newsUCIPEM n. 624 – 20 novembre 2016

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ADOZIONI L’anno zero delle adozioni. Le vere ragioni di una legge.
Adozioni omosessuali tra scienza e ideologia.
ADOZIONI INTERNAZIONALI Perché solo l’Italia adotta i bambini della Bielorussia?
AMORIS LÆTITIA Guardare all’uomo con gli occhi di Dio: dialogo tra p. Sorge e Valli.
La dignità e il ruolo della donna nell’Amoris lætitia.
Amoris lætitia, occasione per un nuovo discorso cristiano sull’eros?
ASSEGNO DI MANTENIMENTO Figli maggiorenni: dopo i 34 anni non vanno più mantenuti.
CENTRO ITALIANO DI SESSUOLOGIA “L’educazione del desiderio, il desiderio di una educazione”
CENTRO STUDI FAMIGLIA CISF Newsletter n. 23/2016, 16 novembre 2016.
CHIESA CATTOLICA 5 dubbi, 4 Cardinali, 3 certezze.
Il papa Achille e la tartaruga dei 4 cardinali.
Francesco si rifiuta di cadere nella “trappola” tesagli dai 4 cardinali
“Devia dalla fede” L’ultimo affondo dei nemici del Papa.
Studenti di diritto canonico rispondono ai cardinali!
CONSULTORI FAMILIARI Imperia Oneglia incontro aggregazioni laicali.
CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM Frosinone. 40 anni dalla Legge Regionale 16/04/76 n.15.
Il primato della coscienza: tra etica umana e morale religiosa
Mantova Gruppo di parola per genitori separati.
Etica salute & famiglia.
DALLA NAVATA 34° Domenica tempo ordinario-anno C–20 novembre 2016.
Commento di Enzo Bianchi, priore a Bose (BI).
DIVORZIO Finalmente l’Italia divorzia da Paese civile.
ISTAT Matrimoni, separazioni e divorzi.
Una scelta per dividere le spese. Donati: manca l’alternativa.
FECONDAZIONA ARTIFICIALE Ogni anno in Italia oltre 70mila coppie ricorrono alla PMA.
FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI Tornano i matrimoni, ma ci sono ancora troppi ostacoli.
FRANCESCO VESCOVO DI ROMA Ai vescovi: A cuore la salvezza delle di chi ha un matrimonio fallito
GESTAZIONE PER ALTRI Fecondazione eterologa all’estero. Madre può registrarsi in Italia.
PARLAMENTO Senato 1°C. Aff. Costit. Protezione dei minori stranieri non accompagnati.
2°C. Giustizia DL Disposizione su unioni civili.
PASTORALE FAMILIARE Convegno Cei. Famiglie, basta navigatore. L’ora della responsabilità
Castellucci, vescovo di Modena: Il Signore e la casa
Pichierri, arcivescovo di Trani: La recezione di “Amoris Laetitia”
PIANO PER L’INFANZIA Approvato il Quarto Piano nazionale infanzia.
SACERDOZIO Preti sposati: conciliabile il ministero sacerdotale.
Anche Raimon Panikkar tra i più grandi teologi del ‘900, si sposò.
Preti sposati: il matrimonio è un diritto conciliabile con sacerdozio.
TERZO SETTORE 5 richieste x ridare il sorriso ai minori provati negli affetti familiari.
UCIPEM Congresso. Nel sito web sono pubblicate alcune relazioni.
UNIVERSITÀ CATTOLICA S. CUORE Master Affido, adozione e nuove sfide dell’accoglienza familiare.
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ADOZIONI
L’anno zero delle adozioni. Le vere ragioni di una legge.
Perché neppure la ministra Boschi riesce a risolvere il caos politico in cui sono piombate le adozioni internazionali in questi ultimi due anni? Crisi economica, politica, antropologica, confusione e fraintendimenti. Sono tanti gli elementi che stanno contribuendo a sconvolgere il mondo delle adozioni. “Un mondo già indebolito, anzi più che dimezzato, da una flessione che non accenna a risolversi”, scrive il giornalista Luciano Moia che, su “Avvenire” di giovedì 17 novembre 2016, propone una lucida e importante disamina sull’attuale crisi delle adozioni internazionali in Italia e in particolare sulla paralisi della Cai. Tra le cause della crisi, Moia cita per primo proprio lo stallo della nostra Autorità Centrale negli ultimi anni, “blocco che non accenna a risolversi”. L’analisi del giornalista di “Avvenire” prosegue poi con le scelte legislative, la confusione degli enti autorizzati, l’inefficienza dei servizi sociali, la mancanza di un database nazionale dei minori adottabili. Di seguito riportiamo integralmente l’articolo “L’anno zero delle adozioni. Le vere ragioni di una legge”. Ai. Bi.

Adozioni, anno zero. Crisi economica, politica, antropologica. Confusione e fraintendimenti. Tanti gli elementi che contribuiscono a sconvolgere il mondo delle adozioni, già indebolito, anzi più che dimezzato, da una flessione che non accenna a risolversi. Nel 2008 c’erano 8mila coppie che chiedevano l’adozione internazionale. Oggi siamo a meno di 3.500. E delle 4.050 adozioni portate a termine nel 2011, ne sono rimaste oggi meno della metà.
Le analisi del crollo hanno già trovato ampio spazio su queste pagine. Tentiamo di riassumere. Crisi economica; tendenza dei Paesi d’origine ad agevolare l’adozione sul fronte interno; spinta a soddisfare il proprio desiderio di genitorialità con la fecondazione eterologa che tra l’altro, a differenza dell’adozione, è a carico del Servizio sanitario nazionale; disimpegno generalizzato nei confronti della genitorialità, in parallelo con il crollo delle nascite. In altri termini: se ci sono ventimila coppie in più ogni anno che non desiderano un figlio proprio perché mai dovrebbe aumentare il numero di coloro che accettano di infilarsi nel ginepraio delle adozioni?
Accanto a tutti questi problemi non vanno dimenticate altre due situazioni ad alto tasso di potenziale disorientamento.
Il primo riguarda il caos politico in cui sono piombate le adozioni negli ultimi due anni, con la paralisi della Commissione adozioni internazionali. Blocco che non accenna a risolversi.
Il secondo è determinato dalle scelte legislative. Si va dall’approvazione della legge sulle unioni civili, con il lungo e complesso dibattito sulla cosiddetta stepchild adoption, all’indagine parlamentare sull’applicazione della legge 184 del 1983, premessa per l’avvio del dibattito parlamentare su una nuova legge quadro che – come già illustrato – finisca per aprire uno spiraglio alle coppie gay. Tutto questo ha finito per introdurre una sensazione diffusa di precarietà e di insicurezza, come se fossimo arrivati alla fine di un lungo ciclo e tutto dovesse fermarsi in vista di una svolta.
Ma sono davvero questi i motivi alla base della gravissima crisi vissuta dal pianeta adozioni nel nostro Paese? Quanto pesano gli intoppi legislativi? Come ipotizzare una nuova legge, svincolandola dai pesanti condizionamenti dell’ideologicamente corretto? Le oltre 500 pagine di audizioni raccolte nell’indagine parlamentare realizzata dalla Commissione Giustizia della Camera, in attesa delle relazione finale, offrono indicazioni preziose per confermare convinzioni consolidate ma anche per introdurre qualche considerazione in controtendenza. Dagli interventi delle decine di esperti ascoltati – giudici minorili, docenti, responsabili di associazioni e di enti pubblici e privati legati alla tutela dell’infanzia – esce infatti una mappa aggiornata dell’arcipelago adozioni. Tutt’altro che incoraggiante.
La crisi della Commissione Adozioni Internazionali. Dal giugno 2014 la Commissione, organo collegiale, non si è più riunita per deliberare, non ha organizzato incontri periodici di indirizzo e di coinvolgimento degli enti autorizzati, non ha promosso consultazioni semestrali, come previsto dalla legge, con le associazioni familiari, non ha attivato alcun rimborso per gli enti autorizzati per i progetti di prevenzione dell’abbandono, ha quasi interrotto le comunicazioni e il rapporto con le famiglie, e ha di fatto soppresso la linea telefonica dedicata. Il ministro Elena Boschi, nominata il 10 maggio 2016 scorso presidente della Cai per risolvere la lunga stasi, non è riuscita finora a imprimere il colpo di acceleratore. Il 20 luglio, intervenendo all’audizione sul tema alla Commissione Giustizia della Camera, aveva annunciato che a settembre si sarebbe riunita la Commissione adozioni. Ma siano arrivati a metà novembre e non c’è in vista alcuna convocazione. Perché neppure la ministra Boschi riesce ad arrestare una deriva che ha pesanti ripercussioni anche sul piano internazionale? C’è davvero alla base un cortocircuito politico in cui è difficile individuare tutti i risvolti?
La confusione degli Enti autorizzati. In Italia sono 62, un numero spropositato. Ne abbiamo quasi il doppio degli Stati Uniti, che ha però ha un numero di abitanti sei volte superiore al nostro e dove le adozioni sono il 50% in più. Inoltre tra i vari enti, come hanno riconosciuto molti degli esperti intervenuti, c’è disomogeneità e disorganizzazione. In Commissione giustizia è stato auspicato un innalzamento dei requisiti di qualità e di trasparenza. Gli enti inoltre agiscono senza alcun coordinamento. In Colombia, per esempio, operano addirittura 20 enti italiani autorizzati. In Burkina Faso sono 10. Altrove sono pochissimi. Una molteplicità di presenze, con livelli di professionalità molto differenziati, che non agevola né il compito delle autorità locali né quello delle famiglie. Qualcuno ha auspicato un dimezzamento degli enti o addirittura un superamento del modello tradizionale con la creazione di un’Agenzia nazionale delle adozioni. Il dibattito è aperto.
L’inefficienza dei servizi sociali. Un aspetto su cui hanno insistito la maggior parte degli intervenuti. Nelle grandi città le situazioni a rischio di cui dovrebbero farsi carico i servizi sono troppo numerose per assicurare livelli di efficienza adeguati. Nei Comuni piccoli e medi c’è il problema opposto, quello della frammentazione. Per tutti vale l’allarme risorse. I tagli del welfare impediscono gli adeguamenti degli organici. Soprattutto al Sud – emblematico il caso Campania – tanti piccoli Comuni sono privi di assistenti sociali e non possono procedere a nuove assunzioni. Perché allora non ripensare il circuito di presa in carico del minore? Si può fare a meno dell’intervento degli enti locali? Si possono attribuire responsabilità diverse a enti e associazioni? Ma in questo caso chi sarebbero gli interlocutori dei tribunali? Diversi i pareri presentati. Anche questo è un problema che la nuova legge non potrebbe eludere.
La mancanza di un database nazionale. Il numero dei bambini che ogni anno, in Italia, si rende disponibile per l’adozione è noto. Sono circa un migliaio. E per ognuno di loro ci sono in media circa dieci famiglie disponibili all’accoglienza. Secondo dati del ministero della Giustizia sarebbero invece circa 300 i minori che non riescono a trovare collocazione. Ma sarebbero tutti adolescenti con patologie fisiche o psichiche che una famiglia sola, senza preparazione specifica, non sarebbe in grado di affrontare. E allora, come hanno sottolineato vari giudici minorili, servirebbe davvero un database nazionale che, si dice, permetterebbe di incrociare in tempo reale le richieste di minori e di famiglie? Anche in questo caso c’è chi eccepisce.
Fallimenti post-adozione. Sono in crescita ovunque e riguarderebbero in modo particolare le adozioni internazionali di preadolescenti e adolescenti. Dati precisi però non ce ne sono. I giudici parlano di ‘restituzioni’, un termine che non riesce a cancellare la drammaticità della decisione, sia per i ragazzi sia per le famiglie. Ma anche la conferma che, soprattutto in questi ultimi anni, l’adozione non è un percorso per tutti. La buona volontà, lo slancio emotivo, la disponibilità al sacrificio non bastano più di fronte a situazioni che, soprattutto a livello internazionale, sono sempre più complesse. Indispensabile una preparazione specifica delle coppie e un’assistenza permanente da parte di professionisti. Ma, in assenza di progetti sostenuti dall’ente pubblico, chi copre questi costi? Sempre le famiglie, purtroppo. E quelle che se le possono permettere sono sempre di meno.
Allargare le possibilità di adozione? Anche alla luce di questa realtà e di questo quadro statistico non pochi esperti, compresi alcuni magistrati, si sono chiesti che senso avrebbe allargare per legge la base di chi può accedere all’adozione legittimante. Si può obiettivamente ipotizzare che single o coppie omosessuali possano riuscire laddove genitori di esperienza collaudata mostrano difficoltà crescenti? La stessa domanda è rimbalzata nei giorni scorsi al convegno del Ciai. «Il parlamento può decidere quello che vuole – ha sottolineato davanti alla Commissione un giudice di un importante tribunale – ma se ignora il dato di realtà avremmo cancellato una buona legge, quella esistente, per sostituirla con qualcosa di confuso e imprecisato».
Luciano Moia Avvenire 17 novembre 2016
www.avvenire.it/opinioni/pagine/lanno-zero-delle-adozioni-le-vere-ragioni-di-una-legge

