NewsUCIPEM n. 638 – 26 febbraio 2017

NewsUCIPEM n. 638 – 26 febbraio 2017

Unione Consultori Italiani Prematrimoniali E Matrimoniali

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Notiziario Ucipem” unica rivista ufficiale – registrata Tribunale Milano n. 116 del 25.2.1984

Supplemento on line. Direttore responsabile Maria Chiara Duranti. Direttore editoriale Giancarlo Marcone

Le “news” gratuite si propongono di riprendere dai media e inviare informazioni, di recente acquisizione, che siano d’interesse per gli operatori dei consultori familiari e quanti seguono nella società civile e nelle comunità ecclesiali le problematiche familiari e consultoriali.

Le news sono così strutturate:

  • Notizie in breve per consulenti familiari, assistenti sociali, medici, legali, consulenti etici ed altri operatori, responsabili dell’Associazione o dell’Ente gestore con note della redazione {…ndr}.

  • Link a siti internet per documentazione.

I testi, anche se il contenuto non è condiviso, vengono riprese nell’intento di offrire documenti ed opinioni di interesse consultoriale, che incidono sull’opinione pubblica. La responsabilità delle opinioni riportate è dei singoli autori, il cui nominativo è riportato in calce ad ogni testo.

Il contenuto di questo new è liberamente riproducibile citando la fonte.

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In ottemperanza alla direttiva europea sulle comunicazioni on-line (direttiva 2000/31/CE), se non desiderate ricevere ulteriori news e/o se questo messaggio vi ha disturbato, inviateci una e-mail all’indirizzo: newsucipem@gmail.comcon oggetto: “richiesta di disconnessione news”.

Chi desidera connettersi invii a newsucipem@gmail.com la richiesta indicando nominativo e-comune di attività, e-mail, ed eventuale consultorio di appartenenza. [1.172 connessi]

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02 ADDEBITO La moglie non vuole fare più sesso.

02 ADOZIONI Nazionali e internazionali. Bergamo: firmato il protocollo d’intesa.

03 ADOZIONI INTERNAZIONALI Piemonte. I corsi di formazione per gli aspiranti genitori adottivi.

02 AFFIDO CONDIVISO Ascolto del minore

03 ANONIMATO DEL PARTO ANFAA. Nota critica sull’ Atto del Senato. n. 1978.

05 ASSEGNO DI MANTENIMENTO Divorzio: addio definitivo all’assegno se lei convive con un

Anche nel matrimonio brevissimo va riconosciuto.

05 ASSEGNO DIVORZILE Accertamento del diritto all’assegno divorzile.

Cessazione del diritto all’assegno divorzile.

06 CENTRO STUDI FAMIGLIA CISFNewsletter n. 7/2017, 22 febbraio 2017.

08 CHIESA CATTOLICA Matrimonio. Il generale dei gesuiti: Anche Gesù va reinterpretato.

Senza libertà autorità non vive, senza autorità la libertà non nasce

11 COMM. ADOZIONI INTERNAZION. Perché la Cai deve passare al ministero degli Esteri

Benvenuta nuova CAI!

Adozione internazionale. Che cosa chiediamo ai nuovi vertici Cai?

14 CONSULTORI FAMILIARI Imperia. Programmazione del consultorio per l’anno 2017.

San Miniato. Sei anni di attività. Resoconti e progetti.

Toscana. Rete informale regionale dei consultori familiari

15 CONSULTORI FAMILIARI UCIPEMCremona. ‘Riflessi’: in scena per progetto del consultorio Ucipem.

15 CONVIVENZE Mancato versamento della quota di mantenimento del minore

16 DALLA NAVATA VIII Domenica del Tempo ordinario – Anno A – 26 febbraio 2017

Commento di Enzo Bianchi, priore emerito a Bose (BI).

18 EUROPA Diritto della Famiglia e dei Minori

18 FRANCESCO VESCOVO DI ROMA Papa ai parroci: siate vicini alle coppie in ogni situazione.

19 MINORI MIGRANTI Nessuna famiglia per i minori stranieri non accompagnati?

20 NULLITÀ DEL MATRIMONIO L’annullamento del matrimonio civile.5

21 OBIEZIONE DI COSCIENZA Il concorso per soli abortisti.

Il giurista. «Si utilizza una decisione amministrativa a fini politici»

23 OMOADOZIONE Possono diventare padre e madre per un bambino abbandonato?

24 ONLUS – NON PROFIT Rimborsi forfettari per i volontari

24PARLAMENTOCamera 2°Co GiustiziaAccordi prematrimoniali

Indagini su disposizioni per adozioni e affido.

Senato2 Assemblea Protezione dei minori stranieri non accompagnati

25 PRESBITERI Ordinare «presbiteri di comunità spo5sati».

A quando i “presbiteri di comunità” sposati?

26 P. M. A. Manifestazione della volontà di accedere alle tecniche di PMA.

27 SCIENZA & VITA Disappunto e perplessità sul concorso al s. Camillo di Roma.

28 SEPARAZIONE E DIVORZIO Affidamento del figlio minore di genitori di nazionalità diversa.

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ADDEBITO

La moglie non vuole fare più sesso.

Corte di cassazione, sesta Sezione civile, ordinanza n. 4756, 23 febbraio 2017

La moglie non vuole fare più sesso con il marito che chiede l’addebito della separazione a quest’ultima. Per i giudici, invece, a essere decisive sono state le incompatibilità di carattere.

Servizio newsletter Sugamele.it. 24 febbraio 2017

www.divorzista.org/sentenza.php?id=13340

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ADOZIONI

Adozioni nazionali e internazionali. Bergamo: firmato il nuovo protocollo d’intesa

Integrazione maggiore tra servizi sanitari e giudiziari. L’Agenzia di Tutela della Salute di Bergamo ha firmato oggi, 20 febbraio 2017, presso la sede del Tribunale di Brescia, il Protocollo di intesa per la definizione di Linee Guida in materia di Adozione Nazionale ed Internazionale. A sottoscrivere il documento, oltre al direttore generale di Ats Bergamo, Mara Azzi, sono stati il Tribunale per i Minorenni di Brescia, le Agenzie di Tutela della Salute di Brescia, Val Padana e Della Montagna e le Aziende Socio Sanitarie Territoriali Spedali Civili di Brescia, della Franciacorta, del Garda, della Valcamonica, Di Montagna, di Cremona, di Crema, Papa Giovanni XXIII, di Bergamo EST e di Bergamo Ovest.

Magistratura e Sanità, due mondi con linguaggi, tempi e modalità d’approccio differenti hanno lavorato insieme e in rete con i territori di riferimento condividendo metodo di lavoro e un percorso di formazione congiunta a beneficio di pratiche più veloci. Si tratta di un importante passo avanti nel campo delle adozioni, reso necessario dopo la riforma sanitaria approvata con la legge regionale n. 23 dell’11 agosto 2015 che ha attribuito all’Ats la funzione di programmazione dei servizi, al fine che siano garantite l’assistenza e l’integrazione di tutte le prestazioni. Provvedimento che ha richiesto l’adeguamento anche delle procedure adottive.

In particolare, è compito delle Aziende Socio Sanitarie Territoriali provvedere alle azioni sociosanitarie riguardanti gli adempimenti relativi alle adozioni nazionali ed internazionali, nell’ambito delle attività dei Consultori familiari, mentre spetta alle Agenzie di Tutela della Salute coordinare tutta la rete dei Servizi sanitari, sociosanitari e sociali. Un modus operandi che ha già portato a decisivi miglioramenti, garantendo il contenimento dei tempi per il conseguimento dell’idoneità all’adozione e un migliore raccordo tra il Tribunale per i Minorenni di Brescia e i Consultori familiari. Visti gli esiti positivi, si è dunque provveduto a recepire il nuovo iter operativo, con la sottoscrizione da parte di tutti i soggetti.

L’obiettivo primario è tutelare il bambino, offrendogli le migliori possibilità di integrazione nel nuovo nucleo adottivo, inteso nel più ampio senso di contesto sociale, con azioni di sostegno mirato alla coppia genitoriale e al minore. Ats Bergamo, coordinerà tutto il sistema delle adozioni (consultori familiari delle ASST, associazioni familiari, enti autorizzati all’adozione) perché le coppie che vogliono adottare un bambino possano ricevere pari qualità e quantità di prestazioni.

Il protocollo, infatti, rende più efficace l’intervento degli organismi istituzionali in favore delle coppie adottive e dei minori: grazie alle interazioni tra i diversi enti coinvolti, le prassi operative per verificare i criteri di idoneità della coppia saranno realizzate con maggiore efficacia, garantendo a tutte le coppie che si candidano per l’adozione un percorso informativo, formativo e di valutazione adeguato.

La Direzione Sociosanitaria dell’Ats Bergamo, in particolare, ha attivato, con l’avvio della Riforma Sanitaria e di concerto con le Direzioni Sociosanitarie delle ASST Papa Giovanni XXIII, Bergamo Est e Bergamo Ovest, un percorso di confronto strategico che prevede l’individuazione di buone prassi di operatività rispetto a servizi dedicati alle adozioni. Servizi che prima erano di responsabilità delle Asl e che ora saranno gestiti in condivisione con le ASST, con particolare riguardo alle aree erogative. Ogni ASST, infatti, farà riferimento a un gruppo di Consultori. Inoltre, le Direzioni Sociosanitarie, hanno definito una procedura atta a implementare e favorire una nuova tipologia di governance denominata «Comunità di prassi», strumento funzionale alle scelte strategiche delle singole Direzioni Generali e del Collegio dei Direttori Generali.

Il protocollo sottoscritto oggi dal direttore generale di Ats Bergamo, dott.ssa Mara Azzi, va ad aggiungersi ad un altro importante protocollo di facilitazione dell’adozione e dell’inserimento dei bambini adottati sottoscritto insieme con l’ufficio scolastico provinciale di Bergamo e le associazioni territoriali familiari il 19 novembre del 2015.

News Ai. Bi. 20 febbraio 2017

www.aibi.it/ita/adozioni-nazionali-e-internazionali-firmato-il-nuovo-protocollo-dintesa-integrazione-maggiore-tra-servizi-sanitari-e-giudiziari

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ADOZIONI INTERNAZIONALI

Piemonte. Al via i corsi di formazione per gli aspiranti genitori adottivi.

Amici dei Bambini è tra gli Enti che si occupano, nel 2017, di co-condurre, insieme ai Servizi socio-sanitari del territorio, gli incontri di preparazione e informazione delle aspiranti coppie adottive. Anche per il nuovo anno, infatti, i corsi di formazione inseriti nel percorso denominato “Abc dell’adozione”, che la Regione eroga fin dal 2001, vedranno impegnati gli Enti autorizzati nella conduzione degli incontri. Nove gli enti coinvolti: Amici dei Bambini, Amici di don Bosco, Anpas, Arai, Cifa, La Cicogna, Naaa, Nova e Sjamo.

Si tratta di una conferma del riconoscimento del buon lavoro degli Enti che, negli anni precedenti, hanno fattivamente collaborato con la Regione Piemonte nella conduzione dei corsi. Ogni incontro vede impegnati nella co-conduzione i referenti di due enti, oltre ai rappresentanti dei Servizi territoriali: una scelta motivata dalla volontà di integrare, in ciascuna occasione di formazione, le professionalità di vari esperti, nell’ottica di fornire alle coppie partecipanti un quadro esaustivo e completo rispetto allo scenario delle adozioni internazionali. Ciascun appuntamento è infatti articolato in due giorni: uno dedicato agli aspetti prettamente giuridici, l’altro centrato invece sui temi di natura psico-sociale, dai profili dei bambini alle loro storie fino alle diverse fasi dell’iter adottivo. Tutti gli enti coinvolti si occupano, con i loro operatori, della conduzione di 2 o 3 incontri. Le sessioni di formazione si rinnovano a cadenza mensile e dovranno essere frequentati da tutte le coppie che intendono presentare al Tribunale per i Minorenni la propria disponibilità all’adozione. (…)

Dopo aver frequentato il corso “Abc dell’Adozione”, gli aspiranti genitori intenzionati ad accogliere bambini con bisogni speciali potranno partecipare a un ulteriore incontro di approfondimento realizzato in collaborazione con la Città della Salute e l’Ospedale Maggiore di Novara. Già fissate le date anche di questi incontri, della durata di un pomeriggio: 7 aprile, 9 giugno, 22 settembre e 17 novembre.

Cambia anche la raccolta delle iscrizioni e l’erogazione delle informazioni che avviene ora in modo centralizzato attraverso un portale telematico (www.regione.piemonte.it/adozioni) e un numero verde “Adozioni in rete” (800.155500). All’Arai, che prima si occupava della pianificazione del calendario e della gestione della partecipazione dei vari relatori, spetta ora anche il compito di coordinare le prenotazioni ai corsi.

News Ai. Bi. 23 febbraio 2017

www.aibi.it/ita/piemonte-anche-ai-bi-tra-gli-8-enti-a-cui-la-regione

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AFFIDO CONDIVISO

Ascolto del minore

Corte di Cassazione, prima Sezione civile, sentenza n. 2770, 2 febbraio 2017

L’ascolto del minore di almeno dodici anni, e anche di età minore, ove capace di discernimento, costituisce una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse.

Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto corretta la statuizione del Giudice di merito che, all’esito dell’esame del minore, aveva ritenuto conforme al suo interesse la prevalente collocazione presso l’abitazione paterna.

Avv. Renato D’Isa 24 febbraio 2017

https://renatodisa.com/2017/02/24/corte-di-cassazione-sezione-i-civile-sentenza-2-febbraio-2017-n-2770

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ANONIMATO DEL PARTO

ANFAA Nota critica sull’ Atto del Senato. n. 1978

Disegno di Legge approvato dalla Camera dei deputati il 18 giugno 2015, trasmesso alla Presidenza del Senato il 19 giugno 2015, assegnato il 3 luglio 2015 alla 2° Commissione – Giustizia del Senato.

Modifiche all’articolo 28 della legge 4 maggio 1983, n.184, e altre disposizioni in materia di accesso alle informazioni sulle origini del figlio non riconosciuto alla nascita

www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLPRES/926305/index.html

Audizione davanti alla Commissione Giustizia del Senato prevista per il 16 febbraio e rinviata al 21 febbraio 2017

www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=17&id=1006774

Abstract intervento Anfaa

Com’è noto, in base alle leggi vigenti le donne che per qualsiasi motivo ritengono di non essere in grado di diventare le mamme dei loro nati, hanno il diritto di partorire in anonimato e quindi senza obbligo di provvedere al loro riconoscimento. Il parto è assicurato gratuitamente dal Servizio sanitario nazionale con tutte le garanzie fornite alle partorienti e ai neonati. In base alle leggi vigenti i nominativi delle donne che non hanno riconosciuto i loro nati possono essere divulgati solamente dopo 100 anni. Appena nati questi piccoli non riconosciuti vengono segnalati ai Tribunali per i minorenni che provvedono alla loro adozione. Sono oltre 90.000 i neonati non riconosciuti dal 1950 ai giorni nostri.

Esponiamo in breve i punti su cui riteniamo necessario che il Senato intervenga, emendando il testo, molto negativo, già approvato dalla Camera. Purtroppo la situazione è stata anche aggravata dalla sentenza della Cassazione a sezioni unite del n. 1946 del 20 dicembre 2016, depositata 25 gennaio 2017

www.minoriefamiglia.it/pagina-www/mode_full/id_1207

Testo https://drive.google.com/file/d/0B-kvE1A0eFTZT0ZUa0xza2JZWkk/view

  1. Deve essere preservato il diritto alla segretezza del parto di cui si sono avvalse le donne, diritto garantito loro dallo Stato per cento anni prima dalla legge n. 2838/1928 e attualmente dalla legge n. 196/2003. Non è ammissibile che siano i nati da queste donne ad avviare il procedimento presso il Tribunale per i minorenni affinché le rintracci, se tali donne non hanno preventivamente manifestato la loro disponibilità al riguardo, perché nei fatti verrebbe violato il diritto alla segretezza ancora riaffermato dalla Corte costituzionale nella sentenza 278 del 2013: le loro istanze sarebbero inevitabilmente prese in esame da un numero elevato di persone: i Giudici, i Cancellieri e la Polizia giudiziaria del Tribunale per i minorenni cui si rivolge l’interessato, i responsabili dei reparti maternità, gli impiegati addetti alla conservazione del plico in cui sono indicate le generalità della donna e del neonato, il personale dell’Agenzia delle Entrate incaricato di rintracciare attraverso il codice fiscale l’ultima residenza della donna, gli altri Giudici, i Cancellieri e/o la polizia giudiziaria incaricati di contattarle, il personale, anche impiegatizio, i servizi sociali interpellati al riguardo dai Tribunali (è assai probabile che le donne non abitino più nelle città in cui hanno partorito). Inoltre le lettere di convocazione, indirizzate alle donne per verificare la loro disponibilità ad incontrare i propri nati, potrebbero molto facilmente essere viste dai loro familiari. Non è da dimenticare poi che la possibilità del non riconoscimento del neonato e la garanzia della segretezza dell’identità della donna, sono anche uno strumento a difesa della stessa vita di donne che provengono da contesti in cui per tradizioni o pratiche di origine religiosa, l’avere rapporti sessuali o partorire al di fuori del matrimonio può portare a gravissime conseguenze sulla loro vita. Non dovremo, pertanto, stupirci se in futuro le gestanti che non intendono riconoscere il proprio nato, non potendo più contare sulla sussistenza della garanzia dell’anonimato e della segretezza del parto, non si rivolgeranno più all’ospedale per partorire: potranno essere costrette a partorire in condizioni precarie e rischiose per la salute loro e dei loro nati e anche cadere nella rete di trafficanti di bambini; aumenteranno, oltre agli aborti, gli infanticidi e gli abbandoni dei neonati in luoghi e con modalità che potranno mettere in pericolo la loro vita.

