NewsUCIPEM n. 734 –30 dicembre 2018

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“Notiziario Ucipem” unica rivista ufficiale – registrata Tribunale Milano n. 116 del 25.2.1984

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News gratuite si propongono di riprendere dai media e inviare informazioni, di recente acquisizione, che siano d’interesse per gli operatori dei consultori familiari e quanti seguono nella società civile e nelle comunità ecclesiali le problematiche familiari e consultoriali.

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02 AUGURI                                                        Il Natale di un tempo oscuro.

03 ABUSI                                                            Chiarificare le procedure ma soprattutto cambiare atteggiamento

04 AFFIDO CONDIVISO                                 Pernottamento dal padre. Verso un modello più flessibile di affido

05 AMORIS LÆTITIA                                      A proposito di «Amoris lætitia».

07                                                                          Le verità della fede.

09 ASSEGNO DIVORZILE                              La costituzione di nuova convivenza lo fa venire meno.

09 BIOLOGIA                                                   Ricerca: nel cromosoma X il segreto della longevità in rosa.

10 CHIESA CATTOLICA                                  Corporeità e sessualità: le donne invisibili.

12 COMM.ADOZIONI INTERNAZION.     Autorizzazione per l’anno 2019.

12 CONFERENZA EPISCOPALE italiana   ”Salvini attacchi noi vescovoni ma lasci stare chi aiuta gli altri”.

13 CONSULENZA COPPIA E FAMIGLIA   Il consulente Familiare – ottobre-dicembre 2018.

14 CONSULTORI UCIPEM                            Bologna. Formazione Integrata alle Relazioni.

14                                                                          Mantova. Etica Salute & Famiglia – dicembre 2018.

15                                                       Milano1. Istituto La Casa (nuova sede) News n. 2 – dicembre 2018.

15                                                                                            Corsi e gruppi 2019.

16 DALLA NAVATA                                         S. Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe – Anno C 30 dicembre 2018.

16                                                                          La Famiglia di Nazaret ‘scuola’ di amore.

17                                                                          Luca, l’evangelista delle donne.

17 DIRITTI                                                          alla salute del minore: facciamo il punto sugli aspetti più discussi.

18 ENTI TERZO SETTORE                               La tassa sui buoni.

19 FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI    Affido Condiviso. Il contributo del Forum.

19 FRANCESCO VESCOVO DI ROMA        Giornata mondiale della pace            

21                                                       La “mini-enciclica” di Francesco sulla buona e vera politica.

23 MATRIMONIO                                           Congedo matrimoniale per chi si sposa in chiesa.

24                                                       Quando la famiglia di lui non ti accetta che fare?

26 MINORI                                                        Consiglio d’Europa: manuale per professionisti sui minori migranti.

27 PASTORALE                                                 Omosessualità e vita cristiana. Le iniziative pastorali in Francia.

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Il Natale di un tempo oscuro

Forse, per comprendere meglio il mistero del Natale, dovremmo fare astrazione, almeno per un certo periodo, da quelle immagini con cui la fantasia ha ammobiliato la nostra mente e che ricorrono quasi necessariamente quando pronunciamo questo nome. Si tratta per lo più di immagini prese dal racconto del Vangelo secondo Luca. Esso ci lascia un’impressione di luminosità e di serenità: una grande luce compare sulla terra (Lc 2,9), si ode il cantico di pace di una moltitudine dell’esercito celeste (Lc 2, 13-14), mentre con i pastori andiamo ad adorare il bambino che è nato (Lc 2, 15) e incontriamo Maria e Giuseppe che contemplano il loro primogenito (Lc 2, 16).

Tutto questo è vero e fa parte del mistero del Natale. Ma è importante anche ricordare il contesto oscuro in cui tutto ciò avviene. Un viaggio faticoso da Nazaret a Gerusalemme per soddisfare la vanità di un imperatore, le pesanti ripulse ricevute da Giuseppe che cerca un posto dove possa nascere il bambino, il freddo della notte, il disinteresse con cui il mondo accoglie il figlio di Dio che nasce. E su tutto questo grava una pesante cappa di grigiore, di incredulità, di superficialità e di scetticismo, evidenziata nelle gravissime ingiustizie presenti allora nel mondo. Non si può dire che il contesto del primo Natale fosse un contesto di luce e di serenità, ma piuttosto di oscurità, di dolore e anche di disperazione.

Il mistero del peccato. Anche oggi, come allora, possiamo lamentarci di vivere in un periodo particolarmente oscuro e difficile. Basta pensare alla pesante crisi economica che mette tante famiglie in difficoltà, all’ingiustizia globale, alla crescente intolleranza verso gli stranieri e i poveri. Si aggiungano le tensioni religiose, gli smarrimenti delle giovani generazioni. Non sappiamo dire se il nostro contesto sia più oscuro e pesante di quello del primo Natale. D’altra parte è difficile che si possa trovare nella storia dell’umanità un contesto veramente favorevole all’uomo e alla sua dignità. Questo fa parte del mistero del peccato, che è un mistero di assurdità e di irrazionalità.

In tale quadro possiamo chiederci: come opera il mistero del Natale? Come affronta un contesto ostile o indifferente? Che cosa sa dire per il vero bene e la dignità dell’uomo?

In primo luogo appare chiaro che il mistero del Natale è un mistero di modestia e di piccolezza. Non ha la pretesa di introdurre modifiche di grande livello, che mutino il contesto in tempi brevi. E tuttavia il mistero del Natale introduce nel cammino storico dell’uomo quegli atteggiamenti quasi impercettibili, ma che permettono di cogliere la verità dei rapporti e di modificarli nel senso di un rispetto dell’altro, di una riverenza e di un’accettazione tali da poter influire anche su contesti più ampi.

Tre segnali di speranza. Alcuni di questi atteggiamenti riguardano ogni tempo e situazione. Altri sono più specifici del nostro tempo e ad essi vorrei invitare a dare uno sguardo privilegiato. Ne segnalo tre.

  1. Anzitutto un crescente amore e desiderio della Parola di Dio, specialmente di quella contenuta nella Bibbia. Essa si è manifestata sia nel recente Sinodo universale dei vescovi sia, in Italia, nella Bibbia letta notte e giorno, senza interruzione, per una settimana. Quest’ultima iniziativa, quasi una sorta di maratona biblica, non mancava di qualche ambiguità. Ma il comportamento dei lettori e dei fedeli e l’accoglienza silenziosa e riverente del pubblico hanno mitigato i timori della vigilia. Soprattutto vorrei ricordare, in questo amore alla Parola di Dio, la crescente capacità dei laici di leggere le Scritture e di pregare a partire da esse. Se si giungerà così a compiere finalmente il voto del Concilio Vaticano II (cfr Dei Verbum, n. 26), avremo un segnale di speranza che non deluderà.
  2. Vorrei ricordare, come secondo segnale, il crescente desiderio di apertura ecumenica e interreligiosa, che vuole contrastare efficacemente le chiusure etniche e confessionali.
  3. Ma soprattutto vorrei menzionare una serie di gesti che ho conosciuto in Israele che, non nascendo da un terreno propriamente biblico o cristiano, mi sono sembrati fiori purissimi germinati per opera dello Spirito Santo, che mostra la sua presenza anche nelle pieghe più difficili del mondo di oggi. Si tratta di famiglie ebraiche e palestinesi, che hanno subito ciascuna un lutto grave a causa della violenza (per esempio una ragazza uccisa in un attentato terroristico o un giovane ucciso in operazioni di guerra). Ora, invece di crogiolarsi nel desiderio di vendetta, queste persone si sono chieste: ma se io soffro tanto a causa di questa violenza ingiusta, quale sarà la sofferenza dell’altra parte per una violenza analoga? Così queste persone si sono cercate, hanno parlato e pianto insieme, e hanno elaborato insieme iniziative di pace e di riconciliazione coinvolgendo anche altri.

Questo fiore del Vangelo nato in un terreno non religioso mi è sembrato un segnale importantissimo della presenza di Dio in ogni cuore e mi dà motivo di speranza anche in un contesto oscuro e difficile come il nostro.

Card. Carlo Maria Martini S J (15 febbraio 1927, † 31 agosto 2012)

3 settembre 2012       L’ultimo articolo su Popoli www.popoli.info/EasyNe2/Primo_piano/Il_Natale_di_un_tempo_oscuro_-_L_ultimo_articolo_su_Popoli_del_cardinal_Martini.aspx

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ABUSI

Vertice in Vaticano sugli abusi: chiarificare le procedure ma soprattutto cambiare atteggiamento

“A febbraio 2019 prossimo la Chiesa ribadirà la sua ferma volontà nel proseguire sulla strada della purificazione dagli abusi sessuali, s’interrogherà su come proteggere i bambini, evitare tali sciagure, curare e reintegrare le vittime”. Lo ha ricordato Papa Francesco, il 21 dicembre 2018 nel suo discorso alla Curia per gli auguri di Natale, presentando l’incontro su “La protezione dei minori nella Chiesa” in programma in Vaticano dal 21 al 24 febbraio del prossimo anno. Il padre gesuita Hans Zollner, referente del comitato organizzatore dell’incontro di febbraio e membro della Pontificia Commissione per la Protezione de minori, commenta così queste parole del Papa:

            R. – Il Santo Padre ha certamente messo in evidenza tutti gli aspetti che devono essere trattati in questo incontro; però, noi vogliamo vedere anche come possiamo mettere sul tavolo la questione della responsabilità dei vescovi in modo da avere maggiore chiarezza su chi deve fare che cosa e chi deve controllare se le cose che il Santo Padre e la Chiesa, i dicasteri hanno ordinato di fare veramente siano effettivamente fatte.

Il Papa ha detto che la Chiesa non cercherà mai di insabbiare o sottovalutare nessun caso: questo anche è un impegno che richiede procedure concrete.

            R. – Questo richiede due cose: una chiarificazione delle procedure, che non sono tanto chiare, soprattutto quando parliamo della corresponsabilità di un vescovo o di un provinciale o del capo di una Chiesa orientale rispetto a ciò che fanno altri vescovi, altri provinciali e anche i superiori. E la seconda cosa: oltre alle procedure, dobbiamo puntare a un cambiamento di atteggiamento. Le regole, le leggi come tali, non cambiano il cuore: questo lo vediamo non solo in Europa, lo vediamo in tutto il mondo. E perciò dobbiamo anche vedere come rafforzare in tutta la Chiesa questo atteggiamento di apertura e attenzione alla protezione dei minori, perché questo è un atteggiamento che Gesù ci insegna.

            Padre Zollner, quanto è rimasto colpito del fatto che nel discorso natalizio alla Curia il Papa abbia voluto ringraziare vivamente gli operatori dei media che sono stati onesti e oggettivi e che hanno cercato di smascherare i cosiddetti “lupi” e dare voce alle vittime?

R. – Certamente è una cosa molto significativa ed è stata notata; ma posso anche confermare che la stragrande maggioranza dei giornalisti con cui ho avuto modo di lavorare negli ultimi 8-10 anni sono stati veramente onesti: fanno il loro mestiere e, se qualcosa non va, loro devono fare per forza luce su queste cose e quindi svolgere il loro compito, il loro lavoro quotidiano. Raramente ho incontrato persone che volessero semplicemente distruggere, cercare lo scandalo dove non c’era. Loro mettono in evidenza lo scandalo che è stato prodotto da un membro della Chiesa, da un rappresentante della Chiesa e quindi questa è una cosa che deve aiutarci a essere onesti, ad assumerci la nostra responsabilità e a prendere le decisioni che ne conseguono.

            Per chiudere, padre Zollner: quali frutti davvero si aspetta dall’incontro di febbraio?

            R. – Un frutto che auspico certamente è quello che tutta la Chiesa, rappresentata dai presidenti delle Conferenze episcopali, dai capi delle Chiese orientali, dai rappresentanti degli Ordini religiosi e delle Congregazioni, prendano veramente consapevolezza dell’urgenza di porre la protezione dei minori e il rendere giustizia alle vittime come priorità per tutte le azioni della Chiesa: per l’apostolato, per la missione, per l’educazione e per tutto ciò che riguarda l’apostolato sociale e caritatevole. I più vulnerabili, che sono i bambini, devono essere al centro della nostra attenzione e dove è stato fatto un danno – a volte irreparabile – dobbiamo fare il possibile affinché queste persone ricevano almeno il sostegno che è loro dovuto.

            Nel quaderno numero 4044 della rivista La Civiltà Cattolica, pubblicato nel mese corrente, è apparso un articolo firmato dal padre gesuita Federico Lombardi, presidente della Fondazione Ratzinger-Benedetto XVI e già direttore della Sala Stampa della Santa Sede, dedicato all’incontro di febbraio in Vaticano sulla protezione dei minori. Padre Lombardi così commenta la scelta fatta da Papa Francesco di dedicare al tema degli abusi il suo discorso alla Curia per gli auguri natalizi.

            R. – Quest’anno il Papa, evidentemente, dato che ci troviamo a soli due mesi da questo incontro così importante che lui ha convocato con tutti i presidenti delle Conferenze episcopali per affrontare il tema della protezione dei minori, guarda avanti, e ci vuole preparare gradualmente a questo incontro, al suo spirito, alle sue finalità.

            Un evento, quello di febbraio, padre Lombardi, che va collocato in un contesto storico, fatto di abusi, ma anche di passi importanti della Chiesa per combatterli.

            R. – C’è un’attesa grandissima per questo evento di fine febbraio. Allo stesso tempo bisogna collocarlo bene nello sviluppo della tematica e del modo in cui la Chiesa l’ha affrontata, la affronta e ne viene sfidata. Non è una cosa che è cominciata oggi né ieri ma già alcuni decenni fa, e c’è già tutta una storia di crisi gravissime, di momenti di crisi della Chiesa in diversi Paesi del mondo: negli Stati Uniti, in Germania, in Australia, più recentemente in Cile e in altri Paesi. Ma c’è anche tutto un cammino fatto nell’affrontare queste crisi. Abbiamo avuto gli episcopati di tanti Paesi che hanno preso delle iniziative importanti, hanno cercato di capire veramente che cosa era successo e come avvicinarsi ai problemi delle vittime, come stabilire una cultura di prevenzione. E anche la Chiesa a livello universale, in particolare Papa Benedetto XVI, ha rinnovato le norme canoniche che riguardano proprio tutta la dimensione penale nei confronti dei crimini, tra cui quello degli abusi sessuali nei confronti di minori, uno dei crimini più gravi. Poi ci sono state delle lettere della Congregazione per la Dottrina della Fede che hanno invitato gli episcopati a formulare delle linee guida su come affrontare, nelle chiese che da loro dipendono, questa tematica; e così via. Ecco, quindi dobbiamo capire che il problema è un problema gravissimo, molto importante per la società e per la Chiesa: che c’è un vero rinnovamento da fare nella Chiesa, che c’è anche una lunghissima strada da fare; allo stesso tempo, non partiamo dal punto zero.

            Quindi ci sono parti della Chiesa universale che hanno già affrontato il problema della lotta agli abusi e della prevenzione, ma altre parti che invece sono in ritardo.

            R. – Per questo Papa Francesco si rende conto della globalità del problema e invita tutti i presidenti delle Conferenze episcopali, cioè i rappresentanti di tutto l’episcopato del mondo, in modo tale che la Chiesa, insieme, come popolo di Dio in cammino, con tutte le sue componenti non solo di gerarchia – naturalmente anzitutto di gerarchia come responsabili, ma come responsabili di un popolo di Dio che cammina nell’insieme –  affronti questo problema in modo sempre più deciso, profondo e ampio, così da poter anche svolgere un servizio non solo per il rinnovamento interiore della Chiesa, ma anche un servizio per la società circostante.

Fabio Colagrande – Città del Vaticano A cura di Radio Vaticana Italia 27 dicembre 2018

www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2018-12/abusi-interviste-a-p-zollner-e-p-lombardi.html

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AFFIDO CONDIVISO

Pernottamento dal padre. Trieste verso un modello più flessibile di affido.

Decreto del Tribunale di Trieste 5 settembre 2018

Il fatto. Dall’unione di una giovane coppia nasceva un bimbo. La coppia entrava in crisi subito dopo la nascita del figlio. Su ricorso della madre veniva chiesta al Tribunale la regolamentazione delle modalità di affidamento del minore con un collocamento prevalente presso la madre, senza pernottamento col padre fino al compimento dei tre anni e un contributo al mantenimento oltre al 70% delle spese straordinarie.

            Tenuto conto dell’età del minore, ormai svezzato, in assenza di elementi concreti nel senso di un’inadeguatezza del padre, il collegio triestino ha ritenuto di disporre una regolamentazione del collocamento con l’immediata introduzione dei pernotti, sebbene graduale.

            Nella specie, in una prima fase la presenza del minore è stata prevista per una notte a settimana (dal mercoledì mattina, fino al giovedì alle 13:00 circa), per poi, a distanza di circa sei mesi, passare ad una seconda notte (dal mese di aprile 2019, dal lunedì alle 13.30 circa, fino a martedì alle 9:30 circa) e, dopo il compimento del terzo anno d’età, ad un ulteriore pernotto (il giovedì pomeriggio fino al venerdì mattina alle 9:30 circa, o, comunque, con accompagnamento all’asilo/scuola materna).

            Questa modulazione del pernottamento del minore presso il padre è valutato in relazione alla sussistenza di uno specifico interesse dello stesso dopo la fase di “svezzamento”.

