribuendo decisivamente alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune.

Divorzio: non basta lo squilibrio economico per concedere l’assegno. Nell’ordinanza in esame, la Corte sottolinea come il parametro della (in)adeguatezza dei mezzi o della (im)possibilità di procurarseli per ragioni oggettive debba quindi riferirsi sia alla possibilità di vivere autonomamente e dignitosamente, sia all’esigenza compensativa del coniuge più debole per le aspettative professionali sacrificate, per avere dato, in base ad accordo con l’altro coniuge, un dimostrato e decisivo contributo alla formazione del patrimonio comune e dell’altro coniuge.

            Nell’ambito di questo accertamento, lo squilibrio economico tra le parti e l’alto livello reddituale del coniuge destinatario della domanda non costituiscono, da soli, elementi decisivi per l’attribuzione e la quantificazione dell’assegno.

            La mera differenza reddituale tra i coniugi è infatti coessenziale alla ricostituzione del tenore di vita matrimoniale, che è però estranea alle finalità dell’assegno nel mutato contesto. D’altronde, ai sensi di legge, l’assegno divorzile neppure svolge una funzione “riequilibratrice” delle condizioni reddituali degli ex coniugi.

            Nel caso di specie, la decisione impugnata va cassata poiché, dopo un mero confronto reddituale che ha mostrato il divario tra le parti, la Corte di merito ha attribuito e quantificato l’assegno divorzile in favore dell’ex sull’affermata esigenza di farle conservare il tenore di vita matrimoniale. Una conclusione che, chiarisce la Cassazione, contrasta con i principi che regolano la materia.

Lucia Izzo       Newsletter giuridica   07 ottobre 2019

www.studiocataldi.it/articoli/36078-divorzio-la-cassazione-spazza-via-il-tenore-di-vita.asp I

 

Divorzio Berlusconi-Lario, Cassazione conferma: niente assegno

Corte di Cassazione, prima Sezione, civile, ordinanza n. 21926, 30 agosto 2019

https://sentenze.laleggepertutti.it/sentenza/cassazione-civile-n-21926-del-30-08-2019

Veronica Lario, seconda ex consorte di Silvio Berlusconi, dalla quale si è separato dal 2012, dovrà riconsegnare al mittente il denaro ricevuto a titolo di mantenimento, per un totale che, secondo la fonte giornalistica Radiocor, si aggirerebbe intorno ai 45 milioni di euro.

In primo grado era stato il Tribunale di Monza, nel 2013, a disporre, a carico di Berlusconi, il versamento di 1,4 milioni di euro al mese in favore della Lario.

            La Corte d’Appello di Milano, in seconda battuta, nel novembre 2017, ribaltando il dictum, aveva invece revocato l’assegno divorzile. La Lario aveva quindi presentato ricorso in Cassazione, ritenendo la sentenza n. 4793/2017 della Corte d’Appello di Milano, per il tramite della propria legale, “profondamente ingiusta”.

Col pronunciamento definitivo, la Lario dovrà restituire quanto ricevuto finora a titolo di mantenimento, cioè un tesoretto pari a circa 45 milioni di euro. Durante il procedimento i legali di Berlusconi avevano evidenziato come la Lario, grazie alla liquidità di 16 milioni di euro, gioielli e società immobiliari, fosse autosufficiente e godesse di una certa “tranquillità” economica.

            Gli stessi legali hanno infatti rilevato come Berlusconi avesse largamente assolto ai propri obblighi di assistenza economica in favore della ex moglie già durante il matrimonio, costituendo in suo favore un patrimonio, sia mobiliare che immobiliare, di cospicuo valore, che avrebbe finanche compensato la rinuncia, della stessa Lario, alla carriera professionale di attrice.

Altalex 2 settembre 2019

www.altalex.com/documents/news/2019/09/02/divorzio-berlusconi-lario-cassazione-conferma-niente-assegno-divorzio

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ASSEGNO MANTENIMENTO

Rimborso del mantenimento elargito all’ex moglie per gli anni convissuti con l’amante?

È possibile richiedere il rimborso del mantenimento elargito alla moglie separata sin da quando questa ha convissuto stabilmente con il proprio compagno nascondendo la convivenza all’ex marito, che per anni ha versato il mantenimento?

             Si premette che è principio ormai consolidato quello per cui in tema di separazione personale dei coniugi, la convivenza stabile e continuativa, intrapresa con altra persona, è suscettibile di comportare la cessazione o l’interruzione dell’obbligo di corresponsione di mantenimento che grava sull’altro, dovendosi presumere che le disponibilità economiche di ciascuno dei conviventi more uxorio siano messe in comune nell’interesse del nuovo nucleo familiare, restando salva, comunque, la facoltà del coniuge percipiente l’assegno di provare che la convivenza di fatto non influisce in melius sulle proprie condizioni economiche e che i propri redditi rimangano inadeguati.

La Corte di Cassazione ha chiarito, infatti, che la convivenza more uxorio, se connotata da progettualità e stabilità, rescinde ogni legame col pregresso tenore di vita matrimoniale così da far venire meno, in maniera definitiva, ogni diritto all’assegno a carico del coniuge separato o divorziato (Cass. civ., 11 agosto 2011, n. 17195; Cass. civ., sez. I, 3 aprile 2015, n. 6855; Cass. civ., sez. I, 18 novembre 2013, n. 25845; Cass. civ., sez. I, 19 dicembre 2018, n. 32871)

            Quanto, invece, alla possibilità da parte dell’obbligato al mantenimento di ottenere la restituzione delle somme versate e non più dovute a far data dall’intervento delle circostanze sopravvenute (nel caso di specie la convivenza more uxorio stabile e sottaciuta all’ex marito) che giustificano la cessazione dell’obbligo economico la giurisprudenza è sempre stata univoca sul punto.

            Secondo l’orientamento dominante le somme versate a titolo di mantenimento nei confronti del coniuge economicamente più debole non sono ripetibili operando la presunzione che siano state consumate proprio per il sostentamento del medesimo (v. in questo senso anche Cass. civ., sez. I, 23 aprile 1998, n.4198; Cass. civ., sez. I, 10 dicembre 2008, n. 28987, Cass. civ., sez.I, 20 marzo 2009, n. 6864; Cass. civ., sez.I, 16 ottobre 2013, n. 23441; Cass. civ., sez. I, 4 dicembre 2012, n. 21675; Cass. civ., sez. VI, 20 luglio 2015, n. 15186). Lo stesso principio varrebbe per l’assegno divorzile allorché sia destinato nei fatti a soddisfare, per la sua non elevata entità, esigenze di carattere alimentare (Cfr. Cass. civ., sez. I, 9 settembre 2002, n. 13060).

            In altre parole, è inammissibile la richiesta di restituzione in quanto si considera che l’assegno sia stato versato per essere speso e non si può certo pretendere, quindi, che chi lo ha ricevuto lo abbia accantonato in tutto o in parte. (Cass. civ. sez. VI, 16 novembre 2015, n. 23409).

            Tuttavia, vi sono state anche pronunce di segno contrario, che hanno ribadito che il contributo versato al coniuge, quando sia di elevata entità, debba essere restituito per la parte eccedente la “quota alimentare”. (Cfr. Cass. civ. sez. I, 28 gennaio 2009, n. 2182).

In sostanza non dovrà essere restituita solo quella parte degli assegni che è servita al soddisfacimento delle esigenze basilari di vita. Il Giudice dovrà fare una verifica puntuale della singola situazione concreta tento conto soprattutto dell’entità dell’importo di cui si chiede la restituzione.

            È pacifico, comunque, che l’irripetibilità è sempre garantita quando la misura dell’assegno è di modesta entità operando la presunzione che le somme percepite siano state consumate per fini di sostentamento personale.

 Paola Silvia Colombo il familiarista  7 ottobre 2019

http://ilfamiliarista.it/articoli/quesiti-operativi/possibile-il-rimborso-del-mantenimento-elargito-all-ex-moglie-gli-anni?utm_source=MAILUP&utm_medium=newsletter&utm_campaign=FAM_piucliccati_07_Settembre_2019

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ASSEGNO MANTENIMENTO FIGLI

Il dovere per i nonni di mantenere i nipoti è sussidiario rispetto all’obbligo primario dei genitori

Tribunale di Bari, prima Sezione civile, sentenza n. 11556, 9 aprile 2019

Il fatto che uno dei genitori non adempia al suo obbligo di mantenimento non legittima automaticamente l’altro genitore a rivolgersi ai nonni, se non provando lo stato di bisogno.

            Il Tribunale di Bari si è occupato del caso che vedeva contrapposti una donna e il suo ex suocero. Quest’ultimo, in particolare, era stato obbligato da un decreto del Presidente del Tribunale ex art. art. 316 del c.c. a contribuire al mantenimento della nipote, poiché il padre della bimba si era dimostrato inadempiente rispetto a tale obbligo. Il nonno si opponeva a tale prescrizione, rilevando di essere già impegnato economicamente nel sostentamento del proprio nucleo familiare e osservando come la madre della bambina avesse un reddito sufficiente per fare fronte alle esigenze di mantenimento della minore.

            La madre della bambina, dal canto suo, si difendeva affermando che il nonno avrebbe dovuto ottemperare al posto del padre all’obbligo di mantenimento, pendendo verso quest’ultimo un procedimento per violazione degli obblighi di assistenza familiare.

            Il Tribunale di Bari, nell’accogliere il ricorso del nonno, ha statuito che l’obbligo di mantenimento dei figli minori spetta essenzialmente ai genitori. Se uno di questi non voglia o non possa adempiere a tale incombenza, l’altro genitore non potrà rivolgersi ai nonni per ottenere un aiuto economico. Egli dovrà provvedere da solo e per intero a soddisfare le esigenze di mantenimento del figlio, convenendo in separata sede il genitore inadempiente, al fine di vederlo condannare all’obbligo di versare la sua parte di mantenimento.

            I giudici, in particolare, hanno accertato come il reddito della donna fosse effettivamente sufficiente per provvedere in maniera congrua e dignitosa al sostentamento della figlia. Nonostante questo, le somme già versate fino a quel momento in ottemperanza al decreto presidenziale, non avrebbero dovuto essere restituite, trattandosi di obbligazione di natura alimentare che resta, per natura, irripetibile e non suscettibile di compensazione.

            Il Tribunale, nel risolvere la questione, ha analizzato compiutamente la natura dell’obbligo alimentare dei genitori, in rapporto al ruolo rivestito dai nonni in riferimento alla famiglia.

A tal proposito, nella motivazione della sentenza, i giudici richiamano un pacifico orientamento della Cassazione il quale correttamente e condivisibilmente sostiene che “l’obbligo degli ascendenti di fornire ai genitori i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli – che investe contemporaneamente tutti gli ascendenti di pari grado di entrambi i genitori – va inteso non solo nel senso che l’obbligazione degli ascendenti è subordinata e, quindi, sussidiaria rispetto a quella, primaria, dei genitori, ma anche nel senso che agli ascendenti non ci si possa rivolgere per un aiuto economico per il solo fatto che uno dei due genitori non dia il proprio contributo al mantenimento dei figli, se l’altro genitore è in grado di mantenerli; così come il diritto agli alimenti ex art. 433 c.c., legato alla prova dello stato di bisogno e dell’impossibilità di reperire attività lavorativa, sorge solo qualora i genitori non siano in grado di adempiere al loro diretto e personale obbligo”.

  • Art. 316 Codice civile – Responsabilità genitoriale
  • Art. 433 Codice civile – Persone obbligate

Redazione giuridica Brocardi 10 ottobre 2019

www.brocardi.it/notizie-giuridiche/dovere-nonni-mantenere-nipoti-sussidiario-rispetto-obbligo-imario/2044.html

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ASSOCIAZIONI – MOVIMENTI

AICCeF – Aggiornamenti eventi patrocinati e Scuole di formazione

L’Associazione Italiana Consulenti Coniugali e Familiari aggiorna l’elenco dei seminari e dei convegni patrocinati dall’Aiccef, che attribuiscono crediti formativi ai Consulenti Familiari che vi partecipano, con gli eventi che saranno realizzati sino a metà novembre 2019.

Per consultare l’elenco vai alla sezione riservata Soci (accesso con password) e clicca su Eventi patrocinati con CFP.

www.aiccef.it/it/news/eventi-patrocinati.html

E’ aggiornata la pagina delle iniziative delle Scuole di formazione in Consulenza familiare con le notizie ultimamente pervenute.

Bologna.             Centro Consulenza per a Famiglia  diretto dal prof. Raffaello Rossi

Frosinone.          Centro Italiano Studi Professione E Formazione.                             CISPEF

Roma.                  Scuola Italiana di Formazione  per Consulenti familiari.              SICoF  

Taranto.              Scuola Pugliese di Formazione in Consulenza Familiare

www.aiccef.it/it/news/notizie-dalla-scuole-di-formazione.html

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CENTRO INTERNAZIONALE STUDI FAMIGLIA

Newsletter CISF – n. 37, 9 ottobre 2019

Niente di meglio di una tavola apparecchiata, per guardarsi in faccia! Molto stimolante, questo breve – e garbato – video [poco più di due minuti], in cui quasi nessuno riesce a staccare gli occhi dal proprio smartphone, finché qualcuno non decide di alzare lo sguardo, e preparare uno spuntino, in un posto improbabile, cui invitare chiunque. Così si spegne il cellulare, e ci si siede in compagnia, guardandosi finalmente negli occhi! Davvero curioso che questo video non sia stato realizzato in Italia, dove il cibo preso insieme conserva ancora una forte centralità. Purché ci si guardi in faccia, e non si tenga accesa la televisione, o non si chatti con qualcun altro, o peggio, non si imbocchi il proprio figlio, perché troppo intento al video gioco sullo smart phone!

www.youtube.com/watch?v=vDuA9OPyp6I&feature=youtu.be

AICCeF: essere consulenti familiari al tempo dei social. Il tema del video è ripreso nella prossima giornata di studio/formazione dell’AICCeF (Associazione Italiana Consulenti di Coppie e Famiglia), che si terrà a Bologna il 20 ottobre 2019, all’interno del ciclo “le relazioni al tempo dei social”, sul tema “il consulente familiare e l’adultescenza digitale”.

www.aiccef.it/it/news/la-giornata-di-studio-a-bologna.html

v   Interverrà il direttore Cisf (F.Belletti), con una relazione che riprenderà e aggiornerà i contenuti e i dati del Rapporto Cisf 2017, “Le relazioni familiari nell’era delle reti digitali”.

www.sanpaolostore.it/relazioni-familiari-nell-era-delle-reti-digitali-nuovo-rapporto-cisf-2017-9788892213289.aspx?Referral=newsletter_cisf_20191009      

Assegno unico: un dibattito concreto, un traguardo importante – adesso serve concretezza. A sorpresa, nel dibattito sulla prossima legge di stabilità irrompe la priorità famiglia, sia nella forma di un Family Act (Ministro Elena Bonetti), sia nella proposta – che pare abbastanza concreta – di un “assegno unico” per i figli (fino a 240 Euro al mese, fino a 18 anni). In attesa delle decisioni di Parlamento e Governo, qualche riflessione in merito del direttore Cisf (F.Belletti), sul numero di Famiglia Cristiana in edicola.

www.famigliacristiana.it/articolo/politiche-familiari-e-tempo-di-passare-dalle-parole-ai-fatti.aspx

Sempre sull’assegno unico e sulle sue possibili criticità, vedi anche l’intervento di F. Belletti su ilsussidiario.net

www.ilsussidiario.net/news/assegno-unico-per-i-figli-i-4-ostacoli-da-superare-per-una-vera-rivoluzione/1934910

“Famiglie in Provincia di Cuneo: bisogni, servizi, nuovi interventi”. E’ on line il rapporto di ricerca conclusivo dell’indagine 2018-2019, realizzata dal Cisf per la Fondazione CRC, che comprende anche i dati – inediti – di una indagine con questionario strutturato con 500 interviste, somministrate ad un campione rappresentativo a livello provinciale delle famiglie trigenerazionali (famiglie con figli in casa e almeno un genitore anziano ancora residente autonomamente).

http://newsletter.sanpaolodigital.it/cisf/attachments/Rapporto-Famiglie-Cuneo.pdf

            infografia     https://infogram.com/fondazione-crc-famiglie-in-provincia-di-cuneo-bisogni-servizi-nuovi-interventi-rappordo-di-ricerca-2018-1h0n25jxgl9l6pe
 L’indagine è inserita in un percorso pluriennale di promozione della famiglia e delle politiche ad essa dedicate, che la Fondazione CRC ha voluto promuovere con tutti gli attori pubblici e privati attivi sul territorio. In particolare è attivo in questi mesi il percorso FamigliARE- Azioni Relazioni Esperienze.

https://www.fondazionecrc.it/index.php/promozione-e-solidarieta-sociale/famigliare

