NewsUCIPEM n. 696 –8 aprile 2018

NewsUCIPEM n. 696 –8 aprile 2018

Unione Consultori Italiani Prematrimoniali E Matrimoniali

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Notiziario Ucipem” unica rivista ufficiale – registrata Tribunale Milano n. 116 del 25.2.1984

Supplemento on line. Direttore responsabile Maria Chiara Duranti. Direttore editoriale Giancarlo Marcone

“News” gratuite si propongono di riprendere dai media e inviare informazioni, di recente acquisizione, che siano d’interesse per gli operatori dei consultori familiari e quanti seguono nella società civile e nelle comunità ecclesiali le problematiche familiari e consultoriali. Sono così strutturate:

  • Notizie in breve per consulenti familiari, assistenti sociali, medici, legali, consulenti etici ed altri operatori, responsabili dell’Associazione o dell’Ente gestore con note della redazione {…ndr}.

  • Link diretti e link per download a siti internet, per documentazione.

I testi, anche se il contenuto non è condiviso, vengono riprese nell’intento di offrire documenti ed opinioni di interesse consultoriale, che incidono sull’opinione pubblica. La responsabilità delle opinioni riportate è dei singoli autori, il cui nominativo è riportato in calce ad ogni testo.

Il contenuto delle news è liberamente riproducibile citando la fonte.

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01 ADOZIONI INTERNAZIONALI Honduras.

02AMORIS LÆTITIA La lettera dei vescovi lombardi “Camminiamo famiglie”.

03 ASSEGNO MANTENIMENTO FIGLI Assegno invariato se la madre collocataria trova lavoro.

04 CENTRO GIOVANI COPPIE MILANO Conoscersi per essere più liberi.

04 CENTRO INTERN. STUDI FAMIGLIA Newsletter CISF – n. 12, 4 aprile 2018.

06 CHIESA CATTOLICA Tolleranza zero per i preti pedofili.

07 COMM. ADOZIONI INTERNAZION. La Polonia dà la priorità alle adozioni nazionali

07 COPPIA Le 4 tappe di una crisi matrimoniale.

08 DALLA NAVATA Domenica di Pasqua – Anno B –1 aprile 2018.

08 Risorto vivente per sempre. Commento di E. Bianchi.

09 DEMOGRAFIA La denatalità in Italia: un punto di destino.

11ENTI TERZO SETTORE Gdpr: la guida pratica aggiornata del Garante privacy.

11Il GDPR nelle strutture sociosanitarie e assistenziali.

13 FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI Il nuovo governo dia priorità al tema della natalità.

13 FRANCESCO VESCOVO DI ROMAIl Sinodo ascolti i giovani per cambiare la Chiesa.

14 GENITORI E FIGLI Diritti e doveri tra genitori e figli.

17 NONNI Il diritto alla nonnità, la nonnità nel diritto.

19 OMOFILIAIl cammino verso le persone LGBT nei 5 anni di pontificato del Papa.

20 POLITICHE PER LA FAMIGLIA Tutti gli sgravi fiscali e le agevolazioni per le famiglie dal 2018.

22 SEPARAZIONE Necessario sostenere che la convivenza è divenuta intollerabile.

23 SESSUOLOGIA Matrimonio bianco per una coppia su 3.

25 UCIPEM 25° Congresso a Castel San Pietro Terme BO

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ADOZIONI INTERNAZIONALI

Honduras.

Dal 2015 realizzate 165 adozioni. Oggi sono 160 i minori adottabili. La Direzione per l’infanzia, l’adolescenza e la famiglia (DINAF), creata con un decreto legge del 6 Giugno 2014 con il compito di gestire, coordinare e supervisionare l’implementazione delle politiche e normative a livello nazionale in materia di infanzia, adolescenza e famiglia, ha attualmente in esame circa 200 richieste di adozione. E’ quanto riferisce in un’intervista a La Prensa, il capo regionale della DINAF, Delmy Murcia. “Nel momento in cui il minore non accompagnato viene registrato al DINAF, questi procede con una pubblicazione sui media nazionali. Se trascorsi due mesi non si presenta nessun familiare nei media il tribunale di competenza dà seguito alla dichiarazione di abbandono” ha spiegato Murcia.

Solo nella zona settentrionale del Paese si registrano 160 bambini in procinto di essere dichiarati abbandonati, la maggior parte dei quali sono stati lasciati negli ospedali, nelle strade e in fabbricati abbandonati. Sonia Mercadal, a capo dell’area sostegno alla famiglia del DINAF, aggiunge che dal 2015 ad oggi, 162 bambini sono stati adottati da 146 famiglie, tra nazionali e straniere. Al momento sono 137 le richieste di adozione internazionale e 52 le richieste di adozione nazionale in attesa d’esame.

Amici dei Bambini è uno dei 4 enti italiani autorizzati dalla CAI – Commissione adozione internazionale ad operare in Honduras, di cui tre accreditati dal Paese e uno non ancora accreditato. Ai.Bi. ha ottenuto il primo accreditamento nel 2009 attraverso la Risoluzione numero 12 del 17 giugno 2009 dall’allora Direzione Esecutiva dell’Istituto Hondureño del Bambino e della Famiglia (IHNFA), poi confermato dalla nuova autorità Direzione per l’Infanzia, Adolescenza e Famiglia (DINAF).

In attesa che il governo honduregno porti avanti la proposta di legge di semplificazione delle procedure adottive, le coppie che oggi intendono adottare in Honduras dovranno avere un minimo di 25 anni e un massimo di 60 anni ed essere uniti in matrimonio almeno da tre anni.

L’iter adottivo nel Paese centroamericano prevede due viaggi, il primo con una permanenza media di 10/15 giorni e il secondo e ultimo di 30/40 giorni.

Newsletter Ai.Bi. 4 aprile 2018

www.aibi.it/ita/adozione-internazionale-honduras-160-minori-adottabili

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AMORIS LÆTITIA

La lettera dei vescovi lombardi “Camminiamo famiglie”

Divorziati risposati e sacramenti: no a prontuari, sì al discernimento nella direzione indicata dal documento dei vescovi della regione di Buenos Aires approvato dal Papa

www.chiesadimilano.it/wp-content/uploads/2018/04/Lettera-dei-Vescovi-Lombardi-sulla-Amoris-Laetitia.doc

https://docs.google.com/viewerng/viewer?url=http://www.chiesadimilano.it/wp-content/uploads/2018/04/Lettera-dei-Vescovi-Lombardi-sulla-Amoris-Laetitia.doc&hl=it

«Ci viene chiesto di essere più pastori e padri, educatori e fratelli, nel condividere con gli uomini e le donne del nostro tempo la fatica dell’essere cristiani oggi». Lo scrivono i vescovi della Lombardia nella lettera “Camminiamo, famiglie!ˮ, dedicata alla ricezione dell’esortazione Amoris lætitia e indirizzata ai sacerdoti, alle famiglie e alle comunità della Chiesa lombarda. Un testo breve, che ricorda come l’attenzione al matrimonio e alla famiglia sia stata sempre «cara» all’episcopato della regione che aveva dedicato una lettera a questo argomento nel 2001, nella quale si leggeva: «Chiediamo allo Spirito Santo che ci ispiri gesti e segni profetici che rendano chiaro a tutti che nessuno è escluso dalla misericordia di Dio, che nessuno è mai da Dio abbandonato, ma solo e sempre cercato e amato. La consapevolezza di essere amati rende possibile l’impossibile».

Dopo aver suggerito di accogliere tutta la ricchezza del documento papale, che richiede di essere letto e studiato per intero, senza accostamenti frettolosi, i vescovi lombardi spiegano di aver avviato un «intenso percorso di formazione dei formatori, che culminerà nella settimana estiva in programma nel prossimo luglio». Nella lettera i vescovi affermano che «di fronte al calo delle nascite e a tutti i problemi culturali e sociali che ne sono l’origine, la testimonianza di famiglie cristiane che accettano la sfida della generazione come opportunità di crescita è oggi la via più promettente. Dovremo pertanto affinare ancor meglio le nostre iniziative pastorali per aiutare ragazzi e giovani a scoprire la gioia dell’amore, affrontando le tematiche riguardanti l’affettività, la sessualità, la vocazione matrimoniale e genitoriale». Tutto questo, però, «non avrà buon esito se non con la collaborazione di voi, sacerdoti e famiglie, consacrati e consacrate, comunità che sul territorio testimoniate direttamente la sfida del coniugare vita e fede, mettendo in contatto la concretezza dell’esperienza familiare e l’energia che viene dalla vita cristiana».

Per quanto riguarda il capitolo ottavo, sull’accompagnamento, il discernimento e l’integrazione delle famiglie “feriteˮ, i vescovi della Lombardia affermano che «certamente la complessità di queste situazioni è oggi più accentuata rispetto al passato, e ci impone di non attardarci in silenzi inoperosi», invitando a «tener conto delle situazioni reali delle famiglie, e farci carico di accompagnare ogni persona a compiere quei passi che le sono concretamente possibili».

«La strada che come Chiesa vogliamo continuare a percorrere – scrivono i pastori lombardi – è quella della bellezza dell’amore vissuto in famiglia, pur nella consapevolezza delle difficoltà e fragilità presenti oggi, di fronte alle quali solo la luce della verità e la medicina della misericordia possono, insieme, dare sollievo e forza. Tutte le comunità cristiane vanno aiutate a crescere in questa consapevolezza e capacità di accoglienza e accompagnamento».

La lettera si sofferma quindi sul compito non facile che Amoris lætitia affida ai sacerdoti, «chiamati ad operare un discernimento spirituale serio, non frettoloso né irrigidito nella presunta applicazione di norme e casistiche». «Comprendiamo – scrivono i presuli lombardi – talune ragioni di difficoltà e il possibile disagio di alcuni, ma vogliamo testimoniarvi la serenità e la comunione che viviamo tra noi vescovi, anche su questo tema».

«Affinare l’arte del discernimento – spiegano – confidando nella grazia e nella Chiesa, significa non ridurre mai la questione ad un “Sìˮ o un “Noˮ immediati, e tanto meno generali, per offrire piuttosto concrete opportunità di crescita nella fede, di verifica attenta della vicenda esistenziale, di cammino verso l’esperienza piena della vita in Cristo. Infatti, crediamo che l’invito a discernere, accompagnare, integrare le situazioni di fragilità, da un lato corrisponde alla migliore tradizione di carità pastorale dei ministri della Chiesa, dall’altro sviluppa ulteriormente le felici intuizioni di Familiaris Consortio e pone un compito di aggiornamento e dialogo per saper rispondere in modo adeguato alle nuove sfide che si presentano, arricchendo quanto l’insegnamento teologico e pastorale ha progressivamente acquisito nel cammino postconciliare».

«Non muta – avvertono i vescovi – l’insegnamento morale della Chiesa, riguardo il rapporto tra gravità oggettiva di un male e la sua effettiva imputabilità alla coscienza della persona, nella concretezza del suo divenire. Ci viene chiesto di essere più pastori e padri, educatori e fratelli, nel condividere con gli uomini e le donne del nostro tempo la fatica dell’essere cristiani oggi».

Quanto ai criteri di discernimento, i vescovi ricordano come Amoris lætitia raccomandi «di vagliare attentamente le diverse situazioni, il loro sviluppo nel tempo, le responsabilità verso tutte le persone coinvolte, e quei tanti possibili aspetti, che richiedono approfondimento, alla luce dell’ideale che il Vangelo propone per il matrimonio e la famiglia». E citano l’«interpretazione corretta» che lo stesso Francesco ha attestato nel suo messaggio di approvazione al documento applicativo dei vescovi della regione pastorale di Buenos Aires (Argentina), «assunto dal Papa stesso, unitamente alla sua lettera di risposta, come magistero autentico». In quel documento «si ricorda giustamente che “non è opportuno parlare di “permesso” di accedere ai sacramenti, ma di un processo di discernimento accompagnati da un pastore”, che ha sempre il compito di valutare anche la presenza di eventuali condizionamenti di coscienza ed altre circostanze che attenuano la responsabilità e la colpevolezza. Pretendere “prontuari” più determinati e casistici per il discernimento tradirebbe l’alta consegna che abbiamo ricevuto, e che invece possiamo onorare con una sapiente condivisione di esperienze». 

Per i vescovi lombardi «l’invito ad una pastorale del discernere non indebolisce affatto il vivo legame della Chiesa con lo splendore della verità, che resta riferimento oggettivo per un retto giudizio di coscienza, e che l’attenzione alle circostanze soggettive concrete è patrimonio costante della migliore prassi penitenziale, senza per nulla cadere in una sorta di “etica della situazione”».

I vescovi lombardi ribadiscono l’opportunità «che, in ogni diocesi, il ministero ordinario di parroci e sacerdoti, e il servizio degli operatori pastorali, sia affiancato da un servizio diocesano, sussidiario e permanente, cui ci si possa rivolgere per avere orientamenti e aiuto, in modo da rispondere adeguatamente e non superficialmente alle esigenze di un discernimento, cui non sono estranei delicati aspetti umani e spirituali, sacramentali e canonici». 

Infine, per quanto riguarda «l’eventuale superamento delle “diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale” per divorziati risposati, precisiamo che si tratta di materia attualmente regolata da norme a carattere nazionale». Pertanto la Conferenza episcopale lombarda intende contribuire «alla maturazione di orientamenti condivisi nella Chiesa italiana».

Andrea Tornielli Vatican Insider 8 aprile2018

www.lastampa.it/2018/04/08/vaticaninsider/ita/vaticano/amoris-laetitia-la-lettera-dei-vescovi-lombardi-ZNW04szNIrJCjCGseIDVSO/pagina.html

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ASSEGNO DI MANTENIMENTO FIGLI

Mantenimento figli: assegno invariato se la madre collocataria trova lavoro

Corte di Cassazione, sesta sezione civile, ordinanza n. 3296, 12 febbraio 2018.

www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_29310_1.pdf

L’assegno di mantenimento versato dal padre al figlio non può essere ridotto se migliorano le condizioni economiche della madre collocataria. Va preliminarmente precisato che, l’assegno di mantenimento versato in favore dei figli, non si calcola sulla rigida comparazione della situazione patrimoniale di ciascun genitore.

Nel caso in questione, la Corte d’appello Appello aveva ridotto a 400 euro l’assegno di mantenimento che il padre, avvocato civilista, doveva versare al figlio; il padre aveva cercato di dimostrare un peggioramento delle proprie condizioni economiche producendo però una dichiarazione dei redditi inattendibile (considerando l’età anagrafica del padre, 49 anni e presumendo un certa esperienza professionale). Inoltre, era emerso che il padre aveva acquistato un immobile più costoso di quello posseduto potendosi anche accollare il mutuo.

Nei confronti della madre era emerso, invece, un miglioramento delle condizioni economiche perché dopo un periodo di disoccupazione aveva potuto poi contare su un reddito da lavoratrice dipendente. La donna aveva anche chiesto una revisione delle spese straordinarie sulla base di un protocollo in uso presso il Tribunale.

La Corte d’Appello però nonostante l’indimostrato peggioramento delle condizioni economiche del padre accoglieva la sua richiesta di riduzione dell’assegno a 400 euro, in favore del figlio, solo basandosi sul miglioramento reddituale della madre.

La Suprema Corte ha ritenuto manifestamente contraddittoria la motivazione della Corte di Appello perché non coerente con le premesse fatte (circa il non provato peggioramento reddituale del padre).

La Corte di Cassazione ha anche ritenuto fondati i motivi della madre circa l’omessa pronuncia sulla richiesta di revisione delle spese straordinarie sulla base del protocollo in uso nel Tribunale.

Per tutte queste ragioni la decisione è stata cassata con rinvio.

Avv. Barbara Pirelli news Studio Cataldi 5 aprile 2018

www.studiocataldi.it/articoli/29863-mantenimento-figli-assegno-invariato-se-la-madre-collocataria-trova-lavoro.asp

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CENTRO GIOVANI COPPIE – MILANO

Conoscersi per essere più liberi.