Adozioni omosessuali tra scienza e ideologia
Convegno del Ciai a Milano. Sembra facile parlare di ‘diritti dei bambini’. Ma oggi quali sono questi diritti? Avere un padre e una madre che siano anche genitori contenti di esserlo è ancora al primo posto degli obiettivi considerati ineludibili per garantire a un minore una crescita serena? Domande, un po’ inquietanti che sono rimbalzate ieri al convegno “L’adozione che verrà” organizzato a Milano dal Ciai, una delle associazioni più significative nella grande galassia delle adozioni. Presentando gli obiettivi dell’incontro, la presidente Paola Crestani ha sottolineato l’urgenza di fare i conti con esigenze molto diversificate. «Cosa fare di fronte al cambiamento? Visto che non possiamo né resistere, né ignorarlo, non ci resta che tentare di accompagnarlo». Tre soprattutto, le questioni incombenti affrontate da una decina di esperti. L’ adozione per le coppie di conviventi e per i single; la cosiddetta ‘adozione aperta’, quella formula per cui il bambino non perde la continuità degli affetti ma può contare su un riferimento genitoriale che gli assicura stabilità e affidabilità. E, infine, l’adozione omogenitoriale. Questione complessa in cui s’ intrecciano pressioni politiche, domande educative e sociali, rivendicazioni ideologiche.
In questa prospettiva, importante lo studio realizzato da Alessandra Santona, psicologa e psicoterapeuta, oltre che ricercatrice dell’Università Bicocca di Milano, dove tra l’altro si è svolto il convegno. L’ esperta, da vent’ anni attenta ad indagare il mondo delle adozioni e lei stessa neomamma adottiva, ha presentato una panoramica delle ricerche internazionali sul tema dell’omogenitorialità. E in particolare del rapporto tra omogenitorialità e adozione. Nell’ approfondire gli studi internazionali la maggior parte delle ricerche arrivano dagli Usa. Santona ha messo in evidenza che il 99,7% delle coppie omosessuali sono formate da famiglie ricostituite e che solo lo 0,3% da famiglie di nuova costituzione.
Tante le questioni su cui l’esperta ha messo a confronto un centinaio di ricerche e i relativi risultati. Un bambino per crescere ha bisogno di un padre e di una madre? Avere genitori incide sull’ identità di genere? Quei bambini sono psicologicamente più vulnerabili? La maggior parte degli studi ha ammesso l’esperta si sono pronunciati a favore dell’omogenitorialità, anche se non sono stati trascurati studi molto critici come quelli di Regnerus del 2012 e soprattutto di Sullins, nel 2015, forse l’analisi più dettagliata visto che ha esaminato oltre 200mila bambini, mettendo in luce le «maggiori difficoltà emotive dei figli di genitori omosessuali». Anche sulle ricerche favorevoli grava però quello che la ricercatrice ha definito «Minority stress», cioè quel complesso di condizioni che deriva da una «diversità non integrata» e che fa emergere anche tra gli omosessuali una sorta di omofobia interiorizzata, oltre a sentimenti di vergogna, incertezza sulle proprie scelte, difficoltà a superare gli stereotipi di genere.
Anche la posizione dei pediatri americani non serve a fugare i dubbi. Nel 2013 l’American Accademy of pediatrics ha affermato che «i bambini cresciuti da coppie gay, se voluti e amati, sono felici e sani», ma nel febbraio di quest’ anno un’altra importante associazione, l’American college of pediatricians -questo però nella panoramica di Alessandra Santona non c’è- ha pubblicato uno studio per affermare che «l’ideologia di genere danneggia i bambini».
Luciano Moia Avvenire 15 novembre 2016
www.avvenire.it/attualita/pagine/adozioni-omosessuali-tra-scienza-e-ideologia
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ADOZIONI INTERNAZIONALI
Perché solo l’Italia adotta i bambini della Bielorussia? Un forte legame fra Roma e Minsk
Quando il filo dell’accoglienza incontra quello della riconoscenza, ne nasce un nodo così stretto da creare un legame capace di ridurre idealmente a zero i 2.345 chilometri che separano Roma e Minsk. Il rapporto tra Italia e Bielorussia negli ultimi 30 anni è stato, e continua a essere, talmente forte da garantire al nostro Paese un’importante esclusiva: quella di essere l’unico autorizzato ad adottare bambini orfani o abbandonati del Paese ex sovietico.
Dal 2000 al 2013 i minori bielorussi che hanno trovato un papà e una mamma nel nostro Paese sono stati 1.194. Una media di oltre 85 all’anno. Il 2013 è l’ultimo anno per cui sono noti i dati sui minori stranieri adottati in Italia, perché poi, come noto, la Commissione Adozioni Internazionali non ha più pubblicato l’annuale report statistico. Nonostante altre inadempienze della Cai nelle procedure adottive con la Bielorussia, che hanno rischiato di minare i rapporti tra Roma e Minsk, le relazioni tra i due Paesi sono rimaste forti. Tanto che l’Italia continua a detenere l’importante esclusiva in fatto di adozioni in Bielorussia.
Ma quando nasce questo “privilegio”? Esattamente tre decenni fa, nel 1986, anno dell’incidente alla centrale nucleare di Chernobyl, con le sue drammatiche conseguenze sull’ambiente e sulla salute di milioni di persone, tra cui decine di migliaia di bambini. Quel tragico evento scatena un impulso umanitario senza precedenti con la nascita di tantissime associazioni di volontariato pronte a costruire ponti di sincera e concreta solidarietà verso un popolo colpito dalla sofferenza. Da quel momento non meno di 500mila bambini bielorussi sono stati ospitati in Italia per periodi più o meno lunghi per le cosiddette vacanze terapeutiche. Ugualmente intenso è ancora oggi il flusso di interventi assistenziali realizzati sul territorio bielorusso.
Si tratta essenzialmente di legami nati “dal basso”: per impulso solidale delle famiglie verso i bambini, della società italiana verso le piccole vittime di una tragedia i cui effetti perdurano ancora oggi a 30 anni di distanza. Legami che, forse proprio per questo, sono parsi sempre solidi e hanno alimentato un rapporto diretto tra i due popoli. Vincoli “per nulla formali e in grado di protrarsi e svilupparsi negli anni”, come scrive su “Il Sole 24 Ore” il professor Angelo Varni, chiamato di recente a svolgere lezioni di storia italiana in una delle numerose facoltà universitarie di Minsk. Sono queste le ragioni dell’intenso rapporto tra Italia e Bielorussia: dall’accoglienza che le famiglie italiane hanno offerto ai minori bielorussi fin dai tempi del disastro nucleare di Chernobyl è nata una profonda amicizia che si è concretizzato nell’esclusiva concessa dal governo di Minsk all’Italia di essere l’unico Paese a cui è concesso di adottare bambini bielorussi.
Ai. Bi. 14 novembre 2016 http://www.aibi.it/ita/category/archivio-news
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AMORIS LÆTITIA
Guardare all’uomo con gli occhi di Dio: un dialogo tra padre Sorge e Aldo Maria Valli
Nel numero di novembre di Aggiornamenti Sociali padre Bartolomeo Sorge, direttore emerito della rivista, esamina – confutandole – alcune autorevoli critiche rivolte a papa Francesco dopo la pubblicazione dell’esortazione apostolica Amoris lætitia. In particolare il gesuita si sofferma sulle obiezioni mosse dal filosofo tedesco Robert Spaemann e dal giornalista e scrittore Aldo Maria Valli. Qualche giorno fa lo stesso Valli ha risposto a padre Sorge nel suo blog: nel desiderio di dare visibilità a un dialogo che, pur nella diversità delle posizioni, ci pare costruttivo e fecondo, citiamo il testo di Valli, seguito da una replica di padre Sorge.
Amoris lætitia, la legge, la libertà: risposta a padre Sorge. Aldo Maria Valli
www.aldomariavalli.it/2016/11/10/amoris-laetitia-la-legge-la-liberta-risposta-al-padre-sorge
Vedi il testo in newsUCIPEM n. 623 – 13 novembre 2016, pag.3
Aldo Maria Valli, rispondendo al mio articolo apparso nel numero di novembre 2016 di Aggiornamenti Sociali, ribadisce ovviamente la sua tesi. Dalla sua risposta traspare chiaramente dove sta la differenza tra la sua visione e quella di papa Francesco. Si tratta, infatti, di due angolature diverse, non per questo in contraddizione tra di loro.
Valli si preoccupa di “aiutare l’uomo a mettersi in ascolto di Dio”. Ottima preoccupazione, la sua, quella cioè di guardare a Dio con gli occhi dell’uomo (più propria dell’Antico Testamento).
Papa Francesco si preoccupa piuttosto di guardare all’uomo con gli occhi di Dio (più propria della rivelazione del Nuovo Testamento). Non si tratta, quindi, di fare diventare l’uomo “idolo di se stesso”, né di “interpretare la verità di Dio a seconda dei propri bisogni e di ciò che è bene in base a una valutazione soggettiva”, ma di comprendere il “realismo” con cui Dio, infinitamente misericordioso, guarda l’uomo nella sua fragilità. Ovviamente, lo sguardo misericordioso di Dio verso l’uomo non toglie nulla all’impegno (al dovere) dell’uomo di accogliere la Parola di Dio e di osservare i suoi comandamenti!
Bartolomeo Sorge SJ 16 novembre 2016
www.aggiornamentisociali.it/easyne2/LYT.aspx?Code=AGSO&IDLYT=769&ST=SQL&SQL=ID_Documento=15567

La dignità e il ruolo della donna nell’Amoris lætitia
Lunedì 14 novembre 2016 la teologa fiorentina Serena Noceti ha sviluppato la riflessione sulle donne che attraversa Amoris lætitia nell’appuntamento settimanale de “La scuola del lunedì”.
Davanti ad una platea molto numerosa, la prima sottolineatura offerta e mai da dare per scontato è stata l’attenzione che Papa Francesco ha sempre rivolto alle donne, al mondo femminile, anche nel linguaggio che sceglie: utilizza termini come “fratello e sorella”, “santi e sante”. La professoressa Noceti ha spiegato che il Pontefice ha inoltre declinato questa sua sensibilità in scelte concrete di maggiore coinvolgimento nelle commissioni e negli appelli alla Chiesa, fino a toccare proprio la struttura della curia romana.
Non si tratta di una novità assoluta, quanto piuttosto di un’importante eredità del Concilio Vaticano II, ma che anche dal punto di vista teologico è stata poco approfondita. Per questi motivi è importante proseguire una riflessione sulle donne e di questo già accennava Papa Francesco in Evangelii gaudium (nn.103-104) riconoscendo che “le rivendicazioni dei diritti delle donne pongono alla chiesa domande profonde”.
“La riflessione sulle donne riguarda tutti” – ha esplicitato Serena Noceti – “non riguarda solo le donne, perché pone in questione le relazioni che tutti abbiamo con le nostre madri, le nostre sorelle”. La teologa ha quindi aggiunto che “la famiglia è stata il contesto nel quale si è vissuto, tramandato, strutturata la subordinazione delle donne, legate alla procreazione, alla maternità, al destino delle donne indiscusso perché erano legittimata la presenza e l’autorità del pater familias”.
Il Papa evidenzia le questioni che antropologicamente hanno segnato le donne, ma non fa in Amoris lætitia un vero trattato sulle donne. Traccia alcuni elementi che devono essere necessariamente sviluppati successivamente, ma soprattutto si preoccupa di sottolineare un punto di vista nuovo: rifacendosi a Genesi, il Pontefice spiega che la donna viene posta a fianco dell’uomo “perché sia un aiuto che gli corrisponda”. Non si tratta quindi di un essere umano da subordinare, ma da guardare negli occhi, esattamente come accade nelle famiglie.
Serena Noceti ha ribadito più volte la possibilità che la Chiesa e anche la società civile hanno di apprendere dalle famiglie la gestione, la cura e la capacità di vivere relazioni paritarie tra uomo e donna. Secondo la teologa, “papa Francesco, rifacendosi alla “Pacem in terris” di Giovanni XXIII, si spinge a ribadire che uno sguardo capace di leggere la realtà nelle sue potenzialità e limiti significa fare una lettura dei segni dei tempi”. Del resto è stato ben evidenziato che la questione delle donne ha attraversato i pontificati incontrando nei successori di Pietro diverse posizioni. Leone XIII, già nel 1880 in Arcanum Divinae Sapientiae, scriveva che “il marito è il principe della famiglia e il capo della moglie – donna soggetta ed obbediente al marito, ma non a guida di ancella bensì di compagna”. Pio XI, in Casti connubii del 1930, si espresse in merito facendo riferimento al celebre versetto della lettera agli Efesini di san Paolo, scrivendo che “l’ordine dell’amore richiede da una parte la superiorità del marito sopra la moglie e i figli, dall’altra la pronta soggezione e ubbidienza della moglie, non per forza, ma quale è raccomandata dall’apostolo”.
Interessante è dunque la posizione di papa Francesco perché, proponendo un nuovo punto di vista, “sottolinea che le donne hanno una parola per dirsi, per dire la realtà, per dire la Chiesa”, come ha ben motivato la Noceti. “La premura del Pontefice nell’esplicitare le posizioni di subordinazione e violenza subiti ancora oggi” – ha continuato la teologa – “è legata al fatto che Amoris lætitia non è stata scritta solo guardando all’Italia, ma a tutto il mondo, quindi ciò che qui (in Italia) potrebbe apparire scontato, non lo è in altri paesi”.
Si tratta dunque di “un chiaro invito ad un ripensamento antropologico per un superamento di una teoria androcentrica, che agisce attraverso processi di invisibilizzazione delle donne”, ha spiegato Serena Noceti. “Occorre superare il modello della complementarietà per affrontare la relazione maschile-femminile con un nuovo modello: quello della reciprocità, dello stare vis-à-vis, ovvero della famiglia”. La teologa ha quindi spiegato che “si tratta cioè di considerare il maschile ed il femminile come due soggetti umani che hanno uguale dignità e completezza di identità che si confrontano e raffrontano l’uno all’altra nella consapevolezza che solo nella relazione si potranno dire in pienezza”. Per giungere a questa nuova antropologia, occorre fare attenzione a non tornare agli stereotipi vecchi e all’immaginario mariano come riferimento per la donna, ma bisogna piuttosto guardare alla famiglia di Nazareth nella sua interezza per apprendere nuove relazioni tra uomini e donne.
Naike Monique Borgo Diocesi di Vicenza 16 novembre 2016
Registrazione audio
www.diocesi.vicenza.it/pls/vicenza/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=4510&rifi=guest&rifp=guest

