NewsUCIPEM n. 654 – 18 giugno 2017

NewsUCIPEM n. 654 – 18 giugno 2017

Unione Consultori Italiani Prematrimoniali E Matrimoniali

ucipem@istitutolacasa.itwww.ucipem.com

 

Notiziario Ucipem” unica rivista ufficiale – registrata Tribunale Milano n. 116 del 25.2.1984

Supplemento on line. Direttore responsabile Maria Chiara Duranti. Direttore editoriale Giancarlo Marcone

Le “news” gratuite si propongono di riprendere dai media e inviare informazioni, di recente acquisizione, che siano d’interesse per gli operatori dei consultori familiari e quanti seguono nella società civile e nelle comunità ecclesiali le problematiche familiari e consultoriali. Sono così strutturate:

  • Notizie in breve per consulenti familiari, assistenti sociali, medici, legali, consulenti etici ed altri operatori, responsabili dell’Associazione o dell’Ente gestore con note della redazione {…ndr}.

  • Link a siti internet per documentazione.

I testi, anche se il contenuto non è condiviso, vengono riprese nell’intento di offrire documenti ed opinioni di interesse consultoriale, che incidono sull’opinione pubblica. La responsabilità delle opinioni riportate è dei singoli autori, il cui nominativo è riportato in calce ad ogni testo.

Il contenuto delle news è liberamente riproducibile citando la fonte.

Per visionare i numeri precedenti, dal n. 534 andare su:

http://ucipem.com/it/index.php?option=com_content&view=category&id=84&Itemid=231

In ottemperanza alla direttiva europea sulle comunicazioni on-line (direttiva 2000/31/CE), se non desiderate ricevere ulteriori news e/o se questo messaggio vi ha disturbato, inviateci una e-mail all’indirizzo: newsucipem@gmail.comcon oggetto: “richiesta di disconnessione news”.

Chi desidera connettersi invii a newsucipem@gmail.com la richiesta indicando nominativo e-comune di attività, e-mail, ed eventuale consultorio di appartenenza. [invio a 1.346 connessi]

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02 ABBANDONO Lettera dalla Fondazione promozione sociale onlus

02 ADDEBITO Legittimo l’addebito se l’infedeltà è causa della crisi coniugale

02 AFFIDO CONDIVISO Quale genitore decide sui figli.

03 ASSEGNO DIVORZILESe spetta, va quantificato ai fini dell’indipendenza economica.

03 Il tenore di vita è parametro sia an debeatur, sia quantum.

04 Mancanza di indipendenza economica.

04 CENTRO STUDI FAMIGLIA CISF Newsletter n. 23\2017, 14 giugno 2017.

06 CENTRO ITALIANO SESSUOLOGIA News Online – Numero 5 – 5 Giugno 2017

07 CINQUE PER MILLE Enti del volontariato: adempimenti successivi all’iscrizione

07 COMM.ADOZIONI INTERNAZIONALI Laura Laera inizia il suo mandato di vicepresidente.

08 Aggiornato il sito web della Commissione Adozioni Internazionali.

09 CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM Lucera. Consultorio Familiare ‘Beato Bartolo Longo’. Convegno.

09 CONVIVENZA Nuova convivenza dell’ex coniuge affidatario.

10 Cessazione corresponsione degli alimenti al convivente in bisogno.

11 COPPIA Per sempre”: è ancora possibile nelle coppie di oggi?

13 DALLA NAVATA SS. Corpo e Sangue di Cristo – Anno A – 18 giugno 2017.

13 Una comunione d’amore. Enzo Bianchi, priore emerito a Bose (BI).

15 DEMOGRAFIA Pubblicato il Bilancio demografico nazionale.

16 Italia senza culle. Quando una strategia-Paese?

16 EUROPA Trascrizione atto nascita di bambino nato all’estero da due donne.

17 FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI Puglia. Si applichi la parte preventiva, vista la denatalità.

18 FRANCESCO VESCOVO DI ROMADove andrà Francesco? Breve bilancio nel IV anno di pontificato.

20 INFANZIA E ADOLESCENZA I bambini sono tutti uguali: in Italia non è più vero.

22 MINORI MIGRANTI Minori stranieri non accompagnati: l’atlante di “Save the children”

24 ONLUS – NON PROFIT Soci persone giuridiche e raccolta fondi.

24 PASTORALE FAMILIARE Divorziati risposati. Sicilia, linee guida per Amoris Lætitia.

25 STALKING Bastano un paio di minacce alla ex per integrare il reato

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ABBANDONO

Lettera dalla Fondazione promozione sociale onlus.

In merito alle informazioni contenute nella Vostra NewsUcipem n. 652 del 4 giugno 2017segnaliamo alla Vostra attenzione che, mentre il codice penale prevede il reato di abbandono di incapace, la legge 833/1978 stabilisce all’articolo 2 che il Servizio sanitario nazionale deve assicurare “la diagnosi e la cura degli eventi morbosi quali ne siano le cause, la fenomenologia e la durata”.

Sulla base della sopra citata norma e delle disposizioni sui Lea, Livelli essenziali delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie questa Fondazione ha predisposto l’allegato facsimile che ha lo scopo di evitare le dimissioni illegittime e crudeli da ospedale da case di cura private degli anziani malati cronici non autosufficienti e delle persone con la malattia di Alzheimer o con analoghe altre forme di demenza senile in tutti i casi in cui, anche per la non disponibilità dei congiunti o di terze persone, non sono praticabili le prestazioni domiciliari.

Finora le consulenze (gratuite) sono state oltre 10mila e sempre è stata ottenuta, seguendo le nostre indicazioni, la continuità terapeutica carico della sanità.

Confidando nella Vostra segnalazione in merito ai diritti nelle cure sanitarie socio-sanitarie anche delle persone inguaribili, restiamo a Vostra disposizione porgiamo cordiali saluti.

Maria Grazia Breda e Andrea Ciattaglia

www.fondazionepromozionesociale.it

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ADDEBITO

Legittimo l’addebito se l’infedeltà è causa della crisi coniugale

Corte di Cassazione, prima sezione civile, sentenza n. 11448, 10 maggio 2017

In tema di separazione personale dei coniugi la pronuncia di addebito non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri che l’art. 143 c.c. pone a carico dei coniugi essendo, invece, necessario che tale violazione abbia assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale

News avvocato Renato D’Isa 12 giugno 2017

https://renatodisa.com/2017/06/12/corte-di-cassazione-sezione-i-civile-sentenza-10-maggio-2017-n-11448

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AFFIDO CONDIVISO

Affido condiviso: quale genitore decide sui figli

Nell’affidamento condiviso i genitori hanno uguali poteri decisionali e responsabilità nel mantenimento, educazione e crescita dei figli. Il progetto ideale, per garantire al tempo stesso la bigenitorialità e lo sviluppo armonico della personalità del minore, sarebbe quello di trovare un accordo sulle decisioni di maggiore importanza per la sua vita.

In tanti spesso dimenticano che il venir meno del vincolo matrimoniale non fa cadere l’insieme di obblighi nei confronti dei figli.

Secondo la legge, le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione e alla salute sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo, la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la responsabilità genitoriale separatamente.

Di fatto, a rendere complicata l’assunzione delle decisioni più importanti per i figli (associate a spese straordinarie, come la scuola, le attività pomeridiane, le visite mediche ecc.) è proprio l’impossibilità per i genitori di trovare un accordo, sacrificando così l’interesse dei minori.

Nelle situazioni di conflitto, è allora il giudice investito delle scelte più importanti: questi dovrà attenersi alle valutazioni sulle conseguenze che ogni scelta potrebbe avere sul minore, dovendo tener conto dei suoi interessi, delle sue inclinazioni e della sua personalità.

In ogni caso, secondo quanto affermato di recente dalla Corte di Cassazione [sesta Sezione civile, sentenza n. n. 4060, 15 febbraio 2017] non è configurabile a carico del coniuge affidatario un obbligo di informazione e di concertazione preventiva con l’altro genitore per la determinazione delle spese straordinarie. Il coniuge non affidatario ha quindi un obbligo di rimborso di tale spese, qualora non abbia tempestivamente addotto validi motivi di dissenso.

E’ indubbio che la legislazione sull’affido condiviso privilegia l’accordo dei genitori in materia di scelte educative che riguardano i figli, tanto è vero che, se agiscono d’intesa, essi possono in molti casi anche modificare di comune accordo le stesse indicazioni fornite dal giudice, senza necessità neppure di comunicazione.

Tuttavia, quando il rapporto tra i genitori non consente il raggiungimento di un’intesa, occorre assicurare ancora la tutela del migliore interesse del minore.

L’opposizione di un genitore alle scelte dell’altro non può paralizzare l’adozione di ogni iniziativa che riguardi un figlio minorenne, specie se di rilevante interesse, e neppure è necessario ritrovare l’intesa prima che l’iniziativa sia intrapresa, fermo restando che compete al giudice, ove ne sia richiesto, verificare se la scelta adottata corrisponde effettivamente all’interesse del minore.

Per esempio, con riguardo alla scelta della scuola da frequentare (se pubblica o privata) la Cassazione ha ritenuto essenziale considerare l’interesse del figlio minore anche sulla base del piano formativo scolastico. La scelta della madre di iscrivere il figlio alla scuola privata può essere contestata dall’altro genitore, ma questi deve provare le ragioni per le quali ritiene che tale decisione possa essere pregiudizievole per il bambino.

Maria Monteleone La Legge per tutti 17 giugno 2017

www.laleggepertutti.it/164636_affido-condiviso-quale-genitore-decide-sui-figli

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ASSEGNO DIVORZILE

Se il diritto spetta, va quantificato ai fini dell’indipendenza economica, non del tenore di vita

Tribunale di Palermo, prima Sezione civile, sentenza 12 maggio 2017.

Nella valutazione dell’an dell’assegno di divorzio il giudice non deve tener conto del pregresso tenore di vita ma deve valutare se il richiedente sia o meno “economicamente indipendente”. L’utilizzo di un parametro simile è corroborato dalla disciplina prevista in materia di filiazione, atteso che, con riferimento ad un vincolo (stavolta) tendenzialmente perenne quale quello di filiazione, l’art. 337-septies c.c. prevede che il giudice possa disporre il pagamento di un assegno periodico per il figlio maggiorenne che sia non “economicamente indipendente”.

Non si comprende, allora, per quale ragione il raggiungimento dell’autosufficienza economica, indipendentemente dal tenore di vita goduto in ambito familiare, determini il venir meno del diritto del figlio (che continua ad essere tale) al mantenimento da parte del genitore, laddove per contro l’ex coniuge debba aver diritto a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di un rapporto (matrimoniale) ormai venuto meno.

Può, inoltre, procedersi ad un’assimilazione tra il principio di “autoresponsabilità” economica sancito in materia di filiazione (secondo cui sottesa al rifiuto ingiustificato del figlio maggiorenne di raggiungere l’indipendenza economica, con conseguente perdita del diritto al mantenimento da parte del genitore vi è la libertà delle scelte esistenziali della persona – Cass. n. 18076/2014) e il medesimo principio vigente in ambito di divorzio, poiché in sede di scioglimento del vincolo matrimoniale gli ex coniugi sono consapevoli delle conseguenze sul piano economico derivanti dalle proprie scelte.

Principio di “autoresponsabilità economica dei coniugi” che è, peraltro, in linea con le legislazioni di molti Paesi europei. Ai fini dell’accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell’assegno divorzile, deve verificarsi la “indipendenza economica” del coniuge richiedente avendo riguardo ad una serie di criteri, quali:

  1. Il possesso di redditi di qualsiasi specie;

  2. Il possesso di cespiti patrimoniali mobiliari e immobiliari;

  3. Le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale;

  4. Lo stabile disponibilità di una casa di abitazione.

Nel caso in cui sussista il diritto all’assegno divorzile, esso deve essere determinato al solo fine di consentire all’avente diritto il raggiungimento dell’indipendenza economica (e non anche il tenore di vita precedentemente goduto).

Redazione Il Caso.it 13 giugno 2017 Segnalazione del dr Giuseppe Buffone. Sentenza allegata

http://news.ilcaso.it/news_3217?https://news.ilcaso.it/?utm_source=newsletter&utm_campaign=solo%20news&utm_medium=email

 

Assegno di divorzio: il tenore di vita è parametro sia in punto an debeatur, sia in punto quantum.

Tribunale di Udine, 1 giugno 2017

Giudizio di divorzio. Richiesta di assegno divorzile e assegnazione della casa. Presupposto per l’assegnazione della casa è la convivenza con il figlio, nella specie maggiorenne, il quale non vive più con la madre. Insussistenza del presupposto dell’assegnazione.

Presupposti per il riconoscimento dell’assegno. L’orientamento tradizionale prevede due fasi: verifica dell’esistenza del diritto in astratto, sua determinazione in concreto. Tale bipartizione non ha fondamento nella legge, né un fondamento logico sistematico.

I parametri utilizzati ai fini del riconoscimento, tra i quali anche il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, rilevano sia ai fini di riconoscimento, sia ai fini della sua quantificazione.

Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia 16 giugno 2017

www.osservatoriofamiglia.it/contenuti/17506971/assegno-di-divorzio:-il-tenore-di-vita-e-parametro-sia-in-punto-an-debeatur,-sia.html

 

Mancanza di indipendenza economica.

Tribunale di Mantova, 16 maggio 2017.

Per verificare se il coniuge richiedente abbia o meno diritto all’assegno divorzile non deve più accertarsi se lo stesso disponga di risorse economiche (ovvero sia in grado di procurarsele) tali da consentirgli di poter continuare a godere, sebbene in via solo tendenziale, il medesimo tenore di vita del periodo di convivenza matrimoniale, ma è necessario invece appurare se lo stesso sia o meno indipendente o autosufficiente economicamente, avuto riguardo al costo della vita del luogo in cui risiede.

Mauro Bernardi Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 17461 – 13 giugno 2017

Testo http://divorzio.ilcaso.it/sentenze/ultime/17461/divorzio

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CENTRO INTERNAZIONALE DI STUDI SULLA FAMIGLIA

Newsletter n. 23\2017, 14 giugno 2017.