            La decisione triestina favorisce, dunque, la circostanza del pernotto con il padre, con una indicazione sui tempi, come occasione funzionale al benessere del minore.

            E’ nelle cose, infatti, che, per lo più, trascorrere periodi di convivenza anche con il genitore non affidatario rappresenti il miglior modo affinché il figlio possa conservare quel corretto e compiuto rapporto con entrambi i genitori, che, di solito, corrisponde all’interesse del figlio stesso.

            L’affidamento congiunto. Una prima importante conseguenza della necessità di decidere sempre allo scopo di tutelare al meglio l’interesse concreto della prole minorenne, va ravvisata nella individuazione del significato stesso di “affidamento ad entrambi i genitori” che va ravvisata, nel fatto che solo raramente l’affidamento condiviso potrà comportare anche la collocazione della prole presso entrambi i genitori. Salvo ipotesi assai particolari, in altri termini, l’affidamento “bigenitoriale” non ricalca il vecchio “affidamento alternato.”

            Spesso i contenziosi fra coniugi in sede di separazione sono incentrati sul “pernottamento del figlio.” In particolare, sono i papà che chiedono tempi tendenzialmente paritetici comprensivi del pernottamento con il figlio come momento di vera e propria condivisione.

            Il vecchio affidamento alternato non si percepiva come strumento adeguato al concreto interesse della prole. Anzi, quasi solo critiche aveva sollevato in dottrina e scarsa applicazione aveva trovato in giurisprudenza.

            Questa diffidenza è rimasta sottesa nel sistema anche dopo la riforma del 2006. Vi è da precisare invero, che la giurisprudenza di merito appare particolarmente sensibile ai diritti del padre del minore, discostandosi, in tema di pernottamento di figli in età prescolare, ma autonomi, dall’orientamento – peraltro apparso isolato – della giurisprudenza di legittimità che ha ritenuto corretta la decisione di vincolare in concreto al raggiungimento dell’età di almeno quattro anni del minore la possibilità di restare per un intero giorno, e la notte seguente, presso il padre. [Cassazione civile, prima Sezione, Sentenza 26-09-2011, n. 19594].

Valeria Cianciolo       Persona&Danno        27 dicembre 2018

www.personaedanno.it/articolo/pernottamento-al-padre-trieste-verso-un-modello-pi-flessibile-di-affido-nota-a-decreto-del-trib-di-trieste-5-09-2018

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AMORIS LÆTITIA

A proposito di «Amoris lætitia»

Il giornalista Luigi Sandri fin dall’inizio indica la conclusione a cui perviene la sua documentata relazione delle premesse e delle discussioni avviate con la pubblicazione dell’Esortazione Apostolica Amoris Lætitia di papa Francesco (Il Papa Gaucho e i divorziati. Questo matrimonio (non) s’ha da fare, Onorati editore, Canterano RM giugno 2018).

Lo stile è giornalistico come appare anche dal titolo. Chiamando Gaucio papa Francesco lo vuole presentare «uomo affettuoso, positivo, valente, figlio di una patria ben determinato, ma disposto a sentirsi a casa in tutte le patrie. E come per i gaugio del Cono Sur dell’America, stretti – oggi – tra il custodire le tradizioni del passato e l’inserirsi nell’avanzare inarrestabile della modernità, anche lui, mutatis mutandis, si trova a districarsi in questa inevitabile tensione, feconda ma anche dolorosa» (ib., p. 13).

Già nella Introduzione (p. 15) e poi nell’ultimo capitolo Sandri dichiara la sua convinzione che «solamente un Concilio generale della Chiesa romana potrebbe cambiare e oltrepassare un magistero univoco e granitico durante mezzo millennio nell’affermare il ‘no’… Il «sì», perciò, potrebbe arrivare dopo che le contrastanti opinioni su d&r (sigla usata in tutto il libro per indicare i divorziati e risposati) si saranno confrontate davvero, e dunque essere frutto di un corale, approfondito ed esplicito dibattito, proprio di un Concilio non solo e non più clericale, ma che veda in qualche modo rappresentato l’intero «popolo di Dio» e, ovviamente, donne comprese» (pp. 15-16). Quando parla del granitico e univoco magistero nell’affermare il ‘no’ egli si riferisce al Concilio tridentino e al periodo successivo fino agli ultimi Papi. Sul periodo precedente il Concilio di Trento egli sviluppa notevoli riserve a partire dal primo Concilio ecumenico (Nicea 325).

Con questa convinzione Luigi Sandri conclude un veloce ma rigoroso esame delle dichiarazioni ecclesiali precedenti e successive all’ dell’Esortazione Apostolica Amoris Lætitia di papa Francesco. In particolare egli espone in modo dettagliato le ragioni pastorali del «sì» (pp. 211-230) e le ragioni teologiche del «no» (pp. 231-286) sempre «in attesa di un nuovo Concilio» come è appunto intitolato l’ultimo capitolo (pp. 219-25).

Egli più volte richiama la sua attività di cronista (come, ad esempio: a p. 113 noi giornalisti, o a p. 283 l’audience era soprattutto di teologi e di giornalisti, compreso il sottoscritto, o a p. 300 noi cronisti). Anche la passione per la storia si esprime in questo stile, attraverso richiami allusivi ad episodi del passato come la data della introduzione (pp. 13-17) fissata il 19 maggio 2018 nel ricordo della morte di Pietro del Morrone avvenuta il 19 maggio 1296 nel Castello di Fumone dove era stato rinchiuso dal successore (Bonifacio VIII) dopo le sue dimissioni come Celestino V (Papa per cinque mesi). Sandri ricorda che il monaco abruzzese «compì quel gesto clamoroso perché convinto di non riuscire a vivere da buon cristiano tra i fasti papali e gli intrighi di corte» (p. 17).

Il problema e le varie soluzioni. dell’Esortazione Apostolica Amoris Lætitia al n. 298 afferma: «La Chiesa riconosce situazioni in cui ‘l’uomo e la donna per seri motivi – quali ad esempio, l’educazione dei figli – non possono soddisfare l’obbligo della separazione’». La citazione indicata dalla virgolette è tratta dalla Esortazione apostolica Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II (22 novembre 1981 § 84, AAS 74, 1982, p. 186) a proposito della quale papa Francesco osserva: «In queste situazioni molti, conoscendo e accettando la possibilità di convivere ‘come fratello e sorella’ che la Chiesa offre loro, rilevano che, se mancano alcune espressioni di intimità, ‘non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa venir compromesso il bene dei figli’ (Gaudium et spes 51)» (Sandri, ivi p. 167).

Come si vede papa Francesco intreccia frequentemente le sue riflessioni con citazioni tratte dai documenti dei Papi precedenti o del Concilio Vaticano II. Questa è la ragione per cui, come osserva meravigliato lo stesso giornalista: «Non pochi commentatori vedono sostanziale continuità tra Wojtyla e Bergoglio sul punto dirimente d&r/Eucaristia; tesi più che sorprendente per quanti ritengono ovvio il constatare che tra i due, su un punto dottrinale e pastorale sensibilissimo, vi sia incolmabile distanza. Dire, infatti, che Veritatis Splendor riguardava la dottrina e i principi, e Amoris Lætitia la pastorale, sembra un tentativo maldestro per non doversi misurare con un totale cambiamento di prospettiva che porta a dire dei ‘sì’ dove prima si diceva dei ‘no’. ‘No’ che proclamati come voluti da Dio hanno devastato molte esistenze» (Sandri, ivi p. 249).

«Chi conosca abbastanza la storia della Chiesa e delle Chiese non potrebbe stupirsi di questo fatto, e cioè che vi siano ogni tanto cambiamenti di prospettiva: ben altri se ne sono visti, in questi due millenni, anche se i quattro porporati dei dubia non ne appaiono consapevoli. La meraviglia, dunque, non è che ciò accada anche oggi: è un bene, grazie al Cielo, che accada, e merita ampie lodi chi ha osato una ‘conversione ad u’ ecclesiale. Però un tale passo coraggioso dovrebbe essere ammesso e rivendicato con chiarezza, e non compiuto quasi furtivamente. Infatti, il rovesciamento operato dall’Esortazione bergogliana, rispetto a Veritatis Splendor e Familiaris Consortio, è più che evidente; ma nel suo testo non è affatto chiara la distinzione dei ben differenti orizzonti, aperti dai testi dei due papi. O meglio, lo è in teoria, ma vacilla sul piano pratico» (Sandri, ivi p. 249).

Proprio questo fatto costituisce il problema. Nelle dichiarazioni del passato esistono contraddizioni che sono venute al pettine. Quando infatti papa Giovanni Paolo II chiedeva ai conviventi di astenersi dai rapporti coniugali implicitamente affermava che la loro convivenza era giustificabile come male minore di fronte alle conseguenze che deriverebbero da una nuova rottura. Ma una volta ammessa questa necessità come male minore, perché chiedere ai coniugi che si astengano dai rapporti? Su questo punto anche Sandri sembra non avvertire la contraddizione quando scrive: «Perciò le obiezioni dei quattro porporati sono fondate; e non potrebbero essere ignorate e considerate faziose, o ritenute improponibili. Occorrerebbe, invece, affrontarle di petto…» (Sandri, ivi p. 249 s.). Quando infatti egli propone una riflessione sui limiti e contraddizioni dei quattro ‘cardinali dell’Apocalisse ’ (Sandri, ivi pp. 248-250) conclude con queste parole: «Il dramma dei Quattro – poi ridotti a due, essendo gli ex arcivescovi di Bologna e di Colonia deceduti nell’estate del 2017 – è che essi, infine, hanno torto. A dare loro torto – e al magistero ufficiale di molti secoli, e a quello recentissimo dei Wojtyla e dei Ratzinger, ma forse non dei primi secoli della Chiesa – è proprio il Vangelo e la storia della comunità ecclesiale» (Sandri, ivi p. 250).

A conferma Sandri cita cinque documenti molto diversi che criticano fortemente dell’Amoris Lætitia o, se l’approvano per certi aspetti, la rifiutano quando fa balenare la possibilità per i divorziati risposati di accedere all’Eucaristia in casi particolari.

Il primo testo è costituito dalle linee guida dei 6 vescovi canadesi dell’Alberta e dei Norwest Territories pubblicate il 14 settembre 2016 (pp. 250-252). Seguono le linee guida pastorali del Vescovo pellerossa Charles Joseph Chaput attuale Arcivescovo di Philadelphia, che ha anche partecipato al Sinodo del 2015, pubblicate il primo luglio 2016. Segue poi il documento di tre vescovi latini del Kazakhstan sottoscritto anche da Luigi Negri (già arcivescovo di Ferrara), da Carlo Maria Viganò (già Nunzio Apostolico negli Stati Uniti) e dal Cardinale lettone Janis Pujats (già arcivescovo di Riga). Il loro documento intitolato Professione delle verità immutabili riguardo al matrimonio sacramentale «è una critica teologica pubblica, articolata, globale all’impianto storico, teologico e pastorale di AL e un segnale di insorgenza all’intero episcopato cattolico chiamato ad ergersi per difendere la vera dottrina» (Sandri, ivi p. 265). Egli riporta poi la notizia apparsa nella stampa (ottobre 2017) che l’episcopato polacco aveva preparato un documento assai critico nei confronti delle tesi di Francesco. Sandri stesso si è rivolto al Segretario del Presidente della conferenza episcopale polacca che gli ha risposto lapidario: «Non esiste un documento della Conferenza episcopale polacca all’esortazione apostolica Amoris Lætitia. Il documento è in fase di elaborazione» (Sandri p. 267). Infine riporta integralmente la dichiarazione, «breve ma tosta» (p. 269) con cui si è chiuso un convegno svoltosi a Roma il 7 aprile 2018, dedicato al defunto cardinale Carlo Caffarra, «uno dei quattro firmatari dei dubia».

Sandri però mette in luce gli interrogativi radicali emersi già da alcune scelte del Concilio Vaticano

II come «il principio della libertà religiosa» che innovava profondamente.              (continua)

Carlo Molari              “Rocca” n. 23 1 dicembre 2018 pag.50

www.rocca.cittadella.org/rocca/s2magazine/index1.jsp?pagina_selected=50&idPagina=57&id_newspaper=1&data=01122018

www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt201812/181217molari1.pdf

 

Le verità della fede

Ho terminato l’ultimo articolo richiamando gli interrogativi del giornalista Luigi Sandri circa le innovazioni del Vaticano II sulla libertà religiosa. «Non sanno – essi [i Vescovi kazakhi] – che su un tema cruciale, come quello del principio della libertà religiosa, il Vaticano II ha cambiato alla radice una dottrina-prassi millenaria? Non potrebbe un Concilio fare analoghi mutamenti rivoluzionari – mutatis mutandis – anche sulle citate tematiche matrimoniali, prendendo coscienza che molti passati ‘no’ erano frutti di una particolare eredità culturale e non, come per secoli ritenuto, disposizioni divine?» (Sandri L., Il Papa Gaucho e i divorziati (Aracne Editrice, Canterano (RM) 2018 p. 266). Mi ero illuso di risolvere la riflessione in un solo articolo, mentre la complessità degli argomenti affrontati mi costringe a tornare sul libro per esaminare un tema centrale che soggiace a tutte le discussioni in materia: il valore, cioè, delle formule di fede. Riprendo la riflessione su questo argomento perché papa Francesco nella Esortazione Apostolica postsinodale sull’amore nella famiglia ha insistito sulla ricerca comune della gioiosa verità della fede per esserne testimoni nel mondo, mentre i suoi obiettori avanzano serie riserve sulle scelte innovatrici suggerite dal Papa.

Ripensamenti storici. La storia della chiesa registra una lunga serie di cambiamenti che sono stati dimenticati e spesso non riconosciuti. Emblematico è il caso di Galileo Galilei (1564-1642) che fino ad oggi ha suscitato ancora controversie e ripensamenti. Significativa, a questo proposito, è la citazione (riparatrice?) nella Gaudium et spes dello studio di Pio Paschini Vita e opere di Galileo Galilei (2 vol. Pontificia accademia delle Scienze, Città del Vaticano 1964). Il libro, infatti, è stato pubblicato con modifiche introdotte per conto del S. Ufficio dopo la morte dell’autore (1878-1962), ordinario di Storia della Chiesa e Rettore del Pontificio Ateneo Lateranense. Come ora ricorda la sua biografia redatta in Wikipedia: «Dopo la morte del Paschini il manoscritto definitivo fu ampiamente rivisto dal gesuita belga Edmond Lamalle, prima di essere pubblicato nel 1964. L’episodio è raccontato dallo storico Paolo Simoncelli nel libro ‘Storia di una censura. Vita di Galileo e Concilio Vaticano II’, pubblicato nel 1992 (Franco Angeli, Roma). Wikipedia cita anche l’articolo di «Massimo Firpo, Caso Galileo sempre più riaperto: nuove e antiche censure, in ilsole24ore.com, 12 febbraio 2012», ma non riferisce che il libro di Paschini fu stampato con una certa sollecitudine per poter essere citato nella Costituzione Pastorale che fu approvata il 7 dicembre 1965, vigilia della conclusione solenne del Concilio Vaticano II. La Commissione che curava la redazione del documento conciliare (inizialmente designato come Schema 13) cercava una conferma autorevole ad una affermazione delicata fatta nel testo. Scriveva infatti: «a questo punto, ci sia concesso di deplorare certi atteggiamenti mentali, che talvolta non mancano nemmeno tra i cristiani, derivati da non avere sufficientemente percepito la legittima autonomia della scienza, e che, suscitando contese e controversie, trascinarono molti spiriti a tal punto da ritenere che scienza e fede si oppongano tra loro» (Concilio Vaticano II, Gaudium et spes n. 36). A conferma nella nota veniva appunto richiamata l’opera dello storico, da poco stampata. Come narra Wikipedia Paschini «nel 1942 fu incaricato dal presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, padre Agostino Gemelli, di scrivere una biografia di Galileo Galilei. Paschini lavorò durante gli anni della guerra e inviò il manoscritto definitivo al cardinale Giovanni Mercati all’inizio del 1945. Tuttavia l’opera incontrò le resistenze del Sant’Uffizio e dello stesso padre Gemelli, che lasciarono Paschini senza risposta anche dopo una sua lettera di sollecitazione. Ebbe poi risposta dal sostituto alla Segreteria di Stato Giovanni Battista Montini, futuro papa Paolo VI, cui si era rivolto. Questi gli fece leggere la risposta del Sant’Uffizio che attaccava l’opera con l’argomento secondo cui le prove addotte da Galileo a favore dell’eliocentrismo non erano sufficienti e inoltre non era ritenuto opportuno pubblicare un’opera che appariva come un’apologia dello scienziato pisano» (Wikipedia alla voce Pio Paschini consultato il 26 novembre 2018). Quando la Commissione che curava il testo della Costituzione pastorale del Concilio si trovò di fronte alla difficoltà di trovare una ricerca rigorosa da citare, Mons. Michele Maccarrone, che era l’esecutore testamentario del suo maestro e che era presente alla seduta, intuì l’occasione per proporre di stampare il lavoro commissionato dalla Pontificia accademia, ma fino allora bloccato dal S. Uffizio. Il Cardinale Alfredo Ottaviani che presiedeva la sessione della Commissione, ed era il primo responsabile della Congregazione si disse disponibile a concedere il permesso della pubblicazione al libro, senza precisare però che nel frattempo il manoscritto era stato sottoposto ad una accurata e profonda revisione. Mentre Maccarrone si riferiva al testo ricevuto in eredità come esecutore testamentario, il Cardinale si riferiva al testo rivisto e corretto, che di fatto venne stampato nel 1964. Solo la seconda edizione pubblicata dopo la scoperta della manipolazione aveva una premessa del revisore il gesuita belga Edmond Lamalle, che tuttavia minimizzava gli interventi, che invece Alberto Melloni e altri hanno qualificato come «pesantemente ideologici». La citazione corrispondeva a due esigenze avvertite da molti Padri conciliari: da una parte sembrava chiudere il caso Galileo dato che nel libro originario si affermava con chiarezza l’errore del Cardinale Bellarmino e del Santo Uffizio, dall’altra affermava l’autorevolezza e metteva in gioco la Pontificia Accademia delle scienze nel suo compito autonomo di confronto della fede con le scienze, fissato da Pio XI, ma spesso contrastato dalla pratica del S. Uffizio. Di fatto però, la semplice citazione del libro di Paschini non chiudeva il caso Galileo che avrebbe richiesto altri passi autorevoli, né confermava l’autonomia dell’Accademia delle scienze che anzi sanciva la sua sudditanza alle strutture curiali in particolare alle esigenze di controllo del S. Uffizio. Infatti il 3 luglio 1981 Giovanni Paolo II istituì una commissione che risolvesse in modo definitivo il caso e nell’Anno santo 2000 al Colosseo chiese perdono a Dio per gli errori compiuti. L’episodio della citazione è stato ricostruito dallo storico Paolo Simoncelli in Storia di una censura, ‘Vita di Galileo’ e ‘Concilio Vaticano II’ (Franco Angeli, Milano 1992). È stato anche illustrato nella relazione di Alberto Melloni al Convegno Internazionale di Studi – Il «Caso Galileo», una rilettura storica, filosofica e teologica, svolto a Firenze nell’Istituto Stensen dei Gesuiti dal 26 al 30 maggio 2009 i cui Atti sono stati pubblicati nell’aprile 2011 da Leo S. Olschki di Firenze. È stato anche richiamato da un resoconto redatto da Massimo Firpo in Caso Galileo sempre più riaperto: nuove e antiche censure in ilsole24ore.com, 12 febbraio 2012.