USA. AFCC (Association of Family and Conciliation Courts). L’AFCC, associazione degli operatori del diritto di famiglia e della tutela minorile, ha recentemente (agosto 2019) revisionato ad approvato una nuova versione delle proprie Linee Guida su “Competenze dei mediatori secondo il modello di mediazione per la protezione del bambino” [Child Protection Mediation Model Mediator Competencies.  Di grande interesse, anche perché mostra il costante percorso di monitoraggio e di qualificazione delle competenze delle varie figure professionali che viene regolarmente sviluppato nel contesto statunitense.

www.afccnet.org/Portals/0/CPM%20Mediator%20Competencies%20-%20%28FINAL%20-%208-23-19%29_1.pdf

Rinnovare la relazione. 12.a campagna nazionale di promozione dell’armonia nella coppia di AAF (Associazione Aiuto Famiglia ODV). “Salvare l’amore in una coppia è possibile. Come? Chiedendo aiuto a volontari esperti della materia e professionisti.                                www.aiutofamiglia.org

Nei mesi di ottobre e novembre le coppie in crisi potranno trovare una soluzione attraverso il check-up relazionale gratuito e una consulenza psicologica in ogni provincia italiana. La campagna si rivolge a coloro che vogliono ravvivare la propria relazione, a quelle coppie che, senza evidenti problematiche, scelgono di migliorarsi, o ancora a chi percepisce la storia amorosa come un conflitto”. Alla campagna, in programma dall’1 ottobre fino al 30 novembre, collaborano oltre 300 psicologi – almeno uno in ogni provincia italiana – che offriranno gratuitamente il proprio tempo per analizzare insieme alla coppia le risposte che la stessa avrà fornito con la compilazione del questionario on-line di AAF – Associazione Aiuto Famiglia ODV, presente al link:                               www.aiutofamiglia.org/campagna/check-up

Inoccasione dell’uscita della 12° campagna nazionale di promozione dell’armonia nella coppia – spiega Aldo Vincenzo Delfino, presidente di AAF “abbiamo deciso di realizzare una serie di filmati ironici – per i social network e il sito web – ma con un finale sempre costruttivo, attraverso cui cerchiamo di raggiungere una più ampia fetta di pubblico. È da poco online il trailer al link

www.aiutofamiglia.org/armonia-di-coppia

Davanti all’obiettivo c’è Simonetta Guarino, professionista della risata (Zelig e Colorado), ma anche, nella vita di tutti i giorni, psicologa e psicoterapeuta, che interpreta la Dottoressa Melany, esilarante personaggio in grado di ironizzare su quotidianità e sfaccettature del rapporto tra uomo e donna. “È bello ridere ed è giusto anche non prenderci troppo sul serio, ma la realtà ci chiede serietà nel portare avanti il nostro impegno come partner o come genitori e purtroppo l’ironia non basta” così Simonetta Guarino spiega la finalità della campagna.

Dalle case editrici

Pierpaolo Donati, Scoprire i beni relazionali. Per generare una nuova socialità, Rubbettino, Soveria  Mannelli (CZ), 2019, pp. 291, € 18,00.

Da alcuni anni le scienze sociali hanno “scoperto” un tipo di beni che non sono né cose materiali, né idee, né prestazioni, ma consistono di relazioni sociali, e per tale ragione sono chiamati “beni relazionali”. Riguardano tutte quelle relazioni che fanno fiorire le persone, realizzano una “vita buona” e una “società buona”, e in particolare una democrazia matura. È giunto quindi il momento di esplorare queste realtà, a cui sono interessate un po’ tutte le discipline che riguardano la vita sociale – in particolare sociologia, psicologia, economia, politologia, filosofia, pedagogia – per comprendere quale sia il loro apporto pratico.

Questo volume, scritto da colui che è considerato il fondatore della “sociologia relazionale”, presenta innanzitutto una teoria generale dei beni relazionali; segnala esempi concreti – quali ad esempio famiglia, scuola, reti associative – in cui questi beni entrano in gioco; chiarisce chi e come li può creare. In breve, offre prospettive di azione per tutte le forme di organizzazione sociale che vogliano essere generative di beni (anziché di mali) personali e collettivi, in vista di una “vita felice”, come recita il titolo del capitolo finale.

Specializzarsi per la famiglia

FAD (formazione a distanza). Affidamento Familiare. Perché e come? Principi, metodi, buone prassi e prospettive nei documenti del Tavolo Nazionale Affido.    www.tavolonazionaleaffido.it/il-tavolo

Dodici appuntamenti di formazione a distanza, per approfondire le reali caratteristiche di un intervento tuttora innovativo. Il corso è promosso dal Tavolo Nazionale Affido, con il Patrocinio Morale del CNOAS (Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali – agli assistenti sociali che vi partecipano vengono riconosciuti 6 crediti formativi).                                                               www.tavolonazionaleaffido.it/fad

Scuola di psicoterapia integrata. Open day – 22 ottobre 2019, Milano, Piazza Buonarroti 30). Giornata di presentazione della Scuola di Psicoterapia Integrata, “diretta dal Prof. Vittorio Cigoli, ha sede ai Ronchi di Marina di Massa, all’interno del Campus Universitario della SED, immerso nel verde a due passi dal mare. La Scuola offre anche ospitalità alberghiera. Integra due Modelli fondati sulla ricerca clinica ed empirica in ambito clinico-psicoterapeutico. Si tratta del Modello Relazionale-Simbolico (Prof. Vittorio Cigoli, Prof.ssa Eugenia Scabini) e del Modello di Assessment Terapeutico (Prof. Stephen Finn) garantendo anche il valore internazionale della Scuola”.

www.scuolapsicoterapiaintegrata.it/presentazione-istituto

Roma 14-16 novembre 2019 – Conferenza Iccfr Cisf. Approvati e deliberati i crediti formativi per consulenti familiari, assistenti sociali e avvocati.  65.a Conferenza Internazionale ICCFR-CISF. Famiglie e minori rifugiati e migranti. Proteggere la vita familiare nelle difficoltà” (Roma, 14-16 novembre 2019).

– avvocati                    n. 12 crediti formativi (Ordine Avvocati Roma)

– assistenti sociali       n. 14 crediti formativi (Ordine Assistenti Sociali – Consiglio Regionale Lazio)

– consulenti familiari  n. 60 crediti formativi (AICCeF -Associazione Italiana Consulenti Coniugali e Familiari)

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Tre sessioni in plenaria sugli aspetti demografici, giuridici, e di welfare, 12 workshop con esperienze dall’Italia e all’estero (tra gli altri esperienze da Stati Uniti, Cina, Sud Africa, Regno Unito, Australia), e tanti spazi di incontro e dialogo in piccoli gruppi, per condividere le possibili strategie positive di intervento.

  • Programma completo in italiano

https://iccfr.org/iccfr-conference-2019-in-rome-italy-migrant-families-and-children/programma-roma-2019

  • Modulo di iscrizione in italiano

https://iccfr.org/iccfr-conference-2019-in-rome-italy-migrant-families-and-children/registrazione-roma-2019

Save the date

  • Nord: Processo a Medea – Medea Migrante, evento promosso dall’Associazione Famiglie per la Famiglia, Verona, 11-12 ottobre 2019.

www.famiglieperlafamiglia.it/images/Convegno_multidisciplinare/11-12ottobre-2.pdf

  • Nord: Ottobre 2019 Treviso: Il mese del bambino, seconda edizione di un’attività di animazione sul territorio, promossa dal Centro della Famiglia, con cinque incontri di sensibilizzazione/formazione per genitori, Treviso, 2, 8, 15, 22, 29 ottobre 2019.

www.consultoriotreviso.org/mese-del-bambino

  • Centro: Le decisioni di politica fiscale per il 2019. Impatti e valutazioni, evento promosso da Espanet Italia e dai Dipartimenti di Economia e Giurisprudenza Università Roma 3, Roma,17 ottobre 2019

. programma_provvisorio_convegno_politiche_fiscali.pdf,

  • Sud: Bambini nel mondo: salute mentale infantile e culture a confronto, congresso nazionale AISMI (Associazione Italiana Salute Mentale Infantile), con crediti formativi per professioni sanitarie, Matera, 8-9 novembre 2019.                         ww.congressonazionaleaismi2019.flazio.com/programma

      Estero: New American Dreams. Solidarity – Strength – Transformation, 12.a Conferenza promossa da NIIC (National Immigrant Integration Conference), con il sostegno di NPNA (The National Partnership for New Americans), Detroit, 20-22 ottobre 2019.

https://niicnewamericandreams.org/tracks-2019

Iscrizione                  http://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/newsletter-cisf.aspx

Archivio              http://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/elenco-newsletter-cisf.aspx

http://newsletter.sanpaolodigital.it/cisf/ottobre2019/5142/index.html

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CHIESA CATTOLICA

Sinodo, pro o contro il papa

Potente balzo in avanti nella riforma della Chiesa romana, o occasione mancata? Questo il dilemma che pende sul Sinodo dei vescovi per la Regione panamazzonica, che il papa ha aperto ieri, sottolineando che “essere fedeli alle novità dello Spirito non significa agire con timidezza o paura, ma con una prudenza audace”.

184 vescovi, rappresentanti soprattutto i nove Paesi “padroni” della Amazzonia (il Brasile, specialmente, quindi Bolivia, Perù, Ecuador, Colombia, Venezuela, Guyana, Suriname e Guyana francese), e poi di altri continenti, più cardinali che guidano dicasteri della Curia romana, e capi di istituti religiosi, accompagnati da un nutrito gruppo di non votanti (“esperti” ed “esperte”, uditori, uditrici, suore, osservatori) affronteranno fino al 27 ottobre problemi geopolitici e questioni ecclesiali che incombono su un’area di 7,8 milioni di kmq.

 L’Instrumentum laboris, il testo-base dal quale partirà la discussione sinodale, propone delle misure di salvaguardia dell’ecosistema amazzonico (foreste, acque, flora, fauna) considerato come appartenente all’intera umanità; ma il presidente brasiliano Jair Bolsonaro definisce “neocolonialiste” soluzioni che – afferma – minacciano la sovranità del suo paese. Ancora, il testo vaticano accusa i paesi “proprietari” di svendere alle multinazionali territori abitati da indios, per sfruttare miniere o impiantare più redditizie colture: il tutto sconvolgendo terre dove gli autoctoni (sono tre milioni, suddivisi in quattrocento etnie), vivono da millenni, a stretto contatto con la natura.

 Sotto l’aspetto ecclesiale, poi, tre i nodi del Sinodo (“patriarcale“, lo hanno definito gruppi di suore, perché in esso votano solo i “padri“).

  1. Primo: gli indios sono salvati da Dio, “malgrado” le loro religioni, oppure invece “grazie ad esse”?
  2. Secondo: data l’immensità del territorio, e la scarsità di preti celibi, è opportuno introdurre i “viri probati”, cioè consacrare sacerdoti uomini del luogo, già sposati, e stimati dalla loro gente?
  3. Terzo: è bene dare alle donne nuovi ed ufficiali ministeri?

Questo grappolo di domande vede il collegio cardinalizio lacerato: una parte decisa a difendere le tre ipotesi; un’altra attendista, ma infine forse favorevole; una terza contrarissima. Tra gli avversari più ostinati vi sono due porporati di Curia: lo statunitense Raymond Burke, e il guineano Robert Sarah, sostenuti da un piccolo gruppo di vescovi, e di laici, di vari paesi: essi temono che Bergoglio “approfitti” del Sinodo amazzonico per introdurre “novità” che, a poco a poco, dilagheranno in tutti i continenti e, in contesti sociali e storici del tutto diversi, porteranno, ad esempio, ad avere “viri probati” anche in villaggi alpini. Perciò la discussione sinodale sulle tre proposte – che si prevede infuocata – appare un voto “pro” o “contro” Francesco, ritenuto prossimo all’eresia da alcune frange più oltranziste. Alla fine, verrà, o no, dall’Amazzonia, l’input per riformare la Chiesa romana?

Luigi Sandri    “L’Adige” 7 ottobre 2019

www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt201910/191007sandri.pdf

 

Essere famiglia, via di santità

La Chiesa del terzo millennio ha bisogno di famiglie capaci di vivere la santità popolare. Quella segnata dalle contraddizioni della quotidianità, autentica perché semplice. Credibile perché normale in mezzo alle fragilità. Senza ambizioni da piedistallo o oleografie da “mulino bianco“. È il mandato che ieri mattina il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, ha affidato alla pastorale familiare all’inizio del cammino di preparazione per l’Incontro mondiale delle famiglie di Roma 2021, proprio sul tema “L’amore familiare, vocazione e via di santità”. Aprendo i lavori della Consulta nazionale di pastorale familiare, alla presenza anche dei delegati di associazioni, movimenti e comunità, Bassetti ha anche ufficializzato il passaggio di consegne al vertice dell’Ufficio nazionale di pastorale familiare. Parole affettuose di ringraziamento per il grande lavoro di don Paolo Gentili, che da dieci anni ricopre questo incarico. E una preghiera di intercessione per l’esordio di padre Marco Vianelli, a cui è stato augurato «di contribuire ad edificare la famiglia con serenità, creatività, sensibilità e destrezza».

L’auspicio alla creatività si è rilevato probabilmente inutile perché il nuovo direttore nazionale, invitato a sua volta a prendere la parola per un saluto, ha lasciato spazio alle parole di un cantautore, Nicolò Fabi, di cui ha fatto ascoltare la canzone È solo un uomo. Approccio insolito ma perfettamente calato nel contesto della giornata, visto che le parole finali del brano spiegano che «la gioia come il dolore si deve conservare, si deve trasmettere». Gioia e dolore come ingredienti appunto di quella quotidianità di cui si vivono tutte le famiglie nel loro faticoso cammino di comunione. Ne ha parlato a lungo il cardinale Bassetti tracciando l’evoluzione di un concetto che dal Vaticano II a oggi, soprattutto con il magistero di papa Francesco, ha messo da parte le differenze tra le diverse vocazioni spiegando con chiarezza che il cammino verso la santità riguarda e coinvolge tutti i battezzati. Slogan come “la santità della porta accanto” raccontano efficacemente il significato di una chiamata universale che proprio in famiglia deve trovare segnali di concreto fermento.

E se la chiamata è individuale la sua traduzione è sempre comunitaria perché si radica nella mediazione del noi. «Il soggetto della santità è sempre il popolo di Dio», ha affermato il presidente della Cei collegandosi a un approccio teologico che proprio in questo giorni viene ribadito al Sinodo sull’Amazzonia. Neppure in formato famiglia quindi la santità può essere letta in senso individuale o addirittura elitario, ma va vista come percorso sociale di cui rendere testimonianza nei luoghi ordinari della vita. Ma come rendere concreto questo progetto nella vita di coppia? Il cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve ha proposto tre icone bibliche.

  1. Il monte delle beatitudini che ci invita fra l’altro ad essere poveri nel cuore, reagire con mitezza, saper piangere con gli altri, guardare e agire con misericordia, mantenere il cuore puro.
  2. E poi Nazareth, simbolo della santità quotidiana, dove la potenza di Dio si manifesta nella quotidianità silenziosa ed operosa, nell’apparente inutilità della fatica.
  3.  E infine Cafarnao, luogo della comunità e della missione, che ci ricorda il respiro comunitario della santità ma anche la sua funzione sociale.

Il tetto scoperchiato da cui entra un paralitico ci invita a considerare la fede come un incontro che non condanna nessuno, neppure le situazioni ad alto rischio, ma accoglie e salva. È un grido contro le ingiustizie, a cominciare da quelle che talvolta si manifestano tra le pareti di casa per diventare ferite che offendono e coinvolgono tutti. Tra le altre iniziative, la Consulta nazionale di pastorale familiare ha deciso di intitolare a don Edoardo Algeri, recentemente scomparso, presidente della Confederazione dei consultori familiari di ispirazione cristiana, il primo consultorio nato in Grecia, ad Atene, proprio su impulso di Cei, Caritas e consultori.

http://avvenire.ita.newsmemory.com/publink.php?shareid=0a73bed14

 

Sinodo amazonico/1:  Se la prudenza non è timidezza…

Con l’eucaristia celebrata ieri, ha avuto inizio il Sinodo speciale sull’Amazzonia. Il testo dell’omelia pronunciata da papa Francesco permette di individuare alcuni punti-chiave, utili ad orientare il cammino della assemblea episcopale, che inizia oggi i suoi lavori. Proviamo a fare una breve rassegna di questi punti-chiave.

            http://w2.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2019/documents/papa-francesco_20191006_omelia-sinodo-amazzonia.html

Fare Sinodo è condivisione di un dono. “Abbiamo ricevuto un dono per essere doni”: così, commentando la prima lettura, Francesco fotografa la prima sfida del Sinodo: uscire da un immaginario “da funzionari” e riscoprire che il servizio alla Chiesa non può essere sostituito dal servirsi della Chiesa. Essere “servi inutili” significa essere “servi senza utile”, gratuitamente al servizio del vangelo.