  2. Deve essere abolita la disposizione in base alla quale le donne per conservare il diritto all’anonimato devono segnalare la loro volontà, svelando quindi la loro identità, al Tribunale per i minorenni e, conseguentemente, a tutto il personale che vi opera. Questa segnalazione riguarda non solo le donne che in passato hanno partorito in anonimato ma anche quelle che vorranno farlo in futuro.

  3. Deve essere abolita la disposizione secondo cui la richiesta di accesso all’identità della partoriente è incondizionata nel caso in cui la donna sia deceduta. Si tratta infatti di una violazione palese non solo del suo diritto all’anonimato, ma anche del diritto suo e dei suoi congiunti alla riservatezza che la stessa non è più in grado di tutelare.

  4. Deve essere mantenuta a 25 anni l’età per richiedere l’accesso alle informazioni relative all’identità, come peraltro previsto dall’attuale articolo 28 della legge n. 184/1983. Infatti a 18 anni, età minima prevista dalla proposta di legge n. 1978, la personalità è ancora in via di formazione e potrebbero risultare fortemente problematici per l’adottato o la persona non riconosciuta alla nascita sia l’incontro con la procreatrice che il suo eventuale rifiuto. Non si possono neppure escludere reazioni negative e pericolose (aggressività, rifiuto o ricatto). Richiamiamo anche l’attenzione sul fatto che il Gruppo CRC, network composto da 91 associazioni che si occupano di tutela dei minori in Italia, nel 9°Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (pubblicato nel giugno 2016) ha auspicato “che in questo DDL vengano introdotte le necessarie modifiche per preservare il diritto alla segretezza del parto di cui si sono avvalse le donne , diritto ribadito dalla Legge 196/2003”; per questo ha ribadito “l’esigenza di conservare l’attuale impianto delle leggi relative al segreto del parto, in quanto i vigenti principi fondanti sono gli unici che garantiscono le occorrenti prestazioni sanitarie prima, durante e dopo il parto alle donne che non provvedono al riconoscimento, chiedendo che sia rispettata la volontà della donna di non essere nominata ” e ha quindi sottolineato “l’esigenza che il Senato, chiamato a votare il DDL approvato alla Camera in data 18 giugno 2015, emendi il testo di legge nel senso di prevedere l’accesso all’identità solo delle donne che preventivamente e autonomamente decidono di rinunciare all’anonimato e di eliminare l’accesso all’identità della donna defunta, poiché gravemente lesivo della sua immagine e fortemente invasivo sulla scelta della donna, che nel frattempo potrebbe avere costruito un’altra famiglia”.

Donata Nova Micucci, presidente Anfaa Torino, febbraio 2017

Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie

Testo Integrale www.anfaa.it/wp-content/uploads/2017/02/nota-critica-su-AS-1978.pdf

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ASSEGNO DI MANTENIMENTO

Divorzio: addio definitivo all’assegno se lei convive con un altro.

Corte di cassazione, sesta Sezione civile, ordinanza n. 4649, 22 febbraio 2017

La Cassazione conferma il suo orientamento in presenza di una nuova convivenza. Lei convive con un altro? Addio per sempre all’assegno. Così la Cassazione conferma l’orientamento più volte espresso sul venir meno del diritto al mantenimento in caso di nuova convivenza per l’ex moglie. Con l’ordinanza la sesta sezione civile, infatti, ha ribaltato la decisione dei giudici di merito che avevano disposto l’obbligo per un uomo di corrispondere all’ex moglie un assegno mensile di 250 euro, a seguito della cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Per il Palazzaccio, non può trascurarsi il fatto che, come sostenuto dal marito, la donna ha intrapreso una nuova convivenza, la quale mette in discussione la legittimità dell’assegno. In tema di diritto alla corresponsione dell’assegno di divorzio, in caso di cessazione degli effetti civili del matrimonio, hanno ricordato infatti gli Ermellini, “il parametro dell’adeguatezza dei mezzi rispetto al tenore di vita goduto durante la convivenza matrimoniale da uno dei coniugi viene meno di fronte alla instaurazione, da parte di questi, di una famiglia, ancorché di fatto, costituita da uno stabile modello di vita in comune, con la nascita di figli ed il trasferimento del nuovo nucleo in una abitazione messa a disposizione dal convivente (cfr., tra le altre, Cass. n. 6855/2015; 25845/2013; 3923/2012).

Da ciò consegue, pertanto, la cessazione del diritto all’assegno divorzile, a carico dell’altro coniuge. Il ricorso del marito è accolto e la sentenza cassata.

Marina Crisafi – news StudioCataldi.it 23 Febbraio 2017

www.studiocataldi.it/articoli/25224-divorzio-addio-definitivo-all-assegno-se-lei-convive-con-un-altro.asp

Anche nel matrimonio brevissimo va riconosciuto.

Corte di Cassazione, prima Sezione civile, sentenza n. 1162, 18 gennaio 2017

Anche nel matrimonio brevissimo va riconosciuto l’assegno di mantenimento alla ex moglie per godere dello stesso tenore di vita

Avv. Renato D’Isa 21 febbraio 2017 Sentenza

https://renatodisa.com/2017/02/21/corte-di-cassazione-sezione-i-civile-sentenza-18-gennaio-2017-n-1162

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ASSEGNO DIVORZILE

Accertamento del diritto all’assegno divorzile.

Corte di Cassazione, seta Sezione civile, ordinanza n. 4100, 16 febbraio 2017.

L’accertamento del diritto all’assegno divorzile si articola in due fasi, nella prima delle quali il giudice verifica l’esistenza del diritto in astratto, in relazione all’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso o quale poteva legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del rapporto, mentre nella seconda procede alla determinazione in concreto dell’ammontare dell’assegno, che va compiuta tenendo conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione e del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ognuno e di quello comune, nonché del reddito di entrambi, valutandosi tali elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio. Nell’ambito di questo duplice accertamento assumono rilievo, sotto il profilo dell’onere probatorio, le risorse reddituali e patrimoniali di ciascuno dei coniugi, quelle effettivamente destinate al soddisfacimento dei bisogni personali e familiari, nonché le rispettive potenzialità economiche

Avv. Renato D’Isa 20 febbraio 2017

https://renatodisa.com/2017/02/20/corte-di-cassazione-sezione-vi-civile-ordinanza-16-febbraio-2017-n-4100

Cessazione del diritto all’assegno divorzile.

Corte di cassazione, sesta Sezione civile, ordinanza n. 4649, 22 febbraio 2017

In tema di diritto alla corresponsione dell’assegno di divorzio in caso di cessazione degli effetti civili del matrimonio, il parametro dell’adeguatezza dei mezzi rispetto al tenore di vita goduto durante la convivenza matrimoniale da uno dei coniugi viene meno di fronte alla instaurazione, da parte di questi, di una famiglia, ancorché di fatto, costituita da uno stabile modello di vita in comune, con la nascita di figli ed il trasferimento del nuovo nucleo in una abitazione messa a disposizione dal convivente. Da ciò consegue la cessazione del diritto all’assegno divorzile, a carico dell’altro coniuge

Avv. Renato D’Isa 24 febbraio 2017

https://renatodisa.com/2017/02/24/corte-di-cassazione-sezione-vi-civile-ordinanza-22-febbraio-2017-n-4649/

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CENTRO STUDI FAMIGLIA CISF

Newsletter n. 7/2017, 22 febbraio 2017.

A modo tuo. Una canzone per i figli, una canzone sul futuro. Al Festival della Famiglia 2016 di Trento la canzone “A modo tuo” è stata utilizzata come filo conduttore di tutti gli eventi, a partire dalla prima giornata, dedicata alla voce, ai desideri e ai progetti degli adolescenti (vedi anche il progetto STRIKE. Storie di giovani che cambiano le cose), Cantata dal vivo anche prima dei momenti più istituzionali, ha aiutato a muovere i cuori, ricordando che se vogliamo bene ai nostri figli dobbiamo amare la loro storia di autonomia: esattamente come l’arco e le frecce della poesia di Gibran. La canzone è di Ligabue (musica e testo), che ha voluto offrirla anche alla bella voce di una madre: Elisa. Chi ama un’interpretazione morbida e un video che narra con dolcezza e poesia la relazione madre-figlia, ascolti la versione di Elisa (presente nel video insieme a sua figlia). Chi ama invece una versione più ROCK, e il testo che scorre a video, può ascoltare la versione del LIGA. Il solo testo si può leggere, con comodo, a questo link.

https://www.youtube.com/watch?v=R3Wf53M_YRM

https://www.youtube.com/watch?v=8XcgnphhzdI

http://wikitesti.com/a-modo-tuo-elisa/

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Un tema da non dimenticare. Aborto, la legge liberticida dello Stato francese (17/02/2017) Da oggi in Francia aiutare chi non vuole abortire diventa “reato di intralcio all’aborto”. Dispiace vedere dove la ferocia ideologica può portare un’intera Nazione: a negare se stessa e i propri valori fondativi. Dove sta la libertà in questa legge? E c’è ancora qualcuno che pensa che queste scelte del Governo di Hollande, sulla pelle delle donne, siano di sinistra? Commento di Francesco Belletti su Famiglia Cristiana on line

www.famigliacristiana.it/articolo/aborto.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_22_02_2017

Le dimissioni del direttore dell’Unar. Un commento su Radio Vaticana del Direttore del Cisf

http://it.radiovaticana.va/news/2017/02/21/il_commento_di_francesco_belletti_sul_caso_unar/1293989

The cohabitation-go-round: cohabitation and family instability across the globe. (La girandola delle convivenze: convivenze e instabilità familiare nelle varie parti del mondo). E’ stata recentemente diffusa la quarta edizione del World Family Map 2017 (Mapping family change and child well-being outcomes), un interessante rapporto comparativo a livello internazionale sui cambiamenti strutturali e valoriali della famiglia in ciascuna Nazione, promosso e realizzato da Social Trends Institute, ente di ricerca indipendente che collega centri di ricerca di vari Paesi. L’edizione 2017 si concentra sul benessere dei bambini da 0 a 12 anni nei vari contesti genitoriali in cui si trovano a vivere. In particolare vengono analizzati e comparati i dati delle varie nazioni a seconda della presenza di coppie genitoriali regolarmente coniugate, coppie conviventi e situazioni di monogenitorialità. Emerge che i bambini che vivono con genitori conviventi o con un solo genitore sono molto più esposti, entro i primi dodici anni di vita, a mutamenti frequenti nelle coppie genitoriali. Questo li rende esposti a maggiore fragilità, dal momento che “per dirla in modo semplice, alcuni bambini sembrano essere in difficoltà nel doversi adattare ad una serie di genitori e di partner dei genitori, che vanno e vengono dalle case in cui abitano” (Simply put, some children seem to have difficulty adjusting to a series of parents and parents’ partners moving in and out of their home). Un’analisi rigorosa, ricca di tabelle e grafici, che merita una attenta lettura.

http://worldfamilymap.ifstudies.org/2017/files/WFM-2017-FullReport.pdf

Ne hanno parlato a Roma, dal 24 al 25 novembre 2016. Su iniziativa del Gruppo ROR (Ricerche di Ontologia Relazionale), attivo presso le Facoltà di Teologia e Filosofia, ha avuto luogo l”Expert meeting sul tema “Ecologia integrale della relazione uomo-donna: la prospettiva relazionale”, che ha visto la partecipazione di docenti di varie discipline provenienti da distinte Università. Poco più di due minuti di interviste ai relatori, su YOUTUBE, per farsi un’idea dell’evento.

www.youtube.com/watch?v=qNZqUFkWB6w

La forza autopoietica della famiglia. Una pagina di sociologia giuridica con l’intento di riaffermare la vitalità della famiglia. Segnaliamo questo interessante articolo di sociologia giuridica di Margherita Marzario (pubblicato su Altalex.it, rivista on line di documentazione giuridica), che confronta alcuni interventi e riflessioni di natura demografica, sociologica e psicologica, con articoli dei documenti giuridici fondativi a livello internazionale (Carta dei Diritti dell’uomo, Carta dei diritti del fanciullo, ecc.).

www.altalex.com/documents/news/2017/02/14/la-forza-autopoietica-della-famiglia

CISF informa. “Educare cittadini Attivi e Responsabili: il compito pro-sociale della famiglia”. E’ il titolo di un intervento del Direttore del Cisf (Francesco Belletti) su “Noi insieme a voi”, newsletter on line della FederAvo (Federazione nazionale tra le Associazioni di Volontariato Ospedaliero). Nel testo si ricorda che la famiglia si fonda sul dono, che è tanto più vero quanto più non rimane solo indirizzato al proprio interno, come solidarietà tra i membri del nucleo, ma tanto più si apre all’esterno, offrendo così “[…] una vera e propria ‘eccedenza generativa’, vale a dire una capacità della famiglia di far nascere non solo legami e capacità solidaristiche interne, ma di produrre anche orientamento pro-sociale, solidarietà verso gli altri, una crescita del ‘capitale sociale’ da cui trae beneficio l’intera collettività”.

www.federavo.it/index.php/noi-insieme-news/440-educare-cittadini-attivi-e-responsabili-il-compito-pro-sociale-della-famiglia-f-belletti

Vivere da soli: un’unica condizione, storie molto diverse. Sul sito di Famiglia Cristiana un commento e diversi dati proposti dal Cisf (Francesco Belletti) a partire dalla notizia (Istat) che oltre il 30% delle famiglie nel 2016 è composto da “persone sole”. Interessante anche il confronto con altri Paesi europei.

www.famigliacristiana.it/articolo/single-1.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_22_02_2017

Dalle case editrici. Boyd Danah, It’s complicated. La vita sociale degli adolescenti sul web, Castelvecchi, Roma, 2014, pp. 325, € 22,00. Che succede quando gli adolescenti comunicano mediante i social network come Facebook, Twitter e Instagram? Come gestiscono la propria identità, come difendono la propria privacy, che cosa mettono in gioco dei propri sentimenti? Queste sono solo alcune delle domande che l’autrice, docente di Media e Comunicazione presso la New York University, affronta in questo libro, dedicato a quella cosiddetta second life che in realtà rappresenta ormai la forma di vita più importante per molti adolescenti. Frutto di dieci anni di ricerca sul campo, di interviste e di incontri con centinaia di adolescenti, il volume affronta le principali problematiche connesse alla diffusione di internet, dall’aumento del cosiddetto cyberbullismo ai potenziali pericoli di spersonalizzazione dei giovani, fino alla stessa definizione di nativi digitali, ritenuta troppo semplicistica rispetto alla complessità del fenomeno. It’s complicated è una lettura di grande interesse per chiunque ritenga importante comprendere l’impatto sociale e culturale delle nuove tecnologie di comunicazione sulle generazioni future, perché, come scrive l’autrice, «questo libro non è una lettera d’amore alla cultura dei giovani (…) ma è piuttosto il tentativo di convincere gli adulti dotati di autorità sui giovani, come genitori, insegnati giornalisti, forze dell’ordine, che ciò che i giovani fanno quando utilizzano i public in rete ha senso, anche se non è per forza facile o ovvio. Anzi, è complicato».