La componente soggettiva. Tornando ora alla innovazione del Papa Francesco Luigi Sandri osserva che «Francesco imposta l’Amoris Lætitia ribadendo continuamente la sua piena fedeltà alla dottrina della Chiesa, scegliendo però… di considerarla dall’angolazione pastorale, il che, sul tema che ci interessa, nessun papa aveva fatto dalla metà del Cinquecento all’alba del XXI secolo.

Bergoglio dà per scontato che non ci fosse nulla da discutere, in merito, sulla dottrina, perché nel corpo episcopale non vi erano dubbi in proposito. Dunque, la fedeltà alle deliberazioni del Tridentino era assodata, e non bisognosa di essere riaffermata. Perciò alcuni episcopati, non pochi singoli Vescovi e gruppi di fedeli sono rimasti turbati all’annuncio papale dell’inaudita novità di ammettere all’Eucaristia sia pure in certi casi i divorziati risposati: ‘inaudita’ da secoli perché, se probabilmente vi era un licet ai tempi di Nicea, poi il magistero papale e conciliare se ne era dimenticato, e gli stessi fedeli, almeno in Occidente ne avevano persa memoria» (Sandri ivi p. 331).

A questo proposito è necessario ricordare l’acquisizione delle conclusioni cui sono pervenuti gli studiosi del linguaggio umano relativi ai numerosi condizionamenti linguistici anche di ogni espressione di fede. In particolare è certo che le parole umane non riflettono un’idea divina né la realtà creata come tale, ma traducono la esperienza costituita dal rapporto delle persone con il reale. Esse hanno sempre, di conseguenza, una componente soggettiva. I loro significati inoltre dipendono soprattutto dalla connessione con tutte le altre parole del sistema culturale a cui la persona apparitene.

Occorre infine ricordare che i significati di tutte le parole sono soggetti a cambiamenti continui per il gioco dei diversi contributi soggettivi che vi sono implicati.

Carlo Molari                         Rocca n. 24    15 dicembre 2018, pag. 44

www.rocca.cittadella.org/rocca/s2magazine/moduli/NEWSPAPER/getFile.jsp?filename=moduli%2FNEWSPAPER%2FPDF%2Fabbonati%2F15122018%2FRocca24perabbonati.pdf

http://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt201812/181217molari2.pdf

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ASSEGNO DIVORZILE

La costituzione di nuova convivenza di fatto fa definitivamente venire meno il contributo economico.

Corte di Cassazione, prima Sezione civile, sentenza n. 32871, 19 dicembre 2018

Corretta la revoca dell’assegno divorzile all’ex moglie che ha instaurato una nuova convivenza more uxorio con requisiti di stabilità e progettualità non rilevando a nulla il fatto che vi sia solo una convivenza e non un nuovo legame suggellato dalle nozze. L’art 5 della L. 898 del 1970 infatti va letto in modo costituzionalmente più orientato in modo più ampio. Il passaggio a nuove nozze o il passaggio ad una nuova “famiglia di fatto” sono parimenti situazioni effettive e tutelabili ex art 2 Costituzione ed il verificarsi di ciò determina non la sospensione del diritto all’assegno dall’ex ma la vera e propria elisione del diritto a percepirlo.

Osservatorio sul diritto di famiglia  29 dicembre 2018

www.osservatoriofamiglia.it/contenuti/17507905/la-costituzione-di-nuova-convivenza-di-fatto-fa-definitivamente-venire-meno-il-c.html

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BIOLOGIA

Ricerca: nel cromosoma X il segreto della longevità in rosa

Altro che sesso debole. In tutto il mondo, in media, le donne sopravvivono agli uomini. Questo è vero in salute e in malattia, in guerra e in pace, persino durante gravi epidemie e carestie.

            Nella maggior parte delle specie animali, in effetti, le femmine vivono più a lungo dei maschi.

            Ora, gli scienziati dell’University of California a San Francisco puntano il dito sulla genetica per spiegare questo fenomeno, che – se non preclude l’influenza di altri fattori biologici, sociali e ambientali – suggerisce un ruolo importante per il secondo cromosoma X, presente solo nei mammiferi di sesso femminile.

            Il cromosoma X contiene molti geni legati al cervello ed è cruciale per la sopravvivenza. Senza almeno una X, un animale non può vivere.

            Il cromosoma Y, presente solo nei maschi, contiene pochissimi geni diversi da quelli ‘chiave’ per le caratteristiche sessuali secondarie, come i genitali maschili e i peli sul viso, e non è necessario per la sopravvivenza.

            I ricercatori hanno somministrato ad alcuni topolini quattro diverse combinazioni di cromosomi e gonadi: i due presenti in natura – XX con ovaie e XY con testicoli – e altri due creati in laboratorio – XX con testicoli e XY con ovaie.

            I topi erano geneticamente identici tranne che per i loro cromosomi sessuali, ma anche quando tutto il resto era lo stesso, la sopravvivenza risultava favorita dal fatto di avere due X.

            Quando le due X erano combinate con le ovaie, inoltre, i topi arrivavano a una longevità massima per la propria specie. “Ci siamo chiesti a lungo che cosa causi la longevità femminile”, ha detto Dena Dubal, associata di neurologia presso l’Ucsf e fra gli autori dello studio pubblicato su ‘Aging Cell’.

            “Si può immaginare che la natura abbia spinto le donne a evolversi in questo modo: se vivrai più a lungo, puoi davvero assicurare il benessere della tua prole, e forse anche della loro progenie”. L’esperimento, condotto da Emily Davis, studentessa del Corso di Laurea in Scienze Biomediche presso l’Ucsf, è il primo studio meccanicistico a dimostrare che le femmine vivono più a lungo dei maschi e che l’accoppiata XX governa in gran parte questa caratteristica, almeno nei topi anziani.

            Per la ricerca il team ha manipolato il gene Sry, che normalmente si trova sul cromosoma Y e causa lo sviluppo di testicoli e altre caratteristiche maschili. Nei topi geneticamente modificati, Sry è stato spostato su un cromosoma diverso che non determina il sesso, quindi poteva essere ereditato indipendentemente dal fatto che un topo avesse o meno un cromosoma Y. I ricercatori hanno scoperto così che avere sia cromosomi sessuali che gonadi femminili prolungava la vita in topi che avevano tra 12 e 30 mesi, l’equivalente per questo animale della mezza età e dalla vecchiaia.

            Ma la maggior parte dell’effetto proveniva dai cromosomi sessuali. I topi XX vivevano più a lungo dei topi XY, indipendentemente da ovaie o testicoli. Ma i topi che vivevano più a lungo avevano anche le ovaie, oltre a due cromosomi X.

            In altre parole, mostravano la naturale biologia del topo femmina. “Questo suggerisce che gli ormoni prodotti dalle gonadi femminili aumentano la durata della vita nei topi con due cromosomi X, influenzando il modo in cui l’animale si sviluppa o attivando determinati percorsi biologici durante la sua vita”, ha detto Dubal.

            Neurologa e neuroscienziata specializzata nell’invecchiamento in buona salute, Dubal sta studiando in che modo i cromosomi X e Y esercitino i loro influssi sulla longevità. “Non abbiamo ancora capito come il secondo cromosoma X diminuisca la mortalità nel corso dell’invecchiamento”, ha detto.

            Ma molto nella letteratura scientifica suggerisce un effetto profondamente protettivo del secondo cromosoma X.

            Nelle femmine, metà della coppia XX viene casualmente “silenziata” in ogni cellula dell’organismo. Ma “quando le cose vanno male in vecchiaia, avere un cromosoma X in più potrebbe rivelarsi benefico”, conclude la studiosa.

AdnKronos Salute     18 dicembre

www.lasaluteinpillole.it/salute.asp?id=50034

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CHIESA CATTOLICA

Corporeità e sessualità: le donne invisibili

Nel novembre scorso il benemerito sito Alzo gli occhi verso il cielo dava conto di un Convegno dei Direttori degli Uffici Catechistici Diocesani: “‘La Gloria di Dio è l’uomo vivente’. Essere annunciatori e catechisti in Italia oggi”, organizzato dalla Conferenza episcopale italiana e dall’Ufficio catechistico nazionale. Ciò che rende davvero una chicca questa iniziativa è la declinazione che il convegno ha imboccato: “Vivere la corporeità e la sessualità”, relatore Luciano Manicardi, priore di Bose.

https://alzogliocchiversoilcielo.blogspot.com/2018/11/luciano-manicardi-vivere-la-corporeita.html

Nell’introduzione il relatore precisa che un tema così delicato sarà suddiviso in 12 punti. Per ragioni di spazio, mi limito ad alcuni. Va da sé che il mio commento è parziale; è inoltre animato da quella che Elisabeth Schüssler Fiorenza chiama «ermeneutica del sospetto». Il discorso non può essere imparziale, asessuato: ricercare è dialogo con l’altro/a.

Prima di inoltrarmi nella materia, rilevo che è una gran bella notizia quella che la CEI abbia dischiuso la sua indifferente impenetrabilità al tema della corporeità/ sessualità. Fiato allo shofar!

Ma nello stesso tempo si tratta di un già e non ancora. Non si può non provare rammarico infatti già nella lettura dell’affiche, dove si legge: “Essere annunciatori e catechisti in Italia oggi”, tutto rigorosamente al maschile. Come rilevai in un mio testo (“Chiese, anime, corpi: di donne e di uomini”, Esodonline, 4/4/2015), il mondo catechistico vede una presenza massiccia di figure femminili. La guida degli uffici diocesani al 98% è affidata ad uomini, mentre il 90% dei catechisti sono donne (dati tratti dalla relazione di Serena Noceti a Camaldoli, durante il convegno: “Una Chiesa di donne e uomini”, 2014). Ogni commento è superfluo.

Stimo Manicardi per la lucidità e acutezza di tanti suoi interventi. E a maggior ragione è ammirevole che abbia assunto la sfida di scalare una cima così alta come è quella della sessualità nel contesto ecclesiale, decostruendo e scardinando molti assunti, invitando a rivalutare sensi e corpo: «Il corpo è appello e chiamata», «Impariamo la nostra lingua materna attraverso il corpo», «Se la sessualità umana non è tanto questione di carne, ma di desiderio, ecco che essa si profila come un lavoro, una fatica»; «C’è una dinamica pasquale nell’atto erotico: come nell’agape, così anche nell’eros la dinamica è quella di perdersi per ritrovarsi», egli annoda sviluppando il pensiero; grande giubilo a tali annunci. Nelle parti dedicate al Cantico dei Cantici (contenenti una preziosa citazione da Rosenzweig) ho trovato radianza [flusso di energia luminosa]. Ed esprimo gratitudine sincera di ciò.

C’è una produzione ampia e qualificata che pensiero/pratiche femministe (anche in campo teologico) hanno costruito negli anni su questi temi. L’autore però non la nomina (tranne una telegrafica citazione di Luce Irigaray); non è un caso che le sua argomentazione la ignori, semmai è la norma degli ambienti accademici.

Nondimeno i suoi contenuti sono qui abbastanza utilizzati, sebbene con un taglio che li deforma; atto di appropriazione? Più semplicemente viene a galla un pregiudizio sotterraneo che disconosce per lo più la produzione dischiusasi nel pensiero delle donne. Soprattutto in questa materia, un atto di gratitudine sarebbe stato un gesto onesto e fraterno. Non solo: il silenzio, l’omissione del dominio culturale e spirituale che gli uomini del clero hanno esercitato per secoli su corpo e anima delle donne è un aspetto che mi ha colpito: a maggior ragione dopo avere intercettato le autocritiche che pastori maschi, semplici cristiani, singoli uomini nel mondo laico hanno espresso mettendo in questione la loro mascolinità e il tradimento al Vangelo operato nelle relazioni di genere nelle loro comunità. Si vedano, per esempio, le Tavole Rotonde Interreligiose che si sono svolte a Bologna su questi temi

www.saebologna.gruppisae.it/index.php/osservatorio-interreligioso-contro-la-violenza-sulle-donne/documentazione

Un piccolo esempio del disconoscimento che percorre il testo in questione è rappresentato dalle note in margine, che sono – tranne una – indicazioni bibliografiche. I nomi che compaiono sono quelli di Agostino, Alexander Lowen, Franz Rosenzweig, Jean- Pierre Sonnet, Solomon Schimmel, Zygmunt Bauman, Eric Fuchs, Giannino Piana. Che dire?

Al suo esordio Manicardi pronuncia parole sacrosante. Riconosce che occorre declinare l’argomentazione secondo i generi e mette in luce l’anomalia eclatante che si sta verificando nel qui e ora del colloquio in atto. «A parlare di questo tema vi è un maschio – afferma – per di più celibe che parla a una maggioranza di maschi, per lo più anch’essi celibi, perché preti e religiosi. Eppure il corpo e la sessualità femminile rappresentano la metà dell’umanità. Sarebbe necessario quindi, almeno un discorso a due voci, anche sul piano catechetico… L’Umano si esprime nella relazionalità e trova nell’espressione sessuale uomo-donna un momento di vertice». Presto ahimè questa preziosa attenzione evapora e si eclissa. Ed è davvero bizzarro che, solo pochissime righe dopo, si dica: «L’immagine e somiglianza di Dio che l’uomo è e si manifestata nell’umano» (corsivo mio): una amnesia o un pregiudizio resistente a ogni buon proponimento? Il termine uomo usato inclusivamente per maschio e femmina ricorrerà altre volte.

Al paragrafo 3 “Il corpo, soggetto della vita spirituale”, il relatore entra nel merito delle polarità che hanno contraddistinto la teologia e la dottrina cristiana. «La vita spirituale – afferma – si è troppo nutrita di polarità presto divenute antitesi inconciliabili: interiore-esteriore, io interiore-io esteriore, sensibilità-interiorità, spirito-materia, ascolto-visione, corpo-anima, ecc. Il rischio è quello di contrapporre e separare ciò che Dio ha unito…». Un passo avanti nella direzione di una teologia più evangelica, umana, rispettosa dei generi. Ma occorre fraternamente/sororalmente rilevare:

  1. Il silenzio sul fatto che questo punto ha rappresentato un cardine irriducibile nella critica teologica e filosofica delle donne. Tale smemoratezza riguardo al riconoscere la precedenza intellettuale delle donne in merito a questi concetti – che sono oramai un sapere solido nella teologia femminista – appare un’altra “stranezza”;
  2. L’omissione riguardo al fatto che le citate antitesi, fondamento dei contenuti teologici, non solo sono fonte di disunione – come il relatore dice – ma anche strumento per gerarchizzare, e ne va dei generi ancora una volta. Uno dei due poli della antitesi è (stato) considerato non solo opposto all’altro, ma inferiore. E il deprezzamento attiene alla sfera dei sensi, del corpo, della materia, mentre spirito e anima abita(va)no la sfera alta. Come i pitagorici avevano insegnato, la donna era tutt’uno con il corpo, ed essendo il corpo deprezzato, parallelamente anche la donna non poteva che risultare un essere inferiore.