Il dono deve essere “ravvivato”. “Se tutto rimane com’è,…il dono svanisce”: il dono ricevuto da ogni vescovo è un fuoco, che deve essere ravvivato. Perciò una pastorale del “mantenimento” contraddice la missione della Chiesa. Che ha bisogno del fuoco dello Spirito, che si rinnova uscendo dagli stereotipi, sicuri ma autoreferenziali.

Ravvivare richiede Spirito di prudenza, non di timidezza. “Qualcuno pensa che la prudenza è la virtù ‘dogana’, che ferma tutto per non sbagliare”: ravvivare il dono di Dio richiede prudenza, forza, carità. Non timidezza, non paura, non indifferenza. Non è indecisione, non è un atteggiamento difensivo, ma “virtù di vita, virtù di governo”. Così la prudenza può assumere, senza alcuna contraddizione, la qualità della audacia, poiché sta al servizio della “novità dello Spirito”. La domanda di questa virtù supera l’ostacolo della indifferenza e si fa preghiera ecclesiale: “Allora ravvivare il dono nel fuoco dello Spirito è il contrario di lasciar andare avanti le cose senza far nulla. Ed essere fedeli alla novità dello Spirito è una grazia che dobbiamo chiedere nella preghiera. Egli, che fa nuove tutte le cose, ci doni la sua prudenza audace; ispiri il nostro Sinodo a rinnovare i cammini per la Chiesa in Amazzonia, perché non si spenga il fuoco della missione”.

Il dono deve essere offerto, non imposto. “Quando senza amore e senza rispetto si divorano popoli e culture, non è il fuoco di Dio, ma del mondo”: la evangelizzazione diventa colonizzazione quando il dono non è offerto, ma imposto, e il suo fuoco non dà forza, ma consuma. E’ un fuoco che attira e che genera unità, non che divora e che omologa le differenze.

La croce dei fratelli in Amazzonia. “Tanti fratelli e sorelle in Amazzonia portano croci pesanti”: il cammino sinodale è al servizio della testimonianza. Deve riconoscere il martirio e può farlo ritornando all’evento della croce e alla sua testimonianza.  Il Sinodo è atto di servizio ecclesiale alla possibilità di riconoscere pienamente e integralmente queste chiese di Amazzonia, nelle quali altri hanno già dato la vita e continuano a offrirla, “senza utile”. “Per loro, per questi che stanno dando la vita adesso, per quelli che hanno speso la propria vita, con loro, camminiamo insieme”.

            Questi 5 punti sono l’orizzonte di un programma di “esercizio pastorale della prudenza”: al loro centro sta una nuova assunzione di responsabilità. La prudenza significa “esercitare l’autorità” in modo non solo negativo. Questa sfida riguarda in primis la Amazzonia e la sua storia particolare, ma mette in luce (e configura la soluzione a) una questione che attiene in profondità alla vita di tutta la Chiesa universale.

Andrea Grillo Come se non    7 ottobre 2019

www.cittadellaeditrice.com/munera/sinodo1-se-la-prudenza-non-e-timidezza

 

Sinodo amazonico/2: Un ministero “più cattolico”, aperto a “omnis utriusque sexus fidelis”.

Anche i confronti critici, quando si cerca di condurli con cavalleria, sono utili passaggi, che possono essere di aiuto alle discussioni sinodali dei prossimi giorni. In un lungo e argomentato testo, Mattia Lusetti si era sobbarcato, alcuni mesi fa, il compito di ricostruire un frammento del dibattito sul “ministero al femminile” che mi coinvolgeva direttamente. Anche il titolo appariva chiaramente orientato a entrare in discussione con ciò che ho scritto negli ultimi due anni: Tradizione cattolica e sacerdozio femminile. Contro Andrea Grillo.

Contrariamente a quanto appare dal sottotitolo, tuttavia, si trattava di un testo non particolarmente polemico e realmente interessato al dibattito sul ministero femminile. L’autore, infatti, ricostruisce ampiamente il senso del dibattito e lo colloca, correttamente, nell’ampio orizzonte della “evoluzione della tradizione”. Io direi, si appassiona alla “traduzione della tradizione” e per questo merita una risposta almeno altrettanto argomentata e sicuramente riconoscente. Ne deriva, perciò, non uno scontro, ma un incontro con una sua efficacia chiarificatrice e riconciliatrice. Pertanto vorrei brevemente riassumere l’approccio di Lusetti (1), mettere a fuoco il centro del suo argomentare (2), rispondere a questa sua impostazione (3) e infine concludere sul piano generale, anche in vista del dibattito sinodale sul ministero femminile che ci aspetta nei prossimi giorni.

  1. La sintesi di una questione. La ricostruzione della discussione, come appare nella dettagliata rassegna che ne offre Lusetti, si concentra giustamente sul “punto-chiave” della mia argomentazione: ossia una concezione della autorità ecclesiale capace di assumere i segni dei tempi, di tradurre la tradizione, tenendo conto di quei criteri che già il Concilio di Trento aveva considerato rilevanti nella “dispensatio sacramenti”, secondo il mutare dei tempi e dei luoghi. Vi è dunque uno sviluppo nella comprensione della rivelazione e un progresso della tradizione. In un passaggio successivo, sempre sul piano della ricostruzione, Lusetti organizza il dibattito sul ministero femminile come la interazione tra tre “fuochi” della argomentazione:
  • La rivelazione come fondamento di prassi e comprensione
  • La rivelazione come sviluppo di prassi e di comprensione
  • I segni dei tempi come principi di riconsiderazione della tradizione

La relazione tra questi tre fuochi permette all’autore di chiarire meglio la sua perplessità. Restando ancora sul piano di una chiarificazione egli precisa due punti, che risultano importanti per capire bene la sua contestazione nei confronti della mia prospettiva:

  1. La “trasformazione” del ruolo della donna nella cultura a partire dal XIX secolo e la sua emancipazione dalla “minorità”, che viene apertamente riconosciuta, non può esigere che si risponda “in maniera unica e univoca con l’accesso al ministero ordinato”: ciò sarebbe una chiusura non tanto verso la tradizione come ripetizione, ma piuttosto sarebbe “chiusura dell’agire di Dio in un intervento giuridico-sacramentale di istituzionalizzazione”;
  2.  D’altra parte la “obbedienza al passato”, dal quale emerge la assenza di ordinazione sacerdotale della donna, potrebbe a sua volta essere considerata una chiusura non soltanto verso gli “errori del mondo e di altre chiese”, ma piuttosto “chiusura rispetto a ciò che si pretende custodire come oggetto di fede”.

La dialettica messa in campo da Mattia Lusetti appare molto articolata e ben costruita. Mi sembra di poter riconoscere in larga parte la pertinenza di questa impostazione. Che tuttavia giunge ad una “stretta”, nella quale credo di ravvisare un punto cieco e una confusione. Espongo subito questo passaggio centrale della sua obiezione.

  1. La obiezione fondamentale. Dopo la sua accurata ricostruzione, l’autore riassume il centro della sua obiezione in un passaggio che voglio riportare per intero, perché la discussione di esso mi sembra decisiva per far progredire il dialogo e chiarire alcuni elementi della mia posizione che non trovo rappresentati in modo adeguato. Ecco il passaggio centrale che contiene la obiezione di fondo e di cui sottolineo in grassetto le locuzioni che intendo discutere:

“Mi pare si possa mostrare come la riflessione del nostro teologo comporti alcuni appiattimenti. Il discernimento e la prassi che la libertà è chiamata ad assumersi responsabilmente è appiattita su di una modalità rivendicativa condivisa da alcuni movimenti all’interno della Chiesa e sull’assoluta ed inderogabile necessità di un’affermazione dogmatico-giuridico-istituzionale ben precisa: il sacerdozio/diaconato femminile. Il problema è che qui del segno dei tempi dell’emancipazione femminile si elimina un reale discernimento e una invenzione creativa. Infatti il segno è diventato univoco, la forma unica e l’unica possibile: l’accesso delle donne al sacerdozio. Se è l’agire creativo e fedele di Dio ciò a cui bisogna rispondere qui mi pare che ci sia una chiusura anche se paradossalmente sotto la forma di un’apertura cioè di un accesso ad un ministero. Infatti il teologo – a meno che non debba assumersi il solo compito di “dare ragione dell’esistente” – ha la possibilità, per certi versi il dovere, di indagare tutte quelle possibilità di partecipazione a munera e funzioni che restano aperte. Se invece il teologo chiude il lavoro di discernimento e di rilancio dei segni dei tempi su di un punto soltanto, il sacerdozio femminile, rischia di sclerotizzarsi inaugurando una specie di scontro di pressioni”.

            Questo testo, che riprende in modo critico la dettagliata analisi precedente, introduce una serie di imprecisioni e di appiattimenti, di cui io non mi sento responsabile, ma che mi pare di subire nella ricostruzione. E’ evidente che ogni teologo, che voglia evitare soltanto di “dare ragione dell’esistente”, si avventura sempre su un terreno “minato”. Ma per giudicarne l’operato occorre dire esattamente quello che lui sostiene, e non altro. Per questo voglio rispondere a questa ricostruzione con una serie di chiarificazioni necessarie.

  1. Una risposta articolata
  1. Il cuore della obiezione starebbe nella “univocità” e nella “unicità” della risposta che io chiederei alla “libertà della autorità ecclesiale”, che sarebbe il “sacerdozio femminile”. Ma dai testi che Lusetti ha così accuratamente studiato, non si può desumere mai questa opzione. Io parlo sempre di “accesso della donna al ministero ordinato” e specifico questo accesso nella forma della “ordinazione diaconale”. Il campo di esercizio possibile della autorità ecclesiale, nel quale occorre certamente una “traduzione della tradizione”, non è univoco, ma discerne nel campo del ministero ordinato, e si orienta sul terzo grado, quello del diaconato, su cui la tradizione offre qualche testimonianza e un grande silenzio. Ciò è inevitabile, dato che questo “terzo grado” è una “reistituzione” e una “restituzione” che inizia, ufficialmente, solo nel 1966.
  2. La qualificazione di “rivendicativa” che viene attribuita a questa mia posizione sembra a me del tutto ingiustificata. Perché dovrebbe essere rivendicativo proporre la apertura del diaconato permanente anche alle donne, e non sarebbe invece rivendicativo pretendere di riservare il diaconato ai soli uomini? Un assetto di esercizio della autorità, per quanto attestato da una tradizione, non può considerare semplicemente come una “rivendicazione” un ampliamento soggettivo e oggettivo dell’esercizio della medesima autorità. Si potrebbe considerare una “rivendicazione” pagana la estensione del battesimo agli incirconcisi? Si potrebbe considerare una “rivendicazione pauperistica” il richiamo di s. Francesco a una Chiesa povera? Si potrebbe considerare “rivendicazione” la domanda di ascolto dei 5 continenti rispetto alla Europa nelle dinamiche post-conciliari degli ultimi 50 anni? O è “rivendicazione” celebrare la liturgia nella lingua del popolo?
  3. Dunque la mia posizione non è né rivendicativa, né univoca. Distingue tra rivendicazione di soggetti e ricchezza di cui la Chiesa non può privarsi; e tra “univocità del sacerdozio” e “articolazione del ministero ordinato in tre gradi”. Ed è il “combinato disposto” di queste due novità – la donna nello spazio pubblico, e una comprensione nuova del ministero ordinato, non solo più sacerdotale – a dischiudere un campo di interesse teologico e pastorale nuovo, che d’altra parte Lusetti riconosce apertamente.
  4. Vi è poi una terza e più insidiosa dialettica, su cui Lusetti richiama la attenzione: è la possibile chiusura di cui resterebbe vittima una effettiva apertura istituzionale, mentre solo una chiusura istituzionale sembrerebbe garantire una efficace apertura. Ciò che per Lusetti è problematico è che la risposta debba assolutamente assumere la forma istituzionale di una “ammissione all’ordine sacro”. Mentre sarebbe auspicabile – e a suo dire realmente aperto – un orientamento del dibattito e della attenzione su altri “munera e funzioni”, che lascino intatta la tradizione esclusivamente maschile del ministero ordinato. D’altra parte, va riconosciuto apertamente che Lusetti, con rigore, applica la medesima dialettica di “apertura/chiusura” non solo al teologo, ma anche al Magistero, che potrebbe trovare la propria profezia proprio nella elaborazione di una tale possibilità, e trovare invece nella chiusura la via più “comoda”. Tuttavia, alla fine di queste dialettiche raffinate, mi sembra che un certo “sospetto” verso la “istituzionalizzazione” appaia come una sorta di “preferenza”, che giustificherebbe il “contro” del titolo, altrimenti quasi ingiustificabile.
  5. A questo punto a me pare che si debba molto ampliare il discorso e ragionare su un piano più vasto. Infatti i “segni dei tempi” annunciati da Pacem in terris (11 aprile 1963)– non solo quello della donna che si emancipa, ma anche quello dei lavoratori che si affrancano e dei popoli che si liberano – hanno avuto inevitabilmente ricadute di tipo istituzionale. Per restare al “segno” donna, vorrei fare un esempio diverso, ma altrettanto forte: come si è passati dalla “patria potestà” alla “potestà genitoriale”? Attribuendo formaliter non solo al padre, ma anche alla madre, la autorità nella educazione dei figli. Questo è stato un processo lungo, lento, che la Chiesa ha saputo gradualmente riconoscere, e lo ha fatto entrando direttamente nella gestione di una autorità più complessa. Se avessimo detto: che bisogno c’è di dare forma istituzionale a questa nuova comprensione della autorità femminile, che cosa ne sarebbe disceso? Credo che lo stesso ragionamento, mutatis mutandis, debba essere fatto per la “autorità ecclesiale”, intesa non semplicemente come “esercizio della autorità”, ma come “testimonianza ecclesiale e custodia della fede apostolica incarnata e resa sperimentabile nella persona di una donna”. Per quello che, con bella lucidità, Serena Noceti ha chiamato “il noi ecclesiale”, che il ministero diaconale, esteso anche alle donne, sarebbe in grado di attestare:

“Le donne potrebbero, a mio parere, servire in questa specifica figura ministeriale il noi ecclesiale, che ne uscirebbe indubbiamente trasformato. La presenza di donne diacono ordinate, sul fondamento di quanto avveniva già nei primi secoli (per altro in un contesto patriarcale e androcentrico, di per sé non favorevole), permetterebbe una parola pubblica di proclamazione del Vangelo, l’apporto dell’omelia, la moderazione di celebrazioni della Parola e del battesimo con ministri ordinari da parte di donne: l’apostolicità della fede verrebbe custodita in modo nuovo e il volto della Chiesa mostrerebbe più chiaramente la sua natura inclusiva, di popolo di uomini e donne” (S. Noceti, Il tempo del noi. Donne e ministero diaconale, “Il Regno- attualità”, 19(2019), 305-314, qui 314).

  1. Lavorare dialogicamente al servizio di una autorità “più cattolica”. Come appare evidente, la correlazione tra diversi livelli della tradizione impegna la Chiesa in un discernimento complesso ed esigente. Nulla sarebbe più dannoso di una soluzione poco meditata. Per questo ritengo che il contributo della teologia alla elaborazione di una “autorevolezza ministeriale della donna” costituisca un passaggio decisivo, nel quale è possibile impegnarsi con audacia e con pazienza. In tutto ciò, e tenendo conto di tutti e tre i livelli messi in luce dal mio interlocutore, possiamo riconoscere, con non troppa difficoltà, ciò che K. Rahner vedeva lucidamente molti decenni or sono, quando diceva: “La donna, vista come unica e sempre uguale…in fondo non esiste” (K. Rahner, La donna nella nuova situazione della Chiesa, in Id., Nuovi Saggi II, Roma 1968, 445-465, qui 463). Se mettiamo insieme due eventi che si sono manifestati negli anni 60, pur avendo una storia molto più antica, possiamo facilmente comprendere come si possa avviare un processo di “nuova recezione” sia del ministero che della autorità femminile:
  1. Una profonda ricomprensione del ministero ordinato, portata dal Concilio Vaticano II, con la scoperta della sacramentalità e della autonomia dell’“episcopato” e del “diaconato” rispetto al presbiterato (che tradizionalmente aveva concentrato tutta la attenzione sul sacerdozio);
  2. Una altrettanto profonda ricomprensione della “donna”, non più ridotta a “sesso femminile” come impedimento e considerata e scoperta nello “spazio pubblico”, come risorsa capace di autorità e portatrice di “presenza ecclesiale autorevole e ufficiale”.