Amoris lætitia, occasione per un nuovo discorso cristiano sull’eros?
Amoris lætitia, (AL) ha messo in evidenza quella che probabilmente potrebbe rivelarsi una nuova sfida educativa per il mondo cristiano connessa alla valorizzazione della «passione erotica», nelle sue diverse forme espressive letterarie, come risorsa inalienabile e positiva dell’esistenza umana.
La parola «eros» è presente in AL n. 147 2 volte, l’aggettivo «erotica» 3 volte nei nn. 120, 150 e 152, il sostantivo «erotismo» 3 volte, 2 volte nel n. 151 e 1 volta nel n. 157: in totale sono 8 le ricorrenze delle varianti lessicali del campo semantico derivate dal concetto di “eros”.
Di seguito si riporta l’analisi di queste 8 varianti lessicali seguendo la progressione espositiva di AL.
La prima ricorrenza si trova al n. 120 in forma aggettivale, in appendice al commento dell’inno paolino alla carità di 1Cor 13,4-7, dove, seguendo Tommaso d’Aquino, viene definita così la «carità coniugale»: «È “un’unione affettiva”, spirituale e oblativa, che però raccoglie in sé la tenerezza dell’amicizia e la passione erotica, benché sia in grado di sussistere anche quando i sentimenti e la passione si indebolissero» (Regno-doc. 5,2016,154). Quindi nell’amore sponsale entra a pieno titolo, assieme e oltre all’affettività, alla spiritualità, all’oblatività e alla tenerezza, la «passione erotica», che così non viene più ritenuta demoniaca, ma una componente essenziale della unione coniugale.
La seconda e la terza ricorrenza, nella forma verbale «eros», si trovano al n. 147, dove viene riportata e fatta propria da papa Francesco la riflessione di Benedetto XVI di Deus caritas est (nn. 3 e 4b): «Benedetto XVI ha raccolto questo interrogativo con grande chiarezza: “La Chiesa con i suoi comandamenti e divieti non ci rende forse amara la cosa più bella della vita? Non innalza forse cartelli di divieto proprio là dove la gioia, predisposta per noi dal Creatore, ci offre una felicità che ci fa pregustare qualcosa del Divino?” Ma egli rispondeva che, seppure non sono mancati nel cristianesimo esagerazioni o ascetismi deviati, l’insegnamento ufficiale della Chiesa, fedele alle Scritture, non ha rifiutato “l’eros come tale, ma ha dichiarato guerra al suo stravolgimento distruttore, poiché la falsa divinizzazione dell’eros (…) lo priva della sua dignità, lo disumanizza”» (Regno-doc. 5,2016,159). Qui Francesco riprende la riflessione di Benedetto XVI che già nel 2005 riscopriva quanto l’amore (agape, caritas) necessitasse di essere integrato dall’eros e con l’eros, rifiutando così le precedenti distinzioni: “Nel dibattito filosofico e teologico queste distinzioni spesso sono state radicalizzate fino al punto di porle tra loro in contrapposizione: tipicamente cristiano sarebbe l’amore discendente, oblativo, l’agape appunto; la cultura non cristiana, invece, […] sarebbe caratterizzata dall’amore ascendente, bramoso e possessivo, cioè dall’eros. Se si volesse portare all’estremo questa antitesi, l’essenza del cristianesimo risulterebbe disarticolata dalle fondamentali relazioni vitali dell’esistere umano e costituirebbe un mondo a sé, da ritenere forse ammirevole, ma decisamente tagliato fuori dal complesso dell’esistenza umana. In realtà eros e agape — amore ascendente e amore discendente — non si lasciano mai separare completamente l’uno dall’altro. Quanto più ambedue, pur in dimensioni diverse, trovano la giusta unità nell’unica realtà dell’amore, tanto più si realizza la vera natura dell’amore in genere. Anche se l’eros inizialmente è soprattutto bramoso, ascendente — fascinazione per la grande promessa di felicità — nell’avvicinarsi poi all’altro si porrà sempre meno domande su di sé, cercherà sempre di più la felicità dell’altro, si preoccuperà sempre di più di lui, si donerà e desidererà «esserci per» l’altro. Così il momento dell’agape si inserisce in esso; altrimenti l’eros decade e perde anche la sua stessa natura” (Deus caritas est, n. 7b).
La quarta ricorrenza è al n. 150: «La dimensione erotica dell’amore. Tutto questo ci porta a parlare della vita sessuale dei coniugi. Dio stesso ha creato la sessualità, che è un regalo meraviglioso per le sue creature. Quando la si coltiva e si evita che manchi di controllo, è per impedire che si verifichi “l’impoverimento di un valore autentico”. San Giovanni Paolo II ha respinto l’idea che l’insegnamento della Chiesa porti a “una negazione del valore del sesso umano” o che semplicemente lo tolleri “per la necessità stessa della procreazione”. Il bisogno sessuale degli sposi non è oggetto di disprezzo e “non si tratta in alcun modo di mettere in questione quel bisogno”». Qui, seguendo Giovanni Paolo II, Francesco conferma che la passione erotica non può essere messa in discussione, arrivando a indicarla come «bisogno»! (…) (Regno-doc. 5,2016,159). Qui, seguendo Giovanni Paolo II, Francesco conferma che la passione erotica non può essere messa in discussione, arrivando ad indicarla come “bisogno”!
La quinta e la sesta ricorrenza sono in AL, n. 151: “L’erotismo appare come manifestazione specificamente umana della sessualità. In esso si può ritrovare «il significato sponsale del corpo e l’autentica dignità del dono». Nelle sue catechesi sulla teologia del corpo umano, san Giovanni Paolo II ha insegnato che la corporeità sessuata «è non soltanto sorgente di fecondità e di procreazione», ma possiede «la capacità di esprimere l’amore: quell’amore appunto nel quale l’uomo-persona diventa dono». L’erotismo più sano, sebbene sia unito a una ricerca di piacere, presuppone lo stupore, e perciò può umanizzare gli impulsi”. Per Francesco quindi l’erotismo è una “manifestazione specificatamente umana della sessualità” e a sostegno di questo porta le tesi di Giovanni Paolo II espresse nelle sue Catechesi sulla “teologia del corpo” del 16 gennaio e 12 novembre del 1980.
La settima ricorrenza è in AL, n. 152 e si presenta come la logica conclusione del percorso sull’eros: “Pertanto, in nessun modo possiamo intendere la dimensione erotica dell’amore come un male permesso o come un peso da sopportare per il bene della famiglia, bensì come dono di Dio che abbellisce l’incontro tra gli sposi”.
L’ottava ed ultima ricorrenza in AL, n. 157 è una sorta di apologia finale dell’erotismo, dove carezze, abbracci, baci e rapporti sessuali sono doni da accogliere con gratitudine: “Tuttavia, il rifiuto delle distorsioni della sessualità e dell’erotismo non dovrebbe mai condurci a disprezzarli o a trascurarli. L’ideale del matrimonio non si può configurare solo come una donazione generosa e sacrificata, dove ciascuno rinuncia ad ogni necessità personale e si preoccupa soltanto di fare il bene dell’altro senza alcuna soddisfazione. Ricordiamo che un vero amore sa anche ricevere dall’altro, è capace di accettarsi come vulnerabile e bisognoso, non rinuncia ad accogliere con sincera e felice gratitudine le espressioni corporali dell’amore nella carezza, nell’abbraccio, nel bacio e nell’unione sessuale”.
Appare evidente che una nuova sfida educativa intraecclesiale è stata avviata dal recente magistero pontificio e che anche problematiche gravi, come quelle della denatalità, non possono essere affrontate con la repressione della sessualità, ma con la sua corretta valutazione, anche nei suoi intrinseci aspetti erotici, consapevoli che sesso, sensualità, erotismo e procreatività appartengono all’essere umano, che è composto di corpo ed anima: «L’uomo diventa veramente se stesso, quando corpo e anima si ritrovano in intima unità; la sfida dell’eros può dirsi veramente superata, quando questa unificazione è riuscita. Se l’uomo ambisce di essere solamente spirito e vuol rifiutare la carne come una eredità soltanto animalesca, allora spirito e corpo perdono la loro dignità» (Deus caritas est, n. 5b; EV 23/1547).
Andrea Volpe 20 novembre 2016 Apparsa in ampi stralci su Il Regno-attualità 18,2016,574.
www.lindicedelsinodo.it/2016/11/amoris-laetitia-occasione-per-un-nuovo.html#more
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ASSEGNO DI MANTENIMENTO
Figli maggiorenni: dopo i 34 anni non vanno più mantenuti.
Tribunale di Milano – nona Sezione civile, ordinanza 29 marzo 2016.
Per il Tribunale di Milano, superata una certa età anche se non indipendenti i figli raggiungono un’autonomia che non giustifica il protrarsi del mantenimento. Figli maggiorenni mantenuti a vita? No. Al massimo potranno chiedere gli alimenti. A sancirlo è ila nona sezione civile del tribunale di Milano, con una recente ordinanza del giudice Giuseppe Buffone pronunciandosi sulla domanda di separazione di due anziani coniugi e negando in radice il mantenimento per il figlio ormai 41enne.
Con il superamento di una certa età, si legge infatti nel provvedimento, “il figlio maggiorenne, anche se non indipendente, raggiunge comunque una sua dimensione di vita autonoma che lo rende, semmai, meritevole dei diritti ex art. 433 c.c. ma non può più essere trattato come ‘figlio’, bensì come adulto”.
Giova infatti ricordare che, in forza dei doveri di autoresponsabilità che su di lui incombono, il figlio maggiorenne non può pretendere la protrazione dell’obbligo al mantenimento oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, perché “l’obbligo dei genitori si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione” (cfr. Cass. n. 18076/2014; Cass. SS.UU. n. 20448/2014).
Tale obbligo, scrive il giudice milanese, “in linea con le statistiche ufficiali, nazionali ed europee” non può protrarsi dunque “oltre la soglia dei 34 anni”, età a partire dalla quale “lo stato di non occupazione del figlio maggiorenne non – può – più essere considerato quale elemento ai fini del mantenimento, dovendosi ritenere che, da quel momento in poi, il figlio stesso possa, semmai, avanzare le pretese riconosciute all’adulto”.
Ne consegue, ha concluso il tribunale, autorizzando i coniugi a vivere separatamente con facoltà di interrompere la convivenza e la coabitazione, che la valutazione delle circostanze che giustificano la ricorrenza o il permanere dell’obbligo dei genitori al mantenimento dei figli maggiorenni, conviventi o meno ch’essi siano con i genitori o con uno di essi, va effettuata “in guisa da escludere che la tutela della prole, sul piano giuridico, possa essere protratta oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, al di là dei quali si risolverebbe, com’è stato evidenziato in dottrina, in “forme di vero e proprio parassitismo di ex giovani ai danni dei loro genitori sempre più anziani”.
Marina Crisafi studio Cataldi 13 novembre 2016
www.studiocataldi.it/articoli/23994-figli-maggiorenni-dopo-i-34-anni-non-vanno-piu-mantenuti.asp
Massima e sentenza www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/fmi.php?id_cont=16105.php
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CENTRO ITALIANO DI SESSUOLOGIA
“L’educazione del desiderio, il desiderio di una educazione”
Il corso inizia il 27 Gennaio 2017. Il corso intende fornire strumenti operativi per l’individuazione e l’attuazione di strategie e tattiche per promuovere e attivare progetti di educazione sessuale che favoriscano la costruzione dell’identità e la promozione della salute sessuale. Avrà una durata di 100 ore in armonia con il regolamento della Federazione Italiana di Sessuologia Scientifica (FISS) consentendo l’iscrizione al Registro FISS come Educatore Sessuale.
Il corso è rivolto a professionisti e laureati in ambito medico, psicologico, pedagogico, socio-antropologico, socio-assistenziale e operatori del settore.
L’iniziativa intende fornire strumenti operativi per l’individuazione e l’attuazione di strategie e tattiche di una educazione sessuale che favorisca la costruzione dell’identità e la promozione della salute sessuale.
I corsisti saranno messi nelle condizioni di acquisire o aggiornare
• Il sapere sessuologico.
• Le conoscenze in ordine alla progettazione e attuazione di interventi preventivo/educativi che abbiano come destinatari educatori, insegnati, genitori e giovani.
• Gli strumenti e le tecniche didattiche con particolare riferimento al linguaggio e alla comunicazione.
• Le abilità d’integrazione e collaborazione con gli educatori, insegnati e genitori, nell’ottica di un loro coinvolgimento nell’organizzazione e attuazione di programmi d’interventi educativi/preventivi.
• La consapevolezza delle equivalenze personali, professionali e istituzionali che interagiscono nella programmazione e attuazione degli interventi educativo preventivi.
• La consapevolezza sul ruolo delle competenze relazionali e dei processi d’identificazione nella comunicazione interpersonale.
La durata è di 100 ore di formazione suddivisi in 6 weekend residenziali.
Direzione didattica Dott.ssa Gabriella Rifelli
Segreteria scientifica Dott.ssa Alba Mirabile, Dott.ssa Giada Mondini
Per maggiori informazioni potete consultare il sito alla pagina di Educazione Sessuale. www.cisonline.net
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CENTRO STUDI FAMIGLIA CISF
Newsletter n. 23/2016, 16 novembre 2016.
Famiglie nell’era digitale. Un convegno a Berlino. Il CISF ha partecipato al recente convegno di Berlino (7-8 novembre 2016) organizzato della COFACE (rete di associazioni familiari accreditata press l’Unione Europea) su “L’impatto della digitalizzazione sulle famiglie del 21esimo Secolo”. Il convegno ha visto la partecipazione di oltre 150 esperti e rappresentanti dell’associazionismo familiare da 16 Paesi europei, e ha evidenziato la diffusa consapevolezza della radicale novità di fronte a cui stanno le famiglie in tutta l’Europa. Al di là delle conclusioni del convegno, resta la percezione condivisa della necessità di un atteggiamento non pregiudiziale nei confronti degli strumenti di comunicazione di rete, superando la contrapposizione tra “virtuale” e “reale”. Il mix tra i due mondi è ormai evidente, come hanno confermato anche molte ricerche presentate, cosicché non è più opportuno pensare ad un virtuale radicalmente separato dalla vita concreta, perché la rete, internet, i social network e le relazioni lì costruite sono ben reali, non solo nella vita delle nuove generazioni, ma anche per gli adulti in ambito lavorativo, nel costruire le nostre città, nel fornire agli anziani nuove occasioni di relazioni concrete (anche se per via virtuale) con i propri figli e nipoti. Insomma, senza nascondersi i rischi (pur affrontati durante le giornate berlinesi), è stata condivisa la priorità che sia necessario approfondire le nuove opportunità di cui le famiglie digitali possono usufruire. Ci vuole una rinnovata fiducia nei confronti di questo “mondo”, come ha ricordato anche la Presidente Coface, Anne-Marie Drieskens, che ha concluso il suo intervento con la parola TRUST, cioè fiducia, in cui le iniziali della parola inglese conducono quasi ad uno slogan programmatico, (Technologies-Respect-Universal-Support-Transform), che in italiano può essere tradotto più o meno così: “Le (nuove) Tecnologie devono e possono garantire Rispetto alle persone, ed essere opportunità per tutti (Universalistica), e sono in grado di aiutare e promuovere (Supportare) il (necessario) Cambiamento”. Non pregiudizialmente contrari, quindi, né acriticamente entusiasti, ma realisticamente consapevoli che per le famiglie le nuove tecnologie comunicative sono una grande opportunità da esplorare. Francesco Belletti – Cisf
Comunicato stampa COFACE
https://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.coface-eu.org/&prev=search
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Le nozze aumentano (di poco) ma è boom di divorzi. Nel 2015 sono stati celebrati 194.377 matrimoni, circa 4.600 in più rispetto all’anno precedente. È l’aumento annuo più consistente dal 2008 ma non si può considerare un’inversione di tendenza. In aumento del 57% le coppie che si lasciano, grazie anche all’effetto della legge sul “divorzio breve”. In crescita anche le nozze celebrate con rito civile.
Commento sul sito di Famiglia Cristiana
www.famigliacristiana.it/articolo/le-nozze-aumentano-di-poco-ma-e-boom-di-divorzi.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_16_11_2016
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Notizie -. Adottare per bene. Corso per professionisti dell’adozione internazionale, corso di formazione sull’adozione internazionale, proposto in nella forma innovativa della formazione on line, su un tema la cui crescente complessità esige costante aggiornamento e competenze professionali. AiBi – Amici dei bambini, 1-2 dicembre 2016. E’ possibile anche iscriversi e partecipare di persona, in aula, nella sede di Aibi nei pressi di Milano.
www.aibi.it/ita/milano-adottare-per-bene-con-ai-bi-un-corso-di-specializzazione-per-professionisti-delladozione-internazionale
Pensioni e quattordicesima: una questione di equità. Secondo un’interessante analisi pubblicata su lavoce.info, la recente proposta di integrazione delle pensioni con una “quattordicesima” non sarà una misura equa: “[…] circa un quinto delle risorse impiegate andrà al 40% delle famiglie più ricche, mentre solo il 50% della maggior spesa va effettivamente al 30% delle famiglie più povere. Questo per il motivo semplicissimo che ci si ostina ad usare come criterio per interventi monetari di questo tipo […] il reddito individuale, anziché il reddito familiare, come ha più volte dichiarato lo stesso presidente dell’INPS Tito Boeri”
www.lavoce.info/archives/43763/no-tax-area-e-quattordicesime-cosa-cambia-per-i-pensionati-2/
Dal sito Unicef, in occasione della Giornata Mondiale del bambino (20 novembre). Tiny stories. Unicef ha chiesto ad alcuni grandi autori a livello mondiale un breve racconto sulla tutela dei diritti dei bambini, che ha messo on line, per attivare maggiore consapevolezza, anche attraverso un dibattito sul web. Tra gli altri ci piace il racconto di Paulo Coelho, in cui la nonna dice al nipote: “spero che diventerai come questa matita, perché:
1) può fare grandi cose, ma serve una mano che la guidi (la mano di Dio);
2) ogni tanto bisogna fargli la punta: la matita soffre un po’, ma dopo è migliore;
3) con la matita si può sempre cancellare un errore: si può sbagliare, quindi, nella vita, ma si può anche correggere l’errore;
4) quello che conta davvero, nella matita, non è il contenitore esterno, ma la grafite di cui è fatta: oltre l’apparenza;
5) infine, la matita lascia sempre un segno: così per la tua vita: devi saperlo ed esserne responsabile” […]
Le altre storie https://www.unicef.org/tinystories
Ultimi arrivi dalle case editrici
Rosina Alessandro, NEET. Giovani che non studiano e non lavorano, Vita e Pensiero, Milano, 2015, pp. 112, € 12,00. Vagano senza meta, senza aver chiaro il loro ruolo nella società e nel mercato del lavoro, sempre più disincantati e disillusi, con il timore di essere marginalizzati e di dover rinunciare definitivamente a un futuro di piena cittadinanza. Sono i NEET (acronimo inglese per Not in Education, Employment or Training), i giovani che non studiano e non lavorano: un fenomeno in crescita allarmante, tanto che si comincia a parlare di loro come di una “generazione perduta”. Questo spreco di potenziale umano ha un costo rilevante, sul piano sia sociale sia economico, perché le nuove generazioni sono la componente più preziosa e importante per la produzione di benessere in un Paese. Come si è arrivati a questa situazione? Come la vivono i giovani? E come se ne esce? Questo libro-inchiesta, partendo da queste domande, con sguardo lucido e acuto individua le responsabilità dei vari attori istituzionali, economici, sociali (dalla scuola al sistema produttivo, alla famiglia, ai mass media …) svelando inefficienze e limiti. Con indicatori ufficiali e dati di ricerche scientifiche, disegna poi un percorso di riscatto possibile, che passa attraverso il cambio di atteggiamento verso le nuove generazioni, l’attenzione ai talenti giovani, l’investimento nelle nuove competenze, il sostegno dell’intraprendenza
Save the date.
Nord: Adolescenti migranti soli e affido familiare. Una risposta possibile? Caritas ambrosiana-Comune di Milano, Milano, 2 dicembre 2016.
“Mamme e bebè a Palazzo Zuckermann”. Tre incontri per neogenitori, organizzati dalla Associazione Città delle mamme, Padova, 29 novembre, 6 dicembre, 13 dicembre 2016.
www.padovanet.it/evento/incontri-mamme-e-beb%C3%A8-palazzo-zuckermann
Centro Civiltà sottile Il racconto dei progressi e delle cadute nel cammino della convivenza, Redattore sociale 2016 – XXIII Seminario di formazione per giornalisti, Comunità di Capodarco di Fermo, 2-4 dicembre 2016.
Sud: RiGenerare dalle differenze. Paradigmi per la coesione, l’inclusione e lo sviluppo, 17° Happening della Solidarietà, Consorzio Sol. Co. Rete di Imprese Sociali Siciliane, Catania, 24-25 novembre 2016.
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CHIESA CATTOLICA
5 dubbi, 4 Cardinali, 3 certezze.
Dopo quelle scritte durante il Sinodo, più o meno clandestinamente, un’altra lettera, sempre con le solite firme, ora selezionate. Ma questa volta non vengono espressi timori o desideri. No, questo è un elenco di “dubbi”. La cosa interessante è che il dubbio non è tanto su “Amoris lætitia”, ma sul disegno del papa in quanto tale.
www.lanuovabq.it/it/articoli-cinque-domande-su-cui-si-gioca-la-morale-cattolica-18026.htm
www.lanuovabq.it/it/articoli-amoris-laetitia-troppa-confusionequattro-cardinali-scrivono-al-papa-fare-chiarezza-18028.htm
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351414
Ma l’effetto, inatteso, è che i 4 cardinali, formulando i loro 5 dubbi, fanno sorgere nel popolo di Dio 3 grandi certezze. Dai loro 5 dubbi nascono le nostre 3 certezze. La dinamica ecclesiale riserva anche queste sorprese. Se esperti uomini di Chiesa, dopo 7 mesi dalla presentazione del testo di AL, continuano a “non capire” – o a non volere capire – che cosa è mutato e si abbarbicano ostinatamente alle loro “evidenze sospette”, tutto ciò determina, nel corpo ecclesiale, una nuova coscienza, talmente radicale, da diventare certezza. La loro diffidenza verso AL ci consente una nuova confidenza col Vangelo. Anche questo, in certo modo, è ministero ecclesiale.
Certitudo prima. Nella Chiesa cattolica, a causa di una vicenda storica complessa, ma della quale avrebbero dovuto accorgersi da tempo anche questi Signori Cardinali, può accadere che si parli un linguaggio che non ha più alcun riferimento alla realtà. Si può parlare di soggetti sposati davanti alla legge come se vivessero “more uxorio” e di “atti intrinsecamente negativi” come se fosse fuori dalla storia. Alla radice di questo disagio sta una mancanza di riconoscimento della realtà e una radicale pretesa di autosufficienza. A nulla vale la esperienza: si è imparato a nascondersi dietro la corazza di una “scienza triste”, identificata con il Vangelo, e ci si atteggia a “difensori del bene delle anime”. Ma si è perso il legame tanto con le anime quanto con il bene.
Certitudo altera. Viene il tempo in cui occorre scegliere tra iniziare processi di conversione o occupare spazi di potere. Ad ogni costo i 4 firmatari ritengono che per un pastore e per un uomo di Chiesa non vi sia alternativa. Può soltanto occupare spazi di potere e gettare bombe lacrimogene per impedire la vista del reale. E si usa ogni mezzo. Soprattutto si pretende che la Scrittura e la Tradizione siano al servizio delle operazioni di “immunizzazione dal reale” perseguite negli ultimi 40 anno. Il popolo di Dio e il magistero ecclesiale guarda a questi tentativi come si guarda, con la giusta comprensione, ai bambini che, privati del loro giocattolo preferito, pestano i piedi e chiedono giustizia.
Certitudo tertia. Da ormai 7 mesi è iniziata la strada di una recezione ricca e complessa di Amoris lætitia. I pastori che hanno a cuore il bene dei loro fedeli conoscono la strada, si sono messi in cammino: qualcuno davanti al popolo, per incitare alla marcia; qualcuno in mezzo al popolo, per tenere bene la andatura comune; qualcuno nelle retrovie, a custodire quelli col passo più lento. I pastori sanno dove stare. I cardinali che salgono al primo piano, si mettono alla finestra e cercano in qualche modo di far rientrare la Chiesa in uscita, temono gli ospedali da campo, rifuggono i campi profughi. Salgono alla finestra e si dicono “dove andremo a finire?”. E l’unica risposta è “Bisogna finire di andare”. Stare. Fermi. Sordi. Immuni. Lontani. Indifferenti. Con un sentimento di infinita differenza dal mondo estraneo. Ma anzitutto da Francesco, papa strano. Che spuzza di vita. E che osa non subordinare il Vangelo alla legge.
Andrea Grillo blog: Come se non 14 novembre 2016
www.cittadellaeditrice.com/munera/5-dubbi-4-cardinali-3-certezze