  • Premio L’anello debole 2017. Video Per Promuovere la Solidarietà. Dall’immigrazione al terrorismo internazionale, dall’inquinamento alla povertà e alle mutilazioni genitali: il premio si conferma “osservatorio privilegiato” sul sociale.

www.capodarcolaltrofestival.it/home.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_14_06_2017

Quattro le opere straniere in gara. Ora la parola passa alla giuria popolare che valuterà le opere durante il Capodarco L’Altro Festival (22-25 giugno 2017). I video in concorso sono visibili sul sito, Tra i tanti, consigliamo: “Sono salvo” è il viaggio della Croce Rossa nella stretta e lunga Italia a bordo del Tracing Bus, una cabina telefonica su quattro ruote che ha consentito a più di mille persone migranti, incontrate nei principali luoghi di transito, di poter contattare i propri cari nei Paesi d’origine.

www.capodarcolaltrofestival.it/edizione-2017/cortissimirealta/sono-salvo.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_14_06_2017

  • Si rafforza la collaborazione CISF – ICCFR. Il Cisf ha recentemente aderito all’ICCFR (International Commission for Couple and Family Relationships), rete internazionale di collegamento tra organismi che si occupano di sostegno alle relazioni familiari (centri di consulenza psico-sociale, associazioni di famiglie, centri di ricerca, studi legali specializzati in diritto di famiglia).http://iccfr.org

La collaborazione si è avviata proprio un anno fa, in occasione della 63.a Conferenza ICCRR, tenutasi a Trento nel giugno 2016 che il Cisf ha organizzato, come partner locale, insieme all’Aiccef e al Forum delle associazioni familiari. Atti Famiglie forti, comunità forti.

www.trentinofamiglia.it/Attualita/Archivio-2016/Settembre/La-pubblicazione-Famiglie-forti-comunita-forti

La collaborazione prevede scambi di esperti, eventi congiunti, con l’obiettivo primario di promuovere maggiore conoscenza del contesto italiano, e di diffondere nel nostro Paese notizie sulle pratiche più innovative esistenti all’estero. Da segnare in agenda la 64.a Conferenza ICCFR, che si terrà a Malta dal 7 al 9 febbraio 2018, sul tema “Couple Relationships in the 21th Century: evolving Contexts and Emerging Meanings” (Relazioni di coppia nel 21.o Secolo: contesti in mutamento e significati emergenti). Un primo esempio di collaborazione è stata la partecipazione del Cisf al Convegno AFCC di Boston, ad inizio giugno (grazie anche ad un contributo economico ICCFR), già segnalato la settimana scorsa

www.famigliacristiana.it/articolo/prevenire-i-divorzi-si-puo.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_14_06_2017&utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_14_06_2017

e da cui riprendiamo un’ulteriore interessante notizia, legata al crescente uso del web, negli Stati Uniti, per accompagnare e sostenere i processi di separazione (processi di mediazione, comunicazione tra partner separati, gestione degli alimenti, informazioni sui figli, ecc.). [siti per gestire on line le relazioni tra separati]

tracker.mcontact.it/go2.aspx?link=73a06fe1-1287-4a1b-b8e7-e70ac2077cd5,127262_6088162547_661533808

  • Il compito prosociale della famiglia: educare cittadini attivi e responsabili. Sul numero1/2017 di “Nuovo NOI INSIEME”, notiziario di Federavo Onlus (Federazione tra le associazioni di volontariato sanitario) è stata pubblicata a pag. 6 una sintetica riflessione del Direttore CISF (Francesco Belletti) sul modo in cui la famiglia può e sa educare alla responsabilità verso il bene comune, anche attraverso l’educazione alla gratuità e all’azione volontaria.

tracker.mcontact.it/go2.aspx?link=e89c461c-0dec-4607-963f-3062e44905fa,127262_6088162547_661533808

  • Discorso di Papa Francesco ai partecipanti all’incontro promosso dalla
    federazione europea delle associazioni familiari cattoliche (FAFCE)
    (Roma, 1 giugno 2017)
    “[…] vi incoraggio a sviluppare con creatività nuovi metodi e risorse affinché la famiglia possa esercitare, tanto nell’ambito ecclesiale quanto in quello civile, il triplice compito di sostegno alle nuove generazioni, di accompagnamento nelle strade tante volte accidentate della vita, e di guida che mostri riferimenti di valori e di significati nel cammino di ogni giorno. Questa triplice missione può essere un contributo specifico che la vostra Federazione, con il suo quotidiano servizio, offre alle famiglie in Europa”.

http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2017/june/documents/papa-francesco_20170601_associazioni-familiari-cattoliche.html

  • Borse di studio per percorsi formativi in ambito sociale. Igea Centro Promozione Salute offre alcune borse di studio (al 50% o al 100% di gratuità) per tre percorsi formativi in ambito sociale:

  • Corso di alta formazione a Napoli in tutor dell’apprendimento per studenti con DSA (domande entro il 30 giugno 2017)

www.igeacps.it/collabora-con-noi/borse-di-studio-tutor-dsa.html

  • Counseling psicologico (domande entro il 30 giugno 2017).

www.igeacps.it/collabora-con-noi/borse-di-studio-master-counseling.html

  • Master in criminologia (entro il 15 settembre 2017).

www.igeacps.it/collabora-con-noi/borse-di-studio-criminologia.html

  • Diploma in pastorale familiare e master ciclo speciale. Prorogata la scadenza per le iscrizioni. Si terrà dal 9 al 22 luglio 2017 a La Thuile (in Val d’Aosta) il consueto appuntamento formativo sulla pastorale familiare, promosso dal Pontificio Istituto Giovanni Paolo II e dall’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), che negli anni ha offerto una preziosa opportunità di crescita per tante coppie e tanti sacerdoti impegnati nel lavoro pastorale con e per la famiglia. Si segnala che per favorire la più ampia partecipazione i termini per le iscrizioni per il Diploma in pastorale familiare sono stati prorogati al 24 giugno 2017. Si ricorda che per accedere al Diploma (che non prevede esami, ma solo una tesina al termine del triennio) è sufficiente un diploma di scuola superiore. Link per iscriversi al corso

www.iniziative.chiesacattolica.it/EventiCEI/page.jsp?action=landing&eventid=CEI-APPUNTAMENTO-16517

  • Promozione della natalità e sostegno alla maternità. Lettera aperta del Forum famiglie Puglia ai componenti la giunta ed il consiglio regionale pugliesi.

“[…] urgono politiche di contrasto della denatalità, tra cui l’adozione di misure in grado di prevenire almeno parte dei 9000 aborti registrati annualmente in Puglia. C’è davvero qualcuno che non ritenga doveroso ed assolutamente civile aiutare una donna in difficoltà che porta suo figlio nel grembo, ma desiderosa di farlo venire al mondo, a poterlo fare?” Testo integrale

www.forumfamigliepuglia.org/lettera-aperta-ai-componenti-la-giunta-ed-il-consiglio-regionale-pugliesi

  • Dalle Case editrici al nostro Centro Documentazione.

  • Fondazione per la sussidiarietà, Sussidiarietà e … crisi demografica. Rapporto sulla sussidiarietà 2016/2017

  • Mediterraneo senza handicap, Uguaglianze difficili e mondi della disabilità

  • La Meridiana, Genitori 2.0. Educare i figli a navigare sicuri

  • Carocci, L’affiancamento familiare. Orientamenti metodologici

  • Tisseron Serge. Diventare grandi all’epoca degli schermi digitali, La Scuola, Brescia, 2016, pp. 150, € 11,00. A che età e con quali modalità introdurre gli schermi – della televisione, del videogioco, del computer – nella vita dei bambini? La formula 3 – 6 – 9 – 12, adottata dall’autore di questo breve ma acuto e diretto “manuale” di comportamento nei confronti dell’invadenza del digitale, indica quattro tappe fondamentali: 3 anni, l’entrata nella scuola dell’infanzia; 6 anni, la primaria; 9 anni, l’incontro con la letto-scrittura; 11-12 anni, il passaggio alla scuola secondaria. Così come esistono regole per introdurre nella dieta del bambino latticini, verdure e carne, allo stesso modo è possibile immaginare una “dietetica” degli schermi, per imparare a usarli correttamente, rinunciando alle due tentazioni più ricorrenti: idealizzare le moderne tecnologie, oppure demonizzarle. Infatti, se da un lato Tisseron indica chiaramente i pericoli, le cose da non fare, dall’altro è sempre presente l’indicazione delle opportunità che i media possono fornire al bambino. «Il risultato», scrive Pier Cesare Rivoltella nella sua puntuale presentazione, «è esattamente il contrario di quel che l’adulto ricercherebbe. Tisseron non dice al genitore cosa deve fare, non gli consente di sentirsi tranquillo solo perché applica una ricetta. Lo invita a mobilitarsi, a leggere, a capire, a stare con suo figlio, osservarlo, comprendere i suoi bisogni e le sue paure».

  • Save the date

Nord Breaking the circle. Le linee guida per una giustizia child friendly,progetto pilota europeo promosso da Città metropolitana di Milano, Servizio formazione per le professioni sociali e pari opportunità, Milano, 19 giugno 2017.

tracker.mcontact.it/go2.aspx?link=4e2ad92e-a170-4ed6-941a-4b423ddfad40,127262_6088162547_661533808

Clinica della Separazione e del Divorzio,incontro promosso da ASAG – Alta Scuola di Psicologia “Agostino Gemelli”. Brescia, 20 giugno 2017.

tracker.mcontact.it/go2.aspx?link=4fe4a206-b195-4176-944b-9974c665afa1,127262_6088162547_661533808

Centro Beyond the trauma theory. Un approccio esistenziale e culturale di fronte alle avversità della vita, 48° convegno di studio della Accademia di psicoterapia della famiglia, Roma, 23-24 giugno 2017.

tracker.mcontact.it/go2.aspx?link=e3b581a5-c2c4-4557-ae22-c99ae56c116c,127262_6088162547_661533808

Sud La tutela del minore: profili sostanziali e processuali, evento formativo promosso dall’Osservatorio Nazionale sul Diritto di Famiglia – Coordinamento Regionale della Calabria, Rossano, 24 giugno 2017.

tracker.mcontact.it/go2.aspx?link=3646fe5c-6822-4c23-b539-32c3910cb66a,127262_6088162547_661533808

Estero Child Protection in the Digital World: Safeguarding Young People from Exploitation, Harmful Content and Abuse Online, (La protezione del bambino nel mondo digitale come proteggere i minori/giovani da sfruttamento, contenuti dannosi e abusi on line), organizzato da Public Policy Exchange, Londra, 19 luglio 2017. www.publicpolicyexchange.co.uk/events/HG19-PPE

Testo e link integraliwsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/maggio2017/3037/index.html

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CENTRO ITALIANO DI SESSUOLOGIA

News Online – Numero 5 – 5 Giugno 2017

A cura di Giuliana Proietti e Walter La Gatta

Estratto Intervista a Maria Cristina Florini, Presidente CIS

GP Parliamo del Congresso di Novembre: come è nata l’idea e che cosa possiamo aspettarci?

MCF L’idea di dedicare il XXX congresso del CIS al tema della qualità della vita sessuale, dopo o in e Psicologia (SISP)concomitanza di una malattia è nata sia dalla mia esperienza da dirigente all’interno di un’azienda sanitaria, sia dalle richieste che sempre più frequentemente arrivano ai nostri ambulatori e alla nostra società scientifica. Pertanto, non è che non ci siamo mai occupati di questa tematica, ma abbiamo pensato che una trattazione maggiormente approfondita possa permettere una sensibilizzazione e una diffusione di una cultura dell’attenzione alla qualità di vita delle persone, che nel corso della loro vita giovanile o adulta, si sono trovati o si trovano a fronteggiare una malattia degenerativa, cronica, o che hanno superato un evento acuto o invalidante di malattia. Per tali ragioni, il congresso coinvolge in particolare i medici, gli psicologi e i sessuologi, con un’ottica intraprofessionale e interdisciplinare.

GP Come si fa a iscriversi al Congresso, quali sono i costi? È possibile presentare comunicazioni?

MCF Sarà possibile iscriversi al Congresso compilando l’apposita scheda che verrà diffusa nei prossimi giorni tramite diversi canali comunicativi; la prima scadenza sarà il 30 settembre pv. Sarà possibile l’iscrizione anche durante il congresso ma con costi superiori. Naturalmente i Soci CIS avranno delle agevolazioni sulla quota di iscrizione; inoltre sono previste ulteriori agevolazioni, anche se inferiori, ai Soci di altre società con cui collaboriamo. È possibile sia inviare comunicazioni che poster alla segreteria scientifica del congresso, che una volta approvati, potranno essere presentati nella sessione a loro dedicata che sarà sabato 11 novembre 2017 (…)

Giuliana Proietti www.cisonline.net

E’ in distribuzione la Rivista di Sessuologia volume 41, n.1 giugno 2017

  • In ricordo di Carlo Conti Rosanna Intini

  • Nuove frontiere del piacere femminile. Aspetti fisiologici, culturali e nuove tecnologie. A cura di Società Italiana di Sessuologia e Psicologia (SISP) www.sisponline.it/index.php

www.cisonline.net/index.php?option=com_content&view=article&id=26&Itemid=119

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CINQUE PER MILLE

Enti del volontariato: adempimenti successivi all’iscrizione

Attenzione: gli Enti che sono presenti nell’elenco permanente degli iscritti non sono tenuti a trasmettere nuovamente la domanda telematica di iscrizione al 5 per mille per il 2017 e a inviare la dichiarazione sostitutiva alla competente amministrazione, in quanto la domanda di iscrizione e la dichiarazione sostitutiva regolarmente presentate nel 2016 esplicano effetti anche nell’anno successivo (2017), se le condizioni permangono le medesime.

La dichiarazione sostitutiva per il 2017 deve quindi essere trasmessa dagli Enti di nuova costituzione e dagli enti che non si sono iscritti nel 2016 o dagli enti non regolarmente iscritti o privi dei requisiti nel 2016.

I legali rappresentanti degli enti iscritti nell’elenco pubblicato entro il 25 maggio 2017 (iscritti definitivi anno finanziario 2017 – quindi nuovi iscritti e non presenti nell’elenco permanente degli iscritti) devono spedire entro il 30 giugno 2017 tramite raccomandata con ricevuta di ritorno, alla Direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate nel cui ambito si trova il domicilio fiscale dell’ente, una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ai sensi dell’articolo 45 del DPR n. 445 del 2000, che attesta la persistenza dei requisiti che danno diritto all’iscrizione. In alternativa, la dichiarazione sostitutiva può essere inviata dagli interessati con la propria casella di posta elettronica certificata alla casella PEC delle predette Direzioni Regionali, riportando nell’oggetto “dichiarazione sostitutiva 5 per mille 2017” e allegando copia del modello di dichiarazione, ottenuta mediante scansione dell’originale compilato e sottoscritto dal rappresentante legale, nonché copia del documento di identità.

Il modello di dichiarazione sostitutiva – pdf

www.agenziaentrate.gov.it/wps/content/Nsilib/Nsi/Home/CosaDeviFare/Richiedere/Iscrizione+elenchi+5+per+mille+2017/InfoGen_5permille2017/Enti+del+volontariato+adempimenti+5permille2017

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COMMISSIONE ADOZIONI INTERNAZIONALI

Laura Laera inizia il suo mandato di vicepresidente.

A 28 giorni dalla nomina ufficiale alle ore 11 di oggi Laura Laera inizia il suo mandato di vicepresidente della Commissione Adozioni Internazionali. Il decreto di nomina di Laura Laera a vice presidente della Commissione Adozioni Internazionali (CAI) era stato, infatti, firmato dal Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, lo scorso 19 maggio e pubblicato nel Bollettino del ministero della Giustizia n. 10 del 31 maggio scorso.

Laura Laera, milanese, 68 anni, dal 2012 è presidente del Tribunale per i minorenni di Firenze, dopo tanti anni trascorsi al Tribunale per i minorenni di Milano. Lo scorso 19 aprile Laura Laera, a seguito del mancato rinnovo del mandato di Silvia della Monica, ha ottenuto il via libera dal Csm (consiglio superiore della Magistratura) per la messa “fuori ruolo” proprio per andare “a ricoprire l’incarico di vice presidente della Commissione Adozioni Internazionali – come si legge nel comunicato emanato dal Csm – su nomina della Presidenza del Consiglio dei Ministri”.

Con l’inizio dei lavori di Laera, si chiude di fatto un triennio segnato da tensioni e polemiche. Un lungo periodo in cui le famiglie che hanno deciso di aprirsi all’accoglienza, si sono imbattute in ritardi, inefficienze e disservizi vari.

Il magistrato ha già dichiarato l’intenzione di convocare la Commissione «al più presto, prima dell’estate».

Con l’auspicio di un rilancio del sistema delle adozioni internazionali, auguriamo alla vicepresidente Laera un buon lavoro.

News Ai. Bi. 15 giugno 2017

www.aibi.it/ita/laura-laera-inizia-mandato-alla-commissione-adozioni-internazionali

Aggiornato il sito web della Commissione per le Adozioni Internazionali

La Commissione per le Adozioni Internazionali (CAI) Autorità Centrale per la Convenzione de L’Aja garantisce che le adozioni di bambini stranieri avvengano nel rispetto dei principi stabiliti dalla Convenzione de L’Aja del 29 maggio 1993 sulla tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale.

La Commissione per le Adozioni Internazionali, che opera presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, è l’autorità centrale del nostro Paese in materia di adozioni internazionali rispetto al Segretariato de l’Aja.