La composizione di questa duplice novità dovrebbe impedire di chiudere il discorso semplicemente con la “negazione” alla “donna” della “rivendicazione” del “potere sacerdotale”. Impostata così, la risposta sarebbe comandata da una domanda mal formulata. Si tratta, invece, di un arricchimento del ministero ecclesiale, che non solo ha restituito e ricompreso il diaconato con antiche e nuove funzioni, ma che, grazie alla evoluzione della propria tradizione ministeriale, ha scoperto in sé la libertà di riconoscere alla donna la autorità per poter esercitare in pienezza questo grado del ministero ordinato. Rispetto ad una comprensione che rischia di “bloccare” il cattolicesimo sul suo passato prossimo, seguendo invece le orme del Concilio Vaticano II mi sembra che questa apertura dischiuderebbe una prospettiva più inclusiva, più universale, direi “più cattolica”.

E potrebbe anche capitare che la Chiesa si scopra “più cattolica” proprio in Amazzonia.

Andrea Grillo Come se non    8 ottobre 2019

www.cittadellaeditrice.com/munera/sinodoamazonico2-un-ministero-piu-cattolico-aperto-a-omnis-utriusque-sexus-fidelis

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COMMISSIONE ADOZIONI INTERNAZIONALI

Comunicato missione Minsk

Il primo ottobre 2019 si è svolta a Minsk la riunione del Gruppo di lavoro previsto dall’Accordo vigente con la Bielorussia in materia di adozioni internazionali, incaricato di valutare l’andamento ed i risultati dell’Accordo a due anni dalla sua sottoscrizione.

La delegazione italiana, composta dalla Vice Presidente della Commissione dott.ssa Laura Laera, dalla dirigente della Segreteria tecnica Cons. Anna Maria Villa, dal Min. Plen. Gianni Bardini, dalle funzionarie Dott.ssa Raffaella La Torre e Dott.ssa Laura Ruggiero, ha incontrato presso il Ministero dell’Istruzione la delegazione bielorussa composta dal Vice Ministro dell’Istruzione Alexander Kadlubai, da Golovneva Elena Vasilievna (Ministero Istruzione) e da Glinslaya Olga Nikolaevna Direttrice del Centro Nazionale Adozioni (CAN).

            L’incontro è avvenuto alla presenza dell’Ambasciatore italiano Mario Giorgio Stefano Baldi e del Vicario dott. Paolo Tonini.

            Nel corso della visita sono stati affrontati diversi temi relativi all’accordo e alle procedure di adozione in un clima di serena collaborazione. La Parte italiana ha presentato la lista delle famiglie che aspirano ad adottare minori bielorussi e ha confermato l’invio della lista come previsto dal Protocollo tramite l’Ambasciata bielorussa; sono stati discussi alcuni dettagli tecnici di presentazione della lista e di snellimento delle procedure che regolano l’adozione internazionale dei minori.

            Nell’occasione si è potuto assicurare un canale di comunicazione importante in quanto la Parte bielorussa ha confermato che l’Italia resta l’unico paese per adozioni in Bielorussia; nel 2018 sono stati adottati dalle famiglie italiane 112 minori bielorussi, accolti nel tempo nell’ambito di progetti di risanamento terapeutico.

Nell’incontro è stato affrontato il tema dell’adottabilità dei minori collocati nelle case famiglia e della prospettiva di riduzione degli Istituti. La parte bielorussa ha confermato il progetto di progressiva chiusura degli Istituti di accoglienza (internati) per il quale non è definito un orizzonte temporale.

            Per quanto riguarda i minori collocati in casa famiglia, la Parte bielorussa ha definito in maniera chiara la posizione del Paese confermando che i minori bielorussi collocati presso le case famiglia non sono adottabili secondo la procedura di adozione internazionale.

E’ stato pertanto richiesto da parte bielorussa per il futuro di inserire nell’elenco delle famiglie italiane aspiranti all’adozione di minori bielorussi solo i minori ospitati presso gli Istituti di accoglienza e non quelli collocati presso le case famiglia, i quali in base al regolamento bielorusso, non sono considerati adottabili.

La riunione si è conclusa in un clima di collaborazione e con l’intesa di proseguire i lavori in un prossimo incontro a Roma, possibilmente nel primo semestre del 2020.

Comunicato    08 ottobre       2019

www.commissioneadozioni.it/notizie/comunicato-missione-minsk

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CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Pro Memoria per la Chiesa Italiana

Nel maggio scorso si è tenuta la 73a Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana. L’assemblea è stata aperta da un intervento di papa Francesco, che è ritornato su tre temi già affrontati nei precedenti incontri: la sinodalità con riferimento al possibile Sinodo della Chiesa italiana; la riforma dei processi matrimoniali, rilevando il ritardo nella sua attuazione e il rapporto tra il Vescovo e i presbiteri. Temi che evidentemente Francesco ha ritenuto bisognosi di approfondimenti e sollecitazioni.

All’avvio del nuovo anno pastorale può essere utile per tutti una rilettura. (V)

 

Vorrei oggi parlarvi nuovamente di alcune questioni che abbiamo trattato nei nostri precedenti incontri per approfondirle e integrarle con questioni nuove per vedere insieme a che punto siamo. […]

Sinodalità e collegialità. In occasione della commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, tenutasi il 17 ottobre 2015, ho voluto chiarire che «il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio […] è dimensione costitutiva della Chiesa», così che «quello che il Signore ci chiede, in un certo senso, è già tutto contenuto nella parola sinodo».

                Anche il nuovo documento della Commissione Teologica Internazionale, su La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, nel corso della Sessione Plenaria del 2017, afferma che «la sinodalità, nel contesto ecclesiologico, indica lo specifico modus vivendi et operandi della Chiesa Popolo di Dio che manifesta e realizza in concreto il suo essere comunione nel camminare insieme, nel radunarsi in assemblea e nel partecipare attivamente di tutti i suoi membri alla sua missione evangelizzatrice».

                E prosegue così: «Mentre il concetto di sinodalità richiama il coinvolgimento e la partecipazione di tutto il Popolo di Dio alla vita e alla missione della Chiesa, il concetto di collegialità precisa il significato teologico e la forma di esercizio del ministero dei Vescovi a servizio della Chiesa particolare affidata alla cura pastorale di ciascuno e nella comunione tra le Chiese particolari in seno all’unica e universale Chiesa di Cristo, mediante la comunione gerarchica del Collegio episcopale col Vescovo di Roma.

                La collegialità, pertanto, è la forma specifica in cui la sinodalità ecclesiale si manifesta e si realizza attraverso il ministero dei Vescovi sul livello della comunione tra le Chiese particolari in una regione e sul livello della comunione tra tutte le Chiese nella Chiesa universale. Ogni autentica manifestazione di sinodalità esige per sua natura l’esercizio del ministero collegiale dei Vescovi».

Mi rallegro dunque che questa assemblea ha voluto approfondire questo argomento che in realtà descrive la cartella clinica dello stato di salute della Chiesa italiana e del vostro operato pastorale ed ecclesiastico.

                Potrebbe essere di aiuto affrontare in questo contesto di eventuale carente collegialità e partecipazione nella conduzione della Conferenza CEI sia nella determinazione dei piani pastorali, che negli impegni programmatici economico-finanziari.

                Circa un Sinodo della Chiesa italiana. Sulla sinodalità, anche nel contesto di probabile Sinodo per la Chiesa italiana – ho sentito un “rumore” ultimamente su questo, è arrivato fino a Santa Marta! –, vi sono due direzioni: sinodalità dal basso in alto, ossia il dover curare l’esistenza e il buon funzionamento della Diocesi: i consigli, le parrocchie, il coinvolgimento dei laici… (cfr CIC 469-494) – incominciare dalle diocesi: non si può fare un grande sinodo senza andare alla base.

Questo è il movimento dal basso in alto – e la valutazione del ruolo dei laici; e poi la sinodalità dall’alto in basso, in conformità al discorso che ho rivolto alla Chiesa italiana nel V Convegno Nazionale a Firenze, il 10 novembre 2015, che rimane ancora vigente e deve accompagnarci in questo cammino. Se qualcuno pensa di fare un sinodo sulla Chiesa italiana, si deve incominciare dal basso verso l’alto, e dall’alto verso il basso con il documento di Firenze. E questo prenderà, ma si camminerà sul sicuro, non sulle idee.

                La riforma dei processi matrimoniali. Come ben sapete, con i due Motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et Misericors Iesus, pubblicati nel 2015, sono stati riordinati ex integro i processi matrimoniali, stabilendo tre tipi di processo: ordinario, breviore e documentale.

                L’esigenza di snellire le procedure ha condotto a semplificare il processo ordinario, con l’abolizione della doppia decisione conforme obbligatoria. D’ora in poi, se non c’è appello nei tempi previsti, la prima sentenza che dichiara la nullità del matrimonio diventa esecutiva.

                Vi è, poi, l’altro tipo di processo: quello breviore. «Questa forma di processo è da applicarsi nei casi in cui l’accusata nullità del matrimonio è sostenuta dalla domanda congiunta dei coniugi, argomenti evidenti, essendo le prove della nullità matrimoniale di rapida dimostrazione.

                Con la domanda fatta al Vescovo, e il processo istruito dal Vicario giudiziale o da un istruttore, la decisione finale, di dichiarazione della nullità o di rinvio della causa al processo ordinario, appartiene al Vescovo stesso, il quale – in forza del suo ufficio pastorale – è con Pietro il maggiore garante dell’unità cattolica nella fede e nella disciplina. […]».

                Il processo breviore ha introdotto così una tipologia nuova, ossia la possibilità di rivolgersi al Vescovo, quale capo della Diocesi, chiedendogli di pronunciarsi personalmente su alcuni casi, nei casi più manifesti di nullità.

                E questo poiché la dimensione pastorale del Vescovo, comprende ed esige anche la sua funzione personale di giudice. Il che non solo manifesta la prossimità del pastore diocesano ai suoi fedeli, ma anche la presenza del Vescovo come segno di Cristo sacramento di salvezza.

                Per questo il Vescovo e il Metropolita, con atto amministrativo, devono procedere all’erezione del tribunale diocesano, se ancora non sia stato costituito, e nel caso di difficoltà, possono anche accedere a un Tribunale diocesano o interdiocesano viciniore. Questo è importante.

Mi rammarica constatare. Questa riforma processuale è basata sulla prossimità e sulla gratuità. Prossimità alle famiglie ferite significa che il giudizio, per quanto possibile, si celebri nella Chiesa diocesana, senza indugio e senza inutili prolungamenti. Il termine gratuità rimanda al mandato evangelico secondo il quale gratuitamente si è ricevuto e gratuitamente si deve dare (cfr Mt 10,8), per cui richiede che la pronunzia ecclesiastica di nullità non equivalga ad un elevato costo che le persone disagiate non riescono a sostenere. Questo è molto importante.

Sono ben consapevole che voi, nella 71ª Assemblea Generale [21-14 maggio 2018 – n.d.r.] della Conferenza Episcopale Italiana, e attraverso varie comunicazioni, avete previsto un aggiornamento circa la riforma del regime amministrativo dei Tribunali ecclesiastici in materia matrimoniale. Tuttavia, mi rammarica constatare che la riforma, dopo più di quattro anni, rimane ben lontana dall’essere applicata nella grande parte delle Diocesi italiane.

                Ribadisco con chiarezza che il Rescritto da me dato, nel dicembre 2015, ha abolito il Motu Proprio di Pio XI Qua cura (1938), che istituiva i Tribunali Ecclesiastici Regionali in Italia e, pertanto, auspico vivamente che l’applicazione dei due suddetti Motu Proprio trovi la sua piena ed immediata attuazione in tutte le Diocesi dove ancora non si è provveduto.

Celerità e gratuità procedure. Al riguardo, cari confratelli, non dobbiamo mai dimenticare che la spinta riformatrice del processo matrimoniale canonico, caratterizzata – come ho già detto sopra – dalla prossimità, celerità e gratuità delle procedure, è volta a mostrare che la Chiesa è madre ed ha a cuore il bene dei propri figli, che in questo caso sono quelli segnati dalla ferita di un amore spezzato; e pertanto tutti gli operatori del Tribunale, ciascuno per la sua parte e la sua competenza, devono agire perché questo si realizzi, e di conseguenza non anteporre null’altro che possa impedire o rallentare l’applicazione della riforma, di qualsiasi natura o interesse possa trattarsi.

                Il buon esito della riforma passa necessariamente attraverso una conversione delle strutture e delle persone; e quindi non permettiamo che gli interessi economici di alcuni avvocati oppure la paura di perdere potere di alcuni Vicari Giudiziari frenino o ritardino la riforma.

                Un compito inderogabile. Il rapporto tra noi Vescovi e i nostri sacerdoti rappresenta, indiscutibilmente, una delle questioni più vitali nella vita della Chiesa, è la spina dorsale su cui si regge la comunità diocesana. Cito le parole sagge di Sua Eminenza il Cardinale Bassetti quando scrisse: «Se si dovesse incrinare questo rapporto tutto il corpo ne risulterebbe indebolito. E lo stesso messaggio finirebbe per affievolirsi».

                Il Vescovo è il pastore, il segno di unità per l’intera Chiesa diocesana, il padre e la guida per i propri sacerdoti e per tutta la comunità dei credenti; egli ha il compito inderogabile di curare in primis e attentamente il suo rapporto con i suoi sacerdoti.

                Alcuni Vescovi, purtroppo, fanno fatica a stabilire relazioni accettabili con i propri sacerdoti, rischiando così di rovinare la loro missione e addirittura indebolire la stessa missione della Chiesa.

                Il Concilio Vaticano II ci insegna che i presbiteri costituiscono con il loro vescovo un unico presbiterio, sebbene destinati a uffici diversi (cfr Cost. Lumen gentium, 28). Ciò significa che non esiste Vescovo senza il suo presbiterio e, a sua volta, non esiste presbiterio senza un rapporto sano cum episcopo. Anche il Decreto conciliare Christus Dominus afferma: «Tutti i sacerdoti, sia diocesani sia religiosi, in unione con il Vescovo partecipano all’unico sacerdozio di Cristo e perciò sono costituiti provvidenziali cooperatori dell’ordine episcopale. […] Perciò essi costituiscono un solo presbiterio e una sola famiglia, di cui il Vescovo è il padre» (n. 28).

Il rapporto solido tra il Vescovo e i suoi sacerdoti si basa sull’amore incondizionato testimoniato da Gesù sulla croce, che rappresenta l’unica vera regola di comportamento per i Vescovi e i sacerdoti. In realtà, i sacerdoti sono i nostri più prossimi collaboratori e fratelli. Sono il prossimo più prossimo! Si basa anche sul rispetto reciproco che manifesta la fedeltà a Cristo, l’amore alla Chiesa, l’adesione alla Buona Novella.

                La comunione gerarchica, in verità, crolla quando viene infettata da qualsiasi forma di potere o di autogratificazione personale; ma, all’opposto, si fortifica e cresce quando viene abbracciata dallo spirito di totale abbandono e di servizio al popolo di Dio.

                Un Vescovo padre e fratello. Noi Vescovi abbiamo il dovere di presenza e di vicinanza al popolo cristiano, ma in particolare ai nostri sacerdoti, senza discriminazione e senza preferenze. Un pastore vero vive in mezzo al suo gregge e ai suoi presbiteri, e sa come ascoltare e accogliere tutti senza pregiudizi.

                Non dobbiamo cadere nella tentazione di avvicinare solo i sacerdoti simpatici o adulatori e di evitare coloro che secondo il vescovo sono antipatici e schietti; di consegnare tutte le responsabilità ai sacerdoti disponibili o “arrampicatori” e di scoraggiare i sacerdoti introversi o miti o timidi, oppure problematici.

                Essere padre di tutti i propri sacerdoti; interessarsi e cercare tutti; visitare tutti; saper sempre trovare tempo per ascoltare ogni volta che qualcuno lo domanda o ne ha necessità; far sì che ciascuno si senta stimato e incoraggiato dal suo Vescovo. Per essere pratico: se il vescovo riceve la chiamata di un sacerdote, risponda in giornata, al massimo il giorno dopo, così quel sacerdote saprà che ha un padre.

                Cari confratelli, i nostri sacerdoti si sentono continuamente sotto attacco mediatico e spesso ridicolizzati oppure condannati a causa di alcuni errori o reati di alcuni loro colleghi, e hanno vivo bisogno di trovare nel loro Vescovo la figura del fratello maggiore e del padre che li incoraggia nei periodi difficili; li stimola alla crescita spirituale e umana; li rincuora nei momenti di fallimento; li corregge con amore quando sbagliano; li consola quando si sentono soli; li risolleva quando cadono.

                Ciò richiede, prima di tutto, vicinanza ai nostri sacerdoti, che hanno bisogno di trovare la porta del Vescovo e il suo cuore sempre aperti. Richiede di essere Vescovo-padre, Vescovo-fratello! […]

                                               I viandanti      13 ottobre 2019

www.viandanti.org/website/pro-memoria-per-la-chiesa-italiana

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CONGRESSI–CONVEGNI–CORSI

                                 Milano. Conferenza “Tu ed io. Il tuo lato che mi è straniero”

Centro Giovani Coppie san Fedele. Milano

All’interno del ciclo di conferenze 2019-20 “Diversi come due gocce d’acqua” avrà luogo la Conferenza “Tu ed io. Il tuo lato che mi è straniero”

Per legarmi a te ho bisogno di conoscerti: chi sei? Ho bisogno di sapere che cosa abbiamo in comune e che cosa possiamo condividere. E intanto scopro anche delle caratteristiche che non mi appartengono, ma che sono un contributo prezioso al nostro rapporto.