Nel punto 5, il teologo reagisce alle critiche rivolte dall’universo laico in merito alla sessuofobia del cristianesimo. «Occorre riandare ai testi fondatori, alla Scrittura, e poi, eventualmente vedere ciò che ha portato a distorsioni così clamorose della bontà e santità del corpo, da dar adito a critiche così impietose. A me sembra che si possa dire che il cristianesimo non sia colpevole di aver rifiutato la sessualità, ma forse di aver cercato con tutti i mezzi, anche repressivi, di dirne il senso etico. Nel cristianesimo il corpo non è solo redento, ma soprattutto “soggetto” della redenzione, come ricorda la celebre affermazione di Tertulliano “caro cardo salutis [La carne è il cardine della salvezza]”». Coup de théâtre: amnesia catartica? beffa? (Così insinua Marinella Perroni a proposito di un episodio analogo, raccontato nel suo contributo al libro Non solo reato, anche peccato. Religioni e violenza contro le donne).

Se la dimensione corporea, umana di Gesù, la fisicità di alcuni suoi gesti (l’uso della saliva per un impasto con cui guarire il sordomuto, cf. Mc 7,33, per esempio) testimoniano il valore della corporeità, non sono però utilizzabili per nascondere le concezioni di mortificazione corporale e per sorvolare – con un’operazioni trasformistica – sulla pletora degli enunciati nella storia della dottrina della Chiesa che hanno denigrato (o disprezzato) la carne e il matrimonio. Se il cristianesimo è fede in un Dio fattosi carne, il Cantico dei cantici fu interpretato dalla Chiesa cattolica, fino a pochi decenni fa, come allegoria, scartando recisamente l’idea della celebrazione dell’unione di maschio e femmina. Basterebbe il celeberrimo remedium concupiscientiæ, che stigmatizza la sessualità ed accetta il matrimonio solo per fini procreativi. Il teologo Eric Fuchs, in Desiderio e tenerezza – testo segnalato da Manicardi – ripercorre queste tappe. Eccone frammenti: «Quanto a me, penso che le relazioni sessuali vadano radicalmente evitate. Penso che nulla avvilisca lo spirito dell’uomo quanto le carezze di una donna e i rapporti corporali che fanno parte del matrimonio», firmato Agostino. Fuchs commenta: «È evidente che la perdita di sé nell’atto sessuale, vissuta come umiliazione, denuncia la connivenza che la sessualità intrattiene col peccato» (pag. 102). Anche Gregorio di Nissa brilla nel saldare peccato e sesso: «Il matrimonio “fu inventato per consolare dalla morte”, è dunque una conseguenza del peccato, un male minore, ma che finisce per collaborare con il regno della morte», pag.104.

La frase di Tertulliano, poi, provoca un cortocircuito con un’altra dello stesso apologeta: «Voi [donne] siete la porta del demonio; con quanta facilità avete distrutto l’uomo, l’immagine di Dio. A causa della morte che avete attirato su di noi, persino il figlio di Dio è dovuto morire».

Nel paragrafo 9, persiste la trattazione che non differenzia tra i sessi. Stessa cosa per il paragrafo successivo, dove i fenomeni di «tecnicizzazione del sesso, la sua virtualizzazione mediante Internet, la sua regolamentazione da parte del mercato e dell’industria» e la figura del «collezionista di esperienze o di sensazioni» vengono descritti senza nessuna preoccupazione di sottolineare che i rapporti di potere presenti nell’ industria – culturale e non – sono di marchio maschile (basta osservare la rappresentazione femminile nel commercio). Gli stili e profili sessuali menzionati sono prevalentemente maschili; se alcune donne ora li ricalcano è perché sono state catturate dall’omologazione al modello vincente: ciò è una spiegazione, non una giustificazione.

L’oblio delle differenze di genere si sedimenta nel momento delle raccomandazioni alla tenerezza. Non sarebbe stato il caso di evidenziare che la disattenzione (o allergia) alla tenerezza costituisce, per l’appunto, un tipico tratto delle performance maschili? In questo paragrafo, comunque, rientra in scena, timidamente, quella differenziazione di cui si era persa traccia. Occorre «mettere freni alla propria forza – osserva il relatore riferendosi alle condotte maschili – e dunque arginare la possibile violenza che è comunque insita nell’esercizio sessuale, nella penetrazione, e soprattutto nella sessualità maschile che si caratterizza per una certa aggressività, una certa violenza per ottenere soddisfazione immediata». La tendenza all’aggressività maschile e alla soddisfazione immediata è nominata: il germoglio è dunque spuntato. La fuggevole pennellata sulla sessualità femminile si scolora nell’evanescenza, e dal riduttivo approccio Manicardi esce con l’inoppugnabile riferimento alla maternità. Inesistente il corrispettivo maschile: ancora una volta ignorate l’attitudine generativa dell’uomo assunta non come virilità ma come responsabilità alla paternità.

Un accenno alla ripetizione insistente nel testo sulla maschilità di Gesù, senza mettere in luce l’anomalia di questa stessa maschilità, che si distanza superbamente dagli stereotipi della virilità. Si affaccia alla mia mente quel «Se Dio è maschio, allora il maschio è Dio», di Mary Daly: un cattivo pensiero? Sì, lo confesso.

Concludo con due passaggi dell’Evangelii gaudium – 198 e 212 – che saldo in un unico. «Siamo chiamati a scoprire Cristo [nei poveri], a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause. Doppiamente povere sono le donne che soffrono situazioni di esclusione, maltrattamento e violenza, perché spesso si trovano con minori possibilità di difendere i loro diritti». Riconoscere i debiti che il clero ha nei confronti della sessualità calpestata delle donne (quelle povere sono quelle che pagano i prezzi più alti e soprattutto in questo campo) e ascoltarle è un modo per disporsi alla condivisione del banchetto offerto da Gesù- Sapienza.

Paola Cavallari Marcon, portavoce dell’Osservatorio interreligioso contro la violenza di genere, socia del Coordinamento Teologhe Italiane e redattrice di Esodo

.                                  “Adista” – Segni Nuovi – n. 45 del 29 dicembre 2018,        pag. 3

https://paoloscquizzato-xihokz3f.netdna-ssl.com/wp-content/uploads/ADISTA-segni-nuovi-n.-45-del-29-12-2018-1.pdf

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COMMISSIONE PER LE ADOZIONI INTERNAZIONALI

Autorizzazione per l’anno 2019

La Commissione per le Adozioni Internazionali, ravvisando la necessità di continuare a svolgere un lavoro di analisi e di progettazione per il miglioramento complessivo del sistema delle adozioni internazionali definendo le istanze ancora pendenti, ha deliberato di differire il periodo di presentazione delle istanze di autorizzazione al secondo trimestre del 2019 (1 aprile – 30 giugno).

La Commissione ha, altresì, deliberato di:

  1. Limitare la presentazione delle istanze ai soli Enti già iscritti all’Albo;
  2. Limitare le istanze ai Paesi in cui non sono già presenti Enti e nei quali l’Autorità Centrale/Competente è chiaramente identificabile;
  3. Concedere autorizzazioni finalizzate alla fusione all’incorporante nel Paese in cui è già accreditato l’ente incorporato.

La Commissione si riserva di apportare, con successive deliberazioni, integrazioni ai criteri suesposti.

Comunicato stampa   28 dicembre 2018

www.commissioneadozioni.it/notizie/comunicato-modalit%C3%A0-di-presentazione-istanze-di-autorizzazione-per-l-anno-2019-limitazione-della-presentazione-ai-soli-enti-gi%C3%A0-iscritti-all-albo

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CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

“È una provocazione: Salvini attacchi noi vescovoni ma lasci stare chi aiuta gli altri”

            «Una provocazione di chi non ha abbastanza memoria per la società italiana». La definisce così, il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, la cancellazione dello sconto del 50% cento sull’Ires, l’imposta dei redditi sulle società. Il taglio delle agevolazioni non riguarda soltanto realtà collegate alla Chiesa, anche se sono tanti i soggetti penalizzati legati al mondo cattolico.

Cosa pensa la guida dei vescovi italiani?

«Ripeto, il raddoppio dell’Ires non è un dono, ma una provocazione. Il nostro Paese sta vivendo un momento difficile, ma non mi sarei aspettato di vedere colpito il volontariato e tutto ciò che rappresenta: si tratta di migliaia di istituzioni senza fini di lucro, che coprono uno spettro enorme di bisogni ed esigenze, da quelle ambientali a quelle sanitarie, da quelle di supporto alla coesione sociale e di contrasto alla povertà a quelle ricreative, culturali ed educative. La storia italiana è stata tormentata, ma se c’è una cosa che ha riscattato tante cattiverie e miserie è il sentimento morale di partecipazione popolare alle difficoltà e alle disgrazie della gente. Partecipazione generosa e concreta, creativa e competente.

Attenzione: non siamo davanti a un problema dei cattolici o per i cattolici, ma dell’umanità del nostro popolo, quindi di dignità e rispetto per chi ha sempre operato con abnegazione ed ha contribuito a tenere in piedi il nostro Paese».

L’Italia versa in evidente difficoltà. Eppure perché andare a colpire le fasce più deboli della popolazione?

«Il Censis, in un suo Rapporto, affermava che ci vuole un salto di qualità culturale per non considerare più le reti comunitarie come realtà puramente ancillari, ma come protagoniste di quel welfare comunitario che può generare coesione, qualità e sostenibilità. Senza questo salto culturale, non si colpiscono soltanto le fasce più deboli, ma la dignità di tutti, anche di coloro che, avendone la possibilità, accettano di donare parte del loro tempo e delle loro energie a fin di bene: gruppi, enti, fondazioni bancarie, singoli. Quando calamità, emergenze umanitarie ci colpiscono chi corre? Chi nel quotidiano aiuta tante famiglie a portare il peso della vita? Chi cerca di aiutare? La politica fa e tante volte disfa, la povera gente fa e non chiede nulla. A che scopo mettere in difficoltà una rete secolare di opere e di impegno?».

Il quotidiano della Cei, Avvenire, proprio su questo punto si è scontrato duramente con il ministro Salvini. Cosa gli direbbe oggi se lo incontrasse?

«Gli direi: Signor ministro, se la prenda con chi vuole, con i vescovoni, con la stampa cattolica, con i preti meschini e arrivisti… ma non tocchi l’umanità e il senso del dovere che hanno ispirato la nostra Costituzione. Da credente aggiungo: il Bambino nato a Betlemme è il seme di una speranza invincibile, che rinasce malgrado le difficoltà, le persecuzioni e anche gli sberleffi. La Chiesa italiana ha i suoi limiti, ma non può essere processata sui social o con qualche dichiarazione. Chiedo che sia compresa e, al più, sfidata con comportamenti e azioni degne di essere imitati».

La Chiesa vive sul territorio: dalle sedi locali quali notizie del Paese arrivano?

«L’Italia non sta bene; non è in pace con se stessa, geme. I problemi sono molti, ma troppi — anziché riflettere — agitano paure o promettono miracoli. Eppure, la nostra storia ci ha consegnato esempi di politici cristiani e non che hanno fatto di tutto per proteggere il Paese, accompagnandolo per strade difficili; l’hanno fatto con dignità e rispetto della storia e della propria fede, religiosa e laica».

Un anno dopo l’elezione del governo 5Stelle-Lega, quale giudizio ha dell’attuale leadership del Paese?

«Ci sono voluti decenni per costruire in Italia quella laicità positiva che tanto ha aiutato la democrazia italiana: non mi faccia entrare in un campo che non è di nostra competenza. Se proprio vuole, la misericordia è il nostro metro di giudizio. E le opere di misericordia sono ben 14, spirituali e corporali: dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi, visitare i carcerati, seppellire i morti; consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti. Sono cose che ci hanno insegnato da bambini: vogliamo davvero disincentivare dal praticarle, proprio nel momento in cui il Paese ne ha più bisogno che mai?».

Intervista a Gualtiero Bassetti a cura di Paolo Rodari         la Repubblica 27 dicembre 2018

www.repubblica.it/solidarieta/volontariato/2018/12/27/news/cei_bassetti_salvini_attacchi_noi_vescovoni_ma_lasci_stare_chi_aiuta_gli_altri_-215260273

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CONSULENZA COPPIA E FAMIGLIA

Il consulente Familiare          ottobre-dicembre 201

Organo d’informazione dell’Associazione Italiana Consulenti Coniugali e Familiari

  • Editoriale                                                                                         Maurizio Qualiano
  • Lettera della Presidente                                                                   Stefania Sinigaglia
  • Le giornate di Trevi. 27 e 28 ottobre 2018
  • L’Assemblea dei Soci e le relazioni                                                
    • Rita Roberto, presidente a termine dei 2 mandati
    • Consiglieri Raffaele Rossi, Barbara Lombardi, Alfredo Feretti, Renata D’Ambrosio, Patrizia Margiotta, Stefania Senigallia, Claudia Monti, Maurizio Qualiano
    • Collegio dei Revisori dei conti Grazia Latini, Ivana De Leonardis
  • Speciali elezioni (320 votanti).
    • Consiglieri: Alfredo Feretti, Patrizia Margiotta, Claudia Monti, Sarah Hawker, Maurizio Quagliano, Rita Roberto, Raffaello Rossi, Arianna Siccardi, Stefania Sinigaglia.
    • Revisori dei conti: Flavio Cornacchia, Maria Grazia Latini, Sergio Martinenghi.
    • Proboviri: Renata D’Ambrosio, Barbara Lombardi, Federico Sandrucci.
    • Presidente eletta dal Consiglio direttivo: Stefania Sinigaglia.
  • Gli ospiti della giornata: Susy ed Alfredo e la pedana sensoriale, il regista Francesco Falaschi.
  • Evento Colap (Coordinamento Libere Associazioni Professionali) 25 ottobre 2018
  • A proposito di famiglia a cura di Ivana De Leonardis.
  • Essere consulenti familiari.
  • Notizie AICCeF: Napoli, Firenze, Roma.

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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM

Bologna. Formazione Integrata alle Relazioni

Servizio di Consulenza per la Vita Familiare

Il modulo si addentra negli aspetti del percepire umano, per fare chiarezza e distinzione tra le diverse istanze interiori – Percezioni, Emozioni, Sentimenti e Pensieri – e la loro gestione individuale, con gli altri e nelle relazioni d’aiuto, grazie alla pratica di EFT e DMOKA, tecniche energetiche efficaci per elaborare emozioni e vissuti.        25 e 26 gennaio 2019

Il modulo è il 1° di 4 diversi incontri tenuti da Silvana Sandri nel ramo formativo “Navigare nelle relazioni” e fa parte del percorso Formazione integrata alle relazioni, organizzato dal Servizio di Consulenza per la Vita Familiare per il 2019.

La persona è un essere sociale. Vive nelle relazioni, che la modificano e la accrescono, ma che ne mettono alla prova le capacità di adattamento, tra limiti e spinte per realizzarsi. Per comprendere il proprio vissuto e gestire i rapporti interpersonali con competenza e armonia, occorre abbandonare schemi rigidi e inefficaci, acquisire abilità comunicative e sperimentare comportamenti che generano benessere nella vita personale e sociale.

E’ consigliato a coloro che desiderano orientarsi nel mare delle relazioni, con se stessi, con il partner, in famiglia, con gli amici, sul lavoro, nelle associazioni, per migliorarne gli aspetti, esplorarne risorse ed opportunità. A chi opera nelle relazioni di aiuto, in ambito socio-educativo o assistenziale, come base per ampliare le proprie competenze e abilità di ascolto, nel colloquio d’aiuto e nella mediazione dei conflitti.

Gli strumenti principali utilizzati nel ramo formativo: E.F.T., Metodo Gordon, Analisi Transazionale di E. Berne, con una metodologia teorico- esperienziale basata sul Gestalt Counselling.

www.evensi.it/formazione-integrata-relazioni-consultorio-ucipem-servizio-consulenza-familiare/283634077

 

Mantova. Etica Salute & Famiglia – dicembre 2018

  • Anziani solo dopo i 75 anni: una rivoluzione antropologica             Armando Savignano
  • Il Natale Cristiano.
  • Una meditazione per gli operatori consultoriali                                             Aldo Basso
  • Riflessioni sul nascere                                                                                  Gabrio Zacchè
  • Premio Nobel per la pace 2018 ad un ginecologo che difende le donne.

Il dottor Denis Mukwege congolese.                                                 Gabrio Zacchè

  • Nascere in Italia oggi. Convegno ostetriche della provincia di Mantova        Cristina Danielis
  • Prendersi cura del perineo: in gravidanza e nel post partum  Alessandra Venegoni, ostetrica
  • Gruppo di parola per genitori di adolescenti              Chiara Cometa, Giuseppe Cesa, psicologi

www.consultorioucipemmantova.it/consultorio/index.php/pubblicazioni/etica-salute-famiglia/140-etica-salute-famiglia-dicembre-2018

 

Milano1. Istituto La Casa – via Pietro Colletta 31 (nuova sede)

Il Consultorio familiare, prematrimoniale e matrimoniale dell’Istituto La Casa, il primo sorto in Italia, nell’immediato dopoguerra trae le sue origini dalla decisione di contrastare il disorientamento prodotto da una guerra che non solo aveva distrutto le case degli uomini, ma sconvolto le relazioni tra gli uomini e tra le famiglie tanto da richiedere un servizio specifico.

Ora i tempi sono cambiati ma i bisogni permangono. Viviamo in un’epoca che ha sostituito al matrimonio le convivenze fragili, alla famiglia le famiglie. I nostri figli crescono in un mondo globale sempre più interconnesso e multiculturale. Eppure i bisogni fondamentali di amore e sicurezza nel cuore degli uomini rimangono inalterati. La famiglia si sta trasformando e le nuove costellazioni familiari monogenitoriali, omogenitoriali ecc. si trovano ad affrontare le nuove sfide del nostro tempo senza le risorse adeguate.