Il papa Achille e la tartaruga dei 4 cardinali
La tartaruga irraggiungibile dei 4 cardinali e il movimento possibile di papa Francesco. Dietro le posizioni espresse nella lettera dei 4 cardinali su “Amoris Laetitia” non vi è soltanto l’ombra lunga di una Chiesa paralizzata e inamidata, ma anche una visione filosofica statica, che nega il movimento e il divenire. Essi difendono l’essere cristiano come qualcosa di statico, cadendo fragorosamente nelle contraddizioni che già Zenone di Elea, difensore dell’essere parmenideo, mostrava con chiarezza in un famoso “paradosso”, denominato “Achille e la tartaruga”. Ascoltiamolo in una sintetica presentazione:
«Achille, simbolo di rapidità, deve raggiungere la tartaruga, simbolo di lentezza. Achille corre dieci volte più svelto della tartaruga e le concede dieci metri di vantaggio. Achille corre quei dieci metri e la tartaruga percorre un metro; Achille percorre quel metro, la tartaruga percorre un decimetro; Achille percorre quel decimetro, la tartaruga percorre un centimetro; Achille percorre quel centimetro, la tartaruga percorre un millimetro; Achille percorre quel millimetro, la tartaruga percorre un decimo di millimetro, e così via all’infinito; di modo che Achille può correre per sempre senza raggiungerla». (J.L. Borges)
Non dispiacerà a papa Francesco se ricordo questa mirabilante ripresa del famoso “paradosso della tartaruga”, così come scritta da Jorge Luis Borges, il grande poeta argentino, in “Altre inquisizioni” sotto il titolo “Metamorfosi della tartaruga” dove, alla sua maniera, percorre tutta la storia delle mille variazioni che questo famosissimo paradosso di Zenone ha assunto nella storia della nostra cultura. E Borges ne trae una alta riflessione sul tema, fondamentale, del regressus in infinitum come argomento filosofico.
Ho pensato a questo splendido brano quando ho letto il testo dei 5 Dubia formulati dai 4 Cardinali. In tutto il testo appare evidente una difficoltà di fondo, che è di carattere strutturale. Ossia la proiezione sulla realtà di un “modello di pensiero” secondo il quale come Achille non raggiunge la tartaruga, così la grazia non raggiunge le seconde nozze, per motivi logici e ontologici! La realtà della esperienza non conta nulla. Anzi è sospetta. Non importa che, nei fatti, tutti gli Achille raggiungano e superino le tartarughe. Non importa che possa esservi comunione nelle “famiglie allargate”. Conta soltanto un ragionamento logico, a suo modo stringente, ma incapace di spiegare il reale. Con questa “logica statica” – rigorosamente contraria al divenire – ragiona chi chiama “conviventi more uxorio” uomini e donne regolarmente sposati davanti alla legge. Poiché pretende di avere un accesso diverso alla realtà – ossia la sola legge canonica – la posizione dei cardinali si emancipa dal reale complesso e lo ricostruisce astrattamente e asetticamente. Cerca di battere il pensiero della complessità con un semplicismo massimalista.
Con questo “argomento ontologico” capovolto, ci si dispensa dalla esperienza. Ci si chiude nella pura autoreferenzialità. Si esclude per la Chiesa qualsiasi uscita significativa. Solo così i 4 firmatari possono dire, senza arrossire in volto, di nutrire dubbi su una serie impressionante di astrazioni:
Come si può riconciliare con la Chiesa chi – secondo loro – non è sposato?
Come si può accettare che venga perdonato un atto “intrinsecamente malvagio”?
Come si può vivere in stato di grazia se si vive in stato di peccato?
Come si può smentire un papa Santo come Giovanni Paolo II?
No, secondo i 4 cardinali, Achille non raggiungerà mai la tartaruga. Allo “stato di peccato” non può seguire lo “stato di grazia”. Un papa “non santo” non può contraddire un “papa santo”. Il mondo e la Chiesa “sono” e non possono non essere. Il divenire e il movimento non sono e non possono essere. O, meglio, sono ammissibili solo a condizioni rigorosamente e immutabilmente stabilite dal papa Santo, non da quello non santo. Ciò che nel 1981 si è scritto sembra diventare, per loro, “parola di Dio”, “verbo rivelato”, “verità immutabile”, “pietra angolare”.
Dunque, la tartaruga della verità non sarà mai raggiunta dal modernismo di Achille. La Chiesa resterà salda nella sua autosufficienza autoreferenziale. Non prevalebunt. Questo è il prezzo troppo alto che i 4 cardinali hanno pagato ad una teoria inadeguata. Un difetto di esperienza li rende sostanzialmente ciechi. E il divenire sembra non avere forza alcuna proprio con loro.
Andrea Grillo blog: Come se non 15 novembre 2016
www.cittadellaeditrice.com/munera/il-papa-achille-e-la-tartaruga-dei-4-cardinali