Ma tu non sei solo ciò che io vedo e colgo.

Sei anche altro, molto altro, e la pretesa di farti coincidere con “ciò che so” di te, lentamente mi porta a non incontrarti più. Il tuo lato sconosciuto forse non costituisce solo una minaccia, ma è la premessa per una novità continua, che ravviva in modo fecondo il rapporto, riparandolo dalla noia e dalla ripetitività, dallo scontato.

Accogliere lo straniero che c’è in te… ma forse anch’io devo fare i conti col fatto che io sono molto più di ciò che so di me. Il ridurmi a ciò che conosco di me mortifica ciò che io sono davvero.

Riconoscere lo sconosciuto che abita in te e in me…

È possibile trasformare il timore istintivo che l’ignoto genera in un senso di attesa e di sorpresa curiosa. Esige il non fermarsi in superficie, alla prima immagine, ma è darsi il tempo di andare un po’ oltre e più in profondità.

Relatrice: Elisabetta Orioli, psicologa psicoterapeuta.

Giovedì 7 novembre 2019 ore 21

Piazza San Fedele, 4 – Milano Sala Ricci

Ingresso libero

www.centrogiovanicoppiesanfedele.it

www.centrogiovanicoppiesanfedele.it/events/tu-ed-io-il-tuo-lato-che-mi-e-straniero

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CONSULTORI CATTOLICI

Torino. Punto familia. Due appuntamenti

  1. I movimenti della salute: psicosomatica sensomotoria. 6 novembre 2019 – ore 18,30

La serata presenterà la Terapia Sensomotoria, una fra le tecniche di lavoro sul corpo più utilizzate ed efficaci per la guarigione dai traumi della vita e dello sviluppo.

Spesso ci si rivolge ad uno psicoterapeuta con il timore di dover raccontare i fatti privati più intimi, scavando nel proprio animo alla ricerca di qualcosa che non va in noi stessi o nel proprio carattere, arrivando a colpevolizzarci per i sintomi che viviamo. In realtà i disturbi emotivi e ancor di più quelli fisici insorgono non per nostre carenze o deficit, quanto perché di fronte ad una situazione che in quel momento ci ha sovrastato non abbiamo potuto far altro che metterci in salvo scappando, evitando di reagire, abbozzando il colpo o attraverso altre strategie che ci hanno aiutato a non subire troppo o a salvare il salvabile.

Spesso a torto pensiamo che un’altra persona al nostro posto sarebbe riuscita a fare di meglio o ad uscire vittoriosa da quanto stava capitando, e ogni volta che si ripresenta una situazione simile riviviamo le ansie e lo stesso senso d’impotenza. E’ tuttavia nel corpo che le conseguenze del trauma agiscono in modo più significativo e drammatico, scatenando sintomi e disturbi funzionali che possono preludere ad una malattia vera e propria.

Quando ad ammalarsi è il corpo, andiamo dal medico escludendo di poterci prendere attivamente cura della nostra salute, e sebbene i farmaci ci aiutino a ristabilirci non hanno il potere di resettare nel cervello ciò che ci è successo. Occorre apprendere che cosa può far ammalare il nostro corpo e come possiamo utilizzare i movimenti fisici, in combinazione con le nostre percezioni, emozioni, pensieri e sensazioni somatiche al fine di eliminare i cortocircuiti traumatici del passato ritrovando il miglior equilibrio psicofisico.

La terapia sensomotoria va utilizzata a questo scopo insieme ad altre metodiche come l’ipnosi o l’e.m.d.r. [Eye Movement Desensitization and Reprocessing, Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari] che ne integrano e completano l’azione.

  1. Lutto esperienza inevitabile. Percorso di sostegno all’elaborazione del lutto. 22 novembre – ore 19,00

            Ogni individuo, lungo il suo percorso di vita, si trova a doversi confrontare con la morte, una tra le paure ancestrali più radicate nell’essere umano, considerata una delle esperienze più difficili e dolorose da affrontare. Il lutto, inteso come il sentimento di dolore intenso che si prova successivamente alla perdita di una persona cara, rappresenta quindi una condizione successiva esperita da chi subisce una perdita affettiva e il cui superamento ed elaborazione sono necessari, per evitare di restare intrappolati e fermi in quella specifica fase di vita.

Il Punto Familia propone un percorso di accompagnamento nella elaborazione del lutto. La proposta prevede 10 incontri, a cadenza quindicinale, indicativamente nella fascia oraria 19-21,30 in un gruppo di 8/12 partecipanti. La partecipazione all’iniziativa prevede l’adesione all’intero percorso; questo per permettere la creazione di un ambiente di gruppo confidenziale e di fiducia che agevoli lo scambio, la condivisione, l’esposizione di proprie fragilità, l’ascolto attivo e il confronto tra i partecipanti.

La partecipazione al gruppo sarà preceduta da uno o più colloqui di valutazione a cura delle psicologhe conduttrici, per fornire informazioni sul percorso, per valutare con la persona la sua motivazione e la fase di lutto che sta attraversando, infine per intravedere le risorse del soggetto e immaginarle all’interno di un contesto di gruppo. Gli obiettivi dell’esperienza di gruppo sono:

  • Supportare le persone in lutto nel loro percorso psico-emotivo, dal vissuto di perdita al reinvestimento affettivo sulla quotidianità, sugli altri e nella vita.
  • Creare uno spazio e un tempo strutturati in cui i familiari della persone scomparse possano incontrarsi, confrontarsi, pensare insieme e verbalizzare i complessi vissuti che si sperimentano (dolore, nostalgia, paura, rabbia, senso di colpa, solitudine) senza il timore di essere giudicati.
  • Promuovere una maggiore consapevolezza delle proprie modalità di comportamento, sviluppando la capacità di comprendere quali di essi favoriscono il percorso di elaborazione e quali invece contribuiscono al mantenimento dello stato depressivo.
  • Aumentare la capacità di far fronte ai nuovi problemi, incrementando la stima di sé, delle proprie abilità e risorse, lavorando su una maggiore consapevolezza personale.
  • Realizzare una rete di auto aiuto per l’elaborazione del lutto;
  • Offrire l’opportunità di creare una rete sociale di supporto che possa essere fruibile non solo durante il percorso ma anche al termine dello stesso.

www.puntofamilia.it/newsletter-punto-familia/listid-3/mailid-87-psicosomatica-sensomotoria-lutto.html

www.puntofamilia.it

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CONSULTORI UCIPEM

Parma. Famiglia più. Incontri

Rabbia e ritorno alla calma

Alla scoperta di una grammatica delle emozioni che ci aiuti a riscoprire ed a gestire i nostri sentimenti

Con Marta Tropeano, pedagogista, insegnante e autrice della favola La giostra magica delle emozioni.

www.comune.parma.it/centroperlefamiglie/it-IT/Rabbia-e-ritorno-alla-calma—25-10.aspx

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DALLA NAVATA

XXVIII Domenica del Tempo ordinario- Anno C 13 ottobre 2019

2Re                 05, 15 «Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele. Adesso accetta un dono dal tuo servo».

Salmo              97, 02 Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza, agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.

2 Timòteo       02, 11 Questa parola è degna di fede: Se moriamo con lui, con lui anche vivremo; se perseveriamo, con lui anche regneremo; se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà; se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso.

Luca               17, 15 Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.

 

Dio ci offre non solo guarigione, ma salvezza

Dieci lebbrosi che la sofferenza ha riunito insieme, che si appoggiano l’uno all’altro. Appena Gesù li vide. Notiamo il dettaglio: appena li vide, subito, spinto dalla fretta di chi vuole bene, disse loro: andate dai sacerdoti e mostrate loro che siete guariti! I dieci si mettono in cammino e sono ancora malati; la pelle ancora germoglia piaghe, eppure partono dietro a un atto di fede, per un anticipo di fiducia concesso a Dio e al proprio domani, senza prove: «La Provvidenza conosce solo uomini in cammino» (san Giovanni Calabria), navi che alzano le vele per nuovi mari.

I dieci lebbrosi credono nella salute prima di vederla, hanno la fede dei profeti che amano la parola di Dio più ancora della sua attuazione, che credono nella parola di Dio prima e più che alla sua realizzazione. E mentre andavano furono guariti. Lungo il cammino, un passo dopo l’altro la salute si fa strada in loro. Accade sempre così: il futuro entra in noi con il primo passo, inizia molto prima che accada, come un seme, come una profezia, come una notte con la prima stella, come un fiume con la prima goccia d’acqua. E furono guariti.

Il Vangelo è pieno di guariti, sono il corteo gioioso che accompagna l’annuncio di Gesù: Dio è qui, è con noi, coinvolto nelle piaghe dei dieci lebbrosi e nello stupore dell’unico che ritorna cantando. E al quale Gesù dice: la tua fede ti ha salvato! Anche gli altri nove che non tornano hanno avuto fede nelle parole di Gesù. Dove sta la differenza?

Il samaritano salvato ha qualcosa in più dei nove guariti. Non si accontenta del dono, lui cerca il Donatore, ha intuito che il segreto della vita non sta nella guarigione, ma nel Guaritore, nell’incontro con lo stupore di un Dio che ha i piedi nel fango delle nostre strade, e gli occhi sulle nostre piaghe. Nessuno si è trovato che tornasse a rendere gloria a Dio? Ebbene «gloria di Dio è l’uomo vivente» (sant’Ireneo). E chi è più vivente di questo piccolo uomo di Samaria? Lui, il doppiamente escluso, che torna guarito, gridando di gioia, danzando nella polvere della strada, libero come il vento? Non gli basta tornare dai suoi, alla sua famiglia, travolto da questa inattesa piena di vita, vuole tornare alla fonte da cui è sgorgata. Altro è essere guariti, altro essere salvati.

Nella guarigione si chiudono le piaghe, ma nella salvezza si apre la sorgente, entri in Dio e Dio entra in te, come pienezza. I nove guariti trovano la salute; l’unico salvato trova il Dio che dona pelle di primavera ai lebbrosi, che fa fiorire la vita in tutte le sue forme, e la cui gloria è l’uomo vivente, «l’uomo finalmente promosso a uomo» (Primo Mazzolari).

Padre Ermes Ronchi, OSM

www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/46875.html

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DONNE NELLA (per la) CHIESA

Il momento di ascoltare le donne

Questa volta non ci sono scappatoie; questa volta bisogna rispondere e presto. La realtà sollecita. Il sinodo sull’Amazzonia si presenta molto diverso dai precedenti; è il primo, da molti anni, che affronta un tema concreto, una terra, e pertanto delle comunità definite, e non un argomento generale, qualcosa di vago come la famiglia o i giovani, che può essere trattato in forma astratta oppure trasformarsi anche in una questione teologica. Precisamente per questo, la sua finalità principale, che dovrebbe essere quella di convertirsi in terreno di applicazione della Laudato si’, il grande documento che papa Francesco ha pubblicato sulla necessità di prendersi cura dell’ambiente, è cambiata durante la sua preparazione.

Come abbiamo visto, si sono imposti problemi concreti, come la mancanza di presbiteri. Così sono sorti temi che non toccano solo questa terra, ma un gran parte dei paesi. La mancanza di presbiteri giustifica soluzioni di emergenza come la consacrazione dei “viri probati”, cioè uomini anziani sposati? È venuto il momento di sottoporre seriamente a discussione il celibato ecclesiastico, che caratterizza da quasi un millennio la Chiesa latina? Anche in questo caso la realtà ha avuto la meglio: la vita religiosa di queste vivaci comunità cattoliche, la sua forza sempre maggiore di evangelizzazione, sta nelle mani delle donne.

Che fare con queste donne che hanno così bene supplito alla mancanza di presbiteri? Chieder loro di farsi da parte quando arrivano i nuovi presbiteri, magari sposati, o riconoscere e valorizzare il loro impegno? Ed è qui che la Chiesa si trova di fronte a due problemi drammatici di quest’epoca, problemi che in realtà nessuno vorrebbe affrontare: il celibato ecclesiastico e una forma di riconoscimento per le donne.

Questa volta non ci sono scappatoie; questa volta bisogna dare una risposata e presto, perché la realtà sollecita con le sue esigenze. Ed è chiaro che la risposta rappresenterà un precedente, e non la si potrà riservare solo ad una zona del pianeta. Anche perché l’Amazzonia, per mille motivi, non può essere considerata un angolo marginale del mondo, al contrario è diventata un centro sensibile che parla a tutto il pianeta, e non solo di questioni ecologiche. Lo abbiamo visto nella manifestazione convocata da Voices of Faith, voci che non hanno nulla a che vedere con l’Amazzonia, ma che rivendicano il malcontento delle donne che hanno fondato e guidato comunità cattoliche amazzoniche di fronte alla prospettiva di dover cedere il frutto del loro impegno di molti anni a un presbitero giunto da fuori. Adesso i problemi suscitati dallo scandalo degli abusi sessuali su minori e su religiose hanno fatto sì che si presentassero in forma drammatica questioni che la gerarchia ecclesiastica vorrebbe continuare a mantenere al margine, come il celibato ecclesiastico o il ruolo delle donne. Questioni che, come vediamo, sorgono da ogni parte, anche quando non erano previste. Sarà finalmente giunto il momento di affrontarle seriamente, ascoltando anche le voci dei laici e, quindi, dei laici per eccellenza, le donne? Speriamo ferventemente di sì.

Lucetta Scaraffia        “El Pais” 6 ottobre 2019

(traduzione dallo spagnolo: www.finesettimana.org)

www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt201910/191007scaraffia.pdf

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FRANCESCO VESCOVO DI ROMA

Apertura dei lavori dell’assemblea speciale del Sinodo dei vescovi per la regione panamazzonica

 sul tema “Nuovi cammini per la chiesa e per una ecologia integrale”

Saluto del santo padre Francesco

Sorelle e fratelli, buongiorno! Benvenuti a tutti e grazie per il vostro lavoro di preparazione: tutti hanno lavorato tanto, da quel momento di Puerto Maldonado fino ad oggi. Grazie tante.

Il Sinodo… parlerò in castigliano, è meglio…

Il Sinodo per l’Amazzonia, possiamo dire che ha quattro dimensioni: la dimensione pastorale, la dimensione culturale, la dimensione sociale e la dimensione ecologica.

La prima, la dimensione pastorale, è quella essenziale, quella che comprende tutto. Noi la affrontiamo con cuore cristiano e guardiamo alla realtà dell’Amazzonia con occhi di discepolo per comprenderla e interpretarla con occhi di discepolo, perché non esistono ermeneutiche neutre, ermeneutiche asettiche, sono sempre condizionate da un’opzione previa, la nostra opzione previa è quella di discepoli. E anche con occhi di missionari, perché l’amore che lo Spirito Santo ha posto in noi ci spinge all’annuncio di Gesù Cristo; un annuncio — lo sappiamo tutti — che non va confuso con il proselitismo. Noi cerchiamo di affrontare la realtà dell’Amazzonia con questo cuore pastorale, con occhi di discepoli e di missionari, perché quello che ci preme è l’annuncio del Signore.

E inoltre ci avviciniamo ai popoli amazzonici in punta di piedi, rispettando la loro storia, le loro culture, il loro stile del buon vivere nel senso etimologico della parola, non nel senso sociale che spesso attribuiamo loro, perché i popoli hanno una propria identità, tutti i popoli hanno una loro saggezza, una consapevolezza di sé, i popoli hanno un modo di sentire, un modo di vedere la realtà, una storia, un’ermeneutica e tendono a essere protagonisti della loro storia con queste cose, con queste qualità. E noi ci avviciniamo estranei a colonizzazioni ideologiche che distruggono o riducono le specificità dei popoli. Le colonizzazioni ideologiche oggi sono molto diffuse. E ci avviciniamo senza ansia imprenditoriale di proporre loro programmi preconfezionati, di “disciplinare” i popoli amazzonici, di disciplinare la loro storia, la loro cultura; ossia quest’ansia di “addomesticare” i popoli originari. Quando la Chiesa si è dimenticata di questo, cioè di come deve avvicinarsi a un popolo, non si è inculturata; è arrivata addirittura a disprezzare certi popoli. E quanti fallimenti di cui oggi ci rammarichiamo. Pensiamo a De Nobile in India, a Ricci in Cina e tanti altri. Il centralismo “omogeneizzante” e “omogeneizzatore” non ha lasciato emergere l’autenticità della cultura dei popoli.

