NewsUCIPEM n. 667 – 17 settembre 2017

NewsUCIPEM n. 667 – 17 settembre 2017

Unione Consultori Italiani Prematrimoniali E Matrimoniali

ucipem@istitutolacasa.itwww.ucipem.com

Notiziario Ucipem” unica rivista ufficiale – registrata Tribunale Milano n. 116 del 25.2.1984

Supplemento on line. Direttore responsabile Maria Chiara Duranti. Direttore editoriale Giancarlo Marcone

“News” gratuite si propongono di riprendere dai media e inviare informazioni, di recente acquisizione, che siano d’interesse per gli operatori dei consultori familiari e quanti seguono nella società civile e nelle comunità ecclesiali le problematiche familiari e consultoriali. Sono così strutturate:

  • Notizie in breve per consulenti familiari, assistenti sociali, medici, legali, consulenti etici ed altri operatori, responsabili dell’Associazione o dell’Ente gestore con note della redazione {…ndr}.

  • Link a siti internet per documentazione.

I testi, anche se il contenuto non è condiviso, vengono riprese nell’intento di offrire documenti ed opinioni di interesse consultoriale, che incidono sull’opinione pubblica. La responsabilità delle opinioni riportate è dei singoli autori, il cui nominativo è riportato in calce ad ogni testo.

Il contenuto delle news è liberamente riproducibile citando la fonte.

Per visionare i numeri precedenti, dal n. 534 andare su:

http://ucipem.com/it/index.php?option=com_content&view=category&id=84&Itemid=231

In ottemperanza alla direttiva europea sulle comunicazioni on-line (direttiva 2000/31/CE), se non desiderate ricevere ulteriori news e/o se questo messaggio vi ha disturbato, inviateci una e-mail all’indirizzo: newsucipem@gmail.comcon richiesta di disconnessione.

Chi desidera connettersi invii a newsucipem@gmail.com la richiesta indicando nominativo e-comune di attività, e-mail, ed eventuale consultorio di appartenenza. [invio a 1.549 connessi]

▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬

02 ADDEBITO I coniugi non hanno più rapporti intimi

02 La moglie scappa di casa perché il marito è violento.

02 ADOLESCENZA Favorire in famiglia lo spazio dell’incontro.

03 ADOZIONI INTERNAZIONALI Alla presenza di Gentiloni finalmente torna a riunirsi la CAI.

04 La CAI torna a riunirsi dopo 38 mesi.

05 Numerose Irregolarità nella precedente gestione della CAI».

06 AMORIS LÆTITIA Famiglia e coscienza, teologi a confronto

11 ASSEGNO MANTENIMENTO Separazione: come si può recuperare l’assegno di mantenimento?

12 Redditi insufficienti a mantenere lo stesso tenore? Ricco assegno.

12 Con il divorzio il mantenimento all’ex si riduce?

13 ASSEGNO NELLA SEPARAZIONE Separazione: resta il tenore di vita per l’assegno alla ex.

14 CENTRO INTERN. STUDI FAMIGLIA Newsletter CISF – n. 31, 30 agosto 2017.

15 CENTRO ITALIANO SESSUOLOGIA Sessuologia news online, XXX Convegno CIS.

16 CHIESA CATTOLICA Maschio e femmina La strada dell’umanità.

17 CINQUE PER MILLE 5 per mille 2017: aggiornati gli elenchi definitivi.

18 Commiss. Adozioni Internazionali Prima riunione successiva all’ultima tenuta il 27 giugno 2014.

19 Laera: «Il mio programma? Far ripartire le adozioni internazionali»

20 CONFERENZA SU FAMIGLIA 2017 Matone: Aiutare le famiglie non è una spesa ma risorsa per tutti.

21 Conferenza Famiglia. «Relazioni in crisi? Lo Stato non è estraneo».

22 CONSULTORI FAMILIARI Bologna. Convegno “Crescere tra reale e virtuale”.

22 Rovigo. Percorso esperienziale dopo separazione e/o divorzio.

23 CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM Faenza. Cinquantesimo del Consultorio.

23 CONVIVENZA Conviventi: quale eredità con o senza testamento?

24 DALLA NAVATA XXIV domenica del tempo ordinario – Anno A – 17 settembre 2017.

24Perdonare fino a settanta volte sette. (Enzo Bianchi).

26 ETS (già onlus) NON PROFIT Quali sono gli enti che potranno iscriversi al nuovo registro unico?

26 Nuovi obblighi per i beneficiari di erogazioni pubbliche.

27 EUROPA No agli atti di divorzio stranieri che discriminano la donna.

27 In Europa non è riconosciuto il divorzio islamico.

28 La gestante esclusa dal licenziamento collettivo.

28 MATRIMONIO Tunisia: anche le donne potranno sposare uomini di altre fedi.

29 MINORI stranieri non accompagnatiLa novità. Cercasi tutore, sono soli 18mila piccoli migranti.

30Emergenza. Regione Lombardia cerca tutor per oltre 200 minori.

30 OMOADOZIONE Stepchild adoption, tribunale che vai sentenza che trovi.

31 PENSIONE DI REVERSIBILITÀ Come si divide con la moglie divorziata?

32 RICONCILIAZIONE Rigetto della domanda di divorzio

32 SACERDOZIO “Donna sacerdote? Ma con quale Chiesa?”.Un libro di V. Mencucci

▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬

ADDEBITO

I coniugi non hanno più rapporti intimi

Corte di Cassazione, sesta sezione civile, ordinanza n. 21017, 8 settembre 2017.

I coniugi non hanno più rapporti intimi. La freddezza in camera da letto è considerata la causa della crisi. Il matrimonio era in crisi da tempo ossia da quando «i coniugi avevano cessato di avere rapporti intimi. Il tradimento di lui e l’atteggiamento di insofferenza di lei sono, secondo i giudici, solo delle conseguenze.

News studio legale Sugamele 17 settembre 2017

www.divorzista.org/sentenza.php?id=14314

 

La moglie scappa di casa perché il marito è violento.

Corte di Cassazione, sesta sezione civile, ordinanza n. 21086, 11 settembre 2017.

Per i Giudici la crisi irreversibile della coppia è stata causata dai comportamenti violenti da lui tenuti nei confronti della consorte.

News studio legale Sugamele 17 settembre 2017

www.divorzista.org/sentenza.php?id=14313

▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬

ADOLESCENZA

Favorire in famiglia lo spazio dell’incontro

Il percorso dei ragazzi è caratterizzato da un cortocircuito interno. Il processo di differenziazione è più facile quando i ruoli sono chiari definiti.

Al servizio della famiglia. Ci sono soltanto due lasciti durevoli che possiamo sperare di dare ai nostri figli. Uno sono le radici, l’altro, le ali. (Hodding Carter)

Le terapie famigliari spesso iniziano con la richiesta di essere aiutati a capire il proprio figlio: prima riconosciuto ed identificato come “il mio bambino” per poi diventare uno sconosciuto, incomprensibile e a volte nemico, seduto alla stessa tavola. Da quando la società ha mutato l’assetto passando da una cultura agricola ad una industriale e da questa ad una di servizi, è cresciuta l’attenzione ai fenomeni sociali e alle sfumature psicologiche dei sistemi familiari e dei loro membri. Possiamo ipotizzare come l’evolversi dei costumi sociali e della cultura, del momento storico di appartenenza, favorisca una certa pressione verso l’acquisizione di “abitudini familiari” che pur non generalizzabili, rispettando la specificità e l’irripetibilità del singolo nucleo familiare, permettono di trarre alcune considerazioni.

Prendendo in esame le caratteristiche della mia adolescenza, circa un trentennio fa, potrei dire che era una generazione ribelle, non tanto quanto i nostri predecessori degli anni 60/70 dove la lotta studentesca era un simbolo di appartenenza e di identità; la nostra era una ribellione più per “moda”, anche se di base c’era il credere in determinati valori, il voler manifestare per difenderli e il sentire che si stava comunque contribuendo alla democrazia. Anche in “quella adolescenza” c’erano casi di bullismo a scuola, non ancora pubblicizzato sui social, ma c’era chi aspettava nei bagni della scuola o fuori per manifestare la vessazione nei confronti di chi era più timido e ritirato. C’era chi fumava la cannabis ma era considerato il trasgressivo della classe, quello con “un po’di problemi” che non sarebbe stata una buona idea presentare a casa!

Fondamentalmente in tutti i periodi storici l’adolescenza è stata vissuta come un momento critico, inteso nella sua accezione etimologica come un momento di scelta, di separazione, di distinzione che richiama l’idea di un processo in atto, di un cambiamento, di un turbamento da una condizione e da uno status come quella del passaggio dall’esser bambino a quella di diventare un adulto.

Il percorso adolescenziale è visibilmente caratterizzato da un cortocircuito interno su ciò che prima era definito e scelto dal genitore a quello che sarà definito e scelto dall’Io in formazione. Il conflitto, la messa in discussione del modello familiare, la possibilità di poterlo scegliere, perché se ne percepisce l’appartenenza o al contrario il poter rifiutare delle abitudini e delle modalità, fa parte del processo di identificazione e differenziazione che favorisce la maturazione dell’individuo.

Il processo di differenziazione viene favorito quando i termini da differenziare ed individuare sono abbastanza chiari e definiti, quando i ruoli nel sistema familiare sono anch’essi ben identificabili, quando il genitore è colui che educa, conduce con saggezza, fermezza connotando con la propria affettività la relazione genitore-figlio. Mentre la differenziazione risulta più complicata quando c’è ambiguità nei termini, quando il genitore ha difficoltà a tenere emotivamente “l’odio” del figlio, e preferisce “scendere” dal livello del sottosistema genitori al sottosistema dei fratelli e a volte, nei casi più disfunzionali, anche invertendo i ruoli: per cui abbiamo figli-genitoriali e genitori che necessitano di essere guidati e sostenuti.

Quando una famiglia chiede aiuto è importante considerare vari aspetti, allargare la prospettiva, lì dove sembra solo orientata ad un “figlio di cui non si conoscono le istruzioni per l’uso”, è necessario ascoltare il romanzo familiare, mettere in luce i valori, i miti con cui la coppia genitoriale è cresciuta, valorizzare e sostenere le competenze e lavorare sui limiti prendendone consapevolezza e rispettandoli.

Quando un figlio sembra “illeggibile” possiamo chiederci: “Da quale prospettiva sto cercando di leggerlo e con quali strumenti?” Se lo spazio relazionale tra genitori e figli non si satura di aspettative, desideri, teorie di come un genitore o un figlio dovrebbero essere, diventa uno spazio di incontro dove la specificità di ogni individuo può generare un’area potenziale di crescita per tutto il sistema.

Vorrei concludere con questo pensiero di Piero Angela: “Data la rapidità crescente dei cambiamenti culturali è difficilmente pensabile che un genitore, per quanto «moderno», possa trasmettere al figlio un modello valido per il resto della vita: ciò sarebbe molto presuntuoso e poco intelligente. Deve invece cercare di stimolare la sua capacità di giudicare le situazioni e di trovare le risposte giuste. Non deve cioè insegnargli un percorso, ma insegnargli a guidare»

Laura Boccanera Consultorio diocesano Roma 15 settembre 2017

www.romasette.it/adolescenza-favorire-in-famiglia-lo-spazio-dellincontro

▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬

ADOZIONI INTERNAZIONALI

Palazzo Chigi. Alla presenza di Gentiloni finalmente torna a riunirsi la CAI

Ora si cancellino i 3 anni di piombo di Silvia Della Monica e si rilanci l’adozione internazionale. Alla fine di ogni tunnel c’è sempre la luce. E così è anche per le adozioni internazionali che oggi potrebbero segnare un momento di svolta, un giro di boa.

Oggi, 12 settembre 2017, dopo 3 anni di piombo, 3 anni di silenzi, di disservizi e di gestione monocratica della CAI (Commissione Adozione internazionali) nelle mani dell’ex vicepresidente Silvia Della Monica, si chiude definitivamente il periodo più brutto e la crisi più profonda che le adozioni abbiano ma vissuto.

Oggi alle 11 si è, infatti, riunita a Palazzo Chigi (sede del Governo della Repubblica Italiana e residenza del presidente del Consiglio dei ministri) alla presenza del Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni nella qualità di Presidente della CAI e della nuova vicepresidente Laura Laera, la nuova Commissione adozioni internazionali. Oggi dopo anni si torna a sperare.

Tanti gli argomenti sul tavolo e molteplici le priorità: prima fra tutte il rilancio delle adozioni internazionali calate negli ultimi anni del 50%.

Una giornata epocale salutata con entusiasmo tanto dai componenti della Commissione (che dopo la prima convocazione di 3 anni fa non sono stati più convocati dall’ex vicepresidente Della Monica che “preferiva” una gestione “autoreferenziale” in barba alla natura collegiale della CAI stessa); quanto da associazioni, enti, famiglie adottive e coppie in attesa.

Proprio queste ultime sono state, infatti, le più penalizzate da questi ultimi anni di gestione Della Monica ribattezzata dai media come #scandalodellamonica soprattutto a seguito delle rivelazioni contenute nelle oltre 8mila pagine dell’inchiesta della procura di Savona (sulla presunta truffa delle adozioni in Kirghizistan e da cui viene fuori la gestione poco trasparente della Cai) e a quanto pubblicato sul sito ufficiale della CAI sulla “non gestione” delle email.

Famiglie e coppie abbandonate in un silenzio assordante, in un pantano senza alcune info sul proprio iter adottivo, sui Paesi di origine dei bambini, sui rimborsi per le spese sostenute nel corso dell’adozione stessa. Tutto cadeva nel vuoto: il nulla più assoluto. Nonostante le molteplici interrogazioni di parlamentari che in maniera trasversale (da destra a sinistra passano per i M5S) hanno denunciato pubblicamente le inefficienze di Della Monica e le manifestazioni di piazza dei genitori adottivi stessi.

Coppie che in questi anni non hanno potuto dare una casa e una famiglia ai milioni di bambini soli e abbandonati negli istituti.

Per loro oggi ritorna a riunirsi la CAI: oggi è l’alba di un giorno nuovo in cui si rinasce, in cui i bambini tornano a sognare, in cui si rida dignità al mondo delle adozioni internazionali e agli enti diffamati. Bisogna ripartire tenendo ben presente che la priorità sono i bambini e le famiglie.

Marco Griffini (Ai.Bi): “La CAI torna a riunirsi: un segnale di speranza per migliaia di famiglie, ma anche esigenza di giustizia per le gravi irregolarità.

“La prima cosa che ci ha sorpreso favorevolmente è stato il nuovo “stile” inaugurato dalla vicepresidente della Cai (Commissione Adozioni internazionali ndr) Laura Laera: l’assoluta trasparenza dell’agire e del comportarsi. Mai prima di ora, infatti, era stato pubblicato (e in tempo reale!) un comunicato stampa riportante i contenuti degli argomenti trattati nel corso della riunione della stessa Commissione. Questo è veramente un buon inizio: avevamo veramente bisogno di un radicale cambiamento …

News Ai. Bi. 12 settembre 2017

www.aibi.it/ita/palazzo-chigi-alla-presenza-di-gentiloni-finalmente-torna-a-riunirsi-la-cai-ora-si-cancellino-i-3-anni-di-piombo-di-silvia-della-monica-e-si-rilanci-ladozione-internazionale

 

La CAI torna a riunirsi dopo 38 mesi: «numerose irregolarità» nella gestione precedente

Paolo Gentiloni e Laura Laera hanno aperto oggi i lavori della prima riunione della Commissione Adozioni Internazionali dopo il 27 giugno 2014. Tutti gli enti autorizzati saranno sottoposti a verifica, a partire da quelli con segnalazioni e criticità. Torna la Linea CAI. In arrivo il fascicolo digitale della coppia in attesa di adozione

Allegati che mancano per esistendo un numero di protocollo corrispondente, documenti con un numero di protocollo che non corrisponde a quello registrato, addirittura irreperibili gli originali degli accordi bilaterali sottoscritti con il Burundi, il Regno di Cambogia, la Cina e il Cile… È impressionante in quadro che la Commissione Adozioni Internazionali oggi rende noto: la gestione di Silvia Della Monica presenta secondo il comunicato che la stessa CAI ha pubblicato in serata sul proprio sito, «numerose irregolarità», di cui «si è fornita ampia documentazione a tutti i commissari».

Sono passati trentotto mesi dall’ultima riunione della Commissione Adozioni Internazionali. Oggi si è tenuta la prima Commissione convocata dalla nuova vicepresidente della CAI, Laura Laera. È la prima riunione non solo dell’era Laera ma la prima in assoluto dal 27 giugno 2014: questa è di per sé una notizia, a cui si aggiungono i contenuti resi noti dal comunicato.

Nel corso della riunione si è dato conto della precedente gestione della Segreteria Tecnica nonché della situazione operativa ed economica della Commissione. Si è preso d’atto delle autorizzazioni all’ingresso dei minori di tutto il periodo antecedente e si è sottoposto all’esame della Commissione il Piano di attività proposto dall’Istituto degli Innocenti di Firenze per il periodo 1° settembre 2017-31 dicembre 2018. Il Piano, condiviso dalla Commissione fatti salvi gli approfondimenti tecnici richiesti da parte della Presidenza del Consiglio, prevede la riattivazione della Linea CAI, l’attività di monitoraggio e analisi (il report statistico, ndr) e il supporto tecnico alle attività internazionali della CAI. Quanto agli accordi bilaterali sottoscritti dalla ex Vicepresidente con Burundi, Regno di Cambogia, Cina e Cile «di cui allo stato non sono stati neppure reperiti gli originali e a cui non è stato dato alcun seguito effettivo», la CAI provvederà ora ad «attivare i canali diplomatici per verificarne l’attualità, stante il tempo trascorso dalla loro stipula».

Fra le novità più rilevanti, la decisione della vicepresidente Laera e della Commissione tutta di sottoporre a verifica tutti gli Enti autorizzati, «a partire da quelli con plurime segnalazioni e/o altre rilevanti criticità», considerato che «da diversi anni non vengono effettuati controlli sugli enti, come invece previsto». I provvedimenti monocratici della dottoressa Silvia Della Monica dello stesso tenore vengono assorbiti da tale deliberazione. La Commissione ha ribadito «la volontà di procedere in tempi ragionevolmente rapidi alla liquidazione dei rimborsi delle spese sostenute dalle coppie adottive nel 2011», con «controlli a campione sulle autocertificazioni allegate»: il comunicato non fa cenno ai rimborsi per le coppie che hanno adottato successivamente al 2011, i cui rimborsi sono al momento bloccati perché non previsti da nessun DPCM.

In arrivo invece il fascicolo digitale della coppia, al quale le coppie potranno accedere attraverso l’identità digitale nell’ottica «di sempre maggior trasparenza dell’operato della Commissione». Il fascicolo digitale della coppia contiene tutti gli eventi relativi alla procedura adottiva, inclusi i relativi allegati in full text, tra cui il decreto di idoneità, il conferimento d’incarico all’ente, l’abbinamento con il minore, la sentenza di adozione da parte del paese di origine, le traduzioni legalizzate da parte dell’ente, i rimborsi.

Alla riunione odierna della CAI hanno partecipato anche il Presidente del Consiglio dei Ministri, Paolo Gentiloni e il Segretario Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Cons. Paolo Aquilanti. L’intenzione è quella di proseguire con incontri periodici della Commissione, a cadenza possibilmente mensile.

Sara De Carli Vita.it 12 settembre 2017

www.vita.it/it/article/2017/09/12/la-cai-torna-a-riunirsi-dopo-38-mesi-numerose-irregolarita-nella-gesti/144473

Adozioni, «numerose irregolarità nella precedente gestione della Commissione»

Riunione con Gentiloni e l’attuale vicepresidente Laura Laera: mancano anche gli originali degli accordi bilateri con 4 Paesi stranieri. Associazioni soddisfatte. I commenti di Aibi e Ciai

La Commissione per le adozioni internazionali (Cai) si era riunita l’ultima volta il 27 giugno 2014. Martedì, a distanza di tre anni e tre mesi, l’ente ha ripreso i lavori. Una lunghissima pausa, decisa per motivi tuttora inspiegabili dall’ex vicepresidente Silvia Della Monica che nel febbraio scorso ha terminato il suo mandato. Proprio le scelte della passata gestione, che hanno di fatto paralizzato per un triennio il mondo dell’adozione internazionale e hanno contributo a diffondere malessere e amarezza tra le migliaia di famiglie decise ad aprirsi le porte a un bambino in difficoltà, sono state al centro dell’incontro dell’altro ieri alla presenza di Paolo Gentiloni – che è presidente della Commissione – e dall’attuale vicepresidente Laura Laera. Una verifica spiacevole ma inevitabile che è servita per spiegare le “numerose irregolarità” dell’ultimo triennio, come emerso dalla documentazione fornita a tutti i commissari. «Si è rilevato tra l’altro, in diversi casi – spiega in un comunicato la stessa Cai – la mancata corrispondenza tra numeri di protocollo assegnati ai documenti e i documenti stessi, nonché l’assenza di numerosi allegati pur in presenza del numero di protocollo relativo».