Save the date

Nord. Fattore famiglia. Per una maggiore equità nella distribuzione delle risorse per i programmi di welfare e nella tariffazione dei servizi di pubblica utilità. Proposta della RETE Comuni Amici della famiglia, evento organizzato dal Forum delle associazioni familiari di Monza e Brianza, in Collaborazione con “Il Cittadino”, Monza, 23 febbraio 2017.

http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf0717_allegato1.pdf

La persona in azione. Storie di “straordinaria” emergenza, incontro di formazione per assistenti sociali e altri operatori del sociale, organizzato da Mete no profit, Milano, 9 marzo 2017.

http://metenoprofit.org/wp-content/uploads/2017/02/Conversazioni-in-compagnia-03-2017.pdf

Centro Donna, alla ricerca. Siloe Film Festival, Quarta edizione, organizzato dalla Comunità Monastica di Siloe, con il proprio Centro Culturale San Benedetto, in collaborazione con Fondazione Comunicazione e Cultura e con la Fondazione Ente dello Spettacolo, Monastero di Siloe, Poggi del Sasso (Grosseto), 20-22 luglio 2017. www.siloefilmfestival.it/?p=1444

Sud “Riflessioni sulla nuova legge del “Dopo di noi” (L. n. 112 del 22/06/2016)”, Seminario di studio e dibattitto organizzato da Laboratorio sociologico ANS (Associazione Nazionale ‘Sociologi, Centro Studi Analisi Informazione’ di Palermo, Ufficio Nazionale del Garante della Persona Disabile Onlus, Palermo, 27 febbraio 2017. http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf0717_allegato3.pdf

Testo completo http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/febbraio2017/1028/index.html

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CHIESA CATTOLICA

Matrimonio e divorzio. Il generale dei gesuiti: “Anche Gesù va reinterpretato”

Incredibile ma vero. Nel capitolo ottavo di Amoris Lætitia, il più scottante e controverso, quello in cui papa Francesco sembra “aprire” alle seconde nozze con il precedente coniuge ancora in vita, manca qualsiasi citazione delle parole di Gesù sul matrimonio e il divorzio, riportate principalmente nel capitolo 19 del Vangelo secondo Matteo (…)

Perché questo silenzio tanto insistito del papa su parole di Gesù così inequivocabili? Uno spunto di risposta è nell’intervista che il nuovo superiore generale della Compagnia di Gesù, il venezuelano Arturo Sosa Abascal, molto vicino a Jorge Mario Bergoglio, ha dato al vaticanista svizzero Giuseppe Rusconi per il blog Rossoporpora e per il “Giornale del Popolo” di Lugano. Eccone i passaggi più attinenti al caso. Ogni commento è superfluo.

Sandro Magister settimo cielo 22 febbraio 2017

http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2017/02/22/matrimonio-e-divorzio-il-generale-dei-gesuiti-anche-gesu-va-reinterpretato

D. – Il cardinale Gerhard L. Muller, prefetto della congregazione per la dottrina della fede, ha detto a proposito del matrimonio che le parole di Gesù sono molto chiare e “nessun potere in cielo e in terra, né un angelo né il papa, né un concilio né una legge dei vescovi, ha la facoltà di modificarle”.

R. – Intanto bisognerebbe incominciare una bella riflessione su che cosa ha detto veramente Gesù. A quel tempo nessuno aveva un registratore per inciderne le parole. Quello che si sa è che le parole di Gesù vanno contestualizzate, sono espresse con un linguaggio, in un ambiente preciso, sono indirizzate a qualcuno di definito.

D. – Ma allora, se tutte le parole di Gesù vanno esaminate e ricondotte al loro contesto storico, non hanno un valore assoluto.

R. – Nell’ultimo secolo nella Chiesa c’è stato un grande fiorire di studi che cercano di capire esattamente che cosa volesse dire Gesù… capire una parola, capire una frase… le traduzioni della Bibbia cambiano, si arricchiscono di verità storica… Pensi un po’: per me, venezuelano, una stessa parola può avere un significato diverso se detta da uno spagnolo…Ciò non è relativismo, ma certifica che la parola è relativa, il Vangelo è scritto da esseri umani, è accettato dalla Chiesa che è fatta di persone umane. Sa che cosa dice san Paolo? Non ho ricevuto il Vangelo da nessuno degli Apostoli. Sono andato a trovare Pietro e Giacomo per la prima volta tre anni dopo la conversione. La seconda, dopo dieci anni e in quell’occasione abbiamo discusso di come va compreso il Vangelo. Alla fine mi hanno detto che anche la mia interpretazione andava bene, ma una cosa non dovevo dimenticare: i poveri…. Perciò è vero che nessuno può cambiare la parola di Gesù … ma bisogna sapere quale è stata!

D. – È discutibile anche l’affermazione in Matteo 19, 3-6: “Non divida l’uomo ciò che Dio ha congiunto”?

R. – Io mi identifico con quello che dice papa Francesco. Non si mette in dubbio, si mette a discernimento.

D. – Ma il discernimento è valutazione, è scelta tra diverse opzioni. Non c’è più un obbligo di seguire una sola interpretazione.

R. – No, l’obbligo c’è sempre, ma di seguire i risultati del discernimento.

D. – Però la decisione finale si fonda su un giudizio relativo a diverse ipotesi. Prende in considerazione dunque anche l’ipotesi che la frase “l’uomo non divida” non sia esattamente come appare. Insomma mette in dubbio la parola di Gesù.

R. – Non la parola di Gesù, ma la parola di Gesù come noi l’abbiamo interpretata. Il discernimento non sceglie tra diverse ipotesi ma si pone in ascolto dello Spirito Santo, che – come Gesù ha promesso – ci aiuta a capire i segni della presenza di Dio nella storia umana.

D. Ma come discernere?

R. – Papa Francesco fa discernimento seguendo sant’Ignazio, come tutta la Compagnia di Gesù: bisogna cercare e trovare, diceva sant’Ignazio, la volontà di Dio. Non è una ricerca da burletta. Il discernimento porta a una decisione: non si deve solo valutare, ma decidere.

D. – E chi deve decidere?

R. – La Chiesa ha sempre ribadito la priorità della coscienza personale.

D. – Quindi se la coscienza, dopo il discernimento del caso, mi dice che posso fare la comunione anche se la norma non lo prevede.

R. – La Chiesa si è sviluppata nei secoli, non è un pezzo di cemento armato. È nata, ha imparato, è cambiata. Per questo si fanno i concili ecumenici, per cercare di mettere a fuoco gli sviluppi della dottrina. Dottrina è una parola che non mi piace molto, porta con sé l’immagine della durezza della pietra. Invece la realtà umana è molto più sfumata, non è mai bianca o nera, è in uno sviluppo continuo.

D. – Mi par di capire che per lei ci sia una priorità della prassi del discernimento sulla dottrina.

R. – Sì, ma la dottrina fa parte del discernimento. Un vero discernimento non può prescindere dalla dottrina.

D. – Però può giungere a conclusioni diverse dalla dottrina.

R. – Questo sì, perché la dottrina non sostituisce il discernimento e neanche lo Spirito Santo.

Giuseppe Rusconi Rosso porpora 18 febbraio 2017

www.rossoporpora.org/rubriche/interviste-a-personalita/672-gesuiti-padre-sosa-parole-di-gesu-da-contestualizzare.html

 

Senza libertà l’autorità non vive, ma senza autorità la libertà non nasce

Tutto comincia da un invito. Gli amici di Trieste, in primis Stefano Sodaro, mi hanno invitato a tenere una conferenza sul tema “Chiesa, autorità e vangelo”. Io ho svolto il discorso che trovate nel video e al quale aggiungo, subito dopo, uno “schema per tesi”, nel quale ho riassunto alcune cose che ritengo importanti per leggere il tempo ecclesiale e culturale che viviamo.

Ecco dunque il video: https://www.youtube.com/watch?v=GeXemEGbFyA

Ed ecco lo schema: Chiesa, autorità e Vangelo. 7 tesi per un cordiale congedo dal modello ottocentesco.

“Come deve essere esercitata l’autorità? …qui il Concilio diventa più esplicito, introducendo una terminologia e una forma letteraria nuova…Questo cambiamento portò a ridefinire che cosa fosse un concilio e che cosa avrebbe dovuto realizzare. Il Vaticano II modificò in modo così radicale il modello legislativo-giudiziario prevalso fin dal primo concilio, quello del 325 a Nicea, che in pratica lo abbandonò, sostituendolo con uno basato sulla persuasione e l’invito. Fu un cambiamento di enorme importanza” J. W. O’Malley

J. W. O’Malley,Che cosa è successo nel Vaticano II, Milano, Vita e Pensiero, 2010, 13.

http://www.diesse.org/cm-files/2010/09/26/15-per-comprendere-il-concilio-vaticano-ii-continuit%C3%A0-e-riforma.pdf

”Se noi risolviamo i problemi della fede col metodo della sola autorità, possediamo certamente la verità, ma in una testa vuota” S. Tommaso d’Aquino

Due affermazioni agli antipodi – una post-moderna e una premoderna – ci permettono di cogliere la questione di fondo, che caratterizza la “rottura moderna”: ossia la pretesa che la libertà sostituisca la autorità. Provo a rispondere in 7 tesi, quasi more luterano:

  1. Il mondo moderno celebra la sua novità nella scoperta della libertà e della dignità originaria di ogni soggetto. Di fronte a questa scoperta la Chiesa cattolica ha reagito male, per circa un secolo e mezzo. Contrapponendo l’autorità alla libertà ha creato un immaginario antimodernista in cui Dio è il contrario della libertà.

  2. La Chiesa non era priva di buone ragioni. Avrebbe potuto sviluppare un realismo della “genealogia autorevole della libertà”, non una “difesa antiliberale della autorità”. In effetti ovunque vi sia libertà vi è traccia di una “libertà altra”, che chiamiamo autorità. Senza comunione di autorità, la libertà non può esistere.

  3. Questo intreccio di libertà e autorità è una “condizione del magistero”. Nessuno può insegnare senza considerare la libertà non solo come “fine”, ma anche come “orizzonte”. Una radicale alternativa tra autorità e libertà genera una paralisi del magistero. Questo è l’effetto dell’antimodernismo: parlando solo “ex auctoritate”, si perde ogni autorità.

  4. L’antimodernismo, in quanto ossessione della difesa della autorità contro la libertà, ha segnato non solo la prima metà del XX secolo, ma anche, sia pure sub altera specie, l’ultima parte del secolo e l’inizio del nostro. Se per mediare la tradizione, la si blocca, si rifugge dalla responsabilità e si arretra di fronte alla realtà. “Non possumus” era diventato negli ultimi decenni lo slogan di un magistero che rinunciava in astratto alla autorità (in materie come ordinazione, unzione, traduzione, celebrazione, omelia…) per non perderla in concreto.

  5. Le uniche due eccezioni a questa tendenza dominante sono stati il Concilio Vaticano II, con la sua inerzia fino al decennio successivo, e poi – improvvisamente ma non senza presentimento – dopo 30 anni, papa Francesco, primo papa “figlio” del Concilio. I padri del Concilio, sentendone la dura responsabilità, lo hanno quasi svuotato; il figlio, essendo “irresponsabile”, può attuarlo e viverlo, anzitutto assumendo l’orizzonte di Dignitatis Humanae con serietà.

  6. Il paradosso è questo: chi si interpretava come “tradizionale” interrompeva la tradizione rinunciando all’esercizio della autorità e riconoscendo autorità solo ad un passato idealizzato; chi vuole liberare la Chiesa dalla “autoreferenzialità”, esercita la propria autorità riconoscendo altre autorità e rileggendo il passato in modo dinamico e non univoco.

  7. Nel recente discorso alla “Civiltà Cattolica” papa Francesco ha tradotto i “principi” di EG in modo creativo: inquietudine, incompletezza e immaginazione sono le esigenze vitali della esperienza cristiana. Questa è la “auctoritas” in senso vero e pieno: lasciare al mistero la prima e l’ultima parola, perché possa crescere il dono dello Spirito e si edifichi il corpo di Cristo. Per ricevere quello che si è ed essere quello che si vede. Autorità e libertà in relazione reciproca, senza chiusure e con molta speranza.

Conclusione. Ho citato O’Malley e Tommaso, all’inizio. Voglio chiudere con Routhier/De Certeau e Sartori

  1. Al centro del Vaticano II sta la riscoperta della “auctoritas” e la “traduzione della traditio”. (cit. da G. Routhier)

  2. La difficoltà a recepire questa svolta: la metafora del catenaccio rispetto al gioco all’olandese (cit. da L. Sartori)

Concludo: nel discorso finale del Concilio Vaticano II papa Paolo VI ha parlato della esigenza che la Chiesa aveva di aver di fronte “tutto l’uomo fenomenico”. Non solo l’uomo della autorità, ma anche quello della libertà. Questa sfida riprende con papa Francesco. Essa fa parte della grande tradizione ecclesiale, che sa di dover sempre mediare tra “evidenza” e “autorità”. Questo è stato espresso in modo indimenticabile in una frase di Agostino, nel “de ordine”: “ad discendum item necessario dupliciter ducimur, auctoritate atque ratione. Tempore auctoritas, re autem ratio prior est” (De ord., II, IX, 26 [CCL, XXIX, 121, 2-122, 4]).

Il rapporto con i fenomeni esige il ricorso alla auctoritas per ragioni temporali. Siccome non siamo esseri “immediati”, per le mediazioni dobbiamo sempre iniziare dalla auctoritas. L’altro è parte di noi. Nulla di ciò che propriamente umano lo abbiamo “per sé”, ma sempre “per altro”. Il primato del tempo sullo spazio ci ricorda la delicatezza di questo ricorso strutturale alla autorità. Siccome siamo esseri “storici”, dobbiamo elaborare una esperienza della autorità che si componga da un lato con la “ragione” e dall’altro con la “libertà”. Una teologia “post-liberale” cerca di riflettere fino in fondo su questo punto critico della tradizione. Liberandosi dai fantasmi antimodernistici e recuperando la dinamica autentica di quella tradizione, che non si è mai vergognata di tradurre il Vangelo in nuove parole e in nuove azioni.

In sintesi e conclusivamente: senza libertà l’autorità non vive, ma senza autorità la libertà non nasce.

Andrea Grillo blog: Come se non 26 febbraio 2017

www.cittadellaeditrice.com/munera/senza-liberta-lautorita-non-vive-ma-senza-autorita-la-liberta-non-nasce

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COMMISSIONE ADOZIONI INTERNAZIONALI

Perché la Cai deve passare al ministero degli Esteri

Serve un addetto all’adozione internazionale presso ogni ambasciata. Le buone prassi Usa in Congo.

L’imminente nomina dei nuovi vertici della Commissione Adozioni Internazionali e l’intenzione del Parlamento di mettersi al lavoro per riformare l’attuale legge sulle adozioni aprono inevitabilmente la strada a un netto cambio di rotta nella realtà italiana dell’accoglienza adottiva. Una realtà da troppo tempo in sofferenza che ha visto, negli ultimi anni, un crollo del 50% del numero dei minori stranieri accolti da famiglie italiane e un’Autorità Centrale, per legge preposta al controllo delle procedure adottive, completamente paralizzata e inefficiente.

In particolare il rinnovo dei ruoli di presidente, vicepresidente e direttore generale della segreteria tecnica della Cai deve essere deciso nell’ottica di dare il via, finalmente, a una ripresa delle adozioni internazionali in Italia. Una ripresa che può iniziare da un’importante, quanto indispensabile, svolta a livello istituzionale: il collocamento della Commissione presso il ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.

Una proposta, quest’ultima, già più volte sostenuta nel corso degli anni e ripresentata di recente dal senatore di Area Popolare Aldo Di Biagio in una sua interpellanza al presidente del Consiglio dei Ministri e al ministro per i Rapporti con il Parlamento. In essa, Di Biagio chiedeva al governo una fattiva e immediata riattivazione della Cai e la valutazione della proposta di collocare la Cai presso il Maeci “al fine di garantire un coordinamento delle attività svolte dagli enti autorizzati all’estero e la sussidiarietà delle adozioni di minori nei Paesi in cui l’Italia adotta”.

L’inserimento delle competenze relative all’adozione internazionale tra i compiti di chi si occupa di politica estera, infatti, faciliterebbe di certo le relazioni con tutti i Paesi di origine dei minori adottati, a cominciare dallo scambio di visite tra le rispettive delegazioni. Il primo e fondamentale provvedimento da realizzare, nel quadro di questo spostamento della Cai presso il Maeci, sarebbe l’istituzione di una figura istituzionale ad hoc: quella del funzionario addetto alle adozioni internazionali nelle nostre ambasciate presenti in ciascun Paese in cui le famiglie italiane possono adottare.