Francesco si rifiuta di cadere nella “trappola” tesagli dal cardinal Burke e dai suoi alleati riguardo a “errori” in Amoris Laetitia
Il papa ritiene che le domande poste sui divorziati risposati abbiano la finalità di obbligarlo ad entrare nel dibattito nei termini scelti dal cardinale. Uno dei critici del papa maggiormente in vista ha alzato la posta. In un’intervista al National Catholic Register, il cardinale statunitense Raymond Burke ha detto che il pontefice insegna “errori” lasciando intendere che i cattolici divorziati risposati possono ricevere la comunione e ha minacciato di porre un “formale atto di correzione”.
Insieme ad altri tre cardinali emeriti, ha scritto a Francesco chiedendogli di mettere ordine nella confusione contenuta nel documento papale successivo al Sinodo sulla famiglia, Amoris lætitia, di cui si lamentano che stia causando grande disorientamento e grande confusione” tra i cattolici. E gli hanno posto cinque domande – che chiamano “dubbi” – che richiedono una risposta “sì-no”.
Ma il papa non ha risposto, così il gruppo – comprendente Joachim Meisner, vescovo emerito di Colonia, Carlo Caffarra, vescovo emerito di Bologna, e Walter Brandmüller, incaricato in Vaticano per il comitato storico-scientifico – ha reso pubbliche le loro preoccupazioni.
Allora, perché il papa è rimasto in silenzio? Francesco ritiene che le loro domande siano una trappola e ha scelto di non impegnarsi in un dibattito che avverrebbe nei termini posti dal cardinale e che avrebbe la finalità di obbligarlo a restaurare vecchie regole. Ha anche definitivamente appoggiato la posizione dei vescovi argentini, secondo la quale la comunione può essere data ai cattolici risposati in alcuni casi – e sta lasciando ai singoli vescovi in generale la facoltà di decidere.
Per i conservatori, questo è il nodo del problema. Non è tanto la “confusione” che dicono causata dal documento, ma il fatto che il papa si sia pronunciato a favore della coscienza personale, del discernimento e del potere delle chiese locali. Questo per loro è allarmante, perché significa spazzar via la comoda copertura di un inequivocabile, pulito e chiaro insegnamento papale.
Ma la verità è che, quando si arriva a matrimonio e divorzio, una soluzione “valida uguale per tutti” non funziona, e Francesco lo sa. Sa anche che la maggior parte dei cattolici sono d’accordo e che Amoris lætitia riflette la realtà di un infinito numero di parrocchie. E può benissimo essere scettico di fronte all’affermazione che i fedeli sono “confusi” fatta da un gruppo di cardinali che non sono attualmente impegnati nell’attività pastorale. […]
Christopher Lamb “www.thetablet.co.uk” 16 novembre 2016 traduzione
www.finesettimana.org/pmwiki/index.php?n=Stampa.HomePage?tipo=numaut5878

“Devia dalla fede” L’ultimo affondo dei nemici del Papa.
Nella riunione dei cardinali — il “concistoro” — il pontefice discute con i suoi fratelli le cose di maggior peso: fra queste “causae maiores” c’è la immissione di nuovi porporati nel collegio, che da quasi mille anni elegge il successore di Pietro. Francesco aveva adunato per questo il concistoro incorso: in coincidenza con la fine del giubileo straordinario di cui trarrà il bilancio la lettera “Misericordia et misera” in uscita domani.
Sulla convocazione del concistoro però, s’è abbattuta una lettera al Papa di quattro cardinali conservatori [tre emeriti. Ndr]: che va ben al di là d’una “critica” al suo magistero. Esprimere obiezioni infatti è un diritto di tutti ed è un dovere per i cardinali. Ma chiedere al Papa di “chiarire” alcune tesi della sua esortazione sul matrimonio (e una intervista di Burke che la “spiega”), non è un dissenso, espresso a favore di telecamera da uomini rigidi: è un atto sottilmente eversivo, parte di un gioco potenzialmente devastante, con ignoti mandanti, condotto sul filo della storia medievale.
Una antichissima regola del diritto canonico stabilisce che se il Papa viene «sorpreso a deviare dalla fede» cessa di essere Papa: senza altri passi, a meno che la sua resistenza non costringa i cardinali o il concilio a deporlo come eretico. Oggi la lettera dei cardinali non dice che Francesco è “a fide devius”: ma pone una serie di premesse lunghe, forse volte a sondare gli umori del collegio; e usando il lessico dell’Inquisizione, chiede a Francesco, come ad imputato, di spiegare cosa voleva “davvero” dire sui divorziati e via dicendo.
Francesco ha reagito: e come quando sembra che improvvisi, è stato durissimo. È andato di persona alla Rota, con una mossa esplicita. Nell’intervista di venerdì a Stefania Falasca, su Avvenire, il Papa ha spiegato che chi lo attacca non capisce il cuore del vangelo cristiano. Ha predicato per molte settimane sulla divisione — e ieri sull’epidemia dell’inimicizia che contagia la chiesa. E, oltre che contro i protestatari, s’è così posizionato contro tutti quelli che nei giorni di questo concistoro hanno detto o diranno che «i quattro hanno torto, però… ».
www.avvenire.it/papa/pagine/giubileo-ecumenismo-concilio-intervista-esclusiva-del-papa-ad-avvenire
Perché sono loro il problema. L’area del “però” che in questi tre anni ha opposto al papa un muro di gomma, che ha funzionato abbastanza bene, dal loro punto di vista: ha creato attorno a Francesco una solitudine istituzionale che non ferisce la sua anima di gesuita e non mina il suo sonno piemontese, ma ha preso tempo, come quando nella corrida si piantano sulla schiena del toro le banderillas. E adesso pensa di tornare alla spada: in questo caso la spada dottrinale che da secoli era al museo.
Francesco ha contrattaccato: ponendo davanti a chi lo accusa l’istanza del vangelo. Ma lui che non si sente solo per motivi teologici — «solo Dio basta» — assapora la solitudine istituzionale del combattente eroico e stanco. Il suo sforzo riformatore non ha infatti trovato nell’episcopato una risposta pronta: cade ad esempio in questi giorni l’anniversario del discorso di Firenze, in cui strigliò la chiesa italiana, ma da cui sono derivati cambiamenti così impercettibili che bisogna essere vescovi per accorgersene. La riforma della curia non ha trovato la sua anima ecclesiologica: e si limita ancora a ristrutturare mansionari e carriere, senza che la diagnosi profonda da cui nasceva produca soluzioni profonde.
Nel popolo e nelle comunità Francesco ha avuto consenso: ma non una vera ricezione della sua teologia del povero: e sia la xenofobia dei paesi cattolici in Europa sia la stessa elezione del primo presidente americano attaccato a viso aperto dal Papa — «chi fa muri non è cristiano», disse di Trump — lo dimostra.
Il Papa continua dunque a sembrare invulnerabile: anche se è evidente che la sua decisione di non riformare il sinodo dei vescovi, il non aver voluto conferire né a quello né al C9 [Consiglio di 9 Cardinali] poteri effettivi, ha solleticato le tentazioni degli ammutinati visibili e invisibili. Reagisce a colpi di concilio e di vangelo: ma non usa giri di parole per sottolineare l’irruenza reazionaria dei porporati anziani. E che chi porta attacchi come questo non è un “scontento” o un “oppositore” ma qualcuno che punta a “dividere” la chiesa. Il che nel diritto canonico è un crimine, punibile.
All’inizio del giubileo Francesco aveva chiesto alle autorità gesti di clemenza verso i detenuti: clemenza che lui per primo non ha mai applicato ai suoi imputati del processo detto Vatileaks. A fine giubileo si capisce il perché: lui non vedeva in quel processo una procedura penale, ma un gesto pedagogico verso gli avversari.
Quelli che stanno cercando di ridurlo a un santo testimone, che si immedesima nella vita del povero e nel destino dei vinti. E che hanno fatto un altro passo allo scoperto. Rischiando molto.
Alberto Melloni La Repubblica 20 novembre 2016
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2016/11/20/devia-dalla-fede-lultimo-affondo-dei-nemici-del-papa20.html?ref=search