Le ideologie sono un’arma pericolosa, abbiamo sempre la tendenza ad aggrapparci a un’ideologia per interpretare un popolo. Le ideologie sono riduttive e ci portano all’esagerazione nella nostra pretesa di comprendere intellettualmente, ma senza accettare, comprendere senza ammirare, comprendere senza assimilare. E allora si coglie la realtà in categorie, e le più comuni sono le categorie degli “-ismi”. Allora, quando dobbiamo avvicinarci alla realtà di qualche popolo originario, parliamo di indigenismi, e quando vogliamo dare loro qualche via di uscita per una vita migliore, non glielo chiediamo, parliamo di sviluppismo. Questi “ismi” riformulano la vita a partire dal laboratorio illuminato e illuminista.

Sono slogan che si stanno radicando e programmano l’avvicinamento ai popoli originari. Nel nostro paese, uno slogan: “civiltà e barbarie” è servito a dividere, ad annientare, e ha raggiunto il suo apice verso la fine degli anni Ottanta, ad annientare la maggior parte dei popoli originari, perché erano “barbarie” e la “civiltà” proveniva da un’altra parte. È il disprezzo dei popoli, — e prendo l’esperienza della mia terra, questo “civiltà e barbarie” che è servito ad annientare popoli, continua ancora oggi nella mia patria, con parole offensive, e allora si parla di civiltà di secondo livello, quelli che vengono dalla barbarie; e oggi sono i “bolitas, los paraguayanos, los paraguas, los cabecitas negras”, sempre questo allontanarci dalla realtà di un popolo qualificandolo e mettendo distanza. Questa è l’esperienza del mio paese.

            E poi il disprezzo. Ieri mi è dispiaciuto molto sentire qui dentro un commento beffardo su quell’uomo pio che portava le offerte con le piume in testa. Ditemi: che differenza c’è tra il portare piume in testa e il “tricorno” che usano alcuni ufficiali dei nostri dicasteri? Allora corriamo il rischio di proporre misure semplicemente pragmatiche, quando al contrario ci viene richiesta una contemplazione dei popoli, una capacità di ammirazione, che facciano pensare in modo paradigmatico. Se qualcuno viene con intenzioni pragmatiche, che reciti l’“io peccatore”, che si converta e apra il cuore verso una prospettiva paradigmatica che nasce dalla realtà dei popoli.

            Non siamo venuti qui per inventare programmi di sviluppo sociale o di custodia di culture, di tipo museale, o di azioni pastorali con lo stesso stile non contemplativo con cui si stanno portando avanti le azioni di segno opposto: deforestazione, uniformazione, sfruttamento. Fanno anche programmi che non rispettano la poesia — mi permetto di dirlo —, la realtà dei popoli che è sovrana. Dobbiamo anche guardarci dalla mondanità nel modo di esigere punti di vista, cambiamenti nell’organizzazione. La mondanità si infiltra sempre e ci fa allontanare dalla poesia dei popoli.

Siamo venuti per contemplare, per comprendere, per servire i popoli. E lo facciamo percorrendo un cammino sinodale, lo facciamo in sinodo, non in tavole rotonde, non in conferenze e ulteriori discussioni: lo facciamo in sinodo, perché un sinodo non è un parlamento, non è un parlatorio, non è dimostrare chi ha più potere sui media e chi ha più potere nella rete, per imporre qualsiasi idea o qualsiasi piano. Questo configurerebbe una Chiesa congregazionalista, se intendiamo cercare per mezzo di sondaggi chi ha la maggioranza. O una Chiesa sensazionalista così lontana, così distante dalla nostra Santa Madre la Chiesa cattolica, o come amava dire Sant’Ignazio: «la nostra Santa Madre la Chiesa gerarchica». Sinodo è camminare insieme sotto l’ispirazione e la guida dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo è l’attore principale del sinodo. Per favore non lo scacciamo dalla sala. Sono state fatte consultazioni, si è discusso nelle Conferenze episcopali, nel Consiglio pre-sinodale, è stato elaborato l’Instrumentum Laboris che, come sapete, è un testo-martire, destinato ad essere distrutto, perché è punto di partenza per quello che lo Spirito farà in noi. E ora camminiamo sotto la guida dello Spirito Santo. Ora dobbiamo consentire allo Spirito Santo di esprimersi in questa assemblea, di esprimersi tra noi, di esprimersi con noi, attraverso di noi, di esprimersi “nonostante” noi, nonostante le nostre resistenze, che è normale che ci siano, perché la vita del cristiano è così.

            Quindi, quale sarà il nostro lavoro, qui, per assicurare che questa presenza dello Spirito Santo sia feconda? Prima di tutto, pregare. Fratelli e sorelle, vi chiedo di pregare, molto. Riflettere, dialogare, ascoltare con umiltà, sapendo che io non so tutto. E parlare con coraggio, con parresìa, anche se mi vergognerò a farlo, dire quello che sento, discernere, e tutto questo qui dentro, custodendo la fraternità che deve esistere qui dentro, per favorire questo atteggiamento di riflessione, preghiera, discernimento, di ascoltare con umiltà e parlare con coraggio. Dopo quattro interventi avremo quattro minuti di silenzio. Qualcuno ha detto: «è pericoloso, Padre, perché si addormenteranno». Nell’esperienza del Sinodo sui giovani, dove abbiamo fatto la stessa cosa, è accaduto invece il contrario: tendevano ad addormentarsi durante gli interventi — almeno, durante alcuni — e si risvegliavano durante il silenzio.

            Infine, stare nel sinodo significa incoraggiarsi ad entrare in un processo. Non è occupare uno spazio all’interno della sala. Entrare in un processo. E i processi ecclesiali hanno una necessità: devono essere protetti, curati come un bambino, accompagnati all’inizio, curati con delicatezza. Hanno bisogno del calore della comunità; hanno bisogno del calore della Madre Chiesa. È così che un processo ecclesiale cresce. Per questo l’atteggiamento di rispetto, di curare il clima fraterno, l’aria di intimità è importante. Si tratta di non riferire tutto, così come viene, fuori. Ma non si tratta rispetto a coloro che dobbiamo informare di un segreto più proprio delle logge che della comunità ecclesiale; ma di delicatezza e di prudenza nella comunicazione che faremo con l’esterno. E questa necessità di comunicare fuori a tanta gente che vuole sapere, a tanti nostri fratelli, giornalisti, che hanno la vocazione di servire perché si sappia, e per aiutarli in questo sono previsti servizi stampa, briefing etc.

            Ma un processo come quello di un sinodo si può rovinare un po’ se io, quando esco dalla sala, dico quello che penso, dico la mia. E allora ci sarà quella caratteristica che si è vista in alcuni sinodi: del “sinodo di dentro” e del “sinodo di fuori”. Il sinodo di dentro che segue un cammino di Madre Chiesa, di attenzione ai processi, e il sinodo di fuori che, per una informazione data con leggerezza, data con imprudenza, porta chi ha il dovere di informare a equivoci. Quindi, grazie per quello che state facendo, grazie perché pregate gli uni per gli altri e coraggio. E, per favore, non perdiamo il senso dell’umorismo. Grazie.

Francesco                   Basilica di San Pietro – Aula del Sinodo, 7 ottobre 2019      

http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2019/october/documents/papa-francesco_20191007_apertura-sinodo.html

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GENITORI

Il rapporto genitori-figli, da Edipo a Narciso

Gli effetti sul conflitto in famiglia prodotti da un modello basato sul mercato. Valorizzare i luoghi dove l’“io” è costretto a cedere il passo al “noi”.

Sabato pomeriggio ho presentato un piccolo libro sugli insegnanti, nato anche grazie all’esperienza di questa rubrica. Abbiamo parlato di scuola, del mandato degli insegnanti, ma soprattutto abbiamo parlato dei ragazzi, di come sono cambiati, delle questioni complesse che ci pongono, del perché sembra a tutti così complicato venirne a capo. A riguardo è emersa una chiave di lettura che mi pare preziosa.

Fino all’altro ieri, e per tutta la seconda metà del Novecento, il rapporto tra genitori e figli si è mosso secondo una dialettica di tipo edipico. Le generazioni dei figli si sono trovate di volta in volta (con picchi in snodi significativi come il ’68) di fronte a un modello genitoriale da contestare, abbattere, superare; un modello da intendere anche come culturale, politico, sociale, contro il quale entrare in lotta ma per poi, secondo un principio dialettico, riformularlo secondo un nuovo paradigma. Esisteva dunque il conflitto, ma esisteva anche un “continuum” dato dall’orizzonte valoriale che, anche nel momento della negazione, rimaneva comunque al centro dell’attrito generazionale.

             Oggi, complice il globale prevalere del mercato e del consumo, le ultimissime generazioni si sono autodefinite secondo un modello non più edipico bensì “narcisistico”. La legge intimamente individualistica sottesa a un modello basato sul mercato e sul consumo e quindi sull’interesse personale ha cioè partorito nuove generazioni dove lo scontro dialettico con il passato in fondo non interesserebbe più, perché il proprio sistema si basa unicamente sulla legittimazione di se stessi, in una condizione del tutto impermeabile alla dialettica generazionale.

            Un ragionamento del genere potrebbe apparire come un’astrazione sociologica ma in realtà è convincente alla verifica dell’esperienza. Basti pensare al nostro passato, quando da adolescenti il conflitto con i genitori era costitutivo del vivere quotidiano, a partire dalle piccole battaglie per la libertà personale, fino alla contestazione e al desiderio di riformulazione di strutture come la scuola, la politica, i rapporti sociali, ovvero del vivere comune.

            Oggi, qualsiasi adolescente, con rare eccezioni, vive nella contemplazione e nella definizione continua della propria area dell’io, educato da una società basata sul desiderio personale, chiuso all’alterità dell’altro, complice anche un uso distorto degli strumenti digitali, e quindi in uno stato narcisistico, unicamente chinato sulla preservazione del proprio spazio. Ecco dunque che non interessa più contestare o desiderare la riformulazione di quanto costruito dalla generazione precedente, anche nei termini del vivere collettivo, perché in fondo ciò che conta è il mantenimento del proprio universo di interesse personale.

            Quale il possibile argine a una deriva che spiega anche gran parte del senso di estraneità che avvertiamo con questi ragazzi, disagio questo ben rappresentato da quella lagnosa domanda che noi tutti adulti abbiamo almeno una volta posto: “Ma possibile che non ti interessi niente di niente?”. Ecco, io credo che mai come oggi l’antidoto a tutto ciò sia da cercare nei luoghi dove la relazione e il senso stesso della collettività sia costitutivo, ovvero la scuola, i contesti educativi, le aggregazioni sociali, quei posti cioè dove per natura l’“io” è costretto a cedere il passo al “noi”.

Roberto Contu            Romasette      10 ottobre 2019

www.romasette.it/il-rapporto-genitori-figli-da-edipo-a-narciso/

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GENITORIALITÀ

La competenza giurisdizionale sulla responsabilità genitoriale è sempre del giudice dello stato di residenza abituale del minore?

Due coniugi dopo aver contratto matrimonio in Italia, si recavano in Grecia, per far sì che la donna partorisse in Atene, dove avrebbe potuto essere assistita dai suoi genitori. La bimba acquisiva la doppia cittadinanza, italiana e greca, essendo stata la sua nascita dichiarata presso l’ufficiale dello Stato civile in un Comune in provincia di Ancona, dove i coniugi avevano fissato la residenza al momento del matrimonio. Insorti contrasti insanabili tra i coniugi, questi decidevano di separarsi. Il marito adiva il Tribunale di Ancona chiedendo l’addebito della separazione a carico della moglie, nonché l’affidamento in via esclusiva della figlia con l’adozione degli opportuni provvedimenti per il suo rientro in Italia e il divieto di espatrio senza l’autorizzazione del padre. La donna, convenuta in giudizio, chiedeva a sua volta la dichiarazione di addebito della separazione a carico del marito e l’affido in via esclusiva della figlia.

Il Tribunale autorizzava i coniugi a vivere separatamente e dichiarava il non luogo a provvedere sulle domande relative alla minore che è nata e ha sempre risieduto in altro Stato dell’Unione Europea. Avverso tale dichiarazione, il marito proponeva reclamo, ritenendo che la competenza fosse del giudice italiano in quanto la bambina era cittadina italiana e residente anagraficamente in Italia dalla nascita, la madre invece, contestava la sussistenza della giurisdizione del giudice italiano affermando che l’unico criterio per la determinazione della giurisdizione è quello della residenza abituale del minore. La Corte d’Appello aderiva a tale ultima prospettazione.

Il Tribunale di Atene, adito dal padre accertava che non ricorreva né l’ipotesi del trasferimento illecito né quella dell’illecito trattenimento del minore, pertanto, il ricorrente proponeva regolamento di giurisdizione ex art. 41, comma 1, c.p.c.

            Giurisdizione sulla responsabilità genitoriale. La Corte osserva che quando nel giudizio di divorzio introdotto davanti al giudice italiano siano avanzate domande inerenti la responsabilità genitoriale e il mantenimento di figli minori non residenti abitualmente in Italia, ma in altro stato membro dell’Unione Europea, “la giurisdizione su tali domande spetta, ex artt. 8, par. 1, del Reg. CE n. 2201/2003 e 3 Reg. CE n. 4/2009, all’A.G. dello Stato di residenza abituale dei minori al momento della loro proposizione, dovendosi salvaguardare l’interesse superiore e preminente dei medesimi a che i provvedimenti che li riguardano siano adottati dal giudice più vicino al luogo di residenza effettiva degli stessi”.

            Alternativa al criterio di residenza abituale del minore.  Inoltre sulla base dell’art. 12 del regolamento Eurounitario, ai fini della possibilità di escludere l’applicazione del criterio della residenza abituale del minore è necessaria una esplicita accettazione della giurisdizione anche sulla materia della responsabilità genitoriale da parte di entrambi i coniugi, accettazione che deve essere intervenuta alla data in cui il giudice è stato adito con la domanda di separazione o al momento della formazione del contraddittorio, dovendo altrimenti ritenersi non derogabile il criterio esclusivo della residenza abituale del minore. Peraltro la possibilità di derogare al criterio della residenza abituale del minore non è interamente nella piena disponibilità delle parti dal momento che l’art. 12 richiede che sia il giudice ad effettuare una valutazione sulla conformità all’interesse del minore: nel caso in disamina la Corte esclude che la proposizione di domanda riconvenzionale da parte della madre, diretta a ottenere l’affidamento del minore, corrisponda ad un’accettazione inequivoca della giurisdizione.

Redazione Scientifica Il familiarista  10 ottobre 2019

http://ilfamiliarista.it/articoli/news/la-competenza-giurisdizionale-sulla-responsabilit-genitoriale-sempre-del-giudice-dello?utm_source=MAILUP&utm_medium=newsletter&utm_campaign=FAM_standard_16_Ottobre_2019

 

Save the Children, in Italia più di 4 madri su 10 con figli minorenni non hanno un impiego

        “I dati diffusi oggi dall’Istat sull’occupazione femminile rappresentano l’ulteriore conferma degli ostacoli insormontabili che le donne e in particolare le mamme, nel nostro Paese, si trovano ad affrontare quotidianamente. Le donne con figli sempre più spesso devono rinunciare a lavorare a causa degli impegni familiari e una scarsa rete di servizi per la prima infanzia aggrava il quadro”, ha dichiarato Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.

In Italia, sottolinea Save the Children, tra le donne tra i 25 e i 49 anni con figli minorenni, più di 4 su 10 non hanno un lavoro, mentre più del 40% delle madri con almeno un figlio preferisce il part-time pur di continuare a mantenere un’occupazione. Dati che si inseriscono in un contesto di denatalità ai minimi storici (meno di 440mila nascite nel 2018) e aggravato dall’impossibilità nel conciliare vita privata e impegni professionali, radicate difficoltà di carriera e di crescita salariale, forte squilibrio nei carichi familiari tra madri e padri, una scarsissima offerta di servizi educativi per l’infanzia. Un quadro critico che si riverbera sul benessere delle madri, ma che affonda le radici nelle pesanti disparità di genere in Italia.

“E ‘fondamentale che il nuovo Governo dia seguito agli impegni annunciati in favore delle famiglie, investendo risorse adeguate per aumentare l’offerta degli asili e per favorire la conciliazione di entrambi i genitori tra lavoro e vita privata così come indicato dall’Europa. C’è bisogno di una vera politica di sostegno alla genitorialità sul medio e lungo termine”, ha concluso Milano.

Redazione Agenzia SIR          8 ottobre 2019

https://agensir.it/quotidiano/2019/10/8/lavoro-donne-save-the-children-in-italia-piu-di-4-madri-su-10-con-figli-minorenni-non-hanno-un-impiego

“Bonus di 10mila euro per ogni adozione internazionale”

Amici dei Bambini in Commissione Affari Sociali alla Camera durante le audizioni per la Proposta di Legge su assegno unico. Il presidente Marco Griffini: “Non c’è più tempo da perdere. L’inverno demografico è una tragedia e un’adozione non può costare 25mila euro”.