Un ministero degli Esteri competente in materia di adozioni internazionali svolgerebbe numerose funzioni – dal controllo e monitoraggio delle procedure adottive alle verifiche sull’operato degli enti fino alla gestione delle relazioni istituzionali con i Paesi di origine -, a cui si aggiungerebbe, rispetto a quelle attuali della Cai, un compito fondamentale. Quello di stabilire se l’Italia debba adottare o no bambini provenienti dai Paesi che non hanno ratificato la Convenzione de L’Aja. Una decisione in merito è quanto mai urgente, visto soprattutto il dibattito scatenatosi a seguito della vicenda delle adozioni dei minori della Repubblica Democratica del Congo, Paese che non ha ratificato la Convenzione. È evidente come il futuro dell’adozione internazionale sia rivolto principalmente all’Africa. La maggior parte dei Paesi africani non ha ratificato la Convenzione de L’Aja e questo impone, da parte dei Paesi di accoglienza, attente e ponderate scelte in materia.

La presenza di un funzionario addetto alle adozioni internazionali nelle diverse ambasciate risolverebbe anche un secondo problema: sarebbe questa figura, infatti, ad affiancare le autorità locali nel dare le garanzie sull’adottabilità dei minori la cui situazione è particolarmente complessa. Un compito che non può essere svolto dagli enti autorizzati: non a caso, infatti, la stessa Convenzione de L’Aja, nelle sue linee guida, ne fa esplicito divieto, anche al fine di prevenire eventuali casi di traffico di minori.

Nella prospettiva di spostare la Cai presso il ministero degli Esteri e di istituire una figura addetta alle adozioni internazionali in ogni ambasciata, il Parlamento potrebbe prendere a esempio il modello americano. L’Autorità Centrale degli Stati Uniti rientra infatti nel Dipartimento di Stato, il ministero degli Esteri di Washington. Il quale, proprio nella Repubblica Democratica del Congo, ha istituito una procedura da seguire per approfondire alcuni aspetti circa l’adottabilità dei minori. Procedura estesa dagli Usa in tutti i Paesi che non hanno ratificato la Convenzione de L’Aja. Questa prevede che gli addetti consolari, in comunicazione con i Servizi per la Cittadinanza e l’Immigrazione degli Stati Uniti (Uscis), attestino, attraverso una apposita modulistica, la reale situazione del minore prima di concedere a quest’ultimo il visto d’ingresso negli Usa. Oltre a riportare le generalità del bambino, gli addetti statunitensi nei Paesi “non-Aja” sono chiamati a fornire una serie di altre informazioni sul minore, per esempio sulla situazione dei suoi genitori o sui sospetti di frode o traffico che vedrebbero al centro il bambino in questione. Solo al termine di queste procedure, il funzionario Usa in loco può confermare la classificazione del minore come orfano o restituire la richiesta all’Uscis per eventuale revoca e quindi blocco della procedura adottiva per il minore

News Ai. Bi. 20 febbraio 2017

www.aibi.it/ita/perche-la-cai-deve-passare-al-ministero-degli-esteri

 

Benvenuta nuova CAI!

Dal decalogo della Boschi il programma di lavoro della Commissione per il rilancio della cultura delle adozioni internazionali. Quelli che si stanno vivendo per ora sono giorni febbrili di continua e costante attesa che vengano ufficializzati i nuovi vertici della CAI (Commissione Adozioni internazionali). Nomi che si rincorrono e che trovano conferma in vari ambienti e da “fonti” diverse.

Insomma la nuova CAI ufficiosamente c’è: manca l’annuncio ufficiale. Quello sarà un “momento epocale” perché finalmente si potrà porre fine a 3 anni di morte lenta delle adozioni e si potrà tornare a lavorare seriamente per il bene dei bambini abbandonati. Sarà il punto di svolta, il giro di boa, in cui il passato sarà buttato alle spalle, si cercherà di mettere insieme i cocci e rilanciare così le adozioni. Finalmente i tre nuovi vertici della Commissione avranno la possibilità di adempiere a un dovere: quello di ripristinare l’immagine della adozione internazionale dopo le campagne diffamatorie de L’ Espresso e, a ruota, di altri media che negli ultimi mesi, non hanno di certo aiutato il settore alimentando confusione e scoraggiamento nelle coppie.

E allora ecco che, sulla falsariga della “ricetta” che Maria Elena Boschi il 20 luglio 2016 scorso in commissione Giustizia alla Camera, nella sua qualità di neo presidente della CAI (Commissione Adozioni internazionali), aveva indicato per tentare di tirare fuori l’adozione internazionale dalle sabbie mobili, ricordiamo “gli ingredienti” necessari.

  1. Le Adozioni Internazionali sono una ricchezza per l’Italia. Innanzitutto la Boschi aveva ribadito la positività delle adozioni internazionali, che devono tornare a crescere. “Le Adozioni Internazionali sono non soltanto un elemento di generosità delle famiglie – aveva dichiarato – che decidono di intraprendere questo percorso ma anche di maggiore ricchezza per il nostro Paese. I nuovi cittadini italiani sono intelligenze, capacità, prospettive future importanti per il nostro Paese e che credo ci abbiano arricchiti in questi anni”.

  2. La CAI è una Commissione e come tale deve operare. La CAI non è un organo monocratico ma collegiale improntato alla logica della trasparenza, confronto e legalità.

  3. Imprescindibile la collaborazione della CAI con gli Enti autorizzati. E’ necessario “ripristinare un rapporto di maggior confronto – aveva precisato Boschi – collaborazione e periodicità con gli enti che poi devono lavorare nei Paesi”. Confronto e collaborazione necessari per evitare di ricadere nella stessa paralisi degli ultimi anni.

  4. La CAI deve tornare ad essere un punto di riferimento per le famiglie. E’ necessario ripristinare una linea dedicata alle famiglie. “La Commissione intende ripristinare anche un accesso diretto – aveva aggiunto – con un numero a disposizione per le famiglie per poter avere un’interlocuzione costante sia nella fase precedente all’adozione che successiva”. Proprio le famiglie, infatti, sono quelle che maggiormente si sono sentite abbandonate negli ultimi tre anni dalla vicepresidente Della Monica.

  5. 62 enti autorizzati sono troppi. Si deve anche valutare (come previsto dalla normativa che disciplina la CAI) la possibilità di “forme di aggregazione e collaborazione tra enti, perché molto numerosi nel nostro Paese”. Per la neo presidente Boschi “più sono gli enti, più è complicata la gestione del rapporto con gli altri Paesi. Eventuali coordinamenti o possibili aggregazioni di quelli più piccoli, può consentire economie di scala o maggiore efficienza sia nei Paesi stranieri sia in Italia”.

  6. Una CAI più “moderna”. E’ necessario aggiornare il DPR 108 (del 2007) che “ormai da dieci anni disciplina la CAI perché sono cambiate le esigenze e anche il tipo di professionalità e di competenze chiamate a contribuire al buon funzionamento della CAI per quanto concerne la relazione con i Paesi esteri, con le famiglie e i percorsi socio educativi”.

  7. Più veloci i tempi delle procedure adottive. Boschi aveva sottolineato che “abbiamo procedure che purtroppo comportano dei tempi ancora abbastanza lunghi, e questa è ovviamente una criticità che viene riscontrata da molti”. Dobbiamo ammettere che “non rispettiamo la tempistica prevista dalla legge – aveva aggiunto – e quindi siamo oltre i 6 mesi e mezzo previsti e sicuramente su questo dobbiamo cercare di intervenire per essere più rispettosi dei tempi”.

  8. Linee guida regionali per procedure omogenee. C’è una “situazione molto eterogenea sul territorio”. E’ quindi necessario istituire “delle linee guida che possono essere più uniformi e possano poi garantire su tutto il territorio italiano delle pratiche simili per non creare disparità tra i nostri cittadini a seconda della regione in cui vivono”.

  9. Una strada per recuperare risorse finanziarie. Anche i costi per adottare un minore continuano ad essere alti con il risultato che scoraggiano le adozioni internazionali. I rimborsi erogati dalla CAI vedono risorse sufficienti per il ‘passato’ ma per il futuro?

  10. Indispensabile uno stretto rapporto con il Ministero degli Affari Esteri. Boschi aveva, infine, precisato che sul fronte internazionale “non è un caso che la CAI debba lavorare in stretta connessione con il MAECI (Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale) proprio perché hanno relazioni internazionali con i Paesi rispetto ai quali si compiono percorsi di adozione internazionale che spesso sono accompagnati da rapporti più ampi di carattere politico istituzionale tra i due Paesi e riguardano progetti di Cooperazione in loco per minori che restano nei Paesi di origine sia sulla formazione degli educatori che vivono nelle strutture e accompagnano il percorso precedente all’adozione e che sono molto importanti e da questo punto di vista il nostro impegno è forte”.

Non rimane altro se non augurare ai nuovi vertici della CAI “Buon lavoro!” ponendo, così, fine a questa assurda stagione di veleni da cui è scaturito un clima odio, mai conosciuto prima: fazioni di enti contro altri enti, famiglie contro famiglie, di schieramenti “pro” e “contro” la CAI, caccia alle streghe, accuse infondate e non verificate, dinamiche e meccanismi da vera e propria macchina del fango

News Ai. Bi. 21 febbraio 2017

www.aibi.it/ita/benvenuta-nuova-cai-dal-decalogo-della-boschi-il-programma-di-lavoro-della-commissione-per-il-rilancio-della-cultura-delle-adozioni-internazionali

Adozione internazionale. Che cosa chiediamo ai nuovi vertici Cai?

  1. Riportare pace nel sistema Italia.

  2. Valorizzare la risorsa famiglia.

  3. Ristabilire la fiducia con i Paesi di origine.

  4. Porgere le scuse a RDC e Bulgaria

In questi giorni si rincorrono sempre più le voci sulla nomina dei vertici della Commissione Adozioni Internazionali. Mercoledì 22 febbraio 2017 il settimanale “Panorama” ne anticipava i nomi: il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi alla presidenza e la presidente del Tribunale per i Minorenni di Firenze Laura Laera alla vicepresidenza. Auspicando che, dopo 3 anni di totale paralisi della Commissione, sia finalmente arrivato davvero il momento di una svolta, Amici dei Bambini rivolge ai futuri vertici della Cai una richiesta nell’interesse dei bambini abbandonati e delle famiglie che intendono adottare. Rimettere in marcia un sistema bloccato da 3 anni non sarà facile e richiederà tante operazioni. Tra queste, Ai.Bi. ne ritiene preminenti e particolarmente urgenti 4.

  1. Innanzitutto riportare la pace e la serenità in un settore che, in passato, si è sempre contraddistinto per la collaborazione costruttiva tra Cai, enti autorizzati e famiglie. Un clima positivo rovinato nell’ultimo triennio, caratterizzato invece da un’atmosfera di odio, di veleni, di caccia alle streghe, di scontri tra i vari attori del sistema messi gli uni contro gli altri. Per uscire da questa situazione si potrebbe prendere a modello un’esperienza già fatta in passato, all’indomani dell’approvazione da parte dell’Italia della Convenzione de L’Aja: gli incontri di Montecatini, che nel 2001 riunirono le “4 gambe del tavolo dell’adozione internazionale” – Cai, Tribunali per i Minorenni, enti autorizzati e servizi pubblici – che diedero vita a un confronto costruttivo in grado di porre le fondamenta del sistema.

  2. In secondo luogo, è necessario tornare a valorizzare le famiglie che, insieme agli enti autorizzati, sono stati i soggetti maggiormente abbandonati a sé stessi negli ultimi 3 anni. È quanto mai urgente, pertanto, ripristinare tutti i servizi dedicati agli aspiranti genitori adottivi – dalla linea verde Cai per le famiglie ai rimborsi delle spese sostenute per l’adozione – e fare in modo che la Commissione e il governo si impegnino per porre un freno al continuo calo del numero di coppie disposte a intraprendere il percorso dell’adozione internazionale. Non dimentichiamo, infatti, che in Italia le coppie sposate senza figli sono 5 milioni e 430mila: moltissime di loro potrebbero rappresentare una risorsa per milioni di bambini abbandonati. Le famiglie devono essere quindi viste come una risorsa da accompagnare prima, durante e dopo lungo un percorso virtuoso come quello dell’adozione. Per farlo è necessario innanzitutto ridare loro fiducia nel sistema.

  3. La ripresa dell’adozione internazionale, inoltre, non può prescindere dal ristabilire dei rapporti di reciproca fiducia tra l’Italia e i Paesi di origine: una relazione positiva assolutamente assente dal 2014. In questi 3 anni, infatti, nessuna delegazione della Cai ha fatto visita ai Paesi di provenienza dei minori adottati e, viceversa, nessuna rappresentanza straniera è stata ricevuta dalla nostra Commissione. Ed è da 5 anni che non viene aperta la possibilità di adottare in alcun Paese del mondo. L’apertura di nuovi Paesi e la ripresa dei contatti con quelli di origine (dalla Bolivia alla Cambogia alla Russia) devono quindi essere tra le priorità dei nuovi vertici della Cai.

  4. Ristabilire dei rapporti positivi con i Paesi di origine deve necessariamente passare dal porgere le scuse, da parte del governo italiano, alle autorità straniere colpite dal fango che l’attuale vicepresidente della Cai, affiancata da alcuni media, sta spargendo su di loro. Non possiamo dimenticare, infatti, la violenta campagna diffamatoria condotta da Silvia Della Monica, dal settimanale “l’Espresso” e, da ultima, anche dalla Rai con la paradossale pseudo-inchiesta di “Presa Diretta”: offese quotidiane, anche con termini di violenza inaudita, contro le autorità di 2 Paesi di origine con i quali l’Italia, in precedenza, aveva sempre avuto rapporti positivi. Stiamo parlando di Repubblica Democratica del Congo e Bulgaria: nel primo caso si sarebbe sviluppata addirittura una “mafia delle adozioni” che strapperebbe dei bambini alle proprie famiglie per farli adottare, mentre nel secondo agirebbe una vasta rete di pedofili negli istituti per minori. Eppure, per quanto riguarda il Congo, più volte è stata sottolineata, anche da rappresentanti delle istituzioni italiane, la grande collaborazione fra i due Paesi che ha portato allo sblocco delle adozioni rimaste ferme dal settembre 2013. Orbene, le autorità del Paese africano, colpite e turbate dalla veemenza inaudita degli attacchi a loro portati da “l’Espresso” e Silvia Della Monica, hanno inviato documenti ufficiali per smentire quanto narrato: prove che però non sono mai state prese in considerazione dalla nostre istituzioni preposte. La Bulgaria, dal canto suo, si è dotata di un sistema adottivo preso a modello da altri Paesi e soprattutto ha condotto una massiccia azione di deistituzionalizzazione che, dal 2009, ha portato alla valorizzazione dell’accoglienza in famiglia, all’introduzione dell’affido famigliare e alla chiusura progressiva, conclusa nel 2015, dei grandi istituti. Che l’Italia porga le scuse alle autorità di questi due Paesi sarebbe quindi il minimo da fare per ristabilire buoni rapporti con le diverse realtà di origine dei bambini adottati.

News Ai. Bi. 23 febbraio 2017

www.aibi.it/ita/che-cosa-chiediamo-ai-nuovi-vertici-cai

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CONSULTORI FAMILIARI

Imperia. Consultorio dell’Associazione Profamilia ONLUS

Programmazione del consultorio per l’anno 2017.

http://associazioneprofamilia.it

 

San Miniato. Sei anni di attività. Resoconti e progetti.

Con il 2017 il Consultorio Familiare Diocesano “Alberto Giani” entra nel suo sesto anno di attività con l’intenzione di consolidare sempre più la sua presenza sul territorio ed i servizi offerti a persone e famiglie. Attività del 2016 Gli accessi ai servizi nell’anno trascorso registrano numeri ancora in aumento degli utenti che hanno richiesto aiuto al Consultorio ed hanno poi deciso di intraprendere un percorso di consulenza. Sono sempre le donne più degli uomini a chiedere aiuto (circa 2/3 del totale), mentre la fascia d’età che manifesta le maggiori crisi è sempre quella della piena maturità (dai 40 ai 50 anni). In leggero aumento anche i casi di consulenze di coppia, dove entrambi i coniugi in crisi si coinvolgono in un percorso di aiuto, in particolare là dove ci sono figli. In quest’ottica il Consultorio vuole favorire un approccio di aiuto più “sistemico” e per questo continua a promuovere percorsi di genitorialità, a cui partecipano i genitori che vivono delle difficoltà sul piano educativo, e percorsi di mediazione familiare rivolti direttamente alle coppie che devono intraprendere o stanno attraversando un percorso di separazione; e per i figli è possibile usufruire dei “Gruppi di Parola”: un percorso di gruppo, a numero chiuso, rivolto in particolare ai bambini e ragazzi dai 6 ai 15 anni che vivono o hanno vissuto la separazione dei propri genitori.