Le domande al Consultorio da parte di famiglie rese fragili da separazioni, divorzi, nuove appartenenze presentano un carico di sofferenza e ci aprono a un futuro imprevedibile e incerto. I genitori sono in difficoltà a cogliere le dinamiche delle nuove generazioni, gli educatori ad affrontarle; l’isolamento pesa su tutti. Per questo le risposte del Consultorio familiare non possono limitarsi a consulenze o a terapie individuali ma devono anche creare ponti tra quanti si occupano dell’educazione delle nuove generazioni: famiglie, scuole, aggregazioni giovanili, servizi per minori ecc.

È stato detto che un’educazione che non genera senso, produce violenza. Si tratta di essere quindi insieme a cercare senso, ad accompagnare un cammino che accomuna tutti. Quest’anno insieme ad altre agenzie educative, radicate nel territorio milanese, ci siamo coinvolti con famiglie, insegnanti, educatori, ragazzi per affrontare i temi caldi dell’educazione attraverso il progetto “Sbulla-Mi” avviato con l’obiettivo di formare adolescenti più consapevoli delle proprie risorse, capaci di relazionarsi positivamente con il gruppo e con i genitori e contrastare il bullismo e il cyberbullismo.

Anche nel nuovo anno percorreremo questa strada senza eludere nessuna domanda, privilegiando le famiglie più svantaggiate e fragili, quelle che affrontano il loro futuro in terre nuove e culture nuove. Questo nostro impegno sarà quindi condiviso con quanti credono nella “cultura dell’incontro” proposta da Papa Francesco.

Estratto da      Editoriale di Alice Calori

 

La Casa News n. 2 – dicembre 2018

Editoriale                                                                               Alice Calori

Il sì di Maria che porta il Natale                                             dagli scritti di don Paolo Liggeri

Una nuova casa, La Casa di sempre                                      via Colletta 31, angolo via Friuli

Quali genitori, quali figli                                                        Elena D’Eredità

Tempo alle parole che aiutano a crescere                              Mary Rapaccioli

Armonia e disarmonia                                                                       Beppe Sivelli

I Natali di una nonna                                                             Nonna Irene

Cambiamento e cambiamenti                                                 Jolanda Cavassini

La traversata di un grande fiume                                           Catia Mallamaci

La lettera                                                                                Cristina Carnevale

Una storia di speranza                                                           Assunta Ossi

Progetti di cooperazione internazionale                                             Associazione Hogar Onlus

www.istitutolacasa.it/pdf_sarat/rivistapdf_pdf_372212293.pdf

Corsi e gruppi 2019

Laboratori pre e post adozione internazionale. Conduce la dr Viviana Rossetti.

Cicli di 2 incontri per coppie

L1 – L’inserimento del bambino in famiglia.

L2 – Adottare bambini grandicelli: complessità e risorse.

L3 – L’adozione di fratelli.

L4 – Adozione e scuola.

L5 – Il rapporto con le origini nel corso del tempo: emozioni, significati e strategie di integrazione.

Gruppi genitori adottivi.                               Conduce la dr Daniela Sacchet

SA. Spazio adozione. Gruppo per genitori di bambini tra i 6 e i 13 anni.

       Spazio di confronto, supporto e condivisione dell’esperienza adottiva internazionale.

AN. Post adozione nazionale “Così uguali così diversi”.

       Gruppo per genitori di bambini 0-6 anni arrivati in famiglia tramite adozione nazionale

Gruppi aperti a genitori adottivi e non.       Conduce il dr Matteo Ciconali.

TA. La trasgressività in adolescenza: quale significato darle, come si manifesta, come affrontarla.

        Ciclo di 2 incontri per genitori di figli preadolescenti e adolescenti.

NET. Internet e social network. Nuove abitudini che possono preoccupare o interrogare i genitori.

         Ciclo di 2 incontri genitori di preadolescenti e adolescenti.

GS. Genitori e scelta scolastica.                      Conduce la dr Laura Scibilia

        Ciclo di 3 incontri per genitori di figli preadolescenti alle prese con la scelta della scuola superiore

GC. Genitori a confronto. Gruppo per genitori di figli pre e adolescenti. Ciclo di 3 incontri per riflettere
        insieme, mettere in comune esperienze, sentirsi meno soli nell’accompagnare la crescita dei figli.

 www.istitutolacasa.it/showPage.php?template=news&id=193&id_field=news-eventi

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DALLA NAVATA

Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe – Anno C – 30 dicembre 2018

1Samuele        01. 20. Al finir dell’anno Anna concepì e partorì un figlio e lo chiamò Samuèle, «perché – diceva – al Signore l’ho richiesto».

Salmo              83.05.  Beato chi abita nella tua casa: senza fine canta le tue lodi. Beato l’uomo che trova in te il suo rifugio e ha le tue vie nel suo cuore.

1 Giovanni      03.23. Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato.

Luca               02. 41. I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa.

 

La Famiglia di Nazaret ‘scuola’ di amore

Maria e Giuseppe cercano per tre giorni il loro ragazzo: figlio, perché ci hai fatto questo? Tuo padre e io angosciati ti cercavamo. La famiglia di Nazaret la sentiamo vicina anche per questa sua fragilità, perché alterna giorni sereni, tranquilli e altri drammatici, come accade in tutte le famiglie, specie con figli adolescenti, come era Gesù.

Maria più che rimproverare il figlio, vuole capire: perché ci hai fatto questo? Perché una spiegazione c’è sempre, e forse molto più bella e semplice di quanto temevi. Un dialogo senza risentimenti e senza accuse: di fronte ai genitori, che ci sono e si vogliono bene – le due cose che importano ai figli – c’è un ragazzo che ascolta e risponde. Grande cosa il dialogo, anche faticoso: se le cose sono difficili a dirsi, a non dirle diventano ancora più difficili. Non sapevate che devo occuparmi d’altro da voi? I figli non sono nostri, appartengono a Dio, al mondo, alla loro vocazione, ai loro sogni.

Un figlio non deve impostare la propria vita in funzione dei genitori, è come fermare la ruota della creazione. Non lo sapevate? Ma come, me lo avete insegnato voi il primato di Dio! Madre, tu mi hai insegnato ad ascoltare angeli! Padre, tu mi hai raccontato che talvolta la vita dipende dai sogni, da una voce: alzati prendi il bambino e sua madre e fuggi in Egitto. Ma essi non compresero.

E tuttavia Gesù tornò a Nazaret e stava loro sottomesso. C’è incomprensione, c’è un dolore che pesa sul cuore, eppure Gesù torna con chi non lo capisce. Afferma: Io ho un altro Padre e tuttavia sta con questo padre. E cresce dentro una famiglia santa e imperfetta, santa e limitata. Sono santi i tre, sono profeti, eppure non si capiscono.

E noi ci meravigliamo di non capirci nelle nostre case? Si può crescere in bontà e saggezza anche sottomessi alla povertà del mio uomo o della mia donna, ai perché inquieti di mio figlio, ai limiti dei genitori. Gesù lascia il tempio e i maestri della Legge e va con Giuseppe e Maria, maestri di vita; lascia gli interpreti dei libri, e va con chi interpreta la vita, il grande Libro. Per anni impara l’arte di essere uomo guardando i suoi genitori vivere.

Da chi imparare la vita? Da chi ci aiuta a crescere in sapienza e grazia, cioè nella capacità di stupore infinito. I maestri veri non sono quelli che metteranno ulteriori lacci o regole alla mia vita, ma quelli che mi daranno ulteriori ali, che mi permetteranno di trasformare le mie ali, le cureranno, le allungheranno. Mi daranno la capacità di volare. Di seguire lo Spirito, il vento di Dio. La casa è il luogo del primo magistero, dove i figli imparano l’arte più importante, quella che li farà felici: l’arte di amare.

Padre Ermes Ronchi, OSM

www.qumran2.net/parolenuove/commenti.php?mostra_id=44787

 

Luca, l’evangelista delle donne

L’angoscia di Maria e Giuseppe per il figlio

Qualcuno potrebbe pensare a un accostamento irriverente: non pochi sono i genitori che vedono un figlio uscire di casa e scomparire, forse anche per lunghi periodi. D’altronde, chi non ricorda la parabola del figlio minore fuggito di casa, narrata dal Vangelo di Luca (15,11-32)? È lo stesso evangelista – che stiamo seguendo alla ricerca di tutte le presenze femminili che occhieggiano nelle sue pagine – a descrivere un’esperienza analoga vissuta da una madre unica nel suo genere, Maria. Stiamo riferendoci all’episodio di Gesù dodicenne che, giunto in pellegrinaggio a Gerusalemme con i suoi genitori, scompare senza che essi se ne accorgano (2,41-50).

            E quando scoprono, durante il ritorno a Nazaret, la sua assenza e si precipitano nel tempio ritrovandolo in disputa con i maestri della Legge, Maria prende in mano la situazione e lo interpella con severità: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo» (2,48). È lei a rimproverare il ragazzo, mentre Giuseppe rimane a lato, evocato dalla sposa ma silenzioso, come sempre in tutti i Vangeli. A questo punto, il figlio raggela i suoi genitori replicando con una frase enigmatica ma netta: «Perché mi cercavate? Non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (2,49).

            Questa risposta nell’originale greco di Luca è passibile anche di un’altra versione: «Non sapevate che devo stare nella casa del Padre mio?». Sono le prime parole che Gesù pronuncia nel Vangelo e, come è evidente, si ha un rimando al suo vero Padre, Dio. Anche le ultime parole emesse da un Gesù moribondo avranno lo stesso riferimento: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (23,46). Ora, Anche le ultime parole emesse da un Gesù moribondo avranno lo stesso riferimento: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (23,46). Nel racconto della scena che si svolge al tempio di Sion c’è un dato che probabilmente non è solo cronologico. A dodici anni (oggi a tredici) si ha, infatti, nel giudaismo quello che è chiamato il bar-mitzvah, letteralmente “il figlio del precetto”, ossia l’ingresso del ragazzo nella maggiore età religiosa, tant’è vero che può leggere in pubblico in sinagoga un passo della Torah, la Legge biblica.

            A Maria, quindi, risponde un Gesù ormai maggiorenne che è consapevole della sua identità profonda e della sua missione. Ed è sorprendente l’annotazione finale dell’evangelista: Maria e Giuseppe «non compresero ciò che aveva detto loro» (2,50). Il verbo greco usato è significativo: syn-íemi letteralmente indica un “unire”, un mettere insieme realtà diverse per “comprenderle”. Sul momento ai genitori di Gesù risulta incomprensibile il suo comportamento. Ma subito dopo si aggiunge un’osservazione: giunti a Nazaret, Maria «sua madre custodiva (letteralmente metteva insieme) tutte queste cose nel suo cuore» (2,51).

            Si apriva, così, quel cammino di fede che anche una donna privilegiata come Maria dovrà compiere per “comprendere” in pienezza il mistero nascosto nel suo figlio. Con le dovute distanze, tutti i genitori devono sapere che il figlio da loro generato ha un destino che essi non possono predeterminare. Essi lo devono educare e guidare, ma alla fine devono accoglierlo così come l’ha voluto il Creatore, con i suoi limiti e i suoi doni specifici, con la sua libertà e vocazione. Il figlio non è una proprietà privata di cui disporre, aiutarlo a trovare la sua strada è un dovere, accettare il compito suo proprio nel mondo e nella vita è un atto di amore, come fece appunto Maria con Gesù, standogli vicino ma in disparte sino alla fine.

Gianfranco Ravasi, Cardinale arcivescovo e biblista           27 dicembre 2018

www.famigliacristiana.it/blogpost/langoscia-di-maria-e-giuseppe-per-il-figlio.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter+fc&utm_content=blog&utm_campaign=fc1852

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DIRITTI

Diritto alla salute del minore: facciamo il punto sugli aspetti più discussi

L’art. 32 della Costituzione è la base normativa per uno dei diritti fondamentali dell’essere umano: il diritto alla salute e ad ottenere le cure mediche necessarie, indipendentemente dall’età e dalle condizioni personali. La dottrina ritiene che l’impegno da parte dell’ordinamento giuridico e delle parti sociali devono essere massimi per garantire il diritto alla salute a tutti i soggetti, assumendo “connotazioni particolari” nel caso dei minori [Carlo Alfredo Moro (a cura di), Manuale di diritto minorile, cit., 365].

            La Legge 12 luglio 2011, n. 112, istitutiva dell’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza, ha la specifica finalità di “assicurare la piena attuazione e la tutela dei diritti e degli interessi delle persone di minore età”. A tal fine, al Garante viene attribuito anche il compito di salvaguardare il diritto alla salute del minore anche attraverso il diritto ad essere informato rispetto ai trattamenti medico sanitari cui può essere sottoposto [C. A. Moro, op. cit.].

            Per quanto riguarda la manifestazione del consenso informato ai trattamenti sanitari riguardanti bambini o infanti, esso non può che essere manifestato da coloro che ne hanno titolo, cioè i genitori. In caso di contrasto tra loro, la dottrina [C. A. Moro, op. cit.] suggerisce l’applicazione dell’art. 333 c.c., relativo ai casi di condotta dei genitori pregiudizievole ai figli.

            Dal canto suo, la giurisprudenza ha affermato che i genitori non possono rappresentare il figlio minore in relazione alle scelte mediche specialmente quando il minore sia in età prossima al raggiungimento della piena capacità di agire, poiché diversamente si giungerebbe alla privazione di diritti personalissimi sulla base della sola considerazione del dato formale rappresentato dall’incapacità legale, giungendo al paradosso che il soggetto legalmente incapace ma naturalisticamente capace non possa decidere della propria salute, mentre il soggetto legalmente capace ma naturalisticamente minus, per il tramite dell’istituto dell’amministratore di sostegno, potrebbe esercitare una maggiore autodeterminazione (Tribunale per minorenni. Milano, 30 marzo 2010).                                        www.edscuola.it/archivio/norme/varie/sentribminmi579_10.pdf

Tra le questioni inerenti alla protezione della salute del minore va considerato anche che alcune di esse si riferiscono a tempi antecedenti alla nascita stessa del minore.

In questo contesto, la trattazione dei temi riguardanti la diagnosi preimpianto e del dibattito sul riconoscimento del danno da nascita indesiderata assumono una connotazione primaria.

Non di minore importanza, tuttavia, anche il dibattito, attuale per recenti fatti di cronaca, nato sull’espletamento dell’obbligo vaccinale.

Danno da nascita indesiderata: il dibattito italiano si divide tra common law e civil law. Le questioni inerenti alla protezione della salute del minore possono sorgere in tempi addirittura antecedenti la sua nascita. In questo senso, nell’estratto di oggi verrà trattato il tema sul dibattito sul riconoscimento del danno da nascita indesiderata.

            La diagnosi preimpianto: tra diritto alla salute e libertà di coscienza. Il “diritto alla salute” e ad ottenere cure mediche trae fonte nell’art. 32 Costituzione e rappresenta un diritto di qualunque individuo, indipendentemente dall’età e dalle condizioni personali. Sulla questione inerente all’età, da alcuni anni, si è acceso un ampio dibattito sul fatto se fosse o no garantita tutela anche nel momento antecedente la nascita stessa dell’individuo.

Danno da vaccino: ancora sulla questione del risarcimento. Il tema dell’obbligo vaccinale è sempre stato un punto di attenzione per i giuristi e non solo, recentemente una sentenza del TAR ha stabilito che l’inadempimento dell’obbligo vaccinale costituisce ragione di per sé ostativa all’accesso alle scuole dell’infanzia (ex art. 3 comma 3 D.L. n. 73/2017), a tutela del minore stesso e dell’intera comunità scolastica (TAR Piemonte, 18.09.2018, n. 1034). Ma come viene affrontata la questione del risarcimento del “danno da vaccino”?

            Elena Falletti  20 dicembre

https://elenafalletti.wordpress.com/2018/12/20/diritto-alla-salute-del-minore-facciamo-il-punto-sugli-aspetti-piu-discussi

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ENTI TERZO SETTORE

La tassa sui buoni

Scrooge, l’avaro di dickensiana memoria, è tornato proprio a Natale, colpendo sistematicamente ogni azione di solidarietà. È tornato e, più che manifestarsi nel cinismo egoista che, secondo la troppo affrettata e un po’ corriva analisi dell’ultimo Rapporto Censis, caratterizzerebbe oggi gli italiani, indossa i panni del governo “del cambiamento”.

Chiusi i porti ai migranti e a chi li soccorre, senza neppure la carità di un pacco viveri per affrontare la lunga attesa di un porto che li accolga, la legge di Stabilità fatta approvare con voto di fiducia ad un Senato, e presto anche ad una Camera, totalmente esautorate contiene vere e proprie cattiverie nei confronti dell’agire solidale.

Un balzello imposto sui sudati risparmi che i migranti (regolari) mandano nei Paesi di origine per aiutare chi è rimasto là, esattamente come hanno fatto per decenni i migranti italiani all’estero, sostenendo con le loro rimesse intere economie locali.

Tasse raddoppiate alle associazioni non profit e di volontariato. Si tassa, cioè, la solidarietà familiare e di prossimità, proprio mentre contestualmente si promulga un ennesimo condono agli evasori fiscali.

Questa apparente contraddizione temo possa essere spiegata, appunto, con l’effetto Scrooge: si punisce chi non corrisponde ai propri desideri, alla propria rappresentazione della realtà. Non solo i migranti, ormai diventati il simbolo del nemico da cui ci si dovrebbe difendere.