“Salutiamo con favore la Proposta di Legge dell’on. Graziano Delrio. Oggi la tragedia principale è l’inverno demografico. E non c’è più tempo da perdere. Ecco perché, tra le priorità, rilanciamo la nostra proposta di un bonus da 10mila euro per le coppie che scelgono di adottare, semplificando e sostituendo l’attuale sistema di rimborsi”. Lo dichiara il presidente di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, Marco Griffini.

 “Il problema chiave, oggi – prosegue Griffini – è la fecondità, il cui calo si attesta su livelli preoccupanti e prosegue inarrestabile, dando vita a un circolo vizioso. Al 31 dicembre 2018 la popolazione ammontava a 60.359.546 residenti, oltre 124 mila in meno rispetto al 2017 e oltre 400mila in meno rispetto al 2014. In questa situazione le misure tampone non bastano”.

            “Per quanto riguarda l’adozione – conclude il presidente di Amici dei Bambini – è davvero assurdo e immorale, se pensiamo ai 160 milioni di bambini abbandonati nel mondo, che, mentre i costi pre-nascita si aggirano sui circa 2mila euro a bambino, il costo di un’adozione internazionale sia, in Italia, di 25mila euro in media. Bisogna infatti pensare che il 20% delle coppie che ricevono il decreto di idoneità rinunciano, soprattutto per motivazioni economiche. Folle anche se si pensa che, dal 2011 a oggi, le adozioni annuali sono crollate da 4mila a mille scarse. Con un incentivo alle coppie adottive di 10mila euro potremmo aprire la strada alla ‘fertilità del cuore’ e raggiungere le 1.500 adozioni all’anno entro il 2020. Oltre a contribuire alla felicità di una coppia che crea una nuova famiglia, l’adozione è un notevole contributo al benessere del paese attraverso la natalità”.

AiBinews        8 ottobre 2019

www.aibi.it/ita/pdl-del-rio-ai-bi-in-commissione-affari-sociali-bonus-di-10mila-euro-per-ogni-adozione-internazionale

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MINORI

Reati su minori.

Presentato a Roma, alla vigilia della Giornata mondiale delle bambine (11 ottobre), il nuovo dossier “Indifesa – La condizione delle bambine e delle ragazze nel mondo”. Lanciata l’omonima campagna per garantire loro, in Italia e nel mondo, istruzione, salute, protezione da sfruttamento, violenza e discriminazioni. Al via anche un network radiofonico. Tra violenze, discriminazioni, matrimoni precoci e forzati, mancanza di istruzione, rimane davvero drammatica in troppe parti del mondo la condizione delle bambine e delle ragazze, ma pur con le dovute differenze, pure in Italia l’essere donne comporta fin da piccole maltrattamenti, abusi e discriminazioni di genere.

            Anche nel nostro Paese, dunque, occorre garantire loro maggiore protezione. È quanto emerge dal nuovo Dossier della Campagna “indifesa” di Terre des Hommes,La condizione delle bambine e delle ragazze nel mondo”, presentato oggi, vigilia della Giornata mondiale delle bambine che ricorre domani, presso la Sala della Regina di Palazzo Montecitorio.

In Italia, denuncia il report, non si arresta l’aumento del numero dei minori vittime di reati. Nel 2018 sono stati 5.990, il 3% in più dell’anno precedente e il 43% in più rispetto al 2009, quando erano 4.178.

Anche l’anno scorso a subire abusi sono state in prevalenza bambine e ragazze (59,4%). Nel 2018 un terzo delle vittime – quasi 2mila – ha subìto reati all’interno della famiglia, tra maltrattamenti e abuso di mezzi di correzione, proprio nel contesto che più dovrebbe proteggerle, e più delle metà sono femmine.

Secondo reato in termini di vittime è la violenza sessuale: 656, di cui l’89% bambine e ragazze, alle quali vanno aggiunte le vittime di violenza sessuale aggravata: 383, l’84% femmine.

Aumentano inoltre i minori vittime di pedopornografia: 199, per l’80% bambine e ragazze; 16 le vittime di omicidio, per la metà femmine. La regione con il maggior numero di reati contro i minori è stata la Lombardia (1.090 vittime), seguita da Sicilia, Emilia Romagna, Lazio e Veneto, mentre se ne registra una diminuzione in Basilicata e Valle d’Aosta.

            Il Dossier lancia inoltre un allarme: bambine e ragazze con disabilità sono vittime di violenze di genere dieci volte di più rispetto alle coetanee senza disabilità.

Da Donatella Vergari, presidente di Terre des Hommes, la richiesta al governo di “maggiore impegno nel contrasto e nella prevenzione della violenza e delle discriminazioni di genere, partendo dai più giovani”. “Noi – assicura –, insieme ai nostri partner lo stiamo già facendo con il Network indifesa, prima rete italiana di WebRadio e giovani ambasciatori contro discriminazione, stereotipi e violenza di genere, bullismo, cyber-bullismo e sexting creata con Kreattiva”.

Oggi alla Camera è stato infatti presentato il sito ufficiale del Network radiofonico indifesa. Nato da un progetto pilota che nel 2018 ha visto la partecipazione di diverse web radio scolastiche pugliesi, dopo essere stato ospite dell’ultimo Radio City Milano, ora si sta estendendo a tutto il territorio nazionale. Ad oggi sono 12 le web radio che hanno aderito al network.

Dell’“importanza decisiva”, anche nel nostro Paese, del “contrasto alla violenza e alle discriminazioni di genere se si vuole costruire una società in cui tutti, senza alcuna distinzione, possano crescere felici e sviluppare le proprie potenzialità”, parla l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, Filomena Albano, per la quale la parola d’ordine è “educazione” a 360 gradi.

Sulla stessa linea Elena Bonetti, ministra per le Pari opportunità e la famiglia: “Occorre un cambiamento culturale, che deve partire innanzitutto dalla politica. Sensibilizzare, favorire la conciliazione vita-lavoro, sanare il gender gap, sono passi importanti” ma “servono azioni concrete e coraggiose, sono convinta che il Governo potrà percorrere questa strada e questo sarà il mio impegno”.

“Da otto anni – osserva Vincenzo Spadafora, ministro per le Politiche giovanili e lo Sport – il Dossier di Terre des Hommes è un documento fondamentale, che obbliga le istituzioni a prendere atto di una realtà inaccettabile e spinge chi ricopre ruoli di governo a immaginare e realizzare nuove politiche per la difesa e il sostegno delle donne e delle bambine, in Italia e nel mondo”. Per questo, conclude, “è dovere di tutti fare in modo che la condizione femminile migliori: è necessaria una rivoluzione culturale a partire da ciascuno di noi”.

            Oltre a progetti internazionali in Giordania, Bangladesh e Mozambico in favore delle baby spose e in Costa d’Avorio per le baby mamme, a livello nazionale Terre des Hommes ha chiesto ai Comuni italiani di sottoscrivere il Manifesto #indifesa, chiedendo azioni efficaci per la protezione dei bambini e in particolar modo delle bambine. In occasione della Giornata di domani, l’organizzazione chiede a tutti di sostenere la Campagna indifesa con il colore arancione, da sempre suo simbolo, usando sui social gli hashtag #indifesa e #liberaè.

Giovanna Pasqualin Traversa Agenzia SIR               10 ottobre 2019

 www.agensir.info/italia/2019/10/10/reati-su-minori-terre-des-hommes-nel-2018-quasi-6mila-in-italia-prime-vittime-le-bambine-prevenire-discriminazioni-e-abusi

 

Giornata mondiale bambine

Reati contro minori: Terre des Hommes, nel 2018 in Italia quasi 6mila vittime (+3% rispetto al 2017). Un terzo in famiglia (+14%). Reati contro minori: nel 2018 in Lombardia più di mille vittime, tra cui 226 di violenza sessuale. Nel Lazio 5 vittime di omicidio, di cui 4 bambine.

Reati contro minori: Terre des Hommes, ogni anno nel mondo matrimoni forzati per 12 milioni di ragazzine. In Italia nel 2017 quasi 1.400 baby mamme. Bimbe disabili più a rischio violenza

Non si arresta l’aumento del numero dei minori vittime di reati in Italia: 5.990 nel 2018, il 3% in più dell’anno precedente e il 43% in più rispetto al 2009, quando erano 4.178. Anche nel 2018 le vittime sono state in prevalenza bambine e ragazze (59,4%).

 È lo spaccato allarmante dei dati elaborati dal Comando Interforze per il nuovo Dossier della Campagna “indifesa” di Terre des Hommes, presentato oggi, vigilia della Giornata mondiale delle bambine che ricorre domani, presso la Sala della Regina di Palazzo Montecitorio. Il report accende i riflettori sulla drammatica condizione delle bambine e delle ragazze in Italia e nel mondo e sottolinea la necessità di garantire loro maggiore protezione anche nel nostro Paese.

 Nel 2018 un terzo delle vittime ha subìto reati all’interno della famiglia, proprio nel contesto che più dovrebbe proteggerle. I maltrattamenti in famiglia, con 1.965 vittime (il 52,47% femmina) sono cresciuti del 14% e l’abuso dei mezzi di correzione (con 374 vittime) è salito del 7% rispetto all’anno precedente.

La violenza sessuale è il secondo reato in termini di vittime: 656 nel 2018, l’89% bambine e ragazze. A queste vanno aggiunte le vittime di violenza sessuale aggravata, che ha visto lo scorso anno 383 vittime, l’84% femmine.

In entrambi i casi si registra un calo contenuto (rispettivamente -6% e -1%), che solo in parte bilancia l’enormità del numero delle vittime. In diminuzione anche le vittime legate alla prostituzione minorile (-3%, per il 64% femmine), mentre cresce del 3% il numero di minori vittime di pedopornografia: in tutto 199, per l’80% bambine e ragazze. I minori vittime di omicidio nel 2018 sono stati 16, di cui la metà erano femmine. Il dato è in calo del 27% rispetto al 2017, quando erano stati uccisi 22 minori.

www.agensir.info/quotidiano/2019/10/10/reati-contro-minori-terre-des-hommes-nel-2018-in-italia-quasi-6mila-vittime-3-rispetto-al-2017-un-terzo-in-famiglia-14

 

Minori migranti

Aumenta il numero di minori stranieri non accompagnati che provano ad entrare e a rimanere nello spazio Ue. Per garantire la piena applicazione delle regole internazionali esistenti a tutela dei minori e assicurare il rispetto del diritto dell’Unione, l’Agenzia europea per i diritti fondamentali ha pubblicato, a settembre 2019, un manuale dal titolo “Returning unaccompanied children: Fundamental Rights Considerations” (fra-2019-returning-unaccompanied-children_en). In molti casi – scrive l’Agenzia Ue – il ritorno dei minori nel Paese di origine pone diversi problemi connessi al rispetto dei diritti umani ed è indispensabile che le autorità nazionali si attengano non solo alla direttiva 2018/115 recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, ma anche alla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo del 1989.

E’ l’Afghanistan il Paese dal quale arriva il più alto numero di minori non accompagnati nello spazio Ue. Gli Stati membri, nell’adozione di ogni decisione, devono tener conto dell’interesse superiore del minore in linea con la Convenzione ONU e con l’articolo 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Un intero capitolo del volume è dedicato agli elementi da considerare per valutare l’interesse superiore del minore che, in ogni caso, impone un esame caso per caso.

www.marinacastellaneta.it/blog/consiglio-deuropa-un-manuale-per-i-professionisti-sui-minori-migranti-e-il-diritto-ad-essere-informati-dei-propri-diritti-council-of-europe-handbook-on-children-in-migration-and-the-right-to-be-i.html

Marina Castellaneta               11 ottobre 2019

www.marinacastellaneta.it/blog/lagenzia-ue-per-i-diritti-fondamentali-sul-rimpatrio-dei-minori-stranieri-non-accompagnati-the-european-union-agency-for-fundamental-rights-on-the-returning-of-unaccompanied-children.html

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RIFUGIATI

La detenzione per l’omosessualità prevista nel Paese di origine è un atto di persecuzione

Se chi richiede lo status di rifugiato rischia di essere sottoposto a persecuzione nel Paese di origine a causa del suo orientamento sessuale, le autorità nazionali sono tenute a concedere lo status. Lo ha precisato la Corte di Cassazione, prima sezione civile, con ordinanza n. 21262, depositata il 9 agosto 2019, con la quale è stato accolto il ricorso presentato da un cittadino nigeriano che si era visto respingere il riconoscimento dello status di rifugiato, nonché l’ammissione alla protezione sussidiaria e umanitaria (21262). L’uomo aveva presentato l’istanza sostenendo che la relazione omosessuale, in Nigeria, è un crimine punito con una pena detentiva, da assimilare a una sanzione discriminatoria e a una persecuzione. Tuttavia, la sua domanda era stata respinta e, quindi, l’uomo aveva impugnato la decisione della Corte di appello di Catania in Cassazione, che gli ha dato ragione.

Per la Suprema Corte, i giudici di merito non hanno verificato, anche in via ufficiosa, le conseguenze che la relazione omosessuale avrebbe potuto avere nel Paese di origine del richiedente. La Corte di giustizia dell’Unione europea – osserva la Cassazione – sin dalla sentenza del 7 novembre 2013, nella causa C-199/12, interpretando la direttiva 2004/83, ha rilevato che una legislazione simile a quella nigeriana può costituire un atto di persecuzione e, di conseguenza, i giudici nazionali sono tenuti a un attento scrutinio dei fatti e a un esame delle disposizioni legislative e regolamentari dello Stato. Di qui l’annullamento della pronuncia dei giudici di merito e il rinvio alla Corte di appello di Catania per una nuova decisione.

Arina Castellaneta, professore ordinario di diritto internazionale         7 ottobre 2019

http://www.marinacastellaneta.it/blog/rifugiato-la-detenzione-per-lomosessualita-prevista-nel-paese-di-origine-e-un-atto-di-persecuzione-refugee-status-imprisonment-in-the-country-of-origin-for-homosexual-acts-may-constitute-an-act.html

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SALUTE

Disagio mentale.

In Italia circa 2,8 milioni di persone mostrano sintomi depressivi e la metà ha sintomi di disturbi maggiori. I dati diffusi dall’Osservatorio sulla salute delle regioni nella Giornata mondiale per la salute mentale. Walter Ricciardi: “Occorre rafforzare assistenza primaria e rapporti ospedale-territorio, ma anche integrazione tra servizi sanitari e sociali”. E la prevenzione deve partire dalla scuola

Ieri, Giornata mondiale per la salute mentale, la Who (World Health Organization – Organizzazione mondiale della sanità) ha segnalato che sarà questa la vera emergenza sanitaria dei prossimi anni, mentre già oggi la forma più diffusa di disagio psichico – la depressione – colpisce oltre 300 milioni di abitanti del pianeta. Nel frattempo, l’Istituto nazionale di statistica-European health interview survey-Ehis ha fatto sapere che in Italia 2,8 milioni di persone, ossia il 5,6% della popolazione di età superiore a 15 anni, presenta sintomi depressivi, dei quali 1,3 milioni con sintomi del disturbo depressivo maggiore.

            Il disagio mentale, conferma l’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane, sta acquisendo sempre maggiore rilevanza a livello nazionale, coinvolgendo una sempre più ampia fetta di popolazione, specie tra gli anziani (su cui grava sempre di più anche il peso della malattia di Alzheimer) e le fasce più deboli della popolazione dal punto di vista economico e sociale, assorbendo risorse del sistema sanitario, nonché gravando su società e famiglie. Nel suo focus sul disagio mentale, il citato Osservatorio che opera all’interno di Vithali spin off dell’Università Cattolica presso il campus di Roma, informa che la depressione aumenta con l’età: dal 2,2% nella fascia 15-44 anni al 19,5% tra gli ultra 75enni. Ne sono più colpite le donne: tra le over 75 anni quasi una su quattro soffre di sintomi depressivi (23,0%) a fronte del 14,2% tra gli uomini.

            A soffrirne di più i residenti al Centro e al Sud, in particolare in Umbria (9,5%) e Sardegna (7,3%). Gli over 35 più vulnerabili sul fronte socio-economico presentano un’incidenza doppia rispetto ai coetanei con titoli di studio più elevati.

            Cresce di conseguenza il consumo di antidepressivi mentre le persone affette da depressione e ansia cronica grave fanno ricorso più frequentemente alle cure dei medici di medicina generale e degli specialisti. Nel 2016, secondo stime del ministero della Salute, la spesa sostenuta per l’assistenza sanitaria territoriale psichiatrica ammonta a 3,6 miliardi di euro, con una incidenza sulla spesa sanitaria pubblica totale pari al 3,2%. In termini pro capite, si sono spesi in media 71 euro per ogni residente di età maggiore di 18 anni. La regione che destina la quota più bassa di risorse è la Basilicata: 42 euro contro i 145 (quota più alta in assoluto) della Provincia autonoma di Trento. La spesa sostenuta per l’assistenza psichiatrica è assorbita per il 47,9% dalle prestazioni ambulatoriali e domiciliari, il 39,0% dall’assistenza residenziale e il restante 13,1% da quella semi-residenziale.