Buona la cooperazione con i servizi del territorio e con le parrocchie: sono sempre di più i parroci che segnalano casi o che indirizzano persone in difficoltà al Consultorio, consapevoli che crescita umana e spirituale vanno sempre di pari passo. Altro segnale positivo è il fatto che la conoscenza del servizio avviene sempre più attraverso il passaparola e i contatti personali, ciò sta a indicare che chi si è rivolto ai servizi del Consultorio ha ottenuto in qualche modo un riscontro positivo.

Prospettive per il 2017 Dal 2017 il Consultorio Familiare, che incentra il suo servizio alla famiglia in un’ottica multidisciplinare che comprende l’ambito psicologico, psico-sociale, pedagogico, ginecologico, sessuologico e giuridico, vuole arricchire la sua offerta sperimentando una forma di aiuto in ambito di economia domestica. Non di rado le difficoltà familiari sono condizionate da gestioni sbagliate del bilancio domestico. Quindi, se richiesto dall’utente e sempre nell’ottica di un lavoro d’equipe, un consulente esperto in economia familiare ed educazione al risparmio potrà fornire aiuti e consigli per una più oculata gestione delle risorse economiche della famiglia. Sono in via di definizione anche nuove forme di collaborazione tra consultori familiari e tribunali ecclesiastici alla luce del Motu proprio di papa Francesco che ha riformato il processo canonico per le cause di nullità matrimoniale. Come ha recentemente ricordato anche il nuovo presidente della Confederazione nazionale dei Consultori di ispirazione cristiana, don Edoardo Algeri, il Motu proprio sollecita le diocesi a dotarsi di strutture adeguate per accompagnare le persone che, dopo il fallimento del matrimonio, intendono verificare la propria situazione di coppia. Un intervento che, oltre alla cura pastorale, richiede accompagnamento psicologico e verifica giuridico-canonistica, ambiti sui quali il Consultorio Familiare Diocesano ha indubbiamente delle competenze da offrire. Infine, sempre con un occhio rivolto alle possibilità di interazione offerte dalle nuove tecnologie, verrà a breve inaugurato un nuovo sito web, al fine di presentare sempre meglio i propri contenuti e raggiungere gli utenti su tutte le piattaforme digitali. Mettersi al servizio dell’unitarietà della persona è un viaggio audace: vuol dire riconciliare l’uomo con la vita e il senso di cui è portatore, sospendendo ogni forma di giudizio e facendo spazio all’accoglienza e alla comprensione dei vissuti che porta. Ci auguriamo che il servizio qualificato del Consultorio Familiare Diocesano possa essere ancora d’aiuto alle persone ad elaborare il proprio dolore, superare le difficoltà e riscoprire la ricchezza del proprio vissuto con la sua presenza di senso.

www.gonews.it/2017/02/24/consultorio-diocesano-alberto-giani-entra-nel-sesto-anno-attivita

 

Toscana. Rete informale regionale dei consultori familiari

http://toscana.forumfamiglie.org/consultori-familiari

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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM

Cremona. ‘Riflessi’: in scena al Monteverdi per progetto del consultorio Ucipem.

Giovedì 23 febbraio 2017 al Teatro Monteverdi verrà messo in scena lo spettacolo Riflessi, inserito nel progetto Bodydidire-dimensione corporea nella relazione con sé e con l’altro presentato dal Consultorio Ucipem di Cremona-Fondazione Onlus. Questo progetto ha ricevuto il contributo di Fondazione Comunitaria Città di Cremona. Lo spettacolo è realizzato dalla Compagnia dei Piccoli in collaborazione con Il Laboratorio Aps, Focr ed il Consultorio Ucipem. Il progetto si propone di accompagnare gli adolescenti nella accettazione e valorizzazione della loro corporeità e di offrire agli adulti di riferimento occasioni di approfondimento e confronto, anche per accorgersi precocemente di segni di disagio. Lo spettacolo offre spunti di riflessione su temi legati alla crescita dei ragazzi, come la costruzione dell’identità, e su nodi problematici legati alla alimentazione, agli attacchi al corpo, all’utilizzo dei social media.

Questa prima presentazione dello spettacolo è rivolta in particolare a genitori, operatori, educatori ed insegnanti con l’obiettivo di far conoscere lo spettacolo e l’opportunità di poter accedere ad altre azioni progettuali ad esso collegate, quali conferenze e attività di gruppo rivolti ad adolescenti, genitori, insegnanti su varie tematiche (corporeità, affettività, problematiche alimentari o attacchi al corpo; adolescenti, corpo e sociale media). Il progetto offre poi la possibilità di consulenze con nutrizionista e psicologo. Lo spettacolo è ad ingresso libero su prenotazione.

Il progetto è anche occasione per sperimentare il lavoro di rete e sensibilizzare la cittadinanza su importanti temi educativi. Il consultorio Ucipem è un servizio di consulenza e orientamento per la famiglia caratterizzato da attenzione primaria alla persona ed alle relazioni interpersonali. Offre la possibilità di ascolto, dialogo e riflessione su tematiche familiari.

www.cremonaoggi.it/2017/02/20/riflessi-spettacolo-scena-23-febbraio-al-monteverdi-progetto-del-consultorio-ucipem

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CONVIVENZE

Mancato versamento della quota di mantenimento del minore

Corte di Cassazione – sesta Sezione Penale, Sentenza n. 2666, 19 gennaio 2017

Cassazione Penale: il mancato versamento della quota di mantenimento del minore da parte del genitore non coniugato non costituisce reato. La Corte di Cassazione, pronunciandosi in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli, ha stabilito che in caso di omesso pagamento dell’assegno da parte del genitore in favore del figlio, il fatto non è previsto dalla legge come reato nel caso in cui il rapporto tra i genitori sia stato solo di convivenza e non di coniugio.

Nel caso in esame, la Corte di Appello di Trieste aveva confermato la responsabilità penale di un padre per aver versato all’ex compagna una somma inferiore a quella fissata dal Tribunale dei minori per il mantenimento del figlio, nonché la condanna alla pena di due mesi di reclusione ed il pagamento di una multa.

Il genitore ha presentato ricorso per Cassazione per i motivi di seguito esposti: innanzitutto, nella sentenza impugnata era stata dedotta la responsabilità del padre senza aver considerato l’intera evoluzione del rapporto dell’imputato con la convivente e senza aver tenuto conto delle difficoltà economiche dell’uomo, dovute anche al pagamento delle rate mensili di due mutui ipotecari di un immobile cointestato con la donna, la quale si rifiutava di prestare il consenso per la rinegoziazione del mutuo stesso.

La Cassazione, prendendo in esame il caso sopra esposto, con riferimento al reato contestato al genitore, di cui alla Legge 8 febbraio 2006 n. 54, articolo 3 (disposizioni penali), ha precisato che: “mentre in caso di separazione dei genitori coniugati, ovvero di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio si applicano tutte le disposizioni previste dalla Legge n. 54 del 2006, per quanto riguarda i figli di genitori non coniugati il riferimento ai “procedimenti relativi” agli stessi assolve alla funzione di circoscrivere l’ambito delle disposizioni applicabili a quelle che concernono i procedimenti indicati dalla Legge n. 54 del 2006, e che sono quelli civili di cui all’articolo 2, e non anche alle previsioni normative che attengono al diritto penale sostanziale”.

In sostanza, la Corte di Cassazione ha ritenuto che il fatto oggetto della sentenza impugnata non è previsto dalla legge come reato, escludendo che, nel caso in esame, il fatto possa essere riqualificato a norma dell’articolo 570 del codice penale, comma 2, n. 2 (violazione degli obblighi di assistenza familiare). Continua la Cassazione sottolineando che agli atti si è dedotto che il genitore ha solo ritardato parzialmente nell’adempimento di quanto pattuito, complessivo di euro 200,00, in seguito alle difficoltà economiche sopraggiunte allo stesso.

Pertanto, per i motivi esposti, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata senza rinvio.

Francesca Russo news Filo diritto 20 febbraio 2017

Sentenza www.filodiritto.com/documenti/2017/cassazione-penale-mantenimento-figli.pdf

www.filodiritto.com/news/2017/figli-cassazione-penale-il-mancato-versamento-della-quota-di-mantenimento-del-minore-da-parte-del-genitore-non.html?utm_source=Filodiritto&utm_medium=email&utm_campaign=Newsletter+632

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DALLA NAVATA

VIII Domenica del Tempo ordinario – Anno A – 26 febbraio 2017

Isaia 49, 15. Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai.

Salmo 62, 09. Confida in lui, o popolo, in ogni tempo; davanti a lui aprite il vostro cuore.

1 Corinzi 04, 05. Non vogliate perciò giudicare nulla prima del tempo, fino a quando il Signore verrà.

Matteo 06, 33. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.

 

Commento di Enzo Bianchi, priore emerito a Bose (BI).

Non potete servire Dio e Mammona!

Sempre all’interno del “discorso della montagna” Gesù indica ai discepoli la “giustizia” che trascende quella praticata da scribi e farisei (cf. Mt 5,20). La giustizia che egli chiede è conformità alle esigenze dell’alleanza, la quale esige innanzitutto un’opzione di vita, di comportamento. Per questo le parole di Gesù non allettano gli ascoltatori, ma li mettono in guardia fino a scoraggiarli: “Nessuno può servire due signori (kýrioi)”. Com’è possibile che ci siano molti signori? Certo, c’è un solo Dio e un solo Signore, ma gli umani fabbricano, creano dèi e signori ai quali prestare adorazione e servizio. Lo ricorda anche l’Apostolo Paolo ai cristiani di Corinto: “In realtà, anche se vi sono cosiddetti dèi sia nel cielo che sulla terra – e difatti ci sono molti dèi e molti signori (kýrioi) –, per noi c’è un solo Dio … e un solo Signore, Gesù Cristo” (1Cor 8,5-6).

Tra i signori creati dagli esseri umani vi è Mammona, il denaro, la ricchezza. Gesù si serve di un termine aramaico, Mamòn, presente anche negli scritti di Qumran nell’espressione “Mammona d’iniquità” (che ricorre significativamente, in greco, anche in Lc 16,9), quasi a personificare questa potenza che aliena gli uomini e le donne, li rende suoi schiavi, chiedendo loro di porre in lei la loro fiducia (non a caso il termine è legato alla radice semitica ’aman, che indica l’aderire con fede). Sì, le ricchezze e il denaro, mezzo decisivo del rapporto tra gli uomini e i beni materiali, mezzo al quale non è possibile sottrarsi, possono diventare dei signori, dei padroni, capovolgendo la logica del rapporto: da strumento, da mezzo di servizio, a padroni che chiedono di essere serviti. La ricchezza diventa allora facilmente un idolo e “l’idolo è un falso antropologico, prima di essere un falso teologico” (Adolphe Gesché). Ecco perché il discepolo di Gesù, chiamato a diventare un servo del Dio vivente, non può prestare alcun servizio al dio denaro, non può restare in un silenzio complice quando la ricchezza, come un Moloch, divora i poveri, quelli che per l’appunto mancano del denaro e dei beni di sussistenza.

C’è un’alternativa secca di fronte a ciascuno di noi nel rapporto con la ricchezza: o la si condivide, fino a sapersi spogliare di essa, oppure essa ci aliena, ci rende schiavi. E certo non è difficile essere consapevoli di questa realtà, la quale oggi più che mai ha la sua epifania sotto i nostri occhi: profitto, guadagno, possesso, lusso in mano a pochi, e d’altra parte povertà fino alla fame per la maggior parte dell’umanità. È questione di libertà da se stessi, di giustizia nel rapporto con gli altri. Quando una persona vive per l’accumulo di ricchezza, pensa di trovare sicurezza nel possedere sempre di più e guarda al denaro come a uno strumento di salvezza della propria vita, allora nel suo cuore non c’è più posto né per gli altri né per Dio. Il discepolo deve dunque scegliere, senza tentare compromessi, sulla base di un discernimento che impone un aut aut: o il servizio al Dio vivente e liberatore, oppure la schiavitù al dio Mammona, alla ricchezza che aliena e acceca. Non si può appartenere a Dio e al denaro, non si può sperare nell’uno e nell’altro, non si può avere fede nell’uno e nell’altro.

Per resistere a questa potenza malefica, Gesù indica allora un primo atteggiamento da assumere come segno della fede, dell’adesione al Signore: “Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete”. Nell’accogliere questa esortazione occorrono discernimento e intelligenza: Gesù non è un sognatore che non conosce e non aderisce alla realtà, sa bene che la vita è un duro mestiere e che per vivere occorre faticare, lavorare ed essere anche previdenti. Nessuna ingenuità! E certo queste parole possono essere stravolte se gridate ai poveri, agli affamati… Le parole di Gesù pongono invece l’accento su un atteggiamento errato, quello della preoccupazione (merímna), cioè quell’ansia ossessiva che si impadronisce delle persone, si insinua nel loro cuore e finisce per muoverle, togliendo loro ogni possibilità di reazione e di resistenza. Sempre nel vangelo secondo Matteo viene ricordata un’affermazione di Gesù sulla “preoccupazione (merímna) mondana e la seduzione della ricchezza che soffocano la Parola seminata nel cuore degli ascoltatori” (cf. Mt 13,22). Preoccupazione significa essere occupati soprattutto da qualcosa, e se l’oggetto della preoccupazione è il denaro, la sicurezza della vita, allora il cuore è sequestrato da una philautía, da un amore narcisistico di sé che impedisce ogni relazione e comunione.

Per questo Gesù invita a guardare gli uccelli del cielo, a contemplare i gigli dei campi. Sguardo poetico? Sì, ma non solo. Attraverso questa contemplazione si tratta infatti di porci nel mondo credendo alla bontà della vita, alla presenza di Dio, al suo amore che non va mai meritato. Si tratta di sentirci amati, di percepire che esistiamo grazie a qualcuno che ci ha voluti e creati e anche per qualcuno. C’è un’altra parola di Gesù che dobbiamo accostare a quella sugli uccelli de cielo, per capirla meglio. Quando Gesù dice: “Non cade a terra un passero senza il Padre vostro” (cf. Mt 10,29), non dice che un passero cadrà perché Dio lo vuole, ma che non cadrà abbandonato da Dio! E così, guardando i gigli dei campi colorati e tessuti in modo molto più bello degli splendidi vestiti di Salomone, possiamo almeno intuire la cura che Dio ha per tutte le sue creature e dunque anche per noi, che siamo suoi figli e figlie.

Questa è la vera provvidenza di Dio! Non un’affermazione che ci spinge al disimpegno, che ci invita solo a un’attesa passiva dell’intervento di Dio, che ci induce all’irresponsabilità, ma una fede che ci fa credere all’essenziale, liberandolo da tutto ciò che ostacola la pienezza della vita. “Dio pro-vede” significa che egli vede anticipatamente, vede prima e vede “in favore di”. Qui sta il fondamento della fiducia in Dio, fiducia come atto semplice di adesione, come capacità di contare su di lui e abbandonarsi al suo amore. Il discepolo deve bandire da sé il tipico atteggiamento dell’uomo religioso pagano: non moltiplicare le preghiere per essere esaudito, non affaticare Dio con richieste insistenti (cf. anche Mt 6,7-8), non vivere con angoscia e paura davanti a lui, ma semplicemente credere che egli è un Padre che ama anche chi non lo merita, chi non è capace di meritare il suo amore.

Se c’è un compito sempre urgente per il discepolo, esso consiste nella ricerca del regno di Dio: occorre cioè cercare che Dio regni veramente nella nostra vita, vivendo quella giustizia che richiede condivisione di ciò che si ha, comunione in ciò che si spera, saldezza fiduciosa in ciò che si crede. Questo atteggiamento non è facile: sovente siamo in ansia, temiamo soprattutto quando guardiamo al futuro, al domani, in particolare se siamo anziani e la precarietà ci invade. Ma proprio in questa vita che passa ci è chiesto di aderire all’“oggi di Dio”, senza voler assicurarci il domani né possederlo: il domani è di Dio e non ci appartiene. Arte del cristiano è dunque ricordare il passato; vivere l’oggi, l’hic et nunc, come adesione alla realtà e ora decisiva dell’ascolto della voce di Dio (“Ascoltate oggi la sua voce!”: Sal 95,7); andare verso il futuro, nella certezza che in esso c’è la venuta del Signore, la vita eterna.

http://www.monasterodibose.it/preghiera/vangelo/11247-non-potete-servire-dio-e-mammona

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EUROPA

Diritto della Famiglia e dei Minori

Corte Giustizia Unione Europea 15 Febbraio 2017.

Competenza in materia di responsabilità genitoriale – Regolamento (CE) n. 2201/2003 – Articoli da 8 a 15 – Competenza in materia di obbligazioni alimentari – Regolamento (CE) n. 4/2009 – Articolo 3, lettera d) – Decisioni contrapposte emesse da giudici di Stati membri differenti – Minore che risiede abitualmente nello Stato membro di residenza della madre – Competenza dei giudici dello Stato membro di residenza del padre a modificare una decisione passata in giudicato da essi precedentemente adottata e riguardante la residenza del minore, le obbligazioni alimentari e l’esercizio del diritto di visita.