Composizione:

Presidente: Presidente del Consiglio dei Ministri On. Paolo Gentiloni

Vice Presidente: dott.ssa Laura Laera

La Commissione è composta da:

  • 3 rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

  • 1 rappresentante del Ministero degli Affari Esteri;

  • 1 rappresentante del Ministero della Pubblica Istruzione;

  • 1 rappresentante del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali;

  • 1 rappresentante del Ministero dell’Interno;

  • 2 rappresentanti del Ministero della Giustizia;

  • 1 rappresentante del Ministero della Salute;

  • 1 rappresentante del Ministero dell’Economia e delle Finanze;

  • 4 rappresentanti designati dalla Conferenza Unificata Stato-Regioni;

  • 3 rappresentanti delle associazioni familiari a carattere nazionale;

  • 3 esperti;

Compiti della Presidenza, Vicepresidenza e Commissione

Il Presidente della Commissione rappresenta la Commissione, ne coordina l’attività e vigila sul suo operato. Il Presidente trasmette al Parlamento una relazione biennale sullo stato delle adozioni internazionali, sullo stato della attuazione della Convenzione e sulla stipulazione di accordi bilaterali anche con Paesi non aderenti alla stessa.

Il Vicepresidente sostituisce il Presidente in caso di assenza o impedimento ed esercita le funzioni che il Presidente gli delega; autorizza l’ingresso e il soggiorno permanente del minore straniero adottato o affidato a scopo di adozione. Può adottare, nei casi di urgenza che non permettono la convocazione in tempo utile della Commissione, i provvedimenti di competenza della stessa.

La Commissione svolge le funzioni e i compiti ad essa assegnati dalla legge sull’adozione e dal regolamento approvato con DPR 108 del 2007, ed in particolare:

  1. Collabora con le Autorità Centrali per le adozioni internazionali degli altri Stati, anche raccogliendo le informazioni necessarie, ai fini dell’attuazione delle convenzioni internazionali in materia di adozione;

  2. Propone alla Presidenza del Consiglio dei Ministri la stipulazione di accordi bilaterali in materia di adozione internazionale;

  3. redige i criteri per l’autorizzazione all’attività degli enti previsti dall’articolo 39-ter della legge sull’adozione; autorizza, sulla base dei criteri di cui sopra, l’attività degli enti medesimi; cura la tenuta del relativo albo e lo verifica almeno ogni tre anni; vigila sul loro operato; verifica che gli enti siano accreditati nel paese straniero per il quale è stata concessa l’autorizzazione; può limitare l’attività degli enti in relazione a particolari situazioni di carattere internazionale; revoca l’autorizzazione concessa nei casi di gravi inadempienze, insufficienze o violazione delle norme vigenti; in particolare revoca l’autorizzazione nei casi in cui i risultati conseguiti attestino la scarsa efficacia dell’azione dell’ente. Le medesime funzioni sono svolte dalla Commissione con riferimento all’attività svolta dai servizi per l’adozione internazionale, di cui all’articolo 39-bis della legge sull’adozione, secondo modalità concordate in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni;

  4. Agisce al fine di assicurare l’omogenea diffusione degli enti autorizzati sul territorio nazionale e delle relative rappresentanze nei Paesi stranieri, favorendone il coordinamento, nonché la fusione al fine di ridurne complessivamente il numero e migliorarne l’efficacia e la qualità;

  5. Conserva tutti gli atti e le informazioni relativi alle procedure di adozione internazionale;

  6. Promuove la cooperazione fra i soggetti che operano nel campo dell’adozione internazionale e della protezione dei minori;

  7. Promuove iniziative di formazione per quanti operino o intendano operare nel campo dell’adozione;

  8. Prende atto dell’autorizzazione all’ingresso e al soggiorno permanente del minore straniero adottato o affidato a scopo di adozione, disposta dal Vicepresidente;

  9. Certifica la conformità dell’adozione alle disposizioni della Convenzione, come previsto dall’articolo 23, comma 1, della Convenzione stessa;

  10. Per le attività di informazione e formazione, collabora anche con enti diversi da quelli di cui all’articolo 39-ter della legge sull’adozione;

  11. Esamina segnalazioni, istanze ed esposti relativi ai procedimenti adottivi in corso;

  12. Provvede ad informare la collettività in merito all’istituto dell’adozione internazionale, alle relative procedure, agli enti che curano la procedura di adozione, ai Paesi presso i quali gli stessi possono operare, con indicazione dei costi e dei tempi medi di completamento delle procedure, aggiornati periodicamente e distinti in base ai Paesi di provenienza del minore; predispone strumenti idonei a consentire l’accesso dei soggetti privati e pubblici alle informazioni.

  13. Promuove ogni sei mesi una consultazione con le associazioni familiari a carattere nazionale, individuate sulla base dei criteri adottati dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dal Ministro delle Politiche per la Famiglia, a norma dell’articolo 4, comma 1, lettera m);

  14. Dispone, ove necessario, che gli enti svolgano le attività e predispongano i documenti indispensabili per le verifiche post-adozione; a tale fine è prevista anche la collaborazione dei servizi, secondo modalità definite in sede di Conferenza Unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni;

  15. Stabilisce, anche sulla base dell’attività istruttoria svolta da un tavolo tecnico di confronto con i rappresentanti delle regioni e degli enti locali costituito presso la Conferenza Unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, le modalità per coordinare le attività di cooperazione nei Paesi stranieri per la protezione e la promozione dei diritti dei minori, nonché le attività di formazione degli operatori e di informazione.

La Commissione attua incontri periodici con i rappresentanti degli enti autorizzati al fine di esaminare le problematiche emergenti e coordinare la programmazione degli interventi attuativi dei principi della Convenzione.

Per l’espletamento dei compiti d’istituto la Commissione svolge missioni all’estero e partecipa ad incontri internazionali con le autorità centrali degli altri Stati, anche in vista della proposizione di accordi bilaterali.

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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM

Lucera. Consultorio Familiare ‘Beato Bartolo Longo’. Convegno.

Martedì 20 giugno, alle ore 17,30, presso l’Auditorium del Castello Normanno Svevo di Mesagne, la Fondazione Opera Beato Bartolo Longo e il Santuario Mater Domini di Mesagne, con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura della Città di Mesagne, in collaborazione con il CSV di Brindisi, nell’ambito delle azioni del Centro per la Famiglia attivato sul territorio, promuovono un Convegno sul tema – Accompagnare, Discernere, Integrare la Fragilità – Famiglia sostantivo plurale – Nuove Sfide e Nuovi Servizi.

Interverranno, tra gli altri, la prof. ssa Maria Mancarella – Docente di Sociologia della Famiglia presso l’Università del Salento, e don Andrea SANTORO, Psicologo e Dottore in Scienze Umane e Morali.

Condurrà i lavori, l’avv. Alessandro Nocco, Esperto in Management dei Servizi e delle Politiche di Welfare – Direttore della Fondazione Opera Beato Bartolo Longo.

Locandina con programma dell’evento

www.beatobartololongo.it/servizio.asp?ID=5

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CONVIVENZA

Nuova convivenza dell’ex coniuge affidatario.

La nuova convivenza dell’ex coniuge affidatario del figlio non comporta il venire meno del mantenimento in favore del coniuge stesso se la relazione non è stabile.

Corte di Cassazione, prima Sezione civile, sentenza n. 11537. 11 maggio 2017.

Avvocato Renato D’Isa 12 giugno 2017

https://renatodisa.com/2017/06/12/corte-di-cassazione-sezione-i-civile-sentenza-11-maggio-2017-n-11537

 

Cessazione della convivenza di fatto e corresponsione degli alimenti al convivente in stato di bisogno.

  1. Diritto dell’ex convivente agli alimenti. Generalità. La legge 2016, n. 76, nota come legge Cirinnà (costituita da un solo articolo e 69 commi), prevede, fra le sue novità, il riconoscimento, all’articolo 1, comma 65, del diritto del convivente, che versa in stato di bisogno e non è in grado di provvedere al proprio mantenimento, di ricevere dall’altro, in caso di cessazione della convivenza, un assegno alimentare a suo favore. Trattasi di un diritto irrinunciabile che trova fondamento nella solidarietà familiare, inderogabile anche da parte dell’eventuale contratto di convivenza, vista la sua natura di soccorso indispensabile per l’ex partner che versa in stato di indigenza, col quale si è percorso un tratto significativo dell’esistenza (vedi L. Lenti, Convivenze di fatto. Gli effetti: diritti e doveri, in Famiglia e diritto, 2016, 931). L’assegno va corrisposto per un periodo limitato, proporzionale alla durata della convivenza. L’obbligo di versamento durerà quindi tanto più a lungo quanto più la stessa si è protratta nel tempo. L’obbligo del convivente ha dunque un termine finale, fissato dal giudice nel momento in cui viene disposto. In questa caratteristica si distingue dagli altri obblighi alimentari previsti dal codice civile, per i quali non è prevista una data di scadenza, essendo gli stessi condizionati da altri fatti che possono incidere sull’entità e sulla durata dell’assegno (mutamento delle condizioni patrimoniali, cessazione dello stato di bisogno, condotta riprovevole o disordinata dell’alimentando, perimento del bene oggetto di donazione). La norma di cui si tratta è frutto di un equilibrato compromesso fra coloro che volevano il riconoscimento di un vero e proprio assegno di mantenimento, alla stregua di ciò che si verifica in conseguenza della rottura del matrimonio (come peraltro previsto nell’originario disegno di legge), e chi era contrario ad ogni riconoscimento economico, considerando la convivenza una scelta di autonomia e di libertà, incompatibile con l’insorgenza automatica dell’obbligo alimentare.

  2. Ammontare dell’assegno alimentare. L’ammontare dell’assegno alimentare è stabilito nell’importo e nel tempo di erogazione in ragione della durata della relazione e viene determinato secondo i criteri dell’articolo 438, comma 2 del codice civile. Tiene quindi conto della situazione di bisogno del ricevente, avuto riguardo alla sua posizione sociale, e della condizione economica di chi è tenuto alla somministrazione. L’ammontare non potrà comunque mai eccedere quanto è necessario per la vita dell’avente diritto. Per orientamento consolidato della giurisprudenza, formatasi sull’articolo 438 codice civile, lo “stato di bisogno”, a cui si fa riferimento, è caratterizzato per l’alimentando dall’impossibilità di provvedere al soddisfacimento delle necessità primarie, quali il vitto, l’abitazione, il vestiario, le cure sanitarie, in relazione alle sue effettive condizioni, tenendo conto di tutte le risorse economiche di cui può disporre (fra le altre, Cassazione civile 8 novembre 2013 n.25248).

  3. Ordine degli obbligati al mantenimento. Al fine della determinazione dell’ordine degli obbligati di cui all’articolo 433 codice civile, l’obbligo del convivente è adempiuto con precedenza su fratelli e sorelle, rimanendo comunque posposto a quello di discendenti e ascendenti ed eventualmente a quello dell’ex coniuge in caso di annullamento del matrimonio (articolo 129 bis c.c.).

  4. Ambito di applicazione. Ci si è posti il problema dell’applicabilità della norma ai casi di convivenza cessati prima del 5 giugno del 2016, data di entrata in vigore della legge 76. Sul punto si è espresso in senso restrittivo il Tribunale di Milano con decreto del 23 gennaio 2017 http://mobile.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/16750.pdfaffermando la non retroattività della norma. Conseguentemente il diritto agli alimenti riguarderebbe i rapporti cessati a partire dalla data suddetta. Al fine del riconoscimento del diritto è da ritenersi irrilevante l’eventuale iscrizione della convivenza di fatto in pubblici registri. La disposizione si applica quindi a tutte le coppie, sia etero che omosessuali, unite da un legame affettivo che abbiano deciso di vivere stabilmente nella stessa abitazione. La dottrina prevalente ritiene infatti che l’esistenza della famiglia di fatto, in quanto tale, prescinda dalla annotazione o iscrizione in pubblici registri. La dichiarazione anagrafica di cui al comma 37 della legge 76 e lo stato di famiglia assumerebbero al riguardo valore probatorio, ma non sono indispensabili per il suo riconoscimento. La collocazione della disposizione de quo dopo la regolamentazione del contratto di convivenza (commi dal 50 al 64) è significativa poi e non pone dubbio sul fatto che il diritto agli alimenti sussista in ogni caso, a prescindere dall’esistenza o meno di un contratto di convivenza tra le parti.

  5. Proposizione della domanda di alimenti. Giudice competente. La competenza sulla domanda di alimenti dell’ex convivente spetta al giudice monocratico, anche in presenza di figli, non al tribunale collegiale, come invece si verifica per le coppie sposate. Costituisce onere del richiedente, al fine di ottenere il riconoscimento della sua pretesa, sia la dimostrazione dello stato di indigenza e l’incapacità di farvi fronte, sia il rapporto di convivenza. È opinione che la domanda di alimenti non possa essere proposta nel giudizio fra ex conviventi relativo all’affidamento, al collocamento ed al mantenimento dei minori, come ha stabilito il Tribunale di Milano nel citato decreto del 29 gennaio 2017. Si è infatti osservato che, se da un lato, per esigenze di economia processuale, può essere opportuna la riunione in un unico procedimento di tutte le domande conseguenti alla separazione della coppia genitoriale, dall’altro il consentire l’ingresso della domanda alimentare del convivente presenterebbe come inconveniente il rallentamento del procedimento giudiziale per l’affidamento ed il mantenimento dei figli nati dalla coppia di fatto.

  6. Aspetti fiscali. Differentemente a quanto si verifica per il matrimonio e l’unione civile, l’assegno corrisposto al convivente non è deducibile ai fini fiscali (articolo 10 del Tuir). Specularmente, detto assegno non è soggetto a tassazione per chi lo riceve (articolo 50 del Tuir), non costituendo reddito assimilato a quello di lavoro dipendente, dato che lo stesso, garantendo la sussistenza di chi lo percepisce, non va considerato espressione di capacità contributiva.

Franco Spezia FiLOdiritto 13 giugno 2017

www.filodiritto.com/articoli/2017/06/cessazione-della-convivenza-di-fatto-e-corresponsione-degli-alimenti-al-convivente-in-stato-di-bisogno.-brevi-note.html?utm_source=Filodiritto&utm_medium=email&utm_campaign=Newsletter+653

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COPPIA

Per sempre”: è ancora possibile nelle coppie di oggi?

1. Nella coppia. “Esiste il «per sempre»?” è la domanda che ci si pone nella vita e che pone la scrittrice Susanna Tamaro in uno dei suoi romanzi proprio dal titolo “Per sempre” [ed. Giunti 2011]. Per quanto romanzata, è la storia di una coppia rotta da un lutto, la morte improvvisa di lei, a causa di un incidente. Essendo un tema sempre attuale perché la coppia è suscettibile di qualsiasi forma di lutto, è interessante fare una lettura multidisciplinare di alcuni stralci del romanzo aggiungendo annotazioni giuridiche.

“Quella notte abbiamo fatto l’amore a lungo e in silenzio, sospesi in una delicatezza che fino ad allora ci era sconosciuta. C’eravamo noi due e, intorno, la notte, e quella notte conteneva tutte le notti – la notte del mio cuore, quella del tuo, la notte in cui eravamo stati generati e quella in cui avevamo concepito nostro figlio, e anche la notte più grande e misteriosa, quella che – all’improvviso – avrebbe riassorbito in sé il nostro ultimo respiro. In quegli istanti, la trama della vita era scoperta e ci offriva l’inerme volto della sua fragilità. Per questo ci muovevamo piano, respiravamo piano e per questo, ancora più piano, ci sussurravamo l’un l’altra: «Ti amo…»” (“Per sempre”).