All’interno del ciclo di conferenze 2017-18 “Legàmi di libertà“, avrà luogo la Conferenza del 12 aprile 2018, ore 21: “Il potere delle persone libere”.

“Le persone libere sanno da cosa e da chi lasciarsi condizionare! Il gioco della coppia si nutre di appartenenza, dipendenza e conflitto.”

Relatore: Paolo Ragusa, CPP per l’educazione e la gestione dei conflitti – Piacenza

È laureato in Lettere presso l’Università Statale di Palermo e dal 1998 è vicepresidente e responsabile delle attività formative del CPP.

Formatore, Counselor e mediatore di comunità, si occupa della progettazione, conduzione e monitoraggio di corsi di formazione per insegnanti, genitori, operatori socio-sanitari, dipendenti pubblici nell’ambito della gestione dei conflitti attraverso la pratica della mediazione e della Consulenza Maieutica.

Fa parte nel Comitato di redazione della rivista “Conflitti”

È responsabile dalla Scuola di Counseling CPP e autore di numerose pubblicazioni.

P.zza San Fedele, 4 – Milano. Sala Ricci. Ingresso libero

www.centrogiovanicoppiesanfedele.it/wp-content/uploads/2017/09/Programma-2017_18.pdf

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CENTRO INTERNAZIONALE DI STUDI SULLA FAMIGLIA

Newsletter CISF – n. 12, 4 aprile 2018

  • The lord of the dance – il signore della danza. On Easter’s celebrations, life, joy and dance overcome death. Nella festa di Pasqua, la vita, la gioia, la danza vincono sulla morte. [testo in italiano/english text] http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf1218_allegatoprimo.pdf

Irish song/canto irlandese – ascolta/guarda- listen/watch video]

I danced on a Friday when the sky turned black, it’s hard to dance with the Devil on your back. They buried my body, they thought I’ve gone… I am the Dance and I still go on.

Ho ballato di Venerdì, quando il cielo è diventato nero. E’ difficile ballare con il diavolo sulla schiena. Hanno sepolto il mio corpo e hanno pensato che fossi andato, Ma io sono la Danza e ancora continuo.

  • Rapporto Cisf 2017 – il dibattito prosegue- far web: genitori e figli nell’epoca del digitale. Potenzialità, rischi e possibilità della rete. Stimolante, il titolo dell’ampio e approfondito numero monografico del mensile on line “Punto famiglia PLUS” [leggi il numero] dedicato al web e alle tematiche sollevate dal Rapporto Cisf. Il numero contiene anche un contributo del direttore Cisf (F. Belletti – da p. 4 a p. 14), con una riflessione mirata sulle ulteriori responsabilità educative genitori – figli che la famiglia “ibrido-digitale” ripropone con rinnovata urgenza

http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf1218_allegato1.pdf

www.famiglia.store/pf-plus-famiglie-cattoliche-informate-consapevoli

  • Dalle case editrici

Paola Terrile, Ma io una famiglia ce l’avevo! Viaggio nella mente dei bambini adottati, FrancoAngeli, Milano 2018, € 15,00.

È un figlio adottato ad avere detto “Ma io una famiglia ce l’avevo!”, ed è nell’esperienza dei bambini adottati che il libro vuole addentrarsi, rivolgendosi a tutti quei genitori, adottivi e non, che a un certo punto devono fare i conti con la diversità del figlio e, pur amandolo, faticano a capirlo. Nonostante l’esperienza degli adottati e delle relazioni familiari adottive sia troppo complessa e dinamica per essere rinchiusa in uno schema acquisito, l’autrice, attraverso le storie individuali raccolte nel suo lavoro di accompagnamento psicoterapeutico, riflette sui tratti comuni dell’essere adottato e ne evidenza aspetti poco conosciuti. Nel libro si esplorano la precoce tensione dei bambini a cercare l’identità includendo le proprie radici, la sofferenza del distacco dal passato e la spinta a tenerle insieme. Si ascoltano i loro racconti sinceri e le parole evocative e profonde con cui parlano di sé e della loro nuova realtà, ma anche di altri affetti e di altri mondi. Si racconta inoltre l’impegnativa ricerca, da parte dei bambini e dei loro genitori, della costruzione di una reciproca appartenenza, senza trascurare nulla di ciò che i piccoli portano con sé. Scopo del volume è quello di avvicinarsi il più possibile alla comprensione del mondo interiore dei bambini adottati, ricco di sentimenti che si rivelano di portata sorprendentemente generale, nella convinzione che tutto ciò possa costituire un importante apporto per i genitori, per gli operatori e per il lettore interessato all’universo adottivo.

L’Associazione culturale e scientifica «Materiali per il piacere della psicoanalisi» presenta il volume di Maria Terrile “Ma io una famiglia ce l’avevo!”, a Lucca, venerdì 13 aprile 2018.

http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf1218_allegatolibri.pdf

  • UK introduces new income threshold for free school meals (Il Regno Unito introduce una nuova soglia di reddito per l’accesso alla gratuità della mensa scolastica). ESPN Flash Report 2018/11 [leggi il FLASH report -2 pp.- di Jonathan Bradshow, in inglese].

http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf1218_allegato2.pdf

L’accesso alla mensa scolastica gratuita è uno degli elementi cruciali tra gli interventi di sostegno alle famiglie con figli in Gran Bretagna. Dopo gli otto anni di età l’accesso a questa prestazione è concesso solo sotto un certo livello di reddito. Ora queste agevolazioni sono in fase di sostituzione, con l’introduzione dello “Universal Credit”, e si confidava che questa innovazione ampliasse la platea dei beneficiari. Ma si sono levate diverse critiche contro il governo, quando ha annunciato la fissazione di una nuova soglia reddituale, più alta, che di fatto ridurrebbe il numero di destinatari e creerebbe una nuova trappola della povertà”.

  • Danimarca. Mutui per la casa, indebitamento delle famiglie e strategie di supporto. Sono milioni le famiglie europee che si trovano sovraindebitate, senza accesso a servizi bancari, e senza accesso a schemi di crediti di base, quale la possibilità di un mutuo per l’acquisto dell’abitazione per la propria famiglia. La casa è un requisito fondamentale per l’inclusione sociale, e si possono attivare diverse politiche pubbliche, come un ulteriore sostegno di servizi di welfare, maggiore edilizia sociale pubblica, interventi regolativi sul mercato degli affitti e della proprietà delle abitazioni. Oggi sono numerosi i mutui per la casa interrotti in Europa, per diversi motivi. Nel documento allegato vengono presentate alcune caratteristiche del modello danese, con alcune soluzioni che potrebbero risultare interessanti anche a livello europeo. [vedi il report Coface sul credito abitativo in Danimarca – 12 pagine in inglese]

www.coface-eu.org/wp-content/uploads/2018/03/COFACE-Report-SOCIAL-POLICY-AND-MORTGAGE-LENDING.pdf

  • Casa vacanze La Quercia: un originale progetto della fondazione ambrosiana per la vita. “La Quercia (casa vacanze a Esino Lario, sul Lago di Como) si propone come struttura per venire incontro alle esigenze di famiglie e gruppi. La struttura può essere data sia in autogestione a gruppi oppure si possono prevedere soggiorni sollievo dove può essere garantita la presenza di educatori professionali che possono venire incontro alle esigenze sia educative sia organizzative degli ospiti, per la cura dei bambini e dei ragazzi”. Si tratta quindi di una opportunità per momenti di confronto e riposo da condividere tra famiglie, o per vacanze per gruppi di bambini, adolescenti o giovani, o per offrire a piccoli gruppi di persone disabili un’esperienza diversa, consentendo al contempo alle famiglie un attimo di pausa (respite, “sollievo”) dalla cura quotidiana. Alla Fondazione Ambrosiana per la Vita (nata nel 2001) aderiscono il CAV Ambrosiano e la FAAP (enti fondatori), il Pio Istituto di Maternità e l’Associazione A Piccoli Passi.

http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf1218_allegato3.pdf

  • Save the date

  • Nord Parliamone insieme: genitori e figli nella separazione, tre serate per genitori separati e/o divorziati promosse dall’associazione Crescere Insieme, in collaborazione con l’Assessorato al sociale del Comune di Padova. Padova, 5 aprile, 19 aprile, 3 maggio 2018.

www.padovanet.it/evento/incontri-parliamone-insieme-genitori-e-figli-nella-separazione

  • Centro La relazione coniugale. Crisi attuale e orizzonti di soluzione, Giornata interdisciplinare di studio sull’Antropologia Giuridica della Famiglia, promossa dal Centro di Studi Giuridici sulla famiglia, Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università Santa Croce, Roma, 19 aprile 2018.

www.pusc.it/sites/default/files/can/180419giornata/depliant.pdf

  • Sud Adottare o adottarsi? Nuove famiglie e gestione della conflittualità tra etica e professionalità sociale, intervento formativo per assistenti sociali (con crediti ECM, solo 30 posti) realizzata da “Oltre l’orizzonte – Onlus”, Salerno, 26 maggio 2018.

www.cnoas.it/cgi-bin/cnoas/vfile.cgi?i=SSLSVSYAATFSHSTVBTCYXL&t=brochure&e=.pdf

  • Estero Conscience Matters: Tensions between Religious Rights and Civil Rights (La coscienza conta! Quali tensioni tra i diritti religiosi e i diritti civili), seminario di studio in ambito sanitario, promosso dal The Center for Ethics Education dell’Università di Fordham (USA), New York, 19 aprile 2018.

www.eventbrite.com/e/conscience-matters-tensions-between-religious-rights-and-civil-rights-tickets-42917978830

www.eventbrite.com/e/conscience-matters-tensions-between-religious-rights-and-civil-rights-tickets-42917978830#listing-organizer

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Archivio http://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/elenco-newsletter-cisf.aspx

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CHIESA CATTOLICA

Tolleranza zero per i preti pedofili. Il celibato sacerdotale sia facoltativo

Fratel Semeraro torna con un nuovo libro dove affronta due temi scottanti per la Chiesa. Tolleranza zero per i preti con disagi psichici, che compiono abusi sessuali. Allontanandoli dal ministero sacerdotale, ma allo stesso, provandoli a recuperarli come cristiani. Celibato facoltativa per vivere meglio la propria vita sessuale e aiutare ad arginare gli scandali che hanno dilaniato (e lo stanno ancora facendo) la Chiesa.

Fratel Michael Davide Semeraro, monaco benedettino presso la comunità della Visitazione di Rhêmes-Notre-Dame, in Val d’Aosta è l’autore di “Preti senza battesimo?” (San Paolo).

Perché quel titolo. L’autorevole monaco in questo libro lancia fortissime provocazioni. Messaggi diretti al vertice dell’istituzione ecclesiastica, partendo dal tema più scottante: la pedofilia. Ne parla in una intervista a Famiglia Cristiana (6 aprile 2018) in cui spiega, prima di tutto, perché ha deciso di titolare in quel modo il suo libro.

Sacerdozio “prima” del battesimo. Prete senza battesimo, afferma fratel Semeraro, è «chi non riconosce che il battesimo è il sacramento fondamentale dei discepoli di Cristo e viene prima del sacramento dell’ordinazione sacerdotale. Per alcuni preti, invece, è come se il sacerdozio fosse la cosa più importante, anche talvolta a scapito del battesimo».

Tolleranza zero per i preti pedofili. Il celibato sacerdotale sia facoltativo

Per esempio «alcuni sacerdoti che si sono macchiati di abusi sessuali o si trovano al centro di scandali, alla domanda su che cosa è più importante, la risposta è: di una cosa sono sicuro, e cioè che voglio essere sacerdote. Ma se l’esercizio del sacerdozio entra in conflitto con le promesse battesimali bisogna avere il coraggio di rinunciare al sacerdozio per restare fedeli al proprio battesimo».

Pedofilia e disagio mentale. Dietro la pedofilia, prosegue fratel Semeraro, «c’è una persona verso la quale bisogna usare tutta la carità possibile, aiutandola, e alle volte obbligandola, a lasciare il ministero e proseguire il suo cammino nella Chiesa. Se un prete non riesce a trovare un equilibrio psicoaffettivo, deve lasciare il sacerdozio, ma bisogna dargli una possibilità di salvezza e redenzione come battezzato».

Soccorso” al prete pedofilo. Finora è stato fatto così «solo in parte. Per fare questo però ci vuole una distinzione maggiore tra persona e ministero. Un’enfatizzazione eccessiva sul sacerdozio rischia di creare un paradosso terribile, ossia una volta che uno non è più prete, non è più nulla. Invece resta un battezzato come tutti gli altri».

La vita sessuale. Una soluzione per approcciarsi più serenamente con il sacerdozio, secondo il monaco benedettino, è rendere facoltativo il celibato. «Bisogna domandarsi come i preti possano vivere in modo armonioso il loro servizio alla Chiesa coniugandolo con la propria vita sessuale e affettiva», premette fratel Semeraro.

Celibato facoltativo. Il celibato, in tal senso, «dovrebbe essere una scelta nella scelta, il celibato e la verginità sono carismi, che vanno oltre il ministero. Il quale è sentire una vocazione a mettersi a disposizione per servire nella Chiesa, poi è la comunità a decidere che tipo di servizio chiedere a chi si rende disponibile a servire».

Gelsomino Del Guercio Aleteia 6 aprile 2018

https://it.aleteia.org/2018/04/06/tollerenza-zero-per-i-preti-pedofili-il-celibato-sacerdotale-sia-facoltativo/?utm_campaign=NL_it&utm_source=daily_newsletter&utm_medium=mail&utm_content=NL_it

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COMMISSIONE ADOZIONI INTERNAZIONALI

La Polonia dà la priorità alle adozioni nazionali

Negli ultimi mesi, come noto, alcune famiglie adottanti instradate in Polonia, hanno ricevuto il parere favorevole all’abbinamento con minori polacchi da parte del Centro Adottivo Cattolico di Varsavia e successivamente, dopo diversi mesi di attesa, sono state informate che il Ministero della Famiglia e del Lavoro e delle Politiche sociali, in qualità di Autorità centrale polacca, non ha concesso il suo consenso al proseguimento della procedura adottiva.

La Vice Presidente della Commissione dott.ssa Laura Laera ha scritto due lettere all’Autorità centrale polacca per avere spiegazioni in merito ai numerosi dinieghi.

E’ pervenuta di recente la nota di risposta del Ministero della Famiglia e del Lavoro e delle Politiche sociali nella quale si comunica che il Governo della Repubblica di Polonia ha deciso di restringere le adozioni internazionali, dando priorità alle adozioni nazionali nella convinzione di trovare in Polonia delle famiglie adottive disponibili o un ambiente familiare sostitutivo.

Il Ministero della Famiglia e del Lavoro e delle Politiche sociali ha altresì informato di aver richiesto al Centro Provinciale adozioni di Varsavia la revoca dell’adozione internazionale per tutti i minori per i quali il suddetto Ministero polacco ha rifiutato il consenso.

Considerata la situazione ed i dinieghi già pervenuti, per evitare ulteriori situazioni di difficoltà e per non generare aspettative nelle famiglie, la Commissione ha invitato gli Enti operanti in Polonia, in via cautelativa, a non accettare nuovi incarichi da parte di coppie che intendono adottare in Polonia e a non depositare nuovi fascicoli.

La Commissione assicura l’attivo interessamento, anche attraverso i canali diplomatici, per porre in essere le azioni finalizzate ad una possibile soluzione della vicenda nell’interesse primario dei minori in stato di abbandono e delle famiglie italiane che da tempo attendono di realizzare il loro progetto di adozione.

Comunicato stampa 5 aprile 2018

www.commissioneadozioni.it/it/notizie/2018/adozioni-in-polonia.aspx

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COPPIA

Le 4 tappe di una crisi matrimoniale

Una crisi di coppia inizia molto prima di renderci conto che la stiamo attraversando. La crisi nel matrimonio inizia a rivelarsi lentamente, in modo quasi impercettibile. Lascia tracce qua e là, ma visto che siamo immersi nella quotidianità non prestiamo attenzione a certi dettagli che rappresentano invece dei segnali del fatto che qualcosa nella relazione si sta deteriorando.