Studenti di diritto canonico rispondono ai cardinali!
Da tempo era chiaro: finché i canonisti non si accorgeranno di “Amoris lætitia” e della conversione che chiede non solo alla loro fede – come a quella di tutti – ma al loro mestiere, la recezione di AL non sarà ancora piena e convincente. Ora sappiamo che, almeno in un Ateneo statale, in una classe di un bravo docente come Pierluigi Consorti, a Pisa, le cose vanno proprio nella direzione sperata.
In un’aula universitaria si legge il testo di AL e si valutano accuratamente tutti i passaggi “canonici” del testo. Alcune informazioni ci giungono provvidenziali da un post che ieri il prof. Consorti ha pubblicato sul blog della Università di Pisa, con il titolo “Quattro cardinali dubbiosi”
http://people.unipi.it/pierluigi_consorti/quattro-cardinale-dubbiosi
Vi si leggono pacate considerazioni su un paradosso: i 4 esperti cardinali non capiscono ciò che invece giovani studenti hanno imparato e compreso facilmente. Alcuni passaggi del testo sono davvero gustosi. Ne riporto alcuni, per comodità, rimandando al testo per una lettura completa:
Un racconto divertente. – “Premetto che non abbiamo potuto non constatare come la semplice lettura dei “numeri incriminati” fosse di per sé molto chiara e non desse adito a dubbi. E’ apparso perciò evidente che il vero dubbio dei quattro cardinali suona piuttosto come un dubbio unico: ‘Santità, hai volutamente scritto cose diverse da quelle che avevano sostenuto i tuoi predecessori? Abbiamo capito bene: stai dicendo cose nuove?’”
“Così – absit iniura verbis – i quattro meschini cardinali appaiono alla mia classe come i sacerdoti di antica memoria, intenti a ricordare le leggi di Mosè, seduti sulla cattedra per giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite. Cercano nella Tradizione scritta quella luce che altrimenti non giunge ai loro cuori”.
“La presenza di una situazione oggettiva di peccato grave non è infatti sufficiente, occorre che sia presente anche l’ostinazione. Vale a dire una persistenza irragionevole ed inopportuna: che può essere valutata in termini oggettivi, ma non senza tener conto degli elementi soggettivi.”
“I quattro anziani cardinali che ostinatamente si concentrano sul peccato dei divorziati risposati – mettendo così a dura prova la pazienza dei fedeli – non sanno che cosa si perdono a non gustare la gioia che nasce dall’amore che si vive nelle famiglie, che è giubilo anche della Chiesa.”
Segno di un diritto canonico vivace. Dopo aver citato questi passi gustosi, mi pare di dover valorizzare questo testo perché è – a suo modo – un sintomo, un segno importante. Il mondo del diritto canonico degli Atenei Pontifici è molto più lento, timoroso, meno critico e elastico. Sarebbe bello che letture simili fossero proposte nelle aule di Diritto Canonico del Laterano, della Gregoriana, dell’Angelicum o della Urbaniana. Il fatto che questa esperienza venga da Pisa, da una Università Statale, deve farci pensare. La riscoperta della antica vocazione critica e dialettica del Diritto Canonico, che si è come sopita dopo la codificazione del 1917, può trovare proprio nella recezione di Amoris lætitia un terreno favorevole e fecondo. Ma bisogna recepire AL con il suo stesso stile: franco, agile, elastico, dialogico, disposto alla sorpresa e alla meraviglia.
Gli studenti rispondono ai dubbi dei cardinali. Vorrei aggiungere un ultimo aspetto di questa recezione, che spesso viene trascurato. AL costringe la Chiesa a parlare apertamente e pubblicamente non solo della famiglia felice e delle sue virtù, ma anche della famiglia infelice e dei rimedi alla sua sofferenza. Questo è un fatto altamente positivo. Proprio qualche giorno fa, in un dibattito con la giornalista Costanza Miriano, ho sentito da parte della mia interlocutrice questa considerazione: il papa non doveva rendere pubblico il testo di AL, ma doveva farne un documento riservato ai vescovi, sottratto al dibattito pubblico, per custodire le coscienze dei cristiani e non creare alcuno scandalo. Non è una posizione diversa da quella dei 4 cardinali. Io ho reagito chiedendo se la Chiesa debba essere ridotta ad una setta o ad una associazione di “fratelli maggiori”, che protesta contro un Padre troppo indulgente verso i figlioli prodighi, e che tollera di mettere in pubblico solo Radio Maria e il messaggio settimanale della “Madonna postina”? Io penso, invece, che un confronto ecclesiale abbia bisogno anche della chiarezza e della sapienza di canonisti che non si nascondano dietro le mistificazioni e le finzioni, che non abbiano paura della realtà, e che osino affrontare la realtà, con tutta la sapienza e la esperienza di una disciplina elaborata in due millenni di storia. Abbiamo bisogno di canonisti coraggiosi, che facciano comprendere agli studenti la tradizione che apre al futuro. La recezione di AL passa anche attraverso aule piene di studenti, che si interrogano in modo competente su un testo del magistero e possono rispondere ai “dubia” dei cardinali, senza incomodare il papa. Egli ha già parlato: basta leggerlo con la normale diligenza. Se ci arrivano degli studenti imberbi, come mai è tanto difficile per esperti cardinali
Andrea Grillo blog: Come se non 17 novembre 2016
www.cittadellaeditrice.com/munera/la-recezione-di-amoris-laetitia-6-studenti-di-diritto-canonico-rispondono-ai-cardinali
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CONSULTORI FAMILIARI
Imperia Oneglia incontro aggregazioni laicali.
Tema dell’incontro, tenuto da Anna Gioemi del Consultorio familiare di Ventimiglia-San Remo, sarà: «Accompagnamento delle giovani coppie e delle coppie in situazione irregolare». Si tratta di un argomento attuale in linea con i due sinodi sulla famiglia e il tema pastorale della diocesi per l’anno 2016-17, che ha come riferimento l’esortazione apostolica “Amoris lætitia”
www.riviera24.it/2016/11/al-centro-pastorale-san-sebastiano-di-imperia-lassemblea-della-consulta-aggregazioni-laicali-240437
Siniscola. Corsi di accompagnamento alla nascita.
Gli Operatori del Consultorio di Siniscola informano le future mamme del Distretto Sanitario di Siniscola – Orosei che, a partire dal 28 novembre 2016, riprenderanno i Corsi di Accompagnamento alla Nascita presso il Consultorio Familiare, in via Conteddu 164 a Siniscola
www.sardegnareporter.it/siniscola-corsi-accompagnamento-alla-nascita
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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM
Frosinone. Idee a confronto e prospettive future per e con la famiglia.
Il 16 aprile 1976 entrava in vigore la Legge Regionale Lazio n. 15, “Istituzione del servizio di assistenza alla famiglia e di educazione alla maternità e paternità”.
A 40 anni dalla suddetta L.R., che istituiva i Consultori Familiari sia pubblici che privati, il Consultorio Familiare Diocesano Anatolè ha voluto creare un momento di confronto e discussione attraverso una Tavola Rotonda che si terrà venerdì 18 novembre alle ore 11 presso la Sala Consiliare della Provincia di Frosinone con ingresso libero.
L’evento è stato pensato come momento di riflessione, di condivisione e di confronto sui traguardi raggiunti, sulle criticità riscontrate, e soprattutto sarà di stimolo per nuove idee e prospettive future in un’ottica di collaborazione tra le varie Istituzioni, Enti e Associazioni che si occupano della persona e della famiglia nell’ottica di creare o rafforzare la rete per un lavoro condiviso nel nostro territorio per e con la famiglia.
Hanno già confermato la loro presenza le ACLI di Frosinone con il suo Presidente dott. Gianrico Rossi, il Direttore della Pastorale Familiare don Fabio Fanisio, il dott. Vincenzo Serra Direttore del Consultorio Familiare Diocesano di Latina nonché membro del Consiglio di Presidenza della Federazione dei Consultori del Lazio ed alcuni rappresentanti della Caritas Diocesana, oltre naturalmente all’Equipe del Consultorio Familiare Anatolè insieme al suo Presidente don Ermanno D’Onofrio e al Direttore Alessandra Testani.
Il Consultorio Familiare Anatolè, attivo a Frosinone dal dicembre 2007, è nato come un luogo di incontro, di accoglienza e di confronto per tutte le persone, individui o famiglie, per offrire un aiuto adeguato a chiunque sta vivendo una situazione problematica causa di disagio e sofferenza. Attraverso un Equipe multidisciplinare siamo in grado di dare un aiuto concreto alle diverse richieste che ad oggi sono circa 1.700.
Chiedere aiuto non è sinonimo di debolezza ma di grande forza, ed è il primo passo per uscire dal momento di sofferenza che può capitare nel corso della vita di ognuno.
Comunicato stampa Tavola rotonda del 18 novembre 2016
http://www.lazio.cgil.it/romaest/pages/Legge%2016_04_1976.htm
Convegno annuale 10 dicembre 2016. Il primato della coscienza: tra etica umana e morale religiosa
Terme di Pompeo di Ferentino, SS.6 Km.76 – il 10 dicembre 2016 alle ore 10.00
www.consultorioanatole.it/site/index.php/notizie-eventi

Mantova Gruppo di parola per genitori separati. Etica salute & famiglia.
Spazio di confronto e di condivisione per genitori separati o in fase di separazione. La partecipazione al gruppo è gratuita con cadenza settimanale a partire da lunedì 7 novembre 2016.
Etica salute & famiglia – novembre 2016.
Il periodico mensile fondato dalla Associazione Virgiliana di Bioetica nel 1997, dal 1990 è condiviso anche dal Centro di Consulenza Familiare aderente all’UCIPEM. Il periodico è pubblicato esclusivamente on-line nel sito web recentemente rinnovato ed ampliato. I responsabili sono un ginecologo primario emerito, docente di bioetica e presidente del consultorio (Gabrio Zacchè), un professore universitario di Filosofia Morale (Armando Savignano), una insegnante già preside attiva nella pubblicistica cattolica (Anna Orlandi Pincella).
Tematiche consultoriali
Organizzazione consultoriale e riforma dei servizi. (pag.10)
Il nostro avanzare degli anni. Lavorare con persone della terza e quarta età. (pag.12)
E tutto l’amore diventa odio; e per fortuna spesso non succede. (pag.15)
www.consultorioucipemmantova.it/consultorio/index.php/pubblicazioni/etica-salute-famiglia/82-etica-salute-famiglia-novembre-2016
www.consultorioucipemmantova.it/consultorio
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DALLA NAVATA
34° Domenica tempo ordinario-anno C–20 novembre 2016
Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo
2 Samuele 05, 02. Tu pascerai il mio popolo Israele, tu sarai capo d’Israele.
Salmo 122, 01. Quale gioia, quando mi dissero: Andremo alla casa del Signore.
Colossesi 01, 12. Ringraziate con gioia il Padre che vi ha reso capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce.
Luca 23, 43. Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

“Gesù, ricordati di me quando verrai nel tuo Regno”
Commento di Enzo Bianchi, priore a Bose (BI).
La festa per eccellenza di Cristo Re dell’universo è l’ascensione, la glorificazione di Gesù da parte del Padre che lo intronizza accanto a sé quale Kýrios, Signore vivente per sempre. Nel 1925 si è aggiunta la festa odierna per ricordare tale regalità ai re di questo mondo. La riforma liturgica del concilio Vaticano II, in verità, l’ha mutata in profondità: Gesù Cristo è Re perché regna sulla croce; è un Re al contrario dei re di questo mondo, crocifisso tra malfattori; è un Re condannato dai poteri religioso e politico; è un Re che salva gli altri e non se stesso. Insomma, è un Re paradossale!
Il brano evangelico di Luca previsto per questa festa nell’annata liturgica C è il racconto della crocifissione di Gesù. Dopo la condanna chiesta dai sacerdoti e inflitta da Pilato (cf. Lc 23,13-26), il corteo che scorta Gesù e i due delinquenti condannati insieme a lui giunge a una piccola collina fuori della città di Gerusalemme, al di là della porta di Efraim, altura che i giudei chiamavano Golgota, o Cranio, o monte Calvo, dove secondo una leggenda era stato sepolto Adamo. Proprio qui i tre vengono crocifissi, con il terribile supplizio riservato agli scarti della società, ai peggiori delinquenti. Tra due criminali, “annoverato tra quelli che hanno commesso il male” (Is 53,12; Lc 22,37), viene crocifisso il nuovo Adamo (cf. Lc 23,32-33), o meglio il vero Adamo, l’uomo totalmente a immagine e somiglianza di Dio (cf. Col 1,15).
È una scena crudele, carica di violenza e di orrore, eppure il popolo (laós), quel popolo che aveva seguito Gesù, che l’aveva acclamato (cf. Lc 19,38), che pochi giorni prima pendeva dalle sue labbra mentre insegnava nel tempio (cf. Lc 19,38), ebbene quel popolo “sta a vedere”. Non sta più dalla parte di Gesù, non lo segue più, non lo difende: appare deluso dall’esito della sua vicenda, incapace di comprendere ciò che si sta consumando. Luca ricorda che, dopo la morte di Gesù, “tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo (theoría), ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto” (Lc 23,48), iniziando cioè un cammino di conversione, ma per ora no: Gesù muore abbandonato veramente da tutti, solo, perché i discepoli sono fuggiti e l’uditorio che prima lo applaudiva è muto e non sta più dalla sua parte. Avevano atteso un Messia vittorioso, potente, un vero Re, più forte dei re di questo mondo, e invece hanno visto uno che non è neppure capace di salvarsi.
Guardando il popolo e gli aguzzini dall’alto della croce, Gesù può solo affermare: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34), ma neanche questa parola lo rende comprensibile al popolo. E proprio in quella solitudine, in quell’abbandono, ecco riapparire la tentazione, come all’inizio della sua missione, quando aveva sostato nel deserto (cf. Lc 4,1-12). Luca allora aveva avvertito i lettori del vangelo: “Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al tempo opportuno” (Lc 4,13). Ed eccolo, puntuale, riapparire nell’ora estrema. Come allora la tentazione verteva per Gesù sulla sua capacità di provare di essere Figlio di Dio mediante segni eclatanti, non nella possibilità di un umano ma nella potenza divina, lo stesso avviene ora.
Il primo strumento demoniaco sono i capi religiosi, quei sacerdoti presenti alla croce perché avevano chiesto ai romani la condanna a morte di Gesù. Da veri esperti delle Scritture, essi proclamano con precisione teologica: “Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Messia di Dio, l’Eletto!”. Se Gesù è l’Unto del Signore, il Figlio di David, il Re di Gerusalemme, l’Eletto inviato da Dio (cf. Is 42,1), salvi innanzitutto se stesso, mostri la sua potenza liberandosi dal supplizio che lo porta alla morte! Ma Gesù resta sulla croce: ascolta e tace, si lascia accusare di impotenza, non si difende, non cede a comportamenti frutto dell’inimicizia. Fino alla fine vive nella logica di amore di Dio, un Dio che ha un amore misericordioso anche verso i suoi nemici; anzi, simultaneamente all’odio che riceve da loro, continua ad amarli (cf. Rm 5,6-10).
La seconda tentazione viene espressa dal potere politico e militare dei soldati pagani che lo uccidono. Lo deridono dando da bere dell’aceto a lui che ha la gola riarsa, bruciante, e nella loro ottica politica lo scherniscono così: “Se tu sei il Re dei giudei, salva te stesso!”. Un re che non è in grado di salvare se stesso, come potrà salvare gli altri? E allora che re è mai? Come può un re tanto impotente opporsi a Cesare e insidiare il suo potere? No, egli merita solo disprezzo! Eppure Gesù è Re, come proclama l’iscrizione posta sulla croce, più in alto del suo capo; iscrizione che nell’intenzione dei suoi autori vorrebbe essere dileggiante, causa di commiserazione, e invece dice una verità ben diversa, per chi sa vederla. Gesù è veramente l’Unto del Signore, il Messia promesso da Dio a Israele, ma questa regalità è sorprendente, perché non è modellata su quella dei re di questo mondo, dove i governanti opprimono, comandano e si fanno applaudire come autori del bene comune (cf. Lc 22,25). La regalità di Gesù, invece, è altra e sta nello spazio dell’amore: chi ama regna, chi ama fino alla fine (cf. Gv 13,1) è vero re! Gesù accoglie in silenzio anche questa seconda tentazione, come se continuasse a ripetere: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”.
La terza tentazione gli viene da chi è solidale con lui nel supplizio, nella tortura e nella morte, uno dei “compagni” di Gesù, uno dei due banditi condannati insieme a lui. Gesù aveva iniziato il suo mistero mettendosi in una fila di peccatori per andare da Giovanni il Battista a chiedere il battesimo (cf. Lc 3,21), per tutta la vita è stato tra i peccatori (cf. Lc 15,1-2; 19,7) e ora muore tra peccatori. Anche qui Gesù resta quello che è sempre stato: “un amico dei peccatori” (Lc 7,34). Uno dei due crocifissi con lui, dunque, gli dice: “Non sei tu il Messia? Salva te stesso e noi!”. È un grido di disperazione: “Salva anche noi perché, se sei il Messia inviato da Dio, puoi farlo!”. Ma Gesù tace, comprendendolo nella sua protesta e nella sua sfida. È l’altro condannato che interviene osservando: “Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male”.
Diciamo la verità: abbiamo fatto del primo “il cattivo ladrone” e del secondo “il buon ladrone”, ma in realtà erano entrambi malfattori, omicidi secondo gli altri vangeli. Dunque sono tutti e due cattivi, e se c’è una differenza va cercata solo nel fatto che il secondo arriva a fare questa invocazione confidente: “Gesù, ricordati di me quando verrai nel tuo Regno”, ovvero chiede a Gesù di essere salvato non qui, perché questo a Gesù non è possibile, ma quando verrà nel suo Regno; anzi, neanche di essere salvato, ma di essere ricordato, che sarebbe già molto. Gesù può forse rifiutarsi di salvare il primo ladrone che gli chiede: “Salva anche noi”? Egli in verità può mostrare il suo potere solo salvando, ma non facendoli scendere dalla croce, bensì non abbandonandoli nell’ora della venuta del suo Regno.
Salvare un altro non è preservarlo dalla morte ma rendere la sua morte un passaggio, un esodo per la vita eterna, per il Regno! Gesù non ci salva ora come vorremmo noi, ma ci salva se noi, che non siamo mai né giusti né buoni, sappiamo accogliere il perdono che Dio ci offre, che Gesù ci offre. Entrambi i malfattori hanno capito che essere buoni e giusti è secondo la volontà di Dio ma che, se questo non è avvenuto nella propria vita, ciò che conta alla fine è accogliere il suo perdono, dicendo semplicemente: “Gesù, ricordati di me quando verrai nel tuo Regno”.
www.monasterodibose.it/preghiera/vangelo/11006-gesu-ricordati-di-me-quando-verrai-nel-tuo-regno
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DIVORZIO
Finalmente l’Italia divorzia da Paese civile.
È boom di divorzi brevi, dopo la legge del 2015. Le separazioni però rimangono costanti e i matrimoni aumentano per la prima volta dal 2008. In quasi un caso su due sono con rito civile. È boom di spose dell’Est Europa. Mentre l’affido condiviso ha superato gli affidamenti esclusivi alle madri.
Il dato è di quelli che fa rumore, il classico boom: nel 2015 in Italia i divorzi sono aumentati del 57% rispetto all’anno precedente. Lo rivela l’Istat, nel suo ultimo report su Matrimoni, separazioni e divorzi, che segnala anche un inatteso incremento dei matrimoni e la conferma del fenomeno delle spose dell’Est Europa, di gran lunga le preferite dagli uomini italiani.
Partiamo dal dato più clamoroso, quello dei divorzi. La spiegazione è semplice: nel 2015 è entrata in vigore la legge sul divorzio breve, che si è sommata alla legge del 2014 volta a semplificare le procedure extragiudiziali in caso di divorzi consensuali. Ma le nuove regole stanno portando a una disgregazione della famiglia tradizionale? No, a leggere i dati sulle separazioni per mille matrimoni, che aumentano sì ma con la stessa dinamica degli ultimi 20 anni.
Il rapporto riserva anche alcune soprese, come l’aumento di matrimoni nel 2015, per la prima volta dopo un calo continuo a partire dal 2008. Lo scorso anno ce ne sono stati 4.600 in più (il totale è 194.377), mentre dal 2008 la discesa era stata in media di 10mila nozze all’anno. Che cos’è successo? Gli stranieri non c’entrano, perché una metà buona dell’aumento (+2.000 matrimoni) si deve a cerimonie tra sposi entrambi italiani. Non che l’Istat illumini eccessivamente sulle cause, e anzi invita a essere prudenti prima di parlare di una ripresa, perché le condizioni strutturali per la discesa dei matrimoni ci sono tutte, a partire dalla diminuzione delle persone tra i 16 e i 34 anni per effetto della denatalità che va avanti dalla metà degli anni Settanta. Ma questi dati «suggeriscono che il lieve aumento della primo-nuzialità del 2015 sia in parte attribuibile al “recupero” di parte della consistente posticipazione delle nozze messa in atto negli ultimi anni, forse anche condizionata dal prolungarsi della crisi economica». Insomma, non ci si sposava in attesa che la recessione finisse. Il più 0,8% di Pil del 2015 un minimo di inversione di tendenza l’ha prodotto.
Il rito civile è la nuova normalità. Nuove conferme vengono invece dall’affermarsi del rito civile. Nel 2015 sono stati 88mila, l’8% in più rispetto all’anno precedente e ormai il 45,3% del totale dei matrimoni. Gran parte di questo aumento si deve alle seconde nozze, ma il rito civile è sempre più scelto anche nei primi matrimoni di coppie solo italiane. Se guardiamo solo agli italiani, nel 2008 era civile il 20% dei primi riti; nel 2015 si è passati al 30%. I più “secolarizzati” sono gli italiani del Nord-Est e del Centro, che si sposano in comune in un caso su quattro. Segue il Nord-Ovest (32%), mentre il Sud è il bastione della tradizione, con l’80% delle prime nozze che viene celebrato davanti all’altare. Se invece uno dei due sposi è straniero, la percentuale sale all’87%. In caso di seconde nozze al 93%. Chi si sposa in chiesa ha però un vantaggio, rispetto agli altri: il tasso di divorzio è molto inferiore, anche in questi tempi incerti. Se guardiamo solo agli italiani, nel 2008 era civile il 20% dei primi riti; nel 2015 si è passati al 30%.
La sposa viene dall’Est. Le nozze in cui uno dei due sposi è straniero sono stabili, con una discesa di appena 200 casi nel 2015. Nelle coppie miste la tipologia più frequente è quella in cui lo sposo è italiano e la sposa è straniera: stiamo parlando del 7% di tutti i matrimoni in Italia e del 9% di quelli nel Nord e nel Centro. Chi sono le spose? Europee dell’Est nella metà dei casi: romene (20%), ucraine (12%), russe (6,2%) e moldave (5,5%) precedono albanesi, brasiliane, polacche e marocchine. Se sono rose fioriranno, ma un’avvertenza è d’obbligo: le separazioni tra coppie miste sono più frequenti (il 9,4% del totale) e in sette casi su dieci a separarsi è la tipologia di coppia mista con marito italiano e moglie straniera. Meno diffuso (4mila matrimoni contro 13mila) è il caso di donne italiane che sposano uomini stranieri. I prediletti sono i cittadini di Marocco, Albania, Romania e Tunisia, le etnie più diffuse in Italia.
Il divorzio è breve e fuori dal tribunale. Lo scorso anno il 40% dei divorzi definiti presso gli uffici di stato civile e il 10% di quelli definiti presso i tribunali sono stati divorzi “brevi”: l’intervallo di tempo intercorso tra la separazione legale e la successiva domanda di divorzio è stato cioè inferiore ai tre anni previsto dalla precedente normativa. Come spiega l’Istat, c’è stata quindi un’anticipazione di divorzi che sarebbero altrimenti avvenuti nel 2016 e 2017. Oltre alla legge sul divorzio breve (legge 6 maggio 2015, n. 55) lo scorso anno ha visto gli effetti della legge 132/2014, che ha semplificato le procedure, in particolare favorendo il ricorso agli accordi extra-giudiziali nei casi di separazione e divorzi consensuali. L’effetto si è sentito: la diminuzione delle “procedure giudiziarie consensuali” è stata di 17mila unità. Il calo c’è stato soprattutto nelle separazioni. I divorzi sono scesi meno, ma bisogna considerare due aspetti: il boom di numeri assoluti dei divorzi e l’arretrato accumulato dai tribunali. E se il divorzio è breve, arriva sempre più tardi. Ormai si parla di crisi del 17esimo anno, perché è di 17 anni la durata media dei matrimoni al momento della separazione e la quota delle separazioni riferite ai matrimoni di lunga durata è raddoppiata negli ultimi anni (ormai è quasi uno su quattro).
L’affido è condiviso. Un segno da leggere positivamente riguarda i gli affidi condivisi. Dieci anni fa, prima dell’entrata in vigore della legge 54/2006, i figli minori erano affidati solo alla madre dopo l’82,7% dei divorzi. Dal 2006 la quota di affidamenti concessi alla madre si è fortemente ridotta a vantaggio dell’affido condiviso. Nel 2015 le separazioni con figli in affido condiviso sono l’89%, contro l’8,9% di quelle con figli affidati esclusivamente alla madre.
Linkiesta 14 novembre 2016
www.linkiesta.it/it/article/2016/11/14/finalmente-litalia-divorzia-da-paese-civile/32370