La sessualità è una forma di comunicazione ed è importante nella comunicazione di coppia. Lo psicoterapeuta Alberto Pellai mette in guardia: “La sessualità e l’intimità di coppia sono una risorsa fondamentale che sostiene nella fatica l’uomo e la donna, connettendone non solo i corpi, ma anche i cuori e le esistenze. Capita frequentemente che, dopo la nascita di un figlio, questa dimensione si affievolisca rischiando addirittura di scomparire. Ci sono coppie che sembrano dimenticarsela. E dopo essere diventati genitori non tornano più sui loro passi, trasformandosi in conviventi con uno stile fraterno o amicale”.

“Da bambino piangevo molto facilmente. Non piangevo per insoddisfazione, per capriccio. Piangevo davanti al mendicante, davanti ad una vecchia tutta storta che barcollava sul suo bastone, ero scosso dai singhiozzi davanti al corpo agonizzante di un gattino già invaso dalle larve delle mosche. Piangevo e quel pianto era una cosa nascosta, provavo pudore per questa mia eccessiva sensibilità. Mi guardavo intorno e vedevo che nessun altro piangeva e così, oltre al pudore, provavo anche uno straordinario senso di solitudine. Quello che io vedevo, gli altri non sembravano notarlo, il loro sguardo si fermava alla forma – il povero, la vecchia, il gatto morente. La domanda nascosta dietro quelle creature pareva non affacciarsi alle loro menti” (“Per sempre”).

Bisogna educare la sensibilità e alla sensibilità; studi e orientamenti in tal senso sono stati formulati dallo psicoterapeuta tedesco Rolf Sellin: “Gli ipersensibili si distinguono per il fatto che percepiscono tutto in modo più intenso: sono osservatori attenti. Questo dono emerge fin dall’infanzia, e quando la loro percettività viene ignorata, per principi educativi o convenzioni sociali o perché scomoda, allora il bambino perde la fiducia in sé e comincia a orientarsi secondo la modalità percettiva di chi lo circonda”.

“Ero davvero fragile? Sì, ero fragile. Veniva da mio padre questa fragilità? Non ho mai saputo rispondermi. Mio padre era un uomo forte e retto. Se non avesse avuto la limitazione della cecità, avrebbe letteralmente ribaltato il mondo. Non era lui come persona, ma la sua condizione ad avermi spinto ad avere un grado diverso di sensibilità – la sua condizione, unita al suo passato. La morte violenta di suo padre e di sua sorella, la perdita di ogni cosa, la cecità avevano forse lasciato qualche traccia nel suo Dna e quella traccia – traccia di devastazione – si era trasferita dentro di me; perché non sono solo il colore degli occhi o la forma del naso a venire trasferiti da un genitore a un figlio, ma, probabilmente, anche tutto il dolore e la follia e la distruzione vissuti dalle generazioni precedenti. Per quel che mi riguarda, potrei dire che ho gli occhi verdi, il naso grande e dritto di mio nonno e che in me riposa anche una buona parte degli orrori del Novecento” (“Per sempre”).

Oggi, sempre più spesso, le famiglie sono fragili e sono fucina di relazioni fragili, invece la famiglia dovrebbe essere la culla in cui custodire e salvaguardare la fragilità perché è una peculiarità che caratterizza e forma la personalità (e non che la indebolisce) portando all’introspezione e all’empatia, come dicono gli esperti tra cui lo psicologo Alfio Cascioli. Quella fragilità e quella cura della fragilità che emergono nella “Carta dei diritti del bambino nato prematuro” del 21 dicembre 2010, un testo che, seppure programmatico, offre ricchi spunti per i genitori e altri operatori. www.vivereonlus.com/il-manifesto-dei-diritti-

“Io ormai andavo in giro da solo, cominciavo ad essere indipendente, ad avere i miei tempi, i miei ritmi – e a desiderare che i miei tempi ed i miei ritmi fossero rispettati. Nell’incoscienza vitale dei miei quattordici anni non mi accorgevo della sofferenza di mio padre” (“Per sempre”).

Uno degli step della vita familiare in cui si avverte di più la fragilità personale, intrapersonale e interpersonale è l’adolescenza dei figli. In questo periodo di crescita si percepisce inesorabilmente il peso e la responsabilità della genitorialità. È il momento in cui maggiormente si deve far sentire e vivere il contenuto dell’articolo 315 bis cod. civ. “Diritti e doveri del figlio”, quei diritti e quei doveri che consentono al figlio di sperimentare lo status di figlio mettendosi pure in opposizione ai genitori, come avviene tipicamente nella fase adolescenziale.

2. Oltre la coppia. “Di quanto dolore sono fatte le nostre vite? Di quanto dolore evitabile? Alle volte penso che al momento della nostra morte non vedremo scorrere tutta la vita, come dicono, ma soltanto una piccola parte – i gesti d’amore mancati, la carezza non fatta, la comprensione non data, quel muso inutile tenuto troppo a lungo, quella caparbietà nutrita soltanto di se stessa” (“Per sempre”).

La famiglia è, spesso, causa di dolore per il suo essere patologica o patogena, ma è essa stessa provata dal dolore che può consolidarla o sgretolarla. Una delle sofferenze che possono segnare la vita familiare è la presenza di un figlio o altro congiunto con disabilità, non solo per le cure quotidiane rimesse in gran parte ai “caregiver” (quei familiari che assistono un loro congiunto ammalato e/o disabile e che talvolta sono costretti ad abbandonare il proprio lavoro) ma anche per le prospettive future. Per questo è stata emanata – dopo tanta attesa – la legge 22 giugno 2016 n. 112, “Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare”, cosiddetta legge “Dopo di noi”.

“È stata l’unica notte in cui abbiamo dormito nella stessa casa, in due letti diversi. Ero sorpreso ed offeso dalla tua reazione, dal non avere capito la mia buona volontà, il mio desiderio di renderti felice. Tu invece eri addolorata dall’aver scoperto che tuo marito – il padre di tuo figlio – con la sua mente e con il suo cuore arrivava solo fino a un certo punto – da lì in poi eri sola, e sapevi che, in quella solitudine, avresti dovuto affrontare i tuoi fantasmi” (“Per sempre”).

L’obbligo di fedeltà, nell’articolo 143 comma 2 cod. civ., è stato premesso agli altri obblighi dalla riforma del diritto di famiglia del 1975 perché è (o dovrebbe essere) la base e il collante della coppia, in quanto non riguarda solo la sfera sessuale ma l’intimità, l’interiorità della coppia, quell’empatia di coppia o diadica di cui il coito è solo un aspetto.

“Certo, mia madre avrebbe voluto qualcosa di più sontuoso, di socialmente più rilevante ma, alla fine, si era accontentata anche della pieve solitaria. Per lei, qualsiasi cosa era meglio dell’aborrito municipio, così in voga in quegli anni, o, peggio ancora, dell’anonima nullità di una convivenza. Qualche giorno prima della cerimonia venni preso da scrupoli. «Mi sento disonesto», ti dissi «sto per fare questo passo soltanto per accontentarti, per il quieto vivere familiare, per la felicità di quella bigotta di mia madre, ma io non sono bigotto e …»” (“Per sempre”).

Quando ci si sposa, si dovrebbe essere liberi da condizioni e condizionamenti, per cui è sempre valido e attuale quanto previsto nell’articolo 16 par. 2 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani: “Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi”. Bisogna evitare sin dall’inizio relazioni disfunzionali tra le famiglie d’origine: ci si deve sposare se si è entrambi consci e consapevoli di volersi sposare e non per realizzare la volontà di uno dei partner o, peggio, dei genitori. Causare o concausare relazioni disfunzionali porta a impoverirsi o inasprirsi la propria sfera emozionale e relazionale e a privare gli eventuali figli di quelle relazioni familiari che concorrono al pieno ed armonioso sviluppo della personalità e che sono tutelate nell’art. 8 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia.

www.unicef.it/doc/599/convenzione-diritti-infanzia-adolescenza.htm

“I primi tempi della nostra vita insieme, mi aveva colpito una tua abitudine che ignoravo – ogni mattina, dopo la colazione, ti ritiravi in camera da letto e lì, per una mezz’ora, non volevi essere disturbata. All’inizio ti prendevo in giro: «Sono sicuro che riprendi a dormire». Invece di rispondermi, mi guardavi con un sorriso più enigmatico di quello della Gioconda. Ho cominciato, allora, a sentirmi geloso – com’era possibile che ci fosse qualcosa che non condividevi con me, per quale ragione dovevo sempre fermarmi sulla soglia? Ho anche provato a distrarti con delle scuse pratiche” (“Per sempre”).

Nell’articolo 144 cod. civ., la cui formulazione è stata una delle più importanti innovazioni normative della riforma del diritto di famiglia, si legge che i coniugi concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare. Previsione che comporta che i coniugi non solo continuino la loro vita professionale ma è giusto e opportuno che conservino spazi individuali, le loro amicizie e interessi coltivati, per poi ritrovarsi e ricongiungersi nell’indirizzo della vita familiare e per questo devono pure fissare la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa. Quell’equilibrio che non significa scendere a compromessi ma incontrarsi e confrontarsi continuamente, altrimenti la relazione diventa asfittica o asfissiante. Non esiste solo la coppia, ma esistono due persone che formano la coppia, vivono in coppia e anche singolarmente.

“Tu dialogavi con l’eterno, ed io? Ero stato un marito noioso, prevedibile, privo di qualsiasi guizzo. Pensavo al mio lavoro, alle cose pratiche, al mutuo che volevo fare per acquistare la prima casa e alle riunioni di condominio in cui mi toccava litigare. I primi anni lavoravo al pronto soccorso, e quelle quotidiane immersioni nel dolore mi allontanavano da qualsiasi tipo di poesia. Ti ero grato per quella che mi offrivi – tornare a casa era come un balsamo ma, di mio, non sarei stato capace di apprezzare neppure un verso. Se non ci fossi stata tu, mi sarei probabilmente sprofondato nel divano con un bicchiere di whisky” (“Per sempre”).

Famiglia è casa. Tornare a casa non deve essere un dovere, ma un piacere: tornare nell’habitat, indossare i propri abiti mentali e reali come la propria pelle, ritrovare le abitudini esistenziali ed essenziali. Nel summenzionato articolo 144 cod. civ. si parla di “indirizzo della vita familiare”, ma prima ancora dell’indirizzo è necessario che ci sia e si viva una vita familiare, fatta di commensalità e convivialità. In passato la madre trascorreva ore e ore in cucina, assicurandosi una famiglia forte di nutrimento e amore e affermando così il proprio ruolo di madre nutrice, perno della famiglia. “Oggi non si condivide quasi più con i propri cari il cibo approntato in casa, dopo un duro e lungo lavoro di preparazione – spiega Mariagiulia Mariani, antropologa del cibo –. Si mangia fuori casa, cibo preparato da mani sconosciute o da industrie. Si pranza, in genere, con colleghi di lavoro, compagni di scuola o da soli. Si può arrivare anche a mangiare in piedi, camminando, di fronte a un computer, in auto. Uno dei grandi cambiamenti nel nostro modo di alimentarci è la mercificazione del cibo, la perdita della sua sacralità”. In molte famiglie di oggi si sono perse le dimensioni dell’emozionalità, della ritualità e della sacralità del mangiare insieme, momento di condivisione e conversazione, intriso anche del gusto di discutere se seguire o meno il telegiornale o su quale canale televisivo girare; di converso, sono diffusi i disturbi del comportamento alimentare tra i ragazzi, che sono altresì una richiesta di attenzione e di ascolto, una manifestazione di fame d’amore o nausea d’amore o indigestione d’amore.

“Uscire da se stessi. Non è forse questo il segreto per sfuggire al “troppo tardi”? Ma quando lo capisci purtroppo la tua vita è andata troppo avanti. Troppo avanti. Troppo tardi. Troppa amarezza. Troppo dolore. Troppo dolore che si poteva evitare” (“Per sempre“).

Quante volte accade in famiglia, troppe volte, soprattutto a danno dei bambini. Ogni famiglia, però, è germe di speranza di cui si ha bisogno, di cui la vita ha bisogno. “Mi ero seduto accanto a lei e quando le avevo chiesto: «Chi è Dio?», mi aveva risposto: «Dio è un bambino a cui cambiare le fasce»” (alla fine del romanzo).

Margherita Marzario FiLOdiritto 13 giugno 2017

www.filodiritto.com/articoli/2017/06/per-sempre-e-ancora-possibile-nelle-coppie-di-oggi.html?utm_source=Filodiritto&utm_medium=email&utm_campaign=Newsletter+653

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DALLA NAVATA

Santo Sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo – Anno A – 18 giugno 2017

Deuteronomio 08, 14 Non dimenticare il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile;

Salmo 147, 15 Manda sulla terra il suo messaggio: la sua parola corre veloce.

1Corinzi 10, 17 Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane.

Giovanni 06.58 Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

 

Una comunione d’amore. Commento di Enzo Bianchi, priore emerito a Bose (BI).

La chiesa celebra oggi la festa del Corpus Domini, un’altra festa teologico-dogmatica, istituita nel XIII secolo per affermare la dottrina eucaristica contro quanti la interpretavano in modo non conforme alla chiesa romana. Il nuovo ordo liturgico ha mantenuto questa festa, che diventa così l’occasione per comprendere maggiormente il mistero grande dell’eucaristia e per adorare il corpo e il sangue del Signore, quel corpo che egli ha dato e quel sangue che ha versato per tutta l’umanità, avendola amata fino all’estremo (cf. Gv 13,1).

Il brano del vangelo secondo Giovanni proclamato nella liturgia è tratto dal capitolo 6, un intero capitolo dedicato al racconto della moltiplicazione dei pani, alle parole di Gesù che spiegano quell’evento e poi rispondono alle domande e alle contestazioni dei suoi ascoltatori. La pericope è breve ma molto densa, come emerge dalle cinque parole che in essa ricorrono a più riprese, come una sorta di filo rosso: mangiare (8 volte), bere/bevanda (4 volte), carne (6 volte), sangue (4 volte), vita/vivere (9 volte).

Ascoltiamo innanzitutto una dichiarazione di Gesù: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo” (cf. anche Gv 6,48). Gli ascoltatori sono rimandati da Gesù non a qualcosa con carattere di straordinarietà, di grandezza, di forza, ma all’umile realtà del pane che ognuno mangia quotidianamente per sostentarsi e che molti devono cercare, a volte addirittura mendicare nella loro povertà. Il pane, questo cibo umile e semplice, ma che è il simbolo della vita, del cibo “necessario” per vivere: Gesù va proprio a questa realtà necessaria all’uomo, ma semplice e umile, per rivelare qualcosa di sé e per significare il dono a noi di se stesso. Gesù dice che egli stesso è pane, un pane per la vita, un pane vivo che non viene dagli uomini, che gli uomini non possono darsi, ma viene dal cielo, da Dio. Un pane per la vita eterna, che è comunione con Dio, vita per sempre con Dio, partecipazione definitiva al suo amore. Nel quarto vangelo questo pane, chiamato nei sinottici “corpo”, è indicato come “carne”, che in senso biblico non è la sostanza fisica del corpo umano, ma è la totalità dell’essere vivente, l’intera persona umana. Tutta la vita di Gesù è dunque nel pane che egli ci dona attraverso la sua esistenza spesa nell’amore, offerta attraverso la morte in croce e risuscitata dal Padre nella potenza dello Spirito santo (cf. Rm 1,4). Ecco perché Gesù dice: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne, data perché il mondo viva”.

Sono parole che dobbiamo contemplare, non spiegare, perché non riusciamo a comprenderle in pienezza. Se noi vogliamo vivere della vita vera e piena, non solo della nostra vita biologica che va verso la morte, dobbiamo mangiare il pane che Gesù ci offre, se stesso. Tutta la sua vita, tutta la sua azione, tutte le sue parole, dalla nascita a Betlemme fino alla morte di croce, tutto è innestato nella vita del Figlio da sempre e per sempre nel seno del Padre (cf. Gv 1,18), e perciò è vita eterna che viene offerta a noi, se siamo in ricerca, affamati di questa vita. Attenzione: questa vita non è solo vita divina, in vista di una divinizzazione, ma è anche e innanzitutto la vita umana di Gesù, la vita da lui vissuta nella carne fragile e mortale che aveva assunto nascendo dalla vergine Maria. Quella vita umana vissuta in questo mondo per amore di noi umani, vita di un uomo che l’ha spesa, consumata fino alla morte di croce, è per noi cibo di vita per sempre.