In genere le crisi matrimoniali derivano da una crisi personale. È per questo che serve moltissima intelligenza umana ed emotiva per saper capire come sta il proprio coniuge.

Greg e Julie Alexander, fondatori del The Alexander House Apostolate, condividono le 4 tappe di crisi nel matrimonio a cui si deve prestare un’attenzione speciale.

  1. Quando l’armatura inizia a sgretolarsi. Piccole differenze iniziano a infastidirvi. Inizia il dialogo interiore sul fatto che il coniuge non è come ci si aspettava. Prima perfino il rumore della masticazione vi sembrava una bellissima melodia, oggi non tollerate neanche il suo respiro. Se vi chiede di servirgli da mangiare pensate: “Inutile! Non puoi farlo da solo?” Se vi trovate in questa tappa, avete bisogno di fermarvi e di chiedervi: “Cosa mi sta succedendo? Perché mi irrita tanto?” Può essere che il vostro coniuge non sia quello che vi aspettavate – ma voi siete invece quello che si aspettava lui/lei? Dobbiamo vivere nella carità e coi piedi per terra. Se vi siete sposati c’è un motivo, perché siete una coppia, ovvero uguali… o almeno molto simili.

  2. Problemi in Paradiso. Vi sentite a disagio a condividere i vostri sentimenti con il coniuge. Fate finta che vada tutto bene, ma sapete che non è così. La situazione è quella in cui vi dite: “Perché raccontarglielo se non mi capirà?” Vostro marito o vostra moglie sa che vi sta succedendo qualcosa. Vi interroga al riguardo ma voi rispondete che non succede niente. È pericoloso perché in questo modo inizia il distacco emotivo, ovvero siete qui ma la vostra mente e il vostro cuore non lo sono. La scarsa comunicazione ruota intorno ai figli o a temi di poco conto, ma non a voi. Se siete in questa tappa è importante riconoscere che qualcosa vi infastidisce e commentarlo con l’altro, ma con prudenza e carità. Ricordate che nel chiedere c’è anche il dare, e spesso è il modo di dire le cose che non è adeguato. Se sta succedendo qualcosa, bisogna prendere il controllo della situazione e rendersi responsabile della parte che ci spetta. In caso contrario, qualcosa che si potrebbe risolvere facilmente si aggraverà. Ricordate che la comunicazione è il veicolo dell’amore.

  3. Sulla soglia. Sentite che non c’è connessione tra voi. Iniziate a riempire il vuoto con altre attività e/o persone. Questa tappa è molto pericolosa. Per via della nostra vulnerabilità, siamo nella situazione perfetta per lasciarci sedurre da cose o persone che si offrono di riempire i nostri vuoti affettivi. Sentite che non c’è connessione tra voi. Iniziate a riempire il vuoto con altre attività e/o persone. Questa tappa è molto pericolosa. Per via della nostra vulnerabilità, siamo nella situazione perfetta per lasciarci sedurre da cose o persone che si offrono di riempire i nostri vuoti affettivi. In poche parole, può sorgere l’infedeltà, e non mi riferisco solo a quella affettiva o sessuale, ma al fatto di dedicare più tempo ad altre attività o persone che al coniuge. Il tempo che gli spetterebbe di diritto viene dedicato ad altre cose che offrono qualche grado di soddisfazione. Anche questa è infedeltà.

  4. Me ne vado. Discutete costantemente… quasi apposta. Vi sentite privati dell’energia, senza speranza ed esauriti. Tappa pericolosissima! Pensate che sia tutto inutile, che non ci si debba più sforzare nella relazione e che la soluzione sia la ritirata. Si genera una cecità spirituale ed emotiva che non lascia vedere al di là dei problemi. Se sentite che il vostro rapporto attraversa una di queste tappe fate qualcosa e cercate aiuto il prima possibile, ma non delle amiche, quanto di un professionista. Ogni crisi ha una soluzione. Lavorate per guarire e per guarire il vostro matrimonio, per ricostruirlo. Ricordate che la vostra crisi matrimoniale deve servirvi per perfezionare l’amore. Se nella buona sorte ti voglio accanto a me, nella cattiva sorte ti amo ancor di più, anche se non lo senti.

Luz Ivonne Ream 03 aprile 2018 Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti

https://it.aleteia.org/2018/04/03/4-tappe-crisi-matrimoniale/?utm_campaign=NL_it&utm_source=daily_newsletter&utm_medium=mail&utm_content=NL_it

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DALLA NAVATA

2° Domenica di Pasqua. – Anno B –8 aprile 2018

Atti 04, 33 Con grande forza gli Apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù tutti godevano di grande favore.

Salmo 117, 22 La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo.

1Giovanni 05, 06 Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede.

Giovanni 20, 28 Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!»

 

Incredulità di san Tommaso,

scuola copta con influenza bizantina, icona su legno, XIV secolo circa, Chiesa di santa Barbara, Il Cairo.

 

Risorto vivente per sempre. Commento di Enzo Bianchi, priore emerito nel convento di Bose (BI)

Siamo nell’ultimo capitolo del vangelo scritto dal discepolo amato, dove ci è data la testimonianza della resurrezione di Gesù da parte di Maria di Magdala, del discepolo amato stesso e degli altri discepoli, tra i quali Tommaso (il capitolo 21 è stato aggiunto dalla comunità del discepolo amato, tant’è vero che i vv. 30-31 del capitolo 20 costituiscono la conclusione del vangelo).

Sempre in quel “primo giorno della settimana”, il giorno della resurrezione e dunque il giorno del Signore (Dominus, da cui dies dominicus, domenica), alla sera i discepoli di Gesù sono ancora nella paura, chiusi in casa, nonostante Maria di Magdala abbia annunciato loro: “Ho visto il Signore!” (Gv 20,18). Dov’erano i discepoli? In quale casa? Non ci viene detto, ma l’evangelista sembra suggerirci che dove sono i discepoli, là viene Gesù. Così il lettore comprende che ogni primo giorno della settimana, nel luogo in cui lui si trova con altri cristiani, là viene Gesù risorto e vivente.

In quel giorno della resurrezione Gesù ha inaugurato un altro modo di presenza: sta in mezzo ai suoi non più come prima, uomo tra gli uomini, ma come Risorto vivente per sempre. È sempre lui, Gesù, il figlio di Maria, l’inviato da Dio nel mondo, ma ormai non più in una carne mortale, bensì in una vita eterna nello Spirito di Dio. Questa nuova presenza è più forte e più potente della presenza fisica, perché vince ogni porta chiusa e ogni muro, e diventa credibile, sperimentata, vissuta nel quadro di una vita fraterna, di una vita di comunione: la chiesa.

Gesù, dunque, venuto tra i suoi nella posizione centrale (“stette in mezzo a loro”) di chi presiede l’assemblea, saluta i suoi con la benedizione messianica: “La pace sia con voi!”, e nel consegnare la pace mostra loro il suo corpo piagato, le mani che portano i segni della crocifissione (cf. Gv 19,17) e il costato che aveva ricevuto il colpo di lancia (cf. Gv 19,34). Gesù è vivente, è risorto da morte, ma non cessa di essere il Crocifisso: quella morte, destino di ogni uomo ma anche morte violenta data a Gesù dall’ingiustizia di questo mondo, è stata da lui vissuta e assunta, fa parte della sua umanità ormai trasfigurata in Dio ma sempre presente, non cancellata né dimenticata. Sì, Gesù risorto è vita eterna, divina, ma anche vita umana trasfigurata, sicché ormai non è più possibile pensare a Dio, dire Dio, senza pensare anche all’uomo.

A questa percezione i discepoli gioiscono, realizzando le parole dette loro da Gesù prima della passione: “Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete … Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete … Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia” (Gv 14,19; 16,16.22). Gesù allora quale Risorto alita, soffia su quella comunità, gioiosa perché credente in lui, e li fa tutti inviati, apostoli. Inviati per cosa? Nel quarto vangelo questi discepoli resi apostoli sono inviati per dare agli uomini la possibilità di sperimentare la salvezza nella remissione dei peccati: rimettere i peccati, rimettere i debiti, perdonare, questo è il mandato missionario. Nient’altro, nient’altro! Perché questo è ciò di cui gli uomini hanno bisogno: il perdono, la remissione dei peccati, la cancellazione dei peccati da parte di Dio e da parte degli uomini loro fratelli.

A questa esperienza della presenza del Risorto da parte dei discepoli Giovanni aggiunge l’esperienza di uno dei Dodici: Tommaso, quel discepolo che aveva detto di voler andare a Gerusalemme per morire con Gesù (cf. Gv 11,16), ma che poi in realtà era fuggito come tutti gli altri. Tommaso non vuole credere, sulla parola dei suoi fratelli, alla presenza di Gesù risorto e vivente, ma otto giorni dopo, quando la comunità è nuovamente radunata nel primo giorno della settimana, egli è presente. Ed ecco che, di nuovo, viene Gesù, sta in mezzo e dà la pace ai discepoli; poi si rivolge a Tommaso mostrandogli le mani bucate e il costato trafitto, i segni della passione in un corpo trasfigurato. Tommaso allora non può fare altro che invocare: “Mio Signore e mio Dio!”, pronunciando la confessione di fede più alta di tutto il quarto vangelo. Quel Risorto è Kýrios e Dio per la chiesa! Questo occorre credere senza aver visto nulla, ma accogliendo l’annuncio della comunità del Signore e il dono di Dio che rivela la vera identità di Gesù risorto per sempre. Per Tommaso toccare il corpo di Gesù è ormai diventato inutile, ed egli non lo fa, perché la contemplazione e l’incontro con i segni della passione trasfigurati gli bastano.

Ma l’operazione più difficile, per Tommaso come per noi, sta proprio nel vedere nei corpi piagati la potenza di una trasfigurazione che fa delle piaghe delle cicatrici luminose e piene di senso: non più segno di morte o di peccato, ma segno di guarigione e di vita per sempre.

www.monasterodibose.it/preghiera/vangelo/12214-risorto-vivente-per-sempre

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DEMOGRAFIA

La denatalità in Italia: un punto di destino

Caro direttore,

la denatalità in Italia non è solo un punto di governo. La denatalità in Italia è un punto di destino. Questo, come dimostrano le briciole di consapevolezza raccolte da ‘Avvenire’ durante la campagna elettorale per il voto del 4 marzo 2018, dovrebbe essere chiaro a qualsiasi governo che nascerà. Le culle italiane sono vuote, la popolazione è a picco. C’è un problema di natalità; e di maternità, perché sono le mamme, le donne a fare i figli. Nel necessario contesto di un’unione di coppia, una volta si diceva la ‘famiglia’. Ma resta il fatto che sono le mamme a generare.

A meno che un idiota unisex non pensi che questa ‘discriminazione di genere’ – che forse in radice è il semplice ‘discernimento’ di genere della natura, che ha un suo logos; nient’altro che l’esperienza della sapienza dell’evoluzione – sia superabile da un centro tecnologico di produzione bambini. Con annesso indotto produttivo di ‘allevamento’, come nel più orrido immaginario biopolitico, quasi biozootecnico relativo alla razza, di una società falansterio, che abbia risolto una volta per tutte il problema ‘emancipativo’ di un’individualizzazione senza differenziazione, né sociale, né di genere, né di immaginario; che è il mito demonico del ‘moderno’, del suo individualismo suicidario. Funzionale alla forza lavoro generica indifferenziata richiesta da un capitale e un’economia dediti alla ‘vita’ dell’’azienda’ come unico organismo sociale (artificiale) che conta, più che a una qualsiasi società ‘organica’ (vitale organismo storico-spirituale) che sia comunità di etnia, lingua, cultura.

È a questa mitologia mercatoria, che ormai tocca tutti gli ambiti della vita, che può essere indifferente questo punto di destino di un popolo, che è la sua natalità, già custodito nel «crescete e moltiplicatevi» da ogni Dio detto al suo popolo; da ogni comunità organica detto a se stessa. Più che allarmismo tradizionalista esposto agli strali del politicamente corretto sono i dati Eurostat. Drammatici. All’attuale tasso di natalità gli italiani nel 2050 si ridurranno dai 60,6 milioni di oggi a 51,5. Tra sessant’anni saremo ancora meno: 39 milioni. Numeri da brivido. Dove le polemiche sull’«Italia agli italiani» che rischieremmo di perdere per le «migrazioni», sono ridicola e corrosiva materia di intrattenimento elettorale.

L’Italia agli italiani non sarà tolta dagli altri, ma dai noi stessi. Tolta per quel mix micidiale di cultura della denatalità, legata a stili di vita, consumi e desideri guidati dalla stella polare della perdizione (un individualismo cieco, che ormai comincia e finisce alla promozione del proprio selfie), e di indifferenza. L’indifferenza, che quella cultura potentemente alimenta (e le dà l’alibi della necessità), di una società e di una politica che di famiglie e figli non vogliono saper niente, se non – a salvarsi l’anima sul terreno dei ‘diritti’ – nei modelli di nicchia delle nuove famiglie e delle nuove genitorialità. Anzi, in questo quadro di crisi economica di sistema, che ormai è nei numeri delle statistiche, saranno solo i fenomeni migratori a poter compensare gli scompensi socioeconomici del sistema Italia; sempre che lo si voglia mantenere agli attuali dati macro economici e sociali, e non se ne accetti con il declino demografico, una ristrutturazione al ribasso, un generale rimpicciolimento di sistema, con un segno meno traferito a tutto, dalle culle, alle scuole, alla formazione superiore, alle fabbriche, ai servizi, ritarando il welfare del Paese dai sessanta ai quaranta milioni di italiani, in una decrescita guidata dell’Italia degli italiani.

Che poi in effetti è l’unica politica che si vede fare da qualche decennio. Il trend italiano è un trend europeo (il che vuol dire che qui c’è un compito anche per l’Europa), ma questo trend non è ineluttabile, perché Francia e Gran Bretagna sono in questo ambito, ma sono Paesi più o meno ‘virtuosi’, perché possono ancora sperare (se correggeranno errori degli ultimi tempi) di veder aumentare la popolazione anche al netto dei flussi migratori. Come dovremmo fare noi. In Francia, secondo Eurostat, la popolazione dovrebbe salire dai 66 milioni di quest’anno ai 69 del 2050, e nel 2080 si assesterebbe sui 68 milioni. Stesso discorso per la Gran Bretagna. Oggi i britannici sono 64 milioni. Saranno tre in più nel 2030 e di nuovo 64 milioni nel 2080. Non è un caso che sono paesi che hanno politiche attive e strutturali di sostegno alla famiglia; al ruolo della donna non solo al lavoro, ma come madre, e madre che, se vuole, lavora; alla natalità, cioè alla condizione del cittadino-figlio.

Questa condizione – del cittadino-figlio – non si risolve con un bonus al concepimento o alla nascita e con qualche asilo nido in più. Perché questa condizione dura il tempo dell’allevamento, che nella specie sapiens sapiens (se ancora tale vorrà essere) dura vent’anni. Chiunque lo abbia in carico, è questo il punto di destino per l’Italia, quello che dovrebbe essere il primo punto del governo che verrà. E parte delle risorse promesse per quella o questa misura economica ‘identitaria’ di questo o quel partito – dalla flat tax al reddito di cittadinanza – siano impegnate per il futuro dell’identità italiana in quanto tale; con politiche strutturali di sostegno alla natalità, il cui punto di svolta potrebbe essere un assegno familiare a figlio che rappresenti – in un mondo che commisura anche i propri desideri più belli al reddito e al tenore di vita che ne discende, e dove purtroppo anche quei desideri per lo più perdono – un incentivo economico forte ad avere figli.

