NewsUCIPEM n. 746 – 24 marzo 2019

NewsUCIPEM n. 746 – 24 marzo 2019

Unione Consultori Italiani Prematrimoniali E Matrimoniali

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“Notiziario Ucipem” unica rivista ufficiale – registrata Tribunale Milano n. 116 del 25.2.1984

Supplemento on line. Direttore responsabile Maria Chiara Duranti. Direttore editoriale Giancarlo Marcone

News gratuite si propongono di riprendere dai media e inviare informazioni, di recente acquisizione, che siano d’interesse per gli operatori dei consultori familiari e quanti seguono nella società civile e nelle comunità ecclesiali le problematiche familiari e consultoriali.

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01 ABORTO                                                       Ultime sentenze.

03 ADDEBITO                                                    Separazione con addebito tradimento: ultime sentenze.

05 ADOZIONI A DISTANZA SAD                 Nuove linee guida della cooperazione per minori: il ruolo del SAD.

05 ADOZIONI INTERNAZIONALI                               Bulgaria. 13mila bambini abbandonati, ma adozioni diminuiscono.

06                                                                          Perù. Ai.Bi. riaccreditata in via definitiva.

07 AFFIDO CONDIVISO                                 Affidamento del minore a un solo genitore: quando e perché.

09 ASSEGNO DIVORZILE                              Tornano in Parlamento le nuove norme sull’assegno di divorzio.

11 ASSOCIAZIONI – MOVIMENTI             AICCeF. L’intervento di Rita Roberto al Convegno CIPRA

11                                                                          MPV. Un impegno al centro della società.

12 CENTRO INTERN. STUDI FAMIGLIA   Newsletter CISF – n. 11, 20 marzo 2019.

14 CENTRO ITALIANO SESSUOLOGIA     Educazione sessuale 3.0 (riservato agli insegnanti).

14 CHIESA CATTOLICA                                  Il “Me Too delle donne: quando il potere maschile è sacro.

15                                                                          Chiesa: Vergottini (teologo), “è molto più di una democrazia”

16 CONFERENZA EPISCOPALE ITAL.        Bassetti: per cattolico è immorale vedere nel migrante un nemico.

18 CONGEDI PARENTALI                          Gli aspetti principali in una sintesi aggiornata, le novità 2019

21                                                                          Come prolungare maternità fino al settimo mese.

24 CONGRESSI–CONVEGNI–SEMINARI                Verona.Parolin: famiglia, d’accordo nella sostanza non su modalità

25 CONSULTORI UCIPEM                            Cremona. Iniziative x genitori d’adolescenti,x mamme con cesareo

25 DALLA NAVATA                                         3° Domenica di Quaresima- Anno C – 24 marzo 2019.

25                                                                          Quell’invito a cambiare rotta su ogni fronte.

26 DIRITTO DI FAMIGLIA                             Danno endofamiliare: da privazione della figura genitoriale.

27 FAMIGLIA                                                    Nuovo Osservatorio: “Famiglia nella cabina di regia della storia”.

28 FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI    Educazione alla cittadinanza digitale per scuola del terzo millennio

29 MIGRANTI                                                   “Lettera” di Don Ciotti che smonta i pregiudizi di Vladimiro Polchi.

29 PARLAMENTO                                            Senato della Repubblica–Commissione Giustizia– DDL 950.

29 REVERSIBILITÀ                                           Reversibilità alla moglie anche senza mantenimento

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ABORTO

Aborto: ultime sentenze

  1. Risultati dell’amniocentesi: escludono l’indagine sulla responsabilità del sanitario? I risultati dell’esame di amniocentesi – anche qualora ininfluenti sulla possibilità di abortire – al contrario certamente incidono sulla possibilità della madre di acquisire consapevolezza su ciò che accadrà, modificare gradualmente le proprie aspettative e prepararsi psicologicamente anche eventualmente ricorrendo ad adeguato supporto psicologico al fine di affrontare più saldamente l’attendibile percorso di accettazione e preparazione all’accoglimento del neonato e così calmierare l’eventuale impatto psicologico della notizia. Ciò comporta che sia comunque necessario accertare se effettivamente il sanitario abbia condotto con diligenza e perizia la propria prestazione, e se abbia correttamente informato la paziente sulla metodologia usata e sul grado di certezza raggiungibile scientificamente. Tribunale Roma sez. XIII, 02/08/2018, n.16044.
  2. Mancato accertamento della malformazione del feto, scelta abortiva e responsabilità dei sanitari. Essendo state provate le rilevanti possibilità di accertamento diagnostico anche i fini di un aborto terapeutico oltre i 90 giorni; il collegamento eziologico fra l’omesso accertamento della malformazione e l’impossibilità per la madre di optare una legittima scelta ai fini dell’interruzione della gravidanza in atto; le mancate informazioni ai genitori sui limiti o il grado tecnico di approssimazione degli accertamenti strumentali effettuati, non consentendo loro anche scelte trattamentali alternative (intervento chirurgico in utero la cui possibilità non è stata esclusa in termini assoluti e documentati); va riconosciuta agli appellanti la risarcibilità del danno per le conseguente conduzione di una vita con disagi e sofferenze evitabili. La liquidazione di un tale danno è necessariamente equitativa quanto ad intensità della connessa sofferenza morale, ai pregiudizi derivanti dalla perdita di un figlio, perché, come questi, sono espressione di una irreparabile menomazione del rapporto parentale. Corte appello Ancona sez. I, 27/04/2018, n.533.
  3. Omessa informazione sulle condizioni del feto. In tema di pregiudizi da nascita indesiderata è necessario verificare preventivamente la responsabilità contrattuale del medico per l’omessa informazione alla gestante e la conseguente violazione della libertà di autodeterminazione della puerpera, non idoneamente informata, che si è vista sottrarre la possibilità di interrompere la gravidanza. Posta nell’alveo contrattuale la responsabilità del medico, la gestante deve in pratica concentrare i propri sforzi probatori sul quantum del pregiudizio sofferto (una volta dimostrato che, al momento della diagnosi, sussistevano le condizioni dell’aborto terapeutico). Corte appello Roma sez. III, 28/07/2017, n.5179.
  4. Accesso delle coppie fertili alla procreazione assistita. La gravità della patologia genetica che rappresenta uno dei requisiti per la liceità dell’accesso delle coppie fertili alla procreazione medicalmente assistita previa diagnosi preimpianto deve essere valutata alla stregua del criterio di gravità di cui all’art. 6, L. n. 194/1978. In particolare, tale disposizione, per giustificare l’interruzione volontaria di gravidanza dopo i primi novanta giorni di gestazione, richiede che le patologie del nascituro siano state accertate, nonché siano rilevanti, e che il pericolo per la salute fisica o psichica della donna sia “grave”, così da giustificare l’aborto (nel caso di specie, è stato ritenuto che, nell’ipotesi in cui l’embrione fosse effetto dalla patologia osteocondromi multipli ereditari, cd. HMO, ereditata dal padre, sussisterebbe il serio pericolo per la salute psichica della madre, tale da giustificare l’accesso alla procreazione medicalmente assistita, previa diagnosi preimpianto). Tribunale Milano sez. I, 18/04/2017.
  5. Mancanza di una mano: è una malformazione rilevante ai fini dell’aborto terapeutico? La mancanza di una mano non è una malformazione del nascituro così rilevante da mettere in serio pericolo la salute fisica e psichica della madre. Di conseguenza, non è possibile ottenere il risarcimento del danno da parte dei medici per non aver rilevato l’assenza dell’arto con l’ecografia morfologica, comunque effettuata dopo il novantesimo giorno. Ad affermarlo è la Cassazione che ribadisce il principio per cui dopo i 90 giorni l’aborto è possibile solo se il pericolo per la vita della donna è “grave” e le malformazioni del nascituro sono “rilevanti”. Nel caso di specie, la mancanza di una mano non può considerarsi anomalia “rilevante” per la legge e l’handicap con il quale era nato il bambino non era idoneo a incidere sulla vita e sulla salute della madre. Cassazione civile sez. III, 11/04/2017, n.9251.
  6. Medico induce la donna ad abortire illegalmente. Integra il reato di concussione la condotta del medico in servizio presso il reparto di ginecologia di un ospedale, il quale, strumentalizzando la propria posizione in ambito ospedaliero (era uno dei sanitari non obiettori in servizio presso l’ambulatorio di interruzione volontaria della gravidanza), con la prospettazione di lungaggini nella pratica standard e ostacoli organizzativi, induca le donne gravide, che avevano necessità di abortire in tempi contenuti, a un aborto illegale a pagamento presso il proprio studio. Cassazione penale sez. VI, 15/11/2016, n.53444.
  7. Istanza di aborto della minorenne. Qualora la minore, intenzionata a interrompere volontariamente la gravidanza, non compaia innanzi al giudice tutelare per essere sentita ai sensi dell’art. 12 l. 194/1978, non è possibile verificare la effettiva consapevolezza in capo alla stessa della scelta di abortire, con la conseguenza che la relativa istanza andrà rigettata. Tribunale Mantova, 29/02/2016.
  8. Nascita indesiderata e diritto della madre a non procreare. In tema di omessa informazione medica sulla sussistenza delle condizioni che legittimano l’interruzione volontaria della gravidanza ex art. 6 L. n. 194 del 1978, la madre è onerata della prova controfattuale della volontà abortiva, ma può assolvere il relativo onere mediante presunzioni semplici. Cassazione civile sezioni unite, 22/12/2015, n.25767.
  9. Omesso o mal riuscito intervento di sterilizzazione richiesto dalla partoriente. In tema di risarcimento del danno per la nascita indesiderata di un figlio a seguito di omesso o mal riuscito intervento di sterilizzazione, correttamente richiesto dalla partoriente, ai fini dell’art. 1227, comma 2, c.c. l’ordinaria diligenza è da intendersi nell’ambito di attività o scelte che non abbiano carattere di eccezionalità o comportino rischi o sacrifici, pertanto al fine di evitare i danni conseguenti alla mancata esecuzione della sterilizzazione, non esiste alcun obbligo della donna a sottoporsi a interruzione volontaria di gravidanza comportando l’aborto un sacrificio alla salute e alla libertà di autodeterminarsi della madre. Tribunale Reggio Emilia sez. II, 07/10/2015, n.1298.
  10. 10.  Aborto: intervento pericoloso per la salute della donna. Gli art. 1, commi 1 e 2, e 4 comma 1, L. 19 febbraio 2004 n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita) sono incostituzionali, per violazione degli art. 3 e 32 cost., nella parte in cui non consentono l’accesso alla procreazione medicalmente assistita e, dunque, alla diagnosi e selezione preimpianto a coppie fertili che possono invece ricorrere all’aborto — intervento più pericoloso per la salute della donna, e comunque comportante la soppressione del concepito — in quanto portatrici di malattie genetiche trasmissibili, rispondenti ai criteri di gravità di cui all’art. 6, comma 1, lett. b), L. 22 maggio 1978 n. 194 (Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza), accertate da apposite strutture pubbliche. Corte Costituzionale, 05/06/2015, n.96

L’esperto La legge per tutti       20 marzo 2019

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ADDEBITO

Separazione con addebito tradimento: ultime sentenze

La violazione dell’obbligo di fedeltà determina l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza. In sede di separazione, è necessario provare l’esistenza del nesso di causalità tra l’infedeltà e la crisi del rapporto di coppia per giustificare l’addebito al coniuge responsabile, a meno che quest’ultimo non dimostri che l’adulterio non sia stato la causa della crisi familiare, in quanto la convivenza era ormai diventata da tempo meramente formale.

  1. L’adulterio giustifica l’addebito al coniuge responsabile? In tema di separazione giudiziale dei coniugi, si presume che l’inosservanza del dovere di fedeltà, per la sua gravità, determini l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, giustificando così, di per sé, l’addebito al coniuge responsabile, salvo che questi dimostri che l’adulterio non sia stato la causa della crisi familiare, essendo questa già irrimediabilmente in atto, sicché la convivenza coniugale era ormai meramente formale. Tribunale Monza, 07/01/2019, n. 6.
  2. Separazione coniugale e violazione del dovere di fedeltà. In tema di addebito della separazione coniugale per violazione del dovere di fedeltà, le dichiarazioni rese dai figli spontaneamente o in sede di deposizione testimoniale da cui emerge da un lato, l’instaurazione di una relazione extraconiugale ad opera di uno dei genitori e, dall’altro, che i contrasti e le discussioni pesanti tra gli stessi avevano avuto avvio solo successivamente alla scoperta, da parte dell’altro coniuge, di detta relazione – escludendo, dunque, la preesistenza al tradimento di una crisi coniugale -, costituiscono prova efficace ed esauriente della violazione del dovere suddetto. Corte appello Cagliari sez. I, 16/10/2018, n.869.
  3. Come provare l’esistenza della crisi familiare? In tema di separazione giudiziale dei coniugi si presume che l’inosservanza del dovere di fedeltà, per la sua gravità, determini l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, giustificando così, di per sé, l’addebito al coniuge responsabile, salvo che questi dimostri che l’adulterio non sia stato la causa della crisi familiare, essendo questa già irrimediabilmente in atto, sicché la convivenza coniugale era ormai meramente formale. Ciò sta a significare che, a fronte della prova dell’adulterio, il richiedente l’addebito abbia assolto all’onere della prova su di lui gravante solo dando prova della condotta dell’altro coniuge, non essendo egli onerato anche della dimostrazione dell’efficienza causale dal medesimo svolta; spetta, di conseguenza, all’altro coniuge di provare, per evitare l’addebito, il fatto estintivo e cioè che l’adulterio sopravvenne in un contesto familiare già disgregato. Tribunale Modena sez. II, 13/07/2017, n.1248.
  4. Messaggi: sono prova dell’adulterio? In tema di separazione giudiziale dei coniugi, la prova dell’adulterio (nella specie, del marito) ben può fondarsi su messaggi (Sms) estratti dal telefono cellulare dell’uomo, di cui la moglie è entrata in possesso, essendo recessivo, rispetto al diritto di difesa in giudizio, quello alla inviolabilità della corrispondenza. Tribunale Roma, 17/05/2017.
  5. Addebito della separazione al coniuge infedele: cosa occorre provare? In tema di separazione giudiziale dei coniugi, ai fini dell’addebito della stessa al coniuge infedele, nonostante la violazione dell’obbligo di fedeltà costituisca senza alcun dubbio una violazione particolarmente grave, che determina l’intollerabilità della convivenza e rappresenta una circostanza idonea e sufficiente a determinare la pronuncia di addebito a carico del coniuge responsabile, si ritiene necessaria la sussistenza del nesso di causalità fra l’infedeltà e la crisi del rapporto di coppia. Infatti, non giustifica l’addebito della separazione l’accertamento della preesistenza di una crisi coniugale già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale. Ciò posto, nel caso di specie, il Tribunale ha pronunciato l’addebito nei confronti del marito in quanto era emerso in giudizio che, prima della scoperta del tradimento da parte di costui, il rapporto di coniugio non fosse già definitivamente compromesso e che la moglie credesse ancora di poter salvare l’unione. Tribunale Milano sez. IX, 19/06/2017, n.6831.
  6. Dissoluzione del consorzio familiare. Non ricorrano gli estremi per l’addebito della separazione ad entrambi i coniugi. Nel caso di specie, è risultato ben evidente che il marito non solo ha tollerato la infedeltà, ma ha addirittura voluto ricostruire l’unità familiare. Ed è evidente che in questo contesto è ontologicamente esclusa la possibilità che il tradimento abbia in qualche modo causato la dissoluzione del consorzio familiare. Nei confronti della moglie, le due sole testimonianze evidenziano circostanze in modo del tutto generico e che, al più, confermano la sussistenza di un clima di dissoluzione della consorteria e dell’affectio coniugalis, dovuta al reciproco allontanamento di entrambi i coniugi dai loro doveri coniugali. Tribunale Bari sez. I, 16/03/2016, n.1486.
  7. Volontà riconciliativa del coniuge tradito. In tema di separazione e addebito, una generica affermazione di volontà riconciliativa da parte del coniuge che ha subito il tradimento non elide, di per sé, la gravità del vulnus subito, a maggior ragione quando essa non determini un effettivo ristabilimento dell’armonia coniugale. Allorché, in presenza di una condotta univocamente trasgressiva e gravemente lesiva dei doveri coniugali, alla volontà di riconciliazione non corrisponde un positivo riscontro, si palesa come evidente la persistenza della situazione di crisi e la conseguente intollerabilità della convivenza. Cassazione civile sez. VI, 27/06/2013, n.16270.
  8. Sospetti di infedeltà e offesa all’onore. La relazione di un coniuge con estranei rende addebitabile la separazione ai sensi dell’art. 151 cod. civ. quando, in considerazione degli aspetti esteriori con cui è coltivata e dell’ambiente in cui i coniugi vivono, dia luogo a plausibili sospetti di infedeltà e quindi, anche se non si sostanzi in un adulterio, comporti offesa alla dignità e all’onore dell’altro coniuge. Cassazione civile sez. I, 12/04/2013, n.8929.
  9. Nesso causale tra crisi coniugale e tradimento. In tema di separazione tra i coniugi, l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, deve ritenersi, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, sempre che non si constati la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale mediante un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale. Tuttavia tale ultimo elemento non si ravvisa nel caso in cui, dalle risultanze probatorie, risulti che il coniuge abbia accolto la notizia del tradimento come un avvenimento del tutto inaspettato, a riprova del fatto che la vita coniugale fino a quel momento non aveva conosciuto una crisi e meno che mai che essa fosse stata palesata. Tribunale Milano sez. IX, 07/09/2012, n.9832.
  10. Deterioramento del rapporto tra coniugi. L’allontanamento dalla casa familiare, senza il consenso dell’altro coniuge e confermato dal rifiuto di tornarvi, costituisce violazione di un obbligo matrimoniale; conseguentemente è causa di addebitamento della separazione poiché porta all’impossibilità della coabitazione. Tuttavia, non sussiste tale violazione qualora risulti legittimato da una “giusta causa”, da ravvisare anche nei casi di frequenti litigi domestici della moglie con la suocera convivente e nel conseguente progressivo deterioramento dei rapporti tra gli stessi coniugi, e ciò anche in assenza di tradimento o di violenze da parte del marito. Cassazione civile sez. I, 24/02/2011, n.4540.
  11. 11.  Separazione giudiziale dei coniugi. In tema di separazione giudiziale dei coniugi, l’addebito non può essere pronunciato per condotte, pur di per sé integranti la violazione di diritti nascenti dal matrimonio, poste in essere da uno dei coniugi, successive però alla cessazione della convivenza, divenuta ormai intollerabile (nella specie, la separazione è stata pronunciata con addebito al marito per adulterio, che aveva determinato la cessazione della convivenza tra i coniugi, mentre è stato ritenuto irrilevante il successivo compimento, da parte della moglie, di condotte pur illegittime, avendo ella impedito gli incontri del marito con i figli minori ed essendosi la stessa impossessata di beni del marito medesimo). Corte appello Napoli, 02/11/2012.