L’articolo 8 del regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, e l’articolo 3 del regolamento (CE) n. 4/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari, devono essere interpretati nel senso che, in un procedimento come quello principale, i giudici dello Stato membro che hanno adottato una decisione passata in giudicato in materia di responsabilità genitoriale e di obbligazioni alimentari riguardanti un figlio minore non sono più competenti a pronunciarsi su una domanda di modifica dei provvedimenti adottati con tale decisione, qualora la residenza abituale del minore si trovi nel territorio di un altro Stato membro. La competenza a pronunciarsi su tale domanda spetta ai giudici di quest’ultimo Stato membro.

Dr Giuseppe Buffone Il Caso.it, n.16778 23 febbraio 2017

Testo www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/16778.pdf

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FRANCESCO VESCOVO DI ROMA

Papa ai parroci: siate vicini alle coppie in ogni situazione

Siate vicini alle coppie in ogni situazione: alle unioni celebrate in Cristo come alle unioni civili, alle famiglie felici e infelici. E’ quanto chiede il Papa nel discorso ai partecipanti al corso di formazione, per i parroci, sul nuovo processo matrimoniale, promosso dal Tribunale della Rota Romana. Il corso ha preso il via mercoledì scorso e si conclude oggi. Francesco, che ha ricevuto i partecipanti stamani in Vaticano, ribadisce la necessità di una lunga preparazione al matrimonio, da vivere non come un fatto sociale ma come vero Sacramento.

I parroci sono chiamati ad essere “compagni di viaggio”, che testimoniano e sostengono le persone, in ogni situazione: “Nessuno meglio di voi conosce ed è a contatto con la realtà del tessuto sociale nel territorio, sperimentandone la complessità variegata: unioni celebrate in Cristo, unioni di fatto, unioni civili, unioni fallite, famiglie e giovani felici e infelici”. Nella maggior parte dei casi, infatti, i parroci sono i primi interlocutori dei giovani che desiderano il Sacramento del matrimonio. Non solo. A loro si rivolgono i coniugi che hanno seri problemi e hanno bisogno di riscoprire la grazia del Sacramento.

Il corso di formazione sul nuovo processo matrimoniale era indirizzato infatti proprio ai parroci, con l’obiettivo di approfondire quanto proposto nel Sinodo sul tema “Matrimonio e famiglia”, poi recepito e integrato nell’Esortazione ApostolicaAmoris Lætitia” e quindi tradotto nei due specifici provvedimenti, i Motu proprio Mitis Iudex e Misericors Jesus. Il Papa quindi loda queste iniziative di studio.

Catecumenato per sposi: preparare i fidanzati e poi seguire le giovani coppie. La prima cosa che Francesco chiede è che si testimoni la grazia del Sacramento del matrimonio fra uomo e donna, sia nella preparazione per i fidanzati sia, poi, nell’accompagnare le giovani coppie, aiutandole a vivere “nei momenti di gioia e in quelli di fatica”: “Ma io mi domando, quante volte o quanti di questi giovani che vengono ai corsi prematrimoniali capiscano cosa significa ‘matrimonio’ e il segno dell’unione di Cristo e la Chiesa. ‘Sì, sì’, dicono di sì; ma capiscono, questo? Hanno fede in quello? Sono convinto che ci voglia un vero catecumenato per il Sacramento del matrimonio e non fare la preparazione con due o tre riunioni e poi andare avanti”.

Francesco chiede quindi ai parroci di realizzare questo catecumenato dei futuri sposi. Una necessità già espressa nel recente discorso alla Rota Romana: “Vi incoraggio ad attuarlo nonostante le difficoltà che potrete incontrare. Credo che la difficoltà più grande sia pensare o vivere il matrimonio come un fatto sociale – ‘noi dobbiamo fare questo fatto sociale’ – e non come un vero Sacramento che vuole una preparazione lunga. Lunga”.

Il matrimonio è “icona di Dio”. L’amore di Dio Uno e Trino e l’amore fra Cristo e la Chiesa devono essere quindi al centro della catechesi matrimoniale.

Non presentarsi come esperti di norme giuridiche. Bisogna anche sostenere quanti si sono resi conto che “la loro unione non è un vero matrimonio sacramentale e vogliono uscire da questa situazione”: “In questa delicata e necessaria opera fate in modo che i vostri fedeli vi riconoscano non tanto come esperti di atti burocratici o di norme giuridiche, ma come fratelli che si pongono in un atteggiamento di ascolto e di comprensione”.

Vicinanza ai giovani che convivono senza sposarsi. Francesco chiede poi di farsi prossimi e accogliere quei giovani che preferiscono convivere senza sposarsi. “Sono fra i poveri e i piccoli”, verso i quali la Chiesa vuole essere madre che non abbandona: “Anche queste persone sono amate dal cuore di Cristo. Abbiate verso di loro uno sguardo di tenerezza e di compassione. Questa cura degli ultimi, proprio perché emana dal Vangelo, è parte essenziale della vostra opera di promozione e difesa del Sacramento del matrimonio”.

La parrocchia è infatti il luogo, per antonomasia, della salvezza delle anime, come insegnava il Beato Paolo VI. Bisogna quindi essere ministri di consolazione specialmente fra le persone più fragili.

Debora Donnini Notiziario Radio vaticana -25 febbraio 2017

http://it.radiovaticana.va/radiogiornale

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MINORI MIGRANTI

Nessuna famiglia per i minori stranieri non accompagnati?

Il Ddl Zampa rischia lo stop. La giusta accoglienza per i minori stranieri non accompagnati è ancora in pericolo. Il disegno di legge in materia rischia infatti lo stop, a un passo dal traguardo. Il testo del Ddl, approvato alla Camera e sostenuto da gran parte del Parlamento oltre che dalle organizzazioni umanitarie, è stato emendato in 3 punti su richiesta della commissione Bilancio di Palazzo Madama. Davanti all’eventualità di uno stop, i soggetti del Terzo Settore che si occupano di accoglienza dei minori migranti lanciano un appello alle forze politiche affinché si arrivi a una immediata approvazione di una legge il cui iter va avanti ormai da oltre 3 anni.

I tempi delle istituzioni quindi non riescono a tenere il passo di un’emergenza a cui le istituzioni stesse dovrebbero trovare una soluzione. Il numero dei minori stranieri non accompagnati sbarcati in Italia è raddoppiato nel giro di un anno, passando dai 12.360 del 2015 ai 25.846 del 2016. E a gennaio 2017 si è registrato una quantità di sbarchi di minorenni soli superiore del 24% rispetto a quelli dello stesso mese dell’anno scorso. Il Ddl che dovrebbe garantire a questi giovanissimi migranti, spesso addirittura bambini, un’accoglienza a misura di minore procede invece lentissimo. Dopo essere rimasto chiuso in cassetto della commissione Giustizia della Camera per 3 anni, il Ddl ha ottenuto il via libera di Montecitorio il 26 ottobre 2016, con parere favorevole anche del ministero dell’Economia.

L’ampio consenso trasversale da parte dei parlamentari di maggioranza e di opposizione, rafforzato anche dal sostegno delle associazioni e organizzazioni che lavorano ogni giorno per i minori stranieri non accompagnati, faceva sperare in una rapida approvazione anche da parte del Senato. Dove però il Ddl si è arenato di nuovo. Sulla base di un parere della Ragioneria di Stato, infatti, la commissione Bilancio ha chiesto ulteriori modifiche alla legge. Fatte queste, il testo dovrà tornare alla Camera per il varo definitivo, con tutti i rischi legati alle attuali difficoltà del calendario. L’eventualità di una conclusione anticipata della legislatura, infatti, vanificherebbe un lavoro di anni. Preoccupata la prima firmataria della proposta, la deputata del Pd Sandra Zampa: “Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Anna Finocchiaro – dice – si è formalmente impegnata dopo il sì del Senato, si tornerà alla Camera immediatamente”.

Ma le organizzazioni che si occupano di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati lanciano l’allarme sul rischio che la legge non veda la luce, esponendo i giovani migranti a sofferenze e pericoli di ogni tipo. “I bambini e i ragazzi cui si rivolge questa legge – dicono le associazioni – hanno aspettato troppo a lungo. Il tempo per ogni bambino è una variabile fondamentale. Ogni giorno che passa senza un sistema nazionale di protezione porta nuove sofferenze”. Per questo viene lanciano un appello alle Camere e al Governo per arrivare a una veloce approvazione della legge. Uno “strumento fondamentale di civiltà e tutela di bambini e adolescenti soli che il nostro Paese ha il dovere di proteggere in quanto minori, ancora prima e a prescindere dalla loro condizione di migranti e di profughi”.

Il Ddl, tra le altre cose, promuove l’affido familiare dei minori stranieri non accompagnati, la figura del tutore, le cure sanitarie e l’accesso all’istruzione. Tasselli fondamentali per la loro protezione e integrazione non più rimandabili. Che però ora rischiano di restare lettera morta.

Di seguito riportiamo integralmente la nota congiunta delle organizzazioni che hanno aderito all’appello alle forze politiche affinché il Ddl Zampa venga approvato al più presto:

Minori stranieri non accompagnati: le Associazioni e Organizzazioni sostenitrici della legge per l’accoglienza e protezione in esame al Senato lanciano un appello a Capigruppo e Presidenti Parlamentari per una rapida approvazione definitiva. Dopo la discussione di ieri in aula al Senato della proposta di legge “Disposizioni in materia di protezione dei minori stranieri non accompagnati”, (S.2583 Zampa e altri) e il successivo rinvio della votazione degli emendamenti e del testo a martedì prossimo 28 febbraio 2017, le Associazioni e Organizzazioni, che si occupano di tutela dei diritti e sostengono la proposta di legge, esprimono forte preoccupazione per gli ulteriori ritardi nell’approvazione definitiva.

Nel testo di un appello congiunto inviato oggi dalle Associazioni e Organizzazioni firmatarie – Actionaid Italia, Ai.Bi. Amici dei Bambini, Amnesty International Sezione Italiana, Caritas italiana, Centro Astalli, Consiglio Italiano per i Rifugiati, Cnca, Comitato italiano per l’Unicef, Comunità di Sant’ Egidio, Emergency, Oxfam Italia, Save the Children Italia, Terre des Hommes Italia – ai Capigruppo e ai Presidenti di Camera e Senato, si ricorda che a seguito dell’approvazione in prima lettura alla Camera dei Deputati, avvenuta lo scorso 26 Ottobre, la proposta di legge è ora all’esame del Senato, al quale le stesse organizzazioni guardavano con fiducia auspicando una definitiva approvazione della stessa. Tuttavia, si legge nell’appello, tale risultato è stato compromesso a causa di ulteriori modifiche richieste dalla Commissione Bilancio del Senato sulla base di un parere della Ragioneria di Stato, dopo che, alla Camera, il testo aveva già ottenuto il parere favorevole da parte del Ministero dell’Economia e della Finanza, rendendo così inevitabile un ulteriore passaggio alla Camera.

Preoccupate per questo ulteriore passaggio, le Associazioni e le Organizzazioni firmatarie della lettera inviata ai Parlamentari, auspicano che ciò non si traduca in un ulteriore stallo della proposta che finalmente, dopo oltre tre anni di attesa, è prossima a diventare legge dello Stato.

Nell’appello viene inoltre sottolineato come il testo precedentemente approvato alla Camera sia stato ampiamente condiviso, oltre che dalle diverse forze politiche e dal Governo, anche dalle Associazioni e Organizzazioni che a vario titolo lavorano ogni giorno con i minori stranieri non accompagnati e che hanno fornito contribuiti utili alla proposta durante il suo iter.

Nel testo della lettera si segnala che solo nell’ultimo anno il numero dei minori stranieri non accompagnati giunti sulle nostre coste è raddoppiato rispetto all’anno precedente, con quasi 26.000 arrivi, e appaia quindi evidente che un approccio emergenziale non sia più accettabile.

Nel rivolgere il loro appello ai Parlamentari affinché si giunga al più presto ad una approvazione definitiva, non più rinviabile, le Associazioni e Organizzazioni firmatarie sottolineano che i minorenni destinatari di questa legge attendono ormai da anni un sistema di accoglienza e protezione adeguati, ed ogni giorno in più di attesa può tradursi in un’accoglienza inadeguata e in una tutela inefficace, che li espone a gravi rischi.

Fonti: Avvenire, Vita news Ai. Bi. 24 febbraio 2017

www.aibi.it/ita/migranti-il-ddl-zampa-rischia-lo-stop

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NULLITÀ DEL MATRIMONIO

L’annullamento del matrimonio civile

Con l’espressione annullamento del matrimonio si intende un procedimento volto a far perdere efficacia al vincolo non per il venir meno della c.d. affectio coniugalis quanto piuttosto per la presenza di vizi.

Le cause di invalidità sono quattro: la presenza di impedimenti (siano essi assoluti o relativi), l’incapacità naturale di un coniuge, i vizi della volontà e la simulazione.

Gli impedimenti. Come già accennato gli impedimenti possono essere di due tipi, assoluti o relativi. Si parla di impedimenti assoluti se la persona a cui ci si riferisce non può contrarre matrimonio con alcuno, si parla invece di impedimenti relativi se la persona non può contrarre matrimonio con un soggetto determinato.

Gli impedimenti a loro volta possono essere distinti in dispensabili ed indispensabili, a seconda che possano essere superati, o meno, dalla contrazione del vincolo.

È impedimento assoluto l’età, dal momento che chi intende sposarsi deve aver compiuto il diciottesimo anno di età o, se minorenne (ma almeno deve aver compiuto il sedicesimo anno di età) abbia ottenuto l’autorizzazione del Tribunale dei minorenni (in tal caso diviene emancipato). Sono altresì impedimenti assoluti l’interdizione giudiziale (provvedimento scaturente da una gravissima infermità di mente), la non libertà di stato (esistenza di un vincolo coniugale) e il c.d. lutto vedovile che preclude alle donne di poter contrarre il vincolo entro trecento giorni dall’evento estintivo del precedente matrimonio.

Si parla di impedimenti relativi laddove sussistano dei rapporti familiari tra i coniugi o se l’uno abbia commesso omicidio (anche tentato) e non possa sposare il coniuge della sua vittima.

Incapacità naturale. Non solo l’interdizione esclude la validità del vincolo, ma finanche uno stato di mente tale da escludere la capacità di intendere e di volere, qualunque ne sia la causa (permanente o transitoria) se sussistente al momento del vincolo.

I vizi della volontà. Non sono molto dissimili rispetto a quelli di un contratto (non dimentichiamo che il matrimonio è un negozio giuridico senza connotati patrimoniali, parametro che lo differisce dal contratto) e sono l’errore, il timore di eccezionale gravità e la violenza. L’errore riguarda qualità personali del coniuge ed assume rilievo a condizione che sia essenziale, ovvero in assenza di esso un coniuge non avrebbe contratto il vincolo. La violenza è rilevante se esercitata da un coniuge per indurre l’altro a sposarsi mentre il timore di eccezionale gravità è quella condizione che induce un coniuge, sottoposto a pressioni intense sia famigliari che sociali, a sposarsi.

La simulazione. Nasce da un accordo intercorrente tra i coniugi e diretto ad impedire che il matrimonio produca i suoi effetti. Con l’accordo simulatorio le parti addivengono al vincolo ma mirano ad escluderne tutti gli effetti. La simulazione assume rilievo solo se esiste un accordo tra ambedue i coniugi.

La proposizione della domanda. Ai fini della legittimazione attiva si fa riferimento al disposto dell’art. 117 c.c. che qui di seguito si riporta: “Il matrimonio contratto con violazione degli articoli 86, 87 e 88 può essere impugnato dai coniugi, dagli ascendenti prossimi, dal pubblico ministero e da tutti coloro che abbiano per impugnarlo un interesse legittimo e attuale. Il matrimonio contratto con violazione dell’articolo 84 può essere impugnato dai coniugi, da ciascuno dei genitori e dal pubblico ministero. La relativa azione di annullamento può essere proposta personalmente dal minore non oltre un anno dal raggiungimento della maggiore età. La domanda, proposta dal genitore o dal pubblico ministero, deve essere respinta ove, anche in pendenza del giudizio, il minore abbia raggiunto la maggiore età ovvero vi sia stato concepimento o procreazione e in ogni caso sia accertata la volontà del minore di mantenere in vita il vincolo matrimoniale. Il matrimonio contratto dal coniuge dell’assente non può essere impugnato finché dura l’assenza. Nei casi in cui si sarebbe potuta accordare l’autorizzazione ai sensi del quarto comma dell’articolo 87, il matrimonio non può essere impugnato dopo un anno dalla celebrazione. La disposizione del primo comma del presente articolo si applica anche nel caso di nullità del matrimonio previsto dall’articolo 68”.