Una madre non solo deve poter entrare e uscire con più facilità dai ruoli sociali che oggi in quanto donna non più solo vestale del focolare le sono legittimamente davanti, ma deve poter avere remunerato con un reddito adeguato il primo lavoro sociale in assoluto: la genitorialità. Con 50 euro di assegno familiare a figlio non si va da nessuno parte. Un figlio non può valere il conto per una serata in pizzeria di una coppia. Non si butti questo discorso nella caciara ideologica del gender, del politicamente corretto, di maschilismo e femminismo, della ‘società che muta’. Perché la società è certamente mutante. Ma anche una società morta o suicidatasi è una ‘mutazione storica’. Bisogna solo intenderci se è quello che vogliamo.

Eugenio Mazzarella Ordinario di Filosofia teoretica Università Federico II

Avvenire 7 aprile 2018

www.avvenire.it/opinioni/pagine/la-denatalit-in-italia-un-punto-di-destino

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ENTI TERZO SETTORE

Gdpr: la guida pratica aggiornata del Garante privacy

www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_29834_1.pdf

Pubblicata la guida aggiornata del Garante privacy sul regolamento Ue sulla protezione dei dati in vista dell’entrata in vigore del 25 maggio 2018.

È online la guida applicativa del Garante Privacy sul Regolamento Ue in materia di protezione dei dati personali (Gdpr), aggiornata alle più recenti disposizioni al fine di “offrire un panorama delle principali problematiche che imprese e soggetti pubblici dovranno tenere presenti in vista della piena applicazione del regolamento, prevista il 25 maggio 2018”. La guida recepisce le riflessioni più recenti sul tema della protezione dei dati personali e suggerisce, attraverso raccomandazioni specifiche, alcune azioni che privati, aziende e Pa possono intraprendere sin d’ora perché fondate su precise disposizioni del regolamento che non lasciano spazi a interventi ulteriori del legislatore nazionale. Inoltre, la guida suggerisce possibili approcci rispetto ad alcune delle principali novità introdotte dal regolamento.

Suddivisa per macroaree, nel dettaglio la guida si sofferma sul consenso, l’informativa e il trattamento dei dati:

  • Consenso trattamento dati personali. (…) Il consenso è valido a partire dai 16 anni. Infine, precisa il Garante, tra le raccomandazioni, “il consenso raccolto precedentemente al 25 maggio 2018 resta valido se ha tutte le caratteristiche sopra individuate. In caso contrario, è opportuno adoperarsi prima di tale data per raccogliere nuovamente il consenso degli interessati secondo quanto prescrive il regolamento, se si vuole continuare a fare ricorso a tale base giuridica”. Nello specifico, occorre: verificare che la richiesta di consenso sia chiaramente distinguibile da altre richieste o dichiarazioni rivolte all’interessato; prestare attenzione alla formula utilizzata per chiedere il consenso (che deve essere comprensibile, semplice, chiara).

  • Informativa. (…) È opportuno, suggerisce il Garante nelle raccomandazioni, che “i titolari di trattamento verifichino la rispondenza delle informative attualmente utilizzate a tutti i criteri sopra delineati, con particolare riguardo ai contenuti obbligatori e alle modalità di redazione, in modo da apportare le modifiche o le integrazioni eventualmente necessarie ai sensi del regolamento”.

  • Diritti degli interessati. Le modalità per l’esercizio di tutti i diritti da parte degli interessati (diritto di accesso, all’oblio, di limitazione del trattamento, di portabilità dei dati, ecc.) sono stabilite, in via generale, negli artt. 11 e 12 del regolamento. (…). Tra le raccomandazioni, infine, “è opportuno che i titolari di trattamento adottino le misure tecniche e organizzative eventualmente necessarie per favorire l’esercizio dei diritti e il riscontro alle richieste presentate dagli interessati, che – a differenza di quanto attualmente previsto – dovrà avere per impostazione predefinita forma scritta (anche elettronica)”.

  • Contitolarità del trattamento. (…). Secondo la raccomandazione del Garante, infine, “i titolari di trattamento dovrebbero valutare attentamente l’esistenza di eventuali situazioni di contitolarità, essendo obbligati in tal caso a stipulare l’accordo interno di cui parla l’art. 26, paragrafo 1, del regolamento. Sarà necessario, in particolare, individuare il “punto di contatto per gli interessati” previsto dal suddetto articolo ai fini dell’esercizio dei diritti previsti dal regolamento”.

Redazione Newsletter Giuridica Studio Cataldi 2 aprile 2018

www.studiocataldi.it/articoli/29834-gdpr-la-guida-pratica-aggiornata-del-garante-privacy.asp

 

Privacy e gestione dei dati personali: il GDPR nelle strutture sociosanitarie e assistenziali.

Il 25 maggio 2018 entra in vigore il nuovo Regolamento Europeo sulla Privacy (Regolamento 2016/679, in sigla GDPR) che ridefinisce le regole per la gestione dei dati, ed ha quindi un impatto importante per gli enti del settore sociosanitario ed assistenziale, come gli enti Uneba, che di dati ne maneggiano tanti, per tutti i loro assistiti o ospiti, e spesso hanno a che fare anche con dati sensibili, come quelli sulle condizioni di salute.

Cosa cambia per gli enti Uneba con il GDPR? Cosa devono fare? Dà risposte e indicazioni, in questa intervista, Roberto De Capitani, presidente di Uneba Lecco, referente del Gruppo Tecnico Privacy di Uneba Lecco, che per conto di Uneba Lombardia ha analizzato come aiutare gli Enti associati nel difficile compito di verificare la propria “compliance” al GDPR. Il Gruppo ha realizzato della documentazione per gli enti, che nei prossimi giorni metteremo a disposizione degli enti associati Uneba su www.uneba.org

Innanzitutto – risponde Roberto De Capitani – bisogna tenere presente che diversi adempimenti erano richiesti già dal decreto legislativo 196/2003. In sintesi bisognerà attuare almeno quattro cose, per poi proseguire con l’adeguamento al nuovo Regolamento, con misure tecniche ed organizzative:

  1. Nominare (ove necessario) il DPO (Data Protection Officer. In italiano Responsabile della Protezione dei Dati, ovvero RPD). Questo primo punto è già controverso, perché la norma non è chiara: mentre è pacifico che la nomina è obbligatoria per la pubblica amministrazione, nell’ambito privato è obbligatorio in alcuni casi, ma si discute su alcune terminologie non chiare, perché se da un lato parrebbe obbligatorio ove sussista un trattamento di dati sulla salute, dall’altra le specificazioni dei punti b) e c) dell’art.37 del GDPR sono un po’ ambigue e necessitano di essere approfondite. Non è chiarito l’ordine di grandezza relativo a “monitoraggio regolare e sistematico degli interessati su larga scala”, e “trattamento su larga scala di categorie particolari di dati”, tra cui quelli sulla salute. Questo vale allo stesso modo per la Valutazione di Impatto sulla Protezione dei Dati (articolo 35 del GDPR), per analogia di definizioni. In ogni caso, nelle more di un atteso chiarimento sulla corretta lettura della norma, qualora un Ente dovesse decidere di non nominare il DPO, dovrebbe adottare una delibera ben formulata e ragionata sul perché non ritiene di rientrare nei casi previsti (ad esempio, percentuale di casi trattati rispetto alla popolazione di riferimento, o altri criteri). Questo potrebbe evitare una pesante sanzione da parte del Garante, il quale, non pervenendogli la nomina entro il 25 maggio, potrebbe avere un diverso parere su questo ed inviare ispettori (Guardia di Finanza). In presenza di una delibera motivata, eventuali controllori potrebbero ritenerla fondata o chiedere di adeguarsi alla norma in breve tempo, ma non dovrebbero elevare le pesanti sanzioni previste. E’ comunque facoltà dell’Ente scegliere di nominare comunque un DPO, anche se non obbligato.

  2. Redigere il Registro dei Trattamenti dei Dati, con tutti i criteri definiti all’art. 30 del GDPR.

  3. Redigere una procedura di Data Breach (cosa fare in caso di violazione dei dati personali e come porvi rimedio, compresa anche l’eventuale notifica al Garante).

  4. Istruire/formare il personale (almeno avere iniziato a farlo).

Una nuova cultura dei dati. – Il Gdpr si applica a tutti, ma quali sono le particolarità per gli enti dell’ambito assistenziale, educativo, sanitario come quelli Uneba [e dei consultori familiari] e i nodi più delicati o i problemi maggiori che gli Enti potrebbero trovare?

Un aspetto sicuramente nuovo che chiederà un cambio culturale è che i dati dovranno avere la stessa cura che viene riservata alla persona. Questo cambia radicalmente il metodo di approccio alla riservatezza dei dati. Esagero l’immagine per dare l’idea: se prima del GDPR perdevo un dato, avevo perso una cosa di proprietà dell’ospite. Oggi, se mi viene sottratto un dato di salute, è come se mi avessero rapito l’ospite stesso.

Invece la maggior parte dei problemi del nostro settore sono quelli di sempre, e purtroppo non hanno trovato una soluzione nel nuovo Regolamento. (….)

C’é tanto da fare – E’ possibile stimare quante ore di lavoro possono servire per il primo adeguamento al Gdpr (e di conseguenza quanti costi)? Il costo del primo adeguamento, come sempre, sarà elevato (incarichi, consulenze, revisione dei sistemi, ore di formazione, ore da dedicare alla redazione di documenti ed informative, modifiche ai contratti, costi di stampa, revisione della carta dei servizi, nuove procedure). Non saprei dire una cifra, certo sarà da tutto da rapportare alla grandezza e complessità dell’Ente. Ma forse questo, tutto sommato, sarà poco o niente rispetto al mantenimento del sistema (al quale dovremmo già essere un po’ abituati per le precedenti leggi italiane ultima la 196/2003 con le misure minime). (…)

Un consiglio che mi sento di dare è quello di vagliare attentamente ogni passo: meglio avere prima consapevolezza di ciò che si fa invece di cedere alla premura, che fa compiere scelte sbagliate. E’ meglio una tecnologia costosa ma all’avanguardia che un acquisto al supermercato che non dà garanzie. (…)

Fundraising e Privacy Il mio ente fa anche raccolta fondi, e quindi abbiamo tanti dati di donatori: email, recapiti, ammontare delle donazioni… Come devo gestire questi dati?

L’ente dovrà valutare se il fatto di ricevere del denaro da un donatore possa configurare una certa opinione politica, o convinzioni religiose o filosofiche, o altro di simile, per capire se applicare le misure per i soli dati personali o quelle più cogenti per i dati sensibili. In ogni caso i dati vanno protetti, solo si può configurare un danno diverso (ed una diversa sanzione) in caso di perdita. (…)

Cosa metto sul sito Oltre al nome e ai recapiti del DPO, c’è qualche altro dato che devo per forza pubblicare sul sito del mio ente?

Se è un Ente pubblico soggiace agli obblighi di trasparenza stabiliti dallo Stato. Nel caso di un Ente privato (in ogni caso potrebbe anche non avere un proprio sito), è obbligatorio nelle informative mettere l’identità ed il contatto del titolare del trattamento e del suo eventuale rappresentante (la persona fisica), del DPO ove applicabile. Se l’Ente sceglie di pubblicare le informative sul sito deve comunque citare queste figure.

www.uneba.org/privacy-e-gestione-dei-dati-personali-il-gdpr-nelle-strutture-sociosanitarie-e-assistenziali

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FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI

Il nuovo governo dia priorità al tema della natalità già nei primi 100 giorni

Ci risiamo, Banca D’Italia nel suo ultimo studio “Il contributo della demografia alla crescita economica”, lo dice senza mezzi termini: se in non si faranno più figli, tra poco più di vent’anni inizierà il declino dell’economia italiana. Dai dati si evince che nemmeno l’immigrazione riuscirà a supplire a questo calo di forza-lavoro. Perché meno persone che lavorano, vuol dire meno produttività, dunque un altro inesorabile del tasso di povertà. Se non si invertirà questa tendenza, se non avremo più capitale umano abile al lavoro, sarà inevitabile l’aumento delle tasse, ma anche dell’età pensionabile e degli orari di lavoro. Insomma, l’Italia non sarà un bel paese in cui vivere e nessuno sarà disposto ad investirvi, nemmeno noi italiani, preferendo paesi con tassi di produttività più alti.

Vincenzo Bassi, professore incaricato di diritto tributario (Università Lumsa, Roma)

Editoriale 5 aprile 2018

www.forumfamiglie.org/2018/04/05/il-nuovo-governo-dia-priorita-al-tema-della-natalita-gia-nei-primi-100-giorni/

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FRANCESCO VESCOVO DI ROMA

Il Sinodo ascolti i giovani per cambiare la Chiesa

Francesco incontra i ragazzi di Brescia e ricorda il loro concittadino Paolo VI

«Mi hanno colpito le parole di quel giovane che il vescovo ha citato poco fa: “Ma davvero i vescovi credono che i giovani possano aiutare la Chiesa a cambiare?”», e «posso dire a lui e a tutti voi che questa domanda sta molto a cuore anche a me». Lo ha detto Papa Francesco parlando nell’Aula Paolo VI ai ragazzi della diocesi di Brescia. «Mi sta molto a cuore che il prossimo Sinodo dei vescovi, che riguarderà “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, sia preparato da un vero ascolto dei giovani. E posso testimoniare che questo si sta facendo», ha spiegato. «Anche voi me lo dimostrate, col lavoro che sta andando avanti nella vostra diocesi – ha proseguito il Pontefice – e quando dico “ascolto vero” intendo anche la disponibilità a cambiare qualcosa, a camminare insieme, a condividere i sogni, come diceva quel giovane».

«Però anch’io ho diritto di fare delle domande, anch’io voglio farvi una domanda – ha detto ancora il Papa – Voi giustamente vi chiedete se noi vescovi siamo disposti ad ascoltarvi veramente e a cambiare qualcosa nella Chiesa. E io vi domando: voi, siete disposti ad ascoltare Gesù e a cambiare qualcosa di voi stessi? Se siete qui, io penso che sia così, ma non posso e non voglio darlo per scontato».

«Ognuno di voi ci rifletta dentro di sé, nel proprio cuore – ha quindi invitato – Sono disposto a fare miei i sogni di Gesù? Oppure ho paura che i suoi sogni possano “disturbare” i miei sogni? E qual è il sogno di Gesù? Il sogno di Gesù è quello che nei Vangeli è chiamato regno di Dio. Il regno di Dio significa amore con Dio e amore tra di noi, formare una grande famiglia di fratelli e sorelle con Dio come Padre, che ama tutti i suoi figli ed è pieno di gioia quando uno si è smarrito e ritorna a casa. Questo è il sogno di Gesù. Siete disposti a farlo vostro? Siete disposti anche a cambiare per abbracciare questo sogno?».

«Gesù è morto sulla croce per liberarci da questa schiavitù che non è esterna, ma interna a noi – ha detto quindi ai circa 3mila presenti -. Quanti di noi siamo schiavi dell’egoismo, o di attaccarsi alle ricchezze, oppure dei vizi? Sono schiavitù interne queste. È il peccato che ci fa morire dentro. Solo Lui, Gesù può salvarci da questo male, ma c’è bisogno della nostra collaborazione, che ognuno di noi dica: Gesù, perdonami, dammi un cuore come il tuo, umile e pieno d’amore”».

Portando l’esempio dei santi, il Papa ha ricordato Francesco d’Assisi: «era un giovane pieno di sogni, ma erano i sogni del mondo, non quelli di Dio. Gesù gli ha parlato nel crocifisso, nella chiesetta di San Damiano, e la sua vita è cambiata. Ha abbracciato il sogno di Gesù, si è spogliato del suo uomo vecchio, ha rinnegato il suo io egoistico e ha accolto l’io di Gesù, umile, povero, semplice, misericordioso, pieno di gioia e di ammirazione per la bellezza delle creature».

«E pensiamo anche a Giovanni Battista Montini, Paolo VI – ha concluso – noi siamo abituati, giustamente, a ricordarlo come Papa; ma prima è stato un giovane, un ragazzo come voi, di un paese della vostra terra. Vorrei darvi un “compito a casa”: scoprire com’era Giovanni Battista Montini da giovane; com’era nella sua famiglia, da studente, nell’oratorio; quali erano i suoi “sogni”. Ecco, provate a cercare questo».