L’esperto La legge per tutti  19 marzo 2019

www.laleggepertutti.it/278586_separazione-con-addebito-tradimento-ultime-sentenze

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ADOZIONI A DISTANZA SAD

Le nuove linee guida della cooperazione italiana per minori: il ruolo fondamentale del Sad

            Oggi, 22 marzo, la seconda delle quattro giornate del XIX Forum del Sostegno a Distanza “La solidarietà segna la storia”, si è discusso di Sud Italia, Sud del Mondo e solidarietà.

            Tanti i temi all’ordine del giorno: dalla necessità di una comunicazione nuova che sia coerente ai comportamenti, alla capacità di fare rete, dalla trasparenza alla rendicontazione fino alla reputazione, dalla capacità di generare futuro al rapporto con le istituzioni.

            Marzia Masiello, referente per le relazioni istituzionali di Ai.Bi. Amici dei Bambini, ha coordinato la sessione tematica dedica al SAD nella cooperazione da cui è scaturita la “Proposta per il contributo del sostegno a distanza nella cooperazione allo sviluppo a tutela dell’infanzia e dell’adolescente”, che sarà presentata nei prossimi giorni alla Viceministra per gli Affari Esteri e la Cooperazione Internazionale, Emanuela Del Re.

            E’ stata una sessione di confronto sull’importanza e le urgenze di rilanciare le Linee Guida della Cooperazione Italiana per l’Infanzia e l’Adolescenza, in coerenza con la nuova legge sulla cooperazione internazionale del 2014 e con l’Agenda 2030 del 2015.

            “Il gruppo di lavoro del Forum SAD ha ragionato su una proposta di documento che valorizzi il SAD come strumento sistemico nell’ambito delle Linee Guida della Cooperazione Italiana sui minori, ferme al 2012” ha commentato Marzia Masiello, referente per le relazioni istituzionali di Ai.Bi. – Associazione Amici dei Bambini.

            “Il percorso come Forum SAD in questa direzione è stato avviato nel 2018” – ha aggiunto Masiello – “in sinergia con il gruppo infanzia di AOI (Cooperazione e solidarietà internazionale) nell’ambito di un seminario dedicato al SAD e alle politiche per l’infanzia, che si è tenuto il 21 novembre 2018 scorso alla Farnesina“. “In quella sede Ai.Bi.” – spiega – ” evidenziò i tratti particolari del SAD: ruolo attivo dei cittadini, tutela dell’infanzia, coinvolgimento multilivello di famiglie, istituzioni, associazioni e la reciprocità nella relazione. Cornice storica e identità del SAD sono le Linee Guida del Sostegno a Distanza storicamente nate dall’Agenzia delle Onlus“.

            Tra le reti Associative che interverranno nella giornata di sabato, si attende l’intervento di Silvia Stilli, portavoce di AOI che dichiara “Già nei lavori avviati in collaborazione tra AOI e Forum SAD, in occasione dell’incontro alla Farnesina si parlò di come il SAD sia pronto per crescere e arricchire di ulteriore significato la cooperazione allo sviluppo. In tale ottica sarà essenziale valorizzare il sostegno a distanza come strumento di aiuto e sviluppo in favore dell’infanzia nell’ambito della cultura del Dono

News Ai. Bi. 22 marzo 2019

www.aibi.it/ita/rimini-xix-forum-sad-nuove-linee-guida-della-cooperazione-italiana-per-minori-il-ruolo-fondamentale-del-sostegno-a-distanza

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ADOZIONI INTERNAZIONALI

Bulgaria: 13mila i bambini abbandonati, ma le adozioni internazionali diminuiscono ogni anno.

            In Bulgaria i fondi europei per l’affido sono una manna per molte famiglie in cerca di soldi: accogliere è diventato un business (permanente) e pochi trovano una famiglia vera. Ma qualcuno ce la fa!

            E’ questa la conclusione alla quale giunge dopo Monica Ricci Sargentini in un’inchiesta per il Corriere della Sera “Cento Giorni in Europa, Sofia, Bulgaria. Bambini in attesa di una famiglia” pubblicata online e sul numero del Corriere oggi, 20 marzo 2019, in edicola.

www.corriere.it/elezioni-europee/100giorni/bulgaria/?refresh_ce-cp

            Nonostante più di 13 mila bambini senza famiglia le adozioni internazionali in Bulgaria diminuiscono di anno in anno, passando dalle 326 adozioni realizzate nel 2016 alle 306 nel 2017 fino alle 290 nel 2018. Anche i tempi delle procedure adottive si sono allungati.

            Con l’ingresso nell’Unione Europea, nel 2007, la Bulgaria ha beneficiato di diversi milioni di euro per avviare la chiusura degli orfanotrofi. Degli 80 istituti funzionanti nel 2010, oggi sono rimasti aperti solo 12 orfanotrofi e l’ultimo chiuderà nel 2025. Un ottimo risultato che ha, però, creato un’altra grande stortura nel sistema di protezione dell’infanzia bulgara fuori famiglia: i fondi europei, 136,5 milioni di leva solo per il periodo 2015-2020 (circa 70 milioni di euro), sono diventati un modo come un altro per combattere la disoccupazione, soprattutto nei piccoli villaggi dove i soldi che una famiglia riceve per accogliere un bambino in affido temporaneamente, circa 1100 leva al mese (550 euro), sono visti come una vera manna dal cielo.

            «È stato giusto togliere i bambini dagli Istituti — ha spiegato Krasimira Natan, avvocata appassionata, che lavora da 15 anni per Ai. Bi., intervistata da Monica Ricci Sargentini — infatti oggi il neonato (abbandonato) entra subito in una famiglia affidataria. Il problema è che rischia di rimanerci tutta la vita perché questo è diventato un lavoro».

            In Bulgaria ci sono 2.198 famiglie affidatarie che accolgono ogni anno più di 2 mila bambini. Famiglie che, spesso, vivono in villaggi a bassa densità di popolazione e con alto tasso di disoccupazione dove i bambini vengono scolarizzati per modo di dire. “Alcuni a 11-12 anni non sanno nemmeno leggere” – spiega Krasimira – “Per diventare genitori affidatari basta seguire un corso di 36 ore, avere due lettere di referenze, possedere una casa abbastanza grande e la fedina penale pulita. Non è previsto un limite d’età per chi accoglie. La legge prevede sei mesi di tempo per decidere se il piccolo può tornare nella famiglia d’origine o se deve essere adottato — ma poi può essere sufficiente un’ordinanza del ministero degli Affari Sociali per far slittare la decisione di adottabilità. Così il bambino diventa un ragazzo, si affeziona alla famiglia affidataria e non vuole più essere adottato.

            Se i tempi si allungano a dismisura l’adozione diventa tutta in salita: “L’anno scorso — aggiunge Krasimira – siamo riusciti a portare a termine l’adozione di una ragazzina di 16 anni che era stata abbandonata alla nascita. Sedici anni ci sono voluti! In un villaggio una donna di 72 anni ha tenuto una bambina dai sei mesi ai nove anni finché non riusciva più a starle dietro e finalmente è stata adottata”.

            Un viaggio quello dell’adozione che hanno compiuto nel 2016 Nicola, che oggi ha 13 anni, e Antonio che ad aprile ne compirà 11. Oggi vivono in provincia di Salerno, insieme a mamma Maria e papà Pasquale, coppia adottiva di Ai.Bi.. «Loro ci hanno sempre riconosciuto come genitori — racconta papà Pasquale —. “Mi dicono papà grazie di esistere e di averci accolto, qui è così bello e siamo così contenti. Io se potessi ne adotterei altri cento”.

            L’anno prossimo finiranno gli stanziamenti europei, ma il governo, assicura che non ci saranno cambiamenti.

News Ai. Bi. 20 marzo 2019             www.aibi.it/ita/adozioni-bulgaria-corriere-della-sera

 

Adozioni internazionali in Perù. Ai.Bi. riaccreditata in via definitiva

L’adozione internazionale, da anni al centro di una grave e profonda crisi, comincia a respirare una nuova area di “primavera” che arriva proprio dai Paesi di origini.

Dopo la risoluzione della Colombia che rilancia l’importanza di promuovere l’accoglienza dei minori che hanno più di sette anni o con bisogni speciali, la firma e la ratifica della Convenzione de L’Aja del 29 maggio 1993 sulla protezione dei bambini e sulla cooperazione in materia di adozione internazionale (HCCH) da parte dell’Honduras, e la ripresa delle adozioni internazionali in Bolivia, a distanza di un decennio dal fermo, per Ai.Bi. arriva dal Perù, con risoluzione del 1° marzo 2019, il riaccreditamento in via definitiva.

Su esempio della Federazione Russa, il Perù non richiederà più, come in passato, agli enti autorizzati di rinnovare ogni due anni l’accreditamento ad operare nel Paese sud americano.

L’accordo bilaterale in materia di adozioni internazionali tra Federazione Russa e Italia nel 2008, il primo a essere raggiunto con un Paese di accoglienza dei minori – e per questo definito “storico” – ha segnato un punto di riferimento per la sottoscrizione di accordi con gli altri Paesi, aprendo – a quanto pare – anche la strada all’accreditamento in via definitiva e senza necessità di rinnovo degli enti autorizzati ad operare sul Paese.

Il Perù segue così l’esempio della Federazione Russa e fa da apripista – è questo l’auspicio – per altri Paesi sud americani.

News Ai. Bi. 18 marzo 2019             www.aibi.it/ita/adozioni-peru-aibi-riaccreditamento

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AFFIDO ESCLUSIVO

Affidamento esclusivo del minore a un solo genitore: quando e perché

            Con la separazione, vorresti chiedere al giudice l’affidamento esclusivo di tuo figlio perché tuo marito è un irresponsabile o un violento? Innanzitutto, devi sapere che nel nostro ordinamento l’affidamento esclusivo del figlio minore a un solo genitore è disposto dal giudice solo se l’affidamento condiviso sia contrario all’interesso del figlio stesso [Art. 337 quater cod. civ.].

            La legge [Legge n. 54/8 febbraio 2006], come già si è anticipato in questo articolo stabilisce (pur senza individuare i singoli casi) che l’affidamento esclusivo sia l’eccezione, mentre quello condiviso sia la regola. Il giudice decide, quindi, quale delle due forme di affido prediligere solo sulla base dell’interesse del minore. In ogni caso, il provvedimento con cui si dispone l’affidamento esclusivo ad un solo genitore devono essere sempre motivati.                                                                 www.camera.it/parlam/leggi/06054l.htm

  1. L’affidamento condiviso e il principio di bigenitorialità. A seguito della cessazione della relazione affettiva e quindi della convivenza tra i genitori, il giudice deve disporre l’affidamento dei figli minori. Abbiamo già detto che la regola generale prevede l’affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori, i quali:
  2. Esercitano la responsabilità genitoriale;
  3. Partecipano alla cura e all’educazione dei figli;
  4. Adottano le decisioni di maggiore interesse per i minori (ad esempio quelle relative alla scuola, alla salute e all’educazione).

Se i genitori sono in disaccordo sulle questioni di maggiore interesse, dovranno rivolgersi al giudice. Mentre le questioni di ordinaria amministrazione, e cioè quelle riguardanti la vita quotidiana, potranno anche essere decise dai genitori separatamente.

            Devi sapere che quando il giudice dispone l’affidamento decide anche il collocamento, ossia dove il figlio dovrà abitare stabilmente. Attenzione perché anche in caso di affido condiviso, il minore sarà collocato presso la residenza di uno solo dei genitori. Il collocamento, infatti, è cosa ben diversa dall’affidamento e consiste nell’assegnazione della residenza al minore. Nella maggior parte dei casi, i figli vengono collocati presso la madre, in considerazione del suo ruolo centrale e maggiormente più adatto all’educazione dei figli. Questo significa che il minore vivrà presso la mamma ed incontrerà il papà nei giorni ed alle ore previste dal giudice. Questa è la regola che di recente il governo sta cercando di cambiare con il disegno di legge c.d. “Pillon “[Ddl n. 735/2018] che, in caso di affido condiviso, prevede che il figlio debba trascorrere con entrambi i genitori non meno di 12 giorni al mese, compresi i pernottamenti. Questo vuol dire che i figli avranno un doppio domicilio, uno presso la madre e uno presso il padre.

            L’affidamento condiviso, quindi, realizza in pieno la c.d. bigenitorialità, ossia quel principio secondo il quale un bambino ha diritto a mantenere un rapporto stabile e continuativo con entrambi i genitori [Art 337 ter cod. civ.], anche nel caso in cui questi siano separati o divorziati.

  1. L’affidamento esclusivo: una soluzione eccezionale. La legge prevede che solo qualora ricorrano motivi gravi nei quali il genitore sia del tutto inadeguato al suo ruolo, sia possibile chiedere al giudice l’affidamento esclusivo. Ad esempio, si pensi al marito che scompare dalla vita del figlio, oppure è dedito al gioco d’azzardo e contrae un grosso debito.

            Pertanto, l’unica ragione che può indurre un giudice a tale scelta è l’interesse del minore, ossia la necessità (e l’obbligo giuridico) di garantirgli un sano sviluppo psico-fisico. La giurisprudenza ha ritenuto che si possa prevedere la forma di affidamento esclusivo solamente quando:

  1. L’affidamento condiviso si rivelerebbe pregiudizievole per il figlio;
  2. Uno dei genitori è inidoneo o incapace a prendersi cura del minore (ad esempio un genitore che manifesta un completo disinteresse nei confronti del figlio);
  3. Il minore rifiuta di rapportarsi con uno dei genitori.

Pertanto, in assenza di norme specifiche che regolino la materia, si possono individuare (sulla scorta dei casi giudiziari più noti sinora verificatisi) le seguenti ipotesi in cui è possibile chiedere al l’affidamento esclusivo:

  • In caso di violenza sui figli;
  • In caso di violenza sulla moglie in presenza dei figli quando questi ne abbiano subito un trauma;
  • Se vi sono forti carenze di un genitore sul piano affettivo. Ad esempio: non si provvede alla cura e all’educazione del figlio minore, non si versa volontariamente l’assegno di mantenimento, si fa uso di sostanze stupefacenti, si è riconosciuti incapaci d’intendere e volere, ci si rende irreperibili;
  • Se il genitore non affidatario è rimasto assente e non si è costituito nel giudizio di separazione e pertanto, non ha rivendicato il suo diritto ad esercitare il suo ruolo genitoriale né ha chiesto l’affido condiviso.
  • Quando il minore, ascoltato dal giudice, riesce a spiegare i motivi per i quali preferisce essere affidato ad un solo genitore.

Si tratta, quindi, di situazioni, purtroppo ancora molto frequenti, in cui le negligenze di un genitore, il suo totale disinteresse verso il figlio minore – sia sul piano affettivo che dell’assistenza economica – inducono il giudice ad escludere l’affido condiviso, potendo ben prevedere i danni che ne deriverebbero ai figli se fossero affidati ad entrambi i genitori.

  1. Quando l’affidamento esclusivo non viene concesso. L’affidamento esclusivo non viene concesso nei seguenti casi:
  • Se uno dei due ha una reale o presunta relazione omosessuale che non pregiudica il rapporto con i figli;
  • Se uno dei genitori aderisce a una religione diversa da quella cattolica;
  • Se uno dei due è stato accusato ma non condannato da una sentenza penale. Se un genitore è in carcere non è detto che debba essergli negato l’affidamento del figlio. Ciò dipende sia dal tipo di reato contestato che dalla pena inflitta;
  • Se la residenza dei due è particolarmente distante. L’affido condiviso, infatti, può essere stabilito anche se i due genitori risiedono in due città diverse, anche molto distanti tra loro. Non è la distanza, infatti, che impedisce ad entrambi di raggiungere l’accordo sulle questioni più importanti per i figli;
  • Se uno dei due affida spesso i figli ai nonni (si pensi al caso in cui genitori lavorano entrambi);
  • Se sussiste una conflittualità tra i coniugi, derivante dalla particolarità caratteriale di entrambi. In questo caso l’affidamento esclusivo può essere disposto solo se derivi un pregiudizio tale da alterare e porre in serio pericolo il sano equilibrio e sviluppo psico-fisico del figlio [Cass. Sent. n. 27/2017].
  1. Quando e come chiedere l’affidamento esclusivo. La domanda per ottenere l’affidamento esclusivo dei minori può essere presentata al giudice in qualsiasi momento (anche dopo che il giudice abbia disposto l’affido condiviso dei figli).

La richiesta di affidamento esclusivo (che può essere avanzata da ciascuno dei genitori) deve essere sufficientemente motivata: vanno cioè indicate le ragioni che rendono incompatibile, con l’interesse del minore, l’affidamento a quel determinato genitore. Si pensi, ad esempio, ai casi di abusi familiari.