Anche le associazioni non profit e le migliaia di volontari che prestano la loro opera a chi si trova in condizioni di vulnerabilità, o che diffondono conoscenze critiche e occasioni plurali e pluralistiche di approfondimento culturale.

Proprio perché costituiscono una potenziale opinione critica della narrazione governativa su come vanno le cose, sulla compattezza del “popolo” dietro le scelte governative, perché mettono in campo azioni che contrastano quella narrazione, le loro azioni devono essere rese più costose.

Non importa se il raddoppio della tassazione implicherà che l’anno prossimo si potranno offrire meno pasti caldi, meno posti letto ai senza dimora, meno punti di ascolto, meno servizi alla persona, meno iniziative di accompagnamento per chi è in difficoltà.

Non importa, anzi meglio così, se si faranno meno iniziative culturali libere da padroni politici. Non importa se tutto ciò porterà anche alla perdita di qualche posto di lavoro, dato che anche le associazioni non profit e di volontariato, per poter operare in modo continuativo e affidabile, devono poter contare anche su lavoratori remunerati il giusto.

Il governo cercherà di presentare la protesta che sta montando da parte di associazioni grandi e piccole, come la reazione al fatto che, anche in questo caso, «la pacchia è finita». Ma quale «pacchia»?

Quella di lavorare per il bene comune, per una maggiore inclusione e civilizzazione dei rapporti, per la costruzione di comunità di prossimità con una qualità della vita decente, se non sempre ottimale, per tenere vivo lo spirito critico, la voglia di imparare, di ascoltare anche chi la pensa diversamente?

Ci saranno anche associazioni che si fregiano impropriamente di “non profit” e godono di indebiti privilegi fiscali. E non vi è dubbio che grande è l’eterogeneità qualitativa e di efficacia tra le varie associazioni.

Ma si tratta di accertarlo e di definire meglio i contorni di questo mondo, non di punirlo in quanto tale perché considerato estraneo, se non ostile, al governo del cambiamento.

Chiara Saraceno        la Repubblica 27 dicembre 2018, pag. 30

https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2018/12/27/la-tassa-sui-buoni01.html?ref=search

www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt201812/181227saraceno.pdf

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                                                FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI

                        Affido Condiviso. Il contributo del Forum delle Associazioni Familiari

Ecco il contributo del Forum al dibattito in merito alla riforma dell’affido condiviso – contributo reso necessario dalle sollecitazioni di molte associazioni, preoccupate dagli effetti di questa riforma sulla vita dei figli di coppie separate.

Proprio per rispondere a questo bisogno il Forum ha organizzato un seminario di approfondimento il 9 ottobre 2018. Le relazioni di questo sono stati raccolte in un unico documento, che oggi presentiamo a beneficio di tutti.                            www.forumfamiglie.org/wp-content/uploads/2018/12/ATTI.pdf

Come sarà facile intuire leggendo le relazioni, il Forum, per primo, comprende la delicatezza della vicenda e le sofferenze di chi, a causa della distruzione della propria famiglia, subisce oltre al distacco dai propri figli, anche l’indigenza economica.

Pertanto, si è voluto discutere, non tanto dei fini, quanto piuttosto della proporzionalità dello strumento normativo, così come proposto.

Purtroppo proprio la rigidità degli schemi e dei modelli proposti dai vari disegni di legge rende molto difficile, se non impossibile, una qualsiasi iniziativa di correzione o emendamento dei testi oggi all’esame del Parlamento.

Queste criticità sono state poi illustrate dal Forum in occasione dell’Audizione in Commissione Giustizia del Senato della Repubblica sui disegni di legge nn. 45, 118, 735, 768 e 837 (affido Minori) dello scorso 29 novembre 2018

www.forumfamiglie.org/2018/12/31/affido-condiviso-il-contributo-del-forum-delle-associazioni-familiari

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FRANCESCO VESCOVO DI ROMA

Giornata mondiale della pace

Papa Francesco: corruzione, xenofobia e razzismo “sono la vergogna della vita pubblica”

http://w2.vatican.va/content/francesco/it/messages/peace/documents/papa-francesco_20181208_messaggio-52giornatamondiale-pace2019.html

 

Dedicato alle virtù e ai vizi della politica il messaggio del Papa per la prossima Giornata mondiale della pace. Corruzione, razzismo e xenofobia sono “la vergogna della vita pubblica e mettono in pericolo la pace sociale”.

            “La ricerca del potere ad ogni costo porta ad abusi e ingiustizie”. Comincia con questa constatazione il messaggio del Papa per la 52ª Giornata mondiale della pace, che si celebrerà il 1° gennaio prossimo sul tema: “La buona politica è al servizio della pace”. Francesco passa in rassegna le virtù e i vizi della politica, a cominciare da corruzione, razzismo e xenofobia, che sono “la vergogna della vita pubblica e mettono in pericolo la pace sociale”.Non sono sostenibili i discorsi politici che tendono ad accusare i migranti di tutti i mali e a privare i poveri della speranza”, il monito.

“La politica è un veicolo fondamentale per costruire la cittadinanza e le opere dell’uomo, ma quando, da coloro che la esercitano, non è vissuta come servizio alla collettività umana, può diventare strumento di oppressione, di emarginazione e persino di distruzione”. È la tesi di Francesco, che cita la definizione di speranza che ne dà Charles Peguy:Un fiore fragile che cerca di sbocciare in mezzo alle pietre della violenza”. Poi l’invito, sulla scorta di San Paolo VI, a “prendere sul serio la politica”, come ricerca del “bene della città, della nazione, dell’umanità”.

“La giustizia, l’equità, il rispetto reciproco, la sincerità, l’onestà, la fedeltà”. Sono queste le “virtù” proprie di una buona politica, di cui Benedetto XVI ha stilato il “programma” in termini di carità e di impegno per il bene comune. “È un programma nel quale si possono ritrovare tutti i politici, di qualunque appartenenza culturale o religiosa”, commenta il Papa, che menziona anche le “beatitudini del politico” proposte dal cardinale vietnamita François-Xavier Nguyen Vãn Thuen, morto nel 2002.

            “Vizi” come la corruzione, la xenofobia e il razzismo “sono la vergogna della vita pubblica e mettono in pericolo la pace sociale”. “Accanto alle virtù, purtroppo, anche nella politica non mancano i vizi, dovuti sia ad inettitudine personale sia a storture nell’ambiente e nelle istituzioni”, scrive Francesco. L’elenco è preciso e dettagliato: “La corruzione – nelle sue molteplici forme di appropriazione indebita dei beni pubblici o di strumentalizzazione delle persone –, la negazione del diritto, il non rispetto delle regole comunitarie, l’arricchimento illegale, la giustificazione del potere mediante la forza o col pretesto arbitrario della ‘ragion di Stato’, la tendenza a perpetuarsi nel potere, la xenofobia e il razzismo, il rifiuto di prendersi cura della Terra, lo sfruttamento illimitato delle risorse naturali in ragione del profitto immediato, il disprezzo di coloro che sono stati costretti all’esilio”.

“Quando l’esercizio del potere politico mira unicamente a salvaguardare gli interessi di taluni individui privilegiati – l’avvertimento – l’avvenire è compromesso” e i giovani sono condannati a restare ai margini della società. Quando, invece, la politica si traduce, in concreto, nell’incoraggiamento dei giovani talenti diventa “una fiducia dinamica nella possibilità di lavorare insieme per il bene comune”. La politica è anche “una mano tesa”, e ogni uomo e ogni donna possono collaborare.

            “Viviamo in questi tempi in un clima di sfiducia che si radica nella paura dell’altro o dell’estraneo, nell’ansia di perdere i propri vantaggi, e si manifesta purtroppo anche a livello politico, attraverso atteggiamenti di chiusura o nazionalismi che mettono in discussione quella fraternità di cui il nostro mondo globalizzato ha tanto bisogno”.

            È l’analisi del Papa, che ribadisce che, oggi più che mai, le nostre società necessitano di “artigiani della pace”. Cento anni dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, il “terribile insegnamento delle guerre fratricide” è che “la pace non può mai ridursi al solo equilibrio delle forze e della paura”. No, allora, all’escalation “in termini di intimidazione”, alla proliferazione incontrollata delle armi e al “terrore esercitato sulle persone più vulnerabili”, che “contribuisce all’esilio di intere popolazioni nella ricerca di una terra di pace”.

            “Non sono sostenibili i discorsi politici che tendono ad accusare i migranti di tutti i mali e a privare i poveri della speranza”, il monito di Francesco: la pace, al contrario, “si basa sul rispetto di ogni persona, qualunque sia la sua storia, sul rispetto del diritto e del bene comune, del creato che ci è stato affidato e della ricchezza morale trasmessa dalle generazioni passate”.

 “Nel mondo, un bambino su sei è colpito dalla violenza della guerra o dalle sue conseguenze, quando non è arruolato per diventare egli stesso soldato o ostaggio dei gruppi armati”, denuncia il Papa alla fine del suo messaggio, in cui ricorda anche il 70º anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, adottata all’indomani del secondo conflitto mondiale. “Quando negli esseri umani affiora la coscienza dei loro diritti, in quella coscienza non può non sorgere l’avvertimento dei rispettivi doveri: nei soggetti che ne sono titolari, del dovere di far valere i diritti come esigenza ed espressione della loro dignità; e in tutti gli altri esseri umani, del dovere di riconoscere gli stessi diritti e di rispettarli”, scrive Francesco citando San Giovanni XXIII.La pace – spiega il Papa – è frutto di un grande progetto politico che si fonda sulla responsabilità reciproca e sull’interdipendenza degli esseri umani. Ma è anche una sfida che chiede di essere accolta giorno dopo giorno. La pace è una conversione del cuore e dell’anima”.

Tre, conclude Francesco, le “dimensioni indissociabili di questa pace interiore e comunitaria”: “La pace con sé stessi, la pace con l’altro, la pace con il creato”.

M. Michela Nicolais Agenzia SIR     18 dicembre 2018

http://m.agensir.it/chiesa/2018/12/18/papa-francesco-corruzione-xenofobia-e-razzismo-sono-la-vergogna-della-vita-pubblica

 

La “mini-enciclica” di Francesco sulla buona e vera politica.

Promemoria per le classi governanti

Papa Francesco in questi oltre cinque anni di pontificato ha parlato poco sulla politica e ha scelto, quasi sempre, una via indiretta: quella dell’economia e della finanza che a suo avviso spesso hanno preso in ostaggio, tramite la corruzione, la politica in generale e tanti politici in particolare.

Oggi, invece, nel suo Messaggio per la Giornata Mondale della pace 2019 propone una vera mini-enciclica e spiega il nocciolo del suo magistero sulla buona e vera politica che tanto manca oggi in tutto il mondo.

Ecco le affermazioni e riflessioni principali di Francesco.

“Pace a questa casa!” Offrire la pace è al cuore della missione dei discepoli di Cristo. E questa offerta è rivolta a tutti coloro, uomini e donne, che sperano nella pace in mezzo ai drammi e alle violenze della storia umana [1 Cfr Lc 2,14: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama»]. La “casa” di cui parla Gesù è ogni famiglia, ogni comunità, ogni Paese, ogni continente, nella loro singolarità e nella loro storia; è prima di tutto ogni persona, senza distinzioni né discriminazioni. È anche la nostra “casa comune”: il pianeta in cui Dio ci ha posto ad abitare e del quale siamo chiamati a prenderci cura con sollecitudine.

La sfida della buona politica. – La pace è simile alla speranza di cui parla il poeta Charles Péguy; [Cfr Le Porche du mystère de la deuxième vertu, Paris 1986] è come un fiore fragile che cerca di sbocciare in mezzo alle pietre della violenza. Lo sappiamo: la ricerca del potere ad ogni costo porta ad abusi e ingiustizie. La politica è un veicolo fondamentale per costruire la cittadinanza e le opere dell’uomo, ma quando, da coloro che la esercitano, non è vissuta come servizio alla collettività umana, può diventare strumento di oppressione, di emarginazione e persino di distruzione.

«Se uno vuol essere il primo – dice Gesù sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti» (Mc 9,35). Come sottolineava Papa San Paolo VI: «Prendere sul serio la politica nei suoi diversi livelli – locale, regionale, nazionale e mondiale – significa affermare il dovere dell’uomo, di ogni uomo, di riconoscere la realtà concreta e il valore della libertà di scelta che gli è offerta per cercare di realizzare insieme il bene della città, della nazione, dell’umanità». [Lett. ap. Octogesima adveniens (14 maggio 1971), 46]. In effetti, la funzione e la responsabilità politica costituiscono una sfida permanente per tutti coloro che ricevono il mandato di servire il proprio Paese, di proteggere quanti vi abitano e di lavorare per porre le condizioni di un avvenire degno e giusto. Se attuata nel rispetto fondamentale della vita, della libertà e della dignità delle persone, la politica può diventare veramente una forma eminente di carità.

Carità e virtù umane per una politica al servizio dei diritti umani e della pace. Papa Benedetto XVI ricordava che «ogni cristiano è chiamato a questa carità, nel modo della sua vocazione e secondo le sue possibilità d’incidenza nella polis. […] Quando la carità lo anima, l’impegno per il bene comune ha una valenza superiore a quella dell’impegno soltanto secolare e politico. […] L’azione dell’uomo sulla terra, quando è ispirata e sostenuta dalla carità, contribuisce all’edificazione di quella universale città di Dio verso cui avanza la storia della famiglia umana». [Enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), 7]. È un programma nel quale si possono ritrovare tutti i politici, di qualunque appartenenza culturale o religiosa che, insieme, desiderano operare per il bene della famiglia umana, praticando quelle virtù umane che soggiacciono al buon agire politico: la giustizia, l’equità, il rispetto reciproco, la sincerità, l’onestà, la fedeltà.

I vizi della politica. Accanto alle virtù, purtroppo, anche nella politica non mancano i vizi, dovuti sia ad inettitudine personale sia a storture nell’ambiente e nelle istituzioni. È chiaro a tutti che i vizi della vita politica tolgono credibilità ai sistemi entro i quali essa si svolge, così come all’autorevolezza, alle decisioni e all’azione delle persone che vi si dedicano. Questi vizi, che indeboliscono l’ideale di un’autentica democrazia, sono la vergogna della vita pubblica e mettono in pericolo la pace sociale: la corruzione – nelle sue molteplici forme di appropriazione indebita dei beni pubblici o di strumentalizzazione delle persone –, la negazione del diritto, il non rispetto delle regole comunitarie, l’arricchimento illegale, la giustificazione del potere mediante la forza o col pretesto arbitrario della “ragion di Stato”, la tendenza a perpetuarsi nel potere, la xenofobia e il razzismo, il rifiuto di prendersi cura della Terra, lo sfruttamento illimitato delle risorse naturali in ragione del profitto immediato, il disprezzo di coloro che sono stati costretti all’esilio.

La buona politica promuove la partecipazione dei giovani e la fiducia nell’altro. Quando l’esercizio del potere politico mira unicamente a salvaguardare gli interessi di taluni individui privilegiati, l’avvenire è compromesso e i giovani possono essere tentati dalla sfiducia, perché condannati a restare ai margini della società, senza possibilità di partecipare a un progetto per il futuro. Quando, invece, la politica si traduce, in concreto, nell’incoraggiamento dei giovani talenti e delle vocazioni che chiedono di realizzarsi, la pace si diffonde nelle coscienze e sui volti.

La vita politica autentica, che si fonda sul diritto e su un dialogo leale tra i soggetti, si rinnova con la convinzione che ogni donna, ogni uomo e ogni generazione racchiudono in sé una promessa che può sprigionare nuove energie relazionali, intellettuali, culturali e spirituali. Una tale fiducia non è mai facile da vivere perché le relazioni umane sono complesse. In particolare, viviamo in questi tempi in un clima di sfiducia che si radica nella paura dell’altro o dell’estraneo, nell’ansia di perdere i propri vantaggi, e si manifesta purtroppo anche a livello politico, attraverso atteggiamenti di chiusura o nazionalismi che mettono in discussione quella fraternità di cui il nostro mondo globalizzato ha tanto bisogno.

No alla guerra e alla strategia della paura. Cento anni dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, mentre ricordiamo i giovani caduti durante quei combattimenti e le popolazioni civili dilaniate, oggi più di ieri conosciamo il terribile insegnamento delle guerre fratricide, cioè che la pace non può mai ridursi al solo equilibrio delle forze e della paura. Tenere l’altro sotto minaccia vuol dire ridurlo allo stato di oggetto e negarne la dignità. È la ragione per la quale riaffermiamo che l’escalation in termini di intimidazione, così come la proliferazione incontrollata delle armi sono contrarie alla morale e alla ricerca di una vera concordia. Il terrore esercitato sulle persone più vulnerabili contribuisce all’esilio di intere popolazioni nella ricerca di una terra di pace.

Un grande progetto di pace. Celebriamo in questi giorni il settantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, adottata all’indomani del secondo conflitto mondiale. Ricordiamo in proposito l’osservazione del Papa San Giovanni XXIII: «Quando negli esseri umani affiora la coscienza dei loro diritti, in quella coscienza non può non sorgere l’avvertimento dei rispettivi doveri: nei soggetti che ne sono titolari, del dovere di far valere i diritti come esigenza ed espressione della loro dignità; e in tutti gli altri esseri umani, del dovere di riconoscere gli stessi diritti e di rispettarli». [Enc. Pacem in terris (11 aprile 1963), 24.]