Avv. Daniele Paolanti newsletter Studio Cataldi 20 febbraio 2017

www.studiocataldi.it/articoli/25100-l-annullamento-del-matrimonio.asp

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OBIEZIONE DI COSCIENZA

Il concorso per soli abortisti.

«Un bando simile contrasta sia con la legge 194, sia con la Costituzione»: non ha dubbi Francesco Saverio Marini, il costituzionalista che è contemporaneamente prorettore dell’università Tor Vergata di Roma e consulente giuridico presso l’Istituto superiore di sanità.

Professore, quali sono i principi costituzionali violati?

Certamente le libertà religiosa e di coscienza, che si ricostruisce da un insieme di norme. In questo caso mi sembra che rilevino in modo particolare l’articolo 13, posto a tutela della libertà personale, ma anche l’articolo 3, che non ammette discriminazioni nell’accesso all’organizzazione economica del Paese.

Diceva però che il concorso della regione Lazio viola anche la stessa legge 194/1978

In effetti la possibilità di sollevare obiezione di coscienza, prevista dal suo articolo 9, ha come finalità quella di evitare conseguenze pregiudizievoli a chi esercita questo diritto. Ma se dei medici vengono esclusi da un pubblico concorso, o peggio ancora licenziati perché decidono di non praticare più interruzioni di gravidanza, mi sembra evidente l’illegittimità del bando e del contratto di lavoro.

Com’è dunque possibile che produca effetti un provvedimento contrario non solo alla legge, ma anche alla Costituzione?

Alcune ricostruzioni giornalistiche hanno affermato che il bando in questione avrebbe superato il vaglio del Tar. Ma nella banca dati della giustizia amministrativa non si trova nessuna sentenza al riguardo. Una cosa è certa: giusto o sbagliato che sia, perché un atto amministrativo illecito venga annullato serve un’impugnazione entro precisi termini. Se nessuno la propone, il provvedimento conserva valore.

E se altre regioni seguissero l’esempio del Lazio?

In questo caso, una volta emanato il nuovo bando, chi ha interesse potrebbe rivolgersi al Tar.

Il governatore del Lazio si difende: per lui, l’elevato numero di obiettori attenta alla corretta applicazione della legge 194.

Lettera e spirito della legge sono diversi da quelli che spesso vengono fatti passare. La 194 consente infatti l’aborto in casi estremi, quali il grave rischio per la salute fisica o psichica della madre, ma contemporaneamente impone di rimuovere, per quanto possibile, tutte le cause che possono portare all’interruzione di gravidanza.

Giuridicamente inteso, quello di abortire non è dunque un diritto?

Direi di no, anche se a volte la giurisprudenza l’ha fatto credere.

Qualcuno potrebbe dire: ma la Costituzione tutela anche la salute della donna.

Certo, e la legge 194 nasce proprio questi due diritti: quello alla salute, portato dalla donna, e quello alla vita, portato dal feto. Prima di sacrificarne uno, quello del bimbo, evidentemente, bisogna fare tutto il possibile perché entrambi possano coesistere. È in questo senso che bisognerebbe applicare correttamente la 194.

Marcello Palmieri Avvenire 23 febbraio 2017

www.avvenire.it/attualita/pagine/una-pratica-illegittima-che-va-subito-impugnata

 

Il giurista. «Si utilizza una decisione amministrativa a fini politici»

Vincenzo Antonelli, docente di diritto alla Luiss: «L’intento è scardinare la legge, che prevede un’alleanza tra gestante e medico, non certo un dissidio»

«Si utilizza una decisione amministrativa a fini politici»

«Una questione giuridica rilevante e attuale».

Sulla natura del bando che discrimina i medici non obiettori, Vincenzo Antonelli non ha dubbi. E se lo dice lui, docente di diritto amministrativo e sanitario alla Luiss di Roma, è difficile non riflettere.

Professore, qual è il problema di fondo?

Che in questo caso si utilizza una decisione amministrativa, e cioè la pubblicazione del bando, per raggiungere un fine politico. Cosa significa? La legge 194 del 1978 riconosce l’obiezione, e già opera un equilibrio tra la libertà del medico e la volontà della donna. Pubblicare un simile bando significa tentare di eludere la norma, dunque introdurre un elemento che i rappresentanti della volontà popolare non avevano voluto considerare: la divisione dei medici in obiettori e non obiettori, con carriere separate.

Sembra quasi che la Regione abbia voluto compiere una scelta creativa.

Sì, ma non è certo nelle sue competenze. La disciplina dell’obiezione di coscienza non rientra nelle competenze legislative regionali Stato, alle Regioni spetta solo l’organizzazione dei servizi sanitari. Secondo molti, questo bando discrimina i medici. Certamente. Ma a mio avviso crea un meccanismo ancora peggiore: mette contro medico e gestante, ed è la cosa più sbagliata. Non bisogna dare l’impressione che vi siano due libertà antagoniste, ma valorizzare al massimo l’alleanza tra la donna e il sanitario. Ed è ovvio che presentare un medico con il marchio “obiettore” o “non obiettore” risulta assolutamente fuori da questa visione.

Tecnicamente, quali parole usa il bando per discriminare i medici non obiettori?

È nel particolare che si annida l’equivoco. Il bando prevede l’assegnazione di un posto di dirigente medico per l’applicazione della legge 194/1978 sull’interruzione di gravidanza e impone al candidato di essere «disponibile» a prestare il servizio. Non utilizza i termini “obiettore” o “non obiettore”, perché in questo caso la discriminazione sarebbe stata palese. Preferisce richiamare in modo criptico quella legge e imporre al candidato la disponibilità ad applicarla.

A senso unico però: quella legge presenta l’aborto non come un servizio, ma come ultima spiaggia in una situazione drammatica.

Ed è proprio così. Tra l’altro, più che per l’assunzione di un medico ostetrico, sembra un bando per la gestione del presunto servizio d’interruzione di gravidanza. E poi bisogna considerare che l’amministrazione pubblica dovrebbe ricercare un medico perché vale, e non sulla scorta del fatto che sia o meno obiettore.

Mettiamo che un medico non obiettore vinca quel posto, e poi maturi un diverso convincimento. Cosa gli potrebbe succedere?

Se l’impiego è avvenuto con un bando simile, il rifiuto di procedere a un’interruzione di gravidanza farebbe venir meno il motivo stesso dell’assunzione. Tecnicamente sarebbe dunque un caso d’inadempimento contrattuale, da cui potrebbe scaturire il licenziamento.

Se invece a sollevare obiezione di coscienza fosse un qualsiasi altro ostetrico d’Italia?

Verrebbe tranquillamente destinato a far altro, all’interno della stessa struttura ospedaliera. Ma è proprio questo il problema romano: che l’assunzione è esclusivamente finalizzata all’interruzione volontaria di gravidanza, e non al servizio di ostetricia e ginecologia della struttura ospedaliera.

Su tutta questa vicenda aleggia un sospetto: che si voglia sponsorizzare il San Camillo come centro di riferimento per gli aborti.

Una cosa è certa: la vera sfida di un buon ospedale è quella di potenziare tutti i servizi per la tutelare la salute dei pazienti. Madri e bimbi compresi.

Marcello Palmieri Avvenire 24 febbraio 2017

www.avvenire.it/attualita/pagine/si-utilizza-una-decisione-amministrativa-a-fini-politici

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OMOADOZIONE

Adozione per le coppie gay? Possono diventare un padre e una madre per un bambino abbandonato?

I profondi mutamenti che hanno investito la famiglia e il rapido sviluppo delle tecniche di fecondazione impongono interrogativi radicali e ineludibili circa l’identità delle figure parentali e il senso stesso del generare. Che cosa significa diventare padre e madre? Come intendere il desiderio del figlio?

Matteo Martino, docente presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale (Milano), nel proprio contributo (Padre e madre. Pensare la relazione genitori e figli nel nostro tempo) pubblicato sul n. 15 della rivista “Lemà sabactàni?” (pagg. 35-48) dedicato al confronto tra eterologa e adozione, affronta questi interrogativi mediante tre passaggi (qui ne riprendiamo sinteticamente alcuni, rinviando necessariamente all’articolo pubblicato per la sua corretta e completa comprensione): in primo luogo segnalando i cambiamenti epocali che toccano l’esperienza del fare coppia e famiglia oggi; quindi, su questo sfondo, registrando la metamorfosi della concezione del figlio; da ultimo raccogliendo alcuni spunti di carattere teorico che consentano di pensare coerentemente la relazione genitori e figli.

Nel capitolo dedicato alla trasformazione della famiglia Martino richiama come si siano moltiplicate le “visioni del mondo” e diversificati gli “stili di vita” a tal punto che realizzare il proprio potenziale singolare sia diventato un comandamento e sarebbe il nuovo imperativo dell’individualismo. Crollo dei matrimoni, fragilità del rapporto coniugale, crescita delle convivenze e differenziazione delle sue forme sono segni manifesti di una radicale mutazione civile in atto. Si aggiunga che nel dibattito pubblico e nella mentalità diffusa, il termine “famiglia” trova spazio solo nella sua forma plurale. Le indagini socio-demografiche elencano: famiglia estesa (più nuclei coabitanti sotto lo stesso tetto); famiglia allargata (con più di due generazioni dello stesso nucleo); famiglia nucleare normo-costituita (coniugi con figli); famiglia di genitori soli; coppia di fatto; famiglia ricostituita (divorziati risposati); famiglia unipersonale (single); convivenze omosessuali.

Martino precisa che la discontinuità del presente si palesa non solo nella “pluralizzazione” dei modelli familiari, ma risulta evidente soprattutto nella marginalizzazione della comunità familiare rispetto alla società. Isolamento sociale e contrazione affettiva sono i due fattori che determinano la precarietà della famiglia contemporanea. Alla trasformazione epocale delle modalità di diventare genitori corrisponde il cambiamento di mentalità nei confronti del figlio.

Nel secondo capitolo Martino propone l’analisi del nuovo modo di pensare al figlio partendo dal quanto segnalato dal filosofo francese Marcel Gauchet (Il figlio del desiderio. Una rivoluzione antropologica, Milano 2010), il quale illustra una vera rivoluzione circa il modo di concepire il senso del generare: il figlio non risulta più atteso bensì è frutto di un preciso desiderio. L’individualismo degli stili di vita non solo ha intaccato l’esperienza dell’amore coniugale e i vissuti familiari, ma ha trasformato la stessa concezione del figlio: non più un dono da accogliere, ma oggetto del desiderio del genitore per il suo rispecchiamento.

Il dilagare di una mentalità tecnicistica ha contribuito a insediare questa nuova “concezione” del figlio riducendolo a mero “prodotto” per soddisfare il bisogno di paternità/maternità: “Il bambino è diventato un figlio del desiderio, del desiderio di un figlio. Era un dono della natura o il frutto della vita attraverso di noi, d’ora in poi non potrà che essere il risultato di una volontà espressa, di una programmazione, di un progetto”.

Seguendo il percorso proposto dalla lettura di M. Gauchet, sembra chiaro che la famiglia non costituisca più un quadro obbligatorio per la generazione: non è più la famiglia che fa il figlio ma è il figlio che fa la famiglia; tale capovolgimento riflette la trasformazione radicale dell’esperienza familiare.

È nel quadro della de-istituzionalizzazione della famiglia che va dunque colto il processo di privatizzazione della generazione: generare un figlio non è più una questione che riguarda la collettività. Muta l’esperienza generativa e le coordinate antropologiche del legame padre-madre-figlio vengono sovvertite. Il desiderio più naturale del mondo, quello del figlio – così si diceva solitamente – è realizzato mediante una divisione del processo: padre-seme, madre-ovulo, madre in affitto, madre e padre sociali.

Alle ineludibili questioni etiche e giuridiche che la fecondazione eterologa solleva, si accompagnano problematiche che non devono essere ignorate: a livello generale occorre prendere atto della frattura tra sessualità e procreazione; nel caso specifico in cui la richiesta provenga da single o da coppie omosessuali vengono di fatto sancite rispettivamente la scissione del rapporto procreazione-relazione e procreazione-eterosessualità.

Sullo sfondo di tale stravolgimento si può intuire come il bambino rischi di non essere più compreso come frutto del legame d’amore, della comunione e della promessa di un uomo e di una donna, bensì come risultato di un meccanico atto di riproduzione.

A questo punto affiora un interrogativo: sul versante del nascituro che cosa significa essere figlio del desiderio e dell’intervento della tecnica? Si impone qui la questione relativa alle condizioni di possibilità dell’identità libera. Il figlio del desiderio privato rischia di essere un figlio che stenta a costruire la propria persona.

News Ai. Bi. 23 febbraio 2017

www.aibi.it/ita/adozione-per-le-coppie-gay-possono-diventare-un-padre-e-una-madre-per-un-bambino-abbandonato

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ONLUS – NON PROFIT

Rimborsi forfettari per i volontari

La Legge 266/1991 all’articolo 2 individua come attività di volontariato quella prestata in modo “personale, spontaneo e gratuito” senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà.

www.lavoro.gov.it/archivio-doc-pregressi/AreaSociale_AgenziaTerzoSettore/Leqqe_266_91.pdf

Il comma 2 del citato articolo prevede la facoltà per l’organizzazione di rimborsare le spese sostenute dal volontario alle seguenti condizioni:

a) i rimborsi devono riguardare “spese effettivamente sostenute per l’attività prestata”;

b) l’ente deve stabilire preventivamente il limite delle spese rimborsabili.

Secondo la dottrina sono spese rimborsabili (solo) le seguenti:

  • Le spese di viaggio relative a spostamenti effettuati per prestare l’attività (e non quelle per recarsi presso la sede dell’associazione);

  • Le spese per vitto e alloggio in caso di trasferta;

  • Altri importi anticipati dal volontario in nome e per conto dell’organizzazione per acquisto di beni e servizi a favore della stessa.

Premesso ciò, le spese sostenute dal volontario devono essere documentate e documentabili e comunque connesse/riferibili all’attività di volontariato resa.

Pertanto, non sono ammessi rimborsi forfettari e cioè “senza specifico collegamento con spese, singolarmente individuate, effettivamente sostenute dai percettori” (Cass. Civ. 24090/2015).

I rimborsi forfettari potrebbero essere qualificati (a seguito di eventuali azioni del volontario o anche di accessi ispettivi) alla stregua dell’erogazione di un compenso per l’attività prestata, con tutte le conseguenze del caso.

Newsletter Non Profit online 23 febbraio 2017

www.nonprofitonline.it/default.asp?id=508&id_n=7184

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PARLAMENTO

Camera dei Deputati. 2° Commissione Giustizia Accordi prematrimoniali

23 febbraio 2017. C. 2669 Morani. Modifiche al codice civile e altre disposizioni in materia di accordi prematrimoniali.

www.camera.it/leg17/995?sezione=documenti&tipoDoc=lavori_testo_pdl&idLegislatura=17&codice=17PDL0031260&back_to=http://www.camera.it/leg17/126?tab=2-e-leg=17-e-idDocumento=2669-e-sede=-e-tipo=

Alessia Morani (PD),relatrice, anche al nome del collega D’Alessandro, fa presente che la Commissione è chiamata a esaminare la proposta di legge Morani C. 2669, che mira a disciplinare nel nostro ordinamento gli accordi prematrimoniali, stipulati prima del matrimonio e volti a regolare preventivamente i rapporti che potranno sorgere in caso di separazione e divorzio.

Pag. 32www.camera.it/leg17/824?tipo=C&anno=2017&mese=02&giorno=23&view=&commissione=02&pagina=data.20170223.com02.bollettino.sede00030.tit00020#data.20170223.com02.bollettino.sede00030.tit00020

21 febbraio 2017. Eproseguito l’esame del documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sullo stato di attuazione delle disposizioni legislative in materia di adozioni ed affido.

Pag. 48

http://documenti.camera.it/leg17/resoconti/commissioni/bollettini/pdf/2017/02/21/leg.17.bol0770.data20170221.com02.pdf

 

SenatoAssemblea Protezione dei minori stranieri non accompagnati

S.2583 Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati, approvatodalla Camera dei Deputati il 26 ottobre 2016, con soli 11 voti contrari e ben 333 favorevoli), annunciato il 2 novembre 2016.

