NewsUCIPEM n. 652 – 4 giugno 2017

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Unione Consultori Italiani Prematrimoniali E Matrimoniali

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02 ADOZIONE Adozione d’un bambino da parte d’una coppia della Mesopotamia

02 Nostalgia de genitori biologici: è il momento dell’adozione aperta?

03 AFFIDO CONDIVISO Difficoltà relazionali tra un genitore ed il minore adolescente.

03 I figli restano nella casa familiare, saranno i genitori ad alternarsi.

04 Genitori “immaturi” dallo psicologo per salvare l’affido condiviso.

05 Coniugi separati: non recidere rapporto genitore-figlio.

06 AMORIS LÆTITIA Decalogo di autocritica della pastorale familiare.

08 ASSEGNO DIVORZILE Mantenimento o risarcimento.

09 Irrilevanza del tenore di vita. Rilevanza di altri indici patrimoniali.

09 Riduzione dell’assegno di divorzio se l’ex marito perde il lavoro.

09 Divorzio: assegno anche se la ex rifiuta di lavorare.

09 Divorzio, ecco le mosse per ridurre l’assegno all’ex.

11 ASSISTENZA I figli devono garantirla morale e materiale ai genitori anziani.

12 Mantenimento: a carico dello Stato solo l’ex non i figli.

13 A.I.C.C.eF “Il consulente familiare” giugno 2017.

14 CENTRO STUDI FAMIGLIA CISF Newsletter n. 21/2017, 31 maggio 2017.

14 CHIESA CATTOLICA Benedetto XVI disse: «Fate voi, voi fate!». L’epifania di Aparecida.

16 Aparecida Dopo l’omelia gli applausi a Bergoglio.

17 COMM. ADOZIONI INTERNAZION. D.M. 3 maggio 2017.Nomina della Vicepresidente.

17 CONSULTORI FAMILIARI “Consultori familiari oggi”

18 CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM Mantova. 13 slide su tematiche consultoriali.

18 Padova.Il potere della lettura: parliamo di: “dislessia”.

18 Relazione al Convegnosulla mediazione.

19 DALLA NAVATA Domenica di Pentecoste – Anno A – 4 giugno 2017.

19 Commento di Enzo Bianchi, priore emerito a Bose (BI).

20 DEMOGRAFIA Contrastare la denatalità: una ricetta da Polonia e Ungheria.

21 EUROPA Intervista. “Senza famiglia l’Europa non ha futuro”.

22 FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI FattoreFamiglia. Anche la valle d’Aosta apre al fisco per la famiglia

23 FRANCESCO VESCOVO DI ROMALe famiglie possono aiutare con il dialogo l’Europa in crisi.

24 Sa congedarsi il pastore che non si crede il centro della storia.

24 MINORI Avvocati ad hoc per i minori.

25 MINORI MIGRANTI Unicef-Italia: è record di minori migranti irreperibili.

26 Tutori volontari per minori non accompagnati: pronte le linee guida

26 NULLITÀ DEL MATRIMONIO Per i Giudici la durata del matrimonio è il dato rilevante.

27 OBIEZIONE DI COSCIENZA Interruzione volontaria di gravidanza.

27 ONLUS – NON PROFIT ISTAT: Rapporto annuale 2017- La definizione dei gruppi sociali.

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ADOZIONE

L’adozione di un bambino da parte di una coppia della Mesopotamia

Scripta manent ammonivano gli antichi romani a conferma dell’autorevolezza e del valore nel tempo di un testo scritto. Maktub “è scritto”, dicono gli arabi. E questa volta è proprio il caso di dirlo. La prima adozione al mondo è quella di un bambino ittita. C’è, infatti, anche l’adozione di un bimbo da parte di una coppia tra le quaranta opere delle antiche civiltà mesopotamiche provenienti dall’Iraq Museum di Baghdad e che sono state in mostra alla scorsa Biennale di Venezia.

E’ la lettera più antica del mondo: una tavoletta di argilla di epoca sumerica, dentro una custodia parimenti di argilla (concepita per proteggerla durante il trasporto) sulla quale viene “scritto nero su bianco” quella che sembra essere a tutti gli effetti la prima adozione al mondo.

Alcuni degli artefatti in arrivo a Venezia fanno parte del corpus di 5.000 opere perse con la caduta di Saddam Hussein e recuperate durante i 12 lunghi anni di chiusura del Museo di Baghdad, mentre di altre 10 mila non resta traccia.

E così dalla Mesopotamia, la terra tra le acque del Tigri e dell’Eufrate, oggi assai più brevemente e tragicamente Iraq, 3200 anni avanti Cristo (l’anno che segna la nascita della scrittura cuneiforme) arriva incisa su una tavoletta di argilla, con tanto di sigillo, la prima storia di bambino adottato.

Considerato che proprio alle tavolette di argilla erano affidate le comunicazioni considerate più importanti (commerci, trattative, accordi, acquisti di case e terreni, decisioni giuridiche) dando corpo a un incredibile patrimonio di archivi e biblioteche, il fatto che si affidi alla scrittura quella che era a tutti gli effetti anche l’adozione di un bambino, va da sé l’importanza che gli veniva conferita già millenni fa.

E se è historia magistra vitae, anche questa volta gli uomini “moderni”, politici e rappresentanti istituzionali, hanno solo da imparare valorizzando a dovere uno degli atti di giustizia più nobile, l’adozione internazionale grazie alla quale un bambino trova una mamma e un papà e torna ad essere figlio.

News Ai. Bi. 1 giugno 2017

www.aibi.it/ita/di-cosa-parla-la-piu-antica-lettera-del-mondo-incredibile-ma-vero-ladozione-di-un-bambino-da-parte-di-una-coppia-della-mesopotamia

 

Marika, che ha nostalgia dei genitori biologici: è il momento dell’adozione aperta?

Era uscita lunedì sera dalla piscina, ed era sparita nel nulla. La mattina dopo Marika è stata ritrovata: da Siracusa aveva raggiunto Paternò, nel catanese, per rivedere la sua famiglia naturale. «Avevo nostalgia di loro», avrebbe raccontato. Marika ha tredici anni ed è stata adottata solo quattro anni fa: ovviamente la sua famiglia d’origine fa parte dei suoi ricordi, non si può fingere alcuna “seconda nascita”, come tante volte l’adozione viene ancora dipinta.

Grazia Cesaro, avvocato, è responsabile del settore internazionale della Unione nazionale camere minorili.

Avvocato, sempre più spesso accade che figli e genitori biologici si cerchino e si trovino, anche grazie a Facebook. Accade con l’adozione internazionale, è forse ancora più facile con la nazionale. Marika ha detto di aver nostalgia dei suoi genitori. Questo dato di realtà cosa dice oggi al legislatore, a voi avvocati, ai servizi?

Questo è sicuramente un dato di realtà su cui si sta riflettendo già da tempo, almeno da quando c’è facebook, perché è stato immediatamente evidente che facebook avrebbe cambiato le possibilità di accesso alle proprie origini. Non possiamo non tenerne conto, dobbiamo essere preparati e soprattutto devono essere preparati i minori. Nel caso di specie l’età della ragazza ci permette di dire che si tratta di una minore che ha ben presente la sua storia, il suo passato. Dalle informazioni che abbiamo non si capisce di che tipo di adozione si stia parlando, se legittimante o per casi particolari, ma vista l’età della ragazza può essere che fossero stati presi dei provvedimenti, che fosse previsto di mantenere le relazioni con la famiglia d’origine, ovvero che, per proteggerla queste fossero state escluse.

È possibile quindi secondo la legislazione italiana prevedere che anche con l’adozione si mantengano i contatti tra il minore e i genitori biologici?

Sì, per i bambini grandi si è già ragionato in pochi casi particolari in termini di adozione aperta: ovviamente se questo corrisponde alle esigenze di quel minore. Ricordo un caso in particolare, c’era l’impossibilità di prevedere una rimozione dei dati sull’origine, il minore sapeva benissimo dove aveva vissuto, chi sono i suoi genitori… Direi che a 8/9 anni siamo già in casi limite e anche con un’adozione legittimante si può ragionare sul mantenimento dei rapporti: però devono essere disciplinati, diversamente il minore si troverà a gestire da solo questo tema.

Quindi l’adozione aperta si può già fare? Le conclusioni dell’indagine conoscitiva della Commissione giustizia sulla legge 184\1983 definivano inadeguata la sola declinazione dell’adozione come legittimante e auspicavano, nella riforma, forme di adozione aperta.

Come dicevo sono stati fatti dei provvedimenti, su casi di minori grandi, partendo dall’esigenza dei minori. È da tempo non si ragiona più in termini di “seconda nascita” e a 25 anni c’è la possibilità di accesso ai dati relativi alla propria origine. Il baricentro però sono le specifiche necessità di quel bambino per crescere, per il suo equilibrio. Limitare i rapporti può essere una tutela per garantire al minore una crescita sana: non si possono fare generalizzazioni e vivere con due famiglie è una fatica perché significa avere due riferimenti valoriali diversi. L’adozione aperta non sarebbe la panacea, la soluzione per tutti i casi, però nemmeno possiamo dire che non vada mai bene, che non sia mai la strada giusta. Bisogna riflettere, mettendo sempre al centro le esigenze del singolo bambino. Ripeto però che a dieci anni sai benissimo tutto del tuo passato, se nessuno ha governato questo tema era prevedibile in un certo senso che le vie di fatto avrebbero posto il problema.

Ritrovata Marika, che cosa dovrebbe accadere ora? E chi dovrebbe gestire l’eventuale dinamica con la famiglia biologica?

Ovviamente è impossibile dirlo, senza conoscere il caso specifico. Sicuramente non bisogna lasciare il minore libero di decidere da solo, perché lì possono avvenire atti dirompenti, anche di pericolo o situazioni traumatiche. Non va nemmeno lasciato alle famiglie. In un caso così, con questa età, era qualcosa che gli adulti dovevano prevedere e governare con anticipo: doveva essere accompagnato e gestito da chi segue la famiglia nel percorso adottivo. Se non è stato fatto prima, andrà governato ora, nell’interesse della ragazza. A maggior ragione se l’esclusione dei rapporti era stata pensata per proteggerla. Indispensabile è anche annullare attenzione mediatica che si è aperta su sua storia: questo certo non aiuta la ragazza, anzi la sta danneggiando gravemente.

Sara De Carli vita.it 30 maggio 2017

www.vita.it/it/article/2017/05/30/marika-che-ha-nostalgia-dei-genitori-biologici-e-il-momento-delladozio/143577

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AFFIDO CONDIVISO

Difficoltà relazionali tra un genitore ed il minore adolescente

Tribunale di Veneziaordinanza 24 maggio 2017

Affidamento condiviso dei figli minori -Funzionalità dell’affidamento condiviso per il mantenimento della relazione parentale.

Nel caso di difficoltà relazionali tra un genitore (nella specie, il padre) ed il figlio minore adolescente, ove emerga che tali difficoltà, da un lato, siano conseguenza normale dell’età adolescenziale del minore e delle tensioni tra i genitori separati, dall’altro non siano di gravità tale da giustificare l’accoglimento della richiesta esplicitata dallo stesso minore durante l’ascolto ai sensi dell’art. 336 bis c.c., è necessario procedere alla fissazione di un calendario di visita idoneo a consentire la frequentazione tra genitore e figlio, al fine di appianare le divergenze e mantenere il rapporto parentale.

Redazione Il caso it Doc. 3141 1 giugno 2017

http://news.ilcaso.it/libreriaFile/Ordinanza%20Tribunale%20Venezia%2025.05.17.pdf

 

Affido condiviso: i figli restano nella casa familiare, saranno i genitori ad alternarsi

Trib. Santa Maria Capua Vetere, prima Sezione civile, decreto n. 1054, 13 gennaio 2017

L’interessante provvedimento del tribunale di Santa Maria Capua Vetere per garantire pari diritti e dignità nella bigenitorialità. Normalmente, la prima richiesta che un coniuge formula, quando dà l’avvio ad una procedura di separazione giudiziale, è l’allontanamento da casa dell’altro coniuge e ciò a prescindere dalle ragioni della crisi. Così accade che spesso i papà vengano letteralmente messi alla porta all’indomani del fatidico provvedimento presidenziale che “autorizza i coniugi a vivere separatamente”. Occorre invece fare un distinguo, perché ci sono padri che curano e seguono i propri figli nella crescita o semplicemente non sono responsabili della lamentata crisi coniugale.

Per fortuna oggi, sempre più spesso, ci si trova dinnanzi a giudici accorti e preparati in tale materia, sensibili alle problematiche sottese alle dolorose separazioni e capaci di rendere provvedimenti intelligenti. E’ quanto accaduto con il decreto n. 1054/2017, reso dal giudice Gigliano del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, decreto che merita di essere pubblicato affinché i padri (o seppur raramente le madri) prendano spunto per veder riconosciuto il proprio insopprimibile diritto alla bigenitorialità nella gestione della prole, intesa come volontà e disponibilità ad alternarsi – ci si augura serenamente – nella cura dei figli, che non sono merce di scambio e non meritano di subire le conseguenze legate a certe separazioni.

L’interesse esclusivo dei minori. “A guidare la scelta sui tempi di permanenza dei figli presso ciascun genitore – scrive il giudice nel suo provvedimento – deve essere solo ed esclusivamente l’interesse dei minori avuto riguardo alle condizioni di fatto in cui si dovrà esplicare il rapporto, tra le quali sono di certo annoverabili perché meritevoli di tutela, anche le consuetudini di vita già acquisite dagli stessi di cui è sconsigliabile il repentino mutamento, a maggior ragione se questo debba comportare un distacco dall’uno dei genitori con cui vi sia pregressa ed attuale convivenza stabile”. Poiché “allo stato attuale l’interesse delle minori subirebbe un pregiudizio dal repentino e drastico allontanamento dalla casa familiare di uno dei due coniugi e le abitudini di vita della famiglia vedono il padre e la madre dividersi con stabilità i compiti di gestione delle minori – è – fondamentale impedire la perdita radicale delle abitudini di vita di X e Y con uno dei due genitori”. Risulta pertanto utile “collocare le minori presso l’abitazione coniugale consentendo ad entrambi i genitori di alternarsi nella gestione delle esigenze familiare”.

Affido condiviso: i figli rimangono a casa, mentre i genitori si alternano. Nel caso in esame, il domicilio delle minori viene posto presso la casa coniugale con affido condiviso ad entrambi i genitori e la necessità per questi ultimi di “alternarsi” nella casa stessa, occupandosi delle minori durante il tempo di propria esclusiva permanenza. A fronte degli impegni lavorativi di entrambi, il giudice stabilisce che dal lunedì al venerdì le minori stiano a casa con la madre con diritto di visita del padre, mentre dal venerdì sera al lunedì mattina 2 stiano a casa con il padre con diritto di visita della madre. La novità sta proprio in ciò: le minori non si spostano mai dalla casa, sono solo i genitori a spostarsi da essa, alternandosi.

E’ chiaro che si tratta di un provvedimento provvisorio, ma pregevole ed efficace perché ha risolto il problema del distacco dei figli rispetto al genitore costretto ad allontanarsi da casa. Molto spesso i coniugi, nell’agitazione e nella rabbia che caratterizza la loro brama di separazione, “dimenticano” di pensare al benessere psicologico dei figli, all’improvviso posti nella triste condizione di non frequentare più quotidianamente e stabilmente uno dei genitori, se non addirittura, talvolta, costretti a dover scegliere con quale genitore vivere. In tal modo, invece, i minori vengono aiutati a superare la crisi familiare che li ha riguardati, abituandosi gradualmente ad un distacco verso il genitore con cui in futuro non convivranno prevalentemente.

www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_26242_1.pdf

Avv. Katia Martini Newsletter Giuridica Studio Cataldi 29 maggio 2017

www.studiocataldi.it/articoli/26242-affido-condiviso-i-figli-restano-nella-casa-familiare-saranno-i-genitori-ad-alternarsi.asp

 

Genitori “immaturi” dallo psicologo per salvare l’affido condiviso

Tribunale di Roma, prima sezione civile, sentenza n. 2083/2017.

Nonostante il contrario orientamento della Cassazione, i tribunali continuano a prescrivere il percorso terapeutico ritenendolo rispondente all’interesse dello stesso genitore. Un percorso terapeutico per i genitori in modo da preservare l’affido condiviso: è questa la soluzione adottata dal Tribunale di Roma, simile ad altri provvedimenti adottati soprattutto in fase di separazione.

Nonostante il contrario orientamento seguito dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui solo la legge può imporre trattamenti sanitari, il Tribunale ha prescritto un percorso di sostegno e psicoterapia individuale a genitori “immaturi” per imparare a gestire la prole.