Redazione di Torino Vatican Insider 8 aprile 2018

www.lastampa.it/2018/04/07/vaticaninsider/ita/vaticano/giovani-bergoglio-il-sinodo-li-ascolti-davvero-per-cambiare-la-chiesa-uiyO82DLwJVkjmt6n60egL/pagina.html

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GENITORI E FIGLI

Diritti e doveri tra genitori e figli

Il rapporto tra genitori – figli si basa su una serie di diritti e doveri reciproci che aiutano entrambi a svilupparsi come persone all’interno della famiglia e della società. La violazione di un dovere, in alcuni casi, può addirittura essere un reato.

Essere genitori significa assumersi la responsabilità di mantenere, istruire, educare ed assistere i propri figli rispettandone le inclinazioni, le capacità e le aspirazioni [Art. 30 Cost., Art. 147 e 315 bis cod. civ.]. Si tratta sia di un diritto che di un dovere, poiché il solo fatto di procreare attribuisce alla madre ed al padre la responsabilità genitoriale. A seguito della riforma del diritto di famiglia [L. n. 219 del 10.12.2012], lo status di figlio è unico e le terminologie come figlio legittimo, illegittimo, naturale ed incestuoso sono sparite dalla letteratura della legge. La responsabilità genitoriale sussiste anche nei confronti dei figli adottivi e la violazione degli obblighi di assistenza familiare può configurare un reato.

Se da un lato la responsabilità genitoriale pone dei doveri, dall’altro i figli hanno il diritto di essere mantenuti, educati, istruiti ed assistiti, e nei casi ove il figlio fosse non riconoscibile, egli può agire in giudizio per vedersi riconosciuti tali diritti [Art. 279 cod. civ.].

Anche un figlio ha dei doveri nei confronti della famiglia: deve rispettare i propri genitori, contribuire economicamente in base alle proprie capacità reddituali, deve assistere i genitori qualora fossero anziani e/o malati e può essere obbligato agli alimenti in caso di indigenza [Artt. 570 e 591 cod. pen., Art. 433 cod. civ.]. Vediamo insieme quali sono i diritti ed i doveri tra genitori e figli.

  1. Quali sono i principali diritti riservati ai figli. Posto che oggi non esiste alcuna distinzione tra figli nati all’interno del matrimonio o fuori da esso e tra figli naturali, i diritti riconosciuti dalla legge sono validi per tutti, anche per i figli adottivi. I principali diritti sono riconosciuti sia nella Costituzione che nel Codice Civile, per cui un figlio:

  • ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito ed assistito moralmente nel rispetto delle proprie capacità, inclinazioni ed aspirazioni. In tal senso, i genitori hanno quindi il dovere di contribuire economicamente, ed in maniera proporzionale (a seconda dei redditi posseduti) alla crescita della prole, e di fornire le cure necessarie con spese ordinarie e straordinarie. Devono consentire al minore di poter frequentare la scuola ed anche l’università una volta raggiunta la maggiore età, devono assicurarsi di impartire un’educazione improntata alla conoscenza delle regole alla base della società, devono rispettare le scelte che il figlio intraprende nel corso della vita. Se il mantenimento è obbligatorio per il figlio minorenne ed il maggiorenne affetto da disabilità, può esserlo anche qualora il figlio non sia economicamente autosufficiente, purché tale incapacità non dipenda da sua colpa [Art. 315 bis cod. civ.];

  • il figlio che ha raggiunto i 12 anni (e se maturo, anche ad un’età inferiore) ha il diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano, come ad esempio nel caso in cui due genitori separati sono in disaccordo circa la linea educativa da intraprendere nei confronti del minore;

  • il figlio ha il diritto di crescere in famiglia, e di mantenere rapporti significativi con i parenti della madre e del padre. Ai nonni è concesso il diritto di consultare il giudice se uno o entrambi i genitori ne impediscano la frequentazione [Art. 317 bis cod. civ.];

  • il figlio ha il diritto di scegliere la religione da seguire, anche se uno o entrambi i genitori sono in disaccordo [] Cass. sent. n. 24683 del 04.11.2013];

  • al figlio spetta il diritto di agire in giudizio per il riconoscimento o il disconoscimento della paternità, per la contestazioni ed il reclamo dello stato di figlio [Artt. 244 e ss, 270 cod. civ.];

  • un figlio prevale rispetto agli ascendenti in caso di successione ereditaria. A lui spettano quote prestabilite sia in presenza di un testamento che in sua assenza, e tali quote sono divise in maniera proporzionale in presenza di altri fratelli e del coniuge superstite;

  • il figlio può agire in giudizio per pretendere gli alimenti da parte dei genitori, nel momento in cui fosse economicamente non autosufficiente e non per sua cola. È il caso dello studente universitario o di chi ancora non è riuscito ad inserirsi nel mondo del lavoro.

  • Ai figli adottivi è concesso il diritto di accedere alle informazioni che riguardano l’identità e l’origine della famiglia biologica [Art. 28 co. 5 L. n. 184 del 04.05.1983], mentre ai figli non riconoscibili (ad esempio gli incestuosi) è garantito il diritto di agire per ottenere il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e gli alimenti [Art. 279 cod. civ.].

Quello appena delineato è un quadro sintetico di ciò che la legge riconosce a favore dei figli minorenni e maggiorenni, carnali ed adottivi. Se ai genitori spetta il dovere di provvedere alle esigenze della prole, ci si chiede: esistono per una madre ed un padre dei diritti da esercitare nei confronti dei figli?

  1. Quali sono i principali diritti riconosciuti ai genitori. Anche i genitori vantano, nei confronti dei figli, una serie di diritti. Primo fra tutti il diritto di essere genitori e quindi di poter esercitare la responsabilità genitoriale riconosciuta dalla legge. Attenzione però a porre una differenza fra il diritto di diventare genitori (molto dibattuto negli ultimi tempi, per ciò che riguarda la fecondazione medicalmente assistita [L. n. 40 del 24.02.2004] e la fecondazione eterozigote) ed il diritto di essere riconosciuti come padre e come madre, poiché solo in quest’ultima ipotesi è data la possibilità, a ciascun genitore, di procedere alla dichiarazione giudiziale di paternità e di maternità. L’azione giudiziale è ammessa in tutti quei casi in cui il figlio nasce fuori dal matrimonio, ossia quando non opera la presunzione di concepimento [Art. 232 cod. civ.]. Quindi, un padre, ma anche una madre possono agire in giudizio per riconoscere il proprio figlio e possono utilizzare ogni mezzo di prova per accertare la paternità e la maternità [Art. 269 cod. civ.].

Anche l’azione di contestazione dello stato di figlio è un diritto che spetta a ciascun genitore il quale, in precedenza, ha provveduto al riconoscimento. L’azione è imprescrittibile per legge, ragion per cui può essere promossa in qualsiasi momento [Art. Art. 248 cod. civ.].

Oltre alle tutele giudiziali nei confronti del presunto padre o della presunta madre, esistono ulteriori diritti che i genitori vantano nei confronti dei figli. Vediamo quali sono i principali:

  • l’usufrutto legale sui beni del figlio. Per usufrutto si intende un diritto di godimento su qualcosa che appartiene ad un altro soggetto; nel rapporto genitori e figli, quando la proprietà di una casa spetta al figlio (in virtù di una donazione, oppure di una compravendita da cui deriva l’intestazione dell’immobile al minore) sia la madre che il padre possono godere del bene fino a quando il minore non abbia compiuto la maggiore età. È comunque da precisare che i frutti derivanti dal bene devono essere utilizzati per il mantenimento della famiglia. L’affitto di una casa concessa a terze persone, se appartiene al figlio minorenne, deve essere devoluto per tutte quelle spese necessarie alla crescita della prole [Art. 324 cod. civ.],

  • il diritto di essere rispettati in qualità di genitori,

  • il diritto di contribuire alle necessità della famiglia in base alle proprie capacità economiche,

  • il diritto di cessare il mantenimento nel momento in cui l’inerzia del figlio nel mondo del lavoro non sia giustificata da valide motivazioni [Cass. sent. 7970 del 02.04.2013, sent. n. 4765 del 03.04.2002; sent. n. 1585 del 27.01.2014],

  • il diritto alla corresponsione degli alimenti in caso di indigenza [Cass. sent. n. 3334/2007; n.21572/2006],

  • il diritto di successione sui beni del figlio qualora costui non lasci prole, né fratelli, né sorelle [Art. 568 cod. civ.],

  • il diritto della madre di dare il proprio cognome [Corte Cost. sent. n. 286 del 21.12.2016 n. 286],

  • il diritto di consultare il giudice per tutte quelle volte in cui sorgono contrasti nelle questioni di mantenimento, educazione ed istruzione del figlio.

Ciascuno di questi diritti spetta in egual misura sia alla madre che al padre, ed entrambi possono agire autonomamente in sede giudiziale per ottenere il riconoscimento di una delle situazioni appena descritte.

  1. Cosa succede se un genitore viene meno al proprio dovere. Definiti quindi i principali diritti riconosciuti dalla legge sia ai figli (carnali ed adottivi), sia ai genitori (madre e padre), è bene sapere che venir meno ad un proprio dovere comporta una violazione. Si, perché con il riconoscimento del figlio ciascun genitore si vede attribuire più di una responsabilità affinché il minore venga protetto da tutto ciò che può accadere dalla società [Cass. pen. sent n. 14710 del 5.03.2008]. Inoltre, su ciascun genitore vige la responsabilità per i danni derivanti dal fatto illecito commesso dal minore, e sia la madre che il padre risponderanno davanti al giudice delle azioni commesse dal figlio. Un esempio potrebbe essere il ragazzino che fa male ad un compagno di classe, provocando la frattura di un braccio: in questo caso i genitori si assumeranno la responsabilità dell’accaduto pagando l’eventuale risarcimento del danno.

I genitori hanno il dovere di vigilare sui propri figli, pena l’accusa di abbandono di incapace: la qualità di genitore è un’aggravante secondo la legge, che comporta un aumento della condanna.

Un padre o una madre che non provvedono all’assistenza del figlio, sono passibili di denuncia e possono rischiare fino ad un anno di reclusione. Il genitore che abusa dei mezzi di correzione, può essere condannato fino a sei mesi di reclusione, e la pena potrà essere aumentata se dalla condotta aggressiva deriva una lesione nei confronti del figlio [Artt. 591, 571 e 570 cod. pen.].

Un genitore può perdere la patria potestà a seguito di una condotta contraria ai doveri previsti dalla legge. I casi sono differenti (si parla infatti di decadenza e di perdita della patria potestà) e molti di essi sono contemplati dal diritto penale:

  • quando non provvede al mantenimento, all’educazione, all’istruzione ed all’assistenza morale, oppure vi provvede senza considerare le capacità, le aspirazioni e le inclinazioni del figlio,

  • nel momento in cui abbandona il minore, oppure lo trascura,

  • in caso di abuso dei mezzi di correzione, o dell’autorità che la legge gli attribuisce in qualità di genitore,

  • qualora il minore subisca maltrattamenti, abusi, violenze e lesioni.

La responsabilità dei genitori nei confronti dei figli è inversamente proporzionale all’età del minore. Ad un’età maggiore corrisponderà una minore vigilanza, ma non sempre una minore responsabilità civile nei confronti della condotta illecita tenuta dal figlio. In altri termini un adolescente ha una capacità maggiore di valutare le situazioni, di scegliere ciò che è giusto, di agire in un determinato modo. La stessa facoltà non si rinviene in un bambino di pochi anni che, il più delle volte, non è in grado di capire ciò che fa. Nel caso della responsabilità civile, i genitori possono provare di non essere stati in grado di impedire il fatto, ma si tratta di una prova molto difficile da portare in giudizio.

  1. Cosa accade se un figlio non assiste i genitori. Diverso discorso si può fare nei confronti del figlio, i cui doveri sono molto meno rispetto a quelli previsti per i genitori. Sicuramente un figlio sarà obbligato al mantenimento dei genitori che non possono provvedervi in maniera autonoma: siamo nel campo dell’assistenza di un familiare anziano o non autosufficiente, con la possibilità di incorrere in conseguenze penali in caso di inadempimento.

Il nesso fra dovere del figlio e diritto del genitore è disciplinato, in molti casi, dalla legge. Abbiamo parlato dell’obbligo agli alimenti, ma possiamo aggiungere anche l’obbligo all’assistenza familiare e l’obbligo di vigilare su una persona incapace. Anche in questi casi il figlio è responsabile della condotta dei genitori incapaci di intendere e di volere, e può essere chiamato a rispondere penalmente in caso di abbandono.

In altre parole, come per i genitori, anche per i figli esiste un dovere, se non addirittura un obbligo che grava in maniera uguale o proporzionale in presenza di altri fratelli. Si tratta di una vera e propria responsabilità a cui è possibile adempiere in molti modi:

  • corrispondendo un assegno alimentare periodico,

  • ospitando un genitore anziano dentro casa,

  • provvedendo all’assistenza mediante persona qualificata,

  • accompagnando il genitore dal medico, in ospedale e per tutte quelle visite necessarie alla salute dell’anziano.

La responsabilità ricade su tutti i fratelli, anche in maniera proporzionale ed in questo caso si può chiedere al giudice di stabilire come procedere. Il giudice valuterà le capacità economiche di ciascun fratello, e potrà decidere di affidare l’assistenza a chi ha la residenza più prossima a quella del genitore. Ad un figlio che abita lontano può spettare l’obbligo del mantenimento, e nessuno può sottrarsi a tali doveri, poiché anche in questo caso è possibile incorrere nel reato di abbandono di incapace.

Ai figli viene attribuita la responsabilità civile per i danni cagionati da persona incapace e gli stessi possono essere passibili di denuncia per maltrattamenti ed abusi sui genitori anziani.

  1. Come equilibrare i diritti e i doveri tra genitori e figli. È possibile stabilire un equilibrio tra i diritti e i doveri che spettano ai genitori ed ai figli prendendo in considerazione l’età dei minori, le loro esigenze e le capacità, e in modo tale da instaurare un rapporto di collaborazione reciproca.

La stessa collaborazione deve esserci da parte di una madre e di un padre, che insieme concorrono nella responsabilità genitoriale e nel mantenimento dei figli in base alle capacità professionali. Il genitore che non esercita la responsabilità genitoriale deve comunque vigilare sull’istruzione, sull’educazione e sulle condizioni di vita del figlio.

In caso di disaccordo sul percorso educativo da intraprendere nei confronti del figlio, ciascun genitore può chiedere un parere al giudice, che si pronuncerà anche dopo aver ascoltato il minore.

Ai figli viene richiesto di inserirsi nella società cercando di equilibrare le aspettative e le aspirazioni sulla base delle opportunità lavorative e degli sbocchi professionali. Va bene studiare ed accrescere la propria cultura, ma c’è un limite a tutto, a maggior ragione quando si diventa studenti fuori sede per più anni.

I figli dovrebbero contraccambiare quell’assistenza morale che i genitori serbano a loro fin dalla nascita, e possono farlo una volta diventati adulti. Il genitore anziano non ha necessariamente bisogno di soldi, ma il più delle volte desidera un supporto spirituale, una compagnia, una visita in più che non sia solo quella della domenica.

Melascrivi La legge per tutti 5 aprile 2018

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NONNI

Il diritto alla nonnità, la nonnità nel diritto

La legge 31 luglio 2005, n. 159 “Istituzione della Festa nazionale dei nonni”, di soli tre articoli, ha istituito la “festa dei nonni” (esistente in altri Paesi, come negli USA già dal 1978) e riconosciuto il loro ruolo socio-giuridico.

La specificità e la ricchezza del rapporto nonni–nipoti vista sotto il profilo giuridico nazionale e internazionale.

Rilevante il contenuto dell’art. 1 comma 1 della L.159/2005: “È istituita la «Festa nazionale dei nonni» quale momento per celebrare l’importanza del ruolo svolto dai nonni all’interno delle famiglie e della società in generale”. Emblematico che la festa sia definita “nazionale” e che ricorra il 2 ottobre che cristianamente è la “festa degli Angeli Custodi”. In tal modo si è valorizzata la matrice cristiana della Costituzione italiana e i costituenti, “nonni d’Italia”.