Le irregolarità riscontrate sarebbero in realtà ben più consistenti, ma al momento è stato deciso di non divulgare altro. Tra gli aspetti più preoccupanti ci sono le modalità con cui l’ex-vicepresidente sottoscriveva gli accordi bilaterali tra l’Italia e alcuni tra i Paesi da cui provengono i bambini. Per Burundi, Cambogia, Cina e Cile, per esempio, non è stato neppure possibile reperire i documenti originali e si è preso atto che, dopo la sottoscrizione dell’accordo, non è stato dato alcun seguito effettivo. Nessuno si è più curato insomma di dare concretezza a quanto formalmente stabilito. Così ieri la Commissione si è trovata d’accordo sulla necessità di attivare i canali diplomatici per verificarne l’attualità e per capire se, nonostante il tempo trascorso dalla loro stipula, possano essere considerati ancora validi. In caso contrario tutto l’iter dovrà ricominciare, con tempi d’attesa presumibilmente molto lunghi per bambini e famiglie.

Se i conti con il passato rischiano di essere ancora tormentati, il futuro s’annuncia ricco di novità, con interventi che promettono di semplificare la vita delle coppie che s’avviano all’adozione. La vicepresidente Laera ha comunicato l’intenzione di istituire il fascicolo digitale al quale potranno accedere le coppie attraverso l’identità digitale in un’ottica di sempre maggior trasparenza dell’operato della Commissione. «Il fascicolo digitale della coppia – ha spiegato la vicepresidente Cai – contiene tutti gli eventi relativi alla procedura adottiva, tra cui il decreto di idoneità, il conferimento d’incarico all’ente, l’abbinamento con il minore, la sentenza di adozione da parte del Paese di origine, le traduzioni legalizzate da parte dell’ente e i rimborsi». E, a proposito di rimborsi, è stata ribadita la volontà di procedere in tempi ragionevolmente rapidi alla liquidazione delle spese sostenute dalle coppie adottive del 2011, a cui seguiranno controlli a campione sulle autocertificazioni allegate.

Sempre nella prospettiva di agevolare l’impegno delle famiglie adottive, è stato sottoposto all’esame della Commissione il piano di attività proposto dall’Istituto degli Innocenti di Firenze per il periodo 1° settembre 2017-31 dicembre 2018 che prevede, in particolare, la riattivazione della linea telefonica Cai, l’attività di monitoraggio e analisi e, tra l’altro, il supporto tecnico alle attività internazionali.

In questa logica va intesa anche la decisione di sottoporre a verifica tutti gli Enti autorizzati – secondo quanto previsto dalla legge – «a partire da quelli con plurime segnalazioni e/o altre rilevanti criticità», si legge ancora nel comunicato. Che tradotto vuol dire: si comincerà da quegli enti che hanno già in corso procedimenti penali. È noto che il numero degli enti autorizzati in Italia – sono 65 – è addirittura superiore a quello degli Stati Uniti, dove però il numero delle adozioni è il doppio. Non è un mistero che, con tempi e con modalità tutte da definire, si pensi di ridurli.

«Ci attende un lavoro difficile, con non poche incognite, ma come non essere soddisfatti? – ha detto Laura Laera – Ho colto in tutti spirito di collaborazione e volontà di andare avanti con impegno. Ora l’obiettivo è quello di riunirci ogni mese».

Una svolta apprezzata e gradita nello stile e nei contenuti. I commenti delle associazioni all’indomani della prima riunione coordinata dalla vicepresidente Laera, sono tutti positivi. «La prima cosa che ci ha sorpreso favorevolmente è stato il nuovo “stile”, l’assoluta trasparenza dell’agire e del comportarsi», commenta Marco Griffini, presidente Aibi. E Paola Crestani, presidente Ciai conferma: «Ci teniamo ad esprimere il nostro apprezzamento per il segnale di trasparenza dato, comunicando pubblicamente anche gli aspetti negativi nella precedente gestione Cai, anche se purtroppo ciò conferma una situazione di totale sfascio del sistema delle adozioni internazionali in Italia». Apprezzate dalle associazioni le linee guida programmatiche come la riattivazione della “linea Cai”, l’attività di monitoraggio e analisi e, non per ultimo, il supporto tecnico alle attività internazionali, «Sono tutte azioni fondamentali – prosegue Crestani – per avere garanzia di adozioni corrette e di qualità».

Ma l’aspetto risultato più sorprendente – piacevolmente sorprendente – è stato quello relativo alla semplicità e all’immediatezza con cui sono state denunciate le «numerose irregolarità» della passata gestione. Riprende la presidente Ciai, che è stato il primo ente italiano ad occuparsi di adozioni internazionali fin dal 1968: «Le irregolarità, il fatto che per molto tempo non siano stati effettuati controlli sugli enti – nonostante abbiamo tutti ben presente la pressante campagna mediatica fatta dalla precedente vicepresidente Silvia Della Monica di denuncia di malpratiche, addirittura di tratta di esseri umani – il mancato rispetto degli accordi bilaterali e la mancanza di rapporti con i Paesi di provenienza dei bambini e gli altri Paesi di accoglienza, sono state segnalate frequentemente e da tempo».

Un punto su cui anche Aibi ha molto da dire: «Il comunicato non lascia dubbi anche sulla necessità di fare finalmente luce – precisa Griffini – su quanto di vergognoso successo nella precedente gestione. Ci aspettiamo che si renda pubblico quanto emergerà, e se danni sono stati procurati a famiglie ed enti, che tutti abbiano il giusto risarcimento».

«Certo alla fine rimane una domanda – prosegue il presidente Aibi – perché si è voluti arrivare fino a questo punto, lasciando alla guida di un settore così delicato come le adozioni internazionali, una persona che ha portato allo sfascio quello che era un vero e proprio fiore all’occhiello per l’Italia?».

Tornando alle decisioni prese durante la Commissione dell’altro ieri, le associazioni sottolineano ancora l’importanza delle verifiche annunciate sugli enti autorizzati. Non solo perché la legge prescrive che queste verifiche siano fatte ogni due anni, ma anche per capire quali delle 65 realtà operanti, almeno secondo gli elenchi depositati alla Cai, siano davvero operativi e dispongano di strutture adeguate al delicato compito a cui sono chiamate.

Luciano Moia Avvenire 13 settembre 2017

www.avvenire.it/attualita/pagine/commissione-adozioni-internazionali-irregolarita

▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬

AMORIS LÆTITIA

Famiglia e coscienza, teologi a confronto

Quale rapporto tra discernimento e norme morali? Il tema è riproposto con forza da Amoris lætitia, ma anche dal prossimo Sinodo dei giovani.

Ne parlano Semeraro, Costa, Cencini e Petrà. Famiglia e coscienza, teologi a confronto.

La coscienza, il discernimento, la norma morale, la dottrina. Quattro grandi questioni sollevate da Amoris lætitia, che sono di fatto altrettanto deflagrazioni atomiche nel rapporto tra la persona e la fede, benefica rivoluzione evangelica nel delicato equilibrio tra scelte personali e indicazioni dottrinali. Ripensare all’autenticità del proprio cammino di fede, abituarsi a guardare nel fondo della propria anima alla ricerca di ciò che Dio chiede qui e ora, non significa aprire la strada al soggettivismo – come qualche strenuo difensore del giuridicismo preconciliare si affanna a sostenere – ma crescere nella fede, acquisire una coscienza sempre più aperta alla comprensione del bello e del vero, fare chiarezza nella propria gerarchia di valori, diventare cristiani maturi e quindi cittadini migliori. Cammino faticoso perché impegna direttamente la responsabilità di ciascuno e supera la logica legalistica del “si può” o “non si può”. La libertà che Dio assegna ad ogni uomo, indistintamente, prevede che le scelte morali prendano forma sulla base di convinzioni maturate in un delicato equilibrio di considerazioni, di opportunità, di norme, di consapevolezza e di virtù (la prudenza per esempio).

Amoris lætitia rimette al centro discernimento e coscienza a proposito della vita familiare dove ogni scelta richiede interventi ispirati dall’amore e modulati sulla verità. Prassi tanto più complessa e densa di interrogativi quando si parla di sessualità, di generatività, di situazioni di crisi, di coppie spezzate. Ecco perché tutto il discorso sul discernimento diventa dirompente, innovativo ma denso di misericordia (“… la pienezza della giustizia e la pienezza più luminosa della verità di Dio”, Al 311) nel capitolo VIII dell’Esortazione postsinodale che riflette sulle modalità più opportune per “accompagnare, discernere e integrare le fragilità”.

Ma il tema del discernimento vocazionale sarà al centro del prossimo Sinodo dei giovani. Insomma un esercizio di verifica e di ascesi – troppo a lungo marginalizzato dopo il Vaticano II che ne aveva invece indicato il ruolo insostituibile – che è arrivato il momento di conoscere, promuovere, rilanciare, superando polemiche e dubbi, ritrosie e timori di “lesa maestà”. Mentre la Chiesa italiana ha avviato con decisione la riformulazione della pastorale secondo le indicazioni di papa Francesco a proposito di primato della coscienza e del discernimento, ci sono ancora “sacche di resistenza” che rimpiangono l’applicazione quasi automatica dell’elenco dei divieti e dei permessi, trascurando che con il normativismo né la persona né la Chiesa avanzano di un millimetro nel loro percorso verso l’abbraccio misericordioso del Padre. «Comprendo coloro che preferiscono una pastorale più rigida che non dia luogo ad alcuna confusione. Ma credo sinceramente che Gesù vuole una Chiesa attenta al bene che lo Spirito sparge in mezzo alle fragilità» (Al 308).

Il numero di “Noi famiglia & vita”, in edicola domenica 17 settembre 2017 con Avvenire, punta lo sguardo su coscienza e discernimento prendendo spunto da un recente saggio scritto da Marcello Semeraro, vescovo di Albano e segretario del C9. Del testo, “L’occhio e la lampada. Il discernimento in Amoris lætitia” (Edb) pubblichiamo ampi stralci. Seguono le riflessioni sullo stesso tema del padre gesuita Giacomo Costa, direttore del mensile “Aggiornamenti sociali” e autore di numerosi saggi sul tema: del teologo e psicologo padre Amedeo Cencini, canossiano, esperto di argomenti vocazionali; del moralista don Basilio Petrà, docente presso la Facoltà teologica dell’Italia centrale e del Pontificio istituto Orientale di Roma. Di grande profondità i loro spunti che qui anticipiamo.

Marcello Semeraro: Scegliere in coscienza con l’occhio dell’anima

Non c’è dubbio che, specialmente per impulso di Francesco, il primo papa «gesuita» nella storia della Chiesa cattolica, al «discernimento» si riconosce nuovamente la rilevanza che merita. Abitualmente il tema è collegato alla spiritualità ignaziana e non c’è dubbio che lì vi occupa un posto peculiare. Si sbaglierebbe di grosso, però, chi pensasse di limitarlo a quel contesto. È piuttosto sant’Ignazio che con grande originalità s’inserisce in una tradizione spirituale che prende avvio già nei primi secoli di vita della Chiesa ed ereditandola con grande originalità la consegna a noi con modalità fortemente attuali (…).

È importante per noi avere una nozione chiara e univoca del discernimento, se non altro perché si tratta di un termine nell’uso comune spesso frainteso. Gli si riferiscono, infatti, i contenuti più vari. Nella maggior parte dei casi, si tende a identificarlo con una semplice e pura analisi sociologica, o psicologica della realtà. In un senso più ricco, ma ancora parziale il discernimento è pure considerato in ordine a un’operatività fondata culturalmente da un punto di vista puramente antropologico; o anche, e questa volta in modo già meno riduttivo, in vista di una semplice formazione o governo della coscienza morale, capace di distinguere chiaramente il bene dal male, il peccato dalla tentazione: tutto questo, però, senza un esplicito riferimento alla volontà di Dio da compiersi qui e ora dal concreto soggetto discernente e operante. Questo, invece, è per noi l’elemento discriminante e qualificante il discernimento: la ricerca della volontà di Dio per me qui e ora! (…).

È questo il «discernimento», di cui noi parliamo.

Si tratta addirittura, di una via «mistica», diremmo, alludendo a quella mistica dell’istante che José Tolentino Mendonça propone come spiritualità del tempo presente. Si tratta, fondamentalmente, di modificare il nostro rapporto col tempo, superando l’acquiescenza a farci divorare dal tempo (il mito di Crono, che divora ciò genera) e cercando, invece, di riconciliarci con esso riqualificandolo, ossia aprendolo all’eternità mediante il riposo creatore. Senza questo «riposo» (lo shabbath) l’azione rimane irrisolta e chiusa su se stessa (…). Alla luce di ciò, per quanto il linguaggio in proposito non sia unanime, nel discernimento si potrebbe distinguere un duplice aspetto, spirituale e morale.

Quanto al primo, padre Pietro Schiavone, SJ spiega che quello di cui parliamo non può che essere un discernimento spirituale: «non è di ordine puramente psicologico, sociologico, professionale, non è per risolvere un problema per esempio di marketing, di un’associazione, di un’azienda, di una società per azioni […], ma trova nello Spirito di Dio il suo principio animatore». Al posto dell’aggettivo «spirituale» talvolta si usa quello di «vocazionale», se non altro perché la volontà di Dio conosciuta è pure percepita come «appello» e «chiamata» a essere concretizzata nella vita cristiana di battezzato nella Chiesa e per la Chiesa.

Anche Amoris lætitia ricorre a questa terminologia. Leggiamo ad esempio al n. 72: «Il matrimonio è una vocazione, in quanto è una risposta alla specifica chiamata a vivere l’amore coniugale come segno imperfetto dell’amore tra Cristo e la Chiesa. Pertanto, la decisione di sposarsi e di formare una famiglia dev’essere frutto di un discernimento vocazionale». Più spesso, però, Amoris lætitia parla di discernimento pastorale (anche pratico) e personale. Per questa ragione sarà utile precisare da subito che, per quanto correlate, le due forme di discernimento si configurano diversamente. Il primo fa riferimento al compito e alla missione di un soggetto «pastorale», a cominciare dai vescovi e dai presbiteri (…). L’espressione «discernimento personale», a sua volta indica che «il discernimento è esercitato in prima persona dal soggetto morale – il fedele stesso – allorché è posto dinanzi alla necessità di prendere una decisione in ordine all’agire in una particolare situazione» (…).

Sia nel discernimento morale, sia nel discernimento spirituale, dunque, si tratta della ricerca, della conoscenza e della scelta della volontà di Dio da parte dell’uomo e della sua decisione per essa. Direi, tuttavia, che nel primo si tratta di una ricerca della volontà di Dio a un livello generale, valido per tutti, distinguendo ciò che è bene da ciò che è male; nel discernimento spirituale, invece, ci si colloca su di un livello più esistenziale e personale, tenendo conto della storia, della situazione e della condizione concreta della persona (…).

Ora, il discernimento morale indica il punto d’arrivo; il discernimento spirituale, da parte sua, aiuta il singolo soggetto discernente a comprendere che cosa adesso e nella sua concreta situazione (qui e ora) il Signore gli domanda di fare e come può, di fatto, dirigersi verso di lui. È anche in questa prospettiva che Francesco nell’esortazione torna a parlare del piccolo passo che, compiuto in mezzo a grandi limiti umani, è gradito a Dio.

Giacomo Costa. Puntare al bene possibile che è più esigente della norma

In che cosa consiste la cura per la famiglia? Fondamentalmente nell’accompagnarla a crescere verso quello che già è: il luogo dove si impara l’amore che non ha misure e che deve continuare a essere totale in tutte le fasi della vita, in forma proporzionata a ciascuna di esse.

Secondo Amoris lætitia lo strumento per procedere in questo cammino senza perdere la rotta è il discernimento, che «è dinamico e deve restare sempre aperto a nuove tappe di crescita e a nuove decisioni che permettano di realizzare l’ideale in modo più pieno» (n. 303). Ovunque è in gioco la libertà, si apre lo spazio del discernimento, anche nel rapporto con Dio. Ma di che cosa si tratta quando si parla di discernimento? È un termine chiave per la comprensione dell’esortazione e più in generale del modo di procedere che papa Francesco adotta e propone alla Chiesa. Non lo usa nell’accezione ordinaria di “buon senso”, “capacità di giudizio assennato”, affine alla virtù classica della prudenza, ma nel senso tecnico più specifico, proprio ad esempio della spiritualità: il discernimento è la capacità di esercitare la propria libertà nel prendere decisioni, in particolare quelle che riguardano l’identificazione dei mezzi per raggiungere il fine che ci si è proposti.

Il discernimento presuppone dunque chiarezza in ordine al fine, che per il credente è compiere la volontà di Dio, e incertezza in ordine al mezzo. È lo strumento per dare risposta alla domanda, talvolta angosciosa, talvolta formulata a stento, su che cosa fare per vivere la buona notizia del Vangelo. Per il credente la pratica del discernimento si nutre della familiarità con il Vangelo e il modo di fare del Signore, attraverso la preghiera, con un orientamento pratico: richiede imprescindibilmente il passaggio all’azione, “uscendo” dai propri pensieri e assumendo il rischio di compiere dei passi. La prova della realtà aiuterà a capire la bontà della decisione presa ed eventualmente aggiustarla.

Nella sua concretezza, il discernimento è radicato anche in un’altra esperienza, senza la quale risulta incomprensibile: sentirsi spinti o attirati in direzioni diverse, sperimentare l’incertezza tra alternative che suscitano una varietà di «desideri, sentimenti, emozioni» (n.143). Provarli «non è qualcosa di moralmente buono o cattivo per sé stesso» (n. 145): la sfida del discernimento è muoversi attraverso queste passioni, utilizzandole come strumento per identificare non quello che è sufficientemente buono (l’aurea mediocritas), ma quello che è meglio. La vita familiare è ricca di situazioni in cui applicare il discernimento, dalla scelta dello stile di vita e delle modalità di educazione dei figli, fino alle decisioni sul modo di vivere la sessualità e l’esercizio della paternità responsabile.

Scopriamo così un altro presupposto del discernimento: la libertà non si esercita in un astratto iperuranio, ma in circostanze concrete, che pongono vincoli e condizionamenti di cui essere consapevoli. Per questo «ciò che fa parte di un discernimento pratico davanti ad una situazione particolare non può essere elevato al livello di una norma» (n. 304). Le norme mantengono inalterato il loro valore e rappresentano l’orizzonte al cui interno il discernimento si compie, completandole e specificandole nella situazione concreta, poiché «nella loro formulazione non possono abbracciare assolutamente tutte le situazioni particolari» (ivi). Correttamente intesi, discernimento e norma rimandano sempre l’uno all’altra.

Il discernimento non è dunque un sistema per trovare giustificazioni, pretesti o escamotage per depotenziare le esigenze della norma che indica il bene. La parola può certo essere utilizzata per coprire questo tentativo, ma questo ne rappresenta una perversione. Anzi, il discernimento si rivela persino più esigente della norma, perché richiede di passare dalla logica legalistica del minimo indispensabile a quella del massimo possibile, nella consapevolezza del proprio limite e della possibilità di spostarlo ogni giorno un poco più avanti, senza accontentarsi di una misura soddisfacente o tarare il proprio obiettivo sulle potenzialità della media: il discernimento punta a valorizzare al meglio le possibilità di ciascuno. Iniziamo così a intravedere il rapporto tra la pratica del discernimento e la gioia del Vangelo che a papa Francesco sta tanto a cuore. È questa gioia che permette alla libertà di rinunciare a ciò che è meno importante per raggiungere ciò che conta di più. Chi non conosce questa libertà che è al tempo stesso rinuncia e pienezza faticherà a comprendere la AL; ma d’altra parte è difficile che la vita familiare non contenga almeno qualche traccia di questa esperienza, che sarà compito della pastorale aiutare a far emergere e a maturare.