Il giudice capitolino, ben consapevole dell’arresto giurisprudenziale, ritiene che il percorso prescritto presso lo specialista, lungi dal rappresentare una limitazione personale, sia funzionale all’interesse del genitore medesimo poiché la conflittualità di coppia spesso ricade e nuoce ai figli.

Nel caso di specie il figlio della coppia non riesce ad accettare il fatto che il padre abbia avuto un bambino dalla nuova compagna. Nonostante si possa supporre l’intervento della madre nell’indurre il figlio a schierarsi contro l’altra donna, si ritiene che anche il padre abbia le sue colpe non essendo riuscito a far integrare il minore nella sua seconda famiglia. Da qui l’esigenza avvertita dal Tribunale di ricorrere allo psicoterapeuta per fornire aiuto agli ex coniugi. Come già avvenuto in altre occasioni, il Tribunale capitolino spiega che la prescrizione dell’ufficio giudiziario è però insuscettibile di coazione non limitando dunque l’autodeterminazione degli interessati e rappresentando più che altro un’indicazione sotto forma di onere, allo scopo di assicurare la maggiore stabilità possibile all’affido condiviso.

Tuttavia è fatto comunque salvo il compito affidato ai servizi sociali di vigilare sull’osservanza, come avvenuto in altre controversie, che il giudice romano giustifica affermando che non sono previste conseguenze sanzionatorie individuali e dunque non è violata la libertà personale. 

In uno dei casi trattati dall’ufficio giudiziario della capitale però, è stato specificato che sussiste il rischio per chi non rispetta le prescrizioni di veder decadere la propria responsabilità genitoriale.

L’orientamento della Cassazione sulla psicoterapia per i genitori. Nonostante dunque il Tribunale di Roma, ultima in ordine di tempo proprio la sentenza n. 2083/2017, abbia ritenuto che la prescrizione terapeutica serva a tutelare il diritto del figlio a mantenere rapporti significativi con i genitori benché il nucleo familiare si sia disgregato, per la Cassazione ciò andrebbe ad aggirare il divieto di imporre trattamenti sanitari imposto dalla legge. Nella sentenza n. 13506, 1 luglio 2015,

www.west-info.eu/pdf/corte-di-cassazione-sentenza-n-13506-2015

la Suprema Corte ha ritenuto che i giudici non possano prescrivere alle coppie lasciatesi in modo burrascoso psicoterapie e percorsi di sostegno alla genitorialità in quanto ciò costituirebbe una violazione anche del diritto alla libertà personale costituzionalmente garantito. Tale prescrizione, precisano gli Ermellini, pur volendo ritenere che non imponga un vero obbligo a carico delle parti, comunque le condiziona a effettuare un percorso psicoterapeutico individuale e di coppia configgendo così con l’art. 32 della Costituzione.

Una simile disposizione, inoltre, esulerebbe dai poteri del giudice anche se disposta allo scopo di superare una condizione di immaturità della coppia genitoriale che impedisce un reciproco rispetto dei ruoli. In pratica, conclude la Cassazione, il percorso di maturazione personale dei genitori non può che rimanere affidato al loro diritto di autodeterminazione. 

Lucia Izzo Newsletter Giuridica Studio Cataldi 29 maggio 2017

www.studiocataldi.it/articoli/26266-genitori-quotimmaturi-quot-dallo-psicologo-per-salvare-l-affido-condiviso.asp

Coniugi separati: non recidere rapporto genitore-figlio

E’ nato di recente il “Gruppo 15 maggio: famiglia e istituzione insieme”. A suo attivo una prima manifestazione pubblica a Mentana, in provincia di Roma. Formato da madri e padri che vivono il problema dell’allontanamento forzato dai propri figli dopo la separazione dal coniuge, ha come obiettivo aprire un dialogo soprattutto con Comuni e Servizi sociali, perché venga rispettato e garantito ad entrambi i genitori il diritto-dovere di continuare ad esserlo a pieno titolo, anche nella nuova situazione famigliare.

Rosanna Fanelli, avvocato, è portavoce del Gruppo

La tutela della genitorialità ormai viene negata nella gran parte delle separazioni coniugali. Le separazioni, purtroppo, aumentano e ci accorgiamo che nella maggior parte di queste i figli perdono il padre o perdono la madre. Questo non deve accadere, perché il diritto di genitorialità è un diritto sancito dal nostro ordinamento ma soprattutto è un diritto sancito dall’ordinamento naturale.

Voi parlate di alienazione genitoriale. In cosa consiste esattamente?

L’alienazione genitoriale è un concetto molto semplice. Due genitori si separano pensando magari di sottrarre i figli al conflitto coniugale. Nella separazione accade che i genitori, che prima della separazione erano un bravo papà e una brava mamma, vengano messi da parte; accade al padre e accade alla madre quando uno dei coniugi utilizza i figli come oggetto di ricatto. Naturalmente l’utilizzo di un figlio come oggetto, come proprietà di un genitore, è un illecito. Ha una rilevanza sul piano civile e anche sul piano penale. Però purtroppo non viene offerta una tutela immediata nei tribunali italiani. Questo consolida l’allontanamento del figlio che si sente rifiutato dal genitore che non riesce a vedere. E qui si innesca un meccanismo di difesa, di allontanamento di un dolore – il dolore dell’abbandono – per cui il figlio alienato dal genitore alienante giunge a rifiutare il genitore che non riesce a vedere che è un genitore buono, che non ha nessun problema. Si invertono i ruoli, per cui il genitore buono viene inserito in un meccanismo incredibile di psicoterapie e di incontri protetti che purtroppo vengono attuati nei tribunali italiani nonostante sia ormai chiaro che questo non è consentito; i giudici devono garantire con provvedimenti tempestivi ed efficaci i diritti genitoriali, devono garantire un’equiparazione di tempi di permanenza dei figli con entrambi i genitori e questo non accade.

C’è da tempo nell’ordinamento italiano la legge che prevede l’affido condiviso. È proprio l’attuazione di questo che manca.

Sì, è proprio così. Questa norma non viene attutata e accade che rapporti che prima della separazione erano dei sani rapporti genitore–figlio, vengano recisi per sempre. E un figlio che perde un genitore è un figlio che è costretto a mantenere l’equilibrio su una bicicletta che ha soltanto una ruota.

Esattamente cosa chiedete alle istituzioni?

Noi chiediamo alle istituzioni una maggiore attenzione al diritto e ai diritti delle famiglie, quindi di non recidere mai – se non nei casi più estremi – i rapporti genitoriali; ci si separa tra coniugi, ma non ci si può separare dai figli.

Forse va fatto un appello anche ai genitori che si separano ad amare veramente i figli e quindi a non usarli per risolvere la loro difficoltà di coppia? Dobbiamo educarci in questo come adulti.

Sicuramente sì. In realtà il “Gruppo 15 maggio” vuole essere proprio un movimento culturale e vuole diffondere la consapevolezza e la cultura del diritto alle relazioni familiari e dell’importanza delle relazioni familiari. Quindi l’appello è di pensare, con la mano sul cuore, prima di tutto ai figli.

Adriana Masotti Notiziario Radio vaticana -2 giugno 2017

http://it.radiovaticana.va/radiogiornale

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AMORIS LÆTITIA

Decalogo di autocritica della pastorale familiare.

Il secondo capitolo di Amoris Lætitia, sotto il titolo “La realtà e le sfide delle famiglie” (31-57), ci accompagna in una analisi piuttosto articolata della realtà familiare contemporanea. La lettura del reale diventa principio non solo di “critica del mondo”, ma anche di “autocritica ecclesiale”. La Chiesa si pone di fronte al mondo in un atteggiamento lucido e umile. In tale confronto fa emergere ciò che del mondo deve essere valutato criticamente alla luce della Parola e ciò che di fronte al mondo e alla Parola di Dio la Chiesa deve riesaminare nel proprio comportamento.

http://w2.vatican.va/content/francesco/it/apost_exhortations/documents/papa-francesco_esortazione-ap_20160319_amoris-laetitia.html

Questo passaggio assume, in qualche modo, un valore esemplare per la recezione del testo di AL. E’ evidente, infatti, che lo svolgimento di una “critica del mondo contemporaneo” è un tema classico della pastorale familiare, soprattutto negli ultimi 2 secoli; lo sviluppo di una “autocritica”, invece, appare come un punto nuovo, qualificante, ma anche spiazzante. Dopo decenni in cui ci si limitava, molto spesso, ad una severa critica del mondo con strumenti apologetici, l’esercizio di una lungimirante autocritica – con le conseguenze di riforma di disciplina e di conversione dei cuori che essa determina ed esige – sembra essere una strada molto più impegnativa ed anche piuttosto impervia.

Per questo ritengo molto utile presentare queste “nuove esigenze” nella forma di un Decalogo di autocritica della pastorale familiare. Il punto centrale di questa preoccupazione è rappresentato dai paragrafi 35-37 della Esortazione. Apostolica

Ecco il testo che dobbiamo considerare fondamentale per delineare questa sana e necessaria autocritica:

§ 35. Come cristiani non possiamo rinunciare a proporre il matrimonio allo scopo di non contraddire la sensibilità attuale, per essere alla moda, o per sentimenti di inferiorità di fronte al degrado morale e umano. Staremmo privando il mondo dei valori che possiamo e dobbiamo offrire. Certo, non ha senso fermarsi a una denuncia retorica dei mali attuali, come se con ciò potessimo cambiare qualcosa. Neppure serve pretendere di imporre norme con la forza dell’autorità. Ci è chiesto uno sforzo più responsabile e generoso, che consiste nel presentare le ragioni e le motivazioni per optare in favore del matrimonio e della famiglia, così che le persone siano più disposte a rispondere alla grazia che Dio offre loro.

§ 36. Al tempo stesso dobbiamo essere umili e realisti, per riconoscere che a volte il nostro modo di presentare le convinzioni cristiane e il modo di trattare le persone hanno aiutato a provocare ciò di cui oggi ci lamentiamo, per cui ci spetta una salutare reazione di autocritica. D altra parte, spesso abbiamo presentato il matrimonio in modo tale che il suo fine unitivo, l’invito a crescere nell’amore e l’ideale di aiuto reciproco sono rimasti in ombra per un accento quasi esclusivo posto sul dovere della procreazione. Né abbiamo fatto un buon accompagnamento dei nuovi sposi nei loro primi anni, con proposte adatte ai loro orari, ai loro linguaggi, alle loro preoccupazioni più concrete. Altre volte abbiamo presentato un ideale teologico del matrimonio troppo astratto, quasi artificiosamente costruito, lontano dalla situazione concreta e dalle effettive possibilità delle famiglie così come sono. Questa idealizzazione eccessiva, soprattutto quando non abbiamo risvegliato la fiducia nella grazia, non ha fatto sì che il matrimonio sia più desiderabile e attraente, ma tutto il contrario.

§ 37. Per molto tempo abbiamo creduto che solamente insistendo su questioni dottrinali, bioetiche e morali, senza motivare l apertura alla grazia, avessimo già sostenuto a sufficienza le famiglie, consolidato il vincolo degli sposi e riempito di significato la loro vita insieme. Abbiamo difficoltà a presentare il matrimonio più come un cammino dinamico di crescita e realizzazione che come un peso da sopportare per tutta la vita. Stentiamo anche a dare spazio alla coscienza dei fedeli, che tante volte rispondono quanto meglio possibile al Vangelo in mezzo ai loro limiti e possono portare avanti il loro personale discernimento davanti a situazioni in cui si rompono tutti gli schemi. Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle.

Un “Decalogo di autocritica”. Vorrei ora cercare di desumerne una serie di “dieci parole” per orientare adeguatamente non solo il versante “critico”, ma anche quello “autocritico”:

  1. La sterile denuncia: “non ha senso fermarsi a una denuncia retorica dei mali attuali, come se con ciò potessimo cambiare qualcosa” (AL 35).

  2. La pretesa normativa: “Neppure serve pretendere di imporre norme con la forza dell’autorità” (AL 35).

  3. Le ragioni e le motivazioni di una scelta: occorre “presentare le ragioni e le motivazioni per optare in favore del matrimonio e della famiglia, così che le persone siano più disposte a rispondere alla grazia che Dio offre loro” (AL 35).

  4. Modi inadeguati di esporre le convinzioni e di trattare le persone: “a volte il nostro modo di presentare le convinzioni cristiane e il modo di trattare le persone hanno aiutato a provocare ciò di cui oggi ci lamentiamo, per cui ci spetta una salutare reazione di autocritica” (AL 36).

  5. Squilibrio tra fine unitivo e fine procreativo: “spesso abbiamo presentato il matrimonio in modo tale che il suo fine unitivo, l’invito a crescere nell’amore e l’ideale di aiuto reciproco sono rimasti in ombra per un accento quasi esclusivo posto sul dovere della procreazione” (AL 36).

  6. Un accompagnamento inadeguato delle nuove coppie: “Non abbiamo fatto un buon accompagnamento dei nuovi sposi nei loro primi anni, con proposte adatte ai loro orari, ai loro linguaggi, alle loro preoccupazioni più concrete” (AL 36).

  7. Astrattezza e idealizzazione teologica: “Abbiamo presentato un ideale teologico del matrimonio troppo astratto, quasi artificiosamente costruito, lontano dalla situazione concreta e dalle effettive possibilità delle famiglie così come sono. Questa idealizzazione eccessiva, soprattutto quando non abbiamo risvegliato la fiducia nella grazia, non ha fatto sì che il matrimonio sia più desiderabile e attraente, ma tutto il contrario” (AL 36).

  8. La presunzione di autosufficienza della dottrina: “Per molto tempo abbiamo creduto che solamente insistendo su questioni dottrinali, bioetiche e morali, senza motivare l’apertura alla grazia, avessimo già sostenuto a sufficienza le famiglie, consolidato il vincolo degli sposi e riempito di significato la loro vita insieme” (AL 37).

  9. Il matrimonio concepito più come atto che come rapporto: “Abbiamo difficoltà a presentare il matrimonio più come un cammino dinamico di crescita e realizzazione che come un peso da sopportare per tutta la vita” (AL 37).

  10. Non sostituire, ma formare le coscienze: “Stentiamo anche a dare spazio alla coscienza dei fedeli, che tante volte rispondono quanto meglio possibile al Vangelo in mezzo ai loro limiti e possono portare avanti il loro personale discernimento davanti a situazioni in cui si rompono tutti gli schemi. Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle” (AL 37).

Autocritica al servizio di una pastorale non autoreferenziale. Queste aperte considerazioni, che rileggono la storia della pastorale familiare di fronte alle sfide del mondo contemporaneo, non nascondono le esigenze di conversione dei cuori e le esigenze di profonda riforma della disciplina. L’annuncio della comunione in Cristo, che si realizza nell’amore matrimoniale e familiare, esige una assunzione drammatica della tensione tra libertà e autorità, tra comunione e separazione, tra riconciliazione e divisione. La società tardo-moderna dischiude nuove libertà autentiche, ma propone nuove forme di schiavitù insidiosa. Ma al soggetto individuale, che può diventare strutturalmente autoreferenziale, non può essere contrapposta una dottrina segnata da autoreferenzialità ecclesiale. Al possibile delirio soggettivistico del mondo non si potrà mai opporre efficacemente un autoritarismo oggettivistico della Chiesa. Se la società aperta è una delle condizioni della più autentica personalizzazione della coppia, del matrimonio e della famiglia, allora una rilettura della intera tradizione ecclesiale, a partire dalle Scritture, secondo una più lucida composizione di esigenza istituzionali e di esigenze personali sarà in grado di offrire, anche alle prossime generazioni, una sintesi convincente del senso della tradizione matrimoniale e della sua proponibilità in vista di una vita buona e felice. Senza disperazione e senza presunzione, ma alimentando quella speranza che è la più vera risposta alla profezia cristiana sull’amore. Profezia che non si è dimostrata mai tanto esigente, da non risultare ancor più misericordiosa.

Andrea Grillo blog: Come se non 30 maggio 2017

www.cittadellaeditrice.com/munera/la-recezione-di-amoris-laetitia-15-decalogo-di-autocritica-della-pastorale-familiare

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ASSEGNO DIVORZILE

Mantenimento o risarcimento

La recente sentenza della Cassazione in materia di assegno di divorzio in realtà cambia la situazione molto meno di quanto si creda. Il portafoglio sta dalla parte del cuore e nessun divorziato paga volentieri il “mantenimento” della un tempo amata consorte. Approfittando di una sentenza della Cassazione ritenuta liberatoria, ci ha provato anche Berlusconi, a cui brucia dare due milioni mensili a una moglie che in pubbliche interviste ha definito la sua condotta «ciarpame senza pudore»; ma la sentenza declassava solo l’assegno divorzile, non le separazioni, e Veronica Lario ha conservato il suo lauto assegno.