ISTAT Matrimoni, separazioni e divorzi
Nel 2015 sono stati celebrati in Italia 194.377 matrimoni, circa 4.600 in più rispetto al 2014. Si tratta dell’aumento annuo più consistente dal 2008. Nel periodo 2008-2014, i matrimoni sono diminuiti in media al ritmo di quasi 10.000 l’anno.
Il maggior numero di celebrazioni si sono registrate in Piemonte (+8,1%) e in Sicilia (+6,4%). In controtendenza, il Molise, la Puglia e l’Umbria, in queste regioni le nozze continuano a diminuire.
Aumenta la propensione alle prime nozze: 429 per 1.000 uomini e 474 per 1.000 donne. La ripresa dei matrimoni riguarda, in parte, le prime nozze tra sposi di cittadinanza italiana: 144.819 celebrazioni nel 2015 (circa 2.000 in più del 2014), mentre dal 2008 al 2014 erano diminuite di oltre 40 mila (il 76% del calo complessivo delle nozze). I valori sono comunque inferiori del 20% rispetto al 2008. Gli sposi celibi hanno in media 35 anni e le spose nubili 32 (entrambi quasi due anni in più rispetto al 2008).
Le seconde nozze, o successive, sono state 33.579 sempre nel 2015 quasi 3 mila in più rispetto al 2014 (+9%). La incidenza sul totale dei matrimoni raggiunge il 17%. Prosegue anche l’aumento dei matrimoni celebrati con rito civile. Sono stati 88 mila – l’8% in più rispetto al 2014 – e rappresentano ormai il 45,3% del totale dei matrimoni. Gran parte di questo aumento è dovuto alle seconde nozze, ma il rito civile è sempre più scelto anche nei primi matrimoni di coppie italiane.
Prosegue l’aumento dei matrimoni celebrati con rito civile. Sono 88.000, l’8% in più rispetto al 2014, il 45,3% del totale dei matrimoni.
I matrimoni in cui almeno uno dei due sposi è di cittadinanza straniera sono circa 24.000 (12,4% delle nozze celebrate nel 2015), in calo di circa 200 unità rispetto al 2014.
Per l’instabilità coniugale, i dati del 2015 risentono degli effetti delle recenti variazioni normative. In particolare l’introduzione del “divorzio breve” fa registrare un consistente aumento del numero di divorzi, che ammontano a 82.469 (+57% sul 2014). Più contenuto è l’aumento delle separazioni, pari a 91.706 (+2,7% rispetto al 2014).
La durata media del matrimonio al momento della separazione è di circa 17 anni. In media i mariti hanno 48 anni, le mogli 45 anni. La classe più numerosa è quella tra 40 e 44 anni per le mogli (18.631 separazioni, il 20,3% del totale), tra 45 e 49 anni per i mariti (18.055, il 19,7%).
La propensione a separarsi è più bassa e stabile nel tempo nei matrimoni celebrati con il rito religioso. A distanza di 10 anni dalle nozze, i matrimoni sopravviventi sono, rispettivamente, 911 e 914 su 1.000 per le coorti di matrimonio del 1995 e del 2005. I matrimoni civili sopravviventi scendono a 861 per la coorte del 1995 e a 841 per quella del 2005.
Nel 2015 le separazioni con figli in affido condiviso sono circa l’89% di tutte le separazioni con affido. Soltanto l’8,9% dei figli è affidato esclusivamente alla madre (si tratta dell’unico risultato evidente dell’applicazione della Legge 54/2006 sull’affido condiviso).
La quota di separazioni in cui la casa coniugale è assegnata alla moglie sale al 60% e arriva al 69% per le madri con almeno un figlio minorenne. Si mantiene stabile la quota di separazioni con assegno di mantenimento corrisposto dal padre (94% del totale delle separazioni con assegno nel 2015).
Comunicato 14 novembre 2016 www.istat.it/it/archivio/192509