            La legge, però, per evitare intenti vendicativi o ricattatori, punisce il genitore che, senza fornire adeguate motivazioni, chieda al giudice l’affidamento esclusivo. Infatti, se il giudice riterrà la richiesta manifestamente infondata potrà valutare se estromettere quel genitore dall’affidamento e se condannarlo (in caso di malafede o colpa grave) al risarcimento del danno. Il genitore, quindi, non potrà presentare una domanda di affido esclusivo basata sulla propria convinzione (o sul timore) che l’altro genitore non sia in grado di prendersi cura dei figli, ma dovrà fornire al giudice prove concrete che dimostrino, in particolare, che tale condotta sia dannosa per il figlio.

            Se il giudice individua nelle particolari circostanze che gli vengono rappresentate (anche da una eventuale relazione dei servizi sociali da lui incaricati) dei motivi contrari all’interesse del minore e rendere uno dei genitori inadeguato al proprio ruolo, egli accoglie la domanda di affido esclusivo al genitore che ne ha fatto richiesta oppure al genitore che egli ritiene essere il più idoneo (quando la domanda di affido esclusivo gli sia stata formulata da entrambi).

            In tal caso il magistrato ha l’obbligo di motivare tale decisione spiegando nel provvedimento sia perché ritiene idoneo il genitore affidatario sia perché individua una inidoneità educativa nell’altro [Cass. Sent. n. 24841/2010]. Non è sufficiente, cioè, che il giudice decida per l’affido esclusivo ritenendo “idoneo” il genitore affidatario; ciò, infatti, nulla dice riguardo alle capacità genitoriali dell’altro. Pertanto il giudice deve spiegare anche perché ravvisa la inidoneità educativa del genitore che si vuole escludere dall’analogo esercizio della responsabilità sui figli (cosiddetto criterio della “motivazione in negativo” [Cass. Sent. n. 9632/20157].

            Quindi, nei casi in cui il giudice ritenga la richiesta di affidamento esclusivo del tutto priva di fondamento, egli potrebbe:

  • Decidere di affidare i figli proprio al genitore che non abbia chiesto l’affido esclusivo;
  • Condannare il genitore al risarcimento del danno per aver agito in giudizio con mala fede o colpa grave chiedendo l’affidamento esclusivo nella consapevolezza dell’infondatezza della propria domanda.
  1. Le conseguenze dell’affidamento esclusivo. Nell’affidamento esclusivo è il genitore affidatario ad esercitare in via primaria la responsabilità genitoriale. Tuttavia, egli deve favorire il rapporto tra il figlio e l’altro genitore, affinché quest’ultimo eserciti il diritto di visita (nei tempi e secondo le modalità stabilite dal giudice) e partecipi alle decisioni più importanti nell’interesse dei figli.

È evidente, perciò, che il genitore non affidatario conserva sempre il diritto-dovere di vigilare sull’educazione ed istruzione del figlio, potendo ricorrere dinanzi all’autorità giudiziaria quando ritenga che le decisioni assunte dal genitore affidatario, in via esclusiva, siano contrarie all’interesse del minore.

L’affido esclusivo, dunque, non comporta – come si pensa erroneamente – la perdita della responsabilità genitoriale in capo al genitore che non ha ottenuto l’affidamento della prole, ma semplicemente una sua limitazione qualora sussistano particolari motivi (che a breve esamineremo) che abbiano indotto il giudice a ritenere l’affidamento condiviso dannoso per i figli minori.

            Il legislatore, tuttavia, non precisa come deve essere regolato l’affidamento esclusivo. Spetterà al giudice, infatti, indicare – a seconda del caso – i tempi e le modalità del diritto di visita del genitore non affidatario.

            Quanto alle decisioni di maggiore interesse per la vita del figlio, la legge non precisa se queste debbano essere assunte di comune accordo da entrambi i coniugi anche nell’ipotesi di affido esclusivo. Tuttavia rimane immutato il diritto del minore di ricevere cura educazione e istruzione da entrambi i genitori. Quindi per le decisioni di maggior interesse i genitori dovranno confrontarsi tra di loro e decidere insieme ad es: che scuola scegliere, le cure mediche non urgenti; l’attività sportiva da far praticare. Per ciò che concerne il quotidiano, invece, il genitore affidatario potrà scegliere in assoluta autonomia nel rispetto dell’interesse del minore.

            Il genitore non affidatario conserva comunque il diritto di visita nei confronti dei minori. Il giudice, infatti, determina i tempi e le modalità del diritto di visita da parte del genitore non affidatario. In alcuni casi, può decidere di limitare o escludere tale diritto; ciò può avvenire quando ritenga che la frequentazione tra genitore non affidatario e figli possa in qualche modo pregiudicare il benessere di questi ultimi.

            La limitazione del diritto di visita da parte del genitore non affidatario può essere intesa come:

  • Una riduzione del tempo (e dei giorni) da dedicare agli incontri,
  • Che gli incontri avvengano in una determinata sede (ad esempio presso la casa dei nonni)
  • La partecipazione agli incontri di terze persone perché affettivamente legate al minore o tenute ad un ruolo di sorveglianza (ad esempio i servizi sociali).

Il giudice può anche escludere del tutto il diritto di visita quando, ad esempio, il genitore sia tossico o alcool dipendente, o abbia una condotta particolarmente violenta nei confronti della moglie o dei figli.

            Nel caso in cui il genitore non affidatario soffra di patologie invalidanti, il giudice potrà disporre, anche in ragione dell’età del figlio, che gli incontri avvengano alla presenza di un familiare o un conoscente.

  1. I genitori possono accordarsi per l’affidamento esclusivo? No, i genitori non possono stipulare un accordo di questo tipo. In caso di richiesta congiunta, il giudice non dovrà omologare l’accordo, in quanto il minore ha il diritto, previsto dalla legge, a ricevere cura e assistenza morale e materiale sia dalla madre che dal padre (c.d. diritto alla bigenitorialità).

Quindi spetta solo al giudice decidere di disporre l’affido esclusivo sulla base di circostanze concrete, dettagliate e specifiche tali da poter stabilire che l’interesse dei figli sia pregiudicato dal comportamento di uno dei genitori.

Raffaella Mari           La legge per tutti       20 marzo 2019

www.laleggepertutti.it/3646_affidamento-esclusivo-del-minore-a-un-solo-genitore-quando-e-perche

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ASSEGNO DIVORZILE

Tornano in Parlamento le nuove norme sull’assegno di divorzio

Riproposto con ampio consenso il modello Ferranti per il mantenimento del coniuge divorziato con alcune modifiche che ne accentuano i rischi. Venne già commentata la Pdl 4605 [proposta di legge) che si proponeva di individuare un’equa via di mezzo che dopo il divorzio evitasse rendite di posizione per il coniuge beneficiario di assegno e al tempo stesso un suo drammatico e insanabile impoverimento, a dispetto dei sacrifici di una vita.

www.studiocataldi.it/articoli/27761-assegno-divorzio-dire-addio-al-tenore-di-vita-per-condividere-anche-il-risparmio.asp

Caduto il progetto per la chiusura della legislatura, quella iniziativa viene ora riproposta (Pdl 506, unica firmataria e relatrice l’on. Alessia Morani) con taluni ritocchi, che tuttavia non ne alterano la sostanza e soprattutto non ne risolvono gli aspetti negativi, già a suo tempo riscontrati, ma più probabilmente appaiono destinati ad accentuarli.                                               www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_33965_1.pdf

Già nella presentazione si riscontrano le stesse forzature nell’interpretazione delle legislazioni straniere, invocate per inserire il provvedimento in una generale “normalità” che viceversa sembra proprio non esistere, visto che in generale il divorzio è pensato come tombale rispetto al matrimonio. Vero che qua e là la sentenza conclusiva è accompagnata da un aiuto per il coniuge debole, in nome di condivisibili principi solidaristici; un aiuto, tuttavia, pensato come una sorta di “indennità di fine rapporto”, versato il quale si è definitivamente liberi.

            Viceversa, la Pdl in oggetto, sforzandosi di trovare analogie, presenta i pochi casi in cui qualcosa del genere esiste come il dominante “orientamento degli ordinamenti europei”, e per giunta ritaglia le norme dal contesto, dando loro l’interpretazione che più conviene. Senza ripetere tutte le considerazioni già svolte sul punto nel citato intervento precedente, è il caso della normativa francese, che largamente ispira nell’articolato la Pdl.

            Di essa non si dice che al momento del divorzio prevede e dettaglia in ben sei articoli (270 e segg. c.c.) la liquidazione una tantum limitandosi ad aggiungere a una prassi evidentemente prevalente solo una teorica possibilità (art. 276 c.c.): “A tigre exceptionnel, le juge peut, par décision spécialement motivée… , lorsque l’âge ou l’état de santé du créancier ne lui permet pas de subvenir à ses besoins, fixer la prestation compensatoire sous forme de rente viagère” dove è chiaramente evidenziato che si tratta di casi che escono del tutto dall’ordinario. Per giunta, la Pdl si limita a citare l’erogazione a forfait nell’introduzione, ma nell’articolato neppure la ipotizza, dichiarando in tal modo la propria volontà di favorire la corresponsione di vitalizi. E che per “coniuge debole” debba intendersi la moglie – non per motivi statistici, che sarebbero accettabili, ma ideologici – risulta abbastanza chiaro dall’avere spazzato via dalla formulazione francese i due più significativi e ragionevoli parametri, ovvero l’età e le condizioni di salute sia del beneficiario che dell’obbligato, forse nella documentata consapevolezza che i mariti in genere sono più grandi e più malandati delle mogli.

            Non manca, in effetti nella Pdl 506 qualche attenuazione rispetto alla precedente Pdl 4605, come avere optato per una facoltà del giudice di disporre l’assegno anziché un obbligo, allineandosi con quanto la Pdl 4605 annunciava nell’introduzione, ma non prevedeva nelle prescrizioni, probabilmente per una frettolosa redazione. In cambio di ciò la Pdl si segnala per varie modifiche decisamente pesanti sotto il profilo delle conseguenze per l’obbligato. Lo si comprende immediatamente dalla definizione dello scopo al quale è destinato l’assegno: “… a equilibrare, per quanto possibile, la disparità che lo scioglimento o la cessazione degli effetti del matrimonio crea nelle condizioni di vita rispettive dei coniugi”.

            Indubbiamente, una analisi intellettualmente onesta dei termini impiegati porta a concludere che si dovranno sommare le risorse di entrambi e dividere per due, con il che si va già ben oltre quanto basta per il mantenimento del precedente tenore di vita. Dove, però, per “risorse” non si considera più il solo reddito ma, altra novità della Morani, anche il patrimonio posseduto (“il patrimonio e il reddito di entrambi”), a prescindere dal modo in cui sia stato acquisito. Quindi anche ciò che il coniuge obbligato abbia guadagnato prima di contrarre matrimonio o in qualsiasi momento ereditato. Ovviamente si allude anche al patrimonio del beneficiario, ma siccome questi è per definizione “il coniuge debole” è scontato che anche le risorse patrimoniali siano di regola inferiori.

            Tradotto in termini concreti, pur considerando l’altro insieme di circostanze alle quali il giudice potrà fare attenzione, è evidente che scompare qualsiasi interesse a rendersi autonomi e il matrimonio torna – tipicamente per la donna – all’ottocentesca valenza di “sistemazione”. Senza nulla togliere o negare a una doverosa solidarietà verso chi abbia svolto per lunghi anni un lavoro domestico non retribuito e si trovi poi senza risorse proprie a una età che non permette l’ingresso nel mondo del lavoro, ragionando a monte c’è da chiedersi quanto convenga alla donna abbandonare la propria attività e trascorrere la vita familiare alle dipendenze economiche del compagno, ovvero se non sia il caso quanto meno di non incoraggiare il crearsi di queste situazioni. Già, perché nel 2016 l’età media al matrimonio è stata di 37 anni per gli uomini e 33 per le donne; dunque tipicamente ciascuno aveva già caratterizzato in modo autonomo la propria vita sociale: il fabbro e l’infermiera, l’imprenditrice e l’avvocato. Ma allora, è davvero politicamente utile e “progressista” introdurre norme che allontanano dal senso di responsabilità personale (in antitesi con lo sforzo compiuto da Corte di Cassazione, prima Sezione civile, sentenza n. 11504,10 maggio 2017),

www.altalex.com/documents/news/2017/05/10/assegno-di-divorzio-addio-al-tenore-di-vita

assicurando un paracadute economico che nella fattispecie va addirittura oltre la garanzia di una vita adeguata ai propri meriti? Se davvero si sta andando alla ricerca di soluzioni eque che vogliano evitare i due eccessi su cui diffusamente insiste la proposta nell’introduzione, quanto meno non appare ragionevole, né equo, né socialmente opportuno pensare di superare il riferimento al “tenore di vita” goduto in costanza di matrimonio, procedendo in sostanza alla confisca dei beni dell’obbligato. Ad es., se una insegnante che ha lasciato il lavoro per dedicarsi alla famiglia può vivere più che dignitosamente con 3.000,00 € al mese (quello che guadagnerebbe nella migliore delle ipotesi se non avesse lasciato la scuola), perché separandosi con la Pdl 506 (se diventasse legge) ne dovrebbe ottenere 5.000,00 solo perché nel frattempo l’ex marito ha ereditato dei beni di famiglia, dei quali lei non ha alcun merito? Non poteva bastare, quale finalità dell’assegno – contro il quale “di per sé” nulla qui si dice – quella di “assicurare, per quanto possibile, decorose condizioni di vita, valutate tenendo conto delle condizioni sociali proprie del beneficiario”?

            Certo, tutto questo potrà anche non avvenire, visto che il giudice “può” e non “deve” disporre l’assegno divorzile, e con ampio margine di discrezionalità, che ruota su una quantità di circostanze. Ma sarà merito del magistrato, non certo della legge, che così com’è si presta alle più inique interpretazioni e applicazioni. Anzi, forse il rischio maggiore non è stato ancora qui evidenziato. Tra i parametri da considerare ai fini della erogazione dell’assegno la Pdl 506 inserisce creativamente “il comportamento complessivamente tenuto da ciascuno in ordine al venir meno della comunione spirituale e materiale”. Una vera dritta a vantaggio di chi voglia salvarsi dall’obbligo: speculare sulla causa del fallimento dell’unione, proprio in un momento in cui da più parti si suggerisce la cancellazione dell’addebito. Non è difficile immaginare quanto se ne avvantaggerà il contenzioso; nonché l’attività delle agenzie investigative.

            Ce n’è abbastanza per suggerire che il progetto non vada avanti senza sostanziali emendamenti.

Marino Maglietta      Studio Cataldi                        24 marzo 2019

www.studiocataldi.it/articoli/34020-tornano-in-parlamento-le-nuove-norme-sull-assegno-di-divorzio.asp

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ASSOCIAZIONI – MOVIMENTI

AICCeF. L’intervento di Rita Roberto al Convegno CIPRA

Équipe interdisciplinari. Un ponte possibile fra i diversi ambiti e settori d’intervento

Nell’ambito delle iniziative programmate per il World Social Work Day del 19 marzo 2019, il CROAS insieme al CIPRA e a CO.ME.TE. hanno promosso a Brescia il 22 marzo 2019 una interessante giornata di riflessione sul valore delle équipe multi e interdisciplinari e di condivisione di pratiche professionali, portando valide esperienze nel campo della relazione d’aiuto – passate e future.

 Abbiamo aderito molto volentieri all’invito della presidente CIPRA Cécile Edelstein per portare il contributo dell’AICCeF nel panorama delle professioni della relazione di aiuto con la relazione Lavorare in équipe: ricchezza e risorsa della consulenza familiare, curata dalla nostra presidente Stefania Sinigaglia e da Rita Roberto. Questa relazione ci ha permesso sia di parlare della nostra storia, della metodologia della consulenza familiare, del lavoro in équipe e sia del nostro profilo professionale.

            E’ stato un evento importante che ha messo in dialogo costruttivo i rappresentanti dei servizi alla persona che interagiscono nel processo della relazione di aiuto. Questo evento mette le basi per rispondere al bisogno di trovare una collaborazione sostanziale, che richiede un’accurata e costante opera di tessitura di relazioni che non nascono spontanee, ma necessitano di una volontà precisa d’integrazione: pubblico, privato sociale e privato.

E’ stato molto arricchente riflettere insieme sulle risorse e i vincoli di pratiche collaborative fra i diversi settori e ambiti e le varie professioni; valorizzare e mettere a fuoco il ruolo delle singole professioni all’interno delle équipe.

Alla fine degli interventi della giornata, si è svolta una Tavola rotonda a cui hanno partecipato tutti i rappresentanti delle professioni della relazione d’aiuto. E’ stato importante vedere colloquiare costruttivamente tutte le figure professionali che interagiscono nel processo della relazione di aiuto, tradizionali e non.

Questo dialogo è fondamentale per evitare il rischio che i singoli professionisti rimangano isolati, che il lavoro nella relazione d’aiuto si fossilizzi in una pratica parcellizzata, che i diversi ambiti d’intervento– sociale, sanitario, educativo, legale – vengono sempre più distinti e frammentati e che il terzo settore fatichi a rimanere a fianco delle strutture pubbliche.

https://ilconsulente11.blogspot.com/2019/03/lintervento-di-rita-roberto-al-convegno.html

Le 32 slide dell’intervento              https://youtu.be/4V_fxWUzRl4

 

Un impegno al centro della società

            «Il vostro impegno non si pone ai margini, ma al centro della vita e la segna in modo decisivo, come pure appare dirimente per il futuro della società». Così si è espresso il cardinale arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori nel suo caloroso messaggio ai partecipanti dell’assemblea nazionale del Movimento per la vita che si è tenuta a Firenze nei giorni scorsi. Una partecipazione vivace, arricchita da un video di saluti e messaggi rivolti all’Mpv da parte di esponenti di altri movimenti e associazioni italiane e internazionali. Una coralità non casuale, perché, come ha ricordato la presidente nazionale Marina Casini Bandini, il Mpv «ha sempre cercato di essere strumento di unità nel mondo cristiano e anche al di fuori di esso, operando come lievito che fermenta la società e rifiutando l’idea di avere il monopolio della difesa della vita. La grandezza della vita umana e delle relative questioni emergenti esige che il Movimento non sia un’associazione chiusa in se stessa, distinta e separata da altri gruppi, ma una realtà aggregante capace di risvegliare la sensibilità di molti».