La sentenza, comunque, ha fatto rumore e illuso molti ex-mariti e reso ansiose molte ex-mogli. Immotivatamente, perché la norma riguarda le coppie facoltose e donne che rischiano di essere danneggiate per la perdita non solo del consorte, ma anche del ricco tenore di vita matrimoniale. Infatti queste divorziate, se economicamente autosufficienti, potranno veder sfumare l’assegno “di mantenimento”. Ci guadagneranno gli avvocati, che non perderanno l’opportunità di consentire ai clienti maschi di provarci e alle signore di tirare fuori le unghie; ma la gente normale non conosce lussi o traumi del genere. Quindi i maschi comuni si rassegnino: non ci sono stati grandi cambiamenti ed eventuali tentativi rischiano di far perdere anche le spese del ricorso.

Tuttavia la sentenza della Cassazione è significativa perché esplicita la parità del possesso patrimoniale e ribadisce che, se la/il divorziato/a non svolge un’attività che consenta di vivere autonomamente né possiede rendite proprie, resta tutelato il suo diritto a ricevere il “mantenimento” di cui, come sempre, il giudice fisserà la consistenza caso per caso. È anche bene ricordare che nulla è cambiato per quanto riguarda la responsabilità dei figli, qualunque sia il livello sociale delle famiglie.

Ma nessuna parità cancella mai la differenza. E dalla parte delle donne il discorso diventa più complesso. È molto importante che la scelta matrimoniale, ai fini del «mantenimento divorzile», sia definita «atto di libertà e autoresponsabilità»: esclude così che sia mezzo di sistemazione. Forse non è ancora un principio ben introiettato, ma la parità dei coniugi non può prescinderne, se vogliamo finirla con il principe (o la principessa) azzurro e ricco da considerare quel “buon partito” che, se non ti va più bene, poi chiedi il divorzio e ti fai mantenere. Si suppone, infatti, che il matrimonio avesse unito un uomo e una donna liberi e responsabili. Se, dunque, i divorziati a cui si riferisce la norma avevano contratto un matrimonio e non stipulato un’assicurazione sulla vita e sono in possesso di propria indipendenza economica, non c’è ragione che il coniuge più facoltoso compensi economicamente la mancanza di gioielli e toilette da esibire dal palco della Scala che frequenterà con un’altra/o partner.

La legione delle donne che, in quanto “madri sole”, sono capofamiglia, non ha nulla da temere. Ma molte di loro conoscono la mortificazione di un marito che non vuole (o non può) pagare gli alimenti; succede anche che smettano di chiedere quel che spetta loro di diritto ed entrino in grande sofferenza se debbono ricorrere di nuovo al giudice per contestare l’inadempienza dell’ex-consorte.

Anche per loro, di cui la nuova norma non fa menzione, resta aperta la questione di principio che riguarda le altre. Come mai la legge obbligava al mantenimento del livello di vita matrimoniale anche dopo separazione e divorzio? Evidentemente perché l’uomo, per tradizione proprietaria, deve “mantenere” la “sua” donna. Non si tiene conto che è sempre la donna che fornisce al marito un supporto che gli consente di essere un professionista, un manager, un uomo che, pur sposato, vive “libero”. Non tutte gli preparano anche i calzini ogni mattina come faceva la mamma, ma tutte gli evitano di pensare come gestire la vita quotidiana, seguire i figli nella scuola o dal medico, occuparsi di questioni famigliari e regolare gli impegni sociali. Non sono solo le casalinghe a sapere la mattina che cosa metteranno in tavola la sera quando tutti rincasano; anche la donna manager, l’universitaria, la giudice, che può contare su aiuti domestici, predispone la mente a “curare” i beni della vita comune. Non sempre l’uomo se ne rende conto, perché non sono questi i suoi pensieri più o meno dominanti. E, infatti, nemmeno lo Stato valorizza la cura della famiglia, ritenuta ancora un ammortizzatore sociale, mentre sta sulle spalle, ricche o povere, delle donne.

Forse c’era un equivoco iniziale: le donne hanno diritto non al mantenimento, ma al “risarcimento”.

Giancarla Codrignani Confronti giugno 2017

www.confronti.net/confronti/2017/05/mantenimento-o-risarcimento

 

Irrilevanza del tenore di vita in costanza di matrimonio – Rilevanza di altri indici patrimoniali

Tribunale di Venezia – ordinanza 25 maggio 2017

Secondo i più recenti orientamenti della giurisprudenza appare privo di rilevanza per la concessione dell’assegno divorzile il parametro relativo al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo piuttosto rilevanti atri indici, quali il “possesso” di redditi ed il patrimonio mobiliare e immobiliare, le “capacità e possibilità effettive” di lavoro personale e la “stabile disponibilità” di un’abitazione (da ultimo, in tal senso, Cass. civ. n. 11504/17).

Redazione Il caso it Doc. 3141 1 giugno 2017 http://news.ilcaso.it/news_3141/01-06-

 

Riduzione dell’assegno di divorzio se l’ex marito perde il lavoro

Corte di Cassazione, sesta Sezione civile, ordinanza n. 10787, 3 maggio 2017.

Giustificata la riduzione dell’assegno di divorzio se l’ex marito perde il lavoro, mentre la signora non ha visto peggiorare le sue condizioni grazie alla possibilità di far ritorno alla famiglia d’origine.

News Avvocato Renato D’Isa 1 giugno 2017 allegato il testo

https://renatodisa.com/2017/06/01/corte-di-cassazione-sezione-vi-civile-ordinanza-3-maggio-2017-n-10787

Divorzio: assegno anche se la ex rifiuta di lavorare

Corte di Cassazione, sesta Sezione civile, ordinanza n. 12878, 22 maggio 2017

Non sempre il rifiuto della ex di lavorare può precluderle il diritto all’assegno divorzile.

Come emerge dalla sentenza numero 12878/2017 della Corte di cassazione (qui sotto allegata), infatti, le variabili che possono influenzare il rifiuto di un determinato lavoro sono numerose e, soprattutto, non è possibile fare una valutazione aprioristica della scelta di una persona di non accettare una determinata offerta lavorativa.

Capacità di reddito potenziale e non sfruttata. Nel caso di specie, il giudice del merito aveva giudicato sulla revisione dell’assegno divorzile dovuto da un uomo alla sua ex moglie considerando anche il rifiuto da parte della donna di alcune offerte di lavoro, ma non dandogli la rilevanza necessaria per poter incidere negativamente sul mantenimento. Infatti, la donna era una traduttrice ma le offerte ricevute erano risultate occasionali e inidonee a ipotizzare una capacità di reddito potenziale e non sfruttata.

Così facendo, la Corte d’appello aveva quindi considerato adeguatamente le potenzialità di guadagno di cui effettivamente avrebbe potuto fruire la donna qualora avesse ripreso a pieno regime la sua attività di traduttrice. Alla luce di ciò e della effettiva valutazione dei redditi e dei patrimoni dei coniugi, quindi, la rideterminazione dell’assegno divorzile è stata confermata anche in terzo grado e il marito, che si era rivolto alla Corte di cassazione sperando di essere sgravato dell’onere economico nei confronti della ex, non potrà far altro che rassegnarsi.

www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_26231_1.pdf

Valeria Zeppilli – studio Cataldi 23 maggio 2017

www.studiocataldi.it/articoli/26231-divorzio-assegno-anche-se-la-ex-rifiuta-di-lavorare.asp

 

Divorzio, ecco le mosse per ridurre l’assegno all’ex

Partono le richieste di revisione dell’assegno di divorzio dopo la sentenza della Cassazione 11504 del 10 maggio 2017, che ha mandato in soffitta il criterio della «conservazione del tenore di vita» per sostituirlo con quello dell’«indipendenza economica».

https://avvrenatodisa.files.wordpress.com/2017/05/corte-di-cassazione-sentenza-n-copia.pdf

Ma è davvero così semplice ora, per il coniuge obbligato, ottenere la revoca o la riduzione dell’assegno di divorzio? Non proprio. La sentenza della Cassazione, nei fatti, rende meno scontato il riconoscimento del mensile perché lo subordina solo alla mancanza di mezzi adeguati e all’impossibilità di procurarseli (articolo 5, comma 6, della legge 898, 1 dicembre 1970), sganciandolo dal «tenore di vita durante il matrimonio» che, tra l’altro, la legge sul divorzio non cita.

www.altalex.com/documents/leggi/2012/06/27/disciplina-dei-casi-di-scioglimento-del-matrimonio

Chi vuole agire per la revoca, quindi, deve provare che l’ex coniuge può mantenersi da sé o che potrebbe attivarsi in tal senso.

Una guida per decidere come muoversi, oltre che dalla recente sentenza, deriva dalla giurisprudenza degli ultimi anni. I giudici hanno infatti individuato alcuni casi in cui l’assegno può essere revocato o ridotto.

La sentenza del 10 maggio ha indicato quattro punti da tenere in considerazione per valutare l’autosufficienza dell’ex: i redditi di qualsiasi specie; i cespiti patrimoniali immobiliari e mobiliari; la capacità e la possibilità effettive di lavoro personale; la stabile disponibilità di una casa di abitazione.

Assegno divorzile, ecco cosa cambia dopo la sentenza della Cassazione. Per convincere il giudice a revocare l’assegno, dunque, il divorziato potrà tentare di documentare il possesso, da parte dell’altro, di redditi o beni. Ma, se questi mancano, la partita si fa più complessa: non è semplice provare la capacità al lavoro del beneficiario o le concrete chance di trovarne uno. Dall’altra parte, per chi teme di perdere l’assegno, è consigliabile archiviare domande di lavoro, annunci o iscrizioni al collocamento, che attestino la buona volontà di rendersi indipendenti. Anche se la stessa Cassazione con sentenza 11538 dell’11 maggio 2’017 ha chiarito che a chi percepisce l’assegno non si può chiedere la prova dell’impossibilità di trovare lavoro, soprattutto se la non indipendenza si desume anche da altri fattori.

www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_26162_1.pdf

Finora, la giurisprudenza ha cancellato l’assegno divorzile, anche a prescindere dall’esistenza di «mezzi adeguati» per vivere, se il beneficiario ha avviato una stabile convivenza con un altro (Cassazione, 25528/2016), perché il divorziato rescinde così ogni legame con la vita precedente.

Non solo: l’assegno è stato revocato anche in un caso in cui non è stata provata la natura amorosa del nuovo legame del beneficiario (Cassazione, 6009/2017).

Secondo i giudici, inoltre, può ottenere la cancellazione dell’assegno anche l’obbligato benestante, se lo suggeriscono le altre condizioni previste dalla legge (Tribunale di Roma, 8 gennaio 2016), ma non basta la condizione di disoccupazione dell’obbligato, se ha altre fonti di reddito (Cassazione, ordinanza 10099/2016).

Fin qui la revoca. Nella partita sulla riduzione dell’assegno entrano invece gli altri criteri, da valutare in base alla durata del rapporto, dettati sempre dall’articolo 5, comma 6, della legge sul divorzio: condizioni dei coniugi, ragioni della decisione, contributo personale ed economico alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno o comune e redditi. Ecco come li ha applicati finora la giurisprudenza.

I giudici hanno ridotto l’assegno alla divorziata che, tornando a vivere dai suoi, ha migliorato le condizioni di vita, mentre il coniuge ha perso il lavoro (Cassazione, 10787/2017). Cifra ribassata anche per la titolare di una modesta pensione sociale (Cassazione, 18092/16). E l’importo da pagare è stato ridotto anche per l’obbligato che ha avuto un figlio dalla nuova compagna e che quindi deve affrontare nuove spese (Cassazione 14521/2015). Infine, anche il crollo professionale dell’obbligato può essere un elemento che motiva la riduzione dell’assegno (Cassazione, 21670/2014), ma non se è avvenuto per sue scelte azzardate (Cassazione 14143/2014).

Divorzio, al via le battaglie per rivedere gli accordi patrimoniali. In sintesi i criteri stabiliti dai giudici.

Si alla revoca:

  • Il coniuge coabita con un altro partner, anche se manca la prova che tra i due vi sia, effettivamente, una convivenza more uxorio, apparendo legati, in società, solo da un’«affettuosa amicizia» (Cassazione, ordinanza 6009 dell’8 marzo 2017);

  • Il coniuge tenuto a pagare l’assegno ha consistenti disponibilità economiche e personalità discutibile, ma vengono comunque utilizzati (senza limiti) i criteri di legge per la riduzione (fino all’azzeramento) dell’assegno: condizioni dei coniugi, ragioni della decisione, durata del matrimonio, contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ognuno o comune (Tribunale di Roma, sentenza dell’8 gennaio 2016)

No alla revoca:

  • Il coniuge tenuto a pagare l’assegno è disoccupato e l’ex moglie lavora, ma l’uomo possiede molti immobili che gli consentono di mantenere un significativo standard di vita, mentre l’ex moglie svolge lavori umili e malretribuiti (Cassazione, ordinanza 10099 del 17 maggio 2016);

  • Gli ex hanno mantenuto in comproprietà la casa coniugale, che non produce reddito valutabile ai fini dell’assegno (Cassazione, ordinanza 8158 del 22 aprile 2016);

  • Il coniuge beneficiario dell’assegno è lavoratore saltuario e “in nero” (Cassazione, ordinanza 4175 del 2 marzo 2016)

Si alla riduzione:

  • L’ex moglie se è tornata a vivere dai genitori e per questo non ha subito un peggioramento delle condizioni di vita e l’ex marito, obbligato a versarle il mensile, ha perso il lavoro e ha difficoltà ad adempiere l’obbligazione (Cassazione, ordinanza 10787 del 3 maggio 2017);

  • All’ex moglie viene riconosciuta la pensione sociale. Il fatto che la beneficiaria possa contare su un reddito fisso, seppur modesto, è motivo per un nuovo vaglio delle condizioni economiche delle parti (Cassazione, sentenza 18092 del 15 luglio 2016);

  • L’ex coniuge tenuto a pagare l’assegno ha un figlio dalla nuova compagna. Va disposto – dovendosi soppesare i diritti acquisiti con le esigenze del nuovo nucleo familiare (Cassazione, sentenza 11438/2014) – il riesame delle condizioni economiche degli ex coniugi (Cassazione, ordinanza 14521 del 10 luglio 2015);

  • L’ex tenuto a pagare l’assegno ha perso il lavoro (Cassazione, ordinanza 21670 del 14 ottobre 2014)

No alla riduzione:

  • Le difficoltà economiche dell’obbligato sono state causate dalle sue scelte poco oculate, come un acquisto immobiliare inopportuno. Peraltro, l’ammontare dei redditi dell’ex coniuge, raggiunto da un accertamento di evasione fiscale, era presumibilmente superiore a quanto dichiarato (Cassazione, ordinanza 14143 del 20 giugno 2014).

Si all’aumento:

  • La richiesta è motivata solo dalla crescita dei figli e dal mutare dei loro bisogni. Per far salire l’importo si esige una valutazione di quanto, concretamente, occorra ai figli, da parametrarsi all’aggiornata situazione economica dei genitori (Cassazione, ordinanza 8151 del 22 aprile 2016);

  • La domanda è basata sull’incremento delle spese derivanti dal trasferimento dei figli in una facoltà fuori sede, ma i figli stessi hanno redditi saltuari, derivanti da borse di studio e lavori estivi o collaterali allo studio (Cassazione, ordinanza 439 del 14 gennaio 2016);

  • L’ex marito riceve una cospicua eredità; i giudici aumentano l’assegno per i figli ma non quello per l’ex moglie (Tribunale di Roma, sentenza 581 del 2015)

No all’aumento:

Selene Pascasi il sole 24ore

www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2017-05-19/divorzio-ecco-mosse-ridurre-l-assegno-all-ex-170510.shtml?uuid=AEoDuMNB

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ASSISTENZA

I figli devono garantire assistenza morale e materiale ai genitori anziani

Non solo l’assistenza economica ex art. 433 c.c., bensì anche quella morale o si rischia l’ipotesi di reato ex art. 591 c.p. – Non sono solo i genitori a doversi occupare dei figli, ma anche il contrario, soprattutto quando l’età avanza e i familiari diventano anziani e non autosufficienti. Un assunto che non appare affatto pacifico, posti i sempre maggiori contrasti nascenti nei nuclei familiari, in particolare tra fratelli e sorelle, circa la cura degli anziani genitori.