Tutto questo processo di discernimento nella chiave della gioia è un altro modo di affermare la centralità della coscienza: non è una voce castratrice, come facevano credere i maestri del sospetto, ma il luogo in cui, come ricorda il n. 222, risuona la voce di Dio.

La guida del discernimento non può così che essere l’«amore misericordioso» (n. 312) e la coscienza delle persone è innanzi tutto il luogo appropriato in cui esso si svolge, a cui «stentiamo a dare spazio» (n. 37) e che invece «dev’essere meglio coinvolta nella prassi della Chiesa» (n. 303): i fedeli «tante volte rispondono quanto meglio possibile al Vangelo in mezzo ai loro limiti e possono portare avanti il loro personale discernimento davanti a situazioni in cui si rompono tutti gli schemi» (n. 37). Nella prospettiva che abbiamo delineato il ruolo della coscienza non può limitarsi al riconoscimento di essere nell’errore o nel peccato: essa può anche «scoprire con una certa sicurezza morale che quella è la donazione che Dio stesso sta richiedendo in mezzo alla complessità concreta dei limiti, benché non sia ancora pienamente l’ideale oggettivo» (n. 303).

Amedeo Cencini. Il rischio di scegliere senza attendere “ordini”

Dobbiamo esser molto riconoscenti a papa Francesco per aver riproposto alla Chiesa intera il discernimento, come compito e grazia. Sino a farne una chiave di lettura o un obiettivo della riforma che egli intende realizzare nella comunità credente. Sappiamo che veniamo da cammini formativi che non ci hanno educato in tal senso, riducendo il discernimento tutt’al più a strumento di ricerca in situazioni d’emergenza. Con la conseguenza che abbiamo privilegiato una concezione passiva e securizzante del credere, meno responsabilizzante e piuttosto ripetitiva, poco spendibile nel contesto culturale odierno. Dal discernimento, in realtà, deriva un’immagine nuova sia del credente che cerca che di Colui che è l’oggetto della ricerca.

Colui che discerne è anzitutto un pellegrino con il senso del mistero, sa che Dio è il Presente e che non esiste spazio o istante vuoti di lui; e allora lo cerca ovunque e comunque, sviluppando in sé una sensibilità spirituale attenta “alla brezza di vento leggera”. È il credente ob-audiens, con la mano all’orecchio per udire colui che parla senza voce. È l’amante che cerca l’amato, e se è questione d’amore è anche l’adulto nella fede che cerca col proprio cuore e non s’accontenta d’evitare l’illecito, ma vuole scoprire ciò che è buono e gradito all’Amato e che Dio stesso s’attende proprio da lui, in questo preciso istante, non appena quel che va bene per il gruppo. Ma è adulto nella fede soprattutto perché corre il rischio di scegliere e decidere in ogni cosa quel che è giusto fare, senza aspettare sempre ordini dall’alto né fidandosi semplicemente del suo impulso, ma perché attraverso l’esercizio costante del discernere acquisisce sempre più una coscienza sensibile a ciò che è bello e buono, vero e giusto: una coscienza in cui risuona l’eco della voce dell’Eterno.

E forse questo è il punto più rilevante da sottolineare. Il discernimento viene da lontano, implica un cammino formativo meticoloso e attento al proprio mondo interiore (fatto di sensi, emozioni, sentimenti, affetti, gusti, criteri di scelta e giudizio…); ha senso solo se diventa sempre più il modo abituale di vivere e di credere. Il discernimento è improbabile se improvvisato, non può esser ciò che si fa solo in situazioni critiche. E occorre discernere sempre perché in ogni momento della vita, Dio ha qualcosa da dirmi e da darmi, da chiedermi e rimproverarmi, in modo spesso inedito e inatteso. O uno cerca Dio in ogni istante, idealmente, o non potrà pretendere di metter in atto ogni tanto un metodo di ricerca che lo metta al riparo da ogni dubbio. Non si discerne, infatti, per eliminare i dubbi, ma – al contrario – per impedir loro – come un alibi – di frenare le decisioni, specie quelle che solo tu puoi prendere o quando sarebbe più facile delegare la responsabilità ad altri o a una norma fissata una volta per tutte e per tutti, o rimandare all’infinito le scelte.

Forse proprio per questo motivo l’invito di papa Francesco in Amoris lætitia ad accompagnare le coppie in crisi, facendo con loro un cammino di discernimento, ha incontrato le ben note resistenze e opposizioni. Molti avrebbero preferito indicazioni chiare, solo da applicare nella pastorale (o cui obbedire): in fondo non c’è proprio per questo l’autorità nella Chiesa? Ma siamo sicuri che sia quella la vera obbedienza, dell’adulto che cerca la cosa migliore e più gradita a Dio per sé e, in tal caso, anche per altri? Siamo certi che sia quella la funzione dell’autorità? Non potrebb’esserci un sottile abuso d’autorità (dal basso) in chi in tal modo evita di porsi in un cammino laborioso e scomodo, che suppone preparazione e consuetudine personale, e scarica così ogni responsabilità sull’autorità stessa?

Diciamolo con franchezza: molte di quelle reazioni han preso di mira il presunto cambio di dottrina, ma in realtà non nascondono forse anche la consapevolezza di non esser abbastanza preparati a fare discernimento? Non tradiscono un certo smarrimento del pastore più abituato ad applicare norme che a cercare quel che Dio sta compiendo nella vita d’ognuno in qualsiasi situazione? O più preoccupato dello scandalo da evitare che attento e sensibile a quel frammento di bene che è possibile in ogni circostanza?

Ma la cosa forse ancor più significativa è che nel discernimento Dio si rivela per quel che è. Oggetto primo del discernimento è quanto Dio fa nella nostra vita, infatti, prim’ancora di quel che io devo sceglier di fare. E quando il discernimento diventa stile di vita, Dio si rivela sempre più come il Mistero buono e amico, che desidera farsi vedere e toccare, «che non vuole soldatini obbedienti, ma figli felici» (Ronchi), felici di cercarlo e lasciarsi da lui cercare.

Per chi non discerne, Dio è enigma, muto e tenebroso, freddo e inaccessibile. Per chi discerne, Dio è Mistero di luce abbagliante, ma che illumina la vita e ogni suo mistero!

Basilio Petrà. Percorso verso il “meglio” da valutare caso per caso

Si dice che una persona ha “discernimento” se mostra la capacità di valutare correttamente i termini di una situazione in modo da scegliere ed attuare i comportamenti adeguati ad essa. Naturalmente, il comportamento – dunque il discernimento – è considerato adeguato quando corrisponde alle esigenze proprie della situazione. Diverso è infatti un discernimento di tipo tecnico, di tipo giuridico, tipo morale, spirituale ecc. Nell’Amoris laetitia i tipi di discernimento ai quali principalmente si fa riferimento sono due: il “discernimento pastorale”, ovvero il discernimento esercitato dal pastore, e il “discernimento personale”, ovvero il discernimento della persona del fedele chiamato a realizzare il bene possibile e doveroso in situazione. AL associa nei nn. 298.300 i due tipi di discernimento (“discernimento personale e pastorale”) con chiaro riferimento al rapporto di foro interno (colloquio pastorale e confessione) che si instaura per questioni di coscienza tra pastore e fedele. Mi fermerò qui sul “discernimento pastorale”. AL non tratta in generale del discernimento pastorale; considera in modo specifico quel “discernimento pastorale” che ha per oggetto il discernimento delle situazioni dette “irregolari”. Secondo l’Esortazione il senso proprio di tale discernimento è “valorizzare” tutto il valorizzabile di tali situazioni. Non si tratta dunque di misurare le situazioni sull’ideale, ma di cogliere in esse quegli elementi che hanno in sé una qualche positività valoriale e possono aprire un cammino costruttivo, per una maggiore condivisione/integrazione nella vita della Chiesa. In AL, valorizzazione e integrazione sono due parole chiave del senso del discernimento pastorale riguardo alle varie forme di unione non corrispondenti all’ideale.

Discernimento pastorale secondo AL. Il “discernimento pastorale”, proteso alla valorizzazione/integrazione di tutto il valorizzabile nelle situazioni vissute dei fedeli, può secondo AL giungere fino alla valorizzazione/integrazione sacramentale (l’aiuto dei sacramenti: AL 305, nota 351) quando il pastore perviene ad una valutazione corrispondente, prendendo in considerazione il rapporto della persona con la precedente unione da una parte e il suo vissuto della nuova unione dall’altra. Da una parte, il pastore raggiunge la solida convinzione che la prima unione sia irreversibilmente conclusa, ci sia stato e ci sia rispetto dei doveri di giustizia nei confronti delle persone coinvolte in essa, ci siano stati e ci siano tentativi di riconciliazione e di perdono reciproco con consapevolezza delle proprie responsabilità e con sincero pentimento, pur nella consapevolezza che il passato non può più essere modificato nei suoi effetti distruttivi. Dall’altra, egli può constatare che la nuova unione è stabilmente e pubblicamente costituita, vissuta con impegno e serietà, in coerenza con lo stile evangelico di coniugalità e parentalità, con partecipazione attiva alla vita della Chiesa e assunzione responsabile dell’educazione dei figli nella fede. Il pastore, nell’orizzonte di tale discernimento, può assolvere e ammettere all’Eucaristia, andando in alcuni casi anche oltre la soluzione pastorale indicata da Familiaris consortio, 84. Ciò può realizzarsi quando il ministro – sulla base del discernimento suddetto – giunga alla persuasione che l’esercizio di un disordine oggettivo da parte della persona si configura come il male minore nella situazione, ovvero come quel solo bene che è possibile entro i limiti della nuova situazione. In tali situazioni, infatti, secondo la tradizione della Chiesa, il disordine oggettivo non configura il peccato grave, l’unica condizione che esclude dalla partecipazione alla vita eucaristica della comunità.

Discernimento pastorale e spirituale. Il discernimento pastorale per sua natura mira a prendersi cura del fedele, della sua crescita nella vita cristiana, sanando le ferite, nutrendolo della parola e dei sacramenti, sorreggendolo nel cammino e accompagnandolo lungo di esso secondo una legge di gradualità. Parte del discernimento pastorale è certamente il bene spirituale del fedele, come è chiaramente implicato anche da AL 249. Tuttavia, la terminologia del discernimento spirituale è in generale riferita al processo mediante il quale il fedele discerne tra i pensieri che vengono dallo Spirito del Signore e quelli che vengono da un altro spirito, quelli che portano i frutti dello Spirito nella sua vita (la somiglianza con Cristo, le virtù) e quelli che invece manifestano i segni distruttivi del male.

Discernimento e norma morale. Quando si parla della norma morale, si deve tener conto che se ne può parlare in due modi. Possiamo cioè riferirci alla norma morale astrattamente regolativa dell’azione sulla base dei valori che la fondano (ad es. esiste il dovere dell’elemosina basato sulla carità e sulla giustizia: CCC, 2447). Oppure possiamo riferirci alla norma morale che la persona riconosce in coscienza come vincolante per sé in una determinata situazione (ad es. devi fare l’elemosina a quella particolare persona). Il discernimento morale pratico è proprio quello che concerne il secondo livello normativo giacché nella nostra tradizione morale non si dà coincidenza semplice tra la normatività astratta e la norma concreta in situazione. Da sempre la sapienza morale della Chiesa sa che alcune norme astrattamente date non possono essere applicate semplicemente nella situazione e che il soggetto agente si trova spesso a muoversi in condizioni segnate dal limite, dalla mancanza di libertà, dall’insufficienza di forze e di conoscenza della situazione, dal timore serio delle conseguenze non controllabili. Ciò che in ogni caso è chiesto alla persona è che essa cerchi di realizzare il bene che ai suoi occhi interiori (la coscienza) appare possibile e doveroso in quella situazione, fosse anche l’estrema possibilità del bene, ovvero l’evitare un male più grande.

Luciano Moia Avvenire 15 settembre 2017

www.avvenire.it/famiglia-e-vita/pagine/famiglia-e-coscienza-teologi-a-confronto

▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬

ASSEGNO DI MANTENIMENTO

Separazione: come si può recuperare l’assegno di mantenimento?

Gli strumenti da attivare nei confronti del coniuge che si sottrae all’obbligo di mantenimento dei figli e dell’altro coniuge a seguito di separazione o divorzio

Il nostro legislatore offre una serie di strumenti da attivare nei confronti del coniuge che si sottrae all’obbligo di mantenimento dei figli e dell’altro coniuge a seguito di separazione o divorzio.

Perché si possa agire è necessario l’inadempimento dell’obbligato.

  • Il primo passo per ottenere il pagamento dell’assegno di mantenimento è l’invio di una diffida. Si tratta di inviare una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno con la quale si invita la parte inadempiente (coniuge-debitore) al pagamento. Nella lettera si può mettere in mora l’obbligato, ovvero assegnargli un termine entro cui dovrà provvedere al versamento delle somme dovute con l’avvertimento che, in caso contrario, si procederà nei suoi confronti nelle opportune sedi giudiziarie.

  • Se la diffida non sortisce alcun effetto occorre utilizzare gli strumenti offerti dal nostro Legislatore.

Quali sono gli strumenti esperibili in caso di mancato o ritardo nel pagamento dell’assegno di mantenimento?

1. Azione espropriativa. In caso di mancato o ritardo nel pagamento dell’assegno è possibile ricorrere all’azione espropriativa. La sentenza di divorzio, il decreto di omologazione, oppure la sentenza di separazione rappresentano un titolo esecutivo. Significa che l’avente diritto a percepire l’assegno di mantenimento può mettere in esecuzione il provvedimento del Giudice. Occorrerà predisporre un atto di precetto, cioè l’intimazione rivolta all’obbligato (coniuge- debitore) al rispetto dell’obbligo entro un termine di giorni 10. Se ciò non si verifica si procederà all’esecuzione forzata sui beni del coniuge-debitore. In che modo?

  • O procedendo al pignoramento dei beni mobili o immobili (locali, abitazioni, terreni);

  • O procedendo al pignoramento presso terzi (stipendio, canoni di locazione…)

2. Sequestro. Un altro strumento volto a recuperare l’assegno di mantenimento è il sequestro. Chi ha diritto all’assegno di mantenimento può chiedere che venga disposto il sequestro di beni di proprietà del coniuge – debitore. E’ sufficiente che l’avente diritto dell’assegno fornisca al Giudice degli indizi di varia natura dai quali si possa trarre con convinzione che il coniuge-debitore non voglia adempiere.

Il sequestro è un provvedimento che può essere emesso:

  • Dal Presidente del Tribunale;

  • Dal Giudice dinanzi al quale si svolge la causa di divorzio nel caso in cui sia stato stabilito un assegno in via provvisoria;

  • Dal collegio in sede di decisione.

3. Ordine di pagamento. La legge n. 219/2012 stabilisce all’art. 3 comma 2 “[…] il giudice può ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di denaro all’obbligato, di versare le somme dovute direttamente agli aventi diritto, secondo quanto previsto dall’articolo 8, secondo comma e seguenti […]. I provvedimenti costituiscono titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale […]”

Tale strumento può essere attivato mediante istanza nel corso del procedimento, oppure con ricorso separato, o, ancora, concluso il giudizio di merito, utilizzando il rito della camera di consiglio.

4. Ipoteca. Un’altra azione volta ad ottenere il versamento dell’assegno di mantenimento è l’ipoteca.

Si ricorre a tale azione quando sussiste il pericolo concreto che il coniuge obbligato non adempia all’obbligo di versare l’assegno di divorzio. In questa ipotesi il coniuge – creditore può chiedere l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale sui beni dell’obbligato.

Sotto il profilo penale tale inadempimento configura la fattispecie criminosa di cui all’art. 570 c.p. “Violazione degli obblighi di assistenza familiare”. Tale norma sanziona chiunque “si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale o alla qualità di coniuge” con la pena della reclusione fino a un anno o con la multa da euro 103 fino a 1.032, stabilendo l’applicabilità congiunta di dette pene a chi “fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato “.

Perché il reato de quo possa dirsi configurato è necessario che l’omissione sia tale da privare materialmente il coniuge o i figli dei mezzi di sussistenza, causando una condizione di disagio da mettere in difficoltà gli aventi diritto in ordine alle primarie esigenze della vita.

E’ possibile la revisione dell’assegno di mantenimento? La risposta è positiva. Infatti, in caso di impossibilità o di grave difficoltà a far fronte al versamento dell’assegno di mantenimento, la legge conferisce al coniuge obbligato la possibilità di chiedere la modifica e/o la revisione del “quantum”.

Vedi anche: L’assegno di mantenimento: guida legale e raccolta di articoli

www.studiocataldi.it/articoli/27440-separazione-come-si-puo-recuperare-l-assegno-di-mantenimento.asp

Avv. Luisa Camboni – Newsletter Giuridica Studio Cataldi 14 settembre 2017

www.studiocataldi.it/articoli/27440-separazione-come-si-puo-recuperare-l-assegno-di-mantenimento.asp

 

Redditi insufficienti a mantenere lo stesso tenore? Ricco assegno dal marito

Corte di Cassazione, sesta sezione civile, ordinanza n. 21082, 11 settembre 2017.

Se le entrate personali della moglie non sono sufficienti a farle mantenere un tenore di vita pari a quello goduto in costanza di matrimonio, le stesse devono essere integrate con l’assegno di mantenimento a carico del marito, in sede di separazione. Se difatti il criterio del tenore di vita non risulta più applicabile – secondo il filone giurisprudenziale da ultimo affermatosi – in materia di divorzio, esso rimane tuttavia ben saldo in fase di separazione tra i coniugi.

E’ quanto si evince dall’ordinanza con cui la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un uomo avverso la pronuncia che aveva aumentato l’importo del già cospicuo assegno in favore della moglie separata, nonostante la stessa godesse di redditi propri.

Ciò che la Corte territoriale – correttamente, secondo gli Ermellini – ha valutato ai fini della quantificazione dell’assegno, è la condizione reddituale e patrimoniale complessiva delle parti, che evidenzia un significativo squilibrio tra le stesse (essendo il marito particolarmente benestante). Sicché i redditi propri della moglie non risultano in grado di farle mantenere il medesimo tenore di vita goduto durante il coniugio. Da qui la conferma dell’assegno a carico del marito, nell’importo aumentato dai Giudici d’appello.

Eleonora Mattioli Edotto 12 settembre 2017

https://www.edotto.com/articolo/redditi-insufficienti-a-mantenere-lo-stesso-tenore-cospicuo-assegno-dal-marito?newsletter_id=59b7c08cfdb94d1c20a00bbf&utm_campaign=PostDelPomeriggio-12%2f09%2f2017&utm_medium=email&utm_source=newsletter&utm_content=redditi-insufficienti-a-mantenere-lo-stesso-tenore-cospicuo-assegno-dal-marito&guid=41f785a8-1c42-4ddc-9cf5-ff872f9a4459

Con il divorzio il mantenimento all’ex si riduce?

Solo l’assegno di mantenimento resta legato al tenore di vita goduto da marito e moglie durante il matrimonio. In materia di mantenimento, c’è una grossa differenza tra la separazione e il divorzio. Ed ora che la Cassazione ha varato le nuove regole sul versamento dell’assegno all’ex coniuge – regole scritte nella ormai famosa sentenza [Cass. Sent. n. 11504, 10.05.2017] – questa differenza è ancora più netta ed evidente. A chiarire questi aspetti ci ha pensato ieri la Suprema Corte che avverte: con il divorzio il mantenimento all’ex si riduce.

Cerchiamo di capire il perché. Prima si arriva al divorzio, prima il marito smette di pagare il mantenimento. Mantenimento: la differenza tra separazione e divorzio

Innanzitutto, la differenza tra il mantenimento dovuto all’esito della separazione e quello all’esito del divorzio è terminologica: a rigore, ciò che viene pagato all’ex dopo la separazione si chiama assegno di mantenimento, mentre ciò che viene pagato dopo il divorzio si chiama assegno divorzile o anche «assegno di divorzio».