La relazione della presidente ha offerto uno sguardo sullo scenario culturale italiano in ordine alla tutela della vita nascente per ricavare ancora una volta le ragioni profonde dell’impegno e del significato della presenza e dell’operatività del Movimento in un contesto che ha visto la vita dei ‘più poveri tra i poveri’ subire forti contraddizioni. Tra i temi toccati, la legge 194\1978, la contraccezione post-coitale, la denatalità, l’obiezione di coscienza, le derive della procreazione assistita.

Perché torni a prevalere il diritto alla vita – è il messaggio dell’assemblea – occorre il verificarsi di alcune condizioni culturali come il riconoscimento della piena umanità del concepito e della sua qualità di soggetto per il diritto, la laicissima difesa del diritto alla vita dei bambini in viaggio verso la nascita, l’accettazione del principio di gradualità, l’individuazione di metodi alternativi alla sanzione penale per la difesa della vita nascente con riferimento alla gravidanza, una forte e chiara consapevolezza dell’alleanza tra la donna e la vita.

In particolare si punta sul riconoscimento del concepito come essere umano – uno di noi – cercando l’alleanza di tutte le donne d’Italia, in primo luogo e le madri. Uno spazio di riflessione è stato dedicato anche al fine vita, ricordando che la «mentalità eutanasica è figlia della mentalità abortista».

Molte le attività svolte quest’anno, sia a livello nazionale (la formazione dei giovani e degli operatori Cav, il coordinamento delle Case di accoglienza e di Sos Vita, il Progetto Gemma), sia internazionale (mediante il collegamento con la federazione europea One of us e Heartbeat International).

            Il card. Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, nel suo saluto all’assemblea del Movimento per la vita, ha detto «L’impegno di difendere e promuovere il valore della vita umana dal concepimento alla morte naturale a fronte dell’affievolirsi, sul piano delle leggi civili, del riconoscimento di ogni essere umano come soggetto titolare dell’inalienabile diritto alla vita non si pone ai margini ma al centro della questione della vita e la segna in modo decisivo, come pure appare dirimente per il futuro della società. Questo soprattutto in un contesto culturale e politico in cui, a fronte della fragilità della persona, cresce l’insinuazione ingannevole che la risposta adeguata non sia la cura ma l’eutanasia».

Comunicato Stampa Daniele Nardi 22 marzo 2019

www.mpv.org/category/comunicazione/comunicati-stampa

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CENTRO INTERNAZIONALE STUDI FAMIGLIA

Newsletter CISF – n. 11, 20 marzo 2019

Unione Europea. Anziani e diritti di previdenza sociale e sanità in caso di trasferimento in altri

paesi. Un breve video di “servizio”, che spiega come funzionano gli accordi europei per le prestazioni sanitarie e pensionistiche quando un pensionato si trasferisce in un altro Paese (nel video seguiamo Marta, che ha lavorato in Finlandia e va a vivere la sua pensione in Portogallo). Molto interessante perché è un piccolo esempio di come si è costruita una “buona Europa”, in cui per le persone (in questo caso gli anziani) è più facile vivere le proprie libere scelte di mobilità.

https://audiovisual.ec.europa.eu/en/video/I-076257

Il video non si riferisce al nodo della differente tassazione sulle pensioni nei diversi Paesi, che è regolata invece a livello nazionale, e che necessita di particolare attenzione (se si vuole confrontare la pressione fiscale sui redditi da pensione tra un Paese e l’altro, o per evitare la doppia tassazione tra Paese d’origine e Paese di nuova residenza.           https://audiovisual.ec.europa.eu/en/video/I-076257

La triste deriva di un’etica minimalista. Il caso della prostituzione. “La Corte Costituzionale con una decisione di grande buon senso, di elevata dirittura morale e di profonda fondatezza giuridica ha respinto l’ipotesi che in fondo fare la escort ‘sia una professione come un’altra’. Comprando l’uso del corpo di una persona, anche consenziente, la si riduce comunque in schiavitù e si tradisce la tutela della dignità umana”. Un commento del direttore CISF (F.Belletti) su Famiglia Cristiana on line.

www.famigliacristiana.it/articolo/prostituzione-e-liberta-chi-consiglierebbe-questo-lavoro-ai-propri-cari.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_20_03_2019

Vedi anche l’accurata ricostruzione storica sulla Legge Merlin e la chiara posizione della Comunità Papa Giovanni XXIII, da sempre al fianco delle donne sulla strada, contro la tratta e la prostituzione, sulle orme di don Oreste Benzi.             www.apg23.org/it/post/legge-merlin-prostituzione-italia.html

Women in politics in the EU: State of play (Donne in politica nell’Unione Europea: stato dell’arte). A cento anni di distanza dal momento in cui le donne hanno cominciato a poter votare e ad essere elette, la loro presenza nella vita pubblica, in politica e nei vari parlamenti locali, nazionali ed europei è ancora fortemente sottodimensionata. In questo breve report dell’Unione Europea sono contenuti alcuni interessanti dati in merito, oltre che suggerimenti e indicazioni per poter migliorare questa situazione.

www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/BRIE/2019/635548/EPRS_BRI(2019)635548_EN.pdf

Qualche dato storico: nel 1919 Belgio e Svezia concessero qualche limitato diritto di voto ad alcune categorie di donne. In Belgio il voto a tutte le donne fu accordato nel 1948, in Svezia nel 1921. La Finlandia è stata la prima nazione UE a dare il diritto di voto alle donne, nel 1906.Voto alle donne in Italia per la prima volta con il referendum del 1946 su monarchia o repubblica. Vedi anche questi dati sintetici UE sulla percentuale di donne elette nei Parlamenti delle singole nazioni e nel Parlamento Europeo.

www.europarl.europa.eu/EPRS/EPRS-at-a-glance-599314-Women-in-parliaments%20Update_FINAL.pdf

Il Centro Studi di Itinerari Previdenziali ha recentemente pubblicato il Rapporto “Bilancio del sistema previdenziale italiano” per il 2017, che illustra gli andamenti della spesa, delle entrate contributive e dei saldi delle gestioni pubbliche e privatizzate che compongono il sistema pensionistico obbligatorio italiano. Questi i dati principali: a fronte di entrate per circa 200 miliardi di euro, le uscite sono state 220,8 miliardi; in rapporto al PIL, la spesa pensionistica è passata dal 10,8% del 1989 al 14,8% del 2017; sull’intera spesa sociale, pari a circa il 30% del PIL, la spesa pensionistica ne costituisce quasi il 60%. La conseguenza di questa situazione: forti limitazioni per tutte le altre aree di intervento sociale, dalla sanità al sostegno alla disabilità, dal supporto alla famiglia e alla genitorialità alle politiche di housing, dall’inclusione sociale alla formazione, nonché una forte preoccupazione per la tenuta complessiva del nostro sistema di welfare. Siamo sicuri che ciò di cui c’è bisogno per garantire un futuro alle giovani generazioni siano le “quota 100”?

www.itinerariprevidenziali.it/site/home/biblioteca/pubblicazioni/sesto-rapporto-bilancio-del-sistema-previdenziale-italiano.html

Il disagio abitativo nelle famiglie con figli. Alcuni dati recenti. Le spese per l’abitazione sono considerate tra le più onerose per le famiglie che hanno figli. Con conseguenze negative sulla vita dei bambini: case affollate, lontane dai servizi o con problemi. Un punto su alcuni indicatori del disagio abitativo. “I contenuti dell’Osservatorio povertà educativa sono realizzati da Openpolis con l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell’articolo”

www.openpolis.it/il-disagio-abitativo-nelle-famiglie-con-figli

Dalle case editrici

  • Eugenia Scabini, Raffaella Iafrate. Psicologia dei legami familiari, Il Mulino, Bologna 2019.

Il volume propone una chiave di lettura innovativa della psicologia dei legami familiari nella quale dimensioni teoriche, metodologiche e di intervento sono strettamente connesse e coerenti con un modello di riferimento, il modello relazionale simbolico. Tale prospettiva viene poi declinata nelle varie transizioni cui i legami familiari vanno incontro, la transizione al patto di coppia, la nascita del legame genitoriale, il distacco dei figli e il distacco dalla vita. Di ciascuna di queste transizioni vengono individuati gli obiettivi e i compiti di sviluppo intergenerazionali.

Viene anche dato spazio a transizioni peculiari quali la separazione, la ricomposizione familiare, l’adozione, l’affido e l’immigrazione. Infine, dopo una breve esposizione della peculiarità della ricerca sulla famiglia, vengono esposte alcune forme di intervento psico/sociale e clinico/sociale in sintonia con la prospettiva proposta quali i percorsi di Enrichment Familiare, i Gruppi di Parola per i figli di genitori separati e la Mediazione Familiare. Il testo è rivolto a studenti, a professionisti e a tutti coloro che sono interessati a comprendere le dinamiche familiari in una società in grande trasformazione.

                                                                    Save the date

  • Nord: Legami sociali e stili comunicativi di comunità, seminario promosso dal Dipartimento di Sociologia dell’Università Cattolica con il Patrocinio della Facoltà di Scienze della Formazione, Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia, Cremit, Milano, 9 aprile 2019.

https://centridiateneo.unicatt.it/famiglia-0001.jpg

  • Nord: Verso il sad 2.0. Rilanciare i servizi domiciliari dei Comuni tra caregiver familiari, badanti e bisogni emergenti, incontro formativo promosso da IRS/Scuola IRS per il Sociale (con crediti formativi per gli assistenti sociali). Milano, 28 marzo 2019.

http://scuolairsperilsociale.it/wp-content/uploads/2019/01/PROGRAMMA-GIORNATA-SAD-28-marzo.pdf

  • Centro: Dall’individuo al sistema e dal sistema all’individuo. Il lavoro sul vincolo e sull’individuazione nella terapia sistemica, convegno promosso da IIPR (Istituto Italiano di Psicoterapia Relazionale) e SIPRES (Società Italiana di Psicoterapia Relazionale E Sistemica), Gaeta (LT), 11–14 aprile 2019.

www.iipritalia.it/_HOME/download/Covegno%20IIPR-SIPRES/2019/IIPR-SIPRES%202019.pdf

  • Sud: Diritti delle donne... Nella consapevolezza che occorre nutrirsi di conoscenze e di contenuti più ampiamente culturali e progettuali, promosso da Associazione Progetto Donna, Monopoli (BA), 23 marzo 2019.

www.csvbari.com/new/wp-content/uploads/2019/03/SEMINARIO.pdf

  • Estero: Representations of Migration and Emotions of Exclusion (Rappresentazioni delle migrazioni e sentimenti di esclusione), workshop presso il Max Planck Institute for Human Development, Berlino, 20–21 marzo 2019.

www.mpib-berlin.mpg.de/sites/default/files/media/pdf/24/program_representations_of_migration_5.pdf

  • Estero: Positive Parenting and Social Inclusion. Vulnerability of Families with Children, evento collaterale (side event) promosso da alcune delegazioni di Stati presso le Nazioni Unite (tra cui l’Italia) e alcune NGO internazionali in occasione della 52.a Sessione della Commissione Popolazione e Sviluppo, New York, 4 aprile 2019.                                                                                                    www.familyperspective.org/act/act-0048-en.php

Iscrizione                http://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/newsletter-cisf.aspx

Archivio        http://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/elenco-newsletter-cisf.aspx

http://newsletter.sanpaolodigital.it/cisf/marzo2019/5115/index.html

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CENTRO ITALIANO SESSUOLOGIA

Educazione sessuale 3.0 (riservato agli insegnanti).

12-13 aprile 2019 – Firenze (partecipazione gratuita)

www.cisonline.net/wp-content/uploads/2019/02/CIS-ok1-2.pdf

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CHIESA CATTOLICA

Il “Me Too delle donne: quando il potere maschile è sacro

https://it.wikipedia.org/wiki/Movimento_Me_Too

La realtà degli abusi sessuali commessi da presbiteri ai danni di tante suore è stata finora insabbiata, nonostante le segnalazioni e i dossier disponibili da molto tempo. Ci sarà ora una risposta adeguata, dopo che le religiose hanno approfittato del recente incontro sulla protezione dei minori per denunciare, ancora una volta, questa estrema manifestazione di ineguaglianza di genere nella Chiesa?

Papa Francesco, convocando gli “Stati generali” sulla Protezione dei minori nella Chiesa, ha aperto l’armadio degli scheletri clericali che l’ipocrisia di molti cattolici preferirebbe tenere chiuso. Le superiore degli Ordini femminili hanno approfittato del crimen della pedofilia (impropriamente, perché si tratta di una questione del tutto diversa) per ri-presentare il crimen della violenza di genere in ambito clericale. Hanno evocato vecchi dossier che, più volte spediti alla Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, non avevano mai avuto risposta. L’argomento scottante che il papa ha accettato venisse denunciato è tuttavia rimasto in secondo piano, sia all’interno degli “Stati generali”, sia sui media: ci sarà da temere che una così inquietante questione possa venire, ancora una volta, accantonata? Sembra che le suore ormai siano determinate a volere che il Satana maschio, frequentatore di conventi e parrocchie, abbia nomi e cognomi, e non siano più disposte a chinare la testa.

Le denunce ci sono da più di vent’anni. Nella sessione è stata menzionata suor Maura O’Donohue, che, nel 1995, aveva raccolto prove impressionanti a carico di sacerdoti che, per essere sicuri di evitare il contagio, “frequentavano” i conventi: «Si scoprirono cose agghiaccianti: una superiora che, in Africa, era ricorsa al vescovo a causa dello lo stato di gravidanza di 29 suore abusate da preti diocesani fu sollevata dall’incarico con tutto il capitolo; suore violate, lasciate sole con il loro bambino a rischio di indigenza totale e ridotte ad assumere il ruolo di seconda o terza moglie in una famiglia o a diventare prostitute; era opinione diffusa che le suore costituivano l’obiettivo sicuro da un punto di vista sanitario per le esigenze sessuali dei preti, non garantiti dai contagi se frequentavano le prostitute; alcuni preti suggerivano alle suore prese di mira di assumere contraccettivi con il falso pretesto che servivano contro l’Aids; una suora indotta all’aborto dal prete che aveva abusato di lei, morì per le conseguenze dell’intervento e fu il responsabile della sua rovina a celebrarne il funerale».

Un paio d’anni dopo suor Marie McDonald aveva presentato per via gerarchica altri dossier di cui pervenne notizia alla stampa inglese. Il National Catholic Reporter, ma anche il Global Sister Report hanno più volte ospitato interventi di religiose che, oltre a rivelare deplorevoli casistiche, hanno segnalato, a scopo preventivo, le strategie di adescamento a cui ricorrono i preti, lo squilibrio di potere e l’aura di sacralità che possono rendere vulnerabile la vittima, oltre che il dovere di denunciare le violenze e i pericoli di punizioni e trasferimenti a cui può andare incontro tanto la suora offesa quanto la superiora che abbia accolto una denuncia; come è accaduto a sr. Esperanza Principio, della Women and Gender Commission delle Superiore filippine, che si trovò costretta, per mantenere la sua vocazione, a cambiare ordine religioso e paese.

Sr. Rita Mboshu Kongo, docente all’università Urbaniana, ha recentemente confermato la persistenza delle violenze non essendoci mai stati interventi ufficiali. La rivista Il Regno all’inizio del 2019 ha informato del caso del vescovo di Jalandhar nel Punjab, Franco Mulakkal, che ha usato violenza alla superiora delle Missionarie di Gesù convocata per “importanti questioni”. La suora, mandate lettere a tutte le istanze superiori, essendo stata rimossa dalla carica, ha presentato denuncia alla polizia e mons. Mulakkan è stato arrestato, poi rilasciato su cauzione. La diocesi è pienamente solidale con la suora, ma l’ex-primo ministro del Kerala teme che, se il vescovo resta in libertà, «userà il suo potere per distruggere prove e influenzare i testimoni» e influenzare la Corte Suprema.

Se il maschio è Dio. Non c’è una scala di gravità nelle violenze sessuali contro le donne. Tutte sono violazioni dell’intimità femminile che, senza consenso, restano inaccettabili. Se giungono allo stupro, sottraggono alle vittime pezzi di anima. Nel caso della suora che ha subito violenza da parte di un prete, la situazione assume aspetti che raggiungono un estremo che sfugge alla comprensione.

Nel cattolicesimo, infatti, ci sono persone che hanno “consacrato” a Dio e al prossimo non solo la mente e il cuore, ma anche il corpo, un corpo di per sé sessuato e forma del divino: preti e suore che per vocazione rinunciano – per legge della Chiesa – alla libertà di altre scelte di vita. Ma la volontà della Chiesa non segue la simbologia biblica: l’Adamo che si fa prete diventa padrone dell’altare, agisce in persona Christi ed è autorizzato al comando; Eva invece, pur consacrata, non è degna di salire all’altare, non presiede, non consacra e, in quanto donna, resta soggetta all’obbedienza. Una donna non solo esclusa dal ministero, ma psicologicamente esposta alle suggestione di chi rappresenta il suo Signore. Che anche lui abbia pronunciato gli stessi voti, non ha importanza: conserva il potere e i privilegi maschili, con in più il carisma del sacro a incutere soggezione. Se un uomo potente e sacralizzato commette violenza verso una donna così, le conseguenze, sempre psicologicamente disastrose, azzerano ogni fiducia e distruggono perfino Dio.