            “Il Servizio sanitario nazionale – sostiene Walter Ricciardi, ordinario di igiene generale e applicata all’Università Cattolica e direttore dell’Osservatorio – ha di fronte una nuova sfida con la quale misurarsi e tra le possibili strategie di intervento sicuramente va annoverato il rafforzamento dell’assistenza primaria e dei rapporti ospedale-territorio”. Per l’esperto, sarà inoltre necessaria “una maggiore integrazione tra servizi sanitari e sociali, insieme ad una migliore differenziazione dell’offerta sulla base dei bisogni dei pazienti, riducendo i troppi letti in residenze e comunità”, spostando i fondi “verso i servizi di comunità” e “aiutando le persone a restare nel proprio ambiente di vita”.

 “Oltre alle attività di cura e assistenza delle persone affette da depressione – aggiunge Alessandro Solipaca, direttore scientifico dell’Osservatorio – sarà importante attivare azioni efficaci nell’ambito della prevenzione primaria, per esempio attraverso progetti nelle scuole per individuare i soggetti a rischio ed intervenire precocemente, e attraverso un’attenzione particolare alle fasce di popolazione più anziane, le più a rischio, con programmi finalizzati a incrementare l’attività fisica e ridurre l’isolamento sociale”.

Giovanna Pasqualin Traversa    Agenzia SIR    11 ottobre 2019

https://agensir.it/italia/2019/10/11/disagio-mentale-quasi-3-milioni-di-italiani-con-sintomi-depressivi-soprattutto-al-sud-piu-colpiti-donne-e-anziani/

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SINODO

6 cose che distinguono il Sinodo per l’Amazzonia dagli altri Sinodi

Sono emerse dalla relazione del Segretario, il cardinale Baldisseri: dall’ “impatto zero”, alle conferenze episcopali, dai “pre-eventi” al carattere “speciale”

            Sei caratteristiche che differenziano questo Sinodo per l’Amazzonia dalle altre assemblee sinodali. Le ha spiegate il cardinale Lorenzo Baldisseri, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, durante la prima Congregazione Generale dell’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per la Regione Panamazzonica.

Mentre nel corso di questa Congregazione, Papa Francesco ha riportato consigli e suggerimenti pratici ai Padri Sinodali, per incanalare la discussione nel rispetto dell’identità dei popoli dell’Amazzonia, Baldisseri ha evidenziato quegli aspetti che rendono unico questo Sinodo.

  1. E’ una Assemblea Speciale. Questa Sinodo è una Assemblea Speciale, una tipologia di Sinodo che, secondo la Costituzione Apostolica Episcopalis Communio, è convocata in Assemblea Speciale, per “trattate materie che riguardano maggiormente una o più aree geografiche determinate” (Art. 1, 3).

Le peculiarità di un’Assemblea Speciale riguardano due aspetti: i criteri di partecipazione, e la modalità delle tre fasi sinodali: la preparatoria, la celebrativa e l’applicativa. Per quanto riguarda i criteri di partecipazione, essi sono stabiliti in analogia con gli altri tipi di Assemblee sinodali, ma tenendo conto della specificità geografica, culturale ed ecclesiale dell’area in questione, in questo caso l’ampia regione denominata Panamazzonia. Ogni Assemblea Speciale, pur riguardando un’area geografica specifica, è sempre un Sinodo che interessa la Chiesa Universale. Per questo motivo, la partecipazione è stata allargata a Presuli provenienti da altre Chiese particolari e organismi ecclesiali regionali nonché continentali.

2) Non tutti i Padri provengono dall’Amazzonia. Complessivamente, prendono parte a questo Sinodo 185 Padri sinodali: 137 ex officio, di cui 113 dalle circoscrizioni ecclesiastiche Panamazzoniche. Dato che la Regione Panamazzonica si estende nel territorio di nove Nazioni (Guyana francese, Repubblica cooperativista della Guyana, Surinam, Venezuela, Colombia, Ecuador, Brasile, Bolivia, Perù), i Padri sinodali ex officio che provengono da quella Regione appartengono a 7 Conferenze Episcopali: Antille, Venezuela, Colombia, Ecuador, Brasile, Bolivia, Perù.

3) I tre “pre-eventi”. Il Sinodo si colloca al termine di un lungo cammino, iniziato con la decisione del Santo Padre, il 15 ottobre 2017, di convocare un Sinodo dei Vescovi sul tema: “Amazzonia, nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale”. Qualche mese dopo l’indizione dell’Assemblea sinodale. Il materiale, giunto da questa ampia consultazione, è stato oggetto di attento studio e classificazione da parte della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi che, con l’aiuto di esperti qualificati ha proceduto alla stesura di un progetto di Documento di lavoro.

Sono emerse dalla relazione del Segretario, il cardinale Baldisseri: dall’ “impatto zero”, alle conferenze episcopali, dai “pre-eventi” al carattere “speciale”. Fanno parte del cammino sinodale anche tre significativi eventi che hanno avuto luogo nella fase preparatoria, i cui risultati sono stati opportunamente integrati nella redazione dell’Instrumentum laboris.

  1. Il primo di questi eventi è stato l’incontro della REPAM (Rete Ecclesiale Panamazzonica) con la Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi nei giorni 14 e 15 novembre 2018, a Manaus, in Brasile. Allora sono stati raccolti i risultati emergenti dello svolgimento delle Assemblee Regionali celebrate in tutto il territorio amazzonico e si sono profilati chiaramente alcuni aspetti, tra cui: la presa di coscienza del fatto che l’Amazzonia è una realtà non solo geografica ma anche politica, sociale, economica e culturale; (…) la visione dell’ecologia integrale non solo come difesa ma anche come promozione dei popoli e della Casa comune.
  2. Il secondo evento importante nella fase preparatoria è stato il Seminario di studi organizzato a Roma dalla Segreteria Generale dal 25 al 27 di febbraio del corrente anno sul tema: “Verso il Sinodo Speciale per l’Amazzonia: dimensione regionale e universale”.
  3. Il terzo evento nel cammino verso il Sinodo Panamazzonico è stato la Conferenza Internazionale celebrata a Washington per affrontare il tema “L’Ecologia integrale come risposta sinodale dalla regione amazzonica e altri biomi e territori per la cura della nostra casa comune”.

4. La “bussola” e il Documento. Nelle tre settimane dei lavori l’Instrumentum laboris costituirà il punto di riferimento e la base necessaria della riflessione e del dibattito sinodale e non un testo da emendare. La sua funzione finisce con l’elaborazione del Documento finale, che raccoglierà i risultati raggiunti da quest’Assemblea e dall’intero processo sinodale.

Il Calendario prevede che le Congregazioni generali si alternino con i Circoli minori. Conclusi gli interventi in Aula e il lavoro dei Circoli minori inizia il processo di elaborazione del Progetto del Documento finale, che prevede la raccolta di tutto quanto è stato esposto in Aula, ma anche e soprattutto, la sintesi dei contributi che ogni Circolo presenterà nella propria lingua.

            Il Documento finale del Sinodo, nella sua stesura definitiva, sarà presentato in Aula la mattina di venerdì 25 ottobre in modo che rimanga un congruo tempo per la lettura individuale del testo. Infine, nell’ultima Congregazione generale, nel pomeriggio di sabato 26 ottobre, si procederà alla votazione del Documento finale e alla chiusura dei lavori.

5) Pagina multilingue. Sin dall’inizio della preparazione del Sinodo Panamazzonico, la Segreteria Generale ha aperto una pagina web multilingue con diverse informazioni non solo circa l’Assemblea Speciale – documenti sinodali come il Documento Preparatorio con il Questionario e l’Instrumentum laboris – ma anche con abbondante materiale riguardante l’evento sinodale: articoli, videos, interviste, ecc. Inoltre, si condividono le tematiche di questo Sinodo attraverso la diffusione di contenuti in reti sociali attive focalizzate in questa Assemblea Panamazzonica. Si suggerisce anche di adoperare l’hashtag #SinodoAmazonico per tutte le lingue, in modo di poter avere un panorama informativo più ampio sul Sinodo.

6) Sinodo ad “impatto zero”. La Segreteria Generale ha messo in atto in occasione di questo Sinodo – che tra l’altro ha l’ecologia come uno dei suoi assi tematici – alcune iniziative che intendono favorire la sostenibilità ambientale allo scopo di preservare l’inquinamento e salvaguardare la Casa comune.

In particolare, si vuole realizzare un gesto simbolico e concreto dal punto di vista ecologico. Si vorrebbe che questo sia un “Sinodo ad impatto zero”. Sulla base dei calcoli effettuati, s’intende compensare le emissioni di 572.809 kg di CO2 (438.373 kg per i viaggi aerei e 134.435 kg le altre attività) generate dai consumi di energia, di acqua, dall’allestimento, dalla mobilità dei partecipanti, dalla produzione di rifiuti e di materiali promozionali, con l’acquisto di titoli di forestazione per il rimboschimento di un ‘area di 50 ettari di foresta del bacino Amazzonico.

Gelsomino Del Guercio          Aleteia 7 ottobre 2019

https://it.aleteia.org/2019/10/07/6-punti-essenziali-sinodo-amazzonia/?utm_campaign=NL_it&utm_source=daily_newsletter&utm_medium=mail&utm_content=NL_it

 

Il passato non pregiudica il futuro. Laici e donne nel cammino sinodale

L’opinione della teologa dogmatica Julia Knop (titolare della cattedra di dogmatica alla facoltà teologica cattolica dell’Università di Erfurt) sulla richiesta di diritto di voto per le donne nel sinodo per l’Amazzonia. A questo sinodo prendono parte anche 35 donne. Alcuni vescovi vogliono ora concedere loro diritto di voto. È realistico e quali conseguenze avrebbe questo sulla Chiesa universale?

Dal Vaticano arrivano attualmente titoli da prima pagina dal Sinodo per l’Amazzonia. Solo i vescovi vi hanno diritto di voto – in fondo è un sinodo dei vescovi. Ci sono però già state delle eccezioni, ad esempio per i superiori delle congregazioni religiose. Un gruppo di vescovi ora si è espresso a favore del diritto di voto anche per le donne nel sinodo dei vescovi in Vaticano. Che cosa ne pensa?

 Lo trova meraviglioso. Ed è veramente una questione di principio. Dal modo in cui si affronta questa richiesta e dalla decisione che si prenderà, dipendono molte cose. L’origine del problema è stato, se ricordo bene, il fatto che nel sinodo per i giovani nel 2018, due religiosi – quindi non uomini ordinati – avevano avuto diritto di voto. In questo modo era stato violato il principio secondo cui la consacrazione (a vescovo) era presupposto per il potere di decisione nella Chiesa. Dei laici maschi erano stati equiparati ai sinodali. La motivazione era interessante: “perché non siano discriminati”. Questa è una prospettiva nuova. Perché la discriminazione, sia genericamente per i laici o specificamente per le donne, è una categoria che nella Chiesa cattolica romana ufficialmente non è rilevante. Viene sempre detto: la disuguaglianza determinata dalla differenza di genere, che indubbiamente abbiamo, non è affatto una discriminazione, perché le donne sono qualcosa di totalmente diverso dai maschi. Nei confronti dei due partecipanti al sinodo non ordinati si è voluto superare la discriminazione. Sarebbe assurdo mantenere l’equiparazione solo per i laici maschi, una volta che il principio del presupposto dell’ordinazione è stato violato. Se dei laici maschi possono partecipare alle decisioni, devono poterlo fare anche le donne che partecipano al sinodo. In questo modo sarebbe compiuto un passo fondamentale, una scelta di principio. Sarebbe superata l’esclusione dei laici dal modello di Chiesa, indipendentemente dal loro genere. Uomini e donne sarebbero finalmente equiparati, per quanto riguarda la loro partecipazione alla gestione della Chiesa. A quel punto naturalmente ci si dovrebbe interrogare su ulteriori conseguenze.

Lei è una teologa dogmatica. Che cosa possono ottenere le donne e che cosa no?

Non è una domanda a cui si possa rispondere dal punto di vista dogmatico. È una questione di sviluppo storico e di adattamento all’interno della Chiesa. Abbiamo avuto delle forme di strutturazione molto diverse nella Chiesa. L’idea che il modo di intendere il magistero sia sempre stato lo stesso non è affatto vera. Bisogna considerarlo molto differenziato storicamente e dogmaticamente. Ad esempio, in altre epoche abbiamo avuto delle badesse che avevano dei poteri molto maggiori rispetto ad oggi. Le cariche ecclesiali cambiano – anche attraverso esperienze fatte in particolari contesti sociopolitici. Ciò che sarà possibile in futuro non deve necessariamente essere già stato in passato. E ciò che c’era in passato non verrà necessariamente trasferito nel futuro. Il passato non deve pregiudicare il futuro. Io vorrei davvero considerare con serenità l’aspetto storico. Inoltre dobbiamo seguire una pista in cui conta l’argomentazione, la competenza teologica, non semplicemente l’autorità formale o la costruzione di una ininterrotta continuità, che non c’è stata né nella realtà né nella dottrina.

In Germania si sta pianificando il “Cammino sinodale”. Il cardinal Marx ha presentato da poco a Monaco la sua nuova responsabile dell’amministrazione. Questo va nella giusta direzione, ai suoi occhi?

Nella giusta direzione, certo. Credo che siamo sulla buona strada. Vedo buona volontà in molte persone. Tuttavia non è con qualche nuova nomina di donne o con la creazione di qualche nuovo impiego che si annullerà la fondamentale, strutturale ingiustizia nella Chiesa. Rimane il sospetto che tali “incarichi per le donne” servano solo per placare gli animi… “Facciamo qualcosa, quello che possiamo”. Ma resta irrisolta la fondamentale questione della equiparazione di genere nella Chiesa, che ha molto a che fare con la credibilità che la Chiesa ha ancora nel XXI secolo. Lo si vede anche dalle reazioni di molti vescovi allo sciopero delle donne, Maria 2.0[Per sette giorni non hanno più messo piede in chiesa.] A protestare sono donne molto impegnate, donne che vengono dal cuore della Chiesa. Non sono quelle che erano comunque sempre contro o provocavano scontri. Sono le donne che portano il peso della vita delle parrocchie. Qui si mostra il sensus fidelium in maniera più che evidente. Ciò che abbiamo sentito dire a proposito di Maria 2.0 era in linea generale solo un giudizio. Si rivendicava autorità – gerarchia in giudizio – ed hanno chiesto: “Ma è una cosa cattolica? È lecito che facciano questo? È una giusta interpretazione di Chiesa, di celebrazione, di Maria?”. In questo mondo, a mio avviso, non si è ancora capita la giusta rivendicazione delle donne.

Detto in maniera un po’ troppo “superficiale”: hanno sentito il botto?

Hanno sentito il botto, ma la reazione è stata piuttosto “perplessa”. Si può anche semplicemente non reagire a un botto. Si potrebbe continuare a lasciarsi trascinare da umori e atmosfere. Non è un buon modo per preparare un nuovo orientamento meditato e realizzabile. Ma il “cammino sinodale” potrebbe essere una buona opportunità, perché lì ci si parla in maniera strutturata e si affrontano argomenti in una composizione equilibrata, nella quale tutto lo spettro delle posizioni può essere espresso. Ci si prende anche un tempo sufficiente per fare insieme nuovi passi e poi procedere a degli sviluppi.

 Il “cammino sinodale” viene criticato dall’estero, anche dal Vaticano. In linea generale, sembra che la critica sia – detto in maniera “sbrigativa” -: “Non si può lasciare a laici, anche donne, la possibilità di decidere su fondamentali questioni di fede”. Come valuta questo?

Questo è un riflesso tipicamente romano cattolico, secondo cui non si pensa in primo luogo in base a qualificazioni e competenze, le quali, com’è noto, non sono assegnate in base al genere, ma per un principio di autorità. Se si ragiona così, è una posizione assolutamente conseguente. Ma le cose devono essere analizzate teologicamente e possono anche essere, con buona ragione, criticate. Inoltre abbiamo ampie esperienze sinodali in altre Chiese, nelle quali il potere decisionale non è ristretto come nella Chiesa romano-cattolica a titolari di incarichi magisteriali – del resto è così anche in Chiese che hanno una concezione sacramentale del magistero, ad esempio nella Chiesa vetero-cattolica o nella Chiesa anglicana. Ci sono quindi esempi ecumenici, opzioni, da cui la Chiesa cattolica potrebbe imparare. E naturalmente un processo decisionale ecclesiale è sempre ben incanalato, se il criterio centrale di tale processo è la competenza e non semplicemente l’autorità formale.

Intervista a Julia Knop, a cura della Redazione in “www.domradio.de” del 10 ottobre 2019

 (traduzione: www.finesettimana.org)                                                                                  

www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt201910/191011knoredazionedomradio.pdf

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