La relazione nonni-nipoti. La relazione tra nonni e nipoti realizza i valori costituzionali, quali lo svolgimento della personalità e la solidarietà di cui all’art. 2 Cost., e può essere ritenuta una “funzione che concorre al progresso materiale o spirituale della società”, mutuando la terminologia dell’art. 4 Cost. (si pensi pure alle varie forme di prestazioni volontarie da parte di persone anziane, tra cui la figura del “nonno vigile”). Ada Fonzi, esperta di psicologia dello sviluppo, scrive: “Che cosa significa questo rapporto intergenerazionale per i nonni? Moltissimo. Significa non rinunziare a cogliere il dipanarsi della traccia della vita, significa riuscire a fare in modo che il presente, inevitabilmente impoverito, e il futuro, inevitabilmente ridotto e incerto, siano riscattati da un tesoro accumulato, un passato che continua nonostante tutto a esistere e farsi presente. È il segreto di quella che gli psicologi chiamano «generatività», un «pensare per generazioni» che permette di sentirsi ancora vivi e utili anche se le forze incominciano a venire meno”.

Anche Maria Teresa Zattoni e Gilberto Gillini, consulenti relazionali e pedagogisti della famiglia, scrivono: “[…] i nonni sono chiamati a imparare il bello dell’attesa, della non-pretesa, dello stupore e della gratitudine. Essi rappresentano una fase della vita di famiglia assolutamente indispensabile, perché possono diventare grandi «allenatori» per la seconda generazione: mostrano che la vita vale la pena di essere vissuta, nonostante intoppi e dolori. E mostrano che il dono da offrire alle nuove generazioni è quello della pace, cioè della sintonia tra mente e mano, tra desiderio e motivazione al fare”.

“[…] anziani e bambini, gli unici a possedere una via di fuga verso il fantastico. Gli unici a volare via coi palloncini e ad avere nella testa una macchina dei sogni”[Dalla recensione del film d’animazione sulle emozioni “Inside out”, 2015]. Tra nipoti e nonni vi è un insondabile e ineffabile legame che va al di là di ogni riconoscimento giuridico, per questo sarebbe auspicabile costituirlo, mantenerlo e custodirlo senza andare nelle aule giudiziarie. “Il segreto della virtù dei nonni sta nell’amore dei nipoti”[Da un racconto di Natale]. La nonnità sia vissuta come una delle relazioni fondamentali e non fatta valere nelle aule giudiziarie. Sempre più spesso, purtroppo, le situazioni e/o i diritti che dovrebbero essere esercitati e vissuti nella normalità sono oggetto di acerrimi conflitti e si rivendica davanti ai giudici tutto quello che un tempo era la quotidianità familiare e tutto a discapito dei bambini.

“Gli ascendenti hanno il diritto a mantenere rapporti effettivi con i nipoti, anche dopo la separazione o il divorzio dei genitori: le Autorità nazionali che non predispongano tutte le misure necessarie per tutelare il benessere del minore e favorire il percorso di riconciliazione con i nonni e non agiscano con rapidità per rendere effettivo ed efficace tale rapporto pongono in essere una violazione dell’art. 8 della Cedu [Convenzione europea dei diritti dell’uomo]. A questo proposito, giova ricordare che i rapporti tra ascendenti e nipoti rileva ai fini della vita familiare di cui all’art. 8 citato” (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sentenza 20 gennaio 2015). Per quanto discutibile l’espressione “ascendenti” riferita ai nonni, il suo significato originario (da “ascendere”) indica un moto di salita, di innalzamento, un moto di vita: quanto di meglio si possa trasmettere ai figli. La genitorialità, pertanto, non sia gelosia dei figli ma genealogia non solo di generazioni ma anche di emozioni per i figli. I figli sono un po’ per tutti, ma in realtà non sono di nessuno, se non della vita: la loro vita.

La nonnità: una delle relazioni più significative della vita, che accompagnano per tutta la vita e oltre la vita. Alcune generazioni presenti non godono di questo privilegio a causa di relazioni familiari conflittuali, come le cosiddette “famiglie chiasmatiche”. Occorre valorizzare i nonni ricordando che sono tali e non surrogati o antagonisti dei genitori.

Lo psicologo e psicoterapeuta Fulvio Scaparro rammenta: “I bambini amano i racconti e lo si capisce fin da quando ancora non hanno l’uso della parola. Ascoltano rapiti le storie ben raccontate da genitori e nonni che trovano, essi stessi, piacere del narrare”. Il filosofo francese Paul Ricoeur (in “Tempo e racconto”) parlava di “identità narrativa”, quale capacità umana di narrarsi, come combinazione dei due poli della permanenza e del cambiamento. Occorre recuperare il tempo e la capacità di narrare e narrarsi per contribuire allo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale dei fanciulli (art. 27 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia) affinché anche loro possano, un giorno, concorrere al progresso materiale o spirituale della società (art. 4 comma 2 Costituzione).

I nonni danno il loro apporto nella costruzione dell’identità dei bambini. A tale proposito gli esperti Zattoni e Gillini affermano: “Occorre narrare, infatti: ne abbiamo bisogno, oggi più che mai, perché non sappiamo più farlo. Una o due generazioni fa c’erano i nonni scampati alla guerra e così raccontavano, raccontavano… La tentazione è oggi quella di dirsi: «Non ho niente di speciale da dire». Non è vero. Per un nipote sapere qualcosa delle generazioni che l’hanno preceduto significa stabilità e connessione. Stabilità: dietro le mie spalle non c’è il vuoto, il silenzio, l’anonimato (purtroppo ci stiamo preparando a generazioni di figli dell’eterologa o perfino della maternità surrogata che rischieranno di sentirsi questo vuoto, questa “negazione” della provenienza!). Io figlio/nipote, so da quali miliardi di gesti buoni, da quali ferite, da quali errori provengo: e posso sentirmi orgoglioso perché la vita è arrivata fino a me. Posso anche ricevere “compiti evolutivi” che concorrono al senso della mia vita! Al sentirmi di qualcuno! Posso trovare il mio posto perché una lunga fila di persone mi precede e so che una fila mi seguirà”. Narrare significa etimologicamente “far conoscere raccontando, rendere esperto, consapevole”, pertanto corrisponde a quell'”impartire orientamento ed i consigli necessari” cui sono tenuti genitori e altri adulti secondo l’art. 5 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia.

Lo psicoterapeuta dell’età evolutiva Alberto Pellai soggiunge: “[…] io penso che i nonni possano dare consigli ai genitori, quando questi si confrontano con loro e chiedono aiuto. Allo stesso tempo i nonni devono educare i nipoti mentre li hanno vicini a loro, senza però sostituirsi a mamma e papà”. Genitori e nonni: a ciascuno il proprio ruolo e la propria responsabilità nell’impartire l’orientamento ed i consigli necessari al fanciullo (ai sensi del già citato art. 5 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).

Quando vengono a mancare i nonni, viene a mancare una parte essenziale dell’albero genealogico e anche una ragione di far ritorno alle radici. Tra nonni e nipoti vi sono una notevole differenza d’età e altre differenze che si rivelano solo arricchenti, anche perché lo stato d’animo è lo stesso (l’incertezza di una fase della vita) e l’emozione provata è la stessa: quella di vivere una delle relazioni più importanti della e per la vita. Età, difficoltà o avversità non causano inabilità ad amare in chi non si fa sopraffare: questo l’esempio e il percorso di vita tracciato dai nonni. I nonni: pilastri e pioli di vita per tutta la vita.

Nello sviluppo della personalità del fanciullo sono essenziali anche i nonni, da non trattarsi né come baby sitter né come secondi genitori. “Quando la cura e le preoccupazioni educative, che fanno inevitabilmente parte dei compiti dei genitori, passano in secondo piano, – spiega Ada Fonzi – ci si può abbandonare alla gioia di una consonanza emotiva di cui da anni non si aveva più esperienza. Il bambino parla e il nonno lo ascolta, senza lasciarsi scoraggiare da parole incomprensibili o frasi sconnesse, preso anche lui in una sorta di cerchio magico in cui ciò che conta è lo sguardo fiducioso del piccolo e la stretta della sua manina. Questo per quanto riguarda i più piccoli, mentre per i più grandi leggere insieme o risolvere un problema di matematica sono ugualmente occasioni imperdibili che contrassegnano un rapporto straordinario di fiducia reciproca”. Nell’art. 2 della Carta dei diritti del fanciullo al gioco e al lavoro (Roma 1967) si legge: “Perché possa svolgere le sue attività di gioco e di lavoro, il fanciullo ha bisogno di convenienti rapporti umani”. E tra i convenienti rapporti umani ci sono sicuramente quelli con i nonni.

La Fonzi aggiunge: “Capita alcune volte che i genitori siano critici nei confronti dei nonni, accusati di essere troppo permissivi; «lo vizi troppo» è il solito ritornello. Non prendetevela, nonni. Scrollatevi di dosso i compiti educativi, che spettano ai genitori, e abbandonatevi al piacere di un’affezione totalizzante. Siate consapevoli che quel bambino non è solo figlio dei suoi genitori, ma di più generazioni, di tutte quelle che lo hanno preceduto. Insomma, chi non va a trovare i nonni non commette un solo peccato mortale. Ma due! Uno verso se stesso e l’altro verso i nonni”. Nell’art. 8 par. 1 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia si prevede “[…] il diritto del fanciullo di conservare la propria identità, nazionalità, nome e relazioni familiari”. I nonni sono componenti insostituibili e indelebili, nonostante tutto e tutti, dell’identità, della nazionalità, del nome (inteso anche come cognome) e delle relazioni familiari di ogni bambino.

La giornalista Renata Maderna osserva: “[…] secondo il normale ciclo della vita: nonni più affettuosi e vizianti (in nome del fatto che non ci trascorrono tanto tempo insieme…) e genitori più coerenti ed educanti. Mi sembrerebbe più allarmante il contrario, che purtroppo non di rado si osserva, quando i genitori, piuttosto di risultare simpatici, diventano gli sdolcinati avvocati difensori dei figli e i nonni degli insopportabili e brontoloni censori di costumi”. Genitori e nonni, figure parentali e educative differenti che devono coesistere, senza confliggere, per il bene dei bambini. Come recita il Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, “[…] il fanciullo per il pieno ed armonioso sviluppo della sua personalità deve crescere in un ambiente familiare, in un’atmosfera di felicità, amore e comprensione”.

Mentre in passato nel nostro ordinamento giuridico i nonni erano chiamati solo per gli oneri (ai sensi del previgente art. 148 cod. civ.), le novelle legislative della L. 219/2012 e del D. Lgs. 154/2013 hanno tenuto conto altresì dell’aspetto relazionale in vari articoli del codice civile, in particolare nell’art. 317 bis, rubricato “Rapporto con gli ascendenti”, la cui formulazione è stata ritenuta poco felice perché suscettibile di contraddizioni e più interpretazioni (per esempio il verbo “mantenere” rispetto a coloro cui viene impedito di vedere i nipotini sin dalla nascita).

“Se oggi vi sono ancora dei frammenti di saggezza in questo pazzo mondo, bisogna ringraziare i nonni” (lo psichiatra Vittorino Andreoli). Diritto ai nonni, diritto con i nonni (e non solo quelli materni): questa è la nonnità!

Margherita Marzario News Studio Cataldi 5 marzo 2018

www.studiocataldi.it/articoli/29853-il-diritto-alla-nonnita-la-nonnita-nel-diritto.asp

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OMOFILIA

Il cammino verso le persone LGBT nei 5 anni di pontificato di Papa Francesco

Il 13 marzo 2013 il cardinale argentino Jorge Mario Bergoglio venne eletto Papa e divenne papa Francesco. Da quel giorno il primo Papa non proveniente dall’Europa, ha rotto ogni possibile barriera nel campo delle tematiche LGBT (lesbiche, gay, bisex e trans), anche se su certi aspetti non sia meno tradizionalista dei suoi predecessori.

Questa serie di articoli raccoglie una cronologia delle dichiarazioni e degli atti di papa Francesco che riguardano le tematiche LGBT, prese dall’archivio del blog cattolico Bondings 2.0, che tengono il polso del suo comportamento. La cronologia è stata redatta da Francis De Bernardo e da Robert Shine. La nostra speranza è che possa aiutare i nostri lettori e gli studiosi a capire nei dettagli la complessità di questo papato, in particolare nel campo dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere.

Anno 2013

  • 13 marzo 2013: il cardinale Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, viene eletto Papa e assume il nome di Francesco. Gli attivisti e le attiviste LGBT esprimono le loro speranze, visto che l’arcivescovo Bergoglio si era dichiarato favorevole delle unioni civili in Argentina, anche se non sempre si era dimostrato coerente sulle tematiche LGBT.

  • 11 giugno 2013: papa Francesco afferma che, nel “flusso di corruzione” della Curia, c’è anche una “lobby gay” e “ora bisogna vedere cosa possiamo fare al riguardo”.

  • 29 luglio 2013: papa Francesco pronuncia il suo celebre “Chi sono io per giudicare?” durante un’intervista concessa durante il ritorno dalla Giornata Mondiale della Gioventù in Brasile. Un giornalista gli fa una domanda sui preti gay e il Papa risponde “Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?”. Francesco è il primo Pontefice a usare la parola “gay” in riferimento alla sessualità, ma durante il volo ha anche sollevato di nuovo la questione della lobby gay nel Vaticano: “Non ho trovato carte d’identità di gay in Vaticano; dicono che ce ne sono, credo che si deve distinguere il fatto che è gay dal fatto che fa lobby”. I vescovi statunitensi hanno perlopiù tentato di disinnescare il “Chi sono io per giudicare?”, che invece molti altri, a cominciare dalle associazioni LGBT, hanno invece salutato con gioia.

  • 30 settembre 2013: in un’intervista al settimanale gesuita America [apparsa originariamente su Civiltà Cattolica, n.d.t.], Bergoglio parla di omosessualità in tono pastorale, piuttosto che etico: “A Buenos Aires ricevevo lettere di persone omosessuali, che sono “feriti sociali” perché mi dicono che sentono come la Chiesa li abbia sempre condannati. Ma la Chiesa non vuole fare questo. Durante il volo di ritorno da Rio de Janeiro ho detto che, se una persona omosessuale è di buona volontà ed è in cerca di Dio, io non sono nessuno per giudicarla. Dicendo questo io ho detto quel che dice il Catechismo. La religione ha il diritto di esprimere la propria opinione a servizio della gente, ma Dio nella creazione ci ha resi liberi: l’ingerenza spirituale nella vita personale non è possibile. Una volta una persona, in maniera provocatoria, mi chiese se approvavo l’omosessualità. Io allora le risposi con un’altra domanda: “Dimmi: Dio, quando guarda a una persona omosessuale, ne approva l’esistenza con affetto o la respinge condannandola?”. Bisogna sempre considerare la persona. Qui entriamo nel mistero dell’uomo. Nella vita Dio accompagna le persone, e noi dobbiamo accompagnarle a partire dalla loro condizione. Bisogna accompagnare con misericordia. Quando questo accade, lo Spirito Santo ispira il sacerdote a dire la cosa più giusta. […] Non possiamo insistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi. Questo non è possibile”. L’intervista è stata ben accolta dagli attivisti LGBT, compresa suor Jeannine Gramick, che ha pianto quando l’ha letta. Il sito femminile Jezebel ha scritto che “Francesco è praticamente la Beyoncé della religione organizzata”.

  • Ottobre 2013: il gruppo Kairos di cristiani LGBT Firenze riceve una risposta dal Papa ad una loro lettera personale. È la prima volta che un Pontefice comunica con un gruppo LGBT. Il contenuto della lettera non è mai stato reso pubblico.