Ebbene, credo che la festa odierna ci consenta, anzi ci chieda di approfondire tale realtà decisiva per noi credenti cristiani. Noi andiamo a Dio attraverso Gesù, “l’immagine del Dio invisibile” (Col 1,15): narrando Dio con la sua vita (cf. Gv 1,18: exeghésato), Gesù ha giudicato tutte le immagini e i volti di Dio che gli esseri umani si fabbricano con le proprie mani, ha giudicato tutte le proiezioni umane che sovente attribuiscono a Dio il volto di un Dio “perverso”. Ormai ciò che di Dio può essere conosciuto e predicato è ciò che è stato vissuto e predicato da Gesù. Ora, se è vero che per la fede dei cristiani è decisivo aderire a Gesù, bisogna però intendersi bene sulle parole: quando si dice “Gesù”, ci si riferisce a un vero uomo, debole, fragile e mortale come lo siamo noi; un uomo di carne (sárx: Gv 1,14), la sua carne che egli ci dona. Un uomo che è nato, vissuto e morto come ogni figlio di Adamo (cf. Lc 3,38): humanissimus, come amavano definirlo i padri monastici medievali!

Se dunque c’è un Dio, per noi cristiani è il Dio che deve essere conosciuto, letto e “visto” nell’esistenza umana di Gesù di Nazaret (cf. Gv 14,9). Per questo motivo il cristianesimo esige che Gesù sia conosciuto attraverso la sua vita narrata e testimoniata nei vangeli da parte chi è stato coinvolto nella sua vicenda, i discepoli, divenuti “servi della Parola” (Lc 1,2); solo attraverso questa conoscenza potremo anche credere in lui fino ad amarlo, fino a confessarlo “Messia”, “Signore”, “Figlio di Dio”, “Salvatore”, e così giungere alla fede in Dio, alla conoscenza del Dio vivente e vero. Se invece non si conosce l’umanità di Gesù, si finisce – lo ripeto – per credere in lui come a una realtà da noi immaginata e costruita. È assolutamente necessario guardare alla sua esistenza umana quotidiana, trovare in essa la vita stessa di Dio, leggervi l’espressione compiuta di Dio, e, di conseguenza, cogliere anche gli elementi “straordinari” della sua vicenda come segni, segnali – semeîa secondo il quarto vangelo (cf. Gv 2,11.18.23; 3,2; ecc.) – capaci di orientare la nostra fede.

È dunque la sua forma di vita – la sua carne e il suo sangue, per dirla con la pagina evangelica odierna – che è Vangelo, buona notizia per sempre e per tutti, mentre se si acclama Gesù quale Dio senza confessarlo “venuto nella carne” (1Gv 4,2), si finisce per snaturarlo. Qui sta la singolarità del cristianesimo: Dio si è rivelato in Gesù, si è fatto conoscere nella sua umanità; Dio si è fatto uomo e l’incarnazione è l’umanizzazione di Dio. Sì, Gesù ha vissuto la sua esistenza terrena quale uomo povero e fragile, esattamente come gli uomini e le donne con cui entrava in relazione; il Figlio è entrato nella storia come uomo, pienamente uomo: un uomo capace di fare della sua vita un capolavoro d’amore. Ed è questo amore, nient’altro che questo amore reciproco, vissuto e praticato sul suo esempio, che egli ci ha lasciato come “comandamento nuovo”, ultimo e definitivo (cf. Gv 13,34; 15,12), come prassi che ci consente di essere riconosciuti quali suoi discepoli e discepole (cf. Gv 13,35).

Ha scritto il grande teologo Giuseppe Colombo: “L’eucaristia non comunica la vita di Gesù ai cristiani, viceversa attira la vita dei cristiani unendola e conformandola a quella di Gesù … È da cancellare completamente dall’immaginario cristiano l’idea ingenua dell’eucaristia come realtà autosufficiente cui attribuire azioni e reazioni personali. In questo senso l’eucaristia non è Gesù Cristo, perché sarebbe un “secondo” Gesù Cristo – il Gesù Cristo eucaristico o il Gesù dell’eucaristia – che si aggiunge al Gesù della storia … In realtà Gesù Cristo è uno solo e non può essere raddoppiato … Il Gesù dell’eucaristia è il Gesù che ha vissuto la storia degli uomini e non un altro Gesù” (L’esistenza cristiana, Glossa, Milano 1999, pp. 15-17).

Anche noi però, come quegli ascoltatori giudei, siamo perlomeno turbati dalle parole di Gesù rimeditate e ridette dal quarto vangelo: come è possibile che un uomo ci dia la sua carne come cibo? Questa è una follia! Eppure Gesù non ha paura di scandalizzare con un’affermazione così forte; anzi, commentandola la rende ancor più scandalosa: “Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita”. Linguaggio duro – come diranno subito dopo molti dei suoi discepoli (cf. Gv 6,60) – ma con il quale Gesù cerca di rivelarci che mangiare il pane eucaristico e bere al calice della benedizione è ricevere la realtà misteriosa (cioè nel mistero, nel sacramento) di Cristo, umanità trasfigurata nella resurrezione e vita divina del Figlio nel seno del Padre. Così nell’eucaristia la vita di Cristo diventa nostra vita e noi diventiamo corpo di Cristo, sue membra viventi, per lo stesso soffio che è lo Spirito santo. Questo è il “pane” che non si corrompe e che ci fa vivere per la vita eterna.

Non dobbiamo però dimenticarlo: tutto questo lo viviamo sacramentalmente, avendo davanti a noi pane spezzato e vino da bere. Ma il nostro occhio, se è abilitato dallo Spirito santo, discerne in quel pane e in quel vino il corpo e il sangue di Cristo. Noi ce ne cibiamo ed essi, entrati in noi, nel metabolismo eucaristico – metabolismo contrario rispetto a quello biologico – ci fanno diventare corpo del Signore. Questo è il grande mistero che noi innanzitutto adoriamo:

“La Parola si è fatta carne” (Gv 1,14) in Gesù; la carne di Gesù si è fatta pane, nostro cibo (cf. Gv 6,51); il pane nostro cibo, che è Gesù con tutta la sua vita, morte e resurrezione, ci dà la vita eterna (cf. Gv 6,58).

www.monasterodibose.it/preghiera/vangelo/11512-la-carne-umana-la-vita-di-gesu▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬

DEMOGRAFIA

Pubblicato il Bilancio demografico nazionale

Dall’Istat arriva ancora un’altra fotografia di un’Italia che invecchia. Stando ai dati del Bilancio demografico nazionale, pubblicato oggi, martedì 13 giugno 2017, prosegue nel 2016 la diminuzione dei residenti, già riscontrata l’anno precedente. In particolare, al 31 dicembre 2016 risiedono nel Paese 60.589.445 persone, di cui oltre 5 milioni di cittadinanza straniera, pari all’8,3% dei residenti a livello nazionale. Il saldo complessivo è negativo per 76.106 unità, determinato dalla flessione della popolazione di cittadinanza italiana (96.976 residenti in meno) mentre la popolazione straniera aumenta di 20.870 unità. Tuttavia, all’interno della popolazione straniera la componente femminile diminuisce per la prima volta dagli anni Novanta quando l’Italia è diventata Paese di immigrazione.

Il saldo naturale legato al movimento della popolazione, vale a dire il numero dei nati meno quello dei morti, è negativo per quasi 142mila unità. Più precisamente, è positivo per i cittadini stranieri (quasi 63mila unità), mentre per i residenti italiani il deficit è molto ampio e pari a 204.675 unità. Diminuiscono ancora le nascite, come avviene ormai dal 2008. Per il secondo anno consecutivo i nati sono meno di mezzo milione (473.438, -12mila sul 2015), di cui più di 69mila stranieri (14,7% del totale), anch’essi in diminuzione. I decessi sono stati oltre 615mila, circa 32mila in meno rispetto al 2015, anno record della mortalità, ma in linea con il trend di crescita degli anni precedenti, dovuto all’invecchiamento della popolazione.

Continuano a crescere le acquisizioni di cittadinanza: nel 2016 i nuovi italiani sono più di 200mila. Circa 200 in tutto le nazionalità presenti in Italia: nella metà dei casi si tratta di cittadini europei (oltre 2,6 milioni); maggiormente rappresentata la cittadinanza rumena (23,2%), seguita da quella albanese (8,9%).

www.istat.it/it/archivio/201119

Redazione Romasette 13 giugno 2017

www.romasette.it/dallistat-la-fotografia-di-unitalia-che-invecchia-salvata-dagli-stranieri

 

Italia senza culle. Quando una strategia-Paese?

Il campanello d’allarme lo ha suonato qualche giorno fa l’Istat, ma non è stata una sorpresa. Certo non per i lettori di “Avvenire”. Nel 2016 si sono registrati ben 142.000 decessi in più rispetto alle nascite: l’Italia si rimpicciolisce e invecchia, letteralmente. Il fenomeno ha una portata “storica” e radici profondissime, che (incredibilmente) non sono ancora oggetto di adeguata attenzione da parte di politica, opinione pubblica, media e accademia. Perché il numero di nascite in Italia diminuisce non solo per la mancanza di un contesto favorevole alla natalità – dal sistema fiscale non incentivante ai servizi pubblici che non supportano le famiglie, a partire dal deficit di asili nido – ma anche per la progressiva riduzione delle potenziali madri: oggi nel nostro Paese le donne di 50 anni sono oltre 500mila, mentre le donne di 30 anni sono meno di 350mila e quelle di 20 anni meno di 300mila.

Il vortice dello squilibrio demografico, dunque, si avvita su se stesso e sembra inarrestabile: come l’abbattimento del tasso di fecondità degli ultimi 20 anni determina oggi la riduzione del numero di potenziali madri, il numero così basso di nascite attuali si tradurrà nel giro di vent’anni in un’ulteriore riduzione delle generazioni in grado di generare figli. La demografia non fa sconti, ai Paesi e alle classi politiche che non riescono a ragionare con una visione di lungo termine.

È giunta, anzi è scaduta, l’ora di realizzare una strategia-Paese per affrontare l’emergenza demografica. Ma questa passa attraverso la strettoia del lavoro: perché oggi solo in presenza di un’occupazione (magari stabile) sia per l’uomo che per la donna, si creano nella coppia le condizioni ideali per procreare. In particolare i Paesi europei con tasso di occupazione delle donne molto alto – tra il 72 e l’83 per cento – come Svezia, Danimarca, Olanda e Francia sono gli stessi nei quali si registrano i tassi di fecondità più elevati, tra l’1,7 e il 2. All’opposto nei Paesi – come Italia e Spagna – con tassi di occupazione femminile tra il 50 e il 70 per cento, la natalità è inchiodata a livelli tra l’1,3 e l’1,4. Non a caso si registra oggi la stessa dicotomìa tra Nord e Sud Italia: le regioni meridionali fanno registrare attualmente i livelli più bassi sia di occupazione femminile che di natalità, a causa del deficit di lavoro, sovvertendo il trend demografico tradizionale.

Contro un’emergenza, servono investimenti straordinari. Un piano per rafforzare la nostra dotazione di asili-nido a prezzi accessibili a tutte le famiglie. Sgravi fiscali che rendano (quasi) neutrale la scelta di avere figli, rispetto alla non fecondità. O ancora sgravi fiscali per rendere vantaggioso il lavoro del secondo percettore di reddito (che nell’81% delle famiglie avrebbe l’effetto di abbassare le tasse sul lavoro della donna). Il set delle misure possibili è ampio e già sperimentato nel resto d’Europa. E noi cosa stiamo aspettando?

Francesco Delzio Avvenire 17 giugno 2017

www.avvenire.it/rubriche/pagine/italia-senza-culle-quando-una-strategia-paese

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EUROPA

Trascrizione dell’atto di nascita di un bambino nato all’estero da due cittadine italiane.

Corte di cassazione, prima sezione civile, sentenza n. 14878, 15 giugno 2017

La rettificazione di un atto di nascita di un bimbo nato all’estero da una coppia di cittadine italiane, emesso dalle autorità inglesi, non è contraria all’ordine pubblico. Con una sentenza tutta declinata nel segno dell’interesse superiore del minore e su quanto affermato in atti internazionali, dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo alla Convenzione Onu sui diritti del fanciullo passando per la Carta dei diritti fondamentali, dell’Unione europea, la Corte di Cassazione ha dato ragione, in sostanza, a una coppia di cittadine italiane, coniugate nel Regno Unito che avevano impugnato l’ordinanza della Corte di appello di Venezia.

Quest’ultima aveva negato la rettificazione dell’atto di nascita del figlio minore nato da una delle due donne attraverso la fecondazione assistita all’estero. L’ufficio britannico aveva chiarito che la registrazione del minore doveva avvenire indicando che il bimbo era figlio di entrambe le ricorrenti. L’ufficiale di stato civile aveva respinto l’istanza di rettificazione. Una scelta condivisa dal Tribunale e dalla Corte di appello di Venezia. Per i giudici, infatti, la rettificazione sarebbe stata contraria all’articolo 16 della legge n. 218, 31 maggio 1995 e, quindi, all’ordine pubblico internazionale.

www.jus.unitn.it/cardozo/obiter_dictum/codciv/legge218_95.htm

Una conclusione bocciata dalla Cassazione. Per la Suprema Corte, infatti, la contrarietà all’ordine pubblico va valutata tenendo conto non solo dei principi costituzionali ma anche di atti internazionali, inclusa la Convenzione europea dei diritti dell’uomo come interpretata dalla Corte di Strasburgo che, a più riprese, ha riconosciuto il diritto delle coppie dello stesso sesso a una vita familiare.

Ebbene, quanto ai diritti delle coppie di ugual sesso – che nella specie vanno pur indirettamente vagliati – la Corte rammenta le disposizioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo nonché della c.d. Carta di Nizza 2000, che riconoscono, per ciascun individuo, il diritto di sposarsi e di formare una famiglia, con esplicito divieto di discriminazione che sia fondato sul sesso o sull’orientamento sessuale.

Per quanto riguarda poi l’interesse del minore, la stessa Corte europea ha sancito la necessità che sia sempre assicurata la preminenza del suo interesse da valutare nel caso concreto, così come “il diritto al riconoscimento e alla continuità delle relazioni affettive, anche in assenza di vincoli biologici ed adottivi con gli adulti di riferimento, all’interno del nucleo familiare”. Di conseguenza, l’ordine pubblico non può essere applicato in modo automatico senza considerare l’interesse del minore e la relazione genitoriale. Così, per la Cassazione, la trascrizione non è contraria all’ordine pubblico nella sua accezione internazionale e gli uffici dello stato civile devono provvedere alla rettificazione come da indicazioni del documento inglese.