Va a tal proposito rammentato che l’assistenza ai genitori anziani non rappresenta un mero dovere “morale” e ciò lo si desume dalle molteplici disposizioni legislative in cui rilevano veri e propri obblighi in tal senso.

Figli: gli “alimenti” ai genitori. L’assistenza economica nei confronti del genitore, si desume dagli artt. 433 e ss. del codice civile che precisano la disciplina degli alimenti legali, prestazioni di assistenza materiale dovute per legge alla persona che si trova in stato di bisogno economico e che trovano la fonte, anche costituzionale, nel dovere di solidarietà (art. 2 Cost.). All’obbligo di prestare gli alimenti nei confronti di chi versa in stato di bisogno e non è in grado di provvedere al proprio mantenimento sono tenuti, tra l’altro, i figli, anche adottivi. Se dunque il genitore anziano sia in stato di bisogno oltre che economicamente incapace di provvedere ai propri bisogni, dovranno essere i figli ad intervenire.

Si tratta di un obbligo che grava su tutti i figli, ma che può essere graduato in relazione alle concrete capacità reddituali del singolo. Infatti, quanto alla misura degli alimenti, l’art. 438 c.c. precisa che devono essere assegnati in proporzione del bisogno di chi li domanda e delle condizioni economiche di chi deve somministrarli e non devono, tuttavia, superare quanto sia necessario per la vita dell’alimentando, avuto però riguardo alla sua posizione sociale.

Il figlio potrà, a sua scelta, corrispondere al genitore indigente un assegno periodico oppure, come dispone l’art. 443 c.c., accoglierlo e mantenerlo nella propria casa. L’inadempimento espone al rischio di integrare il delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare di cui all’art. 570 c.p., che prevede la reclusione fino a un anno e la multa da euro 103 a euro 1.032 anche per chi faccia mancare i mezzi di sussistenza agli ascendenti.

L’assistenza “morale” al genitore anziano. Non è solo l’assistenza economica a rilevare nei confronti del genitore anziano e non autosufficiente, ma anche quella “morale”, ossia la concreta vicinanza affinché questi non resti solo a casa, trascurato e incapace di badare a se stesso. Nonostante manchi una norma sull’argomento e l’assistenza morale rappresenti un adempimento per lo più spontaneo, la giurisprudenza ha precisato anche lasciare il genitore anziano da solo, privo di cure e assistenza, può costituire un’ipotesi di abbandono di persone incapaci penalmente sanzionata.

L’art. 591 c.p., infatti, punisce con la reclusione da sei mesi a cinque anni, non solo l’abbandono del minore, bensì anche quello di una persona incapace di provvedere a se stessa, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, e della quale abbia la custodia o debba avere cura.

Nella sentenza n. 44098/2016, la Cassazione ha ritenuto integrato tale delitto nel caso in cui un soggetto abbia tenuto condotte contrarie all’obbligo giuridico di cura del padre anziano su di lui gravante e si sia verificato un pericolo per il soggetto trascurato.

In particolare, quanto al fondamento del dovere giuridico e morale ravvisabile in capo al figli, la Corte ha condiviso le ragioni della Corte d’Appello riferite sia al riconoscimento della famiglia come società naturale di cui all’articolo 29 della Costituzione, sia all’inquadramento di questa tra le formazioni sociali ove i singoli svolgono la loro personalità, sia all’adempimento dei doveri di solidarietà sociale di cui all’articolo 3 della Costituzione.

Ancora, il Tribunale di Firenze, nella sentenza n. 3964/2016, ha confermato la condanna a un uomo totalmente disinteressatosi della propria madre, affetta da psicosi cronica con deficit cognitivo, lasciata a vivere isolata e in stato di degrado sia morale che materiale.

Il volontario disinteresse che ha provocato l’omissione di prestare cura e assistenza al genitore in difficoltà, pur sapendo che egli non avrebbe potuto provvedere a se stesso, è idoneo a far scattare l’ipotesi di reato ex art. 591 c.p.

Per il Tribunale, il figlio riveste una posizione di garanzia nei confronti del genitore da cui deriva un dovere di cura giuridico, oltre che morale, come suggerisce la “corretta interpretazione sistematica delle norme di livello costituzionale riguardanti il riconoscimento della famiglia come società naturale (art. 29 Cost.), il suo inquadramento tra le formazioni sociali ove si svolge la personalità dei singoli e l’adempimento dei doveri di solidarietà sociale (art. 3 Cost.) – nonché – da quelle del codice civile che impongono il dovere di rispetto dei figli verso i genitori, che diventa concretamente stringente in caso di stato di bisogno ed incapacità del singolo a provvedere al proprio mantenimento (art. 433 c.c.)”.

Poiché lo scopo della summenzionata norma penale è quello di tutelare il valore etico-sociale della sicurezza della persona fisica contro determinate situazioni di pericolo, ha concluso il Tribunale “nessun limite si pone nella individuazione delle fonti da cui derivano gli obblighi di custodia e di assistenza che realizzano la protezione di quel bene e che si desumono dalle norme giuridiche di qualsivoglia natura, da convenzioni di natura pubblica o privata, da regolamenti o legittimi ordini di servizio, rivolti alla tutela della persona umana, in ogni condizione ed in ogni segmento del percorso che va dalla nascita alla morte”.

Lucia Izzo Newsletter Giuridica Studio Cataldi 29 maggio 2017

www.studiocataldi.it/articoli/26225-i-figli-devono-garantire-assistenza-morale-e-materiale-ai-genitori-anziani.asp

Mantenimento: a carico dello Stato solo l’ex non i figli.

Tribunale di Milano, Ufficio del Distretto di Milano – decreto 13 aprile 2017

Per il Tribunale di Milano il Fondo di solidarietà sperimentale è a sostegno del solo coniuge che non abbia ricevuto l’assegno di separazione. Non si ha diritto di accedere al “Fondo di Solidarietà”, istituito in via sperimentale dalla legge di Stabilità 2016, in caso di mancato versamento dell’assegno a favore dei figli: la misura, infatti, è destinata al sostegno del coniuge debole e non dei minori.

Lo ha stabilito il Tribunale di Milano, Ufficio del Distretto, in un decreto del 13 aprile 2017, che si è pronunciato in materia di fondo di solidarietà per il coniuge debole, misura che è stata resa operativa lo scorso 14 gennaio 2017 con l’effettivo stanziamento dei fondi.

Il Fondo di Solidarietà. La Legge di Stabilità ha stabilito in via sperimentale, per gli anni 2016 e 2017, questa forma di sostegno economico a favore del coniuge in caso di inadempimento dell’obbligo di mantenimento. Per il biennio sono stati stanziati, rispettivamente 250mila euro e 500mila euro annui.

Dalla lettura congiunta della legge e del D.M. del 15 dicembre 2016, il richiedente potrà essere il coniuge separato in stato di bisogno con il quale convivono figli minori o figli maggiorenni portatori di handicap grave, che non è in grado di provvedere al mantenimento proprio e della prole, qualora non abbia ricevuto l’assegno periodico a titolo di mantenimento, determinato ai sensi dell’articolo 156 del Codice civile, per inadempienza del coniuge che vi era tenuto.

Inoltre, sono necessarie: l’indicazione che il valore dell’indicatore ISEE o dell’ISEE corrente in corso di validità è inferiore o uguale a euro 3.000; l’indirizzo di posta elettronica ordinaria o certificata a cui l’interessato intende ricevere ogni comunicazione relativa all’istanza; la dichiarazione di versare in una condizione di occupazione, ovvero di disoccupazione ai sensi dell’art. 19 del d.lgs. n. 150/2015, senza la necessità della dichiarazione al portale nazionale delle politiche del lavoro di cui all’art. 13 del medesimo decreto; in caso di disoccupazione, la dichiarazione di non aver rifiutato offerte di lavoro negli ultimi due anni.

I Tribunali legittimati a ricevere l’istanza sono quelli: Ancona, Bari, Bologna, Bolzano, Brescia, Cagliari, Caltanissetta, Campobasso, Catania, Catanzaro, Firenze, Genova, L’Aquila, Lecce, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Perugia, Potenza, Reggio Calabria, Roma, Salerno, Sassari, Taranto, Torino, Trento, Trieste, Venezia.

Niente accesso al Fondo senza l’assegno ex art. 156 c.c. Nulla di fatto, dunque, per la madre che aveva chiesto di poter accedere al fondo di solidarietà a tutela del coniuge in stato di bisogno per recuperare l’arretrato derivante dall’inadempimento dell’ex all’obbligo di provvedere al mantenimento mensile dei figli comuni, disposto dalla sentenza di separazione. Il Tribunale meneghino ritiene l’istanza inammissibile proprio in virtù della natura del credito fatto valere, che origina da un assegno di mantenimento in favore dei figli, ai sensi dell’art. 337-ter c.c., non essendo la richiedente titolare di assegno per sé ai sensi dell’art. 156 del codice civile.

Il presupposto per l’accesso al fondo di solidarietà previsto dalla legge 208 del 2015, si legge nel provvedimento, è che il richiedente “non abbia ricevuto l’assegno determinato ai sensi dell’articolo 156 del codice”, ossia l’assegno di separazione.

Il fondo di solidarietà, infatti, rappresenta una misura a sostegno del “coniuge debole” e non dei minori, e ciò nonostante la dottrina abbia sollevato dubbi in merito alla legittimità costituzionale di questa scelta (art. 3 Cost.): così facendo, infatti, solo il “genitore” che sia al contempo titolare di assegno ex art. 156 c.c. ha diritto di accesso al Fondo e non anche quello astrattamente più svantaggiato ossia il genitore che non goda di alcun assegno (e magari non percepisca alcun reddito per sé).

Ciononostante, conclude il giudice, poiché, al momento, il regime giuridico in esame è eccezionale e transitorio e, pertanto, sperimentale (dunque, non destinato a perdurare nel tempo), ne consegue che il coniuge legittimato a ricevere il solo assegno per i figli (ex art. 337-ter c.c.), ma non titolare di assegno per sé, ex art. 156 c.c., non abbia titolo per accedere al Fondo di solidarietà per il coniuge debole.

www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_26295_1.pdf

Lucia Izzo – Newsletter Giuridica Studio Cataldi 29 maggio 2017

www.studiocataldi.it/articoli/26295-mantenimento-a-carico-dello-stato-solo-l-ex-non-i-figli.asp

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ASSOCIAZIONE ITALIANA CONSULENTI CONIUGALI E FAMILIARI

Il consulente familiare” giugno 2017.

E’ in distribuzione il n. 2\2017, anno XXVIII dell’Organo di informazione dell’A.I.C.eF.

  • Maurizio Qualiano Editoriale.

  • Rita Roberto Lettera della Presidente.

  • Giornata di studio Roma 9 aprile 2017

La coppia oggi: fatiche, bisogni e aspettative…Una consulenza «su misura»

  • Resoconto della giornata.

  • Schede di attivazione

  • Gli elementi dell’amore nel triangolo di Sternberg.

  • Quale tempo è il nostro tempo?

  • La montagna delle piccole cose.

  • Le sette note della danza di coppia.

  • Le metafore nella consulenza di coppia.

  • Alcune buone prassi per una consulenza di coppia «su misura».

  • 5 laboratori e il loro svolgimento.

  • Elisabetta Baldo Dossier: dall’innamoramento all’amore «una relazione d’amore».

  • Consulenti allo specchio 2° parte: il consulente familiare e i casi.

  • Comunicato stampa del COLAP su PDL “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale”

  • A proposito di famiglia a cura di Ivana De Leonardis.

  • Letto e visto per voi a cura di Licia Serino e Davide Monaci.

  • AICCeF notizie.

www.il consulentefamiliare.blogspot.com

www.aiccef.it

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CENTRO INTERNAZIONALE DI STUDI SULLA FAMIGLIA

Newsletter n. 21/2017, 31 maggio 2017.

Esce in versione ridotta per impegni all’estero che impediscono una sua redazione completa.

  • Il circuito del dono in un video dalla Tailandia. Tre minuti per ricordare che donare inserisce ogni vita in un circuito di reciprocità – nel tempo e nelle circostanze più diverse. C’è una sorta di legge sociale che fa sì che quel che non circola muore, come è per il Mar Morto e per il Lago di Tiberiade, che pur formati dallo stesso fiume, il Giordano, sono l’uno morto e l’altro vivo, perché il primo consegna tutta l’acqua per sé, il secondo la dà ad altri fiumi (Godbout). [video]

  • Contrastare la denatalità: una ricetta da Polonia e Ungheria. Dall’Europa Orientale numerosi spunti di riflessione per invertire la rotta della denatalità che flagella l’Italia e il vecchio continente. Una riflessione dal Secondo Budapest Demographic Forum (25 maggio 2017) [leggi il commento di Francesco Belletti, che ha partecipato all’evento],

  • Federico De Rosa, L’isola di Noi. Guida al paese dell’autismo, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2016, pp.  144, €. 14,50. ‘Davvero geniale, l’idea di un’isola organizzata secondo le esigenze “speciali” delle persone autistiche, in cui un gruppo di normali (o “neurotipici”, come scrive l’autore) passa una settimana di visite guidate, per vedere di persona come potrebbe essere una società dove l’autismo non è handicap, ma una diversa normalità. Un’isola in cui non ci sono rumori inutili, dove il silenzio è un valore di convivenza e di compagnia, dove gli stimoli sensoriali sono limitati al massimo, e quindi ogni persona autistica può governare con maggiore equilibrio il proprio rapporto con la realtà. Non poteva essere scritto che da una persona con disturbo autistico, questo viaggio, che descrive con grande efficacia, molto meglio di qualsiasi documento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, cosa vuol dire che la disabilità non è prima di tutto un deficit della persona, ma è soprattutto un cattivo interfaccia con la realtà esterna, che la società può modificare in modo spesso decisivo. Peccato che raramente lo faccia, fuori dall’ ”Isola di noi”. Ed è davvero sorprendente notare come i comportamenti pensati normali dai “neurotipici”, in quest’isola siano oggettivamente inappropriati: ad esempio, quando si ascolta musica, il silenzio è decisivo, nei locali dell’isola, serve un silenzio vero, completo, preparato con cura, e la totale immobilità degli ascoltatori, mentre la musica viene eseguita, per non innescare tempeste di stimoli, e questo dovrebbero capirlo facilmente tutti.  Ma “sono veramente pochi i neurotipici capaci di restare mezz’ora in perfetto silenzio e fermi come un camaleonte mimetizzato. Per voi scambiare una parola con il vicino è un’azione che potrebbe scattare senza che neanche ve ne accorgiate”.

  • Questo libro è un appassionante scoperta di piccole e grandi idee che potrebbero aiutare tutti ad essere più capaci di “includere” le persone con problemi di autismo, con la trepidante consapevolezza che ogni azione è frutto di esperienze, di sofferenze, di incontri personali. Il libro in sé è la testimonianza delle risorse e delle potenzialità di una persona con autismo (sfido tanti “neurotipici” a scrivere un volume altrettanto appassionante), ed è davvero una storia da leggere tutta d’un fiato, per immaginare e tentare la possibilità di relazione, e prima ancora di accoglienza, con persone che sono letteralmente “diversamente abili”, ben oltre il vocabolario del politically correct. E l’accento è sulla parola “abili”, non sul “diversamente”. O meglio, su una diversità che è valore intrinseco, e non inciampo a una normalità costruita sull’efficientismo dell’uomo contemporaneo (come si comprende anche negli stupendi “monasteri del silenzio”, che si incontrano nel tour dell’isola). Insomma, è uno di quei libri che vorrei che i miei figli leggessero. (Francesco Belletti)

Testo e link integrali http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/maggio2017/3037/index.html

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CHIESA CATTOLICA

Quando Benedetto XVI disse: «Fate voi, voi fate!». L’epifania di Aparecida e la Chiesa oggi.

E Benedetto XVI lasciò aperto e disse: «Fate voi, voi fate!». Era il maggio 2007 all’inaugurazione dei lavori di Aparecida (Brasile, stato di s. Paolo) crinale, per un prima e per un dopo, non solo per la Chiesa dell’America latina. E fu con adesione generosa che un allora cardinale bonaerense di nome Jorge Mario Bergoglio – candidato alla pensione quanto a una più che improbabile successione petrina – raccolse l’apertura di quell’incentivo. In quella quinta conferenza generale dell’episcopato latinoamericano e dei Caraibi, nella riflessione comune sul percorso fatto e da fare – in un soprassalto di lucidità condivisa – si era ridestato e ricompreso nella disposizione a ricevere dal basso, dalla realtà del popolo di Dio, un dinamismo apostolico.