La differenza però riguarda anche la finalità dell’assegno. Con la separazione il matrimonio resta ancora in piedi, anche se i coniugi vengono autorizzati a vivere separatamente e gli obblighi di fedeltà e assistenza morale vengono meno; resta in piedi solo l’obbligo di assistenza materiale, ossia di provvedere ai bisogni economici dell’ex, come misura di solidarietà in favore di chi dei due guadagna di meno. Questo obbligo si sostanzia nella necessità di garantire il medesimo tenore di vita che la coppia aveva durante l’unione: ciò significa che la somma tra i due redditi viene quasi divisa tra marito e moglie (tenendo conto delle spese che entrambi devono sostenere), di modo che ciascuno dei due possa non subire “traumi economici” con il distacco. Quindi, ad esempio, tanto più il marito è ricco, tanto più alto è l’assegno di mantenimento.

Con il divorzio però le cose cambiano. E cambiano in fretta, visto che oggi il divorzio può essere richiesto entro massimo 6 mesi (in caso di separazione consensuale) o 1 anno (in caso di separazione giudiziale). Difatti, come spiegato dalla Cassazione il divorzio recide ogni legame tra i due coniugi, ivi compreso anche quello relativo al sostegno materiale. Per cui la funzione dell’assegno di divorzio, al contrario di quello di mantenimento, non è più garantire lo stesso tenore di vita che aveva l’ex durante la convivenza, ma solo lo stretto necessario per mantenersi (sempre che non lo possa fare da solo o che non abbia già redditi sufficienti per vivere). Risultato: se il reddito del marito cresce, il mantenimento non aumenta.

Oggi la Cassazione ha ribadito questi concetti, ricalcando ancora una volta la differenza tra assegno di mantenimento e di divorzio. In caso di separazione, se le disponibilità finanziarie dell’ex moglie non sono tali da garantirle di mantenere lo stesso «tenore di vita» goduto durante il matrimonio, il marito ricco deve versare con un cospicuo assegno. Il criterio del tenore di vita, ormai non più in auge dopo il divorzio, resta ben saldo in caso di semplice separazione tra i coniugi. Ma una volta intervenuto il divorzio, cambiando le regole, decresce anche l’assegno.

In sintesi: la forte disparità economica rileva solo ai fini del calcolo dell’assegno di mantenimento, ma non per quello di divorzio.

Redazione La Legge per tutti 12 settembre 2017

www.laleggepertutti.it/174859_con-il-divorzio-il-mantenimento-allex-si-riduce

▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬

ASSEGNO NELLA SEPARAZIONE

Separazione: resta il tenore di vita per l’assegno alla ex

Corte di Cassazione, sesta sezione civile, ordinanza n. 21082, 11 settembre 2017.

www.studiocataldi.it/visualizza_allegati_news.asp?vai=ok

La Cassazione promuove la motivazione della Corte territoriale sulla determinazione dell’assegno in base al criterio del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio in caso di separazione personale tra i coniugi

Con la rivoluzionaria sentenza n. 11504/2017 la Corte di Cassazione ha aperto un nuovo capitolo in tema di riconoscimento e determinazione del diritto all’assegno divorzile.

www.studiocataldi.it/articoli/26098-divorzio-la-cassazione-dice-addio-al-tenore-di-vita-ecco-le-motivazioni.asp

Divorzio: tenore di vita, addio?, Gli Ermellini, con la summenzionata pronuncia, hanno di fatto sancito l’abbandono del criterio del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio come parametro per il riconoscimento dell’assegno all’ex in sede di divorzio. All’uopo, dovrà invece essere dimostrata la mancanza di indipendenza o autosufficienza economica

www.studiocataldi.it/articoli/26098-divorzio-la-cassazione-dice-addio-al-tenore-di-vita-ecco-le-motivazioni.asp

La portata della pronuncia della Cassazione, tuttavia, appare circoscritta al solo divorzio e non applicabile, invece, in sede di separazione. Una scelta confermata già in un precedente provvedimento (sentenza n. 12196/2017) in cui Palazzo Cavour aveva precisato che tra divorzio e separazione sussiste una differenza fondamentale, poiché la seconda, a differenza del primo, “non elide, anzi presuppone, la permanenza del vincolo coniugale”.

Situazione totalmente diversa, non incompatibile con un dovere di assistenza materiale, rispetto a quella che si riscontra in caso di solidarietà post-coniugale, quando il vincolo esistente tra i coniugi risulta integralmente deteriorato

www.studiocataldi.it/articoli/26167-addio-al-tenore-di-vita-solo-per-il-divorzio-ma-non-per-la-separazione.asp

Cassazione: resta il tenore di vita in caso di separazione. Tale ricostruzione appare confermata dalla recente ordinanza n. 21082/2017, con cui la Corte di Cassazione ha ritenuto legittima la maggiorazione dell’assegno di mantenimento riconosciuto a una donna in sede di separazione.

L’aumento, secondo i giudici di seconde cure, è apparso giustificato stante la notevole sproporzione esistente tra le condizioni economiche della donna e dell’ex marito: una discrepanza tale da non consentirle di mantenere il medesimo tenore reso possibile durante il matrimonio grazie all’attività lavorativa dell’uomo che poteva, invece, contare su una notevole disponibilità finanziaria grazie alle rilevanti entrate e alle proprietà immobiliari.

Secondo il Collegio, appare dettagliata, ampia e completa la motivazione della Corte d’Appello riguardante le condizioni reddituale e patrimoniali delle parti, rilevata dai molteplici elementi istruttori, e la conclusione che la ex non fosse più in grado di mantenere il tenore di vita goduto durante il coniugo con le sole entrate personali.

D’altronde, spiega la Corte, per la determinazione del quantum dell’assegno di mantenimento la valutazione delle condizioni economiche delle parti non richiede necessariamente l’accertamento dei redditi nel loro esatto ammontare, essendo sufficiente un’attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi.

Lucia Izzo Newsletter Giuridica Studio Cataldi 14 settembre 2017

www.studiocataldi.it/articoli/27448-separazione-resta-il-tenore-di-vita-per-l-assegno-alla-ex.asp

▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬

CENTRO INTERNAZIONALE DI STUDI SULLA FAMIGLIA

Newsletter CISF – n. 33, 13 settembre 2017

  • Quale impatto sulle famiglie delle politiche e degli interventi sociali. Un seminario internazionale (Milano, 21-22 settembre 2017; Trento, 23 settembre 2017). Sono ancora disponibili alcuni posti per partecipare al Seminario internazionale sui modelli di analisi e valutazione dell’impatto familiare di leggi, interventi, programmi e servizi, in cui la Prof.a Karen Bogenschneider presenterà il “Family Impact Lens” e i “Family Impact Seminars”, metodologia già applicata, negli anni scorsi, in oltre la metà degli stati degli Stati Uniti – la cartina mostra la grande diffusione di questo metodo [dalla cartina ulteriori informazioni sulle esperienze negli USA]. Termine delle iscrizioni: martedì 19 settembre 2017.

http://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/eventi-cisf/valutare-l-impatto-delle-politiche-familiari.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_13_09_2017

  • Ferrara, 17 settembre 2017: La famiglia: bene comune della polis. Il direttore del Cisf, Francesco Belletti, interviene alla giornata diocesana della famiglia, insieme alla biblista Rosanna Virgili e al Vescovo, Mons. Giacomo Perego. “Per essere famiglie che testimoniano la speranza dentro una città in continuo cambiamento. Polis (città), oikos (famiglia), due termini antichi che proveremo a riscoprire nella Sacra Scrittura, nella dottrina sociale della chiesa e nell’attualità”. “Il bene della famiglia è decisivo per il futuro del mondo e della Chiesa” (Amoris Lætitia n. 31)

http://ufamigliadiocesife.it/wp/wp-content/uploads/2017/09/GDF2017_Locandina.jpg

  • International migration outlook 2017. Dati sulle migrazioni nel mondo. Per poter riflettere sulla realtà, e non sui pregiudizi. L’OCSE pubblica in questo Outlook 2017 (il 41°) una ricca serie di dati e di commenti a livello nazionale e internazionale (366 pagine di testi e tabelle), in cui vengono descritti i movimenti migratori degli ultimi anni. Utile per chi vuole verificare le direttrici migratorie più affollate, i Paesi più scelti come destinazione, quelli da cui proviene il maggior numero di immigrati, le dinamiche di integrazione, i vari motivi per cui milioni di persone si muovono verso altre terre. Da pag. 9 a pag. 11 un brevissimo riassunto, in cui emerge anche il crescente ruolo delle migrazioni “al familiare”, e le particolari dinamiche che le caratterizzano (persone di tutte le età, progetti di maggiore stabilità, percorsi più complessi di integrazione lavorativa, differenti bisogni abitativi, ecc.). Davvero prezioso per chi vuole parlare del tema “a ragione veduta”.

www.oecd-ilibrary.org/social-issues-migration-health/international-migration-outlook-2017_migr_outlook-2017-en

  • Azzardo. Un decreto che lascerà le famiglie ancora sole. Comunicato del Forum delle associazioni familiari. “Alla tavola rotonda sul gioco d’azzardo che si è tenuta il 6 settembre a Milano, alla presenza del sottosegretario Baretta, il Forum delle associazioni familiari, rappresentato dal vicepresidente nazionale Emma Ciccarelli, ha espresso forti perplessità sul decreto legislativo sul gioco d’azzardo che in discussione domani, 7 settembre, in occasione della Conferenza unificata Stato-Regioni”.

www.forumfamiglie.org/2017/09/06/azzardo-un-decreto-che-lascera-ancora-sole-le-famiglie

  • “More than Pink” per finanziare progetti innovativi per la salute delle donne. Promosso da Susan G. Komen Italia e Associazione ItaliaCamp, in collaborazione con il Polo di Scienze della Salute della Donna e del Bambino della Fondazione Policlinico Universitario Gemelli di Roma, sulle seguenti direttrici:

a) Welfare aziendale: progetti innovativi nelle aziende per promuovere la responsabilità sociale in tema di salute;

b) Educazione: proposte/programmi di prevenzione primaria e secondaria, per la tutela della salute/ stili di vita più sani;

c) Tecnologie e servizi innovativi: per migliorare processi di diagnosi e cura per la salute delle donne.

Per ciascuna categoria tematica verrà conferito un premio, del valore complessivo di 30.000€, di cui 15.000€ in denaro e 15.000€ in beni e servizi di tutoraggio e mentoring. C’è tempo fino al 30 settembre 2017 per candidare il proprio progetto.

https://italiacamp.com/wp-content/iper-uploads/public/nessi/201707_55/Premio_More_than_Pink_Linee_guida_IXCFm9.pdf

  • Percorsi formativi per i metodi naturali: Una proposta per il 2017-2018 della Confederazione Italiana dei Centri per la Regolazione Naturale della Fertilitàa Villanova d’Asti, Verona e Milano.”[…]

  • I corsi formano e abilitano all’insegnamento del metodo naturale attraverso un percorso formativo multidisciplinare (con apporti medici, biologici, statistici, psicosessuologici, etici ed educativi), che si dispiega in due fasi: una di carattere conoscitivo del metodo, l’altra più formativa all’insegnamento attraverso un periodo di tirocinio. Al termine del corso verrà rilasciato il diploma

http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf3317_allegato1.pdf

http://www.confederazionemetodinaturali.it

Ceravolo Flavio Antonio, Cervelli in transito. Altri giovani che non dovremmo farci scappare, Carocci, Roma, 2016, pp. 137, € 15,00. […] il nostro Paese non offre adeguate occasioni di inserimento professionale ai suoi laureati – nemmeno ai migliori, siano essi italiani o immigrati […] Allora, come peraltro molti bravi laureati italiani DOC, anche i figli degli immigrati decidono di cercare fortuna all’estero. […] «devono essere rimesse all’ordine del giorno anche questioni più generali che riguardano il rapporto tra il Paese e i giovani, soprattutto quelli più brillanti e istruiti. Per non perdere queste risorse, siano essi figli di immigrati o di italiani, bisogna offrire loro un futuro adeguato e per riuscirci il nostro sistema economico e sociale presumibilmente deve cambiare davvero strada».

http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf3317_allegatolibri.pdf

  • Save the date

Nord Crescere tra reale e virtuale. Educare all’empatia e alla solidarietà nell’epoca del narcisismo, incontro promosso in occasione dei 30 anni di attività del Consultorio Familiare Bolognese, Bologna, 14 ottobre 2017. http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf3317_allegato2.pdf

CentroIl cammino della famiglia a cinquant’anni da Humanæ vitæ (SO1002), ciclo di nove incontri promosso dalla Facoltà di Scienze Sociali e dalla Facoltà di Teologia – Dipartimento di Teologia Morale, Pontificia Università Gregoriana, Roma, dal 19 ottobre 2017 al 24 maggio 2018.

http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf3317_allegato3.pdf

SudLa famiglia si mette in cammino unita nella preghiera!, Decimo Pellegrinaggio nazionale delle famiglie, promosso da Rinnovamento nello Spirito Santo, in collaborazione con Ufficio Nazionale per la Pastorale della Famiglia della CEI, Forum delle Associazioni Familiari, con il patrocinio del Pontificio Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, Pompei, 16 settembre 2017.

www.rns-italia.it/NuovoSito/page/standard/mop_all.php?p_id=00199

Estero15th Meeting of the European Network for the Sociological and Demographic Study of Divorce, Research Centre for Longitudinal and Life Course Studies (CLLS), University of Antwerp/Anversa (B), 5-7 ottobre 2017. www.uantwerpen.be/en/conferences/divorce-conference-2017

Iscrizione alle newsletter http://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/newsletter-cisf.aspx

Con tutti i linkhttp://newsletter.sanpaolodigital.it/cisf/settembre2017/5045/index.html

▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬

CENTRO ITALIANO SESSUOLOGIA

Sessuologia news online, XXX Convegno CIS.

  • Sessuologia news online, notiziario del CIS. E’ presente il n- 6 – Settembre 2017, a cura di Giuliana Proietti e Walter La

  • XXX Convegno CIS. Malattia: la sfida dell’eros- Qualità della vita sessuale nell’insorgenza di una malattia. Bologna 9-10-11 novembre 2017. NH Bologna De La Gare – Piazza XX Settembre 2

www.cisonline.net

▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬

CHIESA CATTOLICA

Maschio e femmina. La strada dell’umanità

Nel libro della Genesi, il primo libro della Bibbia, il libro dell’in-principio ( Genesi 1,1) troviamo due racconti della creazione, composti da autori e redattori umani, dunque segnati da una precisa cultura, in un tempo definito della nostra storia. Appartengono a un genere letterario che qualifichiamo come mitico. Il mito è un racconto situato culturalmente, dotato di una visione specifica, ma che vuole significare ciò che è universale, costitutivamente antropologico; ovvero, nel nostro caso, cosa ne è dell’adam, dell’essere umano, il «terrestre». Sono redazioni diverse e non contemporanee della creazione, ma sono stati posti intenzionalmente l’uno dopo l’altro dai redattori finali della Torah: non giustapposti, ma collocati in successione, in modo che apparisse la dinamica dell’umanizzazione.

Adam. Nel primo racconto (Genesi 1,1-2,4a), un vero e proprio inno, una narrazione ritmata e ripetitiva, è contenuta la creazione dell’’adam, dell’umano, descritta con un testo che nella sua armonia poetica scandisce il cuore del messaggio biblico su Dio e l’umanità nei suoi rapporti con Dio e con gli animali. Ascoltiamola in una versione calco dell’ebraico: « disse: Facciamo in nostra immagine, come nostra somiglianza: dominino i pesci del mare, i volatili dei cieli, il bestiame, tutta la terra e ogni strisciante sulla terra creò  in sua immagine, in immagine di  lo creò, maschio e femmina li creò» (Gen 1,26-27). Chi è l’umano creato «in immagine di Dio», chi è rispetto a Dio e rispetto agli animali? E cosa comporta quel singolare «lo creò», ripetuto nel duale «maschio e femmina li creò»?

Gli esseri umani, l’umanità immagine di Dio è in relazione con Dio stesso e con le altre creature. L’essere umano è in sé relazione, e ciò che lo attesta in modo paradigmatico è la differenza sessuale, perché l’umano esiste in quanto maschio e femmina, con tutte le possibili varianti e intersecazioni di questa polarità. Gli umani sono immagine di Dio, ciascuno di loro nell’umanità di cui fa parte, in sé sono uniti e si completano accettando la differenza reciproca.

Conformi a Dio In questo testo vi è un’immensa valorizzazione del rapporto uomo-donna, valorizzazione della completezza: non c’è una svalutazione della sessualità né una visione cinica o angosciata della differenza sessuale! La sessualità è positiva e Dio vuole che l’uomo e la donna insieme portino a compimento l’opera di umanizzazione: creati a immagine di Dio, devono diventargli conformi, somiglianti.

Ciò deve avvenire nel vivere: nella vita e solo nella vita! Vivere significa venire al mondo, abitarlo, stare tra co-creature di cui gli umani devono assumersi una responsabilità. Gli umani hanno un corpo come gli animali, sono animali, ma sono anche diversi da loro, innanzitutto nella responsabilità. L’umano è e deve farsi responsabile della terra e dell’ambiente, non è la terra che deve essere responsabile dell’umanità. Nel secondo racconto (Genesi 2,4b-25), più antico di secoli, o forse addirittura di più di un millennio, confluiscono elementi mitologici di diverse culture. La narrazione intende collocare l’umano nel mondo e metterlo in relazione, riaffermare attraverso un altro percorso che l’umano è relazione, è alterità. Ora, la differenza sessuale è parabola di ogni alterità, in nome della quale l’altro, «gli altri – come diceva Jean-Paul Sartre – sono l’inferno», o meglio, possono esserlo. L’umano è veramente tale quando vive la relazione, ma ogni relazione di differenza comporta tensione e conflitto. Il rapporto uomo-donna è l’epifania della differenza e della reciproca alterità. Solo nella relazione l’umano trova vita e felicità, ma la relazione va imparata, ordinata, esercitata, perché in essa occorre dominare l’animalità presente in ciascuno, che nel rapporto si manifesta come violenza.

Le relazioni dell’uomo. Ecco dunque l’umano, un essere in relazione con la terra da cui è tratto, con gli animali in quanto animale, con l’altro da sé che ha il suo stesso soffio di vita ricevuto da Dio e infine con Dio stesso. È in questo fascio di relazioni che l’umano, uomo e donna, si umanizza. E quando il terrestre, uscito dal torpore in cui Dio lo aveva posto, vede l’altro lato, il partner, allora parla con stupore. Ecco l’accesso alla parola, possibile quando c’è di fronte l’altro: finalmente un partner degno, che accende la parola, che abilita all’io-tu, al dialogo, alla relazione! Finalmente – dice l’uomo – un essere che è «osso dalle mie ossa e carne dalla mia carne. La si chiamerà ’isshah perché da ’ish è stata tratta» (Genesi 2,23). La relazione ormai è inaugurata: ecco l’uomo e la donna.

Il dramma. Ma se oggi riusciamo a fare questa lettura delle prime due pagine della Bibbia, occorre però ricordare che l’interpretazione non è sempre stata questa. Né si dimentichi che già nell’ultima parte del secondo racconto vi sono in nuce tutti i segni del dramma che attraversa la storia fino a noi, fino al femminicidio che purtroppo tante volte appare ancora nei nostri giorni. In verità l’umano,  già qui si rivela in tutta la sua problematicità. Infatti, non appena l’uomo vede la donna, non parla alla donna, non imbocca la strada dell’io-tu, ma parla a se stesso: «Questa sì che è osso dalle mie ossa e carne dalla mia carne». In tal modo esprime una verità, e cioè che la donna ha la stessa natura e perciò la stessa dignità e vocazione dell’uomo, ma la dice male, esprimendo subito la sua possessività: osso dalle mie ossa e carne dalla mia carne. Parla a se stesso e parla del suo possesso. La donna tace, è ridotta al silenzio e per l’uomo appare una cosa.

Egli dice: «È stata tratta da me, è mia carne», e così nega ogni alterità, quell’alterità che richiede che la donna sia un soggetto di fronte a lui. Subito la volontà e il progetto di Dio sono traditi, e il dramma che seguirà immediatamente è già abbozzato qui, nell’emergere della differenza negata!