  • 24 novembre 2013: nel primo documento ufficiale del suo magistero, l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, Francesco non parla direttamente di omosessualità ma cita, approvandolo, il documento dei vescovi statunitensi Ministry to Persons with Homosexual Inclinations: Guidelines for Pastoral Care (Il ministero per le persone con inclinazioni omosessuali. Linee guida per la cura pastorale), il quale ripete la definizione dell’orientamento omosessuale come “oggettivamente disordinato”. Alcune sezioni dell’esortazione apostolica, considerata il programma del suo papato, potrebbero essere applicate per mettere in opera una maggiore accoglienza delle persone LGBT nella Chiesa.

  • Novembre 2013: in una conversazione con l’Unione dei Superiori Generali riportata dal quindicinale gesuita La Civiltà Cattolica, papa Francesco parla delle unioni omosessuali: “Le situazioni che viviamo oggi dunque pongono dunque sfide nuove che per noi a volte sono persino difficili da comprendere”; “Ricordo il caso di una bambina molto triste che alla fine confidò alla maestra il motivo del suo stato d’animo: la fidanzata di mia madre non mi vuol bene”. Ha poi proseguito, parlando dei giovani e della proclamazione di Cristo: “bisogna stare attenti a non somministrare ad essi un vaccino contro la fede”.

  • Dicembre 2013: papa Francesco è nominato “Personaggio dell’anno” da Time e da The Advocate (rivista del movimento per i diritti LGBT USA), in gran parte per i suoi toni concilianti sulle tematiche LGBT.

Articolo di Francis De Bernardo e Robert Shine pubblicato sul sito dell’associazione cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti) il 13 marzo 2018, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro

Progetto Gionata 7 aprile 2018

www.gionata.org/i-passi-di-papa-francesco-verso-le-persone-lgbt-nei-sui-5-anni-di-pontificato-anno-2013

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POLITICHE PER LA FAMIGLIA

Tutti gli sgravi fiscali e le agevolazioni per le famiglie dal 2018

Legge 27 dicembre 2017, n. 205 (G.U. n. 302 del 29/12/2017)

www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/12/29/17G00222/sg

Le agevolazioni fiscali previste per le famiglie nel 2018 sono diverse e spaziano dalla scuola al reddito d’inclusione, fino agli sgravi per i figli. È stato dato seguito al bonus bebè e sono stati introdotti nuove detrazioni fiscali sugli abbonamenti ai mezzi pubblici. Le agevolazioni si estendono anche alle detrazioni per i figli a carico fino a 24 anni e per i lavori in casa, come ristrutturazioni e acquisto degli arredi. Le detrazioni si estendono alla cura di giardini, balconi e spazi verdi di pertinenza dell’abitazione.

Sono state, dunque, alleggerite alcune voci nella pressione fiscale a carico delle famiglie a basso reddito. La soglia generica è quella di riferimento di 25 mila euro annui che risultano dal modello ISEE.

Sconti e agevolazioni vanno incontro a quelle famiglie dove uno dei coniugi non lavora o entrambi sono disoccupati.

Vediamo nel dettaglio quali sono questi sgravi fiscali presenti nella Legge di Bilancio 2018, a chi spettano e come richiederli.

  • Il bonus bebè 2018. Le benefici fiscali per le famiglie nel 2018 portano alcune novità per quanto riguarda le detrazioni e il sostegno fattivo al reddito. L’obiettivo è quello di ridurre la pressione fiscale anche per i contribuenti che risultano al di sotto della soglia del reddito annuale presente sull’ISEE.

Il bonus bebè riguarderà sia i nati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2018 che quelli adottati nello stesso lasso di tempo e avrà una durata di un anno. L’importo previsto è di 960 euro ripartiti per 12 mesi, con 80 euro al mese. Per le famiglie che hanno un reddito inferiore a 7 mila euro annui il bonus bebè raddoppia: 1920 euro annui, quindi 160 euro al mese. La richiesta dello stesso bonus va presentata all’Inps corredata del modello ISEE, che si può ottenere presso un patronato CAF del proprio comune di residenza. La domanda va presentata entro 90 giorni dalla nascita o dalla data di adozione del bambino. Ricordate che l’ISEE si riferisce all’attestazione del cumulo dei redditi dell’anno precedente.

  • Il bonus mamma domani. Al bonus bebè si aggiunge anche quello “mamma domani”, che è stato esteso dal 2017 all’anno 2018. Si tratta di un bonus che viene erogato a quelle mamme che hanno raggiunto il 7° mese di gravidanza e verrà corrisposto in un’unica soluzione. L’importo è pari a 800 euro. Lo stesso bonus spetta anche a chi ha adottato un bambino o lo ha avuto in affidamento secondo le leggi vigenti in Italia. La domanda dovrà essere presentata all’Inps sia online, se si è in possesso del PIN, che presso un patronato CAF. Il bonus mamma domani può anche essere richiesto da chi non ha portato a termine la gravidanza, pur se ha raggiunto il 7° mese di gestazione. Legato al bonus bebè e a quello mamma domani c’è anche la possibilità di un prestito agevolato, da chiedere per l’arrivo di un figlio. In tal caso sarà lo Stato a rendersi garante presso gli istituti di credito e le banche che sono convenzionate con questa misura fiscale.

  • Sostegno al reddito con la carta REI. La carta REI è qualcosa di molto vicino al reddito d’inclusione e l’importo in essa contenuto per ogni famiglia varia in base al numero dei componenti del nucleo e del reddito. Il sostegno al reddito si inquadra in quello che è stato definito il Piano contro la povertà, per le famiglie che versano in condizioni di grande disagio economico. Secondo i dati dell’Istat si tratta di una platea di 4 milioni di famiglie in povertà assoluta. La cifra è compresa tra 180 e 485 euro. A ogni famiglia che ne farà richiesta presso il proprio comune di residenza verrà consegnata una carta di pagamento. Questa è molto simile a un bancomat nel quale mensilmente verrà versato l’importo e potrà essere utilizzata per le varie necessità. Il vantaggio è che i soldi possono essere spesi presso negozi in convenzione, che praticano prezzi calmierati rispetto a quelli di mercato. Con la carta REI si potranno anche pagare le bollette dell’energia elettrica e del gas. Per avere diritto alla carta il reddito annuo non deve superare i 6 mila euro. La social card è estesa anche ai cittadini comunitari con permesso di soggiorno e a coloro che sono rifugiati politici. La carta Rei fa parte tuttavia di un programma che mira all’inclusione sociale dell’intera famiglia. In altre parole ai genitori saranno proposti dei percorsi per rientrare nel mondo del lavoro e per i bambini sono state pensate misure per evitare l’abbandono scolastico precoce. Sempre per i ragazzi sono previste misure che possano agevolarli nel frequentare le scuole con maggiore tranquillità, con agevolazioni sui libri e su altri strumenti che consentano una carriera scolastica serena.

  • La carta famiglia 2018. Un’altra misura che rappresenta una novità nei benefici fiscali a favore dei contribuenti è la carta famiglia 2018. Riguarda quei nuclei con 3 o più figli minori a carico e con un reddito annuo che non superi i 30 mila euro. Il rilascio della carta famiglia 2018 consiste in un tesserino a nome di uno dei genitori ed è contestuale all’adesione del Comune di residenza. Bisogna controllare, quindi, se il proprio comune ha aderito a questa misura di aiuto alle famiglie numerose sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali oppure su quello dello stesso ente locale. Le agevolazioni consistono nell’ottenere degli sconti possibili negli esercizi commerciali convenzionati, cioè che hanno deciso di aderire all’iniziativa. Questi negozi espongono un marchio con le scritte “Amico di famiglia” e “Sostenitore della famiglia” e gli sconti saranno rispettivamente pari o superiori al 5% e al 20%. Con la carta si potranno avere sconti e agevolazioni sulle utenze, su libri o farmaci, sui generi alimentari, i libri, l’abbigliamento, le calzature, ecc. Questa misura di sostegno al reddito delle famiglie numerose era stata introdotta con la Legge di Stabilità 2016 e l’attuazione è stata attuata a partire dal 1° gennaio di quest’anno.

  • Il bonus cultura per chi compie 18 anni. C’è anche la possibilità nel 2018 di richiedere il bonus cultura di 500 euro, per chi ha compiuto 18 anni e vuole investire sulla sua preparazione e sui mezzi per migliorarla. La legge di bilancio ha esteso la possibilità di richiederla anche a coloro che compiranno 18 anni nel 2019, quindi nati tra il 2000 e il 2001. Potranno acquistare libri, frequentare corsi, lezioni di uno strumento musicale, comprare PC e tablet, andare a concerti, al cinema, a teatro. Gli acquisti si possono fare anche online sul sito di Amazon. La richiesta del bonus cultura va fatta da coloro che sono nati nel 1999 entro e non oltre il 30 giugno 2018. La richiesta dei 500 euro per i 18enni può essere fatta solo dopo aver ottenuto la cosiddetta identità Spid. La sigla Spid significa Sistema Pubblico d’Identità Digitale, necessario per accedere ai servizi della Pubblica Amministrazione online. Uno dei modi per ottenere la Spid è quello di recarsi presso gli uffici di Poste Italiane allo sportello. Potete farlo online dal sito della stessa azienda, se siete titolari di un bancoposta. Il bonus di 500 euro può essere speso soltanto sotto forma di buoni, che vengono generati a partire dalla registrazione sul sito www.18app.italia.it. o attraverso l’applicazione da scaricare sul vostro smartphone. I buoni possono essere spesi soltanto nei negozi on line o fisici che sono convenzionati. L’elenco completo si può trovare a questo link: https://www.18app.italia.it/BeneficiarioWeb/#/dove.

  • Detrazioni fiscali per i mezzi pubblici. Tra i benefici fiscali per le famiglie c’è anche quella della detrazione Irpef al 19% per gli abbonamenti dei mezzi pubblici. La stessa si estende anche ai componenti a carico del nucleo familiare, per una spesa che non deve superare i 250 euro. L’importo si riferisce all’intero anno di riferimento, anche se questo dovesse sforare nel 2019, per esempio per abbonamenti che riguardano dicembre-gennaio dell’anno successivo. La detrazione sarà conteggiata nella dichiarazione dei redditi e può arrivare a un massimo di 47,50 euro. Gli abbonamenti, di cui è necessario presentare una ricevuta di pagamento o il tesserino rilasciato, devono riferirsi alla rete regionale o interregionale. In questa sono compresi bus, treni, tram e metropolitane.

  • Le detrazioni fiscali per i figli a carico. A sostegno delle famiglie sono state introdotte maggiori detrazioni per i figli a carico. Questi ultimi devono avere reddito annuo al di sotto dei 4 mila euro, nel caso siano maggiorenni. Il calcolo per queste detrazioni si fa in base a dei coefficienti e all’età del figlio con più o meno di 3 anni. Aumenta nel caso in cui sia portatore di handicap e diminuisce quando i figli risultino a carico di entrambi i genitori. Il suddetto calcolo verrà fatto dagli operatori fiscali in base anche al numero di componenti della famiglia.

  • Voucher asilo nido e baby sitter. A sostegno della famiglia si aggiungono anche il voucher per asilo nido e quello per la baby sitter. Per le mamme che scelgono di continuare a lavorare e affidare l’accudimento del proprio bambino all’asilo nido o a una baby sitter, possono chiedere un contributo. Si tratta di quelle madri che non hanno goduto del congedo parentale legato alla nascita di un figlio. Il voucher asilo nido ha una durata massima di 6 mesi e viene direttamente erogato presso la struttura che è stata scelta dal genitore in fase di domanda. L’importo è di 600 euro mensili, che viene dimezzato nel caso in cui le madri siano libere professioniste o lavoratrici autonome. Il calcolo della cifra del voucher per l’asilo nido viene conteggiato diversamente per chi invece lavora part-time, quindi in base alle effettive ore di lavoro. Lo stesso voucher per la baby sitter si può richiedere anche nel caso in cui il bambino venga accudito dai nonni, una novità molto importante. Bisogna ricordare che l’asilo nido scelto deve rientrare nell’elenco di quelli che aderiscono all’iniziativa e che sono presenti sul sito dell’Inps. Sia il voucher per la baby sitter che quello per l’asilo nido devono essere spesi entro 6 mesi dalla richiesta. Anche in questo caso la domanda va presentata all’Inps online oppure recandosi presso uno dei patronati nel comune di residenza. I documenti dovranno avere precise indicazioni sul tipo di lavoro del genitore, sul datore di lavoro, sull’età del bambino, sulla scelta dell’asilo, È necessario fare un distinguo tra il voucher per l’asilo nido e il bonus 2018.Si tratta di quello dato a tutti i bambini che sono iscritti a un asilo nido e non si può cumulare con il voucher. La domanda anche in questo caso va presentata all’Inps.

  • Bonus per la scuola e lo sport dei figli. Il sostegno all’inclusione sociale delle famiglie meno abbienti è promosso anche con i bonus che riguardano le spese per la scuola. È prevista una detrazione del 19% per quelle spese fino a un importo massimo di 632 euro all’anno. Tra queste ci sono le iscrizioni dalle scuole elementari fino alle superiori. In questo caso la soglia viene innalzata fino a 786 euro all’anno. Si può detrarre anche l’iscrizione a corsi universitari, scuole di specializzazione erogati sia da enti pubblici che privati e per i master. Altre spese che si possono includere riguardano la mensa, il dopo scuola, le gite e tutte le spese che comportano la pratica di uno sport. I ragazzi devono avere un’età compresa tra 5 e 18 anni e la detrazione fiscale del 19% si applica agli abbonamenti per palestra, piscina e club sportivi, per un importo massimo di 210 euro all’anno.

Redazione la legge per tutti 3 aprile 2018

www.laleggepertutti.it/199752_benefici-fiscali-per-le-famiglie

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SEPARAZIONE

È necessario sostenere, ma non dimostrare, che la convivenza è divenuta intollerabile.

Corte di Cassazione, sesta sezione civile, ordinanza n. 6145, 14 marzo 2018.

Cosa bisogna fare per separarsi? Bisogna parlarne con il proprio coniuge, certo. E magari trovare un accordo per evitare una causa. Ma quando questi non vuole collaborare, come ci si deve muovere? Sarà necessario procedere singolarmente dal giudice e chiedere quella che viene detta separazione giudiziale, ossia pronunciata dal Tribunale a seguito di un normale processo. Processo al quale l’altro coniuge verrà chiamato a partecipare ma che, anche in sua assenza, si terrà ugualmente. Ecco perché allora è necessario comprendere quali sono le condizioni per la separazione, cosa cioè bisogna dimostrare al giudice per ottenere il provvedimento che metta termine al matrimonio. La questione è stata, di recente, analizzata dalla Cassazione Abbiamo appena detto che, per separarsi, esistono due vie: la prima è trovare un accordo e procedere congiuntamente a chiedere al giudice la separazione. Se non ci sono figli non autosufficienti e/o spostamenti di patrimonio si può anche fare tutto dal sindaco del Comune.

www.laleggepertutti.it/199588_separazione-consensuale-e-giudiziale-differenza

Se l’accordo non dovesse essere possibile non resta che la separazione davanti al giudice. Ora, se nel caso di separazione consensuale è sufficiente scrivere nel ricorso che i coniugi vogliono separarsi – il Presidente del Tribunale, dopo un tentativo di conciliazione, approverà l’accordo – nel caso di separazione giudiziale è invece indispensabile sostenere che la «convivenza è diventata intollerabile», condizione questa per poter chiedere la separazione. Questo però non significa dover necessariamente attribuire la colpa del fallimento del matrimonio all’altro coniuge; l’intollerabilità della convivenza può essere anche una semplice constatazione dei fatti concreti. La circostanza che uno dei due non ami più l’altro e non voglia più vivere con lui è sufficiente per ottenere la separazione. Non si deve, insomma, trovare un capro espiatorio perché nessuno può essere costretto a vivere con il coniuge.