Suor Maura o’Donohue sarebbe stata molto contenta che un papa si sia fatto carico dell’urgenza di «integrare la donna come figura della Chiesa nel nostro pensiero, pensare la Chiesa con le categorie di una donna», anche se poi è tornato all’immagine di una Chiesa che resta “donna, è sposa, è madre” a conferma dello stereotipo.

Intanto un uomo di valore come il cardinale Christoph Schoenborn, arcivescovo di Vienna, ha rotto il silenzio dei maschi e ha voluto incontrare in una trasmissione televisiva Doris Wagner Reisingen, religiosa vittima di un prelato che divenne poi consulente della Congregazione per la dottrina della fede. Uscita dalla Chiesa, Doris scrisse Non sono più io. Storia di una giovane suora, che ha interessato il cardinale, il quale ha espresso la necessità da parte della Chiesa di riconoscere la squilibrata posizione di potere del prete e la sua immagine sacralizzata («figura sacra, intoccabile, il signor parroco…»), i peccati estremi della Chiesa. Un’intera cultura ecclesiastica va riformata nel rispetto dell’uguaglianza dei generi, riconosce il cardinale.

Per ora resta una Chiesa di celibi che insegnano la virtù alle famiglie e alle donne, non ai maschi.

Giancarla Codrignani               Il Regno delle donne, 19 marzo 2019

http://giancodri.women.it/il-metoo-delle-suore

 

Chiesa: Vergottini (teologo), “è molto più di una democrazia”

La Chiesa cattolica non è una “democrazia”; al tempo stesso “non ha senso parlare nel suo caso” di una “monarchia”. Si può però affermare che “la Chiesa non è una democrazia soltanto a condizione di voler sostenere che essa è molto più di una democrazia. In altre parole, il vissuto ecclesiale dovrà contraddistinguersi per forme concrete di realizzazione che lascino trasparire uno stile ancora ‘più democratico’, cioè più libero, egualitario, partecipativo e antiautoritario”.

Lo sostiene Marco Vergottini, incaricato di Teologia pastorale alla Facoltà teologica del Triveneto (Fttr) e autore del volume “Il cristiano testimone. Congedo dalla teologia del laicato” (Edb, Bologna 2017), in un’intervista pubblicata dal sito della stessa Fttr, in vista del convegno sulla sinodalità delle Facoltà teologiche italiane che si terrà il 12 aprile 2019 a Padova. Con riferimento ai consigli pastorali diocesani o parrocchiali, Vergottini osserva che si ripete frequentemente che “tali organismi, non potendo rivendicare un potere deliberativo, si devono accontentare di esprimere un parere solo consultivo”, ma ciò “costituisce un palese equivoco”.

“A proposito del ‘consigliare’ nella chiesa, bisogna finalmente mettere fine a un falso dualismo espresso dalla coppia consultivo/deliberativo”, chiarisce il teologo secondo il quale “poiché il consiglio è un dono dello Spirito, e non già una prestazione del singolo, il pastore non può che sentirsi obbligato in presenza di consigli saggi, ben ponderati, spirituali che promuovono il bene della comunità”.

Agenzia SIR   18 marzo 2019

https://agensir.it/quotidiano/2019/3/18/chiesa-vergottini-teologo-e-molto-piu-di-una-democrazia

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CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Bassetti: «Per un cattolico è immorale vedere nel migrante un nemico»

Per un cattolico è immorale vedere nel migrante un nemico da combattere o da odiare». Negli ultimi tempi «si è diffuso un clima di paura, a volte alimentato in modo irresponsabile, che ha fatto emergere rigurgiti xenofobi». Parole durissime quelle del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente dei vescovi italiani, che diventano un monito nei giorni dell’ennesimo braccio di ferro tra il ministro dell’Interno Salvini e una nave Ong piena di disperati del mare. Vengono in mente il giuramento sul Vangelo del leader leghista, i richiami all’«accoglienza prudente» di papa Francesco e le polemiche – presenti e accese anche nelle parrocchie – sull’atteggiamento da tenere nei confronti degli immigrati.

Eminenza, un cattolico come deve rapportarsi al tema migranti?

«I cattolici devono rapportarsi al tema dei migranti con grande amore e fede certa, tenendo sempre amente il Vangelo di Matteo: “ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto”. Papa Francesco ha donato alla Chiesa 4 verbi per affrontare la sfida delle migrazioni internazionali: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Quattro verbi che sintetizzano una lunga serie di azioni pastorali ma che hanno un unico grande significato: attraverso l’accoglienza noi scegliamo di accogliere Cristo nella nostra vita e difendiamo la dignità inviolabile di ogni essere umano. Perché – è bene ricordarlo con fermezza – i migranti fanno parte dell’unica famiglia umana e non sono cittadini di serie B. I migranti sono gli ultimi, i piccoli e i poveri di questo mondo e come disse Paolo VI i poveri appartengono alla Chiesa per “diritto evangelico”. Con altrettanta fermezza vorrei ribadire un concetto che forse scomoda i benpensanti: per un cattolico è assolutamente immorale vedere nel migrante un nemico da combattere o da odiare».

L’Italia è inquinata dal razzismo?

«L’Italia è un Paese con una grande tradizione umanitaria ed è abitata da un popolo gioioso e creativo che nei momenti di difficoltà ha sempre dato il meglio di sé. Quindi non direi che l’Italia è inquinata dal razzismo. Penso, però, che negli ultimi anni, complice una durissima crisi economica, si è diffuso un clima di paura e di incertezza, a volte alimentato in modo irresponsabile, che ha contaminato lo spirito pubblico fino a far emergere alcuni rigurgiti xenofobi».

Come bisogna affrontare il diffondersi di populismi e sovranismi? Quali sono i pericoli che ne derivano?

«Ogni epoca storica ha avuto i suoi “ismi” pericolosi: comunismo, fascismo, nazismo, laicismo, relativismo e via discorrendo. Solitamente, tutte queste ideologie hanno promesso all’uomo un paradiso in Terra che consisteva nel benessere e nella felicità. Oggi come ieri bisogna quindi stare molto attenti nel promettere al popolo delle facili ricette. Il rischio grosso è che con il passar del tempo queste ricette si traducano facilmente in soluzioni illusorie e quindi possano generare ancor più frustrazione e rabbia sociale. Penso dunque che sarebbe opportuno tornare a guardare con saggezza e realismo alla tradizione del popolarismo sturziano e al personalismo di Maritain. Il popolo infatti non si accarezza con gli slogan e le promesse mirabolanti ma lo si aiuta a crescere fornendo risposte concrete e parole di verità».

A 100 anni dall’appello di don Sturzo, che cosa sono chiamati a essere e a fare i cattolici in politica? E che ruolo dovrebbero avere i preti e i vescovi?

«I cattolici in politica sono chiamati a mettere in pratica autenticamente la logica del servizio: non si fa politica per carriera, per soldi o per bramosia di potere, ma come impegno di umanità e santità. La politica è una missione in cui i cattolici possono rendere testimonianza al Vangelo servendo con carità il proprio Paese. I pastori invece hanno un altro grande compito: quello di esortare alla fedeltà del magistero della dottrina sociale della Chiesa Cattolica, alla comunione fraterna e alla solidarietà tra le persone. Non mi stancherò mai di dirlo: il laicato cattolico deve superare, una volta per tutte, questa vecchia e sterile divisione tra chi si occupa solo di bioetica e chi soltanto di povertà. Il messaggio sociale del cristianesimo è unitario e si basa sulla salvaguardia della dignità della persona umana in ogni circostanza: dalla maternità al lavoro, dal rapporto con la scienza alla cura dei migranti».

Uno dei temi cruciali per la Chiesa è la famiglia: qual è lo “stato di salute” della famiglia? Di che cosa ha più bisogno?

«A me sembra che oggi siamo in presenza di “famiglie sole” che vivono in un mondo liquido ma che, nonostante le moltissime difficoltà, continuano ad essere “la roccia” della nostra società. Fare una famiglia oggi è un atto di eroismo incredibile perché significa andare totalmente controcorrente. Contro un sistema sociale e culturale che privilegia ogni forma di individualismo rispetto alla famiglia e favorisce ogni desiderio al di là di ogni responsabilità. Oggi sembra quasi impossibile parlare al mondo dell’esistenza di un amore per sempre, che non finisce e non si divide. Eppure, nonostante questa lunga serie di ostacoli che rendono difficile la vita delle coppie, la famiglia continua ad essere un baluardo, anzi, una roccia della nostra esistenza. La prima cosa di cui oggi c’è assoluto bisogno consiste nel ribadire, con forza, che l’unione matrimoniale tra un uomo e una donna, aperta ai figli, non è una struttura residuale della storia, ma è la cellula fondamentale ed insostituibile del nostro vivere in comune».

Che cosa dovrebbero fare i governanti in ambito familiare? C’è un modello di politiche familiari di qualche paese straniero a cui Lei farebbe riferimento?

«I paesi stranieri, soprattutto quelli con una democrazia ancora giovane e con un passato autoritario, non li prenderei come esempio: devono ancora maturare, hanno molta strada da fare. Riguardo all’Italia la prima considerazione da fare è un po’ amara. Perché, al di là delle tante parole, siamo ancora indietro sulle politiche familiari. Il presente e il recente passato sono infatti caratterizzati da tante chiacchiere e pochi fatti. Io penso, invece, che ci siano almeno tre campi su cui agire concretamente:

  1. In primo luogo, un nuovo welfare più vicino alle famiglie che non si traduca soltanto in piccoli interventi monetari ma che produca un nuovo intervento sociale a sostegno delle coppie giovani, dei precari, delle donne e della natalità;
  2.  In secondo luogo, un rafforzamento dell’alleanza scuola-famiglia, in cui gli alunni siano al centro del progetto educativo, i docenti siano valorizzati nella loro professionalità, e le famiglie siano salvaguardate da ogni deriva ideologica in campo educativo;
  3. In terzo luogo, infine, ciò di cui c’è più bisogno, oggi, è una nuova organizzazione del lavoro che si basi sul cosiddetto fattore famiglia».

In che senso?

«Occorre ripensare i tempi di lavoro e bilanciarli con quelli di un armonico sviluppo morale e civile, non solo economico, della famiglia. Sono sicuro che se un lavoratore è inserito in un ambiente di lavoro sereno, rispettoso dei tempi familiari, lavori meglio e la società nel suo insieme ne può trarre beneficio».

Che cosa pensa delle tensioni attorno al Congresso della famiglia di Verona?

«La famiglia sta particolarmente a cuore alla Chiesa, proprio per questo ci dispiace che finisca in polemiche strumentali».

Quanto serviva davvero il reddito cittadinanza?

«Tutto ciò che va in soccorso ai poveri è senza dubbio positivo. E quindi, come Chiesa, riceve la nostra attenzione e il nostro riconoscimento. Direi, però, che ci troviamo di fronte soltanto all’inizio di un tentativo di aiuto nei confronti di chi è in difficoltà. Le politiche di lotta alla povertà, probabilmente, dovranno avere un carattere più organico e non potranno ridursi soltanto all’erogazione temporanea di un reddito. Sarebbe opportuno, infatti, fornire un sostegno diretto al lavoro e all’occupazione. E in più bisognerebbe dare un’attenzione particolare, come ho già detto prima, alle donne in maternità».

A che punto è il piano della Chiesa italiana nella lotta ad abusi e pedofilia?

«Rispetto a questo tema così doloroso la Chiesa in Italia non è rimasta a guardare. Fin dalle Linee guida del 2012 – quelle nuove saranno presentate all’Assemblea generale del prossimo maggio – la Cei ricerca gli strumenti più adeguati a contrastare ogni sorta di abusi. Tra i vescovi, infatti, è ferma la consapevolezza che il primo interesse deve essere rivolto ai ragazzi feriti e alle loro famiglie, ritrovando quel “Me ne importa, mi sta a cuore” di don Milani e, al contempo, rigettando ogni forma di strumentalizzazione. La recente istituzione del Servizio nazionale per la tutela dei minori vuole rispondere a queste priorità, con un cambio di passo fondato su prevenzione e formazione. Il Servizio è al lavoro, a partire dalla costituzione dei Servizi regionali e interdiocesani: con la nomina dei vescovi incaricati da ogni Conferenza episcopale regionale, si sta completando un primo tratto del percorso. A seguire, si individueranno diocesi per diocesi uno o più referenti, da avviare a una formazione specifica. Il territorio già si muove in questo senso, penso alla Lombardia, al Trentino-Alto Adige, all’Emilia Romagna, alla Sardegna: segno dell’adesione convinta al cambio di mentalità chiesto dal Papa».

Papa Francesco: come descriverebbe il suo Pontificato?

«Lo descriverei in tre modi.

  1. Innanzitutto, come un pontificato profetico che ha raccolto lo spirito del Concilio vaticano II e ha rilanciato alcune categorie che erano finite un po’ ai margini. Penso per esempio al dialogo interreligioso, alla conversione pastorale e alla sinodalità.
  2. E in secondo luogo, come il pontificato dell’annuncio del Vangelo sine glossa: l’Evangelii gaudium non è solo il documento programmatico ma è il cuore pulsante dell’azione pastorale di Francesco. Tutto ruota attorno a questo documento pontificio che delinea la cifra morale, spirituale e sociale del pontificato.
  3. E infine, è il pontificato delle periferie. Le periferie umane – si pensi per esempio a Bangui, nella Repubblica Centrafricana, dove è iniziato il giubileo della misericordia – e le periferie esistenziali del mondo contemporaneo. Il Papa ha dunque restituito la centralità a Cristo e ha dato l’immagine di una Chiesa che, a raggiera, è diffusa nel mondo intero».

Come percepisce il futuro prossimo della Chiesa? Quali sono le Sue principali preoccupazioni e ansie e quali le speranze?

«Il futuro non ci appartiene, ma penso che in questi anni sono stati avviati dei processi i cui frutti si potranno comprendere tra molto tempo. Il grande tema della sinodalità, per esempio, se opportunamente sviluppato saprà fornire alla Chiesa un volto nuovo, sempre più autentico, partecipato e meno autoreferenziale. Un primo passaggio lo avremo nell’incontro di riflessione e di spiritualità per la pace nel Mediterraneo che si svolgerà a Bari nel febbraio 2020. Quella sarà una prima grande occasione per sperimentare concretamente lo spirito sinodale e per proporre soluzioni concrete per i problemi che affliggono il Mediterraneo».

La donna nella Chiesa: è un rapporto e una presenza che deve ricevere maggiore attenzione e riconoscimento?

«Senza dubbio sì. Occorre una presenza femminile di qualità e non solo di quantità. È necessario, per il bene della Chiesa, una maggiore presenza femminile nei luoghi di indirizzo pastorale e nei ruoli apicali della Chiesa. Non certo per una questione di suddivisione delle cariche in base ad una sorta di quota rosa ma per avere una visione diversa e più completa. Sono sicuro che su molti temi, tutti noi pastori abbiamo molto da imparare dalle donne».

Intervista di Domenico Agasso jr ” La Stampa Vatican Insider” 20 marzo 2019

www.lastampa.it/2019/03/20/vaticaninsider/bassetti-per-un-cattolico-immorale-vedere-nel-migrante-un-nemico-Bzq0xfE6DjvjXdkweRbJjP/pagina.html

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CONGEDI PARENTALI

Congedo di maternità, paternità, parentale: gli aspetti principali in una sintesi aggiornata, le novità 2019

I lavoratore dipendenti e, in misura minore gli autonomi, godono di alcuni periodi collegati alla nascita dei figli in cui è possibile astenersi dal lavoro godendo pero di una indennità economica garantita di norma dall’INPS. Vediamo le principali misure previste per la tutela della genitorialità.

Il congedo di maternità è il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro riconosciuto alla lavoratrice durante il periodo di gravidanza e puerperio. Durante il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro la lavoratrice percepisce un’indennità economica in sostituzione della retribuzione. Il diritto al congedo ed alla relativa indennità spettano anche in caso di adozione o affidamento di minori.

In presenza di determinate condizioni che impediscono alla madre di beneficiare del congedo di maternità, il diritto all’astensione dal lavoro ed alla relativa indennità spettano al padre (congedo di paternità).

A chi spetta il congedo di maternità retribuito:

  • Alle lavoratrici dipendenti assicurate all’Inps anche per la maternità (apprendiste, operaie, impiegate, dirigenti) aventi un rapporto di lavoro in corso alla data di inizio del congedo;
  • Alle disoccupate o sospese se ricorre una delle seguenti condizioni (art. 24 T.U.):
  • Il congedo di maternità sia iniziato entro 60 giorni dall’ultimo giorno di lavoro,
  • Il congedo di maternità sia iniziato oltre i predetti 60 giorni, ma sussiste il diritto all’indennità di disoccupazione, alla mobilità oppure alla cassa integrazione. Per le disoccupate che negli ultimi due anni hanno svolto lavori esclusi dal contributo per la disoccupazione, il diritto all’indennità di maternità sussiste a condizione che il congedo di maternità sia iniziato entro 180 giorni dall’ultimo giorno di lavoro e che siano stati versati all’Inps 26 contributi settimanali negli ultimi due anni precedenti l’inizio del congedo stesso;
  • Alle lavoratrici agricole a tempo indeterminato ed alle lavoratrici agricole tempo determinato che nell’anno di inizio del congedo siano in possesso della qualità di bracciante comprovata dall’iscrizione negli elenchi nominativi annuali per almeno 51 giornate di lavoro agricolo (art. 63 T.U.);
  • Alle lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari (colf e badanti) che hanno 26 contributi settimanali nell’anno precedente l’inizio del congedo di maternità oppure 52 contributi settimanali nei due anni precedenti l’inizio del congedo stesso (art. 62 del T.U.);
  • Alle lavoratrici a domicilio (art. 61 T.U.);
  • Alle lavoratrici LSU o APU (attività socialmente utili o di pubblica utilità di cui all’art. 65 del T.U.).
  • Lavoratrici iscritte alla Gestione Separata INPS e non pensionate, tenute però a versare il contributo con l’aliquota maggiorata prevista dalla legge per finanziare le prestazioni economiche di maternità. La relativa indennità è riconosciuta a prescindere dall’effettiva astensione dall’attività lavorativa; alle lavoratrici dipendenti da amministrazioni pubbliche (che percepiscono la relativa indennità dall’amministrazione cui appartengono, corrispondente al trattamento economico, secondo quanto disposto dagli articoli 2 e 57 del TU.)