Principio e fine. Scriveva T. S. Eliot in uno dei suoi Quattro quartetti: «Nel mio principio è la mia fine… Nella mia fine è il mio principio» (East Coker, inizio e fine del testo). In queste prime pagine dell’in-principio c’è già tutta la storia dell’umanità, c’è già il misconoscimento dell’altro partner, c’è già la pretesa che l’altro sia un possesso omologo, che l’altro non sia altro, differente, diverso! Culture patriarcali e rare culture matriarcali manifestano la lotta tra i sessi, manifestano la ferita che ognuno di noi sente di fronte alla differenza: ne è attratto ma ne ha paura, vuole relazione ma ne vuole il possesso, vuole comunione ma anche guerra. Queste pagine tentano allora di dirci come le singolarità di ciascuno di noi, dovute a molte differenze, a partire da quella sessuale, devono coniugarsi affinché vi siano vita e felicità, seppur segnate dal limite. La differenza sessuale maschio-femmina è paradigma di ogni differenza, ma tutte le differenze sono legate a quel tragitto che ogni umano compie, tra la nascita e la morte, quando ognuno di noi ritornerà alla terra da cui è stato tratto (cf. Genesi 3,19), dunque ritornerà a colui che l’ha creato. Allora ciascuno darà una risposta personalissima alla domanda sul cammino di umanizzazione rivoltagli da Dio. Mi riferisco alla prima domanda di Dio, narrata subito dopo nella Genesi, domanda rinnovata in ogni giorno della nostra vita: «’Adam, dove sei?» (Genesi 3,9). Nella nostra fine è la risposta alla domanda dell’inprincipio, alla responsabilità dell’umanizzazione

Enzo Bianchi La Stampa 17 settembre 2017

www.finesettimana.org/pmwiki/index.php?n=Stampa.HomePage?tipo=numaut77

▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬

CINQUE PER MILLE

5 per mille 2017: aggiornati gli elenchi definitivi

5 per mille 2017 pronti gli elenchi aggiornati degli iscritti permanenti e gli elenchi definitivi dei nuovi iscritti al 12 settembre 2017. L’Agenzia delle Entrate il 12 settembre 2017 ha reso noto che sono disponibili gli elenchi del 5‰ 2017 all’interno della sezione

www.agenziaentrate.gov.it/wps/content/nsilib/nsi/documentazione/archivio+5permille/elenco+permanente+degli+iscritti

Sono disponibili, in tre distinti elenchi, i dati degli enti del volontariato, delle associazioni sportive dilettantistiche e degli enti della ricerca scientifica che hanno presentato la domanda di iscrizione al 5‰ dopo i termini di scadenza. Per gli enti del volontariato e delle associazioni sportive dilettantistiche la scadenza era fissata all’8 maggio 2017; per gli enti della ricerca scientifica del Miur, invece, al 30 aprile 2017. Negli elenchi sono compresi anche coloro che hanno chiesto l’iscrizione oltre il termine di presentazione (cd. tardivi). Il totale tra iscritti permanenti e nuovi iscritti sale, con un trend crescente degli aspiranti al 5‰, a circa 57.000 nel 2017. Infatti sono stati pubblicati gli elenchi:

  • Degli iscritti permanenti che non hanno più l’onere di presentare tutti gli anni la domanda di iscrizione e la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, aggiornati rispetto a quelli pubblicati lo scorso 31 marzo, arrivando a quota 49.000 candidati.

  • Dei nuovi iscritti del 2017 degli enti del volontariato e delle associazioni sportive dilettantistiche, aggiornati e integrati rispetto a quelli provvisori pubblicati lo scorso 11 maggio.  La prossima scadenza da fissare in calendario è quella di fine giugno. I legali rappresentanti degli enti del volontariato presenti negli elenchi definitivi, infatti, hanno tempo fino al 30 giugno per presentare alla Direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà che attesti i requisiti di ammissione all’elenco. Il modello da utilizzare deve essere conforme a quello pubblicato sul sito. Alla dichiarazione occorre allegare copia del documento di riconoscimento del legale rappresentante che sottoscrive. Gli stessi tempi e le stesse regole valgono anche per le associazioni sportive dilettantistiche, i cui rappresentanti legali però dovranno presentare la documentazione richiesta alla struttura del Coni competente per territorio.

Per i ritardatari, è il 2 ottobre la data ultima per sanare le domande infatti per gli enti che presentano la domanda d’iscrizione e/o la documentazione integrativa in ritardo è prevista anche quest’anno una deadline extra per partecipare alla ripartizione delle quote del 5‰, purché la domanda e/o la documentazione siano presentate entro il 2 ottobre.

In questo caso, per partecipare al riparto delle quote del 5‰ occorre versare con F24 una sanzione di 250 € (codice tributo “8115”). Naturalmente, i requisiti per l’accesso al beneficio del 5‰ 2017 devono comunque essere posseduti alla data di scadenza delle domande d’iscrizione (7 maggio per gli enti di volontariato e le associazioni sportive dilettantistiche e 30 aprile per gli enti della ricerca scientifica e dell’università e quelli della ricerca sanitaria).

Fisco e tasse 13 settembre 2017{

www.fiscoetasse.com/rassegna-stampa/23457-5-per-mille-2017-pubblicati-gli-elenchi-definitivi-.html

▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬

COMMISSIONE ADOZIONI INTERNAZIONALI

Prima riunione successiva all’ultima tenuta il 27 giugno 2014

Ha aperto i lavori il Presidente del Consiglio dei Ministri on Paolo Gentiloni alla presenza del Segretario Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri Cons. Paolo Aquilanti.

I lavori sono proseguiti a cura della Vice Presidente della Commissione Dott.ssa Laura Laera.

Erano presenti i commissari: Cons. Ermenegilda Siniscalchi, Dott. Stefano Pizzicannella, Dott.ssa Stefania Congia, Dott. Luigi Maria Vignali, Dott. Edoardo D’Alascio, Dott. Vincenzo Starita, Dott.ssa Gemma Tuccillo, Dott.ssa Serena Battilomo, Dott.ssa Valeria Vaccaro, Dott.ssa Antonella Caprioglio, Dott. Antonio Mazzarotto, Dott.ssa Anna Guerrieri, Dott.ssa Monya Ferritti. Assente il commissario avv. Francesco Bianchini.

Nel corso della riunione si è dato conto della precedente gestione della Segreteria Tecnica nonché della situazione operativa ed economica della Commissione.

Quanto alla precedente gestione dell’ex Vicepresidente si è fornita ampia documentazione a tutti i commissari attestante numerose irregolarità. Si è rilevato tra l’altro, in diversi casi, la mancata corrispondenza tra numeri di protocollo assegnati ai documenti e i documenti stessi, nonché l’assenza di numerosi allegati pur in presenza del numero di protocollo relativo.

Oltre alla presa d’atto delle autorizzazioni all’ingresso dei minori di tutto il periodo antecedente, si è sottoposto all’esame della Commissione il Piano di attività proposto dall’Istituto degli Innocenti di Firenze per il periodo 1° settembre 2017-31 dicembre 2018, i cui contenuti la Commissione ha condiviso, fatti salvi gli approfondimenti tecnici da parte della Presidenza del Consiglio.

Tale Piano prevede, in particolare, la riattivazione della Linea CAI, l’attività di monitoraggio e analisi e, tra l’altro, il supporto tecnico alle attività internazionali.

La Commissione ha altresì deliberato di sottoporre a verifica tutti gli enti autorizzati ai sensi dell’art.15 del DPR 108/2007, a partire da quelli con plurime segnalazioni e/o altre rilevanti criticità, ritenendo pertanto assorbiti in tale decisione i provvedimenti monocratici della Dottoressa Silvia Della Monica dello stesso tenore, considerato che da diversi anni non vengono effettuati controlli sugli enti, come invece previsto dal citato articolo.

Quanto agli accordi bilaterali sottoscritti dalla ex Vicepresidente con i Paesi Burundi, Regno di Cambogia, Cina e Cile di cui allo stato non sono stati neppure reperiti gli originali e a cui non è stato dato alcun seguito effettivo, si è valutata l’opportunità di attivare i canali diplomatici per verificarne l’attualità, stante il tempo trascorso dalla loro stipula.

Si è ribadita la volontà di procedere in tempi ragionevolmente rapidi alla liquidazione dei rimborsi delle spese sostenute dalle coppie adottive del 2011, a cui seguiranno controlli a campione sulle autocertificazioni allegate.

Infine, si è data comunicazione alla Commissione dell’iniziativa della Vice Presidente Dott.ssa Laura Laera di istituire il fascicolo coppia digitale al quale potranno accedere le coppie attraverso l’identità digitale in un’ottica di sempre maggior trasparenza dell’operato della Commissione.

Il fascicolo digitale della coppia contiene tutti gli eventi relativi alla procedura adottiva, inclusi i relativi allegati in full text, tra cui ad esempio:

  • Il decreto di idoneità

  • Il conferimento d’incarico all’ente

  • L’abbinamento con il minore

  • La sentenza di adozione da parte del paese di origine

  • Le traduzioni legalizzate da parte dell’ente

  • I rimborsi

La Commissione ha chiuso i lavori con l’intesa di proseguire con incontri periodici a cadenza possibilmente mensile.

Comunicato stampa 12 settembre 2017

www.commissioneadozioni.it/it/notizie/2017/riunione-della-commissione-per-le-adozioni-internazionali.aspx

Laera: «Il mio programma? Far ripartire le adozioni internazionali»

All’indomani della riunione della Commissione Adozioni Internazionali, dopo 38 mesi, ecco la prima intervista alla vicepresidente della CAI. In arrivo verifiche su tutti gli enti autorizzati, con un pool di commissari.

L’ultima volta prima di ieri la Commissione Adozioni Internazionali si era riunita il 27 giugno 2014. Dopo di allora, come noto e come ripetuto, Silvia Della Monica non aveva più convocato la Commissione. Lo ha fatto ieri Laura Laera, che dal 15 giugno 2017 ha iniziato il suo lavoro come vicepresidente della Commissione Adozioni Internazionali. Alla riunione ha partecipato anche Paolo Gentiloni, che è presidente della CAI. È la “prima volta” di un Presidente del Consiglio a una riunione della Commissione: certamente un segnale di attenzione beneaugurante rispetto alla auspicata ripresa di attenzione da parte della politica per le adozioni internazionali (senza dimenticare che Gentiloni era Ministro degli Esteri durante gli anni della complicata vicenda delle adozioni in Repubblica Democratica del Congo, quindi non digiuno del tema). Subito in serata, ieri, sul sito della CAI era apparso un comunicato che presentava sinteticamente i temi affrontati e le decisioni prese, un altro bel segnale di comunicazione.

Ecco ora la prima intervista della vicepresidente Laura Laera.

Il comunicato che ha fatto ieri sera parla di irregolarità della passata gestione e cita alcuni esempi di irregolarità amministrative. Ci sono altri esempi?

Non abbiamo trovato gli originali di molti atti, tra i quali gli originali degli accordi bilaterali stipulati con alcuni Paesi, come ho scritto nel comunicato di ieri. Diciamo che è in atto un riordino di tutta l’attività amministrativa e man mano che troviamo criticità le riferiremo a chi di dovere.

Non c’è stato un passaggio di consegne, la ex vicepresidente non le ha detto dove si trovano gli originali degli atti?

Ho scritto una lettera alla dottoressa Della Monica, chiedendole dove fossero gli originali di alcuni atti particolarmente rilevanti e anche di fissare un appuntamento per un passaggio di consegne. La risposta è stata negativa, mi è stato detto che un passaggio di consegne non è formalmente previsto.

Ha riscontrato irregolarità anche di altro tipo? Nei mesi scorsi ad esempio sono state pubblicate delle intercettazioni della ex vicepresidente da cui emergerebbe una distruzione di documenti.

Preferirei non parlarne.

La Commissione ieri ha stabilito che tutti gli enti saranno sottoposti a verifica: una decisione importante, perché le famiglie hanno bisogno di chiarezza per potersi affidare tranquillamente a un ente, visto che negli ultimi tre anni il tema della legalità delle adozioni è emerso più volte, le famiglie che hanno segnalato diverse vicende critiche, ci sono diversi enti accusati ma nei fatti due soli enti sono stati sottoposti a verifica e nessun provvedimento è stato preso. Quando comincerete? Con che priorità?

Per due enti era stata disposta l’apertura di una verifica con provvedimento monocratico della ex vicepresidente, non seguito dal vaglio della Commissione. I provvedimenti in questione poi non contengono contestazioni specifiche. Ora faremo una verifica per tutti gli enti e siccome un criterio di priorità è necessario, partiremo come ho scritto da quelli che hanno presentato più criticità, quelli per cui ci sono segnalazioni plurime o eventuali pendenze. Partiremo al più presto. Una ipotesi di lavoro che ho presentato alla Commissione è quella di creare un pool di commissari che affianchino me e la struttura per dar corso a questa attività. Ovviamente prima dovranno essere completate le nomine dei commissari.

Quanto alla segreteria tecnica della CAI, invece, su quali forze può contare?

Quando mi sono insediata la Commissione contava sull’operato di 12 persone: nel frattempo sono arrivate due unità di cui una proprio lunedì, altre sono state richieste e la Presidenza del Consiglio sta provvedendo con sollecitudine. Siamo ancora lontani però dall’essere al completo, manca ancora la dirigente di prima fascia e per la seconda fascia ho una persona ad interim che tra poco dovrebbe diventare effettiva. Insomma, su tre dirigenti ne abbiamo quasi uno, ancorché molto valido.

Guardando alle famiglie, c’è il ripristino della Linea CAI e questa novità del fascicolo digitale. In cosa consisterà?

Consentirà alla coppia di avere accesso al proprio fascicolo digitale, attraverso lo SPID. L’obiettivo è rendere più trasparente la scansione del lavoro, le coppie non dovranno telefonare ogni volta per chiedere a che punto è la loro procedura ma avranno accesso diretto ai documenti che li riguardano. Questo renderà tutti più diligenti, dalla CAI agli enti autorizzati. La digitalizzazione dell’Ufficio è un mio obiettivo, siamo sommersi di carta, il fascicolo digitale oltre ad aumentare la trasparenza ci consente di liberare risorse.

Ci sono novità sui rimborsi delle famiglie che hanno adottato dopo il 2011?

No, non ancora.

In sintesi qual è il suo programma di lavoro?

Far ripartire la Cai, in tutte le sue competenze.

Ha già in programma viaggi all’estero?

Date precise ancora non ci sono, ma abbiamo una ipotesi per un viaggio in Vietnam. Ho intenzione anche di invitare in Italia alcune delegazioni.

Incontrerà anche gli Enti?

Prima di fare una plenaria, che va preparata, penso di fare degli incontri con gli enti autorizzati per settori di paesi. Mi sembra infatti più operativo ed efficace incontrare gli enti che sono presenti nello stesso Paese per verificare la situazione, le criticità eventuali e le prospettive. Poi si farà anche la plenaria.

Sara De Carli Vita.it 13 settembre 2017

www.vita.it/it/article/2017/09/13/laera-il-mio-programma-far-ripartire-le-adozioni-internazionali/144484

▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬

CONFERENZA NAZIONALE SULLA FAMIGLIA

Conferenza 2017. Matone: «Aiutare le famiglie non è una spesa ma risorsa per tutti»

Il 28 e 29 settembre 2017, a Roma, politica, istituzioni, sindacati e associazioni a convegno. Tutto pronto per la Terza Conferenza nazionale della famiglia. L’appuntamento, organizzato dal governo, si svolgerà a Roma, il 28 e 29 settembre. Sono sei i gruppi di lavoro che daranno vita all’incontro. Il lavoro preparatorio è stato diretto dall’Osservatorio nazionale presieduto dal magistrato Simonetta Matone che ha coordinato anche il gruppo “Famiglia risorsa” su fragilità, povertà, educazione. Due gruppi hanno messo al centro il tema della fiscalità. Il primo coordinato da Marco Alleva (Università Cattolica), il secondo da Mauro Maré (Università Luiss). Gli altri gruppi si sono occupati di demografia (Gian Luigi De Palo, presidente Forum); welfare (Riccardo Prandini, Università di Bologna); diritto di famiglia (Gianni Ballarani, Lateranense).

A pochi giorni dall’evento Matone non nasconde la sua soddisfazione. Il titolo scelto per la Conferenza nazionale di Roma ne sintetizza con efficacia gli obiettivi: ‘Più forte la famiglia, più forte il Paese’. E sarà una tappa decisiva per affermare la centralità sociale, politica e culturale di genitori e figli. Altro che privatizzazione delle relazioni affettive. «Questa Conferenza non nasce soltanto perché normativamente prevista, ed è quindi un atto obbligato, ma soprattutto perché in questo modo sarà possibile offrire un buon contributo al governo nella comprensione della realtà familiare italiana. E lo facciamo alla vigilia della legge di stabilità perché il governo sappia quali sono le reali esigenze del Paese».

Gli ‘stati generali’ della famiglia si terranno a Roma, come detto, con cinque anni di ritardo sulla data prevista. La legge a cui fa riferimento Matone è quella che prescrive l’organizzazione di una conferenza nazionale sulla famiglia, indetta dal governo, ogni due anni. E, visto che la precedente edizione si è tenuta a Milano nel 2010, la successiva avrebbe dovuto essere organizzata nel 2012. Forse proprio perché c’è stato modo di pensarci a lungo, la Conferenza 2017 è stata organizzata con grande cura. Simonetta Matone ha coordinato i sei gruppi di lavoro dell’Osservatorio che hanno messo a punto le proposte per l’avvio della riflessione. Un lavoro intenso, portato a termine in modo omogeneo grazie ai contributi arrivati dalla diverse sensibilità culturali degli esperti coinvolti. «Avevano di fronte la necessità di guardare il Paese reale, anche alla luce delle recenti interventi legislativi decisi dal Parlamento. Non possiamo negare che le leggi approvate, in questi ultimi anni, sono risultate numerose e importanti. Non entro naturalmente nel merito dei provvedimenti, mi limito a prenderne atto».

Nell’ambito della Conferenza, Simonetta Matone presiederà il gruppo ‘famiglia risorsa’ che ha affrontato, nelle sue varie declinazioni, il tema della fragilità familiari, delle solitudini, delle famiglie spezzate. Intendendosi per famiglie spezzate anche quelle che rimangono sole, ragazze madri, padri separati che rimangono senza casa. Tutta quella galassia di solitudine cioè prodotta dalla deflagrazione della famiglia. Il gruppo ‘famiglia risorsa’ non ha neppure dimenticato il grande ambito delle povertà, quelle economiche e quelle esistenziali. Le fatiche relazionali e quelle psicologiche. «Un problema accresciuto purtroppo – osserva ancora – dalla carenza di servizi sociali determinato dalla contrazione della spesa pubblica sul fronte del welfare. Una carenza che spesso diventa dramma».

Altra grande questione affrontata quella dell’emergenza educativa e dei rapporti tra le generazioni. Al di là dei tanti episodi che irrompono nelle cronache, gli esperti hanno considerato l’opportunità di formulare proposte concrete rivolte a tutti i genitori che quotidianamente si confrontano con la fatica di educare. «Concretamente – riprende Simonetta Matone – non sappiamo ancora che forma prenderanno queste proposte. Dipenderà dall’esito dei lavori. La Conferenza si aprirà con una relazione del presidente dell’Istat, Giorgio Alleva e con un mio intervento. Poi si lavorerà nei gruppi, anche con il contributo di relatori esterni che verranno via via indicati. Al termine dei lavori si farà sintesi tra le relazioni dei lavori di gruppo e le sintesi degli esperti. Il secondo giorno, il tutto verrà riportato all’interno della plenaria, come si fa sempre in questi casi».

Un profilo scientifico alto che dovrebbe mettere al riparo la Conferenza dal rischio polemica ideologica del tipo: di quale famiglia si parla? Quali saranno le cosiddette ‘variazioni familiari’ che avranno diritto di cittadinanza? «Molto semplice – osserva ancora la presidente dell’Osservatorio sulla famiglia – visto che abbiamo deciso di dedicarci ai problemi reali della maggioranza delle famiglie, lasciando da parte situazioni marginali che riguardano piccole, se non irrisorie minoranze che spesso sono il frutto di solo di egoismi personali. Parleremo di vere emergenze, non di pretese ideologiche. E lo posso dire con cognizione di causa visto che per 17 anni, da magistrato, mi sono occupata di famiglie in difficoltà. E le famiglie in difficoltà, per dirlo con franchezza, non sono quelle che cercano un figlio a tutti costi – e a caro prezzo – con l’utero in affitto. Questi non sono i problemi quotidiani delle famiglie ordinarie. Noi parleremo di bisogni ed esigenze autentiche. Punto».