Marina Castellaneta Diritto internazionale 16 giugno 2017

www.marinacastellaneta.it/blog/trascrizione-dellatto-di-nascita-di-un-bambino-nato-allestero-da-due-cittadine-italiane-non-contraria-allordine-pubblico.html

Eleonora Mattioli Edotto 16 giugno 2017

www.edotto.com/articolo/figlio-di-due-madri-ammessa-la-rettifica-del-cognome?newsletter_id=5943bc89fdb94d01ecfce753&utm_campaign=PostDelPomeriggio-16%2f06%2f2017&utm_medium=email&utm_source=newsletter&utm_content=figlio-di-due-madri-ammessa-la-rettifica-del-cognome&guid=ac640a18-ca0c-40a5-9663-df126f11e298

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FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI

Forum Puglia “Si applichi la parte preventiva, vista la gravissima denatalità che affligge la Regione”

L’intervento del “Forum” alla vigilia dei lavori della terza Commissione consiliare della Regione Puglia sulla Proposta di Legge “Borraccino”

www.consiglio.puglia.it/dettaglio/contenuto/47874/Interruzione-volontaria-della-gravidanza–Borraccino-presenta-una-proposta-di-legge

In riferimento alla Proposta di Legge “Borraccino” relativo alla attuazione della legge 194/1978 in Puglia, in discussione in Terza Commissione Consiliare giovedì 8 giugno 2017, il Forum delle Associazioni Familiari di Puglia desidera proporre alcuni dati ed alcune considerazioni.

  • In Italia l’accesso ai servizi di IVG è garantita dalla legge e dalla prassi.

  • La relazione annuale del dicembre 2016 del Ministero della Salute sullo stato di attuazione della legge 194/78 documenta che: “Riguardo l’esercizio dell’obiezione di coscienza e l’accesso ai servizi IVG, si conferma quanto osservato nelle precedenti relazioni al Parlamento: su base regionale e, per quanto riguarda i carichi di lavoro per ciascun ginecologo non obiettore, anche su base sub-regionale, non emergono criticità nei servizi di IVG. In particolare, emerge che le IVG vengono effettuate nel 59.6% delle strutture disponibili, con una copertura adeguata, tranne che in Campania, Molise e P.A. Bolzano”.

  • Dalla stessa Relazione emerge chiaramente che non esiste neanche il problema dei medici obiettori di coscienza, tanto che leggiamo testualmente che “a livello nazionale l’11% dei ginecologi non obiettori è assegnato ad altri servizi e non a quello IVG, cioè non effettua IVG pur non avvalendosi del diritto all’obiezione di coscienza. Si tratta di una quota rilevata in 46 strutture di undici regioni”, tra cui proprio la Puglia.

  • Ed in Puglia, qual è l’effettivo carico di lavoro dei ginecologi non obiettori? Nel 2014, una rilevazione ad hoc per ASL ha valutato il carico di lavoro settimanale per ginecologo non obiettore, considerando 44 settimane lavorative/anno in non più di 3.5 interruzioni di gravidanza, intervento il cui espletamento, secondo l’OMS, non richiede più di 10 minuti. (cfr pag. 49 Relazione 2016).

  • E’ evidente quindi che eventuali criticità possono essere risolte mediante l’istituto della mobilità, non essendovi quindi nessuna ragione per ricorrere a bandi di concorso riservati a ginecologi non obiettori, la cui illiceità è stata anche dichiarata dalla sentenza del a TAR Puglia n. 3477/2010.

  • D’altro canto, quanto aspettano le donne pugliesi per eseguire l’intervento richiesto? La maggior parte di esse, il 76.6% attende fino ad un massimo di 14 giorni fra il rilascio del documento previsto dalla legge e l’espletamento dell’interruzione di gravidanza: siamo la Regione più veloce d’Italia, dopo Molise e Basilicata che però hanno numeri decisamente più contenuti dei nostri. Il 55.9% degli interventi abortivi pugliesi avviene non oltre l’ottava settimana di amenorrea. Infine, dall’analisi dei dati della Relazione ministeriale riferiti al 2015 risulta chiaro che a fronte di 2876 donne che hanno richiesto l’interruzione volontaria di gravidanza presso i consultori pugliesi, ben 2573 hanno proceduto con l’aborto, con una percentuale del 90%.

  • Alla luce di questi dati, abbiamo davvero necessità di leggi regionali che prevedano concorsi riservati a personale medico non obiettore?

  • Ci sembra che invece l’urgenza pugliese sia quella di una applicazione integrale della legge 194, con particolare attenzione alla sua parte preventiva, anche in considerazione della gravissima denatalità che affligge la nostra regione, terz’ultima in Italia per natalità, con conseguenze che si rivelano sempre più importanti sulla sostenibilità di welfare, assistenza, previdenza e ripresa economica.

  • In Puglia, negli ultimi 20 anni, abbiamo avuto un calo medio di nascite di 9000 bambini l’anno: tanti quanti quelli abortiti annualmente.

  • L’osservazione della realtà abortiva e natale pugliese pone una domanda fondamentale in ordine alle “Norme in materia di concreta attuazione in Puglia della legge n.194/1978”: quali sono le politiche attive della Regione Puglia miranti a prevenire le interruzioni volontarie della gravidanza, in attuazione degli artt.2 e 5 della legge 194?

  • E’ urgente operare per tutelare anche il diritto di divenire madre della donna in difficoltà, ma desiderosa di portare a termine la sua gravidanza.

  • Ci sono numerosi interventi da attuare in questa direzione. Il Forum ne ha indicati alcuni nella Lettera aperta che aveva indirizzato ai componenti il Consiglio e la Giunta regionale nel dicembre scorso.

www.forumfamigliepuglia.org/lettera-aperta-ai-componenti-la-giunta-ed-il-consiglio-regionale-pugliesi

Parliamone. Senza ideologie né paraocchi.

Il Forum delle Associazioni Familiari di Puglia 7 Giugno 2017

www.forumfamigliepuglia.org/lettera-aperta-ai-componenti-la-giunta-ed-il-consiglio-regionale-pugliesi

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FRANCESCO VESCOVO DI ROMA

Dove andrà papa Francesco? Breve bilancio nel quarto anno di pontificato.

Il recente Anno santo appena concluso va sicuramente annoverato tra le più importanti iniziative dell’attuale pontificato, anche se dal punto di vista dei flussi di turisti a Roma ha registrato un successo modesto. Dopotutto era dedicato alla misericordia, tema centrale per Francesco, che infatti nella sua lettera Misericordia et misera, che fa una retrospettiva sull’Anno santo appena trascorso, afferma che la misericordia non dovrebbe essere una «parentesi». In quel testo il papa sottolinea ancora una volta la sua volontà di far sì che la misericordia di Dio si faccia strada anche nella disciplina ecclesiastica. La misericordia deve essere un principio costitutivo della Chiesa in generale. Eppure in una parte del suo uditorio ha suscitato preoccupazione la decisione d’ «estendere» ulteriormente il permesso di confessare concesso alla Fraternità sacerdotale san Pio X, sebbene, come invece si temeva inizialmente, a questo gruppo non sia stato dato un riconoscimento generale. Dopo il grande evento del giubileo, tuttavia, soprattutto all’interno della Chiesa cattolica c’è un sentimento di disillusione. Pur in presenza di un ampio consenso nei confronti di Francesco, in entrambi i lati dello schieramento ecclesiastico vi sono dei delusi, una situazione che, dopo i pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, è assolutamente peculiare.

Se per gli uni Francesco si è spinto troppo oltre a motivo del suo approccio alla misericordia come concetto chiave, per gli altri manca, anche dopo l’Anno santo, un passo decisivo. Ad esempio non avrebbe forse dovuto il papa definire in modo più chiaro l’orientamento dei due Sinodi del 2014 e 2015 sui temi di pastorale familiare, Sinodi che sono stati seguiti con tanta attenzione dall’opinione pubblica? Così adesso si potrebbero considerare risolti questi temi e ci si potrebbe dedicare ad altre questioni. Questo interrogativo è estremamente sintomatico dell’attuale pontificato in generale. E poi si sarebbe potuto approfittare del momento per recuperare ciò che negli ultimi decenni era stato trascurato.

Slancio alla discussione. Dall’inizio del suo pontificato con i suoi gesti molto eloquenti, le interviste sorprendenti e altri discorsi molto chiari che egli sapeva avrebbero colpito nel segno (tutti aspetti del cosiddetto «fenomeno Francesco»), il papa ha già raggiunto alcuni risultati. Con la sua spontaneità e il suo stile per molti aspetti innovativo ha già sciolto alcune rigidità del ministero petrino. Per questo ha anche ricevuto un’eco mediatica eccezionalmente positiva, nonostante o proprio a motivo di alcune sue gaffe linguistiche, che in realtà non hanno di fatto danneggiato lui o il suo carisma.

Francesco ha anche dato nuovo slancio a molte discussioni circa le riforme nella Chiesa cattolica. Cruciali sono i documenti più corposi e accuratamente calibrati che ha pubblicato: in particolare l’Evangelii gaudium, la Magna charta del suo approccio pastorale, in cui parla anche della necessaria decentralizzazione del papato; poi l’enciclica Laudato si’, dedicata alle urgenti questioni ambientali, considerate in senso ampio, e infine l’esortazione postsinodale Amoris lætitia. Di questo elenco fa parte il fatto che Francesco nel suo pontificato abbia affrontato il problema delle violenze sessuali all’interno della Chiesa con ancora maggior decisione di quanta alla fin fine ne avesse messa Benedetto XVI. E tra le prime riforme della curia vi è stata la riorganizzazione delle finanze vaticane, che erano state più volte al centro dell’attenzione in relazione agli scandali che avevano coinvolto la banca del Vaticano con accuse di abuso di potere e mancanza di trasparenza. Vi è certamente da annoverare anche l’internazionalizzazione del collegio cardinalizio e la Commissione con i nove rappresentanti di tutti i continenti, che consiglia il papa. Tuttavia, nel suo complesso, la riforma della curia non è ancora un risultato acquisito. Sinora si è limitata ad alcune nuove strutture e al raggruppamento di alcuni dicasteri.

Continuano a essere attive molte persone che andrebbero invece annoverate tra i grandi scettici del pontificato. Francesco continua a cercare di portarne il maggior numero possibile dalla propria parte. E poi c’è un altro problema: il papa rimane fermo nella decisione d’introdurre nel magistero rinnovamenti – almeno apparentemente – piccoli e d’impegnarsi invece soprattutto per soluzioni pastorali che, data una più complessa realtà della vita, permettono d’interagire in modo più flessibile con essa. Il contrasto sull’Amoris lætitia, che a quasi un anno dalla sua pubblicazione continua più acceso che mai, ne è il miglior esempio. Dopo l’Humanae vitae all’interno della Chiesa cattolica non si è più discusso così tanto su nessun altro documento quanto adesso sulla postsinodale di Francesco. Un esempio è il fatto senza precedenti avvenuto a novembre, dei quattro cardinali – che per la maggior parte non sono più cardinali elettori – che hanno posto al papa aspramente e in modo inquisitorio alcune domande critiche. Dal momento che Francesco non ha risposto alla loro lettera, l’hanno resa pubblica. C’è un aspetto che in ogni caso risulta estremamente irritante: negli ultimi anni è stato più volte sottolineato, con una qualche ragione, che a fronte di problemi sociali globali, e anche a fronte dell’idea che la fede in Dio sia sempre meno plausibile, nella Chiesa cattolica si corre il pericolo di restare impantanati in questioni che al confronto paiono relativamente poco importanti. Proprio il fatto che siano i due cardinali tedeschi Joachim Meisner e Walter Brandmüller, insieme a Carlo Caffarra e a Raymond Leo Burke, a insistere su questi punti irrita in modo particolare. Senza contare come si dimostri vuota la fedeltà al papa, di cui prima volevano dare prova in maniera ostentata. Quale Chiesa difendono quindi adesso? Al momento emerge molto chiaramente che su questa questione il pontificato è arrivato a un punto cruciale.

Sebbene papa Francesco con il suo carisma, il suo calore e il suo approccio non convenzionale abbia coinvolto tante persone e abbia ripetutamente messo in guardia da «malinconia, tristezza e noia» nella Chiesa, come scritto sempre nella lettera a conclusione dell’Anno santo, resta però il problema che rispetto ad alcuni nodi cruciali non si stiano facendo passi avanti. In diversi punti di questa lettera, Francesco sottolinea che i suoi interventi sono parte di un processo («fino a nuova disposizione»), La domanda però è quanto tempo resta al papa, e quanto lui stesso se ne voglia dare. Sarebbe pienamente coerente con la sua posizione, raggiunta l’età degli 80 anni, lasciare la strada a un successore, ma certo non sarebbe una soluzione rispetto alle forze messe in campo per le riforme. Ma anche indipendentemente da questo, secondo quanto si può umanamente prevedere, al papa non resta comunque tantissimo tempo. Dopo il recente concistoro si è sempre più vicini al momento in cui la maggioranza dei cardinali elettori del papa risulterà nominata da Francesco. Non basta comunque dare continuamente nuovi impulsi e sperare che siano poi raccolti da altri, anche se potrebbe essere una cosa molto affascinante rispetto alla decentralizzazione dei più alti incarichi nella Chiesa attuata dallo stesso papa. In un’intervista ai primi di dicembre egli insisteva sul fatto che la Chiesa non deve essere intesa come una piramide, in cui tutte le decisioni sono calate dall’alto verso il basso. Aveva invece in mente una «Chiesa sinodale», che realizza al massimo livello l’«unità nella diversità». Il papa, secondo il dovere del ministero petrino, «accompagna la Chiesa, la lascia crescere, la ascolta; di più, impara da questa realtà e va come armonizzando, discernendo quello che viene dalle Chiese e lo restituisce».1 Da questa convinzione quindi si sarebbe lasciato guidare anche nella valutazione dei due Sinodi dei vescovi e nell’uso dei risultati, che dopo tutto erano stati approvati da oltre due terzi dei padri sinodali. E tuttavia il papa fino a ora non è riuscito a coinvolgere tutta la Chiesa cattolica dalla sua parte. Ai fini del suo pontificato, quindi, sarà ancor più importante come egli agirà nel quinto anno. Francesco sa prendere decisioni d’autorità, come si può vedere con alcuni motu proprio, come quello sulla prassi per l’annullamento dei matrimoni o sulla nomina degli amministratori diocesani. Si deve per altro verso dedurre che un desiderio di Francesco sia che i vescovi locali procedano in autonomia più che attendere di sapere che cosa pensa il papa. Questo vale ad esempio per la questione dell’ordinazione dei viri probati, per cominciare a dare almeno qualche cenno di risposta alla crisi del sacerdozio nella Chiesa universale. In definitiva, ci sono due cose in gioco: da un lato che i vescovi vivano in loco la sinodalità che papa Francesco incoraggia. Dall’altro, che il papa stesso compia ulteriori passi. È necessario che si esprima più esplicitamente e che su questioni specifiche ponga regole vincolanti, per dare durevolezza alle cose che gli stanno a cuore. Su questo punto, i cardinali recalcitranti hanno forse ragione salvo che poi non gradirebbero un agire diverso e conseguente da parte del papa. È evidente che il papa si sente legato alle direttive e alle decisioni dei suoi due predecessori. La difficoltà sta nel fatto che questi hanno regolamentato talmente tante cose che, per osservare con coerenza tutte le norme, sarebbero possibili solo piccole ulteriori modifiche. Ma questo è un problema che solo il papa stesso può affrontare.

Stefan Orth, vicedirettore del mensile Her Herder Korrespondenz der Korrespondenz (www.herder-korrespon (www.herder-korrespondenz.de).

www.ilregno.it/attualita/2017/6/francesco-13-marzo-2013-2017-dove-andra-papa-francesco-stefan-orth

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INFANZIA E ADOLESCENZA

Montecitorio. Filomena Albano: “I bambini sono tutti uguali: in Italia non è più vero”

“L’Italia si è storicamente distinta come Paese all’avanguardia nella affermazione dei diritti dei bambini e degli adolescenti. In questo momento, tuttavia, il principio d’uguaglianza, che si riteneva acquisito, torna ad essere attuale, diventa appunto una sfida. La sfida dell’uguaglianza”: è questo il cuore del messaggio lanciato oggi, 13 giugno 2017, in Parlamento da Filomena Albano, Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, in occasione della presentazione della Relazione annuale 2016.