A questi soggetti spetta di norma:

  1. Prima del parto
  • I 2 mesi precedenti la data presunta del parto (salvo flessibilità) e il giorno del parto;
  • I periodi di interdizione anticipata disposti dall’azienda sanitaria locale (per gravidanza a rischio) oppure dalla direzione territoriale del lavoro (per mansioni incompatibili).
  1. Dopo il parto
  • I 3 mesi successivi al parto (salvo flessibilità) e, in caso di parto avvenuto dopo la data presunta, i giorni compresi tra la data presunta e la data effettiva;
  • In caso di parto anticipato rispetto alla data presunta (parto prematuro o precoce), ai tre mesi dopo il parto si aggiungono i giorni non goduti prima del parto, anche qualora la somma dei 3 mesi di post partum e dei giorni compresi tra la data effettiva del parto ed la data presunta del parto, superi il limite complessivo di cinque mesi;
  • I periodi di interdizione prorogata disposti dalla direzione territoriale del lavoro (per mansioni incompatibili con il puerperio).

Con la legge di bilancio 2019 il congedo per le neomamme lavoratrici è cambiato nel senso che è data la scelta alla madre di spostare in avanti il periodo utilizzandolo tutto dopo il parto. Infatti, chi vorrà (con via libera del medico) potrà rimanere al lavoro fino al nono mese, portandosi “in dote” l’intero periodo di astensione di 5 mesi a dopo il parto.

In caso di parto gemellare la durata del congedo di maternità non varia.

In caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata, la madre può sospendere, in tutto o in parte, il congedo post partum (art. 16 bis comma 1 T.U.), riprendendo nel frattempo l’attività lavorativa e differendo la fruizione del periodo di congedo residuo a partire dalla data di dimissioni del bambino. Tale diritto può essere esercitato una sola volta per ogni figlio subordinatamente alla sussistenza della compatibilità della ripresa dell’attività lavorativa con il proprio stato di salute (comma 2 dell’art. 16 bis T.U.). Tale compatibilità, per espressa disposizione normativa, è comprovata da “attestazione medica che dichiari la compatibilità dello stato di salute della donna con la ripresa dell’attività lavorativa”.

In caso di interruzione di gravidanza che si verifica dopo i 180 giorni dall’inizio della gestazione (180simo giorno incluso), nonché in caso di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità, la lavoratrice ha diritto ad astenersi dal lavoro per l’intero periodo di congedo di maternità salvo che la stessa non si avvalga della facoltà di riprendere l’attività lavorativa (art. 16, comma 1 bis, del T.U. modificato dal D.lgs. 119/2011).

In caso di adozione o affidamento nazionale di minore di cui alla legge 184/1983 il congedo di maternità spetta per i 5 mesi successivi all’effettivo ingresso in famiglia del minore adottato o affidato preadottivamente nonché per il giorno dell’ingresso stesso

Per le adozioni o gli affidamenti preadottivi internazionali di cui alla legge 184/1983 il congedo spetta per i 5 mesi successivi all’ingresso in Italia del minore adottato o affidato nonché per il giorno dell’ingresso in Italia. Fermo restando il periodo complessivo di 5 mesi, il periodo di congedo può essere fruito, anche parzialmente, prima dell’ingresso in Italia del minore. Il periodo di congedo non fruito antecedentemente all’ingresso in Italia del minore, è fruito, anche frazionatamente, entro i 5 mesi dal giorno successivo all’ingresso medesimo. I periodi di permanenza all’estero, seguiti da un provvedimento di adozione o affidamento validi in Italia, possono essere indennizzati a titolo di congedo di maternità. Per i periodi di permanenza all’estero è previsto anche un congedo non retribuito, né indennizzato (art. 26, comma 4, T.U. maternità/paternità).

In caso di affidamento non preadottivo di cui alla legge 184/1983 il congedo spetta per un periodo di 3 mesi da fruire, anche in modo frazionato, entro l’arco temporale di 5 mesi dalla data di affidamento del minore.

Congedi di paternità sostitutivi della madre e congedi legge di stabilità 2019

ü  L’art. 28 del D.lgs. 151/2001, riconosce il congedo di paternità, ossia il diritto al padre lavoratore di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla madre lavoratrice, ma solo nei seguenti casi:

  • Morte o grave infermità della madre. La morte della madre dev’essere attestata mediante compilazione dell’apposita dichiarazione di responsabilità predisposta nella domanda telematica; la certificazione sanitaria comprovante la grave infermità va presentata in busta chiusa al centro medico legale dell’Inps, allo sportello oppure a mezzo raccomandata postale;
  • Abbandono del figlio da parte della madre. L’abbandono (o mancato riconoscimento del neonato) da parte della madre dev’essere attestato mediante compilazione dell’apposita dichiarazione di responsabilità predisposta nella domanda telematica;
  • Affidamento esclusivo del figlio al padre (art. 155 bis cod. civ.). L’affidamento esclusivo può essere comprovato allegando alla domanda telematica copia del provvedimento giudiziario con il quale l’affidamento esclusivo è stato disposto oppure comunicando gli estremi del provvedimento giudiziario ed il tribunale che lo ha emesso;
  • Rinuncia totale o parziale della madre lavoratrice al congedo di maternità alla stessa spettante in caso di adozione o affidamento di minori. La rinuncia è attestata dal richiedente mediante compilazione dell’apposita dichiarazione di responsabilità predisposta nella domanda telematica.
  • Il congedo di paternità, che decorre dalla data in cui si verifica uno degli eventi suindicati (morte, grave infermità e così via), coincide temporalmente con il periodo di congedo di maternità non fruito dalla lavoratrice madre, anche nel caso di madre lavoratrice autonoma avente diritto all’indennità prevista dall’art.66 T.U. In caso di madre non lavoratrice, il congedo di paternità termina al terzo mese dopo il parto.
  • In caso di ricovero del bambino in una struttura ospedaliera, il congedo di paternità può essere sospeso, in tutto o in parte, fino alla data di dimissioni del bambino.
  • Retribuzione spettante: durante i periodi di congedo di maternità (o paternità) la lavoratrice (o il lavoratore) ha diritto a percepire un’indennità economica pari all’80% della retribuzione giornaliera calcolata sulla base dell’ultimo periodo di paga scaduto immediatamente precedente l’inizio del congedo di maternità quindi, di regola, sulla base dell’ultimo mese di lavoro precedente il mese di inizio del congedo (art. 22 e seguenti del T.U.). Di regola, l’indennità è anticipata in busta paga dal datore di lavoro.

Congedo obbligatorio e congedo facoltativo per i padri (legge di stabilità 2019). Il congedo obbligatorio retribuito per i padri lavoratori dipendenti era stato istituito dalla legge Fornero del 2012, per un solo giorno e poi portato a due giorni dalla legge di stabilità 2015 per il 2016 e 2017. La finalità della norma era contribuire alla promozione di una “cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli all’interno della coppia e per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”.

La stessa legge aveva anche istituito il congedo facoltativo, in alternativa a uno dei giorni di congedo materno, su libera scelta dei genitori

La legge di bilancio 2019 ha esteso la misura: per le nascite che avvengono nel 2019 i padri hanno diritto a 5 giorni di congedo obbligatorio e sempre 1 giorno di astensione facoltativa.

Per i giorni di astensione dal lavoro i padri lavoratori godono della retribuzione piena, erogata dall’INPS, ma anticipata di norma dai datori di lavoro.

Il congedo di paternità obbligatorio può essere effettuato in concomitanza con l’assenza della madre e quindi si aggiunge al congedo di maternità.

Quello facoltativo invece si fruisce in alternativa ad uno dei giorni di astensione della madre.

Hanno diritto al congedo di paternità anche i lavoratori in cassa integrazione e in mobilità.

Sono esclusi i lavoratori dipendenti della pubblica amministrazione.

Congedo parentale. Il congedo parentale non va confuso con il congedo di maternità/paternità, infatti esso si traduce in periodo di astensione facoltativo dal lavoro concesso ai genitori per prendersi cura del bambino nei suoi primi anni di vita e soddisfare i suoi bisogni affettivi e relazionali.

Il congedo parentale è rivolto a lavoratrici e lavoratori dipendenti, ma non ai genitori disoccupati o sospesi, ai genitori lavoratori domestici, ai genitori lavoratori a domicilio.

Il congedo parentale spetta ai genitori naturali, che siano in costanza di rapporto di lavoro, entro i primi 12 anni di vita del bambino per un periodo complessivo tra i due genitori non superiore a 10 mesi. I mesi salgono a 11 se il padre lavoratore si astiene dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato di almeno tre mesi. Tale periodo complessivo può essere fruito dai genitori anche contemporaneamente. Se il rapporto di lavoro cessa all’inizio o durante il periodo di congedo, il diritto al congedo stesso viene meno dalla data di interruzione del lavoro.

Tale diritto spetta:

  • Alla madre lavoratrice dipendente per un periodo continuativo o frazionato di massimo 6 mesi;
  • Al padre lavoratore dipendente per un periodo continuativo o frazionato di massimo 6 mesi, che possono diventare 7 in caso di astensione dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato di almeno 3 mesi;
  • Al padre lavoratore dipendente, anche durante il periodo di astensione obbligatoria della madre (a partire dal giorno successivo al parto) e anche se la stessa non lavora;
  • Al genitore solo (padre o madre) per un periodo continuativo o frazionato di massimo 10 mesi.

Ai lavoratori dipendenti che siano genitori adottivi o affidatari, il congedo parentale spetta con le stesse modalità dei genitori naturali, quindi entro i primi 12 anni dall’ingresso del minore nella famiglia indipendentemente dall’età del bambino all’atto dell’adozione o affidamento e non oltre il compimento della maggiore età.

La legge 24 dicembre 2012, n. 228, ha introdotto la possibilità di frazionare a ore il congedo parentale, rinviando tuttavia alla contrattazione collettiva di settore il compito di stabilire le modalità di fruizione.

Il decreto legislativo 25 giugno 2015, n. 81, ha previsto infine la possibilità di chiedere la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in tempo parziale, al posto del congedo parentale o entro i limiti del congedo ancora spettante. La riduzione dell’orario non deve però superare il 50%. Ai genitori lavoratori dipendenti spetta:

  • Un’indennità pari al 30% della retribuzione media giornaliera, calcolata in base alla retribuzione del mese precedente l’inizio del periodo di congedo, entro i primi 6 anni di età del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) e per un periodo massimo complessivo (madre e/o padre) di sei mesi;
  • Un’indennità pari al 30% della retribuzione media giornaliera, dai 6 anni e un giorno agli 8 anni di età del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento), solo se il reddito individuale del genitore richiedente è inferiore a 2,5 volte l’importo annuo del trattamento minimo di pensione ed entrambi i genitori non ne abbiano fruito nei primi sei anni o per la parte non fruita anche eccedente il periodo massimo complessivo di sei mesi;
  • Nessuna indennità dagli 8 anni e un giorno ai 12 anni di età del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento).

La domanda va inoltrata prima dell’inizio del periodo richiesto. Se viene presentata dopo saranno pagati solo i giorni di congedo successivi alla data di presentazione della domanda. Per le lavoratrici e i lavoratori dipendenti, l’indennità è anticipata dal datore di lavoro, tranne per gli operai agricoli a tempo determinato, i lavoratori stagionali a termine e i lavoratori dello spettacolo a tempo determinato, per i quali è previsto il pagamento diretto dall’INPS, così come per le lavoratrici e i lavoratori iscritti alla Gestione Separata e per le lavoratrici autonome.

Il diritto all’indennità si prescrive entro un anno e decorre dal giorno successivo alla fine del periodo indennizzabile.

Remo Christopher Borghese            Fisco e tasse   22 marzo 2019

www.fiscoetasse.com/approfondimenti/13364-congedi-parentali-2019.html

 

Come prolungare maternità fino al settimo mese

Fattori di rischio e lavori usuranti quali pre-requisiti da porre a fondamento delle domande per estendere il diritto alla maternità nel post partum.

            “Son tutte belle le mamme del mondo” cantava Claudio Villa, ma da quel lontano 1954 di acqua ne è passata sotto ai ponti. E se la bellezza delle mamme di allora la si doveva anche al clan familiare che circondava le puerpere di attenzioni per consentire loro di riprendere a pieno le forze dopo lo stress del parto, oggi con i ritmi imposti da una vita personale e lavorativa sempre più incalzante, le neo mamme hanno bisogno, forse più di prima, di tutele a sostegno della maternità. Una tutela che deve avere di mira in primis le mamme che lavorano, perché, inutile dirlo, c’è lavoro e lavoro. Inoltre è bene sin da ora sgomberare il campo dalle false credenze secondo cui una volta nato il bambino, il più è fatto. Questa è infatti una mezza verità che dimentica però la delicatezza del periodo “post partum”. Un focus quello del “post partum” che non è sfuggito al legislatore che specie dagli ultimi anni in avanti ha predisposto una serie di strumenti a tutela della maternità. È ormai un fatto di comune acquisizione, che la donna lavoratrice abbia diritto ad un periodo di cinque mesi di astensione obbligatoria dal lavoro, diversamente modulati, a cavallo del parto, ma magari non tutti sono a conoscenza di come prolungare maternità fino al settimo mese del bambino. Se anche tu senti di rientrare nella cerchia di coloro che non ne sanno abbastanza sul punto, continua a seguirci. Una migliore salvaguardia dei diritti delle mamme e dei loro piccoli non potrà che ripercuotersi positivamente su tutti coloro che le circondano.

Esiste una norma a tutela della maternità? La risposta è affermativa. Nello specifico si tratta di un Decreto Legislativo risalente al 2001 [D. Lgs n. 151 del 26.03.2001] con questo specifico nome “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità […]”.

            In buona sostanza, tra gli obiettivi che questo strumento di legge persegue, c’è anche la tutela della salute della donna che lavora, senza tralasciare i profili connessi alla sua sicurezza. Se quindi la mamma ha diritto ad un range di cinque mesi di astensione dal lavoro quale periodo fisiologico per una sana ripresa, delle forze fisiche e psicologiche, è bene sapere che tale periodo può prolungarsi fino al settimo mese di vita del bambino.

I fattori di rischio che estendono la maternità fino a sette mesi. Tra i fattori che possono mettere a rischio la salute della mamma e quindi, di conseguenza, anche quella del bambino, si possono annoverare alcune macroaree. Passiamole in rassegna alla luce delle disposizioni di un apposito dettato normativo [Art. 17 co. 2 lett c) del D.Lgs 151/2001].

  • Agenti fisici. Rientrano in questo macrogruppo le posizioni adottate per l’espletamento delle mansioni lavorative, nonché i movimenti eseguiti per portare a termine il lavoro.

Nel dettaglio, tra le posture/posizioni assunte nel turno di lavoro considerate a rischio si annoverano:

  • posizione in piedi per più di metà del turno di lavoro;
  • posizione seduta fissa o postura fissa;
  • necessità di salire/scendere costantemente dal sedile/sedia del posto di lavoro;
  • lavoro svolto prevalentemente su scale o impalcature;

Tra i movimenti da attenzionare vi rientrano:

  • movimentazione manuale di pesi che comporta lo spostamento di un certo tot di chilogrammi con una certa frequenza nel turno di lavoro;
  • movimenti ripetitivi degli arti superiori: è questo ad esempio il caso in cui la lavoratrice sia addetta alla fase di assemblaggio o carteggiatura, in osservanza a ritmi di lavoro imposti.

Tra le esposizioni a fattori di rischio vanno considerate:

  • le esposizioni a radiazioni ionizzanti o anche non ionizzanti;
  • le esposizioni a rumori superiori a 80 decibel.

Tra le tipologie di lavori che possono produrre effetti fisici non salutari, si rammentano:

  • lavori che richiedono l’uso di utensili comportanti vibrazioni/scuotimenti;
  • lavori con macchine azionate a pedale;
  • lavori a bordo di mezzi di trasporto.
  • Microclima: da ultimo, ma non certo per ordine d’importanza, va considerato il cosiddetto microclima sfavorevole in quanto sottoposto a sollecitazioni termiche: è questo il caso in cui la lavoratrice sia esposta, per le particolari mansioni svolte, a temperature elevate (come è ad esempio nel caso di vicinanza a forni), o temperature rigide (che ricorre nel caso di vicinanza a celle frigorifere) o anche umidità.
  • Agenti biologici. L’esposizione ad agenti biologici è di frequente legata a particolari tipologie di lavori; è questo ad esempio il caso della mamma lavoratrice che si trovi esposta al contatto con materiali di origine umana o animale (si pensi ai contesti che abbiano a che fare con l’allevamento e la cura del bestiame), o anche con agenti infettivi (come ad esempio nel caso di lavori svolti all’interno di reparti di malattie infettive).
  • Agenti chimici. L’esposizione a sostanze chimiche ricorre ad esempio nei casi in cui la donna per il lavoro che svolge si trovi a diretto contatto di sostanze tossiche. Rientra altresì nel range di tutela anche l’ipotesi in cui la lavoratrice lavori anche “solo” nelle immediate vicinanze di realtà dove si utilizzino sostanze tossiche. A tale riguardo vale la pena specificare che sono considerate tossiche tutte le polveri di varia natura, nonché i fumi di saldatura, il piombo, gli olii minerali, i vapori, i gas, i vapori di vernici, i diluenti, i solventi, i collanti, i sigillanti e i prodotti vari per la pulizia.
  • Altro. Rientrano altresì tra le fattispecie sotto sorveglianza stretta anche le mansioni in cui la mamma lavoratrice sia preposta a:
  • l’assistenza e cura di malati nei reparti di malattie nervose, mentali e nei sanatori, nonché con i bambini e con le persone affette da qualche disabilità (rientrano in tali fattispecie i lavori svolti nei reparti/servizi psichiatrici, nelle comunità/case protette);
  • lavoro notturno, considerandosi tale quello che deve necessariamente essere svolto a partire dalle ore 24:00 fino alle 6:00 di mattina.