«E poi dobbiamo convincerci – conclude il magistrato – che la fragilità di una famiglia può essere sostenuta efficacemente solo lo Stato non è lontano. Investire nel sociale fa risparmiare nel penale». Ora sarà necessario capire quali investimenti intenderà realmente fare il governo sui temi delle varie solitudini e fragilità familiari. Nella convinzione che, più che una spesa, si tratterà probabilmente di un risparmio per tutti.

Luciano Moia Avvenire 13 settembre 2017

www.avvenire.it/attualita/pagine/aiutare-le-famiglie-non-una-spesa-ma-risorsa-per-tutti

 

Conferenza Famiglia. «Relazioni in crisi? Lo Stato non è estraneo»

Ilaria Marzi, esperta del gruppo “famiglia risorsa”: la parola d’ordine per tutte le fragilità si chiama prevenzione. Al centro del nostro impegno l’emergenza educativa che coinvolge tutti

«Centralità del ruolo della famiglia e problematiche sociali». È il titolo del documento che verrà presentato dal gruppo ‘famiglia-risorsa’ coordinato da Simonetta Matone. Un testo molto ampio che rappresenta la sintesi di tutte le problematiche, economiche, sociali, relazionali, educative e psicologiche con cui devono confrontarsi oggi le famiglie in Italia. Quelle che ancora, con fatica e con sacrificio, riescono a portare avanti la loro missione, e quelle che hanno visto disgregarsi il loro progetto d’amore. Amore, sì. Sembra una parola un po’ stonata tra le cifre, le emergenze, i dati, le proiezione e le statistiche esaminate in questi ultimi sei mesi dagli esperti che hanno preparato la Conferenza nazionale 2017. Ma in nessun momento gli addetti ai lavori – docenti universitari, sindacalisti, funzionari istituzionali, rappresentanti di associazioni – hanno dimenticato che alla base di tutte le loro riflessioni c’è una relazione affettiva e un progetto di vita a due.

«Il nostro documento – spiega Ilaria Marzi, dirigente del Settore autonomia e inclusione sociale della Regione Lombardia, che durante la Conferenza sarà chiamata a coordinare il gruppo su questi temi – abbraccia una serie di temi molto ampi, dalle fragilità e povertà familiari alle difficoltà relazionali, dalle emergenze educative alla galassia di separazioni e divorzi, e a tanto altro ancora. Tutte le difficoltà cioè che la famiglia è chiamata ad affrontare. Certo, quelli di tipo educativo sono tra i problemi sottolineati con maggior rilievo perché vanno ad intrecciarsi con la ragione stessa dell’essere famiglia. Possiamo dire che è proprio una delle priorità del documento».

Per affrontare la questione, il documento sottolinea l’esigenza di rafforzare le responsabilità genitoriali, di agevolare il dialogo tra famiglia e ambito scolastico, la promozione dei servizi socio-educativi per l’infanzia, le iniziative per sostenere i progetti di conciliazione famiglia- lavoro, il sostegno alle famiglie con anziani e disabili, gli aiuti per le attività di cura. Il testo, come detto, ha uno sguardo molto ampio. Comprende tre macro aree. Inizialmente un focus generale sui problemi della famiglia oggi in Italia. Una famiglia che vive in contesti complessi, spesso alle prese con situazioni economiche difficili e con dinamiche relazionali conflittuali. In queste situazioni, cosa chiede la famiglia alle istituzioni? «Parliamo di ‘famiglie’ – risponde l’esperta – non di ‘famiglia’, mi sembra più rispettoso della molteplicità di situazioni esistenti. Un gruppo di lavoro ha focalizzato l’attenzione sulla prima parte del documento, quella di tipo generale.

Un secondo gruppo si è concentrato sulle varie criticità, quelle che prima abbiamo ricordato. E infine, un terzo ha tentato di individuare alcune possibili risposte. Ci siamo chiesti quali potrebbero essere le risorse da mettere in campo per affrontare le varie emergenze familiari». Tra i tanti aspetti sottolineati quello della prevenzione delle povertà. «Abbiamo pensato cioè a utilizzare strumenti di innovazione sociale che – osserva ancora la dirigente della Regione Lombardia – ci permetterebbero di intervenire, a livello locale, prima che scatti l’allarme rosso».

La logica della prevenzione ha ispirato anche le proposte sull’altro grande capitolo, quello delle disgregazioni familiari. Anche in questo caso la ricetta sembra semplice. Quanti matrimoni si potrebbero salvare rafforzando le relazioni tra le famiglie, e tra le famiglie e i servizi? «In ogni caso le istituzioni dovrebbero essere in grado di assicurare un aiuto specifico in tutti i momenti di crisi e di difficoltà, offrendo a queste famiglie anche un percorso di accompagnamento, come stiamo facendo in Lombardia». In tutto questo lavoro sarà centrale il compito dell’associazionismo familiare, non sono per progettare e coordinare, ma poi anche per fare da ponte tra istituzioni e famiglie.

Ne è ben consapevole Maria Grazia Colombo, vicepresidente del Forum, che in questi mesi ha offerto un prezioso contributo di idee proprio nel gruppo ‘famiglia risorsa’ dell’Osservatorio nazionale. «Abbiamo tentato di mettere in luce sia la rilevanza sociale della famiglia, sia la necessità di promuoverne la soggettività. Rilevanza sociale – spiega la rappresentante del Forum – vuol dire che sarebbe sbagliato considerare le relazioni familiari solo come fatto privato. Mentre il criterio della soggettività ci aiuta a non pensare alla famiglia solo come oggetto di aiuti, anzi ci obbliga a responsabilizzarne scelte e decisioni, superando la logica assistenziale». Solo con questa prospettiva sarà possibile, dopo aver individuato i problemi, coinvolgere le famiglie nella risoluzione degli stessi.

«Quando parliamo di rilevanza sociale della famiglia – osserva ancora Colombo – intendiamo proprio il riconoscimento di questa soggettività di cui le associazioni si fanno interpreti. C’è lo Stato, ci sono le istituzioni locali, ma c’è anche l’associazionismo che è l’espressione stessa delle famiglie. È la logica della sussidiarietà». Una preoccupazione condivisa dallo spirito del documento di base che, come recita il titolo, sottolineando la centralità sociale della famiglia, ne sottolinea di fatto la responsabilità. «E questo – conclude la vicepresidente del Forum – è vero sia per le proposte da mettere a punto di fronte alle varie forme di fragilità, sia per il grande capitolo dell’educazione».

Luciano Moia Avvenire 13 settembre 2017

www.avvenire.it/attualita/pagine/relazioni-in-crisi-lo-stato-non-estraneo

▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬

CONSULTORI FAMILIARI

Bologna. Consultorio familiare bolognese. “Crescere tra reale e virtuale”.

Educare all’empatia e alla solidarietà nell’epoca del narcisismo.

Albero Pellai, medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva, ricercatore presso il dipartimento di scienze biomediche dell’Università degli studi di Milano.

Sabato 14 ottobre 2017 ore 9. Teatro via Bellinzona 6 Bologna

Con questo convegno, vorremmo mettere in evidenza un passaggio auspicabile per le nuove generazioni: da relazioni connotate da paura/chiusura/individualismo a relazioni connotate da empatia/solidarietà/condivisione.

Quali strategie educative sono? possibili per favorire questo?

La partecipazione è aperta a genitori, educatori, insegnanti e a tutti coloro che hanno a cuore l’educazione. www.consultoriobolognese.com

 

Rovigo. Percorso esperienziale dopo una separazione e/o un divorzio

Guardo al fu-turo grazie al per-dono

Condotto dalla dr Mercedes Indri De Carli (psicoterapeuta, consulente familiare)

Dopo una dolorosa esperienza di separazione lo sguardo fiducioso verso il futuro è legato alla capacità di “turare il fu”, cioè riuscire a chiudere con il passato, non rimuovendolo o cancellandolo ma guardandolo con occhi misericordiosi cercando di cogliere anche le dimensioni di opportunità e risorsa. Un altro elemento importante è la capacità di perdonare l’altro e di perdonarsi per gli errori commessi. È questo atteggiamento di perdono diventa un dono per!

Si propongono degli incontri di gruppo auto centrati, durante i quali con specifici esercizi esperienziali si vanno ad esplorare le dinamiche personali al fine di capire non solo in modo razionale l’esperienza vissuta, in modo da poterla guardare con tenerezza e finalmente in modo pacificato.

Argomenti che affronterà il percorso: a) Le dinamiche della perdita b) Mi perdono, Mi regalo c) Lo/La perdono, Gli/Le regalo

Sono previsti 3 incontri di un giorno solo (la domenica), con cadenza trimestrale, da novembre 2017.

Iscrizioni entro il 30 settembre 2017.

E-mail:cfdrovigo@gmail.comwww.diocesi.rovigo.it/home-consultorio.html

▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬

CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM

Faenza. Cinquantesimo del Consultorio.

Il Consultorio, fondato nel 1967 da Vittoria e Giovanni Pezzi, socio del Centro Italiano di Sessuologia, compie i suoi primi 50 anni di attività. E’ stato anche socio fondatore dell’UCIPEM il 24 marzo 1968.

Celebra la ricorrenza con tre eventi.

  1. 24 settembre ore 16, piazza della libertà: Labirinto i passi della pace, condotto dalla dr Rita Roberto, pedagogista, presidente dell’Associazione Italiana Consulenti della Coppia e della Famiglia. (in occasione della Festa delle Associazioni.

  2. 9 ottobre ore 20,45, cinema Europa, via s. Antonino 4: cineforum con il film Les Souvenirs (2014)

  3. 28 ottobre ore 16, Faventia Sales, via s. G. Bosco: incontro pubblico

Introduzione e saluti: dr Angelo Gambi, presidente Centro Famiglia Faenza

can.Michele Morandi, vicario generale della diocesi di Faenza, Modigliana

dr Giovanni Malpezzi, sindaco di Faenza

p. Alfredo Feretti, omi, presidente-direttore consultorio “La famiglia” Roma

Ascoltare e bisogno di essere ascoltati, in famiglia, nella coppia e nelle relazioni con gli altri”

Anniversario: chiesa s.Antonio, p.s.Giacomo della Penna: s.Messa presieduta dal Vescovo mons. Mario Toso,

www.pastoralefamiliarefaenza.it/wp/?tag=consultorio-familiare-faenza

▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬

CONVIVENZA

Conviventi: quale eredità con o senza testamento?

  • Al convivente spetta il diritto di succedere e l’eredità del partner che non ha fatto testamento?

  • Che succede se due persone convivono e una di queste muore senza lasciare testamento?

  • Il superstite ha diritto a una quota dell’eredità del defunto e come si attua, in tali casi, la successione all’interno della cosiddetta «famiglia di fatto»?

  • Come noto la legge Cirinnà ha modificato la materia delle coppie conviventi, disponendo in favore di queste una serie di diritti minimi, diritti che però possono essere estesi dagli interessati firmando un «patto di convivenza».

Regole di successione tra conviventi se manca il testamento. Il convivente superstite non ha diritto a una quota di eredità del convivente defunto, non rientrando tra gli eredi legittimi previsti dal codice civile. Tuttavia i partner possono regolare i loro rapporti successori in modo diverso stipulando un contratto di convivenza. In esso le parti possono inserire clausole che regolano gli aspetti economici e patrimoniali in caso di morte di un convivente.

In ogni caso, al convivente superstite non spetta la pensione di reversibilità.

Regole di successione tra conviventi se c’è il testamento. Nonostante l’assenza di diritto a succedere previsto dalla legge, ogni convivente può nominare, come suo erede, il partner, citandolo nel proprio testamento (sia esso olografo o pubblico). Egli, in particolare, può prevedere una delle seguenti disposizioni a favore dell’altro:

  • Nominare erede il convivente;

  • Lasciare al convivente la proprietà della casa o l’usufrutto o il diritto di abitazione sulla stessa;

  • Istituire un legato a favore del convivente per determinati cespiti o diritti (ad es. per il diritto di abitazione);

  • Prevedere un obbligo di mantenimento dell’altro convivente come legato a carico di un suo erede.

Insomma, si tratta delle consuete libertà riconosciute dalla legge a chiunque altro, con un unico limite – valevole quindi anche per i conviventi – di non violare le quote di legittima

www.laleggepertutti.it/150537_quali-sono-le-quote-di-legittima-e-cosa-spetta-ai-legittimari

In altre parole, il convivente è sì libero di lasciare al partner non sposato una parte del proprio patrimonio, ma deve comunque far salvi i diritti dell’eventuale figlio o dei genitori o dei nonni se ancora in vita. Tali soggetti vengono definiti dalla legge «legittimari» e hanno sempre diritto a una quota dell’eredità, anche in presenza di testamento che disponga diversamente. I legittimari sono il coniuge anche separato, figli e nipoti e, in loro mancanza, i genitori. Se il testamento lede le loro posizioni, essi possono agire con l’azione di lesione della legittima. Solo la restante parte del patrimonio del testatore (cosiddetta «disponibile») può essere lasciata liberamente a chi questi desidera, ivi compreso il partner.

Risarcimento in caso di morte per fatto illecito. In caso di morte del convivente, la legge prevede il diritto del partner di ottenere il risarcimento del danno da parte dell’eventuale responsabile (si pensi al caso di incidente stradale) secondo regole e criteri validi anche per il risarcimento del danno al coniuge superstite.

Tale possibilità era ammessa anche prima del decreto Cirinnà da parte della giurisprudenza che, addirittura, riconosce il diritto al/alla fidanzato/a in vista delle imminenti nozze.

Se la persona offesa è morta in conseguenza di un reato, le facoltà e i diritti previsti dalla legge sono esercitati dai prossimi congiunti di essa o da persona alla medesima legata da relazione affettiva e con essa stabilmente convivente.

Pensione di reversibilità e TFR. Al convivente superstite non spetta la pensione di reversibilità (che spetta invece alle coppie sposate), in quanto la legge [L. 335/1995] non include espressamente il convivente tra i soggetti che possono beneficiarne.

Il decreto Cirinnà non ha modificato tale situazione, né le parti possono prevedere diversamente in un eventuale contratto di convivenza. Il divieto per il convivente di ottenere la pensione di reversibilità è attualmente riconosciuto anche dalla giurisprudenza [C. Cost. Sent. n. 461/2000] anche quando la convivenza presenta i caratteri della stabilità e della certezza tipici del rapporto coniugale.

Allo stesso modo il convivente superstite non ha diritto ad alcuna quota di liquidazione del TFR (trattamento fine rapporto).

Redazione La legge per tutti 13 settembre 2017

www.laleggepertutti.it/159947_conviventi-quale-eredita-con-o-senza-testamento

▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬

DALLA NAVATA

XXIV domenica del tempo ordinario – Anno A – 17 settembre 2017

Siracide 28, 08 Ricorda i precetti e non odiare il prossimo, l’alleanza dell’Altissimo e dimentica gli errori altrui.

Salmo 103, 11 Perché quanto è alto il cielo sulla terra, così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono.

Romani 14, 07 Nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore.

Matteo 18, 35 Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello.

 

Perdonare fino a settanta volte sette. Commento di Enzo Bianchi, priore emerito a Bose

Terminiamo la lettura del quarto dei cinque grandi discorsi di Gesù nel vangelo secondo Matteo, detto anche discorso ecclesiale o comunitario, perché in esso sono contenuti insegnamenti riguardanti la vita dei discepoli viventi in comunità, nelle chiese. Viene innanzitutto riferito il contesto dell’insegnamento di Gesù contenuto nella sua parabola. Avendo egli enunciato le esigenze della correzione fraterna e del perdono reciproco (cf. Mt 18,15-20), Pietro solleva una questione alla quale Gesù risponde subito in modo perentorio, ma poi rivela “in proposito”  cosa accade nel regno dei cieli, quale comportamento l’azione di Dio ispira ai discepoli. Questa pagina è un insegnamento decisivo nella vita ecclesiale, e dobbiamo confessare che noi cristiani la leggiamo spesso e volentieri, ma poi non riusciamo a metterla in pratica quando siamo coinvolti in dinamiche analoghe.

Pietro dunque si avvicina a Gesù e gli chiede: “Signore, se il mio fratello pecca contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette (numero di pienezza e totalità) volte?”. Domanda comprensibile: si può perdonare senza tenere conto del numero di volte in cui il perdono viene rinnovato? Se uno continua a compiere lo stesso male contro di me, fino a quante volte posso perdonarlo? Certamente Pietro non dimentica che nella Torah sta scritto che Lamech, il sanguinario figlio di Caino, canta la ripetizione della vendetta fino a sette e poi fino a settanta volte sette (cf. Gen 4,23-24). Pietro è già misericordioso, perché in verità non è facile perdonare sette volte lo stesso peccato allo stesso offensore. Ma Gesù gli risponde con autorità: “Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette”, cioè sempre, all’infinito! Senza se e senza ma, il discepolo di Gesù perdona senza calcolare il numero delle volte. Di fronte a una tale dichiarazione l’ascoltatore resta stupefatto, forse anche esterrefatto, perché non è facile né comprendere né assumere questo atteggiamento. Ciò che Gesù chiede non è forse troppo? È possibile per l’essere umano perdonare sempre?

Allora Gesù spiega quelle sue parole così nette attraverso una parabola che, come sempre sulla sua bocca, è rivelazione, è un alzare il velo su Dio e sulla sua azione. Il racconto, che mette in scena un re e due servi debitori, si sviluppa in tre atti, seguiti da un commento conclusivo di Gesù (v. 35):

  1. Il re e il debitore nei suoi confronti (vv. 23-27);

  2. Il primo debitore e un fratello a sua volta debitore verso di lui (vv. 28-31);

  3. Il confronto definitivo tra il re e il primo debitore (vv. 32-34).

Un re vuole fare i conti con i suoi servi, ed ecco che gliene viene presentato uno il quale è debitore verso di lui di una cifra enorme, iperbolica: diecimila talenti, cioè cento milioni di denari (tenendo conto che un denaro corrisponde alla paga media giornaliera di un operaio), impossibile da rimborsare per un servo! Di fronte alla prospettiva della vendita dei suoi familiari come schiavi e della prigione per sé, quest’uomo si inginocchia davanti al re e lo supplica: “Sii grande di animo con me (sii paziente con me, ) e ti restituirò ogni cosa” (ciò che è impossibile!). Di fronte a tale disperazione e sofferenza il re, “mosso a viscerale compassione” (), preso cioè da un sentimento di misericordia, lo lascia andare e gli condona il debito. Siamo in presenza di un re che esige l’osservanza della legge ma che, di fronte, a chi soffre perché non può ottemperare alla giustizia, fa regnare la misericordia e non più la legge. Egli ha un cuore capace di lasciarsi ferire dal male patito dal suo servo.

Ma ecco la scena simmetrica. Quest’uomo perdonato, radicalmente salvato insieme alla sua famiglia, esce libero, per vivere in pienezza di libertà e di relazioni; e subito incontra un suo compagno, anzi precisamente un suo con-servo (), debitore nei suoi confronti di una cifra modesta, cento denari, l’equivalente della paga di poco più di tre mesi di un lavoratore nella campagna. Appena lo vede, lo afferra al collo e lo soffoca intimandogli di saldare il debito. L’altro lo supplica con le medesime parole da lui usate in precedenza: “Sii grande di animo con me (sii paziente con me) e ti restituirò”. Ma egli non accetta, perciò lo fa gettare in prigione fino al momento della restituzione del debito. Nella prima scena il re perdona al servo, nella seconda il perdonato non perdona al fratello!