Si comprese lì che era giunto il momento di liberarsi dalle false dialettiche intraecclesiali e di uscire dal ghetto delle battaglie di riconquista. Fu questo un «momento di grazia per la Chiesa», ebbe a riconoscere già all’indomani della sua conclusione lo stesso Bergoglio. Di questo «momento di grazia», in quest’altra riva dell’Oceano, non se ne accorse quasi nessuno. A dire il vero, degli orizzonti e delle prospettive ecclesiali aperte da quell’evento, l’arcivescovo di Buenos Aires avrebbe voluto parlarne all’appuntamento del concistoro previsto nel novembre di quello stesso anno. Non gli fu possibile.

Prima di ritornare a casa da Roma ne descrisse tuttavia la filigrana in un’unica intervista che concesse per il mensile 30Giorni. Ma bisognerà attendere ancora altri sei anni, quando per puro miracolo il cardinale di Buenos Aires divenne Pietro sfuggendo ai calcoli delle consorterie, perché Aparecida – e ciò che questa ancora significa per lo sguardo sulle istanze della realtà, per i punti-chiave nell’immanente «bisogno di misericordia e coraggio apostolico» – come «lampada non sotto il moggio» venisse offerta a paradigma della missione della Chiesa universale.

Oggi, a quattro anni dall’elezione, nuove nomine cardinalizie puntano a guardare alle esigenze dei segni dei tempi e non agli egocentrismi ecclesiastici. Nomine che s’intrecciano ora con un passaggio di rilievo per la Chiesa italiana. E che tutto ciò sia coinciso proprio in questa ricorrenza – in cui sono scoccati dieci anni da quando Benedetto XVI diede libero mandato nella fiducia allo Spirito Santo ai lavori di quella storica assemblea episcopale – ha pure il suo significato. Quello che caratterizzò l’assemblea generale dei vescovi in Aparecida fu la presa di coscienza di trovarsi in «un cambiamento d’epoca non in un’epoca di cambiamento».

La precedente conferenza del Celam del 1992 a Santo Domingo, sotto la presenza dell’allora Segretario di Stato, aveva tirato le somme da un documento preconfezionato e ne aveva ratificato la chiusura in un’ottica che risentiva dei condizionamenti ideologici nelle dinamiche ecclesiali perseguite nei passati decenni.

Ad Aparecida i pastori latinoamericani più avvertiti avevano intuito l’urgenza di una conversione pastorale per lasciar riaffiorare il volto più intimo della Chiesa, liberandola dalla gabbia dell’omologazione, dai riduzionismi ideologici e dei clericalismi vecchi e nuovi. Riscoprirne il volto più intimo significava riconoscere che quando la Chiesa si erige in “centro” si funzionalizza, pretende di avere luce propria e smette di essere quel misterium lunae del quale parlano i Padri della Chiesa. E dalla riscoperta della sua natura riemergeva il senso e la modalità della sua missione. Se la Chiesa, che è di Cristo, può vivere solo del suo riflesso, essa esiste solo come strumento per comunicare agli uomini il disegno misericordioso di Dio, ed è qui il proprium della sua missione, frutto della grazia. «Se segue il suo Signore, la Chiesa esce da sé stessa, non rimane chiusa nella propria autoreferenzialità… Per rimanere fedeli bisogna uscire. Rimanendo fedeli si esce. Questo dice in fondo Aparecida. Questo è il cuore della missione». E sono queste considerazioni fatte allora dal cardinale di Buenos Aires che descrivono lo sguardo impresso in quell’evento ecclesiale.

Evento nel quale hanno avuto peso due contingenze affatto secondarie: il luogo e la modalità dei lavori. Per la prima volta i vescovi non erano partiti da qualcosa di preconfezionato, ma da un dialogo aperto tra le diverse ventitré conferenze episcopali latinoamericane. Nel clima di collaborazione fraterna e una disposizione a ricevere tutto ciò che veniva dalla realtà vissuta dal popolo di Dio, non si era fatta una sintesi delle differenti molteplicità ma l’unità che è propria dell’«unico suo artefice», che è lo Spirito Santo, compiendo così la dinamica di collaborazione che è cifra degli albori delle assemblee ecclesiali. Il suo svolgersi per la prima volta in un santuario mariano, in mezzo alle preghiere dei fedeli, aveva poi contribuito a far riconoscere che il servizio dei pastori nella Chiesa-popolo di Dio è per una missione a partire dal popolo, assumendone la cultura e optando per la centralità dei poveri. Una missione non regolatrice ma facilitatrice della fede. E un santuario mariano non poteva che indicarne lo stile. «La Chiesa è madre, genera, fa crescere, conduce per mano» e lo stile della sua missione non può che essere quello di una madre, che si fa vicina, prossima con tenerezza, con prontezza si offre «come una madre che esce all’incontro».

Questo in sintesi ciò che avvenne ad Aparecida, dove riaffiorava la visione della Chiesa e della sua missione espressa nei passaggi centrali della Lumen Gentium e dalla Gaudium et spes, in un percorso che aveva assimilato l’esortazione sull’evangelizzazione di Paolo VI. «Colpisce che, nel redigere il documento finale, che non chiude ma rimane aperto – affermava il cardinale Bergoglio nel 2008 – Aparecida compia un salto indietro di trent’anni fino a uno dei documenti del magistero più belli e vigorosi: l’Evangelii nuntiandi, [di Paolo VI. 8 dicembre 1975] e che la sua ultima frase sia “recuperiamo il coraggio e l’audacia degli apostoli”».

http://w2.vatican.va/content/paul-vi/it/apost_exhortations/documents/hf_p-vi_exh_19751208_evangelii-nuntiandi.html

Ad Aparecida si era recuperato questo coraggio apostolico. Bergoglio si era trovato nel cuore di quell’epifania. E nei 554 paragrafi del documento finale si trovano molte delle intuizioni che oggi vibrano nel suo magistero. L’Evangelii gaudium è del resto una mescolanza dell’Evangelii nuntiandi e del Documento di Aparecida.

Se dunque con Aparecida era tramontata l’idea di una Chiesa protagonista, che identifica la propria missione con l’affermazione della propria rilevanza mondana, Aparecida non è da limitarsi ad archivio delle fonti del papato bergogliano. Ha una dimensione universale e attuale, perché non porta ricette ma chiavi, criteri per illuminare, per accendere il desiderio di liberarsi di tutto il superfluo e ritornare alle radici, all’essenziale della missione della Chiesa nel mondo. Soprattutto Aparecida è la sete di vita cristiana ed ecclesiale autentica ridestata dalla grazia di una testimonianza incarnata oggi nel Successore di Pietro, che continua a seminare e a interpellare.

A dieci anni da allora, la scintilla di quella epifania non si trova perciò nei nuovi conformismi, negli slogan pappagalleschi sulle periferie, i poveri e la Chiesa in uscita, nell’attesa che passi la stagione. Non si trova nei bilingui e nei bifronti che non hanno una faccia e una parola sola. Neppure nella riduzione ed esaltazione del Papa a personaggio mediatico per coprire l’inamovibilità di schemi e personali domini. Ma in chi, lasciandosi riformare dall’incontro con Cristo, è disposto a seguirlo senza condizioni sulle strade attuali del suo Vangelo. Come servi di Dio, non servili e non padroni della verità. Così la conversione pastorale oggi come allora concerne principalmente gli atteggiamenti e una riforma di vita, «ricordando che “pastorale” non è altra cosa che l’esercizio della maternità della Chiesa».

Nel discorso pronunciato al Celam nel 2013, ritornando da pontefice ad Aparecida in occasione della Gmg e focalizzando i punti chiave di quell’evento – in un discorso che in sintesi anticipava ciò che avrebbe poi sviluppato nell’Evangelii gaudium – Bergoglio metteva bene in chiaro quali fossero le tentazioni che possono mimetizzarsi nella dinamica missionaria e arrestare un processo di conversione pastorale: dall’ideologizzazione del messaggio evangelico al morbo del clericalismo, ed esponeva i criteri ecclesiologici del discepolato-missionario. Seguivano domande guida per esaminare lo stato delle diocesi nell’assunzione dello spirito di Aparecida, «domande che come vescovi conviene ci poniamo frequentemente come esame di coscienza» disse. Che sono queste e sempre attuali: «Chi è il principale beneficiario del lavoro ecclesiale, la Chiesa come organizzazione o il popolo di Dio nella sua totalità? Promuoviamo spazi e occasioni per manifestare la misericordia di Dio? Nella pratica, offriamo la Parola di Dio e i sacramenti con la chiara coscienza e convinzione che lo Spirito si manifesta in essi? Siamo ancora una Chiesa di padri e madri capace di riscaldare ed accendere il cuore? Che accompagni il cammino mettendosi in cammino con la gente? In grado di andare al di là del semplice ascolto? Capaci di decifrare la notte contenuta nella fuga di tanti fratelli e sorelle? Li accompagniamo superando qualsiasi tentazione di manipolazione o indebita sottomissione?».

All’assemblea dei vescovi riunita allora a Rio de Janeiro diceva poi che «non basta un leader nazionale se non c’è una rete di testimonianze regionali, che assicurino dappertutto non l’unanimità, ma la vera unità nella ricchezza della diversità». E qui ancora il riferimento al modo di ricevere la diversità di Aparecida: «Non diversità di idee per produrre documenti e ingigantire strutture, ma varietà di esperienze di Dio per favorire una dinamica vitale e una vera comunione», «tela» questa «da tessere e ispessire», «con pazienza e perseveranza… perché una tela con pochi fili di lana non riscalda».

Sull’oggi di Aparecida non si misura la tenuta di un pontificato, perché la Chiesa non la fa il Papa, ma l’attrattiva suscitata dall’orizzonte e dal coraggio di tutti i veri discepoli di Cristo, «nel minimo di strutture per il massimo di vita». Documento di Aparecida

www.dehoniane.it:9080/komodo/trunk/webapp/web/files/riviste/archivio/02/200715505a.htm

Stefania Falasca Avvenire 2 giugno 201

www.avvenire.it/opinioni/pagine/con-lo-spirito-di-aparecida-cresce-la-chiesa-di-domani

 

Aparecida. Dopo l’omelia gli applausi a Bergoglio

«Durante la Conferenza, ogni mattina, la giornata cominciava con la Messa concelebrata, a cui partecipavano le folle di fedeli venuti nel Santuario. Quando, mercoledì 16 maggio 2007, Bergoglio terminò la sua omelia in spagnolo, venne applaudito dall’intera assemblea. Fu l’unica volta che una cosa del genere accadde durante le settimane di Aparecida». Padre Diego Fares, gesuita, filosofo e scrittore di La Civiltà cattolica era fra quanti, quella mattina, sentì l’impulso a battere le mani alle parole del presidente della Commissione di redazione del Documento finale della quinta Conferenza dell’episcopato latinoamericano. «In quell’omelia applaudita, possiamo scoprire, in modo sorprendente, la fonte remota del suo pontificato», aggiunge il sacerdote che sull’ultimo numero di La Civiltà cattolica ha dedicato un approfondimento all’evento, dal titolo “A 10 anni da Aparecida. Alle fonti del pontificato di Francesco”.

Che cosa disse Bergoglio di tanto sorprendente?

Me lo ricordo come fosse oggi. Stava descrivendo l’immagine di san Turibio de Mogrovejo, vescovo e grande evangelizzatore del XVI secolo. Quando morì, nel 1606, un indio ne accompagnò il trapasso suonando il flauto tradizionale perché lo spirito del pastore riposasse in pace. A un certo punto, l’allora cardinale disse: «Non vogliamo essere una Chiesa autoreferenziale ma missionaria; non vogliamo essere una Chiesa gnostica, ma una Chiesa che adora e prega. Noi popolo e pastori che costituiscono questo santo popolo fedele di Dio, che ha l’infallibilità della fede, insieme con il Papa, noi popolo e pastori parliamo in base a ciò che lo Spirito ci ispira, e preghiamo insieme e costruiamo la Chiesa insieme, o meglio siamo strumenti dello Spirito che la costruisce». Un ponte ideale unisce queste parole, radicate nel dettato del Concilio, con il primo saluto di papa Francesco alla folla radunata in piazza San Pietro.

Che cosa ha rappresentato Aparecida per la Chiesa?

È stato un vero e proprio avvenimento ecclesiale. Là, infatti, la realtà è stata superiore all’idea. Ovvero, la realtà dell’avvenimento è stata superiore alle idee che sono state discusse, votate, scritte e corrette durante la Conferenza. Il nodo centrale è stato la vita concreta dei nostri popoli. Riuniti nel seminterrato del Santuario di Aparecida, avvertivamo costantemente il peso lieve del popolo fedele di Dio che camminava e pregava sulle nostre teste. Anche questo ci ha aiutato a maturare in una visione che si è rivelata feconda. Non solo per l’America Latina. I frutti di Aparecida si sono estesi alla Chiesa universale e anche ben oltre grazie alla spinta che papa Francesco ha dato a un’evangelizzazione in cui l’intero popolo di Dio, nel suo insieme, è discepolo missionario.

Che rapporto c’è tra la quinta Conferenza e quelle precedenti?

Aparecida è l’espressione di un cammino latinoamericano che ha preso avvio a Medellín, si è rafforzato a Puebla e a Santo Domingo ha solo tirato il fiato. Al contempo, il documento finale attinge alle fonti dell’Evangelii nutiandi di Paolo VI e, dunque, del Vaticano II. C’è poi una “musica” particolare di Aparecida.

Quale sarebbe?

Il cardinale Bergoglio convinse gli altri a cominciare il documento con uno «sguardo spirituale» che precedesse l’analisi della realtà. Paradossalmente, proprio questo sguardo, che loda e prega, consente di avere il coraggio e l’audacia del Regno per discernere i segni dei tempi. Armonizzando la prospettiva scientifica e quella dogmatica. Tale sguardo, infine, “svela” l’unità fra due temi che tanti vorrebbero tenere separati: povertà e cura dell’ambiente. In tal senso, il documento di Aparecida contiene il germe della Laudato si’.

Intervista a Diego Fares, a cura di Lucia Capuzzi Avvenire 31 maggio 2017

www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt201705/170531farescapuzzi.pd

Inoltre http://ilsismografo.blogspot.it/2017/05/america-nel-pontificato-di-francesco.html

▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬C COMMISSIONE ADOZIONI INTERNAZIONALI

D.M. 3 maggio 2017: nomina della Vicepresidente

Decreta il collocamento fuori dal ruolo organico della Magistratura della dott.ssa Laura Laera, nata a Milano il 7 giugno 1949, magistrato ordinario di settima valutazione di professionalità con funzioni di Presidente del Tribunale per i Minorenni di Firenze, [dopo anni al TM di Milano] per essere nominata, con il suo consenso, Vicepresidente della Commissione per le adozioni internazionali, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, per un triennio, ai sensi dell’art. 4, comma 1, lettera a) del D.P.R. 8 giugno 2007, n. 108.

Bollettino ufficiale del Ministero della Giustizia. N. 10-31 maggio 2017, pag. 5

www.bv.ipzs.it/bv-pdf/003/MOD-BP-17-071-107_2247_1.pdf

 

Il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, ha firmato il decreto di nomina di Laura Laera a vice presidente della Commissione per le Adozioni Internazionali. Il provvedimento seguirà ora l’iter per la pubblicazione nel Bollettino del ministero della Giustizia. 19 maggio 2017

www.governo.it/articolo/adozioni-internazionali-laera-nominato-vice-presidente-della-commissione/7405

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CONSULTORI FAMILIARI

Consultori familiari oggi”.

E’ in distribuzione Consultori Familiari oggi – giugno 2017, organo ufficiale della CFC (Confederazione Italiana dei Consultori Familiari di Ispirazione Cristiana).

  • Livia Cadeieditoriale Una buona dose di sano umorismo, uno spazio anche nella relazione d’aiuto.

  • Edoardo Algeri La cura del legame di coppia nei consultori.

  • Paola Cavatorta Il Consultorio familiare dell’Università cattolica a Roma. 40 anni di attività, bilanci e riflessioni.

  • Maria Grazia Antonioli (Ucipem Cremona) Prevenzione ed educazione alla salute. Un compito dei Consultori familiari.

  • Elio Meloni Ascoltare nelle relazioni d’aiuto. Competenze, conduzioni, pratiche.

  • Fausta Sabatano Formazione riflessiva e approccio narrativo in contesti multiproblematici.

  • Iolanda Lo Bue L’ascolto da parte degli operatori nei confronti della vittima d’abuso.

  • Questioni di vita sociale, il valori dell’esperienza, Recensioni di autori vari.

www.cfc-italia.it/cfc/index.php/articolo-2

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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM

Mantova. 13 slide su tematiche consultoriali

Sono presenti nel sito web 13 slide preparate dagli operatori del consultorio.