“Se i diritti sono gli stessi, la loro concreta manifestazione risente dei cambiamenti epocali – continua – che stiamo vivendo, non solo a livello interno, ma anche a livello europeo ed internazionale. Le sfide del 2016, per passare dal piano dell’affermazione dei diritti a quello della loro attuazione, sono state tante: alcune hanno registrato passi in avanti significativi, altre rimangono aperte».

Sull’argomento scrive Sara De Carli in un articolo pubblicato oggi, 13 giugno 2017 sul sito di Vita “I bambini sono tutti uguali: in Italia non è più vero che pone delle domande specifiche alla Garante Alfano Lei è Garante da poco più di un anno, questa è la prima relazione che presenta. All’inizio del suo mandato aveva parlato di apertura, dialogo, ascolto: ha ascoltato e…cosa ha raccolto? Qual è oggi la situazione dei bambini e degli adolescenti in Italia?

Ho ascoltato e lavorato molto sulle reti, a cominciare dalla Conferenza nazionale per la garanzia dei diritti, che riunisce i garanti regionali e provinciali e che ha approvato le prime linee guida per la gestione delle segnalazioni e che avrà un ruolo crescente e rilevante alla luce nuovi compiti assegnati dalla legge sui minori non accompagnati approvata il 29 marzo scorso. Poi ci sono le reti interistituzionali, nel 2016 l’Autorità Garante è entrata in due Osservatori, quello sulla famiglia e quello per il contrasto della pedofilia, con la qualifica di interventore permanente. E le reti con le associazioni, a dicembre 2016 ho ricostituito la Consulta nazionale delle associazioni e delle organizzazioni preposte alla promozione e alla tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, che sta lavorando su tre tavoli, il disagio psicopatologico negli adolescenti, la continuità degli affetti nell’affido familiare e la tutela dei minori nel mondo della comunicazione. L’ascolto è fondamentale per intercettare le criticità dai territori, l’Autorità non ha ramificazioni sul territorio, la mia modalità per intercettare le situazioni di criticità non possono prescindere dagli altri, ovviamente i Garanti regionali ma anche le associazioni e i soggetti privati con cui mi sono interfacciata.

Quali sono le criticità emerse?

Sono tante, la Relazione infatti è imperniata sulla sfida dell’uguaglianza. Ne ho parlato in Parlamento anche tramite alcuni passaggi di racconti fatti dai ragazzi: l’uguaglianza era un principio per noi in Italia, il nostro Paese è stato un faro sul fronte dei diritti, sembrava un dato acquisito. Invece l’uguaglianza è diventata una drammatica sfida, perché anche un dritto che ritenevamo facesse parte del nostro patrimonio culturale è tornato una sfida attuale.

I bambini in Italia non sono tutti uguali?

Sul piano dell’affermazione dei diritti sono tutti uguali, ma un conto è l’affermazione dei diritti, un altro è l’attuazione di questi diritti. La distanza è nell’attuazione e ci sono situazioni in cui questa discrepanza è particolarmente evidente, pensi ai minori migranti. Io sono Garante di tutti, non solo dei bambini italiani o di quelli che risiedono in Italia, lo ricordo: sono Garante di tutti quelli che sono presenti in Italia, a qualunque titolo. I bambini non sono tutti uguali perché ce ne sono alcuni per cui devono essere ancora in concreto attuati i diritti. Penso ai minori migranti, a quelli in povertà, ai ragazzi in uscita da percorsi di protezione che non hanno le stesse opportunità di studio dei coetanei, che devono affrontare a 18 anni un percorso di autonomia che i loro coetanei a 18 anni non hanno come problema. Ma il problema si pone anche per i bambini e ragazzi vittime di violenza: ci sono le nuove declinazioni della violenza sul web ma sono anche tornati fenomeni antichi come la tratta, per tutti loro c’è il problema di come assicurare una vita libera dalla violenza. Questo è un punto specifico e qualificante della Terza Strategia del Consiglio d’Europa per il 2016-2021, assicurare ai bambini una vita libera dalla violenza.

Da poco l’Italia ha una legge quadro per l’accoglienza dei minori non accompagnati.

Questi bambini e ragazzi sono già “uguali” ai loro coetanei e tuttavia la realtà dei fatti ci costringe a pensare agli strumenti attraverso i quali garantire loro un’effettiva uguaglianza, quella a cui hanno assolutamente diritto: un’accoglienza adeguata, la tutela da parte di adulti responsabili, l’educazione, l’istruzione, la salute, opportunità formative, tutti presupposti per una reale integrazione e inclusione sociale. Strumenti che noi abbiamo il dovere di assicurare, perché sia effettivamente una risorsa ciò che taluni percepiscono come problema.

Con la legge 47/2017 nasce la figura del tutore volontario per i minori stranieri non accompagnati. Gli albi dovranno essere istituiti entro il 6 agosto 2017. A fine maggio l’Autorità Garante ha presentato le Linee Guida per le candidature e la formazione dei volontari e nei giorni scorsi in Lombardia il garante regionale, i Tribunali dei minorenni di Milano e Brescia nonché tutti i Tribunali ordinari della Lombardia hanno firmato un Protocollo d’Intesa per creare questo albo e formare i volontari, circa mille solo in Lombardia. Quanti tutori servono in Italia? www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/04/21/17G00062/sg

La legge parla di un tutore volontario per ogni minore, una restrizione forse eccessiva: poiché in Italia sono presenti 17.373 minori non accompagnati, potrebbero servire fino a 17mila e più tutori. Il tutore non si limita a esercitare la responsabilità genitoriale ma si prende cura del minore, dei suoi desideri, bisogni, costruisce insieme a lui un percorso. Questo è possibile solo se c’è un rapporto di uno a uno o quasi, magari di un tutore con due o tre ragazzi. Ovviamente c’è un enorme lavoro da fare per sensibilizzare gli uffici giudiziari e i privati cittadini: non c’è una esenzione dal lavoro né un rimborso spese, il minore potrebbe essere anche lontano dal luogo in cui vive il tutore… È un modello di cittadinanza attiva e di genitorialità sociale, è ovvio che daranno disponibilità le persone che hanno una vocazione a investire in questo. Noi auspichiamo che questo sia un modello percorribile ma non è detto che lo sarà. L’Autorità Garante ha condotto un’indagine con il Ministero della Giustizia sulla figura del tutore legale in Italia. La figura del tutore in origine nasce per tutelare il patrimonio degli orfani, ora la sfida è utilizzare lo stesso istituto per adolescenti che orfani non sono e che non hanno un patrimonio da tutelare. Il tutore volontario privato per i minori non accompagnati è già stato sperimentato in alcune regioni, ma l’indagine dimostra che fino ad oggi è stato scarsamente utilizzato, nei fatti è stato preferito il modello della tutela pubblica, ovvero il sindaco o un avvocato. Ripeto, è un nuovo modello di cittadinanza attiva e di genitorialità sociale, è da vedere se questo modello verrà implementato. I privati cittadini che manifesteranno la loro disponibilità come tutori dovranno essere formati, non ci si può improvvisare, è un compito delicato. Sarà poi necessario anche avviare un monitoraggio capillare.

Questa nostra attività è stata menzionata come unica nota positiva dal Rappresentante speciale del Segretario generale del Consiglio d’Europa per le migrazioni e i rifugiati, l’Ambasciatore Tomáš Bocek nel report di marzo 2017 sul sistema di accoglienza italiano, report fortemente critico riguardo al resto. Le nostre sono Linee guida che potranno essere implementate, riviste sui territori, naturalmente cercheremo una tendenziale uniformità, anche per portare un contributo unitario all’European Network for Guardenship Institutions.

L’altra fascia di bambini e ragazzi per cui l’uguaglianza concretamente non c’è sono quelli che vivono in povertà. Sappiamo che sono moltissimi in Italia, 1 milione 131mila minori in povertà assoluta. Su questo sono nate diverse misure, penso in particolare al Reddito d’Inclusione e al Fondo di contrasto della povertà minorile: è abbastanza?

Le misure sono dei passi in avanti, ma il nostro compito è monitorare come verranno effettivamente attuate le misure. Sul ReI evidenzio fin da ora che è una misura che ha bisogno di una rete di servizi sul territorio, per la presa in carico: oggi questo è assolutamente un punto critico, mi senti di evidenziarlo fin da ora. Invece rispetto al fondo sulla povertà educativa siamo cercando forme strutturate di dialogo con il comitato di indirizzo strategico, il nostro compito è monitorare l’implementazione dei progetti, per essere certi che garantiscano un sistema educativo e di qualità fin dalla primissima infanzia.

Lei ha fatto dei forti appelli in questi mesi contro la soppressione dei Tribunali per i Minorenni. Che riscontri ha avuto?

Questo tema l’ho citato fra i provvedimenti normativi sospesi, insieme alla legge sulla cittadinanza, che è un’altra delle sfide all’uguaglianza, dal momento che la situazione attuale introduce discriminazioni fra bambini e ragazzi che vivono nello stesso Paese ma hanno uno status diverso a seconda dell’origine dei genitori. Tra le leggi in attesa c’è la riforma del processo civile, nella parte in cui prevede l’eliminazione dei tribunali dei minorenni: in questo momento, con la povertà in crescita, con tanti bambini migranti e con il disagio che assume nuove manifestazioni, bisogno investire in una giurisdizione dedicata specializzata ed esclusiva, sarebbe un errore smantellare tribunali dei minorenni e abbandonare un modello di cui tutti riconoscono l’eccellenza.

www.vita.it/it/interview/2017/06/13/i-bambini-sono-tutti-uguali-in-italia-non-e-piu-vero/121

News Ai. Bi. 13 giugno 2017

www.aibi.it/ita/montecitorio-filomena-albano-autorita-garante-per-linfanzia-e-ladolescenza-i-bambini-sono-tutti-uguali-in-italia-non-e-piu-vero

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MINORI MIGRANTI

Minori stranieri non accompagnati: l’atlante di “Save the children”

Tra il 2011 e 2016 è drammaticamente cresciuto il numero di minori stranieri non accompagnati arrivati nel nostro Paese. In particolare è triplicato il numero di under 14 e quadruplicato quello delle ragazze. Sono questi i dati principali contenuti nel primo “Atlante dei Minori Stranieri non Accompagnati in Italia”, Save the Children che raccoglie anche le storie e le mappe dei percorsi di minori migranti, della loro nuova vita in Italia attraverso un periodo di 6 anni a partire dalle “Primavere arabe” del 2011.

La maggior parte dei minori stranieri non accompagnati presenti nel nostro Paese lo ha raggiunto attraversando il Mediterraneo centrale. Tra gennaio 2011 e dicembre 2016 sono sbarcati in Italia 62.672 minori senza adulti di riferimento, provenienti principalmente da Eritrea, Egitto, Gambia, Somalia, Nigeria e Siria. Il loro numero è cresciuto di 6 volte tra il 2011 (4.209) e il 2016 (25.846), e, mentre la loro percentuale sul totale degli arrivi era il 6% nel 2011, l’anno scorso ben 1 migrante su 6 sbarcato sulle nostre coste era un minore solo.

La loro presenza è dunque un fenomeno strutturale, al quale – secondo Save the children – si è data una risposta inadeguata, anche in considerazione di una crescente vulnerabilità legata all’età precoce e al genere. “Anche se l’81% dei minori non accompagnati presenti a fine 2016 nelle strutture di accoglienza – si legge nell’Atlante – aveva tra i 16 e i 18 anni, si è assistito infatti ad un aumento progressivo della presenza di pre-adolescenti e bambini nella fascia 0-14 anni, passati da 698 nel 2012 a 2.050 nel 2016”. Rispetto al genere, il numero complessivo delle minori sole accolte nel Paese si è quadruplicato tra il 2012 e il 2016, passando da 440 a 1.832 (il 7,6% del totale dei minori registrati a fine 2016), con una presenza crescente di minorenni nigeriane (717), a forte rischio di tratta per la prostituzione, ed eritree (440), che raccontano di essere state in molti casi ripetutamente vittime di violenza sessuale.

Una specifica vulnerabilità riguarda i minori per i quali l’Italia è un paese di transito, i cosiddetti minori “invisibili”, che avendo come meta altri paesi europei dove vivono già familiari o connazionali con cui sono in contatto, si rendono irreperibili al sistema di accoglienza formale e si riaffidano ai trafficanti correndo gravissimi rischi. Una situazione che tra il 2011 e il 2016 ha riguardato, secondo molti dei riscontri sul campo, la quasi totalità dei 22.586 minori soli di origine eritrea (11.251), somala (5.618), siriana (2.927) e afghana (2.790) arrivati in frontiera sud in Italia, e che si è aggravata nel 2016 con la maggiore chiusura rispetto all’accoglienza dei paesi confinanti alla frontiera nord, come confermano i 5.000 minori soli “riammessi” in Italia dalla Svizzera solo tra maggio e novembre. Nel caso degli 8.281 minori egiziani arrivati tra 2011 e 2016[3], con un’età sempre più precoce, tra i 14 e i 16 anni, ma anche 12 o 13, il rischio a cui sono maggiormente esposti nelle grandi città come Roma e Milano, è quello dello sfruttamento nel lavoro in nero, in attività illegali o nella prostituzione, a causa della necessità di restituire rapidamente ai trafficanti il debito di viaggio che grava sulle famiglie e di poterle aiutare economicamente.

Egitto, Eritrea, Gambia, Nigeria, Somalia e Siria sono stati i paesi di origine più rappresentati tra i minori non accompagnati giunti in Italia via mare nel corso degli ultimi 6 anni. Considerando il totale di quelli arrivati nel periodo 2011-2016, il gruppo più numeroso è infatti quello di origine eritrea (17,8%), seguito da egiziani (13,2%), gambiani (10%), somali (9,1%), nigeriani (7,9%) e siriani (5,2%), mentre altri paesi dell’Africa occidentale, come Guinea (4,7%), Mali (4,3%), Costa d’Avorio (3,6%), Senegal (3,3%) e Ghana (1,8%), e del Medio Oriente come Afghanistan (2,8%) e Palestina (1,7%), o dell’Asia (Bangladesh, 2,8%), mostrano percentuali più contenute.

Quasi tutte le rotte per raggiungere l’Italia costringono i minori soli ad attraversare lo stesso “inferno”, come raccontano loro stessi, la Libia. Un territorio in buona parte fuori controllo, dove secondo le previsioni la crisi umanitaria causata dal conflitto coinvolgerà nel 2017 1,3 milioni di persone, e la presenza dei migranti supera secondo le stime il numero 256.000. Con la sola speranza di sopravvivere ogni giorno per potersi imbarcare verso l’Europa, i minori soli, come le donne e bambini, subiscono per settimane o mesi percosse, stupri o torture da parte dei trafficanti, o vengono arbitrariamente arrestati e imprigionati nei centri di detenzione, in promiscuità e condizioni disumane senza accesso a cure mediche, acqua potabile, servizi igienici o cibo sufficiente. Dei 34 centri di detenzione conosciuti, solo in 15 vengono condotte attività da parte dell’UNHCR.

Dopo essere sbarcati sulle nostre coste, i minori stranieri non accompagnati sono costretti ad affrontare un percorso non privo di ostacoli attraverso un sistema di accoglienza disomogeneo, e che, nonostante alcuni sforzi fatti negli ultimi anni per migliorare la capacità e gli standard di accoglienza, presenta ancora diversi problemi. La maggior parte dei minori soli fa il suo ingresso in Italia nelle regioni del sud, come nel 2016, quando in Sicilia ne sono sbarcati 17.177, 4.752 in Calabria, 1.841 in Puglia, 1.800 in Sardegna e 276 in Campania. Chi sbarca a Lampedusa, Pozzallo, Taranto e Trapani, viene trasferito in strutture che adottano l’approccio Hotspot. Queste strutture, dalla differente natura giuridica non dovrebbero ospitare i minori soli, e in ogni caso solo per il tempo strettamente necessario all’identificazione, mentre i tempi di permanenza in condizioni non adeguate per loro possono variare da pochi giorni, come nel caso di Taranto, a 2 settimane, come avviene a Trapani o Pozzallo, ma può durare anche mesi, come nel caso di Lampedusa o della stessa Pozzallo, se non si riescono a reperire i posti nelle comunità per minori. Hotspot a parte, il sistema di prima accoglienza dedicato ai minori soli è basato dal 2016 su 21 progetti specializzati ministeriali, che dovrebbero garantire strutture con standard adeguati per un totale di 1000 posti circa distribuiti in 11 regioni: Basilicata (100), Calabria (150), Campania (150), Emilia-Romagna (100), Liguria (50), Piemonte (50), Puglia (100), Sardegna (50), Sicilia (250) e Toscana (50) e Marche. La limitata capacità ricettiva di questi nuovi centri rispetto al flusso di arrivi, fa sì però che a questi si continuino ad affiancare tante strutture temporanee o straordinarie che spesso non offrono condizioni adeguate di accoglienza e protezione con gravi conseguenze per i minori stessi.