La differenza di comportamento tra i due creditori è messa in luce dalla terza scena. Quando il re viene a sapere dagli altri servi ciò che ha fatto il servo da lui perdonato, lo fa chiamare e lo apostrofa: “Servo cattivo, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà () del tuo con-servo, così come io ho avuto pietà di te?”. Ecco rivelato il fondamento di ogni azione di perdono: l’essere stati perdonati. Il cristiano sa di essere stato perdonato dal Signore con una misericordia gratuita e preveniente, sa di aver beneficiato di una grazia insperata, per questo non può non fare misericordia a sua volta ai fratelli e alle sorelle, debitori verso di lui in modo certo meno grave. In questa parabola – lo ripeto – non è questione di quante volte si deve dare il perdono, ma si tratta di riconoscere di essere stati perdonati e dunque di dover perdonare. Se uno non sa perdonare all’altro senza calcoli, senza guardare al numero di volte in cui ha concesso il perdono, e non sa farlo con tutto il cuore, allora non riconosce ciò che gli è stato fatto, il perdono di cui è stato destinatario. Dio perdona gratuitamente, il suo amore non va mai meritato, ma occorre semplicemente accogliere il suo dono e, in una logica diffusiva, estendere agli altri il dono ricevuto.

Comprendiamo così l’applicazione conclusiva fatta da Gesù. Le parole che egli pronuncia sono parallele, identiche nel contenuto, a quelle con cui chiosa la quinta domanda del Padre nostro – “Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori” (Mt 6,12); l’unica, non lo si dimentichi, da lui commentata.

Se voi perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe. (Mt 6,14-15) Così anche il Padre mio che è nei cieli farà a voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello (Mt 18,35).

Niente perdono da parte di Dio a noi, se noi non perdoniamo gli altri. O meglio, se non siamo ministri di questa misericordia ricevuta da Dio, che ci perdona sempre e ci ha perdonati una volta per tutte attraverso Gesù Cristo, egli ritira il suo perdono, come l’ha ritirato al servo inizialmente perdonato. Sarebbe una smentita del Dio che si professa e si proclama, l’essere da lui perdonati e poi non perdonare gli altri… La chiesa è una comunità di perdonati che perdonano, per questo al suo cuore c’è l’eucaristia, in cui si vive la remissione dei peccati a parte di Dio affinché siamo a nostra volta ministri di perdono e di misericordia nella chiesa stessa e nella compagnia degli uomini, nel mondo.

Da questa pagina il cristiano deve innanzitutto imparare a discernere il vero volto di Dio, quello che (Mt 18,35 ci ha narrato ( Gv 1,18), e saper sovrapporre questo volto ultimo e definitivo sugli altri che le Scritture stesse ci hanno consegnato. Non bisogna infatti nascondere che talvolta nelle Scritture appare tratteggiato un Dio che castiga e non esaudisce chi chiede pietà, un Dio che non reitera il perdono. Un esempio su tutti, che è una smentita letterale del Nome del Signore consegnato a Mosè (cf. Es 34,6-7), si trova all’inizio della profezia di Naum: “Un Dio geloso e vendicatore è il Signore, vendicatore è il Signore, pieno di collera. Il Signore si vendica degli avversari e serba rancore verso i nemici. Il Signore è lento all’ira, ma grande nella potenza e nulla lascia impunito” (Na 1,2-3).

Ma Gesù ci consegna l’ultima e definitiva narrazione di Dio. Per noi cristiani la misericordia di Dio è il tratto essenziale per conoscerlo ed è l’azione con cui Dio stesso ci mette in comunione con sé: è il modo in cui Dio rivela la sua onnipotenza! Non è facile accettare questo volto di Dio, perché tutte le religioni hanno sempre predicato un Dio che fa giustizia, che punisce il male commesso, che nella sua onnipotenza castiga. Non è facile perché noi umani abbiamo dentro di noi un concetto di “giustizia umana” e pretendiamo di proiettarlo su Dio. Ma Gesù ci ha rivelato il volto di Dio come volto di colui che ci ha amati mentre gli eravamo nemici, ci ha perdonati mentre peccavamo contro di lui, ci è venuto incontro mentre noi lo negavamo (cf. Rm 5,8.10).

Ecco perché Gesù ci chiede addirittura l’amore verso i nemici (cf. Mt 5,43-47), novità del comandamento dell’amore del prossimo (cf. Mt 19,19; 22,39; Lv 19,18) esteso fino al nemico. In obbedienza al Signore Gesù, dunque, l’amore e il perdono del cristiano siano gratuiti, senza calcoli né restrizioni, “di cuore”. Se il cristiano perdona facendo calcoli, svaluta quel perdono che proclama a parole. Perdonare l’imperdonabile: questa l’unica misura del perdono cristiano!

www.monasterodibose.it/preghiera/vangelo/11793-perdonare-fino-a-settanta-volte-sette

▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬

ETS (già ONLUS) NON PROFIT

Quali sono gli enti che potranno iscriversi al nuovo registro unico?

Ai sensi del Decreto Legislativo 3 luglio 2017, n. 117 “Codice del Terzo settore

www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/08/2/17G00128/sg

potranno iscriversi al Registro che, lo ricordiamo, non sarà operativo prima che sia trascorso almeno un anno, “le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi” (art. 4, comma 1).

Non potranno invece iscriversi le amministrazioni pubbliche, le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche, le associazioni di datori di lavoro, nonché gli enti sottoposti a direzione e coordinamento o controllati dai suddetti enti, ad esclusione dei soggetti operanti nel settore della protezione civile (art. 4, comma 2).

Il Registro sarà diviso nelle seguenti sezioni (art. 46):

  1. Organizzazioni di volontariato;

  2. Associazioni di promozione sociale;

  3. Enti filantropici;

  4. Imprese sociali, incluse le cooperative sociali;

  5. Reti associative;

  6. Società di mutuo soccorso;

  7. Altri enti del Terzo settore.

Ad eccezione delle reti associative, nessun ente può essere contemporaneamente iscritto in due o più sezioni.

Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali potrà, con proprio decreto, istituire sottosezioni o nuove sezioni o modificare le sezioni esistenti.

Newsletter Non profit on line 15 settembre 2017

www.nonprofitonline.it/default.asp?id=508&id_n=7427&utm_campaign=Newsletter+Non+profit+on+line+15+settembre+2017&utm_medium=email&utm_source=CamoNewsletter

 

Nuovi obblighi per i beneficiari di erogazioni pubbliche

Legge 4 agosto 2017, n. 124

www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/08/14/17G00140/sg

La legge annuale per il mercato e la concorrenza introduce anche misure in materia di trasparenza delle erogazioni di sovvenzioni pubbliche, che saranno effettive dal 2018

La legge annuale per il mercato e la concorrenza (Legge 4 agosto 2017, n. 124, in vigore dal 29 agosto 2017), tra le varie novità, introduce anche misure in materia di trasparenza delle erogazioni di sovvenzioni pubbliche, che saranno effettive dal 2018.

Destinatari della normativa in parola, contenuta nell’art. 1, commi 125-129, sono alcuni enti non commerciali (come associazioni di protezione ambientale, associazioni dei consumatori e degli utenti, ma anche le associazioni in generale e le fondazioni) nonché tutte le imprese che ricevono sovvenzioni, contributi, incarichi retribuiti e vantaggi economici di qualunque genere, per un importo complessivo annuo superiore ai 10.000 Euro, da pubbliche amministrazioni, comprese le società da queste controllate di diritto o di fatto e società in partecipazione pubblica.

Ricorrendo queste condizioni, gli enti percipienti hanno l’obbligo di comunicare entro il 28 febbraio le sovvenzioni ricevute nell’anno precedente (se di importo complessivo superiore a 10.000 Euro) e le imprese percipienti devono darne informativa nella nota integrativa dei propri bilanci (compreso l’eventuale bilancio consolidato).

La norma utilizza locuzioni piuttosto ampie, destinate ad interessare una grande platea di soggetti ed una vasta categoria di erogazioni, ma che rischiano di far sorgere numerosi dubbi applicativi. Sono auspicabili, quindi, chiarimenti da parte delle amministrazioni competenti, che consentano di circoscrivere più precisamente l’ambito soggettivo e quello oggettivo della norma.

Newsletter Non profit on line 15 settembre 2017

www.nonprofitonline.it/default.asp?id=466&id_n=7423&utm_campaign=Newsletter+Non+profit+on+line+15+settembre+2017&utm_medium=email&utm_source=CamoNewsletter

▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬

EUROPA

No agli atti di divorzio stranieri che discriminano la donna

Va garantito, nel territorio Ue, il divieto di discriminazione nei confronti della donna. Così, gli Stati membri sono tenuti ad impedire l’ingresso di atti di divorzio – nella specie, trattasi di un atto sancito da un Tribunale islamico – che mettono la donna in una condizione di inferiorità, ancorché questa acconsenta.

E’ quanto si evince dalle conclusioni dell’Avvocato generale della Corte di Giustizia Ue, del 14 settembre 2017 nella causa C 372/16. La Corte, in particolare, era stata chiamata a pronunciarsi, in via pregiudiziale, su una domanda proposta dal Tribunale di Monaco di Baviera, in ordine all’interpretazione del Regolamento n. 1259/2010 del Consiglio, del 20 dicembre 2010, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale.

La vicenda da cui originava la questione, era il divorzio intervenuto tra due coniugi siriani, mediante una dichiarazione fatta firmare alla donna (secondo le regole della sharia) dinanzi ad un Tribunale religioso in Siria, con cui la stessa, a fronte del ricevimento di una somma, liberava il marito da qualunque obbligo nei suoi confronti. Ebbene, l’uomo aveva ottenuto il riconoscimento di detta pronuncia in Germania (dove gli ex coniugi erano tornati a risiedere) mentre la donna vi si opponeva. E nel giudizio di opposizione, il Giudice decideva per l’appunto di rivolgersi alla Corte di giustizia Ue.

Secondo l’Avvocato generale, in particolare, il suindicato Regolamento Ue n. 1259/2010 del 20 dicembre 2010, deve essere innanzitutto interpretato nel senso che non rientrano nel suo ambito di applicazione i divorzi pronunciati senza una decisione con effetto costitutivo emessa da un’autorità giurisdizionale o da un’altra autorità pubblica, come il divorzio risultante dalla dichiarazione unilaterale di un coniuge registrata da un Tribunale religioso.

Sì alla legge del foro, se quella straniera genera discriminazione. In ogni caso, qualora la Corte dovesse dichiarare che a siffatti divorzi di natura privata si applichi il Regolamento in questione, l’art. 10 dovrebbe essere interpretato nel senso che, da un lato, la legge del foro deve essere applicata allorché la legge straniera designata ai sensi degli articoli 5 o 8 di tale Regolamento generi in abstracto una discriminazione fondata sull’appartenenza dei coniugi all’uno o all’altro sesso e, dall’altro, la circostanza che il coniuge discriminato abbia eventualmente acconsentito al divorzio non incide sull’applicabilità di detto articolo.

Eleonora Mattioli Edotto 15 settembre 2017

www.edotto.com/file-download/corte-giustizia-ue—conclusioni-avvocato-generale-del-14-settembre-2017—causa-c-372—16

In Europa non è riconosciuto il divorzio islamico.

L’avvocato generale parte dalla constatazione che il regolamento si attua solo per le questioni relative all’individuazione della legge applicabile, ma riconosce una possibile indiretta attuazione nella vicenda in esame. In ogni caso, nel regolamento Roma III non possono essere inclusi i divorzi cosiddetti “privati” pronunciati all’estero, in sistemi giuridici di ispirazione musulmana nei quali si ammette lo scioglimento del matrimonio per volontà dello sposo.

La tutela dei valori comuni dell’Unione europea, incluso il divieto di discriminazione nei confronti della donna, va garantita nei casi di riconoscimento di atti di divorzio pronunciati all’estero. Di qui l’obbligo del giudice nazionale di impedire l’ingresso in uno Stato membro di atti di tribunali islamici che mettono la donna in una situazione di inferiorità. E questo anche quando il coniuge discriminato ha dato il suo consenso. Lo ha affermato l’avvocato generale della Corte di giustizia dell’Unione europea, Saugmandsgaard Øe, nelle conclusioni depositate ieri (C-372/16) con le quali ha chiarito che una discriminazione «fondata sull’appartenenza dei coniugi all’uno o all’altro sesso, riveste una gravità tale da dover comportare il rigetto assoluto, senza alcuna possibilità di eccezione nel singolo caso concreto, della totalità della legge altrimenti applicabile».

È stato il tribunale regionale superiore di Monaco di Baviera a chiamare in aiuto gli eurogiudici. Una coppia di cittadini siriani, che aveva acquisito anche la cittadinanza tedesca, si era sposata in un tribunale islamico di Homs (Siria). Dopo vari spostamenti, i coniugi erano rientrati in Germania. Il marito si era rivolto al tribunale religioso della sharia in Siria e aveva ottenuto il divorzio. La donna, secondo le regole della sharia, aveva dovuto firmare un dichiarazione con la quale accettava una somma di denaro e liberava il marito da ogni obbligo nei suoi confronti. L’uomo aveva chiesto ai giudici tedeschi il riconoscimento della pronuncia di divorzio. In un primo tempo aveva ottenuto il sì al riconoscimento, ma la ex moglie si era opposta e il tribunale regionale, prima di decidere, si è rivolto a Lussemburgo per l’interpretazione del regolamento n. 1259/2010 sull’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale (“Roma III”), in vigore dal 2012.

News studio legale Sugamele 17 settembre 2017

http://www.divorzista.org/sentenza.php?id=14322

 

La gestante esclusa dal licenziamento collettivo

Secondo il diritto comunitario, una dipendente in stato di gravidanza può essere licenziata solo se sussiste “un caso eccezionale” che non sia collegato alla maternità: tale caso eccezionale può non consistere in una procedura di licenziamento collettivo. Questa una delle conclusioni pronunciate dall’Avvocato generale presso la Corte di giustizia europea, nella causa C-103/16, che vede un’azienda spagnola procedere, sentite le parti sindacali, al licenziamento collettivo stabilendo i criteri per la scelta dei lavoratori da licenziare.

Tra i licenziati è stata compresa anche una dipendente che al momento della ricezione della lettera di licenziamento si trovava in stato interessante, ed ha presentato ricorso contro l’atto di licenziamento.

Nel caso in questione la Corte è chiamata ad interpretare il divieto di licenziamento delle lavoratrici gestanti, di cui all’articolo 10 della direttiva sulla maternità, in particolare si chiede di fornire sentenza su detto divieto in combinato disposto con la direttiva sui licenziamenti collettivi nel caso di una procedura di licenziamento collettivo.

Conclusioni: il licenziamento collettivo non rappresenta un caso eccezionale. Secondo l’Avvocato generale, ai sensi della direttiva sulla maternità, non ogni licenziamento collettivo si può considerare come un caso eccezionale. Spetterà al giudice nazionale valutare le singole situazioni in cui il licenziamento collettivo presenta caratteri tali da consentire che si possa derogare al divieto di licenziamento delle lavoratrici madri.

Inoltre per far ricorso a tale deroga, non deve esistere alcuna possibilità di riassegnare la lavoratrice a un altro posto di lavoro adeguato alla sua condizione.

Conclude, l’Avvocato generale, che, ai sensi dell’articolo 10, punto 2, della direttiva 92/1985, il preavviso di licenziamento deve contenere i giustificati motivi relativi ai casi eccezionali non connessi alla gravidanza che consentono il licenziamento.

Cinzia Pichirallo Edotto 15 settembre 2017

www.edotto.com/articolo/avvocato-generale-ue-la-gestante-esclusa-dal-licenziamento-collettivo?newsletter_id=59bbb50afdb95032002da783&utm_campaign=PostDelPomeriggio-15%2f09%2f2017&utm_medium=email&utm_source=newsletter&utm_content=avvocato-generale-ue-la-gestante-esclusa-dal-licenziamento-collettivo&guid=54391c3c-9f5e-4e1f-9459-3449d21653d1

▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬

MATRIMONIO

Svolta in Tunisia: anche le donne potranno sposare uomini di altre fedi

Fino ad ora era possibile solo per gli uomini, ma la decisione del presidente tunisino Essebsi apre nuove prospettive per i diritti delle donne, anche per gli altri paesi dell’area.

«Lottiamo affinché si cambi la legge che ci obbliga a far convertire all’islam i nostri mariti di diversa fede». Erano le parole di Houda Sboui, rilasciate qualche mese fa proprio sul nostro giornale. Tunisina, ma in Italia da 25 anni. Attiva politicamente tra le due sponde Tunisia e Italia. Sposata con un italiano e mai sottomessa a una legge che obbliga le musulmane a vedersi legalizzato il proprio matrimonio nel paese di origine solo dopo la conversione all’islam del proprio compagno. Oggi lei insieme a tante altre tunisine, dopo un’attesa di 25 anni, può festeggiare.

La Tunisia sorprende ancora, e abbatte l’ennesimo tabù che pesava sulle donne musulmane, abolendo il divieto per le donne a unirsi in matrimonio con uomini che non siano di fede islamica (gli uomini, invece, hanno sempre potuto sposare liberamente e senza conseguenze donne delle altre fedi monoteiste, ebraismo e cristianesimo). Il grande passo si è concretizzato ieri con l’annullamento della circolare del 1973 e di tutti gli altri testi che vietavano i matrimoni tra donne tunisine e non musulmani. Una pratica che riguarda tutti i paesi musulmani, ma che la Tunisia, come capofila di questa storica iniziativa, affronta nella direzione di portare la propria società, un passo alla volta, verso una maggiore uguaglianza tra uomini e donne. Gli altri paesi musulmani, al momento, restano al palo.

Le donne musulmane sposate a non musulmani non sono poche, e grazie alle crescenti migrazioni sono aumentate. Col numero sono aumentati anche i conflitti delle ragazze di seconda generazione con le loro famiglie, soprattutto quando si tratta di scegliere il compagno per una vita. Il risultato, in molti casi, è una falsa conversione da parte degli uomini. Un’ipocrisia non più sopportabile, denunciata da attivisti e intellettuali, che hanno chiesto a più riprese che tale divieto venga abolito, non solo perché contrario alla libertà e ai diritti delle donne, ma anche perché al di fuori di ciò che effettivamente il testo sacro dice in merito.

Lo spiega molto bene Asmaee Lamrabet, nel suo ultimo libro, “Islam et femmes: les questions qui fâchent” (En toutes lettres, 2017). Il divieto, secondo Lamrabet, proviene da un consenso religioso risalente a molti secoli addietro, basato su un’interpretazione umana e culturale ma che non trova nessun fondamento sul testo coranico. Il solo versetto coranico che parla di matrimonio, spiega Lamrabet, stabilisce una uguaglianza nel trattamento. Per ambedue i sessi è vietato sposare i politeisti e non chi appartiene ad altre fedi.

Intanto però, la Tunisia ha deciso di farne un tema centrale e quest’estate c’è stata la promessa ufficiale del presidente della Repubblica, Beji Caid Essebsi, subito dopo l’approvazione della legge contro le violenze sulle donne. Eredità e matrimoni misti sarebbero stati i passi successivi. Due scelte che hanno fatto storcere il naso ai conservatori di Al Azhar come a quelli dell’Università Zitouna, che hanno bollato tali iniziative come fuori e lontane dalla Sharia. Ma tant’è: la strada è ormai spianata e le tunisine – in attesa che si metta mano sulla questione eredità, altro vero ago della bilancia in materia di uguaglianza – possono intanto segnare un punto a loro favore. Le altre donne musulmane dei paesi vicini invece, hanno un esempio sul quale consolidare la propria lotta di emancipazione. Da oggi, non più un tabù intoccabile.

www.lastampa.it/2017/09/15/societa/e-sempre-l-8-marzo/svolta-in-tunisia-anche-le-donne-potranno-sposare-uomini-di-altre-fedi-CLjJy3rFVoAhfiHzKVUPoN

▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬

MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI

La novità. Cercasi tutore, sono soli 18mila piccoli migranti

La figura è stata introdotta dalla nuova legge. La Garante: presto al via campagna informativa. Cercasi tutore, sono soli 18mila piccoli migranti

I numeri ancora non fanno gioire Filomena Albano, Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, ma è pur sempre un primo passo. 200 aspiranti tutori volontari in Lombardia, altrettanti in Piemonte, 250 in Campania, oltre 300 nel Lazio… Per rispondere al dettato della nuova legge sui minori non accompagnati, in vigore dal 7 aprile, servono tra i 17 e i 18 mila tutori, tanti quanti sono i bambini e i ragazzi che hanno attraversato il deserto e il mare e sono approdati in Italia senza nessuno su cui contare.