  1. Incontro al nostro avanzare degli anni

  2. L’attività sanitaria nei consultori familiari

  3. Ruoli, dinamiche organizzative di un consultorio

  4. Lavorare con le storie

  5. La gioia del nascere

  6. Il copione è la storia centrale

  7. La contraccezione nell’antichità

  8. Donare donarsi

  9. Conversazioni cobalto

  10. Bioetica ed educazione – la responsabilità di fronte all’esistenza

  11. Bioetica ed educazione – il compimento

www.consultorioucipemmantova.it/consultorio/index.php/pubblicazioni/slide

 

Padova.Il potere della lettura: parliamo di: “dislessia”.

Se avessimo fatto la stessa domanda anche solo dieci – quindici anni fa, il termine sarebbe suonato sconosciuto alla maggior parte delle persone, mentre ormai da qualche tempo se ne parla sempre più spesso.

Basta cliccare la parola su qualsiasi motore di ricerca per trovarsi davanti varie proposte. A me pare opportuno consigliare in questo caso non solo un libro, ma anche un film. Mi sembra infatti sia corretto fare riferimento anche a un canale diverso di comunicazione proprio per aiutare chi ha “difficoltà di lettura”.

Si tratta del film “Taare Zameen Par –Stelle sulla terra, 2008”, interamente visibile scrivendone il titolo su youtube.

Anche il libro consigliato “Demone bianco”, scritto una decina di anni fa da una ragazzo dislessico, ha una sua particolarità che lo rende più accessibile: si può scaricare direttamente da internet al seguente link www.itgdellaporta.it/BES/EBook/DEMONE_BIANCO.pdf

La mia opinione. Entrambi, libro e film, possiedono una forte carica emotiva che però non toglie nulla alla loro capacità di informare in maniera precisa chi fosse alle prese per la prima volta con questo problema e sentisse il bisogno di approfondirne la conoscenza. Non per niente il libro è presente sul sito dell’AID (Associazione Italiana Dislessia) e il film viene citato nelle guide Giunti indirizzate alla formazione degli insegnanti. Inoltre quest’ultimo, con le sue musiche e i colori in stile “Bolliwood”, può essere seguito con attenzione anche da bambini dalla scuola primaria.

Dal punto di vista psicologico, in entrambe le proposte risalta l’importanza della figura dell’insegnante, sia in senso positivo che negativo, oltre che, ancor prima, il bisogno di essere accolti e capiti dalla propria famiglia.

Silvia Crippa insegnante, psicologa, psicoterapeuta, mediatore familiare, in consultorio opera come psicoterapeuta e consulente familiare.

www.consultorioucipem.padova.it/index.php/letture-proposte/letture-giugno-2017.html

 

Padova. Relazione al Convegnosulla mediazione.

Sofia Tremolada partecipa come relatrice al Convegno organizzato dalla Sezione locale dell’AIAF (Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori e dalla Camera civile degli avvocati di Padova.

La funzione sociale della mediazione in ambito civile e penale. 16 giugno 2017 ore 15

Dott. Beniamino Calabrese, già procuratore generale presso il Tribunale per i Minorenni di Catanzaro

La giustizia imperativa nell’esperienza penale minorile

Dott. ssa Federica Fiorillo, magistrato presso il Tribunale di Padova

Disciplina della mediazione familiare anche in chiave europea e distinzione da istituti contigui: il ruolo del Giudice civile”

Dott.ssa Margherita Ferracin, assistente sociale, mediatore familiare-Az. 6Veneto, area Consultori Familiari

Ruolo e compiti del mediatore, ambiti di intervento della mediazione familiare, aspetti deontologici con disamina di casi clinici

Avv. Sofia Tremolada, mediatore familiare presso consultorio UCIPEM di Padova

La mediazione familiare come opportunità anche per il diritto: il ruolo sociale dell’avvocato, in particolare protettivo del minore. Aspetti deontologici e formativi

http://ordineavvocati.padova.it/wp-content/uploads/2017/05/locandina-convegno-16.pdf

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DALLA NAVATA

Domenica di Pentecoste Anno A – 4 giugno 2017

Atti 02, 01 Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo.

Salmo 104, 30 Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra.

1Corinzi 12, 13 Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito.

Giovanni 20.21 Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi».

 

Respirare lo Spirito santo. Commento di Enzo Bianchi, priore emerito a Bose (BI).

Nella liturgia odierna, solennità della Pentecoste, dopo aver letto il racconto della discesa dello Spirito santo sugli apostoli e su Maria, la madre di Gesù, il cinquantesimo giorno dopo la Pasqua (cf. At 2,1-11), si proclama il brano del vangelo secondo Giovanni nel quale viene narrato il dono dello Spirito ai discepoli la sera dello stesso giorno della resurrezione, il primo giorno della settimana ebraica (cf. Gv 20,1). Questa differenza è in realtà una sinfonia con la quale la chiesa testimonia lo stesso evento letto in modi diversi ma non discordanti.

Negli Atti Luca ricorda che Gesù, salito al cielo, ha adempiuto la promessa fatta, mandando sulla comunità dei discepoli il vento infuocato dello Spirito santo quando gli ebrei festeggiavano a Pentecoste il dono della Torà fatto da Dio a Mosè. Per Luca è il compimento dei compimenti, la stipulazione piena della nuova alleanza, alleanza non più fondata sulla Legge ma sullo Spirito santo, scritta non su tavole di pietra ma nel cuore dei credenti (cf. Ger 31,31-33). È la nascita della chiesa, della comunità del Signore immersa, battezzata nello Spirito santo, abilitata dallo stesso Spirito a proclamare la buona notizia del vangelo a tutte le genti, da Gerusalemme a Roma.

Giovanni invece, che conclude il suo vangelo con quel giorno della resurrezione, intende attestare la pienezza della salvezza manifestatasi nella vittoria di Gesù sulla morte, nel dono del santo Soffio che dà inizio a una nuova creazione in cui la misericordia di Dio ha il primato, regna, e per questo c’è la remissione dei peccati del mondo. È questa remissione, questo perdono gratuito e definitivo donato da Dio di cui i discepoli devono essere ministri in mezzo all’umanità. Nonostante abbiamo già letto, ascoltato e commentato questo testo la seconda domenica di Pasqua, torniamo fedelmente e puntualmente all’ascolto e alla meditazione su di esso, chiedendo al Signore di rinnovare la nostra mente in modo che, leggendo parole antiche, ascoltiamo parole nuove per il nostro “oggi”.

Siamo dunque nel primo giorno della settimana, il primo dopo il sabato che era Pasqua in quell’anno, il 7 aprile dell’anno 30: è il giorno della scoperta della tomba vuota, perché Gesù è risorto da morte. I discepoli di Gesù, che erano fuggiti al momento dell’arresto, sono chiusi nella loro casa a Gerusalemme, oppressi dalla paura di essere anche loro accusati, ricercati e imprigionati come il loro rabbi e profeta Gesù. Sì, la comunità di Gesù è questa: uomini e donne fuggiti per paura, paralizzati dalla paura, senza il coraggio che viene dalla convinzione e dalla fiducia, dalla fede in colui che avevano seguito senza capirlo in profondità. Tuttavia in quell’aporia c’è un lavoro che si compie nel cuore dei discepoli e nella vita della comunità: le parole di Gesù, ascoltate tante volte, seppur come addormentate sono nel loro cuore; la lettura delle Sante scritture, della Torà, dei Profeti e dei Salmi (cf. Lc 24,44), fatta insieme a Gesù, continua a generare pensieri e acquisizioni di conoscenza del mistero di Dio e dell’identità dello stesso Gesù; la forza della fede del discepolo amato che “vide e credette” (Gv 20,8) e di Maria di Magdala che dice: “Ho visto il Signore” (Gv 20,18) li contagia e li smuove.

Paura e fede combattono il loro duello nel cuore dei credenti, quando Gesù in realtà è in mezzo a loro, finché possono dire: “Venne e stette in mezzo”. Il Signore è presente con la sua presenza di risorto vivente e glorioso là dove sono i suoi, ma i nostri occhi sono impossibilitati a vederlo, il nostro cuore non ha il coraggio di vedere ciò che desidera e sa essere possibile. Non sapendo dire altro, noi affermiamo: “Venne e stette in mezzo”, ma il Risorto è sempre presente e appare come Veniente quando noi ce ne accorgiamo. Questa è la realtà che viviamo ogni primo giorno della settimana, ogni domenica, e quei discepoli non erano più privilegiati di noi. Gesù è in mezzo a noi, nella posizione centrale: se non lo è, significa o che non lo vediamo per mancanza di fede, oppure che prendiamo volentieri il suo posto al centro, attentando alla sua signoria unica di risorto e vivente. Solo chi sa dire: “È il Signore!” (Gv 21,7), sa vederlo e riconoscerlo.

Il Signore è in mezzo a noi! Non si dimentichi che la più grande tentazione vissuta da Israele nel deserto fu proprio quella di chiedersi: “Il Signore è in mezzo a noi sì o no?” (Es 17,7). Ecco la poca fede o la non fede di cui siamo preda noi che ci diciamo credenti… In verità Gesù è in mezzo a noi sempre, è l’‘Immanuel, il Dio-con-noi (cf. Mt 1,23; 28,20), non ci lascia, non ci abbandona. Se mai, siamo noi che lo abbandoniamo e fuggiamo da lui come i discepoli nel Getsemani (cf. Mc 14,50; Mt 26,56); siamo noi che di fronte al mondo finiamo per dire: “Non lo conosciamo”, come Pietro nel rinnegamento (cf. Mc 14,71 e par.); siamo noi che, quando dobbiamo constatare la sua presenza perché gli altri ce la testimoniano, continuiamo a diffidare e a nutrire dubbi, come Tommaso (cf. Gv 20,24-25).

Ed ecco, nel racconto giovanneo, che appena Gesù “è visto”, dona la pace, lo shalom, la vita piena, e accompagna questa parola con dei gesti. Innanzitutto si fa riconoscere, perché non ha più la forma umana di Gesù di Nazaret, quella che i discepoli conoscevano e tante volte avevano contemplato. È altro perché il suo corpo cadaverico non è stato rianimato ma trasfigurato, trasformato da Dio in un corpo il cui respiro è lo Spirito santo, lo Spirito di Dio, quello che Gesù respirava nel seno del Padre da sempre, prima della sua incarnazione nel seno della vergine Maria, prima della sua venuta nel mondo. Ma in quel corpo di gloria restano le tracce del suo vissuto umano, della sua sofferenza-passione, dell’aver amato fino a dare la vita per gli altri (cf. Gv 15,13). Sono le piaghe, le stigmate, i segni della croce alla quale è stato appeso, e insieme a esse il segno dell’apertura del petto a causa del colpo di lancia, apertura che proclamava il suo amore, che come fiume uscito da lui voleva immergere l’umanità per perdonarla, purificarla e portarla alla comunione con il Padre (cf. Gv 7,37-39; 19,34).

E così i discepoli lo riconoscono e gioiscono al vedere il Signore. Finalmente la loro incredulità è vinta e la gioia della sua presenza, della sua vita in loro li invade. Allora Gesù soffia su di loro il suo respiro, che non è più alito di uomo ma Spirito santo. Nella creazione dell’uomo, nell’in-principio, Dio aveva soffiato in lui un alito di vita (cf. Gen 2,7); nell’ultima creazione soffierà un soffio, un vento di vita eterna (cf. Ez 37,9): nel frattempo, ora, ogni volta che è presente nella comunità dei cristiani e da essi invocato e riconosciuto, lo Spirito continua a spirare. Questo respiro del Risorto diventa il respiro del cristiano: noi respiriamo lo Spirito santo! Ognuno di noi respira questo Spirito, anche se non sempre lo riconosciamo, anche se spesso lo rattristiamo (cf. Ef 4,30) e lo strozziamo in gola, nelle nostre rivolte, nei nostri rifiuti dell’amore e della vita di Dio.

Questo Soffio che entra in noi e si unisce al nostro soffio ha come primo effetto la remissione dei peccati. Li perdona, li cancella, in modo che Dio non li ricorda più. Questo Soffio è come un abbraccio che ci mette “nel seno del Padre” (en tô kólpo toû Patrós: cf. Gv 1,18), ci stringe a Dio in modo che non siamo più orfani ma ci sentiamo amati senza misura di un amore che non abbiamo meritato né dobbiamo meritare ogni giorno. “Ricevete lo Spirito”, dice Gesù, cioè “accoglietelo come un dono”. Una sola cosa è chiesta: non rifiutare il dono, perché il Padre dà sempre lo Spirito santo a quelli che glielo chiedono (cf. Lc 11,13). È il dono della vita piena; il dono dell’amore che noi non saremmo capaci di vivere; il dono della gioia che spegneremmo ogni giorno; il dono che ci permette di respirare in comunione con i fratelli e le sorelle, confessando con loro una sola fede e una sola speranza; il dono che ci fa parlare a nome di tutte le creature come voce che loda e confessa il Creatore e Signore.

Gesù, che prima di andarsene aveva detto: “Ricevete, mangiate; questo è il mio corpo” (Mt 26,27), ora dice: “Ricevete lo Spirito santo”, sempre lo stesso invito ad accogliere il dono. Spetta a noi ricevere il corpo di Cristo per diventare corpo di Cristo, spetta a noi ricevere lo Spirito santo per respirare lo Spirito.

E in questa nuova vita animata dal Soffio santo sempre e sempre avviene la remissione dei peccati: Dio li rimette a noi e noi li rimettiamo agli altri che hanno peccato contro di noi (cf. Mt 6,12; Lc 11,4). Non c’è liberazione se non dalla morte, dal male e dal peccato! La Pentecoste è la festa di questa liberazione che la Pasqua ci ha donato, liberazione che raggiunge le nostre vite quotidiane con le loro fatiche, le loro cadute, il male che le imprigiona. Possiamo davvero confessarlo: il cristiano è colui che respira lo Spirito di Cristo, lo Spirito santo di Dio, e grazie a questo Spirito è santificato, prega il suo Signore, ama il suo prossimo.

www.monasterodibose.it/preghiera/vangelo/11464-respirare-spirito

www.monasterodibose.it/preghiera/vangelo

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DEMOGRAFIA

Contrastare la denatalità: una ricetta da Polonia e Ungheria

Il Budapest Demographic Forum, tenutosi il 25 maggio 2017 nella capitale ungherese, ha offerto una serie di informazioni e di esperienze, a livello internazionale e soprattutto da diversi Paesi dell’Europa orientale, che danno molti spunti di riflessione per il nostro Paese, in particolare rispetto alle fragilità e alla scarsa importanza delle politiche per la famiglia.

  1. In primo luogo emerge la possibilità di un impegno non marginale: in Polonia ad aprile 2016 è stato lanciato un Piano di intervento per sostenere la natalità, che ha stanziato 6 miliardi di Euro (!) in un anno. E già negli ultimi mesi del 2016 (e ancora di più nei primi del 2017) la natalità sta invertendo la propria tendenza, ed è decisamente aumentato il numero delle nascite. Quale misura per la famiglia nel nostro Paese è stata finanziata con altrettanto impegno? (Tenendo conto che il PIL della Polonia non è certamente alla pari del nostro…).

  2. Un secondo elemento, che segna l’esperienza polacca ma anche quella ungherese, è il superamento della contrapposizione tra politiche familiari e di sostegno della natalità e politiche per il lavoro e per la conciliazione. In questi Paesi si sostiene la scelta delle madri di restare a casa il più possibile, e insieme si rilancia con decisione il sistema degli asili nido: sempre in Polonia, dal 2010 al 2017 si è passati dal 2,6% di bambini 0-3 anni al nido a oltre il 12%. E insieme si protegge la libertà di scelta di poter restare a casa. E inoltre si promuovono interventi per la conciliazione tra tempi di vita e lavoro, per madri e padri.

  3. Un terzo elemento, molto chiaro nella programmazione del governo ungherese, è che la famiglia viene al primo posto, nelle scelte del Governo, e orienta le decisioni di tutti i ministeri. Proprio il contrario di quanto avviene in Italia, dove alla famiglia sono lasciate le briciole, a piè di lista. Di fatto nel nostro Paese alcuni contesti locali stanno concretamente tentando di avere la famiglia come “prisma iniziale” con cui progettare i propri interventi (la Provincia di Trento, il Comune di Castelnuovo del Garda, la sperimentazione del Comune di Parma ai tempi dell’Agenzia per la famiglia…), ma vedere questa dinamica operante a livello di governo nazionale fa davvero riflettere.