Le lacune del sistema di accoglienza – secondo Save the children – sono in parte una concausa dell’altissimo numero dei minori non accompagnati che si rendono irreperibili sul territorio italiano, come segnalano, probabilmente per difetto, i dati delle strutture di accoglienza a fine 2016, con un totale 6.561 “scomparsi”, in prevalenza di origine eritrea (1.381 minori di cui 440 femmine), somala (1.251, di cui 183 femmine) o egiziana (1.468). La permanenza nel sistema di prima accoglienza è infatti volontariamente brevissima, anche poche ore o giorni, per la quasi totalità dei minori soli eritrei e somali, ma anche afghani e siriani. Per loro, infatti, la meta finale sono altri paesi nel nord Europa, per ricongiungersi con familiari già residenti o comunque nella convinzione di trovare migliori possibilità di integrazione. Difficoltà e lentezza delle procedure per la riunificazione familiare e una colpevole assenza della possibilità di accedere al programma di ricollocamento previsto dall’Unione Europea, privano questi minori anche giovanissimi, di una via legale e sicura per raggiungere la meta e si vedono così costretti riconsegnarsi nelle mani dei trafficanti esposti al rischio di violenze e sfruttamento. Sono i minori cosiddetti “invisibili” per il sistema, ma che, contando solo sulle proprie forze, si ammassano prima a Roma e Milano, città di transito, e poi ai valichi di frontiera nel nord del nostro Paese, a Como o Ventimiglia, dove in qualche caso rischiano la vita per tentare di passare e sempre più spesso vengono respinti in Italia dai paesi confinanti.

A differenza dei minori stranieri non accompagnati che vogliono raggiungere altri paesi europei, la maggioranza di quelli che arrivano in Italia vogliono rimanere nel nostro Paese per andare a scuola e cercare un lavoro, come confermano anche dai dati sui richiedenti asilo. Nel 2016 l’Italia risulta infatti anche al secondo posto in Europa, dopo la Germania, per le richieste di asilo dei minori stranieri non accompagnati, con 6.020 richieste (+50% rispetto al 2015), soprattutto da parte di minori originari dei i paesi dell’Africa occidentale (66% del totale delle richieste), a differenza di quello che accade negli altri paesi europei dove a richiedere la protezione internazionale sono soprattutto eritrei, somali, siriani e afghani, prima transitati in Italia o in Grecia. La capacità complessiva del sistema di seconda accoglienza, che dovrebbe garantire un servizio di tipo educativo orientato all’integrazione, si è rivelata spesso carente sottolinea Save the children – – rispetto al numero di chi vuole rimanere, anche se le strutture SPRAR per i minori soli richiedenti asilo, aperte anche ai non richiedenti, sono state potenziate fino a raggiungere 2.000 posti circa, distribuiti in quasi tutte le regioni italiane ad esclusione di Abruzzo e Valle d’Aosta, con in testa la Sicilia (554 posti), e a seguire Emilia Romagna (289), Puglia (232), Calabria (200), Lombardia (115) e le altre regioni. Più in generale, a parte i pochi che beneficiano dell’affido familiare soprattutto grazie ad alcune esperienze positive a Venezia e in Toscana, la distribuzione dei 17.373 minori stranieri non accompagnati nelle strutture al 31/12/2016 si concentra perlopiù in Sicilia (7.097), Calabria (1.418), Emilia Romagna (1.081) e Lombardia (1.065), con Lazio (919), Puglia (879), Campania (876), Sardegna (752), Toscana (656), Friuli Venezia Giulia (637), Piemonte (539) e Veneto (304), e le altre regioni, nessuna esclusa, a seguire.

Lungo la via per l’integrazione, la prima sfida è costituita dal non sempre facile accesso a corsi di Un’altra sfida importante, riguarda più dell’80% dei minori soli presenti in Italia, che hanno tra i 16 e i 17 anni, e non possono completare il percorso di integrazione sociale e civile di 3 anni previsto per legge entro il compimento del 18° anno e necessario per la conversione del permesso di soggiorno per minore età in permesso per motivi di studio o accesso al lavoro o di lavoro subordinato o autonomo. Dall’analisi dei pareri ministeriali emessi dalla Direzione Generale per l’Immigrazione sulla conversione del permesso di soggiorno raggiunta la maggiore età, emerge un’utile indicazione sul tipo di percorso svolto. L’analisi dei 9.369 pareri positivi emessi tra il 2013 e il 2016 fa rilevare che la maggior parte riguarda minori presenti nel Lazio (2.816), Emilia Romagna (1.172) e Lombardia (1.274), che sono nell’80% dei casi egiziani, albanesi o bengalesi. L’85% dei minori con parere positivo ha realizzato in brevissimo tempo, a volte anche in pochi mesi, un percorso scolastico o formativo, mentre per gli altri 1.142 si è trattato di un percorso di inserimento socio-lavorativo in prevalenza come operai (408), meccanici (286) o elettricisti (217), ma anche come pizzaioli, cuochi, panificatori o camerieri (697) o in altri tipi di lavoro.

A partire dal 2011, il flusso crescente di migranti in arrivo via mare in Italia è stato affrontato con un approccio prettamente “emergenziale”, in particolare per quanto riguarda l’accoglienza e la protezione dei minori non accompagnati, con una serie di aggiustamenti in corso d’opera per aumentare la capacità e migliorare la qualità di alcune strutture, ma sempre in assenza di un sistema integrato e strutturato organico. Per questo, Save the Children ha promosso nell’ottobre 2013 la prima proposta di legge per l’accoglienza e la protezione dei minori stranieri non accompagnati, sostenuta fin dall’inizio da molte organizzazioni e associazioni umanitarie e da uno schieramento politico trasversale. Dopo 4 anni di mobilitazione, modifiche ed integrazioni al testo che hanno visto anche l’importante contributo dei Sindaci e dell’Anci, e durante i quali ci sono stati alcuni provvedimenti importanti, anche se parziali, per l’adeguamento del sistema di accoglienza in linea con la proposta elaborata, il disegno di legge è stato finalmente approvato in via definitiva in Parlamento lo scorso 29 marzo 2017. La nuova legge, prima in Europa nel suo genere, supera l’approccio emergenziale fin qui seguito, e prevede un sistema nazionale strutturato ed efficace, dalle procedure per l’identificazione e l’accertamento dell’età alla necessità di rispettare gli standard minimi per tutte le strutture di accoglienza, dalla promozione dell’affido familiare alla figura del tutore volontario, dalle cure sanitarie all’accesso all’istruzione, e semplifica le procedure di conversione del permesso di soggiorno al compimento del 18° anno di età per maggior tutela del percorso di integrazione.

Se l’Italia con il varo della nuova legge si è impegnata a compiere un passo avanti importante per i diritti dei minori, lo stesso non può dirsi per molti altri paesi europei. E’ assolutamente necessario conclude Save the children – che l’Unione Europea renda effettivi e acceleri i piani di ricollocamento da Italia e Grecia dei minori stranieri non accompagnati e rafforzi anche gli altri strumenti come i visti umanitari, i ricongiungimenti familiari, i visti per motivi di studio o lavoro. E’ necessario attuare un piano d’azione specifico per i minori non accompagnati che giungono sul territorio dell’Unione Europea, anche alla luce della Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio del 12 aprile scorso.

Atlante Minori Stranieri non Accompagnati in Italia.

www.savethechildren.it/cosa-facciamo/pubblicazioni/atlante-minori-stranieri-non-accompagnati-italia

Regioni.it 14 giugno 2017

www.regioni.it/newsletter/n-3181/del-14-06-2017/m(Regioni.it 3181 – 14/06/2017) inori-stranieri-non-accompagnati-latlante-di-save-the-children-16754/?utm_source=emailcampaign2993&utm_medium=phpList&utm_content=HTMLemail&utm_campaign=Regioni.it+n.+3181+-+mercoled%C3%AC+14+giugno+2017

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ONLUS – NON PROFIT

Soci persone giuridiche e raccolta fondi

Una organizzazione di volontariato può svolgere tra le proprie attività quella di raccolta fondi? Come rilevato dal T.A.R Lombardia (sez I, 25 maggio 1999, n. 1848, in Foro Amm., 2000, 539) “ai fini della legge, per attività di volontariato deve intendersi quella caratterizzata dall’esistenza di prestazioni personali degli aderenti all’organizzazione, per scopi di solidarietà.

I termini di prestazione e di attività di volontariato evocano chiaramente il concetto di prestazioni lavorative, che nella specie risultano caratterizzate dall’assenza di uno scopo di guadagno e di un vincolo di interesse, anche indiretto, da parte degli iscritti alle attività dell’associazione.

Da tale concetto chiaramente deve ritenersi esclusa quella attività di mera raccolta di fondi…”. E’ pertanto determinante verificare come viene svolta l’attività di raccolta fondi e se questa sia l’unica o la prevalente attività esercitata.

Non profit on line 15 giugno 2017

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PASTORALE FAMILIARE

Divorziati risposati. Sicilia, linee guida per Amoris Lætitia

Un breve documento della Conferenza episcopale siciliana per applicare in modo corretto le indicazioni dell’Esortazione postsinodale: sì all’Eucaristia al termine di un cammino penitenziale

“In alcune circostanze riguardanti i divorziati risposati secondo la valutazione del confessore e tenendo conto del bene del penitente, è possibile assolvere e ammettere all’Eucaristia, anche se il confessore sa che si tratta per la Chiesa di un disordine oggettivo”. Semplice e chiaro.

Così in un breve documento di 14 pagine, superando tanti sterili preconcetti, i vescovi della Sicilia spiegano l’approccio più corretto al capitolo VIII di Sicilia, linee guida per Amoris Lætitia. “La cura pastorale dovrà seguire percorsi nuovi, attenti alle situazioni in cui si trovano uomini e donne battezzati, nei legami che contraggono. Da tempo – scrivono nel documento – assistiamo alle dolorose ferite cui questi mutamenti danno talvolta origine, nei quali si evidenzia una più acuta fragilità”. Urgente un discernimento responsabile, affidato soprattutto si presbiteri e ai laici impegnati, nel sostenere il cammino di queste persone.

In questa prospettiva, spiegano i vescovi nel testo intitolato “Orientamenti pastorali, accompagnare-discernere-integrare le fragilità secondo le indicazioni del cap. VIII di Sicilia, linee guida per Amoris Lætitia il matrimonio sacramentale con i suoi valori (indissolubilità, fedeltà, unicità, fecondità) non smette di essere un punto d’arrivo, ma si tratta di un percorso da compiere in un prospettiva di gradualità (altra parola chiave di Sicilia, linee guida per Amoris Lætitia) e con la convinzione che non ci siano relazioni, per quanto complesse e difficili, che non possano essere integrate nelle comunità cristiane. Da qui il dovere dell’accoglienza estesa a tutti senza discriminazioni, dell’accompagnamento (quando necessario anche con un cammino penitenziale) e soprattutto del discernimento che, spiegano ancora i vescovi siciliani, deve avvenire a due livelli: personale e pastorale.

  1. Il primo “indica il compito dei pastori… e mira a cogliere la peculiarità delle differenze e delle varie situazioni, prendendo in esame l’insieme delle circostanze – soggettive e oggettive – mettendole in rapporto con l’insegnamento della Chiesa e dei vescovi”.

  2. Il secondo “indica propriamente il discernimento esercitato in prima persona dal fedele, allorché è posto dinanzi alla necessità di prendere una decisione in ordine all’agire in una particolare situazione”. Nel percorso di verifica interiore, che deve seguire una serie di passaggi non casuali, occorre tenere presente quanto il Papa spiega in Amoris lætitia, e che cioè “non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta ‘irregolare’ vivono in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante” (Al 301 Da qui la necessità della valutazione caso per caso e, se e quando ricorrono le condizioni, anche l’aiuto di tipo sacramentale, appunto l’assoluzione e l’ammissione all’Eucaristia. Testo

www.chiesedisicilia.org/chiese_di_sicilia/ufficio_stampa/00005928_LA_VIA_SICILIANA_ALL_AMORIS_LAETITIA.html

Luciano Moia Avvenire 15 giugno 2017

www.avvenire.it/chiesa/pagine/sicilia-linee-guida-per-amoris-laetitia

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STALKING

Bastano un paio di minacce alla ex per integrare il reato

Corte di Cassazione, quinta Sezione penale, sentenza n. 26588, 29 maggio 2017.

La Cassazione ricorda che per integrare il delitto di atti persecutori sono sufficienti anche due sole condotte di minaccia o molestia. Sono sufficienti anche un paio di minacce alla ex compagna per integrare il reato di stalking. Lo ha ricordato la Corte di Cassazione, confermando la condanna per il reato ex art. 612-bis c.p. nei confronti di un uomo ritenuto colpevole di atti persecutori nei confronti di una donna con la quale aveva avuto in precedenza una relazione.

L’imputato ricorre in Cassazione contestando la sussistenza del reato ma per gli Ermellini il ricorso è manifestamente infondato. Per lo stalking bastano due condotte di minaccia o molestia

Oltre, alla genericità dei motivi del ricorso da parte dell’imputato, affermano dal Palazzaccio, la sentenza impugnata ha concluso ineccepibilmente per la configurabilità dell’ipotesi di reato, inserendosi nel consolidato alveo interpretativo della giurisprudenza di legittimità.

Secondo l’orientamento condiviso, infatti, è “configurabile il delitto di atti persecutori quando, come previsto dall’articolo 612-bis c.p., comma 1, il comportamento minaccioso o molesto di taluno, posto in essere con condotte reiterate, abbia cagionato nella vittima o un grave e perdurante stato di turbamento emotivo ovvero abbia ingenerato un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero ancora abbia costretto lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita, bastando, inoltre, ad integrare la reiterazione quale elemento costitutivo del suddetto reato come dianzi affermato, anche due sole condotte di minaccia o di molestia” (cfr., tra le altre, Cass. n. 8832/2010; Cass. n. 24135/2012).

Nulla da fare per l’uomo neanche relativamente alle attenuanti generiche, la cui mancata concessione, evidenziano i giudici di piazza Cavour, “risulta logicamente e congruamente motivata sulla base della reiterazione delle condotte delittuose e della personalità del reo così come la quantificazione della pena non è avvenuta in maniera illegale e come tale non è assoggettabile al sindacato di legittimità, coinvolgendo l’esame di circostanze soggettive e di fatto correttamente vagliate dalla Corte d’Appello”.

Da qui l’inammissibilità del ricorso e la condanna anche al pagamento delle spese processuali e di 2mila euro a favore della Cassa delle Ammende.

Guida sul reato di stalking www.studiocataldi.it/articoli/12949-il-reato-di-stalking.asp

Marina Crisafi – Newsletter giuridica studiocataldi.it 12 giugno 2017 sentenza

www.studiocataldi.it/articoli/26377-stalking-bastano-un-paio-di-minacce-alla-ex-per-integrare-il-reato.asp

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