La pace, in effetti, è frutto di un grande progetto politico che si fonda sulla responsabilità reciproca e sull’interdipendenza degli esseri umani. Ma è anche una sfida che chiede di essere accolta giorno dopo giorno.

  • La pace è una conversione del cuore e dell’anima, ed è facile riconoscere tre dimensioni indissociabili di questa pace interiore e comunitaria: la pace con sé stessi, rifiutando l’intransigenza, la collera e l’impazienza e, come consigliava San Francesco di Sales, esercitando “un po’ di dolcezza verso sé stessi”, per offrire “un po’ di dolcezza agli altri”;
  • La pace con l’altro: il familiare, l’amico, lo straniero, il povero, il sofferente…; osando l’incontro e
  • Ascoltando il messaggio che porta con sé;
  • La pace con il creato, riscoprendo la grandezza del dono di Dio e la parte di responsabilità che spetta a ciascuno di noi, come abitante del mondo, cittadino e attore dell’avvenire.

Redazione       ilsismografo.blogspot.com     18 dicembre 2018

www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt201812/181218redazioneilsismografo.pdf

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MATRIMONIO

Congedo matrimoniale per chi si sposa in chiesa

Ci si sposa una volta sola: questo vecchio detto, oggi, non ha più molta valenza, e non solo considerando l’alto tasso di divorzi e nuovi matrimoni. Oggi accade di frequente che una coppia si sposi due volte con riti diversi: c’è chi, infatti, inizialmente si sposa soltanto al comune con il rito civile, ed in seguito decide di sposarsi in chiesa col solo rito religioso.

            Ma il congedo matrimoniale per chi si sposa in chiesa spetta quando il matrimonio non è concordatario, quindi quando il matrimonio è celebrato con il solo rito religioso e non ha effetti civili?

            Facciamo un esempio concreto per capire meglio la questione: se Mario e Francesca si sono già sposati anni fa con rito civile, e decidono di celebrare in chiesa il matrimonio religioso, hanno diritto al congedo matrimoniale retribuito oppure no? Mario pensa di sì, perché sa che il congedo matrimoniale retribuito spetta anche per le seconde nozze: ma il matrimonio religioso stipulato dopo il rito civile tra le stesse persone può essere assimilato alle seconde nozze, ai fini del congedo matrimoniale?

            E se due coniugi non si sono mai sposati in comune, e si sposano solo in chiesa, hanno diritto al congedo matrimoniale? Cerchiamo di fare il punto sul diritto al congedo matrimoniale per chi si sposa in chiesa, dopo aver ricordato che cos’è e come funziona questo beneficio.

Che cos’è il congedo matrimoniale? Il congedo matrimoniale è un congedo retribuito riconosciuto al lavoratore in occasione del proprio matrimonio con valenza civile e consiste, nella generalità dei casi, in un periodo di astensione dal lavoro della durata di 15 giorni (può variare a seconda del contratto collettivo). Questo congedo è stato introdotto in Italia nel 1937 e, inizialmente, era rivolto soltanto agli impiegati (è stato esteso anche agli operai solo nel 1941). Oggi, invece, hanno diritto al congedo matrimoniale tutti i lavoratori, ma vi sono delle differenze, per quanto riguarda l’indennità e le modalità di fruizione, a seconda del contratto collettivo di lavoro utilizzato.

Com’è pagato il congedo matrimoniale? Per quanto riguarda la copertura economica del congedo matrimoniale, gli accordi collettivi prevedono, generalmente, che al lavoratore spetti la normale retribuzione, durante il periodo di assenza; le festività eventualmente ricadenti entro questo arco temporale sono pagate a parte, rispetto alle spettanze per il congedo.

            Tuttavia ci sono delle eccezioni per gli operai, gli apprendisti e i lavoratori a domicilio che sono dipendenti di aziende industriali, artigiane o cooperative. Per queste tipologie di lavoratori il trattamento economico, infatti, viene corrisposto solo parzialmente con un assegno a carico dell’Inps, di importo pari a 7 giorni di lavoro. In questi casi spetta al datore di lavoro l’onere di integrare l’importo dell’assegno fino a garantire la normale retribuzione per i 15 giorni di durata del congedo.

            Allo stesso modo è prevista l’erogazione dell’assegno matrimoniale, pagato direttamente dall’Inps per:

  • I lavoratori disoccupati o sospesi, qualora siano stati occupati per almeno 15 giorni nei 90 giorni precedenti la data del matrimonio;
  • I lavoratori disoccupati a seguito di dimissioni presentate per contrarre matrimonio;
  • I lavoratori licenziati per cessazione dell’attività;
  • I lavoratori assenti dal servizio per un giustificato motivo (malattia, sospensione dal lavoro, richiamo alle armi);
  • I lavoratori extracomunitari che si sposano all’estero, se hanno prestato la propria attività presso un’azienda italiana, risultano residenti in Italia ed hanno acquisito lo status di coniugati nel nostro Paese.

È importante sottolineare che, secondo le previsioni dei contratti collettivi, il congedo non spetta ai lavoratori in periodo di prova.

            Il periodo, oltre a essere coperto dal punto di vista economico con l’indennità, è utile per la maturazione dei ratei ferie, Tfr e mensilità aggiuntive.

Quando si può chiedere il congedo matrimoniale? Il congedo matrimoniale è da considerare un’assenza a parte rispetto alle ferie annuali (nel senso che le assenze per il congedo non diminuiscono le ferie spettanti) e deve essere richiesto con un sufficiente anticipo.

            Quale distanza ci deve essere tra la data delle nozze e il congedo matrimoniale? Non è necessario che il giorno delle nozze rientri nei 15 giorni di congedo, poiché le assenze retribuite possono essere anche chieste successivamente, ma non a distanza eccessiva dal matrimonio. Il congedo è difficilmente fruibile, dunque, per quegli sposi che decidono di rimandare il viaggio di nozze a parecchi mesi dopo il matrimonio: non esiste, comunque, una normativa che stabilisca in modo preciso entro quando si deve fruire del congedo. Allo stesso tempo è essenziale sapere che i giorni di congedo devono essere fruiti consecutivamente, cioè non possono essere frazionati: se, quindi, pensi di chiedere solo una parte del congedo matrimoniale a ridosso delle nozze, e un’altra parte più avanti, magari da attaccare alle ferie, sappi che non è possibile “spezzare” il congedo.

            Il congedo matrimoniale può essere goduto anche più di una volta nell’arco della vita lavorativa, come ad esempio nel caso di vedovi o divorziati che si risposino; quando nello stesso periodo del congedo il lavoratore è in malattia, maternità o cassa integrazione, viene comunque corrisposto l’importo previsto per le assenze per matrimonio, in quanto più favorevole.

            Congedo matrimoniale per chi si sposa solo in chiesa. In base a quanto osservato, il congedo matrimoniale spetta in occasione del matrimonio avente validità civile. Dal 5 giugno 2016, a seguito dell’entrata in vigore della legge che regolamenta le unioni civili tra persone dello stesso sesso (la cosiddetta legge Cirinnà), le disposizioni sul congedo matrimoniale sono applicabili anche in caso di unione civile.

            Se ci si sposa solo in Chiesa, si ha diritto a fruire del congedo matrimoniale se viene celebrato il matrimonio concordatario, dal quale derivano anche effetti civili. Se, invece, si celebra in Chiesa soltanto il matrimonio religioso, senza la celebrazione del rito concordatario, il congedo matrimoniale non spetta, perché le nozze non hanno validità civile.

            Il matrimonio religioso è dunque un atto con valenza esclusivamente spirituale, per il quale i partner non possono beneficiare di quelle tutele garantite dalla legge statale solo a chi si è sposato con effetti civili.

Congedo matrimoniale per chi si sposa prima al comune poi in chiesa. Se, invece, si celebra prima il matrimonio civile al comune, poi matrimonio religioso in chiesa, il congedo matrimoniale spetta in base alla celebrazione delle nozze civili: nessun problema, dunque, se il matrimonio religioso è celebrato qualche giorno dopo o qualche settimana dopo il matrimonio civile.

            La situazione diventa problematica, invece, se il rito religioso è celebrato dopo mesi, o anni, rispetto al rito civile: in questi casi, a seconda della distanza tra il congedo matrimoniale e la celebrazione delle nozze civili, l’assenza retribuita può non essere concessa.

            Il lavoratore che si sposa con rito esclusivamente religioso può, comunque, beneficiare delle ferie, dietro accordo col datore di lavoro.

Noemi Secci    La legge per tutti       30 dicembre 2018

www.laleggepertutti.it/257619_congedo-matrimoniale-per-chi-si-sposa-in-chiesa

 

Quando la famiglia di lui non ti accetta che fare?

La famiglia del tuo lui non ti accetta? I tuoi suoceri sono motivo di lite e malcontento nella tua famiglia? Ti senti sola? Inadeguata? Ti senti arrabbiata e non rispettata? Ti senti impotente? Non sai cosa fare per migliorare i rapporti con la famiglia del tuo lui? Se ti trovi in questa situazione sicuramente conosci bene le sensazioni appena descritte e ti sarai chiesta centinaia di volte: quando la famiglia di lui non ti accetta che fare? Avrai provato mille strategie per cambiare le cose ma ogni volta l’iter si ripete e tu ti senti sempre più vittima della situazione. In questo articolo troverai indicazioni utili non solo per condurre al meglio i rapporti con la famiglia del tuo compagno, ma anche per rasserenare il tuo stato d’animo rispetto al senso di inadeguatezza o di rabbia che provi. Seguiranno le domande che più frequentemente ti sarai posta in merito a questa tematica e le indicazioni per te più funzionali per gestire al meglio la situazione e vivere in modo più appagante la tua relazione. Molto spesso, infatti, a questa problematica se ne affiancano altre latenti ma non meno importanti. Le più frequenti generalmente sono l’incapacità del tuo compagno di affrontare e riconoscere gli errori dei suoi genitori, oppure la sensazione di rabbia che si insinua in te. Tutto ciò può generare difficoltà nel normale svolgimento della tua vita familiare dove ad esempio, feste o ricorrenze, diverranno motivo più di ansia e malessere che non di gioia e condivisione.

Quando i miei suoceri non mi considerano: cosa posso fare per farmi rispettare? Ti sarà capitato mille volte di trovarti con il tuo compagno insieme ai suoi genitori e di sentirti completamente ignorata. Come se le tue esigenze o il tuo parere non contassero o peggio non esistessero. Avrai, al contrario, sofferto molto nel vedere come sappiano invece prendersi cura del figlio senza calcolare che tu sei la donna che lui ha scelto.

            Ti sarai sentita trasparente ed ingiustamente tagliata fuori da un nucleo di cui nonostante tutto fai parte. Ti sarai chiesta, cosa posso fare per rendermi visibile? Per farmi rispettare? Una soluzione è sicuramente quella di non lasciarti scoraggiare, di non assecondare il “gioco della trasparenza”: se vieni ignorata o rifiutata, perderai la voglia di combattere, di parlare, di volerci essere. La miglior tecnica è quella di fare esattamente l’opposto. Non stancarti di essere te stessa e di mostrare considerazione nei tuoi riguardi dicendo sempre ciò che pensi, anche quando sei tentata di lasciar perdere. Se cedi al loro gioco finirai per sentirti sempre più vittima della situazione accumulando rabbia e frustrazione. Segui, al contrario, la tua naturale predisposizione al confronto, alla chiarezza, alla trasparenza e dimostrati di essere diversa da loro.

            Ricorda che la convinzione che hai di stessa è l’unico vero elemento in grado di modificare la tua autostima e conseguentemente il tuo stato d’animo. Ricordati che ciò che spesso fa soffrire di una situazione di questo tipo è l’indignazione per il sentirsi incompresi in relazione alle nostre aspettative. Ma tu hai un vantaggio, conosci le condizioni ed il loro gioco, gestirlo ti farà sentire più forte, meno vittima e di conseguenza padrona della situazione, nonostante non sia tu a sceglierla.

Se il mio compagno non mi difende cosa posso fare? Smetti di aspettarti da lui ciò che puoi fare tu stessa. Molte volte riponiamo troppe aspettative nel prossimo, aspettandoci comportamenti ed azioni che al loro posto noi metteremmo in atto. Partendo dal presupposto che uomini e donne sono strutturalmente diversi e che di conseguenza difficilmente nelle stesse situazioni fanno le stesse scelte, devi cercare il più possibile di isolare la problematica dalla tua relazione. Il rischio, altrimenti, è di fare anche in questo caso il loro gioco.

            Dunque, quando senti di subire un’ingiustizia da parte dei genitori del tuo lui e percepisci una condizione di malessere, scegli di affrontarli o, se ne sei capace ed è possibile farlo, di ignorarli. Questo, ovviamente dipende dalla gravità della situazione e dalla possibilità di ignorare il loro comportamento. Puoi cercare di mediare, alternando le due soluzioni a seconda della situazione specifica per non trasformare ogni occasione in una guerra. Accertati sempre che i tuoi confini siano saldi e che non li travalichino mai. Soccombere non è mai una soluzione, soprattutto quando la avverti come una mancanza di rispetto.

Se parlare apertamente non cambia la situazione come posso gestire le cose? Cambiare le cose quando non dipendono esclusivamente da noi stessi è impossibile. Questo è un presupposto da cui non si può prescindere. Ciò vuole dire che possiamo migliorare la situazione cambiando il nostro approccio ad essa trovando un compromesso rispetto alle nostre aspettative.

            Questo non significa né farti andar bene ciò che vivi con sofferenza né tanto meno vivere una vita in guerra. Vuol dire accettare la realtà e cercare più possibile di gestire la situazione con il vantaggio di poterla prevedere sulla base di ciò che sai. Mi spiego meglio. Se tu ed i genitori del tuo lui siete in disaccordo per una questione comune che vi riguarda e hai detto loro come la pensi, saprai anche molto probabilmente in partenza, come la pensano loro. Per questo, precedili anticipando la loro visione e preparandoti una serie di motivazioni con le quali smontare le loro tesi, mostrandoti strategicamente comprensiva ma al contempo fermamente sicura delle tue idee. Non dimenticarti che la cosa più importante è sempre dimostrare a te stessa che stai gestendo tu la situazione e non il contrario.

E’ meglio chiudere i rapporti oppure fare buon viso a cattivo gioco? Arrivare alla chiusura quando si deve convivere in una stessa famiglia è sempre l’ultima ipotesi da considerare. Generalmente ci si arriva quando per tanto tempo si è scelta la strada meno efficace, quella della sopportazione silente. Cioè quando per tanti anni hai scelto di evitare la situazione, stando male dentro e soccombendo.

            Probabilmente chiudere i rapporti ti sembrerà in alcuni casi l’unica soluzione possibile, ma ne hai altre a tua disposizione. La prima di queste è non rinunciare ad esprimere le tue idee e se non basta la seconda è quella di fare buon viso a cattivo gioco quando ritieni che sia poco proficuo confrontarti con loro.

            Ricorda sempre che chi non ti accetta palesemente, gioca a carte scoperte, questa deve essere la tua forza non il tuo cruccio. Tu hai modo di prevedere cosa pensano e come si comporteranno e quindi tu puoi anticiparli con intelligenza credendo sempre in te e nella possibilità di saper gestire le cose lucidamente. Inizialmente ti sembrerà difficile, magari impossibile, ma prova ad esercitarti.

            Ad esempio immagina situazioni che potrebbero essere motivo di disaccordo e davanti allo specchio allenati formulando risposte brevi, dirette e assertive. Quando parlo di assertività mi riferisco alla possibilità di comunicare efficacemente le proprie opinioni senza aggressività o sottomissione, facendosi valere e portando l’altro con naturalezza dalla nostra parte. Nella FAQ successiva avrai modo di saperne di più.

Come comunicare in modo assertivo? Come dicevamo nella FAQ precedente, comunicare in modo assertivo vuol dire farlo in modo efficace, con fermezza ma senza aggressività, al fine di risultare convincente e quindi di portare l’altro a riconoscere il valore di ciò che stai dicendo.

            Se per esempio stai parlando con i genitori del tuo compagno ma vedi che continuano ad interromperti o peggio ti parlano sopra ignorandoti, puoi dire: “Scusatemi, ma vorrei finire di dire quello che stavo dicendo”. In questo caso non sarai stata né offensiva né aggressiva ma semplicemente avrai difeso il tuo diritto alla parola senza aver permesso loro di prevaricarti. Oppure se vi state confrontando, ma vedi che siete su due fronti totalmente opposti e non ritieni opportuno accondiscendere, puoi dire: “Non condivido la tua scelta. Preferirei agire diversamente”.

            E’ importante essere chiari, diretti, concisi ma tranquilli nell’atteggiamento. Per affermare efficacemente le proprie idee non c’è bisogno di urlare, né tanto meno di prevaricare e non c’è neanche sempre bisogno di essere calmi, pacati e gentili. Se vuoi essere una persona assertiva devi essere attento ai tuoi bisogni, e modificare il tuo atteggiamento a seconda della situazione con intelligenza ed astuzia.

Come gestisco le occasioni comuni in cui non posso evitare i miei suoceri? Nelle occasioni in cui non puoi esimerti dal presenziare l’unica soluzione è quella affrontata in precedenza: fare buon viso a cattivo gioco. Cercare di mostrarti più possibile a tuo agio e tranquilla senza mostrare segni di nervosismo che potrebbero trasformarsi per te in un punto debole.