23 febbraio 2017. Il relatore di maggioranza Riccardo Mazzoni svolge relazione orale. La questione pregiudiziale avanzata dal senatore Candiani (Lega nord) non è approvata. Adottato come testo base il DDL.

www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLPRES/993026/index.html

Chiusa la discussione generale, dopo ampio dibattito. Presentati 5 ordini del giorno e 22 emendamenti.

www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Resaula&leg=17&id=1007411

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PRESBITERI

Ordinare «presbiteri di comunità sposati».

I dehoniani di “Settimana” rilanciano una proposta latinoamericana- «A quando i presbiteri di comunità sposati?». È la domanda che pone don Francesco Strazzari su Settimana news (dello scorso 18 febbraio 2017) – versione online del quindicinale dei dehoniani, rilanciando un dibattito che è piuttosto vivo in altre parti del mondo ma che in Italia non è mai stato avviato. Lo fa citando, non a caso, tre fonti straniere. Innanzitutto il teologo benedettino p. Ghislain Lafont, che ha definito i «presbiteri di comunità» come «persone umanamente e cristianamente mature» alle quali viene riconosciuto il carisma di presiedere l’assemblea eucaristica (dovrebbero cioè essere formate per l’ordinazione sacerdotale dalle stesse loro comunità di appartenenza – sacerdoti in primis – e svolgerebbero il loro ministero all’interno di esse, magari solo per determinati periodi di tempo o anche a tempo parziale, sposati o no.

Ma cita soprattutto il vescovo emerito di Jales (Brasile), dom Demetrio Valentini, per anni presidente della Caritas brasiliana, il quale, nell’omelia al santuario nazionale di Aparecida, lo scorso 14 febbraio, ha invitato la Chiesa del Brasile a riflettere sulla questione dei cattolici che non possono accedere all’eucaristia con frequenza per mancanza di preti. Dom Valentini parlava nel giorno della commemorazione dei 25 anni dell’Associazione nazionale dei presbiteri del Brasile. «Senza eucaristia non esiste comunità cristiana – ha detto Valentini, ripreso da Settimana news –. Questo è stato solennemente affermato qui in questa basilica da papa Benedetto XVI aprendo la quinta Conferenza generale dei vescovi dell’America Latina e dei Caraibi. Senza eucaristia non esiste comunità cristiana. È necessario adesso verificare che conseguenze pratiche tiriamo da questa verità così importante affermata dal papa. (…)

Infine, ricorda il settimanale dei dehoniani molto diffuso fra il clero – quindi la sua presa di posizione è particolarmente significativa –, a favore dei presbiteri di comunità si erano espressi, il 20 ottobre del 2016, diciotto vescovi di Brasile, Messico, Cile e Argentina, riuniti a Embu, nei pressi di San Paolo, per riflettere su temi riguardanti la loro missione episcopale. (…)

In una “mozione” sottoscritta dai diciotto vescovi e inviata al card. Rubén Salazar Gomez, arcivescovo di Bogotà e presidente del Consiglio episcopale latino-americano (Celam) perché venga esaminata «con affetto» e senza attendere troppo, hanno chiesto alle Conferenze episcopali di affrontare «con urgenza» il progetto di ordinare uomini sposati perché possano esercitare il ministero presbiterale nelle loro comunità. «La questione – scrivevano i vescovi – è già da molto tempo sul tappeto ed è giunto il momento di passare all’azione. Ci prendiamo la libertà di suggerire ad ogni Conferenza episcopale di mettere in cammino adeguatamente questo tema, affinché si arrivi quanto prima possibile a quegli ampi consensi che l’iniziativa richiede».

In Italia, intanto, tutto tace, il dibattito sui «presbiteri di comunità» non è mai stato realmente avviato, e la Conferenza episcopale sembra in altre faccende affaccendata.

Il “cammino” dei presbiteri di comunità. “Padre” della locuzione “presbiteri di comunità” è il vescovo emerito Fritz Lobinger, tedesco (esercitò il suo ministero in Sudafrica fra il 1987 e il 2004), che la espose fra l’altro in due suoi libri, Équipe di ministri ordinati e L’altare vuoto (l’editrice tedesca Herder pubblicò il primo nel 2003; la Emi pubblicò nel 2009 Preti per domani; in spagnolo, El altar Vacío è apparso nel 2011, accompagnato da un testo proprio di mons. Valentini; in portoghese Altar Vacío vide la luce per i tipi dell’Edizione Santuario di Aparecida).

Un’idea ben nota a papa Francesco (sappiamo peraltro che era già stata sottoposta alle alte sfere vaticane e a papa Ratzinger da un vescovo brasiliano che ha sempre voluto rimanere anonimo) stando a quanto scrisse il settimanale spagnolo Vida nueva (5/12/2014) dopo un colloquio con il vescovo della diocesi brasiliana di Xingu, mons. Erwin Kraütler che aveva incontrato il pontefice il 4 aprile del ‘14: «Lo stesso Bergoglio si riferì ad alcune “teorie interessanti”, come quella già citata del vescovo Lobinger sui ministri ordinati che appartengono alla comunità e che continuano la loro vita familiare e professionale, rivela il prelato brasiliano di origine austriaca (Kraütler, ndr)». A Kraütler, d’altronde, che a Francesco faceva presente il pressante bisogno di sacerdoti nella sua diocesi, il papa aveva detto: siate, voi vescovi più «coraggiosi» nel fornire suggerimenti concreti.

Eletta Cucuzza e Luca Kocci Adista Notizie n. 9 24 febbraio 2017

www.adista.it/articolo/57110

A quando i “presbiteri di comunità” sposati?

La richiesta è incalzante e mira ad avere al più presto i presbiteri di comunità, termine preferito a presbiteri diocesani, cioè «persone umanamente e cristianamente mature», come le definisce il grande ecclesiologo benedettino, Ghislain Lafont, alle quali viene riconosciuto il carisma di presiedere l’assemblea eucaristica.

Ha mosso ancora una volta le acque il vescovo emerito di Jales, dom Demetrio Valentini, che, nell’omelia al santuario nazionale di Aparecida, il 14 febbraio, ha invitato la Chiesa del Brasile a riflettere sulla questione dei cattolici che non possono accedere all’eucaristia con frequenza per mancanza di preti. Dom Demetrio parlava nel giorno della commemorazione dei 25 anni dell’Associazione nazionale dei presbiteri del Brasile. «Senza eucaristia non esiste comunità cristiana. Questo è stato solennemente affermato qui in questa basilica da papa Benedetto XVI aprendo la 5ª Conferenza generale dei vescovi dell’America Latina e dei Caraibi. Senza eucaristia non esiste comunità cristiana. È necessario adesso verificare che conseguenze pratiche tiriamo da questa verità così importante affermata dal papa. Qui entra in pieno di nuovo la questione presbiterale», ha affermato coraggiosamente dom Demetrio, aggiungendo tra l’altro: «Papa Francesco con il suo coraggio e, nello stesso tempo, con prudenza ha chiesto alla Conferenza dei vescovi brasiliani di presentare un progetto; sarebbe già una motivazione da assumere con rapidità e dedizione. Personalmente, mi permetto di manifestare qui la mia posizione, ben consapevole che potrà avere poco peso. La vita insegna a relativizzare le aspirazioni personali e a situarle in una dimensione più ampia della storia. Non importa se non vediamo realizzati tutti i nostri sogni, ancora più adesso che, come vescovo emerito, non comando più niente. Ma non posso non dirlo. Mi prendo la libertà di chiedere alla Conferenza dei vescovi brasiliani che faciliti la discussione sul problema inerente alla questione dei presbiteri di comunità perché possa essere definita nei suoi dettagli e possiamo provvedere e attuare la disposizione di papa Francesco di mettere in movimento questo provvedimento, affinché in questa questione, che coinvolge profondamente la vita della Chiesa, il papa non si veda ostacolato dalla resistenza ecclesiale interna, ma possa contare sul chiaro appoggio della Conferenza dei vescovi brasiliani, in special modo dei presbiteri del Brasile rappresentati qui oggi dall’Associazione nazionale dei presbiteri del Brasile».

In favore dei presbiteri di comunità, il 20 ottobre del 2016, si erano espressi diciotto vescovi, provenienti da Brasile, Messico, Cile e Argentina, riuniti a Embu, nei pressi di San Paolo, per riflettere su temi riguardanti la loro missione episcopale. In una “mozione” sottoscritta chiedevano alle varie Conferenze episcopali di affrontare «con urgenza» il progetto di ordinare uomini sposati perché possano esercitare il ministero presbiterale nelle loro comunità. «La questione – scrivono – è già da molto tempo sul tappeto ed è giunto il momento di passare all’azione. Ci prendiamo la libertà di suggerire ad ogni Conferenza episcopale di mettere in cammino adeguatamente questo tema, affinché si arrivi quanto prima possibile a quegli ampi consensi che l’iniziativa richiede».

I vescovi firmatari hanno inviato la “mozione” al card. Rubén Salazar Gomez, arcivescovo di Bogotà e presidente del CELAM (Consiglio episcopale latino-americano), perché venga esaminata «con affetto». E, ovviamente, con urgenza.

Francesco Strazzari Settimana news 18 febbraio 2017

www.settimananews.it/ministeri-carismi/presbiteri-comunita-sposati

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PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA

Manifestazione della volontà di accedere alle tecniche di PMA

Gazzetta ufficiale, Decreto n. 265 28 dicembre 2016, Serie generale n. 40, 17 febbraio 2017

E’ stato pubblicato in Gazzetta ufficiale – Serie generale n. 40 del 17 febbraio 2017 – il Decreto n. 265 del 28 dicembre 2016, recante il Regolamento sulle norme in materia di manifestazione della volontà di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, in attuazione della Legge n. 40/2004, art. 6 comma 3, che entrerà in vigore il 4 marzo 2017.

Informazioni preliminari al consenso. Ai sensi del presente Decreto, le strutture autorizzate ad offrire trattamenti di procreazione medicalmente assistita (Pma), sono tenute a fornire ai richiedenti, per il tramite dei propri medici, in maniera chiara ed esaustiva e nel corso di uno o più colloqui, gli elementi minimi di conoscenza ai fini della formazione e sottoscrizione del consenso informato.

Si annoverano, tra le necessarie comunicazioni preliminari (ex art. 1 comma 1 Decreto):

  • La possibilità di ricorrere, in alternativa alla Pma, agli strumenti offerti dalla Legge in tema di affidamento ed adozione;

  • La disciplina giuridica della Pma, con specifico riferimento ai requisiti oggettivi e soggettivi di accesso alle tecniche, nonché alle conseguenze giuridiche per l’uomo, per la donna e per il nascituro;

  • I problemi bioetici conseguenti all’applicazione delle tecniche;

  • Le diverse tecniche impiegabili (tra cui quella eterologa), nonché le procedure e le fasi operative di ciascuna tecnica, con particolare riguardo alla loro invasività;

  • L’impegno dovuto dai richiedenti con riguardo ai tempi di realizzazione, all’eventuale terapia farmacologica da seguire, agli accertamenti da esperire;

  • Gli effetti indesiderati o collaterali relativi ai trattamenti;

  • Le probabilità di successo delle diverse tecniche indicate, espressa come possibilità di nascita di un bambino vivo;

  • In caso di tecnica eterologa, la volontarietà e gratuità della donazione di gameti, nonché la non rivelabilità dell’identità del o dei riceventi al donatore o alla sua famiglia, e viceversa;

  • I possibili effetti psicologici per i singoli richiedenti, per la coppia e per il nato, soprattutto in caso di Pma eterologa;

  • La possibilità di revoca del consenso da parte dei richiedenti fino al momento della fecondazione dell’ovulo;

  • La possibilità, da parte del medico responsabile, di non procedere alla Pma, esclusivamente per motivi di ordine medico – sanitario;

  • I costi economici totali della procedura adottata;

  • L’informativa sul trattamento dei dati personali raccolti.

Dichiarazione di consenso. La volontà di procedere ai trattamenti di procreazione medicalmente assistita è espressa in apposita dichiarazione sottoscritta in duplice esemplare dai richiedenti e dal medico responsabile; di cui una copia è consegnata agli stessi richiedenti, l’altra è trattenuta dalla struttura che provvede alla sua custodia nel tempo.

E’ infine allegato al presente Decreto, uno schema – tipo contenente tutti gli elementi necessari della dichiarazione in esame.

Legge n. 40 del 19 febbraio 2004 www.camera.it/parlam/leggi/04040l.htm

Decreto 28 dicembre 2016, n. 265. In vigore dal 04 marzo 2017: 3 articoli, 2 allegati.

www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/02/17/17G00024/sgw

Eleonora Mattioli Edotto 20 febbraio 2017

www.edotto.com/articolo/procreazione-assistita-regolamento-consenso?newsletter_id=58aace90fdb94d0cdc637742&utm_campaign=PostDelPomeriggio-20%2f02%2f2017&utm_medium=email&utm_source=newsletter&utm_content=procreazione-assistita-regolamento-consenso&guid=d74eb223-42b7-4162-8bd8-9b15efa2c164

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SCIENZA & VITA

Disappunto e perplessità sul concorso al s. Camillo di Roma

L’Associazione Scienza & Vita esprime vivo disappunto e perplessità di fronte all’iniziativa dell’Ospedale S. Camillo in Roma, che ha messo a bando due posti di dirigente medico da assegnarsi al settore del Day Hospital e Day Surgery, “per l’applicazione della L. 194/1978 – interruzione volontaria della gravidanza”.

Il senso dell’iniziativa, infatti, è stato spiegato chiaramente dal direttore generale del San Camillo-Forlanini, Fabrizio d’Alba: “Se chi ha vinto il concorso farà obiezione di coscienza nei primi sei mesi dopo l’assunzione, potrebbe rischiare il licenziamento, perché sarebbe inadempiente rispetto al compito specifico per cui è stato chiamato”. Dopo il periodo di prova, invece, l’obiezione di coscienza potrebbe portare “alla mobilità o addirittura alla messa in esubero”.

“Emergono con evidenza i probabili profili di illegittimità ed incostituzionalità del provvedimento,- rileva Alberto Gambino, presidente nazionale di S&V – che si pone in radicale contrasto con il diritto costituzionale all’obiezione di coscienza e con la stessa disciplina della legge n. 194 /1978 (in particolare all’art. 9). Non è ammissibile pretendere da un dipendente la sua rinuncia all’obiezione di coscienza, dal momento che tale diritto, in quanto espressione della dignità umana, non è un diritto disponibile. L’obiezione di coscienza, infatti, secondo la nostra Corte costituzione è “il riflesso giuridico della dignità umana” (sentenza n. 467/1991). E anche quando uno si fosse impegnato a pensare in un certo modo, avrebbe comunque sempre il diritto di cambiare idea, in qualunque momento. Dunque, se il datore di lavoro imponesse al dipendente di rinunciare all’esercizio del diritto se fare o meno obiezione, come prevede la legge n. 194 del1978, incorrerebbe in gravi violazioni di norme fondamentali, sancite fin nella Costituzione (art. 19, 21) {e 3 ndr}.”

“Del resto, – continua Gambino – la rinuncia al diritto di obiezione non era richiesta neppure nel bando (né così poteva essere, perché altrimenti sarebbe stato viziato). Il bando, infatti, si limitava a stabilire che i vincitori “verranno assegnati al Settore del Day Hospital e Day Surgery per l’applicazione della L.194/1978- interruzione volontaria della gravidanza”. Ma anche l’art. 9 – fino a prova contraria – fa parte della 194! E quindi va applicato!”

“Non convince neanche la presunta ‘urgenza’ di copertura del servizio d’IVG, accampata dalla Regione Lazio a giustificazione dell’iniziativa, visto che le cifre ufficiali presentate qualche mese fa dal Ministero della Salute mettono in evidenza la sufficienza del numero dei medici non obiettori per espletare tale servizio”.

“Purtroppo, – conclude il Presidente di S&V – se c’è una parte della L. 194/78 ancora non sufficientemente attuata, questa è proprio la fase “preventiva” dell’aborto volontario, che d’altronde dovrebbe esprimere la ratio più autentica della stessa legge. A questa dimensione, pertanto, dovrebbero dedicare maggiori energie e risorse i preposti responsabili della cosa pubblica”.

Comunicato stampa 23 febbraio 2017

www.scienzaevita.org/category/news-press/comunicati-stampa

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SEPARAZIONE E DIVORZIO

Affidamento del figlio minore nato da genitori di nazionalità diversa

Corte di Cassazione, sezioni unite civili, sentenza 19 gennaio 2017, n. 1310

Nell’ambito della separazione giudiziale, sull’affidamento del figlio minore nato da genitori di nazionalità diversa decide il giudice del luogo dove il minore ha la residenza abituale.

Avv. Renato D’Isa on 22 febbraio 2017

https://renatodisa.com/2017/02/22/corte-di-cassazione-sezioni-unite-civili-sentenza-19-gennaio-2017-n-1310/

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