Esistono dei settori lavorativi più a rischio per le mamme? La risposta è affermativa anche se per una valutazione più specifica si dovrà passare al vaglio ogni singolo caso con tutte le variabili che questo potrà comportare. Volendo procedere con una rapida carrellata dei lavori “pericolosi” per le lavoratrici, specie nel pre e nel post partum, questi sono gli ambienti da cui è meglio “stare alla larga”:

  • ristorazione, commercio alimentare, agricoltura. In tutti questi casi la lavoratrice è infatti esposta alla possibilità di lavorare in “microclima” (ad esempio in cucine troppo calde o celle frigorifere), costretta a posture obbligate, o a mansioni troppo faticose e a contatto con fattori biologici o agenti chimici;
  • settore industriale: anche in tali i casi i rischi possono essere connessi alla tenuta di posture obbligate, o al lavoro su scale e impalcature, a contatto con agenti chimici ecc.;
  • settore di parrucchieria ed estetica. La postura obbligata di estetiste e parrucchiere associata all’utilizzo di prodotti chimici e biologici può esporre a rischi la lavoratrice;
  • settore sanità. Tale ambiente espone la donna a particolari carichi di fatica fisica e stress, nonché a posture incongrue, o anche ad eventuale contatto con radiazioni, agenti infettivi, elementi biologici;
  • settore scuola. In tale ambiente la donna può essere esposta ad un alto rischio di contrarre infezioni, o di subire colpi in conseguenza della frequente movimentazione di bambini, ma anche le posture adottate potenzialmente incongrue potrebbero costituire un fattore di rischio, come anche la fatica fisica e lo stress.

Seguono anche altri settori che per un motivo o l’altro non possono considerarsi alleati delle mamme in attesa né delle neo mamme:

  • industria dell’abbigliamento/tessile;
  • impresa di pulizie;
  • industria farmaceutica;
  • industria del legno;
  • lavanderie;
  • industrie metalmeccaniche;
  • industrie per la lavorazione di materie plastiche;
  • industrie per la lavorazione delle pelli.

Cosa fare per ottenere l’estensione della maternità fino al settimo mese? Laddove ricorrano una o più delle condizioni elencate sopra, la lavoratrice dovrà attivarsi inoltrando una apposita domanda indirizzata alla direzione territoriale (provinciale) del lavoro di cui al link (i moduli sono comunque reperibili sul sito del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali), specificando quali fattori mettano a rischio la sua salute nel post partum.

            La data a partire dalla quale sarà possibile procedere con l’inoltro di tale istanza è quella del parto; per cui laddove ricorrano le condizioni che rendano il lavoro espletato dalla lavoratrice potenzialmente rischioso per la salute di mamma e bambino, meglio attivarsi sin dai primi giorni successivi al parto al fine di essere certi che la propria pratica venga istruita in tempo utile per l’estensione del congedo di maternità fino ai sette mesi di vita del bambino.

            È pur vero che in linea di massima la direzione territoriale dovrebbe rispondere nell’arco di una settimana dall’avvenuta ricezione, ma visto che la prudenza non è mai troppa, meglio evitare di ridursi agli ultimi giorni. Resta comunque inteso che la direzione territoriale, a suo insindacabile giudizio, valuterà la presenza o meno di effettivi rischi lavorativi, e al contempo se ci sia l’eventualità di un possibile trasferimento in altra sede o mansione lavorativa che potrebbe comportare anche una temporanea assegnazione ad una mansione di livello inferiore con il mantenimento però della retribuzione erogata prima della gravidanza.

            Laddove poi non fosse possibile né il trasferimento in altra sede aziendale, né un mutamento di mansione, si dovrà necessariamente optare per un periodo aggiuntivo di astensione dal lavoro.

            In buona sostanza la lavoratrice potrà temporaneamente venire assegnata ad altra mansione non pericolosa, essere trasferita, o maturare il diritto all’astensione dal lavoro. Per potere accedere a queste “corsie privilegiate”, non sarà però sufficiente che la lavoratrice produca l’istanza di cui sopra, ma dovrà altresì allegare alla domanda una ben specifica documentazione tale da comprovare lo stato di rischio a cui la medesima è esposta.

            Nel dettaglio i documenti da produrre sono i seguenti:

ü  copia del certificato di gravidanza;

ü  autocertificazione di nascita del figlio;

ü  schede di rilevazione rischi per lavoratrici madri debitamente compilate;

ü  fotocopia carta d’identità;

ü  copia avviso di ricevimento da parte del datore di lavoro di raccomandata o notifica e-mail/posta certificata del certificato di gravidanza/autocertificazione di nascita.

Trattandosi di astensione obbligatoria dal lavoro, la retribuzione a cui ha diritto la mamma lavoratrice è del 100% nel rispetto del livello a cui la stessa era adibita prima della gravidanza e del parto, anche nel caso di temporaneo spostamento ad un profilo di livello inferiore. Inoltre è bene rammentare che l’inosservanza da parte del datore di lavoro delle prescrizioni a tutela della lavoratrice madre è punita con l’arresto fino a sei mesi.

Quali rischi per il puerperio e per l’allattamento? È stato documentato che l’esposizione della mamma ad ambienti considerati insalubri per i motivi sopra esposti, è dannosa sia per l’integrità psico-fisica della donna sia per l’allattamento. Va da sé quindi che la mamma che allatta deve perseguire uno stile di vita più sano possibile al fine di non pregiudicare la qualità del suo latte.

            Pregiudizio che può verificarsi sia laddove l’ambiente di lavoro sia oggettivamente insalubre perché magari pregno di sostanze nocive per la salute di mamma e bambino, ma anche laddove siano i ritmi serrati o i rumori assordanti a mettere a rischio la cosiddetta montata lattea. Non a caso nella domanda tipo da inoltrare per l’estensione della maternità fino ai sette mesi di vita del bambino, esiste un’apposita scheda per la rilevazione rischi per il puerperio e l’allattamento.

            Tra i “sorvegliati speciali” anche i ritmi lavorativi e le pause imposte che potrebbero incidere negativamente sull’allattamento. Quindi perché rischiare quando esistono gli strumenti normativi a tutela sia del pre che del post partum? Meglio informarsi prima per valutare se, come e quando dar corso alla pratica per l’estensione della maternità a sette mesi. Tante infatti sono le situazioni lavorative che, se debitamente circostanziate in fase di domanda, possono dare diritto ad una estensione del periodo di maternità fino al settimo mese dal parto.

Maria Teresa Biscarini         La legge per tutti       20 marzo 2019

www.laleggepertutti.it/276902_come-prolungare-maternita-fino-al-settimo-mese

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CONGRESSI – CONVEGNI – SEMINARI

Congresso di Verona. Parolin: famiglia, d’accordo nella sostanza non sulle modalità

«Siamo d’accordo nella sostanza non sulle modalità». È la sintesi, efficacissima, di quanto la Chiesa pensa del Congresso mondiale delle famiglie in programma a Verona dal 29 al 31 marzo. A dirlo è stato ieri il Segretario di Stato vaticano, cardinale Piero Parolin, a margine della cerimonia per i 150 anni dell’ospedale Bambino Gesù. E a chi ha definito i cattolici “sfigati”, il porporato spiega pazientemente: «Sono parole che non usiamo…».

            Cosa vuol dire «d’accordo nella sostanza non sulle modalità»? Venerdì scorso, alla conferenza stampa di presentazione, uno dei leader del Congresso, il neurochirurgo Massimo Gandolfini, ha ribadito la totale condivisione con il magistero della Chiesa sulla famiglia, con la dottrina sociale e con la Costituzione. Questa è la sostanza. Le modalità riguardano invece il rischio dell’uso strumentale di questi valori per obiettivi politici. O, meglio, di uno schieramento unico, visto che tra i politici attesi al Congresso ci sono soprattutto leghisti: il vicepremier Salvini, il ministro della famiglia Fontana, quello dell’Istruzione Bussetti, il governatore Zaia. Ieri Di Maio ha ribadito che «nessun membro del M5S, né del governo né del parlamento, andrà al congresso» di Verona. Mentre il quadro internazionale sembra prevalentemente caratterizzato dalla partecipazione di leader sovranisti da Ungheria, Moldavia, Polonia.

            Preoccupazioni espresse ieri anche da un comunicato della diocesi di Verona: «Alla Diocesi di Verona sta molto a cuore la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio che considera la sorgente fondamentale e vitale della convivenza civile. Consapevole delle fragilità del nostro tempo, la Chiesa veronese – si legge nel testo – è impegnata nel promuovere iniziative inclusive e di sostegno per tutte le situazioni di difficoltà familiare a livello sociale, lavorativo e affettivo. Oggi c’è bisogno di più famiglia non di meno.

E la politica potrebbe fare di più e meglio. Nello stesso tempo la Diocesi di Verona – prosegue il comunicato – si astiene dal prendere parte al conflitto politico su di un tema che, ritiene, non meriti il linguaggio violento e ideologico di questi giorni. Invita piuttosto a elaborare idee e proposte il più possibile condivise, a sostegno e a difesa delle persone che vivono situazione di fragilità affettiva, senza nulla togliere al valore di ogni dibattito che nasce da sensibilità diverse».

            Una presa di posizione diventata urgente visto il clima sempre più teso che si respira intorno al Congresso. Ieri è stato diffuso un manifesto firmato da un centinaio di docenti dell’Università di Verona, in particolare dal Dipartimento di Scienze sociali. Ordinari e ricercatori prendono le distanze dai relatori. E il rettore dell’Università, Nicola Sartor, ha parlato di “empirismo” a proposito di alcune delle tesi portate avanti dai relatori annunciati. Annunciati perché, a dieci giorni dall’evento, il programma definitivo non c’è ancora.

Luciano Moia             Avvenire                    19 marzo 2019

www.avvenire.it/famiglia-e-vita/pagine/famiglia-congresso-mondiale-verona-parolin

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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM

Cremona. Iniziative per genitori con figli adolescenti e per mamme con intervento cesareo

  • Il Consultorio organizza un ciclo di incontri dal titolo “Genitori e figli: i cambiamenti in adolescenza”. I percorsi, attivati presso la sede di via Milano 5, sono rivolto ai genitori di ragazze e ragazzi nati negli anni dal 2002 al 2005, e hanno l’obiettivo di essere uno spazio di incontro e confronto riguardo a differenti tematiche ed esperienze legate alla fase di vita che i ragazzi e le famiglie stanno vivendo.

            Il percorso si snoda lungo tre incontri di un’ora e mezza ciascuno e sono condotti dalla psicologa Marianna Bufano e dall’educatore Mattia Carbini, dell’équipe del consultorio.

            Il percorso è gratuito e prevede la partecipazione di un numero massimo di 15 persone: si attiverà con l’iscrizione di almeno 5 genitori.

www.diocesidicremona.it/blog/genitori-e-figli-i-cambiamenti-in-adolescenza-ciclo-di-incontri-al-consultorio-ucipem-25-03-2019.html

  • Quando il parto è stato cesareo. Tre incontri dal 4 aprile 2019 con l’ostetrica Linda Gabbi e la psicologa Paola Pighi.

www.ucipemcremona.it/content/parto-cesareo-2019

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DALLA NAVATA

3° Domenica di Quaresima – Anno C –24 marzo 2019

Esodo              ..03, 15. Dio disse ancora a Mosè: «Dirai agli Israeliti: “Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi”. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione».

Salmo              102, 08. Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore.

1Corinzi           10, 12. Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere.

Luca                 13, 03. Io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo

 

Quell’invito a cambiare rotta su ogni fronte

Che colpa avevano i diciotto morti sotto il crollo della torre di Siloe? E quelli colpiti da un terremoto, da un atto di terrorismo, da una malattia sono forse castigati da Dio? La risposta di Gesù è netta: non è Dio che fa cadere torri o aerei, non è la mano di Dio che architetta sventure.

Ricordiamo l’episodio del “cieco nato”: chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché nascesse così? Gesù allontana subito, immediatamente, questa visione: né lui, né i suoi genitori. Non è il peccato il perno della storia, l’asse attorno al quale ruota il mondo. Dio non spreca la sua eternità e potenza in castighi, lotta con noi contro ogni male, lui è mano viva che fa ripartire la vita. Infatti aggiunge: Se non vi convertirete, perirete tutti.

            Conversione è l’inversione di rotta della nave che, se continua così, va diritta sugli scogli. Non serve fare la conta dei buoni e dei cattivi, bisogna riconoscere che è tutto un mondo che deve cambiare direzione: nelle relazioni, nella politica, nella economia, nella ecologia. Mai come oggi sentiamo attuale questo appello accorato di Gesù. Mai come oggi capiamo che tutto nel Creato è in stretta connessione: se ci sono milioni di poveri senza dignità né istruzione, sarà tutto il mondo ad essere deprivato del loro contributo; se la natura è avvelenata, muore anche l’umanità; l’estinzione di una specie equivale a una mutilazione di tutti.

            Convertitevi alla parola compimento della legge: ” tu amerai”. Amatevi, altrimenti vi distruggerete. Il Vangelo è tutto qui. Alla gravità di queste parole fa da contrappunto la fiducia della piccola parabola del fico sterile: il padrone si è stancato, pretende frutti, farà tagliare l’albero. Invece il contadino sapiente, con il cuore nel futuro, dice: “ancora un anno di cure e gusteremo il frutto”. Ancora un anno, ancora sole, pioggia e cure perché quest’albero, che sono io, è buono e darà frutto. Dio contadino, chino su di me, ortolano fiducioso di questo piccolo orto in cui ha seminato così tanto per tirar su così poco. Eppure continua a inviare germi vitali, sole, pioggia, fiducia. Lui crede in me prima ancora che io dica sì. Il suo scopo è lavorare per far fiorire la vita: il frutto dell’estate prossima vale più di tre anni di sterilità. E allora avvia processi, inizia percorsi, ci consegna un anticipo di fiducia. E non puoi sapere di quanta esposizione al sole di Dio avrà bisogno una creatura per giungere all’armonia e alla fioritura della sua vita. Perciò abbi fiducia, sii indulgente verso tutti, e anche verso te stesso.

            La primavera non si lascia sgomentare, né la Pasqua si arrende. La fiducia è una vela che sospinge la storia. E, vedrai, ciò che tarda verrà.

p. Ermes Ronchi OSM

www.qumran2.net/parolenuove/commenti.php?mostra_id=45440

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DIRITTO DI FAMIGLIA

Danno endofamiliare: il danno da privazione della figura genitoriale

Il danno endofamiliare va riconosciuto nel pieno rispetto dei principi relativi al danno-conseguenza, sulla base delle risultanze probatorie acquisite ed accuratamente esaminate, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. Il che vuol dire la risarcibilità del pregiudizio di natura non patrimoniale, quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale.

Il danno da privazione della figura genitoriale. La responsabilità genitoriale sorge al momento della nascita del figlio poiché discende dal mero fatto della procreazione e pertanto non cessa per effetto della separazione o della cessazione degli effetti civili del matrimonio. L’abbandono consapevole del genitore, purché doloso, viola i doveri nascenti dal rapporto di filiazione ed è risarcibile a titolo di danno non patrimoniale poiché lesivo dello status di figlio, costituzionalmente garantito. Siffatta lesione non è riconoscibile in re ipsa, ma deve essere provata.

            La violazione dei doveri di mantenimento, istruzione ed educazione dei genitori verso la prole (nella specie il disinteresse mostrato dal padre nei confronti del figlio per lunghi anni) non trova sanzione solo nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, potendo integrare gli estremi dell’illecito civile, ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti; questa, pertanto, può dar luogo ad un’autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell’art. 2059 c.c. esercitabile anche nell’ambito dell’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità e maternità (Cass. civ., sez. I, 10 aprile 2012, n. 5652).

            Al di là del ricorso a varie figure di danno, diversamente denominate per meri fini descrittivi, la giurisprudenza di legittimità ha consolidato, in base a un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., la risarcibilità del pregiudizio di natura non patrimoniale, quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale. Non può dubitarsi come il disinteresse dimostrato da un genitore nei confronti di un figlio, manifestatosi per lunghi anni e connotato, quindi, dalla violazione degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione, determini un vulnus, dalle conseguenze di entità rimarchevole ed anche, purtroppo, ineliminabili, a quei diritti che, scaturendo dal rapporto di filiazione, trovano nella Carta costituzionale (in part., artt. 2 e 30), e nelle norme di natura internazionale recepite nel nostro ordinamento un elevato grado di riconoscimento e di tutela.

Rassegna giurisprudenziale.