La legge dice che ciascuno dei coniugi può chiedere al tribunale la separazione quando si verificano, anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi, dei fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio all’educazione della prole [Art. 151 cod. civ.]. Questa circostanza però potrebbe trarre in inganno. Si sa, infatti, che chi presenta una domanda al giudice deve anche dimostrare il proprio diritto, ossia la sussistenza dei presupposti in forza dei quali chiede tutela. Ora, se anche è vero che nel caso di separazione bisogna affermare che la convivenza è divenuta intollerabile, il giudice non si spinge mai nel richiedere l’accertamento effettivo di tale presupposto perché già la semplice affermazione è prova dell’intollerabilità stessa. L’essersi presentato al giudice è indice di non voler più proseguire la convivenza, il che esaurisce tutte le condizioni per poter chiedere la separazione. Se poi, oltre a ciò, si vuol chiedere l’addebito a carico dell’ex coniuge, allora sì che dovranno intervenire le tradizionali prove del processo civile (ad esempio bisognerà dimostrare l’infedeltà, l’abbandono della casa coniugale, i trattamenti contrari al matrimonio, ecc.).

Chi chiede la separazione può quindi addurre a sostegno della richiesta il comportamento del coniuge che risulti contrario ai doveri coniugali (come ad esempio la violenza o l’infedeltà) ma può anche indicare altri fatti o circostanze che rendono intollerabile la convivenza, come precisato nei paragrafi che seguono. Le violazioni rilevano anche come presupposto per la pronuncia di addebito della separazione.

La valutazione della intollerabilità della convivenza può basarsi su elementi di carattere soggettivo. Rileva cioè quello che percepisce e sente intimamente il singolo coniuge. La situazione di intollerabilità della convivenza può dipendere dalla condizione di disaffezione e distacco spirituale anche di uno solo dei coniugi; pertanto, il tribunale è tenuto a pronunciare la sentenza di separazione.

Se un coniuge sostiene di non amare più l’altro non può per ciò stesso essere considerato colpevole e subire l’addebito. Il fatto di non provare più alcun sentimento non è un comportamento punibile nel nostro ordinamento, anche se tale affermazione dimostra inequivocabilmente la ragione – e quindi la causa – della fine del matrimonio. Il coniuge che ancora ama l’altro non può chiedergli neanche un risarcimento del danno. L’amore non è un’imposizione.

In definitiva, condizione per la separazione è l’intollerabilità della convivenza, ma tale situazione di intollerabilità può riguardare anche un solo coniuge, sicché questi ha diritto a chiedere la separazione. Il giudice non può negare la separazione se uno dei due vuol separarsi e l’altro no. Non ha quindi alcun senso opporsi alla domanda di separazione, perché questo comportamento non ostacola il normale svolgimento del processo. Con o senza l’altrui collaborazione, la separazione verrà ugualmente pronunciata.

Redazione La legge per tutti 3 aprile 2018

www.laleggepertutti.it/199706_separazione-condizioni

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SESSUOLOGIA

Matrimonio bianco per una coppia su 3. Ecco perché è così faticoso fare sesso

Anche i giovani stentano a trovare una buona intesa sessuale spesso perché manca una vera intimità emotiva. La psicologa Umberta Telfener spiega come fare “una buona manutenzione” dell’amore. Fare l’amore è diventato difficile e faticoso. Per tutti. La coppia oggi è solo una tra le tante possibilità: trippie, poliamori, coppie a singhiozzo, alleanze sessuali ma non amorose. Anche i matrimoni sono in calo, le unioni di fatto e le convivenze sono diventate a tempo. Insomma, le relazioni e la vita sessuale sono cambiate e sempre più spesso vengono messe a margine delle nostre vite. Sul perché stia accadendo tutto ciò si interroga la psicologa Umberta Telfener nel suo libro appena uscito ‘Letti sfatti’ (Giunti Editori, 11,90 euro) che si apre con il racconto introduttivo di Chiara Gamberale, La famiglia Senzéros. L’abbiamo intervistata per farci spiegare perché il sesso sta diventando così difficile da praticare.

Cosa è cambiato. Il sesso ufficiale all’interno della coppia langue mentre è florido quello clandestino. Secondo i dati dell’Associazione matrimonialisti italiani, le coppie bianche sono il 30%. “Sono più spesso gli uomini, soprattutto quelli sposati, a cercare scuse per non fare sesso con la partner. A volte chattano, hanno storie parallele, oppure considerano il legame un ‘vomitatoio’ della loro stanchezza e delle loro insoddisfazioni – spiega la psicologa Umberta Telfener che collabora con la scuola di specializzazione in Psicologia della salute dell’Università La Sapienza di Roma. Quasi sempre sono così sposati con il lavoro che vorrebbero una donna che li culli quando tornano a casa, che organizzi autonomamente il poco tempo che hanno a disposizione, permettendo loro di seguire i propri interessi, di svagarsi rilassati e senza pensieri su internet”.

Il sesso a 25-30 anni: paura di entrare in relazione. La vita sessuale risente anche della precarietà sociale che ha avuto delle conseguenze sul modo in cui uomini e donne si relazionano: “Nei giovani fino ai 30-35 anni – spiega Telfener – si vede bene il cambiamento dei ruoli: le donne sono diventate più forti, gli uomini sono spesso in fuga perché la precarietà del lavoro li rende insicuri. Perciò, sia gli uomini che le donne hanno paura di fare delle scelte emotive, di entrare in una relazione in modo profondo e preferiscono che anche la vita di coppia resti precaria”. Spesso, poi, si fa sesso troppo precocemente, quindi senza intimità, senza fiducia reciproca, senza conoscersi davvero e con delle aspettative molto alte.

Il sesso dopo gli anta. Intorno ai 40 anni le donne hanno una chiamata biologica: “A questo punto – prosegue la psicologa – molti uomini le considerano off limits. Infatti, ci sono tante donne belle e in gamba ma che davanti all’esigenza di fare un figlio vengono lasciate sole”. Il sesso va un po’ meglio nelle coppie dopo i 50 anni, ma con grandi differenze tra i due sessi: “Le donne cercano quello che vogliono, diventano più esigenti e non vogliono più rinunciare; molti uomini, invece, si accontentano di quello che trovano per cui restano all’interno del matrimonio anche se è finito l’amore e la sessualità non è soddisfacente”.

Le coppie gay e quelle lesbiche. Non è lo stesso tra le coppie omosessuali tra le quali anzi c’è un capovolgimento: “I gay stanno lottando per una storia stabile, per il matrimonio e la possibilità di adottare, cercano il riconoscimento sociale attraverso altre dinamiche e investono sulla formazione di una famiglia” spiega la psicologa. Insomma, non c’è un calo della sessualità nelle coppie gay, c’è però un differente approccio al sesso: nelle coppie si sta rinunciando alla libertà in favore della continuità. E le coppie omosessuali femminili? “Hanno comportamenti molto diversi dai maschi e cercano la fusionalità, continuando a demonizzare la bigamia. Le donne omosessuali scelgono la continuità dell’esperienza e restano in territori conosciuti e tranquilli”.

Più sesso per chi è in coppia ma senza convivere. Living apart together (acronimo: LAT; italiano: Vivere insieme a parte o Vivere non insieme) è un’espressione che indica le coppie legate da una relazione che decidono di avere case separate, piuttosto che una residenza comune. “In base alle statistiche – spiega la psicologa – queste coppie sono quelle che fanno più sesso, hanno una maggiore soddisfazione orgasmica e rimangono amici, probabilmente perché ‘vomitano’ meno uno nell’altro le loro turbolenze”.

La manutenzione dell’amore. Come uscire da questa impasse sessuale? Come si può tornare a fare l’amore in coppia? “Bisogna lavorare su sé stessi, pensare che la vita è una sola, smettete di aver paura di soffrire se si sta in coppia. Bisogna imparare a decodificare e a leggere le proprie emozioni – suggerisce Telfener. Invece, oggi moltissimi ragazzi e anche adulti sono alessitimici cioè non decodificano le proprie emozioni, non si sanno leggere dentro e quindi hanno bisogno che l’altro gli faccia da specchio”. E poi naturalmente bisogna conservare e proteggere la storia d’amore come se fosse una pianta rara e bisognosa di cure: “Spesso si presume che debba conservarsi spontaneamente, cioè che non vada annaffiato e attenzionato nel tempo. Le coppie, dopo il periodo dell’innamoramento, tendono a entrare in vite parallele che non necessariamente si incontrano. Invece, senza il dialogo, senza la cura della relazione si rischia di trovarsi molto lontani e di separarsi perché manca cera alla candela e la fiamma si è spenta”.

Irma D’Aria La repubblica salute 05 aprile 2018

www.repubblica.it/salute/medicina-e-ricerca/2018/04/04/news/in_italia_una_coppia_su_3_non_fa_sesso_perche_e_difficile_raggiungere_l_intimita_-192949567/?ref=RHPPRT-BS-I0-C4-P1-S1.4-T1

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UNIONE CONSULTORI ITALIANI PREMATRIMONIALE E MATRIMONIALI

25° Congresso a Castel San Pietro Terme BO

Nel 50° della sua fondazione, è programmato il 25° Congresso Nazionale dell’Ucipem, che si svolgerà a Castel San Pietro Terme presso il Centro Congressi Artemide, da venerdì 4 a domenica 6 maggio 2018.

Il Congresso ha come tema: Una storia proiettata nel futuro. Il buon seminatore.

Il Consultorio familiare Ucipem dai bisogni attuali della famiglia agli scenari futuri.

Quali possono essere gli scenari futuri della famiglia e delle relazioni umane? Quali risposte i nostri consultori potranno e dovranno dare alle persone e alla società e quali cambiamenti dovranno affrontare per poter dare queste risposte? Saranno questi i temi del XXV Congresso Nazionale dell’UCIPEM. Le risposte verranno da studiosi e soprattutto dagli operatori dei nostri consultori, che vivendo quotidianamente in prima linee le sofferenze e i disagi delle famiglie sono in grado di coglierne le possibili evoluzioni future.

venerdì 4 maggio ore 14,00

  • Accoglienza e Registrazione

  • Presentazione del congresso Francesco Lanatà, presidente UCIPEM

  • Le nostre origini: “Il buon seme”. Introduce e coordina Chiara Camber

  • Alice Calori ricorda Don Paolo Liggeri e Sergio Cammelli.

  • Intervista a Don Paolo Liggeri.

  • Paolo Benciolini: La nascita dell’UCIPEM e il contesto sociale.

  • Luisa Solero: la legge 405/1975.

  • Rosalba Fanelli ricorda p. Luciano Cupia.

  • Con gli occhi dei presidenti: Beppe Sivelli e Gabriela Moschioni.

  • Interviste registrate a p. Domenico Correra SJ, Giancarlo Marcone, p. Michelangelo Maglie SJ, Duccia Rossi, Anita De Meo, don Charles Vella.

  • Interventi dall’aula

  • UCIPEM e società oggi: Introduce Luca Proli

  • Edoardo Polidori: Genitori e figli di fronte alle droghe.

 

  • ore 21,00 Cineforum: con la proiezione del film La felicità umana di Maurizio Zaccaro

 

sabato 5 maggio ore 9,00

  • Tavola Rotonda: Professionalità in rete al servizio del territorio. Introduce Gabriela Moschioni.

  • Elisabetta Gualmini, vicepresidente Regione Emilia Romagna Il principio di sussidiarietà nel rapporto pubblico – privato.

  • Emanuela Elmo (UCIPEM Bologna): La riforma del terzo settore.

  • Gigi De Palo (Presidente Forum delle Associazioni Familiari): Il Forum e la sua rete.

  • don Edoardo Algeri (Presidente C.F.C.): UCIPEM e CFC – Un cammino insieme.

  • Rita Roberto (Presidente AICCeF): La legge 4/2013 oggi.

  • don Ermanno D’Onofrio (CISPEeF): Le scuole per consulenti familiari.

  • p. Tommaso Guadagno SJ (UCIPEM Napoli) Professionalità e amore nella consulenza.

  • Letture Magistrali su: “La famiglia tra bisogni attuali e scenari futuri” Introduce Giancarlo Odini

  • Matteo Lancini: Abbiamo bisogno di adulti autorevoli: Aiutare gli adolescenti a diventare adulti.

  • 15,00 World Cafè: Il Consultorio dai bisogni attuali agli scenari futuri della famiglia.

  • Introduce don Cristiano Marcucci Coordina Raffaella Moioli

www.dors.it/page.php?idarticolo=1161

  • 21,30 Serata conviviale con il coro gospel VOCAL LIVE

 

domenica 6 maggio ore 9,00

  • Consultorio e Famiglia: possibili scenari futuri (riflessioni sui risultati del World Cafè)

Chiara Camber e Luca Proli

  • Interventi dalla platea

  • Conclusioni. Francesco Lanatà

  • Questionario di apprendimento

Sono stati richiesti i crediti formativi per le seguenti professioni: Assistenti sociali, Avvocati, Consulenti familiari, Infermieri professionali, Insegnanti, Medici, Ostetriche, Psicologi.

  •  

  • Sede Del Congresso. Hotel Castello – Centro Congressi Artemide

  • Viale delle Terme, 1010/b – 40024 Castel San Pietro Terme (BO) ITALY – tel.39 051 943509

  • info@hotelcastello.com

  • Come raggiungere l’Hotel Castello:

  • 5 minuti dalla fermata degli autobus di linea urbani ed extra urbani provenienti da Bologna

  • 3 Km dalla stazione ferroviaria di Castel San Pietro Terme (treni ogni 30-40 minuti)

  • 4 Km dal Casello Autostradale di Castel San Pietro Terme sulla A14 Bologna-Ancona

  • 34 Km dall’aeroporto G. Marconi di Bologna.

  • Quota di iscrizione: Euro 50 per le iscrizioni effettuate entro il 10 aprile 2018. Euro 60 dal giorno 11 aprile in poi.

  • Le iscrizioni devono essere effettuate dopo il pagamento della quota di iscrizione, sul sito UCIPEM NAZIONALE entro il 30 aprile 2018. Sarà ritenuta valida l’attestazione dell’avvenuto pagamento che dovrà essere effettuato tramite bonifico bancario intestato all’ U.C.I.P.E.M. codice IBAN: IT19D0335901600100000015560

  • Sulla causale è necessario scrivere: XXV CONGRESSO NAZIONALE UCIPEM, nome e cognome, consultorio di provenienza, nominativi di eventuali accompagnatori non iscritti al congresso.

  • La quota di iscrizione da diritto alla partecipazione alle sessioni, al kit congressuale, ai coffe break e ai crediti formativi se richiesti.

  • La quota di iscrizione non comprende i costi delle camere in hotel, il pranzo di sabato e le cene di venerdì e sabato che vanno pagati a parte, direttamente all’hotel Castello.

  •  

Prenotazione camere esclusivamente all’hotel Castello: tel. 051.943509, specificando di essere congressisti UCIPEM anche tramite info@hotelcastello.comwww.hotelcastello.com

  • Costi del soggiorno: camera singola € 51,00 – camera doppia € 56,00iva inclusa. Le tariffe sono da considerarsi a camera, a notte, con prima colazione a buffet.

Qualora il numero degli iscritti dovesse superare la capacità dell’Hotel Castello, sarà disponibile l’Hotel Anusca posto nelle immediate vicinanze a prezzi superiori di soli 4 euro. Le prenotazioni saranno comunque gestite dall’Hotel Castello.

Alla tariffa su indicata bisogna aggiungere l’imposta di soggiorno di € 2,00 a persona a notte.

Pasti: Cena del venerdì: € 23,00 IVA inclusa. Pranzo del sabato: € 19,00 IVA inclusa. Cena del sabato: € 26,00 IVA inclusa. Nota bene: Eventuali allergie alimentari o intolleranze dei partecipanti dovranno essere comunicate per iscritto a alla accettazione dell’hotel prima dell’evento.

 

www.ucipem.com/it/index.php?option=com_content&view=article&id=621:xxv-congresso-nazionale-ucipem-bologna&catid=9&Itemid=136

 

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Il titolare dei trattamenti è Unione Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali Onlus – 20135 Milano-via S. Lattuada, 14. Il responsabile è il dr Giancarlo Marcone, via Favero 3-10015-Ivrea

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