  4. Quarto: promuovere la famiglia e la natalità significa sostenere i giovani: in Ungheria la restituzione dei prestiti agli studenti per gli studi viene dimezzata alla nascita del secondo figlio, e alla nascita del terzo figlio il debito viene totalmente cancellato. A riaffermare che chi investe il proprio progetto di vita sulla cura dei figli svolge un compito che ha interesse pubblico, e quindi merita un esplicito sostegno (concreto, non retorico).

In conclusione: le politiche per la famiglia, se intraprese con coerenza e continuità, sono efficaci: il piccolo Montenegro è stato l’unico Paese che nel 2015 ha avuto più nati che nel 2004, mentre gli altri Paesi europei hanno un dato inferiore (Italia compresa). Di fatto il rovesciamento della piramide demografica (pochissime nascite, crescente percentuale di anziani, diminuzione di persone in età attiva) genera già oggi grandi problemi di equilibrio economico e di welfare, che nei prossimi anni non potranno che peggiorare.

Politiche familiari e di promozione della natalità non sono quindi politiche conservatrici, ma sono scelte essenziali per ridare futuro ai nostri Paesi. E in questo il confronto internazionale è sicuramente prezioso. Forse la grande sfida, su cui l’Italia potrebbe offrire un proprio contributo, è riuscire ad armonizzare politiche demografiche innovative per la famiglia e politiche migratorie di accoglienza, tema su cui la posizione del premier ungherese Orban rimane rigida. Niente muri invalicabili per i grandi movimenti migratori, occorre anche una rinnovata fiducia nel capitale umano dei popoli europei, sostenendo concretamente famiglia e natalità.

Francesco Belletti Famiglia cristiana.it 26 maggio 2017

www.famigliacristiana.it/articolo/contrastare-la-denatalita-una-ricetta-dalla-plonia-e-dall-ungheria.aspx

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EUROPA

Intervista. “Senza famiglia l’Europa non ha futuro”

“Le famiglie sono il tesoro dell’Europa. Non perdiamo tempo. È urgente avviare un’azione vasta, pressante e concordata per mostrare a ogni livello sociale, culturale e politico che la famiglia è la prima risorsa della società. Senza la famiglia l’Europa non avrà futuro”. La nuova stagione della famiglia parte da Roma, dove oggi prende il via la tre giorni delle 14 associazioni familiari cattoliche d’Europa (Fafce) che culminerà giovedì nell’incontro con papa Francesco. “Non sarà solo una celebrazione per i nostri primi vent’anni – osserva Antoine Renard, presidente Fafce – ma di una punto di svolta per rendere la nostra azione sempre più incisiva e penetrante. Quindi non mettere in evidenza gli svantaggi economici, sociali e anche spirituali determinati dalle realtà contrarie all’idea di famiglia, ma mostrare con i fatti e con i numeri tutte le realtà positive di cui la famiglia è portatrice”. Con numeri e statistiche, Antoine Renard si trova a suo agio. Ingegnere ferroviario francese, sposato, tre figli, dal 2009 guida il Forum delle associazioni familiari europee. La sua non è solo una convinzione ideale, ma suffragata da ricerche documentate: quando la famiglia è posta nelle condizioni di “funzionare” al meglio, anche società, politica, economia ne traggono grandi benefici.

Presidente, cominciano dall’emergenza denatalità. È una crisi che tocca tutti gli Stati europei o c’è qualche segnale in controtendenza?

L’inverno demografico tocca tutta l’Europa, ma è come se non esistesse. Ai massimi livelli Ue non se ne parla mai. Tanto più grave perché qualsiasi politica familiare non ha effetti che a lungo termine. Nondimeno la presa di coscienza esiste e in alcuni Paesi si evidenziano i primi risultati. La Macedonia ha invertito la tendenza, la Polonia ha varato misure di sostegno alle famiglie numerose, l’Ungheria ha aperto il cantiere per una politica familiare globale. Ma ci sono anche situazioni locali che lasciano ben sperare. In Italia, come bene sapete, esistono alcuni Comuni e Regioni che hanno avviato politiche familiari interessanti.

Perché tanta fatica a capire che “famiglia” vuole dire “bene comune”?

Perché troppo spesso si resta a livello di dichiarazioni di intenti che non si traducono in azioni concrete. Spesso la giustificazione nasce da motivazioni economiche. Non ci sono i fondi. Eppure una politica familiare globale non è fatta solo di misure economiche ma anche di un quadro legislativo favorevole al matrimonio (su cui la famiglia è fondata), dal riconoscimento del primato dell’educazione (che è la sua ragione d’essere) e di un clima culturale che sostiene il suo sviluppo. Si è spesso lontano dal cammino che si dovrebbe prendere.

 

Come sta andando l’iniziativa popolare “Mum, Dad and Kids“, raccolta di firme per sostenere le buone ragioni della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna aperto alla vita?

Abbiamo raccolto oltre 900mila firme in poco più di un anno. La procedura istituzionale prevede che per presentare la petizione in Commissione se siano necessarie un milione. Comunque vada, l’ampiezza del risultato giustifica gli sforzi: l’appello pressante a uscire dalla confusione non potrà essere passato sotto silenzio. Ma è solo il primo passo di una sempre più estesa mobilitazione delle famiglie. Altri ne seguiranno presto.

Quali sono gli altri fronti su cui la Fafce si è schierata?

Pornografia, utero in affitto, eutanasia sono attentati alla vita che offendono la coscienza e feriscono la famiglia. Siamo intervenuti in più occasioni al Consiglio d’Europa e al Parlamento europeo. Contro la pornografia, in particolare, abbiamo chiesto di limitare il libero accesso e di intensificare i controlli.

Parlavamo di una grande azione europea per riaffermare i valori familiari in tutta Europa. Ma come?

Con la testimonianza e con le esperienze concrete raccolte dalle nostre associazioni nei vari Paesi. Si tratta di diffondere con coraggio, sopportando anche qualche delusione, la verità della famiglia. E quindi di sostenere e promuovere politiche familiari favorevoli al “far famiglia”. Il Papa, che incontreremo giovedì, ci invita ad andare avanti con coraggio. Seguiremo le sue indicazioni.

Luciano Moia Avvenire martedì 30 maggio 2017

www.avvenire.it/attualita/pagine/senza-famiglia-leuropa-non-ha-futuro

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FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI

FattoreFamiglia. Anche la valle d’Aosta apre al fisco per la famiglia

«Dopo la Campania, la Lombardia, il Piemonte e le tante amministrazioni comunali che, in giro per l’Italia, hanno riconosciuto la validità e l’applicabilità del FattoreFamiglia, anche la Valle d’Aosta, su sollecitazione del Forum delle famiglie della Regione, creerà un gruppo di lavoro interistituzionale per studiare le modalità e i tempi di adozione del FattoreFamiglia in Valle d’Aosta» spiega Gigi De Palo, presidente del Forum nazionale.

«Un’iniziativa caldeggiata dalla presidenza della Giunta e avviata dall’assessorato alle politiche sociali, che coinvolgerà, ovviamente, il Forum delle famiglie ma anche le strutture regionali che hanno a che fare con la famiglia. È un’ulteriore conferma che è possibile ragionare con giunte di colori diversi e che, a prescindere dall’orientamento politico, è possibile dare corpo ad un fisco più equo e giusto nei confronti delle famiglie.

«La Valle d’Aosta onora così un impegno assunto nella legge finanziaria 2017-2019, e apre un confronto per studiare la coesistenza del FattoreFamiglia con l’Isee per permettere a famiglie con minori, persone non autosufficienti e con disabilità di essere maggiormente tutelati rispetto ai bisogni di sostegno, assistenza e cura».

Comunicato stampa 30 maggio 2017

www.forumfamiglie.org/2017/05/30/fattorefamiglia-anche-la-val-daosta-apre-al-fisco-per-la-famiglia

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FRANCESCO VESCOVO DI ROMA

Le famiglie possono aiutare con il dialogo l’Europa in crisi.

Il Papa ha esortato la Federazione europea delle associazioni familiari cattoliche (Fafce) a «provocare un dialogo costruttivo con i vari attori dello scenario sociale» europeo e ad essere «il fermento che insegna ad altri a lavorare insieme rispettando le legittime differenze e particolarità», per contribuire ad affrontare, con una «cultura dell’incontro» capace di valorizzare «l’unità nella differenza», quattro crisi che «attraversano l’Europa in questo momento: quella demografica, l’inverno demografico, quella migratoria, quella lavorativa e quella educativa».

La Fafce è l’unica organizzazione europea di famiglie che fa esplicito riferimento al magistero della Chiesa cattolica. Tale federazione, a Roma per il ventennale della sua fondazione nel 1997, ha sede, come ha spiegato in introduzione dell’udienza il presidente Antoine Renard, a Bruxelles presso la Comece (commissione delle conferenze episcopali dell’Unione europea) e rappresenta gli interessi delle famiglie da una prospettiva cattolica tanto con le istituzioni Ue quanto con il Consiglio d’Europa.

Le famiglie, ha sottolineato Jorge Mario Bergoglio, «non sono pezzi da museo, ma attraverso di esse si concretizza il dono, nell’impegno reciproco e nell’apertura generosa ai figli, così come nel servizio alla società. In questo modo, le famiglie sono come lievito che aiuta a far crescere un mondo più umano, più fraterno, dove nessuno si senta rifiutato o abbandonato». Il Papa, che ha ricordato come nell’esortazione apostolica Amoris Lætitiaegli abbia voluto «mettere in evidenza come a partire dalla famiglia possiamo rendere concreto il dono attraverso la bellezza e la gioia dell’amore reciproco», ha esortato la Federazione a ricordare «a tutti che non c’è migliore alleato per il progresso integrale della società che favorire la presenza di famiglie nel tessuto sociale».

Infatti, ha detto, «rimane attuale che la famiglia è la base della società e continua ad essere la struttura più adeguata per assicurare alle persone il bene integrale necessario per il loro sviluppo permanente», e «coniugalità, paternità, maternità, filiazione e fratellanza rendono possibile che ogni persona venga introdotta nella famiglia umana». Per il Pontefice argentino, «oggi più che mai si vede necessaria una cultura dell’incontro, in cui si valorizzi l’unità nella differenza, la reciprocità, la solidarietà tra le generazioni. Questo “capitale familiare” è chiamato a impregnare le relazioni economiche, sociali e politiche del Continente europeo».

Francesco, che ha ricordato i suoi incontri con i vertici europei, si è poi soffermato sulle «crisi di diverso tipo» che «affiorano attualmente in Europa, compresa nella istituzione famigliare. Ma le crisi sono sproni per lavorare di più e meglio con fiducia e speranza». Il Papa ha ricordato le iniziative della Fafce per promuovere politiche concrete in favore della famiglia nel settore economico e lavorativo, in particolare per i giovani disoccupati, sottolineando che «deve sempre prevalere l’attenzione al rispetto e alla dignità di ogni persona. In questo senso – ha messo in evidenza – nella cultura dell’incontro è sempre presente un atteggiamento di dialogo in cui l’ascolto è sempre necessario. Il vostro dialogo sia sempre basato su fatti, testimonianze, esperienze e stili di vita che parlino meglio dei vostri discorsi e iniziative».

In modo più circostanziato, ha detto Bergoglio, «quattro crisi specialmente attraversano l’Europa in questo momento: quella demografica, l’inverno demografico, quella migratoria, quella lavorativa e quella educativa. Queste crisi potrebbero trovare orizzonti positivi proprio nella cultura dell’incontro, laddove diversi attori sociali, economici e politici si uniscano per disegnare politiche in favore della famiglia. In questi quattro campi voi vi sforzate già di proporre risposte a misura di famiglia, vedendo in essa una risorsa e un alleato per la persona e il suo ambiente. In tal senso, il vostro compito molte volte sarà provocare un dialogo costruttivo con i vari attori dello scenario sociale, senza nascondere la vostra identità cristiana, anzi, questa identità vi farà vedere sempre al di là dell’apparenza e dell’istante».

La famiglia, per questo lavoro, «non può rimanere isolata come una monade», ha insistito il Papa, «ha bisogno di uscire da sé stessa, ha bisogno di dialogare e incontrare gli altri per dar vita a una unità che non sia uniformità e che generi il progresso e il bene comune». Seguendo la «sapienza» tramandata dagli antenati, in questo senso, «il vostro servizio alla sacralità della vita – ha dettagliato il Papa – si concretizza nell’alleanza tra le generazioni; si concretizza nel servizio a tutti, specialmente ai più bisognosi, alle persone con disabilità, agli orfani; si concretizza nella solidarietà con i migranti; si concretizza nella paziente arte di educare che vede ogni giovane come soggetto degno di tutto l’amore familiare; si concretizza nel diritto alla vita del nascituro che ancora non ha voce; si concretizza in condizioni di vita degne per gli anziani».

Una raccomandazione finale, infine, poiché «il lavoro da fare è tanto e complesso»: per Francesco, «solo rafforzando la vostra associazione e invitando altre famiglie ad associarsi il compito diventa meno improbo, perché l’unione fa la forza. Vi toccherà spesso essere il fermento che insegna ad altri a lavorare insieme rispettando le legittime differenze e particolarità».

http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2017/june/documents/papa-francesco_20170601_associazioni-familiari-cattoliche.html

Iacopo Scaramuzzi La Stampa-Vatican Insider 1° giugno 2017

www.lastampa.it/2017/06/01/vaticaninsider/ita/vaticano/le-famiglie-possono-aiutare-con-il-dialogo-leuropa-in-crisi-ZLkFzm6hxp7YaDdldngGPL/pagina.html

 

Sa congedarsi il pastore che non si crede il centro della storia

Il vero pastore sa congedarsi bene dalla sua Chiesa, perché sa di non essere il centro della storia, ma un uomo libero, che ha servito senza compromessi e senza appropriarsi del gregge: è quanto ha detto il Papa nella Messa del mattino a Casa Santa Marta.

Un pastore deve essere pronto a congedarsi bene, non a metà. Al centro dell’omelia è la prima Lettura tratta dagli atti degli Apostoli, che si può intitolare – sottolinea Francesco – “Il congedo di un vescovo”. Paolo si congeda dalla Chiesa di Efeso, che lui aveva fondato. “Adesso deve andarsene”:

“Tutti i pastori dobbiamo congedarci. Arriva un momento dove il Signore ci dice: vai da un’altra parte, vai di là, va di qua, vieni da me. E uno dei passi che deve fare un pastore è anche prepararsi per congedarsi bene, non congedarsi a metà. Il pastore che non impara a congedarsi è perché ha qualche legame non buono col gregge, un legame che non è purificato per la Croce di Gesù“.

Pastori senza compromessi. Paolo, dunque, chiama tutti i presbiteri di Efeso e in una sorta di “consiglio presbiteriale” si congeda. Il Papa sottolinea “tre atteggiamenti” dell’apostolo. Innanzitutto afferma di non essersi mai tirato indietro: “Non è un atto di vanità”, “perché lui dice che è il peggiore dei peccatori, lo sa e lo dice”, ma semplicemente “racconta la storia”. E “una delle cose che darà tanta pace al pastore quando si congeda – spiega il Papa – è ricordarsi che mai è stato un pastore di compromessi”, sa “che non ha guidato la Chiesa con i compromessi. Non si è tirato indietro”. “E ci vuole coraggio per questo”.

Pastori che non si appropriano del gregge. Secondo punto. Paolo dice che si reca a Gerusalemme “costretto dallo Spirito“, senza sapere ciò che là gli accadrà”. Obbedisce allo Spirito. “Il pastore sa che è in cammino”: “Mentre guidava la Chiesa era con l’atteggiamento di non fare compromessi; adesso lo Spirito gli chiede di mettersi in cammino, senza sapere cosa accadrà. E continua perché lui non ha cosa propria, non ha fatto del suo gregge un’appropriazione indebita. Ha servito. ‘Adesso Dio vuole che io me ne vada? Me ne vado senza sapere cosa mi accadrà. So soltanto – lo Spirito gli aveva fatto sapere quello – che lo Spirito santo di città in città mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni’. Quello lo sapeva. Non vado in pensione. Vado altrove a servire altre Chiese. Sempre il cuore aperto alla voce di Dio: lascio questo, vedrò cosa il Signore mi chiede. E quel pastore senza compromessi è adesso un pastore in cammino”.