            E’ importante non dare la percezione che le loro parole o il loro atteggiamento ti feriscono, daresti loro un potere che potrebbero usare a tuo sfavore. Per questo è importante rafforzarti e potenziare al massimo la tua autostima. Un elemento importante di cui l’autostima si nutre è quello di agire sempre secondo i propri valori, così da essere più possibile orgoglioso di te. Ciò vuol dire che se, come detto nelle FAQ precedenti, ti mostri ma soprattutto ti senti conduttore di questo rapporto e non vittima, per te si aprirà un punto di svolta. Tutto questo non vuol dire che non ci saranno momenti spiacevoli ma che saprai di poter trovare la soluzione migliore perché credi nel tuo valore e nelle tue potenzialità.

            Una tecnica concreta che potrebbe aiutarti a vivere con più consapevolezza le occasioni comuni è quella della visualizzazione. Dovrai trovare un momento di tranquillità e sdraiarti, chiudere gli occhi e visualizzare nel dettaglio ogni particolare della situazione che vivrai. Osserva il contesto, l’ambiente, senti i profumi, ascolta i suoni, guarda i colori e calati nel momento esatto che più ti preoccupa. Cerca di visualizzare con estrema precisione la conversazione che vorresti riprodurre nella realtà. Allenerai la tua mente a predisporsi verso il comportamento che più vorresti avere e nel tempo riuscirai sempre più a metterlo in pratica sentendoti soddisfatta di come saprai gestire la situazione.

Provo rabbia come posso gestirla? La rabbia copre un dolore che nel tuo caso è quello di non sentirti accettato. Ma la rabbia nasce anche da non saper porre confini e farli rispettare. Nasce dal soccombere e non sentirti protagonista degli eventi. Hai un solo modo per sciogliere la rabbia: non rinunciare a te stesso e ai tuoi diritti. Se metterai in pratica tutte le indicazioni delle FAQ precedenti saprai benissimo, giunta a questo punto, cosa è importante fare e cosa evitare. Scoprirai a quel punto che la rabbia non è una nemica da combattere bensì un’alleata che viene solo a trovarti quando ad esempio ti dimentichi di te stesso.

Pamela Maiuri                       La legge per tutti                   29 dicembre 2018

www.laleggepertutti.it/243773_quando-la-famiglia-di-lui-non-ti-accetta-che-fare

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                                                                         MINORI

                      Consiglio d’Europa: un manuale per i professionisti sui minori migranti

Council of Europe Handbook on children in migration and the right to be informed about their rights

www.marinacastellaneta.it/blog/wp-content/uploads/2018/12/Children_in_migration.pdf

            Il Consiglio d’Europa, il 18 dicembre 2018, ha pubblicato il Manuale per i professionisti in prima linea su come fornire ai minori migranti informazioni adatte ai minori (“How to convey child-friendly information to children in migration. A handbook for frontline professionals”, Children_in_migration).

Nel segno dell’interesse superiore dei minori e nell’ambito del Piano d’azione sulla protezione dei minori rifugiati e migranti, il Consiglio d’Europa ha provveduto a raccogliere le migliori prassi proprio per assicurare un livello elevato di sicurezza dei minori. Il Manuale, inoltre, riporta le esperienze di alcuni minori al fine di mettere in risalto le principali difficoltà che i minori migranti si trovano ad affrontare una volta entrati in contatto con le autorità nazionali. Tra le questioni analizzate, la valutazione dell’età e i mezzi per l’identificazione sui quali il minore deve essere informato in modo adeguato e dettagliato.

Le autorità nazionali, inoltre, sono tenute a prestare particolare attenzione alle informazioni fornite da minori che si trovano in una specifica situazione di vulnerabilità. Tra le best practices è indicata la misura messa in campo dall’UNHCR Italia che ha, con il Ministero della giustizia, predisposto un video che spiega ai minori le procedure per l’asilo. Nella parte finale del documento sono indicate le norme più rilevanti presenti nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, nella Convenzione europea sui diritti dell’uomo e in altri trattati internazionali.

Marina Castellaneta  28 dicembre 2018

www.marinacastellaneta.it/blog/consiglio-deuropa-un-manuale-per-i-professionisti-sui-minori-migranti-e-il-diritto-ad-essere-informati-dei-propri-diritti-council-of-europe-handbook-on-children-in-migration-and-the-right-to-be-i.html

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PASTORALE

Omosessualità e vita cristiana. Le iniziative pastorali delle diocesi francesi

Documento di pastorale redatto da alcuni membri delle équipe diocesane francesi per la pastorale omosessuale insieme ai delegati alla pastorale famigliare e alle associazioni/gruppi di persone omosessuali cattolici ed inviato ai vescovi cattolici francesi pubblicato sul sito dell’associazione cristiana

  1. Introduzione. Questo documento è stato redatto su iniziativa di alcuni membri delle équipe diocesane [per la pastorale omosessuale], di delegati alla pastorale famigliare e membri di associazioni/gruppi di persone omosessuali cristiane; è destinato ai vescovi, ai responsabili diocesani per la pastorale familiare, ai sacerdoti, alle comunità parrocchiali e a chiunque si interessi all’accoglienza pastorale delle persone omosessuali nella Chiesa. È un documento al servizio delle persone perché ciascuna e ciascuno, qualunque sia il suo orientamento sessuale, possa vivere serenamente nella Chiesa senza dover nascondere qualche aspetto della sua personalità e della sua vita. Camminare insieme nella fede significa accogliere la realtà nella sequela di Cristo, che non smette mai di approcciare, incontrare, cercare la relazione, liberare e rialzare.

Oggi la questione omosessuale esce progressivamente dal silenzio, ma spesso è ancora fonte di disagio per i responsabili della pastorale, che per difetto di conoscenza non sanno cosa dire, né a chi indirizzare. L’ignoranza può condurre alla paura, e attraverso parole o atti inappropriati può ferire profondamente, oppure escludere, anche senza volerlo. In Francia esistono gruppi, associazioni e centri spirituali che da molti anni propongono periodi di accoglienza, riflessione, conferenze, ritiri, periodi di raccoglimento e di preghiera, a cui ormai si aggiungono molte iniziative diocesane in più di un terzo delle diocesi francesi.

Scopo di questo documento è proprio far conoscere queste proposte. Noi speriamo che le piste che stanno contribuendo ad aprire possano portarci al centro della nuova pastorale che attraversa l’esortazione Amoris Lætitia (aprile 2016) e i testi del Consiglio su Famiglia e Società della Conferenza Episcopale Francese (settembre 2012 e maggio 2013).

La redazione del documento si radica nella convinzione che è necessario vigilare perché in queste iniziative al servizio del prossimo si eserciti il giusto discernimento, nel rispetto delle coscienze e del cammino di ciascuno con Cristo. Ci auguriamo che questo documento sia d’aiuto agli operatori pastorali, di modo che tutti i trovino rassicurati della loro dignità di figli di Dio, in quel mistero unico che è ogni persona: “La gloria di Dio è l’uomo vivente”.

  1. Iniziative diocesane. Ci anima la convinzione che qui non sia questione di una “pastorale” a parte, la quale implica la necessità di un’accoglienza differenziata per le persone omosessuali, bensì di riconoscere e apprezzare ciò che già si vive “perché queste persone possano vivere una vita cristiana ordinaria e impegnata e avere il loro posto nella Chiesa, come qualsiasi battezzato”. Qualche esempio tra molti testimonia di questa vitalità.
  1. Operatori in missione ed équipe diocesane. Sacerdoti, diaconi e laici sono stati mandati in missione dai loro vescovi per creare delle équipe. Alcune di esse derivano dai servizi diocesani per la famiglia, altre vi sono collegate. A seconda dei casi, possono essere composte da persone molto diverse: operatori della pastorale famigliare, sacerdoti, genitori di figli omosessuali, persone omosessuali, eterosessuali, professionisti della salute mentale, teologi etc. Per quanto riguarda le loro missioni, diamo come esempio di cammino quello assegnato dal vescovo di Nantes alla sua équipe:
  • Offrire alle persone omosessuali e ai loro cari uno spazio cristiano di discussione e scambio;
  • Aiutare le persone omosessuali a compiere un cammino di fede e a trovare il loro posto nella comunità cristiana;
  • Aiutare le comunità cristiane ad accogliere le persone omosessuali come fratelli e sorelle in Cristo.

“Già da qualche anno, su richiesta del nostro vescovo, abbiamo messo in opera un piccolo gruppo d’accompagnamento per le persone omosessuali e le loro famiglie. [Organizziamo] incontri mensili molto semplici, nel gruppo si può andare a venire ed è un ambiente conviviale, che facilita l’intervento personale e lo scambio vero e profondo, nel rispetto di ogni persona e nella confidenzialità.

“Quando ci si è annusati per bene e la conoscenza reciproca è stata approfondita, il gruppo è sempre felice di incontrarsi ma si mette un po’ a ‘ronfare’ e si apre poco agli altri. Abbiamo dunque deciso insieme di organizzare dei tempi forti, in varie forme e in luoghi diversi della diocesi. L’obiettivo è dimostrare e vivere:

  • L’accoglienza incondizionata rivolta a tutti;
  • La vicinanza;
  • La riflessione umana e spirituale;
  • La preghiera con chi lo desidera.

“Il nome del gruppo ha conosciuto un’evoluzione, da ‘Chi sono io per giudicare?’ a ‘Osare vivere nella verità’, e il suo slogan potrebbe essere: ‘Vieni come sei nella nostra Chiesa, noi ti amiamo di già!’.” (Myriam Aprite, delegata episcopale a Lilla).

Nella volontà di prendere sul serio la realtà e il vissuto delle persone, le équipe hanno elaborato varie proposte pastorali. In generale possiamo dire che le équipe, rendendosi visibili attraverso dépliant con numero di telefono, indirizzo email, nome di persona da contattare (dépliant di solito diffusi nelle comunità cristiane), hanno spesso creato luoghi di ascolto e accoglienza e gruppi di discussione.

  1. Proposte pastorali. Visibilità (indirizzo email e telefono amico).I nostri dépliant sono accolti in maniera diversa a seconda della parrocchia e della diocesi: alcune, felici dell’iniziativa, li hanno esposti in chiesa, altre invece le hanno gettati subito via. In alcuni casi è stato lo stesso vescovo a presentare l’iniziativa di fronte ai sacerdoti della diocesi.” (Régine, Lione)

Un indirizzo email o un numero di telefono stampati su un dépliant diffuso nelle parrocchie permettono alle persone omosessuali, o a chi è interessato al tema, di avere un nome con cui iniziare un dialogo. “Il numero di telefono che diffondiamo è anonimo e reindirizza automaticamente sul numero di un membro dell’équipe, che ha ricevuto una formazione apposita. All’inizio ricevevamo una decina di chiamate al mese, che poi sono diminuite. Le esigenze sono varie: spesso chiamano persone omosessuali che desiderano incontrare un sacerdote, o persone sofferenti. Una volta ci ha chiamato un sacerdote scioccato dalla decisione di un confratello, che non ha voluto battezzare una persona perché omosessuale.” (Padre Bruno-Marie Duffé, Lione)

  1. Gruppi di discussione. Gruppi di discussione per genitori con un figlio o una figlia omosessuale. Testimonianza di una madre di famiglia: “Questi gruppi sono molto importanti per lo scambio, la comunicazione, la libertà di parola, il sostegno reciproco”. “È una ‘formula eccezionale’, che risponde bene alle aspettative dei genitori, una formula da promuovere ovunque sia possibile. Abbiamo avuto l’occasione di parlarne con numerosi amici e molti di noi (17 coppie) hanno detto di avere anch’essi dei figli omosessuali. Condividere la nostra esperienza è stato positivo ed è stato accolto bene, ma molte coppie ci hanno detto che nessuno sa della loro situazione e che non bisogna parlarne.” (Élisabeth, St-Germain-en-Laye).

Nascono frutti inattesi: un gruppo di genitori della zona di Niort, costituito dopo un ciclo di quattro serate sulla differenza, ha scritto una lettera aperta al Sinodo della diocesi di Poitiers. Nel dicembre 2017 la lettera è stata pubblicata sui giornali missionari gratuiti della diocesi, distribuiti in 75.000 copie. I genitori in questione hanno accettato di testimoniare nelle parrocchie e in un istituto professionale cattolico di Niort, raccontando la loro esperienza che li ha visti procedere a tentoni tra il dolore e la gioia, di come la fede li aiuti ad accettare la loro situazione, ad esercitare il discernimento e a vivere in libertà, illuminati e trasformati dal Vangelo.

  1. Gruppi di discussione per persone omosessuali. “Sono tra i più giovani del gruppo della diocesi di Angoulême Accueil et Parole (Accoglienza e Discussione). Alla festa di compleanno di un amico comune ho avuto la fortuna di conoscere Jean-Michel, e mentre discutevamo mi ha invitato a scoprire il gruppo. Dopo le manifestazioni per il matrimonio omosessuale non pensavo di trovare, all’interno della Chiesa, un luogo di condivisione per cristiani omosessuali, gestito da omosessuali. Ero sempre più in difficoltà a trovare il mio posto in questa Chiesa, che ai miei occhi continuava a negare una parte importante della mia identità… Poi ho partecipato al mio primo incontro serale ed è stato un vero piacere trovarmi in compagnia di tanti gay dalle condizioni più diverse, che condividevano la mia stessa fede, le mie stesse domande, le mie stesse gioie e difficoltà. In un certo senso il gruppo mi ha riconciliato con la mia fede, e io ‘credente non praticante’ sto progressivamente tornando alla mia Chiesa, convinto come sono ora che i cristiani gay hanno il loro posto e la loro testimonianza da fornire. Se non è facile accettare la propria omosessualità nella nostra società, lo è ancora meno all’interno della Chiesa. C’è ancora un gran cammino da fare, cominciando ovviamente dalla discussione e dal semplice condividere, e il gruppo ci aiuta ad essere più tolleranti verso le nostre vite di gay cristiani. Abbiamo ancora della strada da fare, ma insieme la passeggiata è bellissima!” (Fred, Angoulême)
  2. Le Marce spirituali. Durano una giornata e sono spesso chiamate “Cammini di Emmaus”. Sono aperte a tutti, in particolare alle persone omosessuali e a chi è interessato al tema, per favorire il dialogo. Camminare insieme agevola l’incontro profondo in un clima pacifico e sereno. Vi partecipano regolarmente molti vescovi.

“Molto convinto di quello che sono, ho risposto all’invito per una giornata organizzata dalla diocesi di Orléans, in quanto era aperta ‘agli amici, ai genitori, ai fratelli e alle sorelle’ e perché mi interessava il tema proposto: ‘Ti rendo grazie, perché sono un prodigio’. Era la prima volta che udivo una simile frase, così inclusiva, in un ambiente ecclesiale. Ho vissuto dei bei momenti, peccato siano stati troppo brevi.

“[La marcia] mi ha permesso di trovarmi in un ambito in cui potevo parlare semplicemente di chi sono e del legame con la mia fede, e soprattutto di parlare con dei genitori, dato che i miei mi rifiutano. Abbiamo molto da imparare gli uni dagli altri; [la marcia] mi ha permesso di trovarmi in un ambito in cui potevo ascoltare una parola positiva per vivere. Sono una persona profondamente credente e per me è importate percorrere il cammino che mi porterà ad essere meglio integrato nella Chiesa.

“Quel giorno il vescovo, alla mia proposta di mettere in cantiere un gruppo di ‘Scoperta della Bibbia incarnata nella vita’, mi ha risposto ‘Facciamolo presto’ e il [mio] parroco, molto disponibile, mi ha accolto fraternamente, anche se pensa che gli altri sacerdoti, se conoscessero la mia situazione, ‘mi rifiuterebbero la Comunione’ (sic). Sono davvero integrato?

“Si può essere pienamente integrati nella Chiesa quando si fa parte da più di dieci anni di una coppia stabile e fedele e non si vuole più vivere nel nascondimento e nella vergogna? La risposta, oggi, è chiaramente NO, in quanto fare una lettura, dare la Comunione, animare un gruppo rimane difficile nella mia situazione, in certi luoghi. Questo accadeva nel settembre 2017.

“È passato un anno e non ho più potuto recarmi agli incontri diocesani, né al Cammino di Emmaus del 2018, ma l’impatto del primo incontro mi ha fatto deporre le armi con mia nonna novantenne. Per il resto, ho accettato di partecipare come animatore al Percorso Alpha [un movimento che si propone di far scoprire la fede cristiana attraverso serate conviviali e gruppi di discussione, n.d.t.], dal settembre 2017 al gennaio 2018; ho incontrato il nuovo sacerdote responsabile del settore pastorale e gli ho proposto di lanciare un nuovo percorso di scoperta della Bibbia, presentando in maniera molto sincera la mia condizione. Il progetto è stato accettato ed è stato messo in atto nell’aprile 2018: ho visto molta voglia di condividere esperienze e conoscenze… e non sono il solo ad ascoltare i partecipanti.” (Paul-Damien)

Testo originale (PDF): Homosexualité et vie chrétienne. De nombreuses initiatives diocésaines au service des personnes et de leurs familles

Réflexion et Partage (Francia)         30 settembre 2018     www.reflexion-partage.org

Traduzione di Giacomo Tessaro                  18 dicembre 2018

www.gionata.org/omosessualita-e-vita-cristaina-le-iniziative-delle-diocesi-francesi

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