Non è un’adozione, non è un affido, non si guadagna, non si deve ospitare a casa propria nessuno né tanto meno mantenerlo. Il tutore è una guida nel Paese di approdo, spesso sconosciuto, un adulto che affianca nel percorso scolastico o di formazione, un consigliere nelle decisioni difficili, un amico che accompagna alle visite mediche… Quest’estate la maggior parte delle Regioni ha emanato i bandi per il reclutamento dei tutori e in alcuni casi la formazione è già iniziata, come a Bolzano, dove c’è una lista di attesa per i corsi successivi (in tutto una settantina di candidature). Nessun bando in Veneto perché già da tempo esiste un albo ben nutrito di tutori volontari per minori da cui attingere.

La Puglia è in una situazione simile. A Palermo, dove era già partita una sperimentazione, sono stati formati 50 tutori. In Molise i candidati al momento sono 6, in Basilicata 16, una ventina in Abruzzo, circa 50 in Sardegna e in Liguria, una sessantina di Toscana. «È una risposta positiva – dice ad Avvenire Filomena Albano, Garante per l’infanzia e l’adolescenza – ma i numeri di cui abbiamo bisogno sono ben altri. I bandi sono stati emanati in estate, ora bisogna lavorare perché questa figura si conosca di più». A giorni partirà una campagna di comunicazione, centrata sull’«orgoglio di essere tutori»: in una si vede il tutore-tipo, un pensionato dinamico che ha voglia di mettersi in gioco ed essere utile. E di contribuire all’integrazione di un piccolo migrante senza famiglia. Il clima intorno agli stranieri in Italia non è dei migliori, questo può costituire un freno alle candidature?

«Vorrei capovolgere la prospettiva. Proprio in questo clima di sospetto e di paura, la figura del tutore volontario è necessaria per intercettare il disagio di un minore e porvi un freno», continua Albano. La devianza, insomma, è spesso frutto dell’abbandono e della mancanza di un progetto, e il tutore, secondo la legge 47, è la figura che copre questo vuoto. La campagna di comunicazione parla di orgoglio… «Sì, l’orgoglio che un cittadino può provare nel contribuire a una svolta culturale per il Paese, di esserne artefice con un atteggiamento di accoglienza. E insieme l’orgoglio di provare a cambiare il futuro di un ragazzo arrivato in Italia senza genitori. Anzi, di offrirgli un futuro. Noi ci crediamo».

Antonella Mariani Avvenire 10 settembre 2017

www.avvenire.it/attualita/pagine/cercasi-tutore-sono-soli-18mila-piccoli-migranti

www.garanteinfanzia.org/news/formazione-tutori-volontari-minori-stranieri-non-accompagnati-autorit%C3%A0-garante-incontra

www.garanteinfanzia.org/news/minori-stranieri-non-accompagnati-bando-diventare-tutore-volontario

 

Emergenza Misna. La Regione Lombardia cerca tutor per oltre 200 minori stranieri soli

Se alcuni bambini figli di migranti sono considerati “fortunati” perché ancora con i genitori, non tutti hanno lo stesso destino. Si chiamano “MISNA”, acronimo di “minori stranieri non accompagnati”, i piccoli senza mamma e papà, che spesso si vedono dormire nei giardini delle stazioni, in attesa di prendere un treno che possa portarli al Nord, dove spesso hanno parenti e conoscenti che possono accoglierli.

Prima che però tutto questo possa accadere, è necessario prendersi cura di loro: vanno protetti e va data loro la possibilità di uscire dallo stato di abbandono ed emarginazione in cui vivono.

Per questo la Regione Lombardia ha pubblicato un avviso per la selezione, la formazione e l’iscrizione negli elenchi dei tutori volontari per i minori soli della Lombardia.

Chiunque avesse la voglia e la possibilità di regalare amore e accoglienza a tutti i bambini migranti senza una famiglia, può consultare sul sito www.consiglio.regione.lombardia.it/garante-infanzia il bando “Disposizioni in materia di protezione dei minori stranieri non accompagnati”.

Il bando entra nello specifico su quali siano i requisiti per “candidarsi”: tra tutti, si precisa che il tutore volontario deve essere una persona motivata e sensibile al superiore interesse del minore e svolgere il compito di rappresentanza legale assegnato agli esercenti la responsabilità genitoriale; persegue il riconoscimento dei diritti della persona minore senza alcuna discriminazione; promuove il benessere psico-fisico della persona e si coordina con i percorsi di educazione ed integrazione anche già intrapresi verificandone l’attuazione, tenuto conto delle capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni del minore.

La domanda di ammissione alla procedura selettiva deve essere presentata all’Ufficio Garante per l’Infanzia e l’adolescenza della Lombardia c/o Consiglio regionale della Lombardia, via Fabio Filzi 22 compilando l’allegato facsimile della domanda a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento oppure per posta elettronica certificata (PEC) intestata al candidato al seguente indirizzo: garanteinfanziaeadolescneza@pec.consiglio.regione.lombardia.it

C’è un gran bisogno di tutori volontari per questi minori soli. Basti considerare alcuni numeri: 200 aspiranti tutori volontari in Lombardia, altrettanti in Piemonte, 250 in Campania, oltre 300 nel Lazio…Per rispondere al dettato della nuova legge sui minori non accompagnati, in vigore dal 7 aprile, servono tra i 17 e i 18 mila tutori, tanti quanti sono i bambini e i ragazzi che hanno attraversato il deserto e il mare e sono approdati in Italia senza nessuno su cui contare.

A giorni partirà una campagna di comunicazione, centrata sull’«orgoglio di essere tutori»: in una si vede il tutore-tipo, un pensionato dinamico che ha voglia di mettersi in gioco ed essere utile. E di contribuire all’integrazione di un piccolo migrante senza famiglia.

Fonte Avvenire News Ai. Bi. 12 settembre 2017

www.aibi.it/ita/emergenza-misna-la-regione-lombardia-cerca-tutor-per-oltre-200-minori-stranieri-soli

▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬

OMOADOZIONI

Stepchild adoption, tribunale che vai sentenza che trovi

Senza una legge valida per tutti, da Nord a Sud cominciano a delinearsi decisioni a macchia di leopardo sui destini dei bambini con due mamme o due papà. Appesi ad articoli, commi di legge e interpretazioni “in punta di diritto” del giudice di turno.

La stepchild adoption è sparita dalla legge Cirinnà, ma non dalla realtà. Dopo lo stralcio della possibilità di adottare il figlio del compagno per le coppie gay, la palla è passata in mano ai giudici. E senza una legge valida per tutti, da Nord a Sud cominciano a delinearsi decisioni a macchia di leopardo sui destini dei bambini con due mamme o due papà. Dalle sentenze che riconoscono appieno l’adozione emesse dai tribunali per i minorenni di Bologna e Roma, all’accoglimento con “raccomandazione” non richiesta di quello Venezia, fino al no di Palermo e al dietrofront di Milano e Torino. Coppie e minori appesi ad articoli, commi di legge e interpretazioni “in punta di diritto” del giudice di turno.

Era l’agosto 2014 quando il tribunale per i minorenni di Roma, presieduto da Melita Cavallo, emetteva la prima sentenza favorevole alla stepchild adoption, dicendo sì all’adozione di una bambina nata con procreazione assistita all’interno di una coppia di due donne romane sposate in Spagna. Quasi due anni dopo, nel maggio 2016, anche la Cassazione ha confermato la decisione. Un sì alla stepchild adoption arrivato solo pochi giorni dopo lo stralcio dell’adozione coparentale nella legge Cirinnà.

Un sì che, come prevede l’ordinamento italiano, non costituisce però un vincolo per i giudici. E il panorama delle sentenze emesse finora lo dimostra (come spiega anche la rivista specialistica Articolo 29).

www.articolo29.it/2017/il-dialogo-fra-le-corti-minorili-in-materia-di-stepchild-adoption/#more-12222

«Tra le sentenze negative, l’ultima è quella del tribunale per i minorenni di Palermo del luglio scorso», spiega Angelo Schillaci, ricercatore dell’Università La Sapienza di Roma e membro del gruppo legale di Famiglie Arcobaleno. «I tribunali per i minorenni di Milano e Torino invece avevano già contestato la sentenza della Cassazione, dicendo che l’adozione in casi particolari prevista dalla legge sulle adozioni all’articolo 44 non si applica alle coppie omosessuali. Ma le sentenze poi sono state ribaltate entrambe in appello».

Perché la legge Cirinnà, anche se non è riuscita a portare a casa la stepchild adoption contiene comunque una clausola di salvaguardia in cui si dice che «resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti». Cavilli del diritto che sono una speranza per le coppie omosessuali. «Sia il tribunale di Bologna sia la Corte d’Appello di Milano hanno confermato le adozioni alla luce di questo comma», spiega Schillaci.

L’ultima tegola in testa alle famiglie arcobaleno, però, è arrivata da Palermo. I giudici siciliani, pur riconoscendo i principi ribaditi dalla Cassazione, si appellano a due articoli della legge sulle adozioni per negare la stepchild adoption a una coppia di due donne che hanno contratto unione civile. «Fanno un ragionamento sottile», commenta Schillaci, «dicendo che le adozioni particolari si applicano solo se l’adottante è coniugato con il genitore legale. E nel caso in cui non siano coniugati, l’adozione comporterebbe la decadenza del genitore legale». Richiesta rispedita al mittente, dunque, che avrà sicuramente un seguito anche in appello.

Finché le famiglie arcobaleno saranno affidate ai giudici, il rischio di tutela a macchia di leopardo c’è. Coppie e minori sono appesi ad articoli, commi di legge e interpretazioni “in punta di diritto” del giudice di turno. Intanto da Bologna, capofila nell’accoglimento della stepchild adoption con tre sentenze favorevoli, è arrivata la risposta ai giudici palermitani con una sentenza in cui si dice che no, la legge sulle adozioni va interpretata alla luce della riforma sulla filiazione del 2012, quella che equipara i figli naturali e quelli legittimi.

Caso particolare invece è quello di Venezia, che ha riconosciuto la stepchild adoption. Ma con riserva. Il tribunale per i minorenni della Laguna ha detto sì all’adozione coparentale, ma nelle due pagine della sentenza trova lo spazio per una raccomandazione: le due madri devono essere “consapevoli che dovranno avere un atteggiamento aperto verso l’identità di genere della bambina per permetterle uno sviluppo adeguato e l’opportunità di relazionarsi con persone a orientamento non omosessuale”. Una postilla «che è una spia culturale», dice Schillaci, «e che non ha alcuna utilità giuridica». Come se nascere e crescere in una famiglia arcobaleno potesse influenzare l’orientamento sessuale futuro.

«Finché le famiglie arcobaleno saranno affidate ai giudici, il rischio di tutela a macchia di leopardo c’è», dice Schillaci. E ora si attendono i pronunciamenti sui procedimenti pendenti al tribunale per i minorenni di Firenze. Le premesse non sembrano favorevoli: il procuratore della Repubblica per i minorenni del capoluogo toscano, Antonio Sangermano, in un’intervista al Giornaleha già detto che «la legge con una scelta chiara non ha previsto la possibilità della stepchild adoption. Tutte le sentenze che non tengono conto di questo divieto per me non sono condivisibili».

Lidia Baratta Linkiesta.it 14 settembre 2017

www.linkiesta.it/it/article/2017/09/14/stepchild-adoption-tribunale-che-vai-sentenza-che-trovi/35500

▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬

PENSIONE DI REVERSIBILITÀ

Reversibilità: come si divide con la moglie divorziata?

Corte di Cassazione, sesta sezione civile, sentenza n. 16602, 5 luglio 2017.

Il criterio di divisione della reversibilità non deve tenere conto solo della durata del matrimonio ma anche dell’eventuale convivenza prematrimoniale.

La quota di reversibilità tra le due mogli va quantificata tenendo presente la durata dei matrimoni, l’entità dell’assegno riconosciuto all’ex coniuge, le condizioni economiche dei due e la durata delle rispettive convivenze prematrimoniali. Così, ad esempio, se con la seconda moglie la convivenza prematrimoniale è elevata quanto il primo matrimonio, quest’ultima avrà pari diritti nella quantificazione dell’assegno. È quanto chiarito dalla Cassazione con una recente sentenza.

Come noto, se l’ex coniuge deceduto si era, in vita, risposato, la pensione spetta sia al coniuge divorziato che al coniuge superstite, a condizione che entrambi ne abbiano i requisiti. Se, oltre al coniuge superstite vi sono altri coniugi divorziati, la pensione viene ripartita tra tutti questi. In ogni caso devono sempre sussistere i presupposti per la reversibilità, per come elencati nell’articolo Reversibilità: come si divide?

www.laleggepertutti.it/129431_reversibilita-come-si-divide-la-pensione

In proposito la Cassazione ha chiarito che in tema di pensione di reversibilità, il meccanismo divisionale non è uno strumento di perequazione economica fra le posizioni degli aventi diritto, ma è preordinato alla continuazione della funzione di sostegno economico assolta a favore dell’ex coniuge e del coniuge convivente, durante la vita del dante causa, rispettivamente con il pagamento dell’assegno di divorzio e con la condivisione dei rispettivi beni economici da parte dei coniugi conviventi.

La ripartizione del trattamento economico va quindi effettuata, oltre che sulla base del criterio della durata dei rispettivi matrimoni, anche ponderando ulteriori elementi, quale l’entità dell’assegno di mantenimento riconosciuto all’ex coniuge, le condizioni economiche dei due e la durata delle rispettive convivenze prematrimoniali.

Redazione Legge per tutti 10 settembre 2017

www.laleggepertutti.it/174674_reversibilita-come-si-divide-con-la-moglie-divorziata

▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬

RICONCILIAZIONE

Rigetto della domanda di divorzio

Corte di Cassazione, sesta sezione civile, ordinanza n. 21345, 14 settembre 2017.

Il rigetto della domanda di divorzio per intervenuta riconciliazione fra coniugi travolge ogni provvedimento precedente, anche economico, che quindi non può più essere fatto valere. La Cassazione precisa che una volta divenuta definitiva la sentenza che riconosce l’avvenuta riconciliazione fra i coniugi, essa fa venire meno anche tutte le disposizioni precedenti relative alla sentenza di separazione che erano state assunte nell’ottica dello status di separati dei coniugi. Pertanto non è più possibile la reviviscenza dei provvedimenti in punto economico, relativi al periodo precedente la sentenza definitiva di riconoscimento di avvenuta riconciliazione fra le parti.

Osservatore nazionale sul diritto di famiglia 16 settembre 2017

www.osservatoriofamiglia.it/contenuti/17507096/il-rigetto-della-domanda-di-divorzio-per-intervenuta-riconciliazione-fra-coniugi.html

▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬

SACERDOZIO

Donna sacerdote? Ma con quale Chiesa?”. Un libro di Vittorio Mencucci

«Nel medioevo si riteneva che la donna fosse esclusa dal sacerdozio perché inferiore all’uomo per natura e quindi non adatta a un ministero direttivo. Dio crea la donna perché sia di “aiuto” all’uomo, ciò comporta che la donna non ha una identità autonoma, ma è in funzione dell’uomo. Per secoli questa è stata la fede indiscussa di tutta la cristianità. Poi il vento della modernità ha spazzato via queste false certezze. Pur crollato il fondamento dell’inferiorità della donna, l’esclusione dal sacerdozio rimane.

Si trova un altro fondamento: la metafora nuziale tra Cristo uomo-sposo e la Chiesa donna-sposa, quindi il ministro che agisce in persona Cristi deve essere uomo-maschio». «Forse ai costruttori di dogmi è sfuggito qualcosa: la persona di Cristo nel cui nome si agisce è quella che è morta in croce e poi risorta, ma “alla resurrezione non si prende né moglie né marito, ma si è come gli angeli nel cielo” (Mt. 22,30). Spero che nessuno ricominci a discutere sul sesso degli angeli!». Queste parole di don Vittorio Mencucci, prete della diocesi di Senigallia, parroco di S. Giovanni Battista di Scapezzano (An), teologo di frontiera assai conosciuto ai lettori di Adista (che ricorderanno il suo recente libro: Liberaci dal sacro), rendono bene il senso profondo del suo ultimo lavoro, Donna sacerdote? Ma con quale Chiesa? (Il pozzo di Giacobbe, pp. 161, euro 10.

A parte l’inconsistenza del fondamento su cui si poggia l’esclusione delle donne dal ministero ordinato, rileva Mencucci, è curioso notare – e quindi indagare, come l’autore fa all’interno del libro – le ragioni per le quali una norma rimanga immutata nonostante il crollo delle motivazioni teologiche e culturali che le sostenevano.

Oggi, è il ragionamento sviluppato da Mencucci, l’orizzonte culturale in cui viviamo, improntato ai principi della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, rifiuta decisamente l’esclusione della donna da un ruolo sociale. Del resto, Gesù non ha mai usato il termine sacerdote, che compare all’interno della comunità cristiana solo nel terzo secolo, ma il termine apostolo. La differenza, rileva don Vittorio, è sostanziale: il sacerdote compie una mediazione tra l’uomo e Dio e disciplina il sentimento religioso in struttura di autorità, riti, norme comportamentali; l’apostolo è mandato per annunciare la salvezza già compiuta e gratuitamente donata, di fronte cui l’individuo è chiamato a convertirsi, ossia ad orientare la propria vita secondo un progetto che le dia senso, in modo tale che l’agire non sia sottomissione a qualsiasi autorità, ma la realizzazione di sé in un cammino di crescita autonomamente vissuto.

Ma oggi ancor più che in passato «non serve un “facitore del sacro” per operare una mediazione; questo farebbe perdere la sua specificità e lo respingerebbe nell’orizzonte comune di tutte le religioni». Inoltre «non è in gioco solo il ruolo della donna – spiega Mencucci in un altro passaggio del suo libro – ma la visione globale dell’esperienza di fede». Mencucci auspica quindi una profonda trasformazione nella Chiesa gerarchica che permetta un linguaggio più vicino alla vita con una maggior presenza di laici e un’esperienza di vita laica da parte delle guide. E che riprenda per lo meno in considerazione il diaconato femminile (a condizione, dice Mencucci, di non farne la brutta copia di quello maschile) o l’intuizione del card. Martini – e di tanti vescovi e teologi, specie di area francofona o del Continente latinoamericano – che suggeriva la sperimentazione dei viri probati, persone di provata fede a cui affidare alcune funzioni oggi svolte dai presbiteri. «Una opzione che va riconsiderata, ma che oggi – sostiene Mencucci – non può prescindere anche dalla capacitò creativa delle donne».

L’alternativa, secondo Mencucci, è l’arroccamento sterile dietro il muro, ormai cadente, della sacralità. Anche perché se la religiosità, ancora nell’800, era stata caratterizzata dall’alleanza del clero con le donne, due categorie uscite sconfitte dalla rivoluzione francese, a partire dal secondo Novecento quest’alleanza – sostiene l’autore – si sta progressivamente ed irrimediabilmente rompendo; e assistiamo alla fuga delle quarantenni che non frequentano più e non educano più i figli alla fede, come sempre avevano fatto le madri delle generazioni precedenti. Ben altre aspettative guidano le giovani generazioni femminili. La Chiesa, dice Mencucci, ha perso la corsa e non può sperare che il treno torni indietro. Deve avere il coraggio di immergersi nella nuova situazione, deve ricominciare da un nuovo linguaggio che solo con il contributo delle donne potrà elaborare. Sarebbe per l’autore paradossale se proprio la fede che crede nel Dio fatto carne non fosse in grado di comprendere le prospettive della corporeità. 

Valerio Gigante Adista Notizie n. 31, 16 settembre 2017

www.adista.it/articolo/57629

▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬

 

Le comunichiamo che i suoi dati personali sono trattati per le finalità connesse alle attività di comunicazione di newsUCIPEM. I trattamenti sono effettuati manualmente e/o attraverso strumenti automatizzati.

Il titolare dei trattamenti è Unione Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali Onlus – 20135 Milano-via S. Lattuada, 14. Il responsabile è il dr Giancarlo Marcone, via Favero 3-10015-Ivrea

.newsucipem@gmail.com

▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬

Condividi, se ti va!