Pastori che non si ritengono il centro della storia. Il Papa spiega perché non si è appropriato del gregge. Terzo punto. Paolo dice: “Non ritengo in nessun modo preziosa la mia vita”: non è “il centro della storia, della storia grande o della storia piccola”, non è il centro, è “un servitore”. Francesco cita un detto popolare: “Come si vive, si muore; come si vive, ci si congeda”. E Paolo si congeda con una “libertà senza compromessi” e in cammino. “Così si congeda un pastore”: “Con questo esempio tanto bello preghiamo per i pastori, per i nostri pastori, per i parroci, per i vescovi, per il Papa, perché la loro vita sia una vita senza compromessi, una vita in cammino, e una vita dove loro non si credano che sono al centro della storia e così imparino a congedarsi. Preghiamo per i nostri pastori”.

http://w2.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2017/documents/papa-francesco-cotidie_20170530_il-congedo-di-un-vescovo.html

Sergio Centofanti Notiziario Radio vaticana -30 maggio 2017

http://it.radiovaticana.va/radiogiornale

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MINORI

Avvocati ad hoc per i minori

Inaugurato dal COA di Milano un apposito elenco di legali. Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano, dopo aver organizzato un corso finalizzato a formare degli avvocati specializzati nello svolgimento della funzione di curatore dei minori, in ambito sia civile che penale, ha predisposto un regolamento con il quale ha nei fatti inaugurato un elenco ad hoc di legali dedicati ai minori.

Il regolamento, in particolare, si propone l’obiettivo di garantire l’affidabilità degli elenchi dei curatori speciali per i minori, nel quale sono inseriti tutti coloro che hanno frequentato proficuamente il predetto corso di formazione, che si ripeterà con cadenza annuale, nonché quelli che hanno svolto e svolgeranno la docenza nel corso stesso.

Per l’iscrizione a tale elenco, suddiviso in civile e penale, è tuttavia necessario presentare una domanda di ammissione formulata su un apposito modello, mentre la permanenza è subordinata al conseguimento di almeno 10 crediti annuali di aggiornamento permanente nella specifica materia, nelle modalità meglio specificate nel regolamento stesso.

Si è insomma inaugurato un elenco ad hoc per i minori da mettere a disposizione degli uffici giudiziari, con i quali l’impegno del COA è quello di predisporre un apposito protocollo.

Chissà se l’esperienza milanese farà da capofila per altre utili iniziative del genere, considerato che in una materia come questa la delicatezza degli interessi coinvolti rende la specializzazione una priorità assoluta.

Regolamento per la formazione e la tenuta dell’elenco degli avvocati abilitati alla funzione di curatore speciale del minori www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_26253_1.pdf

Avv. Valeria Zeppilli Newsletter Giuridica Studio Cataldi 29 maggio 2017

www.studiocataldi.it/articoli/26253-avvocati-ad-hoc-per-i-minori.asp

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MINORI MIGRANTI

Unicef-Italia: è record di minori migranti irreperibili.

Aumenta in Italia il numero dei minori stranieri non accompagnati irreperibili. Lo denuncia l’Unicef nel rapporto presentato oggi a Roma, insieme al Cnr, dal titolo “Sperduti”. Nel 2016 a scomparire sono stati oltre 6.500 minori; nel 2012 il bilancio era di 1.700 circa. Una cifra record che segna un trend in crescita al pari del numero complessivo di minorenni sbarcati in Italia quest’anno: 28mila su un totale di 181.436 persone. “Provengono da Asia e Africa subsahariana per cause molto diverse, ma devono comunque essere protetti e integrati” dichiara Andrea Iacomini portavoce Unicef Italia.

R. – Dobbiamo impegnarci maggiormente perché purtroppo questi minori sono esposti anche a rischi enormi, dalla tratta, allo sfruttamento, dalla violenza al caporalato e purtroppo, anche se non ci sono evidenze, ma questo è un rischio che si corre, anche al traffico di organi.

D. – Quali sono le provenienze di questi minori?

R. – Se in un primo trend gran parte dei minori arrivavano dalla Siria, dall’Egitto, dall’Eritrea e dalla Somalia, oggi a queste nazionalità si sono aggiunte anche il Gambia e il Mali, quindi gran parte comunque dall’Africa subsahariana e dall’Asia. Le fughe di questi bambini sono di vario genere. Sono figli magari di famiglie di ceto medio ma in difficoltà e che rischia di impoverirsi, e per questo i genitori decidono di far scappare questi bambini. Ma la gran parte fugge da carestie enormi. Oppure, altre cause… Dalle guerre: pensiamo alla guerra che affligge il Sud Sudan da 4 anni. Pensiamo alla gran parte di popolazione, due milioni e mezzo che si trovano in Chad. Quindi le cause sono molteplici, sono di carattere economico ma sono legate soprattutto alla fame, alla povertà e naturalmente a quelle guerre, alle quali spesso noi non siamo riusciti a porre fine.

D. – L’Italia, secondo voi, come sta rispondendo a questo fenomeno?

R. – Il tema dei ricollocamenti di ieri ha dimostrato che l’Italia dal punto di vista legislativo e dal punto di vista pratico sta facendo molto. Sul tema dei minori, specialmente non accompagnati ha una legislazione avanzata. Sul tema dell’accoglienza esistono delle grandi pratiche positive. Bisogna continuare così, in particolar modo non bisogna cedere su temi come quello dei respingimenti perché un bambino – lo dice la Convenzione sui diritti d’infanzia del 1989 – deve essere protetto, deve essere aiutato perché chi è vulnerabile non può essere riportato, come per esempio in Libia, in zone dove a causa della destabilizzazione si trovano centri di accoglienza che non sono centri ma sono ormai dei veri lager – come li ha definiti sempre il Papa – a cielo aperto, campi di concentramento e luoghi di detenzione. In termini generali chiediamo all’Europa cha faccia di più e abbiamo lanciato una petizione che chieda all’Europa di proteggere i bambini.

D. – Si tratta di invisibili, cosa potrebbe fare la gente comune?

R. – Il lavoro da fare oggi, secondo me, è quello che abbiamo iniziato a fare noi come Unicef: riuscire nella prima accoglienza, proprio sulle navi, a raccontare a questi ragazzi dove andranno, perché li stanno portando in un centro di accoglienza, che cosa gli verrà chiesto e quali sono i loro diritti e i loro doveri. Successivamente le istituzioni devono cercare di dare a questi ragazzi prospettive di inclusione sociale, non li devono impaurire perché questo li porta alla fuga. Devono farli sentire una risorsa. Non è facile però farli sentire una risorsa, non è facile ma vuol dire dare loro tutti gli strumenti per potersi integrare. Ecco questa è una grande scommessa. E poi volevo dire una cosa, che sembrerà eccessiva ma in qualche modo dà la misura dell’impegno che oggi chiediamo agli italiani: non dobbiamo avere paura, non dobbiamo avere pregiudizi, dobbiamo conoscere i nomi e i cognomi di queste storie, dobbiamo conoscere da dove vengono e perché vengono, troppo poca verità gira in questo momento su questo tema e purtroppo incute pregiudizio e terrore.

Antonella Palermo Notiziario Radio vaticana -30 maggio 2017

http://it.radiovaticana.va/radiogiornale

 

Tutori volontari per minori non accompagnati: pronte le linee guida.

Con la legge 47/2017 nasce per la prima volta in Italia e in Europa la figura del tutore volontario per i minori stranieri non accompagnati. www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/04/21/17G00062/sg

A meno di due mesi dall’approvazione della legge quadro sull’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, sono pronte le Linee guida per diventare tutore volontario. Si tratta di privati cittadini, adeguatamente selezionati e formati, guidati dalla volontà di vivere una nuova forma di genitorialità sociale e di cittadinanza attiva. «Una figura importantissima – spiega Filomena Albano, l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, nel trasmettere le Linee Guida a esperti e Tribunali dei Minori – che ha l’obiettivo di incarnare una nuova idea di tutela legale: non solo rappresentanza giuridica ma figura attenta alla relazione con i bambini e i ragazzi che vivono nel nostro paese senza adulti di riferimento, capace di farsi carico dei loro problemi ma anche di farsi interprete dei loro bisogni e garante dei loro diritti».

Sarà proprio l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza insieme ai garanti regionali e delle province autonome a selezionare e formare i tutori, che verranno poi inseriti in appositi elenchi istituiti presso il Tribunale per i minorenni. Questi elenchi – prevede la legge 47/2017, in vigore dal 6 maggio – devono essere istituiti entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge, ovvero entro il 6 agosto.

L’obiettivo delle Linee Guida è quello di assicurare una tendenziale uniformità e di garantire un effettivo esercizio della funzione di tutore sul territorio nazionale. Le Linee Guida parlano espressamente di «una nuova idea di tutela legale, espressione di genitorialità sociale e di cittadinanza attiva». Sei sono i principi cardine individuati: tempestività della nomina, non discriminazione (indipendentemente dall’età e dallo status migratorio), indipendenza e imparzialità, qualità e appropriatezza, trasparenza e responsabilità, partecipazione del minore. Possono presentare domanda cittadini italiani, di altri Paesi europei o in regola con la normativa del soggiorno, di almeno 25 anni di età (tutti i requisiti sono nelle Linee guida, scaricabili qui). È possibile anche segnalare in fase di candidatura uno specifico titolo di studio, la conoscenza di lingue straniere, esperienze con MSNA nella scuola o nel volontariato. La formazione prevista è di 24/30 ore, su tre moduli: quadro fenomenologico, modulo giuridico e modulo psico-socio-sanitario. I tutori già iscritti negli elenchi esistenti saranno automaticamente inseriti nei nuovi elenchi dei tutori volontari.

Linee guida http://garanteinfanzia.s3-eu-west-1.amazonaws.com/s3fs-public/documenti/Linee%20guida%20tutori%20volontari.pdf

Sara De Carli Vita.it 26 maggio 2017

www.vita.it/it/article/2017/05/26/tutori-volontari-per-minori-non-accompagnati-pronte-le-linee-giuda/143543

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NULLITÀ DEL MATRIMONIO

Per i Giudici la durata del matrimonio è il dato rilevante. Non importa la qualità del rapporto coniugale.

Corte di Cassazione, sesta Sezione civile, ordinanza n. 13120, 24 maggio 2017.

In un procedimento di delibazione di sentenza ecclesiastica di annullamento del matrimonio la Corte di Appello di Palermo, con sentenza in data 12 giugno 2014, ha rigettato la domanda, considerando che le parti avevano convissuto per molti anni dopo la celebrazione del matrimonio.

Come questa Corte a S.U. ha avuto modo di precisare (Cass. S.U. n. 16379 del 2014) la “convivenza” tra coniugi non è necessariamente collegata ad un “buon” matrimonio/fondato su solidarietà ed affetti, ma ad un matrimonio comunque celebrato, salvo che i coniugi (ma ciò non è stato provato né si è chiesto di provarlo) si trovassero in una condizione di totale estraneità, pur coabitando, senza alcun rapporto personale o sessuale (i coniugi ebbero due figli). Che vi fossero contrasti ed incomprensioni, e magari violenze, non riveste dunque rilevanza alcuna.

Senza contare che nell’unico motivo di ricorso, si richiama l’art. 360 n. 5 c.c., ma non si indica un fatto specifico e circostanziato, decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (dovendosi indicare dove e come tale discussione si era svolta nel procedimento), fatto che sarebbe stato omesso dall’esame del giudice. In tal senso il ricorso presenta pure alcuni profili di inammissibilità. Va rigettato il ricorso.

Studio Sugamele 25 maggio 2017 www.divorzista.org/sentenza.php?id=13734

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OBIEZIONE DI COSCIENZA

Interruzione volontaria di gravidanza,

Obiezione di coscienza e diritto di accesso alle prestazioni sanitarie nella complessa architettura costituzionale. Profili critici e ipotesi di superamento

In questo contributo l’Autrice analizza il diritto all’obiezione di coscienza in riferimento alle tecniche di interruzione volontaria della gravidanza in Italia (IVG), al fine di farne emergere criticità e aspetti di dubbia compatibilità con il dettato costituzionale. Prendendo le mosse dalle consolidate difficoltà di garantire un effettivo diritto di accesso alle tecniche abortive, oggetto di recenti rilievi anche a livello sovranazionale, l’analisi si concentra su alcune proposte di soluzione che toccano il piano dei possibili interventi regionali, l’assetto organizzativo del sistema sanitario e, da ultimo, l’attuale quadro legislativo ipotizzando un possibile superamento normativo dell’obiezione di coscienza in riferimento all’IVG.

Allegato il testo in pdf

Silvia Talini news Rivista Associazione italiana dei costituzionalisti 1 giugno 2017

www.rivistaaic.it/interruzione-volontaria-di-gravidanza-obiezione-di-coscienza-e-diritto-di-accesso-alle-prestazioni-sanitarie-nella-complessa-architettura-costituzionale-profili-critici-e-ipotesi-di-superamento.html

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ONLUS – NON PROFIT

ISTAT: Rapporto annuale 2017- La definizione dei gruppi sociali.

La fotografia, aggiornata al 2016, mostra come una diseguale distribuzione dei redditi, corrisponda una diversa capacità di adottare stili di vita salutari e di partecipare attivamente alla vita sociale del Paese.

La 25esima edizione del Rapporto annuale dell’Istat affronta il tema della struttura sociale attraverso le caratteristiche dei gruppi, descrivendo e interpretando i fenomeni da più punti di vista.

www.istat.it/it/archivio/199318

Per descrivere i gruppi sociali in cui si articola la società italiana, sono stati individuate nove famiglie e i loro componenti. “Possiamo immaginarli come inquilini di un grande caseggiato, o come residenti tutti nel medesimo rione”.

Nove famiglie diverse a riassumere, almeno in parte, le differenze sociali che caratterizzano gli oltre 25 milioni di famiglie residenti in Italia. Nove gruppi individuati non arbitrariamente, ma attraverso un approccio statistico che permette di tenere conto di più dimensioni, di preservare l’eterogeneità, di rappresentare livelli di reddito familiare omogeneo corrispondenti a combinazioni specifiche di altri fattori: tra gli altri, livello d’istruzione, cittadinanza, posizione professionale, numero di componenti la famiglia e territorio di residenza.

Dal Rapporto 2017 emerge anche la fotografia degli italiani che si impegnano per gli altri: sono il 24% delle persone oltre i 14 anni; anziani e ricchi possono permettersi più tempo e denaro per sostenere le associazioni. Le famiglie con stranieri sono sempre più escluse.

www.istat.it/it/files/2017/05/RA2017_cap2.pdf

È un’Italia sempre più frammentata, dove la crisi economica lascia il posto a diseguaglianze in costante aumento, quella raccontata dal Rapporto annuale Istat.

La fotografia, aggiornata al 2016, mostra come ad una diseguale distribuzione dei redditi, corrisponda una diversa capacità di adottare stili di vita salutari e di partecipare attivamente alla vita sociale del Paese.

In un paese di impiegati (4,6milioni di nuclei), di pensionati (5,8milioni per un totale di oltre 10,5 milioni di persone), dove quasi sette giovani under 35 su dieci vivono ancora nella famiglia di origine, l’impegno sociale sembra essere diventato un lusso per chi se lo può permettere. L’appartenenza a un gruppo sociale piuttosto che a un altro condiziona l’intensità e le modalità con cui si partecipa all’associazionismo.

Entrando nel dettaglio, il 24% delle persone dai 14 anni in su dedica il proprio impegno agli altri, più del 17% lo fa attivamente mentre il 14,8% offre un contributo economico.

I gruppi sociali più ricchi (la cosiddetta “classe dirigente”, composta dal 9,3% del totale delle famiglie ovvero 4,6 milioni di persone), si impegnano di più nell’associazionismo: un terzo partecipa in modo concreto (31,8%) oppure finanza le attività delle associazioni (30,9%) portando il tasso dell’impegno ad oltre il 40%.

Un altro gruppo sociale “forte” in termini di attivismo sono gli anziani: si tratta 2,4milioni di famiglie, ovvero 5milioni di persone che per il 35,4% è coinvolto direttamente nell’associazionismo (25,8%) oppure lo finanzia (23,8%).

L’ultimo gruppo con un tasso di partecipazione superiore alla media è quello composto dalle famiglie di impiegati, che rappresentano ben 12,2 milioni di persone: il 32% dedica il proprio tempo per gli altri oppure finanzia le associazioni.

Fanalino di coda sono le famiglie a basso reddito composte da almeno una persona straniera, che rappresentano 4,7 milioni di individui: solo il 7,6% delle persone dai 14 anni in su che fanno parte di questi nuclei si impegnano nel sociale, con una quota molto bassa sia in termini di coinvolgimento diretto (5,8%) che per quanto riguarda le donazioni in denaro (il 2,9% finanzia le associazioni).

Non profit on line 29 maggio 2017 www.nonprofitonline.it/default.asp?id=466&id_n=7329

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