  • In materia di danno endofamiliare, il presupposto della responsabilità del genitore e del conseguente diritto del figlio al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali è costituito dalla consapevolezza del concepimento da parte del genitore inadempiente. Tale consapevolezza, in particolare, non si identifica con la certezza assoluta derivante esclusivamente dalla prova ematologica, ma si compone di una serie di indizi univoci e di fatti convergenti verso la chiara rappresentazione della verosimile derivazione biologica del figlio dal genitore convenuto in giudizio (Trib. Rimini, sez. unica, 3 febbraio 2018).
  • La liquidazione del danno non patrimoniale conseguente al mancato riconoscimento dello status di filiazione da parte del genitore va liquidato in via equitativa sulla base delle prove processuali ricondotte alle ricadute negative sulla salute e sulla vita del figlio. A tali fini è utilizzabile il criterio del minimo tabellare in uso per la liquidazione del danno da morte del padre. Tuttavia, tale parametro va corretto tenendo conto della differenza tra lutto da morte e abbandono. Fino alla maggiore età del figlio, l’unico legittimato attivo all’azione di risarcimento ex art. 2043 c.c., per il danno conseguente all’inadempimento del mantenimento del figlio, e degli altri strumenti tipici del sistema penale e civile, è la madre (Trib. Torino, 5 giugno 2014).
  • La violazione dei doveri di mantenimento, istruzione ed educazione dei genitori verso la prole, a causa del disinteresse mostrato nei confronti dei figli per lunghi anni, integra gli estremi dell’illecito civile, cagionando la lesione di diritti costituzionalmente protetti, e dà luogo ad un’autonoma azione dei medesimi figli volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell’art. 2059 c.c. In particolare, è un comportamento rilevatore di responsabilità genitoriale l’avere deprivato i figli della figura genitoriale paterna, che costituisce un fondamentale punto di riferimento soprattutto nella fase della crescita, e idoneo ad integrare un fatto generatore di responsabilità aquiliana. La voce di pregiudizio in esame sfugge a precise quantificazioni in moneta e, pertanto, si impone la liquidazione in via equitativa ex art. 1226 c.c. In merito alla quantificazione in concreto, in caso di danno endofamiliare da privazione del rapporto genitoriale, può essere applica, come riferimento liquidatorio, la voce ad hoc prevista dalle tabelle giurisprudenziali adottate dall’Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano (“perdita del genitore”) (Trib. Milano, sez. IX, 23 luglio 2014).
  • Il danno da perdita del rapporto parentale va al di là del mero dolore che la morte in sé di una persona cara provoca nei prossimi congiunti che le sopravvivono, concretandosi esso in a) nel vuoto costituito dal non potere più godere della presenza e del rapporto con chi è venuto meno e perciò nell’irrimediabile distruzione di un sistema di vita basato sull’affettività, sulla condivisione, sulla rassicurante quotidianità, nonché b) nel non potere fare più ciò che per anni si è fatto e c) nell’alterazione che una scomparsa del genere inevitabilmente produce anche nelle relazioni tra superstiti (Trib. Genova, 29 gennaio 2019).

Elena Falletti In Pratica Famiglia estratto Altalex, 11 marzo 2019

www.altalex.com/documents/biblioteca/2019/03/25/il-danno-da-privazione-della-figura-genitoriale

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FAMIGLIA

Nuovo Osservatorio, mons. Paglia: “Famiglia nella cabina di regia della storia”

Presentato oggi a Roma l’Osservatorio Internazionale per la Famiglia, costituito dall’Istituto Teologico Giovanni Paolo II insieme al Cisf-Centro Internazionale Studi Famiglia e all’Universidad Católica San Antonio di Murcia in Spagna

            “La famiglia, che viene colpita in maniera a volte drammatica, è però la risorsa che può maggiormente raddrizzare il pianeta”, così mons. Vincenzo Paglia, gran cancelliere del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II. Questo nuovo strumento di osservazione è stato concepito da mons. Paglia durante i lavori del Sinodo sulla famiglia, dopo l’esortazione alla concretezza espressa da Papa Francesco, ed è un modo per guardare con occhi spirituali, ma anche storici, alle condizioni della famiglia nel mondo di oggi. L’Istituto si appoggerà nelle sue ricerche anche sulla forza delle Caritas, capaci di registrare in maniera capillare le realtà dei diversi territori in cui operano.

Uno strumento concreto per la teologia. “L’Osservatorio – come sottolinea mons. Pierangelo Sequeri, preside dell’Istituto – è il braccio intelligente per elaborare una dottrina persuasiva”. Spesso infatti, ha spiegato il preside, “la teologia si è scordata di indicare un ordine di referenza, mentre il Cristianesimo è una fede in cui anche Dio ha un ordine di referenza, che è l’incarnazione di Gesù”. L’Osservatorio permetterà agli istituti accademici un’ulteriore qualificazione, divenendo un momento strutturale dell’elaborazione della conoscenza. Mons. Sequeri ha fatto emergere come le difficoltà economiche incidano non solo sulla costituzione dei legami famigliari, ma anche sulla costituzione del senso dei legami. Di qui l’urgenza di approfondire gli studi sul campo attraverso questa nuova realtà.

Famiglia e povertà un piano di ricerca triennale. Francesco Belletti, direttore del Cisf, ha illustrato il Piano triennale Famiglia e Povertà che con un metodo scientifico sperimentale porterà avanti in una dozzina di nazioni le indagini sulla famiglia, focalizzando l’attenzione sui rischi di una povertà non solo economica, ma anche relazionale. Sarà elaborato un questionario a livello centrale, che poi verrà declinato localmente. La famiglia sarà considerata come soggetto economico, educativo, come soggetto di cura e reciprocità e come luogo generativo di appartenenza e identità. Il presidente dell’Universidad Católica San Antonio di Murcia in Spagna, José Luis Medoza Perez, è tornato poi sugli aspetti spirituali ricordando l’importanza di tenere come modello la famiglia di Nazareth.

L’Esortazione Apostolica Amoris Lætitia, che al secondo capitolo parte con un’accurata analisi delle famiglie nel mondo contemporaneo, ci spinge a comprendere come guardare la realtà sia determinante anche per chi vuole riflettere sia nella prospettiva teologica sia in quella pastorale su questa istituzione che è senza dubbio il cardine dell’intera società umana. Non è un caso che per parlare del mondo intero si parla di “famiglia umana”, sino a parlare di “famiglia delle nazioni”, cioè la dimensione della famigliarità è la cifra per comprendere la vita del mondo intero. In questo senso, avere uno sguardo che cerca di cogliere la realtà concreta nel contesto contemporaneo, mi pare una condizione indispensabile. Un’accademia ispirata dalla visione cristiana ha la necessità di guardare la realtà così come essa è. Papa Francesco direbbe di “avere i piedi per terra”. E tenere i piedi per terra vuol dire allora dotarsi di strumenti che possano offrire dati, indicazioni concrete che riflettano la complessità e il progresso storico di questa situazione.

D. – Citava anche il ruolo delle Caritas.

R. – Quale migliore occasione attraverso le Caritas presenti in tutto il mondo per avere dati che riguardano appunto tutte le nazioni? E poiché non siamo un’associazione di statistici, sebbene la statistica sia importante, abbiamo però attraverso le Caritas una lettura e un’interpretazione della situazione che è particolarmente preziosa, proprio perché riesce ad entrare all’interno dei numeri, perché riesce a scoprire la ricchezza e la drammaticità delle singole situazioni.

D. – La famiglia è in crisi o la famiglia è la soluzione alla crisi?

R. – Sulla famiglia, oggi, si sta abbattendo la crisi della globalizzazione e si sta vivendo un singolare paradosso che vede i legami famigliari per un verso come i più desiderati – tutti desiderano una famiglia –; per altro verso sulla famiglia si abbattono le violenze più drammatiche. In effetti vediamo la famiglia infragilirsi. A questo punto interviene il Papa, unica istituzione al mondo che convoca tutti per porre l’attenzione sulla famiglia. La famiglia, che viene colpita in maniera a volte drammatica, è però la risorsa che può maggiormente raddrizzare il pianeta. Questo momento può essere di crisi drammatica, se perdiamo le visioni e le energie; può essere di crisi di crescita se riusciamo a raccogliere dalla profondità del cristianesimo, delle religioni e anche dall’umanesimo laico le profondità che hanno reso la famiglia fino ad oggi il vero cardine della società. È urgente! E questo osservatorio è un piccolo segno; bisogna riporre la centralità della famiglia nella società contemporanea. Insomma riportiamo la famiglia nella cabina di regia della storia.

A illustrare nel dettaglio il Piano triennale Famiglia e Povertà il direttore del Cisf, Francesco Belletti.

Audio interviste a mons. Paglia e al prof. Belletti

Eugenio Murrali – Vatican news 21 marzo 2019

www.vaticannews.va/it/chiesa/news/2019-03/osservatori o-paglia-famiglia-cabina-regia-storia.html

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FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI

Educazione alla cittadinanza digitale per la scuola del terzo millennio

Educare alla cittadinanza digitale significa rendere i soggetti capaci di esercitare i propri diritti (civili e politici) utilizzando in maniera critica e consapevole la Rete e i media. La cittadinanza in sé è uno status da cui derivano diritti, ma anche doveri soprattutto legati alla convivenza e all’essere parte di una società. Nello stesso modo, un cittadino digitale quando agisce in uno spazio online è tenuto a rispettare una serie di norme e regole specifiche create al fine di tutelare la libertà di tutti (come il rispetto della privacy o la tutela del diritto d’autore) e garantire un contesto, seppur virtuale, giusto e ordinato. Nella società postmoderna, dove le tecnologie sono entrate a far parte della vita quotidiana, è indispensabile dotare gli studenti, cittadini del futuro, delle competenze necessarie per utilizzare responsabilmente questi device evitando i pericoli nascosti nel web come truffe, adescamento o plagio. Educarli ad un uso critico significa anche prevenire fenomeni come il cyberbullismo, insegnando ai ragazzi le conseguenze, spesso gravi, che i comportamenti scorretti sui social media hanno nella vita reale.

            A questo tema sarà dedicato il convegno di studio organizzato a Roma il 2 aprile 2019 che vedrà riuniti e pronti a confrontarsi esperti in ambito educativo, rappresentanti politici e istituzionali e di associazioni familiari. Nella prima parte dell’incontro, insieme a docenti di pedagogia e sociologia provenienti dalle università italiane, interverrà il Presidente Indire Giovanni Biondi per presentare il movimento delle Avanguardie educative. Il Dott. Biondi ha spesso sostenuto l’idea che il modello scolastico ha bisogno di essere trasformato, se vuole cogliere le opportunità offerte dalla nuove tecnologie. È indispensabile che la scuola impari a conoscere questi strumenti perché sono il mezzo di comunicazione prediletto da tutti i discenti che crescono in un mondo intriso di “high tech”: questo “aggiornamento” consente, infatti, al sistema d’istruzione di parlare lo stesso linguaggio dei suoi destinatari, ovvero le nuove generazioni.

Proprio per questo il Presidente citerà le Avanguardie educative, quale movimento di innovazione nato con il preciso obiettivo di ripensare l’organizzazione della Didattica, del Tempo e dello Spazio del ‘fare scuola’ e che presenta alle scuole italiane proposte concrete d’innovazione che gli consentano di stare al passo con i tempi.                                                                                    www.indire.it/progetto/avanguardie-educative

L’incontro sarà moderato dal giornalista de Il Sole 24 ore Claudio Tucci, esperto di education e mercato del lavoro.

www.forumfamiglie.org/2019/03/25/educazione-alla-cittadinanza-digitale-indire-interviene-al-convegno-di-roma

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MIGRANTI

Don Ciotti e la sua “Lettera” che smonta i pregiudizi

Ci invadono, ci rubano il lavoro, ci rendono più poveri: il fondatore di “Libera” spiega con i numeri perché non è così. «Caro razzista, sei sicuro che le difficoltà in cui viviamo sono colpa dei migranti che ci portano via il lavoro, che sporcano, che rubano?».

Don Luigi Ciotti prova a sfatare, a suon di numeri, luoghi comuni e falsi miti che avvelenano il “pianeta immigrazione”. Il fondatore di Libera, in “Lettera a un razzista del terzo millennio” (Edizioni Gruppo Abele, a 20 giorni dall’uscita già secondo nella classifica delle vendite di saggistica), parte da una premessa: la povertà crescente. Ma chiede al suo razzista immaginario: «Sei sicuro che la causa siano i migranti? Sai, intanto, quanti sono? Cinque milioni e 65mila persone. Ci sono anche gli stranieri che hanno ottenuto la cittadinanza italiana (180mila nel 2016) e i cosiddetti irregolari stimati in poco più di 400mila. Nel nostro Paese c’è uno straniero ogni quindici cittadini e gli irregolari sono meno di uno ogni centoquaranta cittadini.

Un numero significativo ma non certo un’invasione e, in ogni caso, inferiore a quello dei Paesi europei a noi più simili: la Germania, dove gli stranieri sono 9 milioni 845mila, pari al 12% della popolazione o la Spagna nella quale sono 6 milioni 466mila. E pensa che in Svizzera gli stranieri sono ben il 23% degli abitanti».

Ma gli immigrati ci rendono più poveri? «Gli occupati stranieri — scrive don Ciotti — sono il 10,5% della popolazione attiva e producono il 9,9% del Pil». «Mediamente — spiega — hanno retribuzioni inferiori e lavorano soprattutto nel settore alberghiero e della ristorazione, nell’edilizia, nell’agricoltura e nei servizi di cura alle persone. Ci rubano il lavoro? Non certo negli ultimi settori indicati, da anni abbandonati dagli italiani e in cui sono frequenti le situazioni di sfruttamento, basta pensare alla raccolta dei pomodori in Puglia o in Campania».

E ancora: gli immigrati sono dei privilegiati. Sicuri? «Fino al novembre scorso il ministero dell’Interno spendeva per ogni richiedente asilo 35 euro. Ma quel contributo veniva versato ai diversi enti che si occupano dell’accoglienza, con un residuo (il pocket money) di 2,50 euro al giorno per ogni migrante. Significa che quei 35 euro alimentano una serie di attività lavorative di italiani, perché tali sono pressoché in toto gli operatori delle strutture di accoglienza. Spesi, dunque, per i richiedenti asilo, ma al 90% a beneficio di italiani».

Vladimiro Polchi                    “la Repubblica” 18 marzo 2019

https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2019/03/17/news/razzismo-221851459

https://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt201903/190318polchi.pdf

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PARLAMENTO

Senato della Repubblica – Commissione Giustizia – Ddl n. 950

Disegno di legge n. 950. Modifica dell’articolo 1 del codice civile in materia di riconoscimento della capacità giuridica del concepito, presentato il 22 dicembre 2018 (Maurizio Gasparri), assegnato alla 2° Commissione Giustizia in sede redigente (non ancora iniziato l’esame)

Sede redigente: è la seconda procedura speciale prevista dai regolamenti di Camera e Senato; la commissione ha gli stessi compiti che aveva quando operava in sede referente con l’aggiunta che la sua votazione sui singoli articoli del progetto di legge assume carattere di definitività, e il testo che viene presentato alla Camera sarà votato nella sua interezza (senza quindi procedere alla votazione articolo per articolo; sono esclusi da questo procedimento le materie per le quali vi è una riserva di assemblea, citate nella Sede referente)

 

Ddl 950- Art. 1. L’articolo 1 del codice civile è sostituito dal seguente:

«Art. 1. (Capacità giuridica) Ogni essere umano ha la capacità giuridica fin dal momento del concepimento.

I diritti patrimoniali che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all’evento della nascita».

www.senato.it/japp/bgt/showdoc/18/DDLPRES/0/1084953/index.html?part=ddlpres_ddlpres1-relpres_relpres1

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REVERSIBILITÀ

Reversibilità alla moglie anche senza mantenimento

Corte di Cassazione, sezione Lavoro, ordinanza n. 7464, 15 marzo 2019

www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_33944_1.pdf

Per la Cassazione, il coniuge separato, anche se non beneficia dell’assegno di mantenimento, ha diritto a percepire la pensione di reversibilità dell’ex. L’ordinanza della Cassazione ribalta le decisioni di primo e secondo grado che hanno negato a una vedova separata il diritto alla pensione di reversibilità dell’ex coniuge. Per la Corte di legittimità il giudice di secondo grado non ha tenuto conto della pronuncia della Consulta n. 286/1987 che ha ritenuto non giustificabile il diniego al coniuge a cui è stata addebitata la separazione, di una tutela (pensione di reversibilità) che garantisca la continuità dei mezzi di sostentamento che il marito (defunto) sarebbe tenuto a procurargli.

La Corte d’appello conferma la sentenza di primo grado con cui viene rigettata la domanda avanzata per ottenere la pensione di reversibilità da parte del coniuge separato privo del diritto agli alimenti. Per il giudice di secondo grado, in assenza del diritto agli alimenti, il coniuge non può attivare la richiesta, dopo la morte dell’ex, del trattamento previdenziale a suo vantaggio. La pensione di reversibilità è la prosecuzione del pregresso diritto alla pensione del defunto avente diritto solo in favore di terzi aventi diritto. L’ex moglie ricorre in Cassazione perché secondo giurisprudenza la pensione di reversibilità spetta anche al coniuge separato per colpa o con addebito.

La reversibilità spetta anche se l’ex non percepisce il mantenimento. La vedova separata non beneficiava dell’assegno di mantenimento al momento del decesso dell’ex coniuge. Per questo le è stato negato dalla Corte d’Appello la pensione di reversibilità. Per la Cassazione però il ricorso della donna è fondato e merita accoglimento.

La Corte Costituzionale con sentenza n. 286/1987 ha stabilito che la pensione di reversibilità “va riconosciuta al coniuge separato per colpa o con addebito, equiparato sotto ogni profilo al coniuge superstite (separato o non) e in favore del quale opera la presunzione legale di vivenza a carico del lavoratore al momento della morte.” La Consulta, con la sentenza suddetta ha precisato infatti che non è “più giustificabile il diniego, al coniuge a cui fosse stata addebitata la separazione, di una tutela che assicuri la continuità dei mezzi di sostentamento che il defunto coniuge sarebbe stato tenuto a fornirgli.”

Per la Cassazione la legge n. 903/1965 predispone una tutela previdenziale con la finalità “di porre il coniuge superstite al riparo dall’eventualità dello stato di bisogno, senza che tale stato di bisogno divenga (anche per il coniuge separato per colpa o con addebito) concreto presupposto e condizione della tutela medesima.”

Annamaria Villafrate                                  Studio Cataldi      19 marzo 2019

www.studiocataldi.it/articoli/33944-reversibilita-alla-moglie-anche-senza-mantenimento.asp

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