“Una scelta per dividere le spese” Il sociologo: manca l’alternativa.
Pierpaolo Donati, sociologo e filosofo, già ordinario della cattedra di sociologia alla facoltà di scienze politiche dell’università di Bologna, è il padre della teoria relazionale della società. Paradigma: l’identità sociale non è costruzione né proiezione degli individui, ma solo l’effetto delle reciproche relazioni.
Rivoluzionario, nella sua semplicità. Le ultime fatiche del professore di Budrio La famiglia. Il genoma che fa vivere la società (Rubbettino, 2013) e Famiglia risorsa della società (il Mulino, 2012) indagano le dinamiche oggetto dell’ultima rilevazione Istat.
Professore, quali riflessioni suggeriscono i dati 2015 su matrimoni, separazioni e divorzi?
“Non vedo una reale inversione di trend. Siamo solo a un rimbalzo tecnico dopo aver forse toccato il punto più basso”.
Contestualizzi.
“Con il Portogallo l’Italia è il Paese europeo con il minore tasso di matrimoni (e in parallelo di divorzi). Le cifre Istat rivelano un semplice assestamento”.
Con quali sponsor?
“Per quanto possa sembrare strano, in parte la crisi economica perché in due si ammortizza meglio il conto mensile e in parte la nuova legislazione sulla separazione e sul divorzio breve in caso di ripensamenti, minori costi per entrambi gli ex coniugi. La somma di incentivo economico e minore deterrenza produce questa piccola ripresa del 23% annuo. Nulla di cui entusiasmarsi”.
Insomma, ci si sposa non solo per amore ma anche per mancanza di alternative?
“Esatto. Le famiglie italiane sono ancora sotto scacco della crisi finanziaria del 2008. Il risparmio tradizionalmente accumulato ha inizialmente consentito una difesa. Ora che le barriere si sono assottigliate, i costi vanno abbattuti. E quindi i figli e le figlie ultratrentenni escono di casa sia per alleggerire i genitori sia per cercare una pur ritardata emancipazione. Nella consapevolezza questa sì del tutto nuova che se il rapporto non funzionasse, chiuderlo non sarà la mazzata finale”.
Della serie ‘metto su casa e poi vedo’?
“Una scommessa di relazione in cui la procreazione non è automaticamente ricompresa, visto il contesto sfavorevole che si protrae e permane. In Italia fare figli è una questione che resta privata e che non gode di sostegno pubblico”.
Asili nido e bonus bebè?
“Non bastano. Serve un disegno ampio. Le politiche sociali possono essere definite familiari solo a condizione che esprimano il fare famiglia, e non si limitino solo a perseguire un generico benessere nell’ ambito di pur strutturati programmi di welfare a sostegno di occupazione, pari opportunità, lotta alla povertà, inclusione”.
L’approdo ideale?
“Una tassazione che consideri l’intera famiglia come soggetto tributario, tenendo presente numero dei figli ed eventuali altri familiari a carico. È da qui che si deve partire”.
Stesso trattamento per unioni civili e coppie di fatto?
“Fiscalmente nessuna differenza. Un trattamento equiparato sarebbe inevitabile”.
E chi non vuole sposarsi? Chi è fieramente single?
“Non sarebbe certo discriminato da misure di equità che garantiscono tutti. Perché dalla famiglia dipende il futuro della coesione e del benessere sociale di ogni comunità. La destrutturazione della famiglia non migliora la condizione esistenziale delle persone. Dopo la deistituzionalizzazione della famiglia, va anzi ripristinato il suo ‘genoma costitutivo’: il dono, la reciprocità, la sessualità di coppia, la generatività. Piaccia o no la cosa, senza questo genoma la società non cresce”.
Giovanni Rossi La Nazione 15 novembre 2016
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FECONDAZIONA ARTIFICIALE
Ogni anno in Italia oltre 70mila coppie ricorrono alla procreazione assistita.
Nel nostro Paese due coppie su dieci hanno problemi di infertilità. Oggi le tecniche di procreazione medicalmente assistita e la pratiche di crioconservazione possono aiutare a soddisfare il desiderio di diventare genitori, anche per i pazienti oncologici. Solo in un anno 12.720 bambini italiani sono nati grazie all’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA). Rappresentano il 2,5 per cento del totale. Il dato, fornito dall’Istituto Superiore di Sanità, risale al 2014. E nello stesso periodo, oltre 70mila coppie con problemi di fertilità hanno chiesto l’aiuto di uno specialista per avere un figlio. Una scelta non sempre facile. Di solito quasi la metà abbandona il percorso prima del termine dei cicli previsti, senza aver raggiunto l’obiettivo. Spesso in assenza del necessario supporto psicologico. È un tema delicato, più diffuso di quanto si pensi. Anche per questo ieri è stato organizzato un incontro al Senato per fare il punto della situazione. Un workshop dedicato alla “Procreazione Medicalmente assistita. La soddisfazione del desiderio di genitorialità, anche per i pazienti oncologici».
La difficoltà ad avere figli – intesa come assenza di concepimento dopo dodici mesi di rapporti regolari – interessa più di due coppie su dieci. «E il 15-20% di esse lo scopre solo a due anni dal matrimonio» racconta il professor Annibale Volpe, past president della Società Italiana di Riproduzione. Le cause dell’infertilità sono numerose. Possono incidere gli stili di vita sbagliati, particolari patologie. Ma anche la scelta di molte coppie che provano ad avere un figlio sempre più avanti nel tempo. Basti pensare che se oggi l’età media di una donna alla sua prima gravidanza arriva a 31,5 anni, solo un decennio fa non superava i 29 anni. «Oggi in Italia c’è la convinzione che un figlio possa nascere quando si vuole – racconta Alberto Caputo, sessuologo clinico e specialista in psichiatria e psicoterapeuta – Come frutto di una decisione razionale consapevole, quando la coppia ha prima soddisfatto la proprie esigenze personali». E invece con il passare degli anni la probabilità di ottenere una gravidanza spontanea si riduce rapidamente.
Solo in un anno 12.720 bambini italiani sono nati grazie all’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA). Rappresentano il 2,5% del totale. E nello stesso periodo, oltre 70mila coppie con problemi di fertilità hanno chiesto l’aiuto di uno specialista per avere un figlio. Da qui la necessità di ricorrere a tecniche di procreazione medicalmente assistita. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, nel 2014 erano attivi oltre 300 centri di PMA in tutta Italia. Escluse le tecniche di primo livello (inseminazione semplice), restano 201 centri. In oltre 100 casi si tratta di centri privati, solo 94 sono invece pubblici. E così, anche se i nuovi Lea (Livelli Essenziali di Assistenza) ricomprendono la procreazione medicalmente assistita, spesso la strada verso la genitorialità è difficile. «Nei centri pubblici l’attesa è ancora lunghissima, si può arrivare fino a un anno e mezzo per la prima visita» racconta Giovanni Scambia, il direttore Area Salute della Donna e di Ginecologia oncologica del Policlinico Gemelli.
E il tempo è tutto, specie per quelle coppie costrette a ricorrere alle tecniche di PMA per altri motivi. È il caso dei pazienti oncologici. Oggi circa il 10% delle donne a cui viene diagnosticato un tumore è in età fertile. Un quarto di tutte le patologie oncologiche si verifica durante l’età riproduttiva. Purtroppo, a causa delle cure, i pazienti guariti dalle neoplasie rischiano di vedere compromessa la propria fertilità. «Ma oggi anche chi ha un tumore in età giovanile – continua Giovanni Scambia – può pensare di avere una gravidanza. Prima non era così». La principale possibilità che viene offerta ai pazienti è la crioconservazione del seme maschile, di ovociti o del tessuto ovarico, che deve avvenire prima di procedere con i trattamenti antitumorali. Ecco perché l’informazione è molto importante. «Bisogna conoscere gli strumenti per preservare la propria fertilità – spiega Elisabetta Iannelli, segretario generale della Favo, la federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia – Le informazioni devono arrivare subito dopo la diagnosi della malattia, prima di iniziare le terapie».
Oggi circa il 10% delle donne a cui viene diagnosticato un tumore è in età fertile. Un quarto di tutte le patologie oncologiche si verifica durante l’età riproduttiva. Purtroppo, a causa delle cure, i pazienti guariti dalle neoplasie rischiano di vedere compromessa la propria fertilità. «Ma oggi anche chi ha un tumore può pensare di avere una gravidanza. Prima non era così»
La responsabile del Registro Nazionale della PMA Giulia Scaravelli presenta i dati del fenomeno. Parlando solo di crioconservazione ovocitaria, nel 2014 in Italia sono avvenuti 2.153 cicli di congelamento degli ovuli. Nel 2013 erano stati anche di più: 2.335. «In generale lo stato dell’arte è buono» continua la responsabile del registro nazionale della PMA. Nel nostro Paese ci sono 14 centri pubblici con un’unità dedicata alla preservazione della fertilità nei pazienti oncologici. Presenti in dieci regioni diverse. Intanto si scopre che gran parte degli italiani sono favorevoli alla preservazione della fertilità per ragioni mediche. Il risultato, presentato durante l’incontro a Palazzo Madama, è frutto dell’indagine “Listening in: IVF and Fertility in Europe (LIFE)”. Un sondaggio a livello europeo commissionato dall’azienda farmaceutica Teva. L’87% degli intervistati considera favorevolmente il congelamento degli ovuli per ragioni mediche. Nel nostro Paese il dato è pari al 78%, otto italiani su dieci.
www.linkiesta.it/it/article/2016/11/16/ogni-anno-in-italia-oltre-70mila-coppie-ricorrono-alla-procreazione-as/32403
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FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI
Tornano i matrimoni, ma ci sono ancora troppi ostacoli.
«Gli italiani, alla luce dei dati Istat, mostrano di credere nel matrimonio e lo considerano una meta fondamentale nella propria vita. Sono le difficoltà a trasformare quella meta in un sogno bello e impossibile» commenta Gigi De Palo, presidente del Forum.
«Gli italiani hanno ripreso a sposarsi. Nel 2015 sono stati celebrati in Italia 194.377 matrimoni, circa 4.600 in più rispetto all’anno precedente. Si è così invertita la tendenza che negli anni precedenti vedeva una diminuzione costante di quasi diecimila matrimoni l’anno.
«Ma purtroppo i nodi che impediscono o ritardano le nozze ci sono ancora tutti. D’inciampo alla voglia di sposarsi sono le difficoltà economiche, è l’instabilità lavorativa o un’organizzazione del lavoro nemica della famiglia, è la difficoltà a trovare una casa, o soprattutto il peso di una fiscalità che ignora il nucleo familiare.
«Sono ancora i numeri dell’Istat a confermarlo: gli uomini arrivano alle nozze in media a 35 anni, le donne a 32, in entrambi i casi due anni in più rispetto al 2008. Insomma la voglia di sposarsi c’è, ma si è costretti a rimandare.
«L’unica risposta vera» conclude De Palo «è nella scelta coraggiosa e lungimirante di politiche familiari vere, efficaci e continuative».
Comunicato stampa 14 novembre 2016 www.forumfamiglie.org/comunicati.php
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FRANCESCO VESCOVO DI ROMA
Papa alla Rota: rispondere al grido di aiuto di chi cerca la verità.
La legge della Chiesa non può prescindere dal fondamentale principio della salvezza delle anime, un principio che sovrasta il Codice di diritto canonico come legge suprema e come valore che supera il diritto stesso, indicando così l’orizzonte della misericordia: così il Papa nel suo discorso ai vescovi che hanno partecipato al Corso di formazione (17-19 novembre) sul nuovo processo matrimoniale, organizzato dal Tribunale Apostolico della Rota Romana, nel Palazzo della Cancelleria. Non siamo mai considerati estranei al Corpo di Cristo quanti vivono il fallimento coniugale: questa l’esortazione di Francesco.
“Fedeltà all’annuncio evangelico”, ma anche capacità di “attualizzare il messaggio di Gesù”, per rispondere in modo concreto e non decorativo ai bisogni e alle domande dell’uomo di oggi. Così il Papa, incontrando i vescovi alla Rota Romana, ricorda il fine ultimo della legge della Chiesa e, citando la Prima Lettera di Pietro, rinnova loro l’impegno a tener fede, con spirito di servizio, alla grande responsabilità a cui sono stati chiamati: pascere il gregge non perché costretti, ma volentieri, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non, infine, come padroni delle persone, ma come modelli da seguire: “In tale prospettiva, occorre eliminare con decisione ogni impedimento di carattere mondano, che rende difficile a un largo numero di fedeli l’accesso ai Tribunali ecclesiastici. Questioni di tipo economico e organizzativo non possono costituire un ostacolo per la verifica canonica circa la validità di un matrimonio”.
La salvezza delle anime, fine ultimo della Legge della Chiesa. “Nell’ottica di un sano rapporto tra giustizia e carità” – afferma Francesco – anche i Tribunali ecclesiastici non possono prescindere da quella che è “la legge suprema della Chiesa”, il bene più grande: “la salvezza delle anime”. E questo deve essere anche l’obiettivo del Codice di Diritto Canonico, “la parola finale che supera il diritto stesso”, “indicando l’orizzonte della misericordia”.
Nessuno sia considerato estraneo alla Chiesa. La Chiesa è madre che accoglie e ama tutti. Che si incarna nelle vicende dolorose della gente, si china sui poveri, sui lontani e su quanti si considerano esclusi dalla comunità ecclesiale a causa del loro fallimento coniugale. Pertanto – sostiene il Pontefice – nessuno di questi fratelli feriti deve essere “considerato estraneo al Corpo di Cristo, che è la Chiesa”: “Siamo chiamati a non escluderli dalla nostra ansia pastorale, ma a dedicarci a loro e alla loro situazione irregolare e sofferta con ogni sollecitudine e carità”.
Ascoltare il grido di chi cerca verità nel matrimonio. Ai vescovi presenti, provenienti da diversi Paesi e contesti culturali e alle prese con sfide innumerevoli, il Papa chiede di far tesoro di quanto appreso in questi giorni, per poter “svolgere con più efficacia” il proprio ministero, soprattutto per quanto riguarda “il nuovo processo matrimoniale”, con la ricerca di soluzioni e “provvedimenti non sempre facili”. “Confidate nell’assistenza indefettibile dello Spirito Santo, che conduce invisibilmente ma realmente la Chiesa. Preghiamolo perché aiuti voi e aiuti anche il Successore di Pietro a rispondere, con disponibilità e umiltà, al grido di aiuto di tanti nostri fratelli e sorelle che hanno bisogno di fare verità sul loro matrimonio e sul cammino della loro vita”.
Cecilia Seppia. Notiziario Radio vaticana -19 novembre 2016 http://it.radiovaticana.va/radiogiornale
Testohttp://w2.vatican.va/content/francesco/it/events/event.dir.html/content/vaticanevents/it/2016/11/18/corso-rota-romana.html

 

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GESTAZIONE PER ALTRI
Fecondazione eterologa all’estero. Madre può registrarsi in Italia.
Corte di Cassazione – sesta Sezione penale, sentenza n. 48696, 17 novembre 2016.
Non è penalmente responsabile ex art. 567 c.p., per aver prodotto false certificazioni, colei che si registra in Italia quale madre di due gemelli, di fatto nati a seguito di fecondazione eterologa e gravidanza con maternità surrogata in Ucraina. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, respingendo il ricorso del Procuratore avverso l’assoluzione della coppia.
Certificati legittimi nel luogo di nascita. Trascrivibili in Italia. Nell’ipotesi sottoposta al vaglio del Collegio, difatti, i certificati di nascita dei gemelli stilati in Ucraina – che gli imputati hanno poi consegnato all’autorità consolare per la successiva trascrizione nei registri di stato covile – non integrano una falsa certificazione o attestazione, in quanto risultano legittimamente formati secondo la legge del Paese di nascita dei bambini. Si è in effetti rilevato come l’Ucraina ammetta la maternità surrogata eterologa nel caso in cui il patrimonio biologico del minore appartenga per il 50% ai genitori committenti; situazione che per l’appunto ricorre nel caso di specie, ove il marito della donna è effettivamente il padre del bambino. Non sussiste dunque il dolo generico richiesto dalla norma incriminatrice, essendo plausibile che gli imputati abbiano agito in buona fede, ritenendo di essere legittimati ad avviare le procedure di trascrizione in Italia dei certificati di nascita, sui quali essi figuravano entrambi quali “genitori” dei due neonati.
Filiazione con legame giuridico. Pari dignità. Ma non sussiste nemmeno l’elemento oggettivo del reato contestato, posto che, se la norma incriminatrice era una tempo volta a tutelare il diritto del minore a vedersi riconosciuta un discendenza secondo natura (cioè basata sul rapporto di procreazione), con l’evolversi del tempo sono mutati i presupposti, non essendo più il concetto di filiazione necessariamente legato ad una relazione biologica, ma sempre più considerato quale legame giuridico.
Nell’attuale quadro legislativo, in altre parole – conclude la Corte – la nozione di discendenza non è più intesa soltanto riguardo ad un fatto genetico, ma assume una connotazione giuridico – sociale, dal momento che, oltre al legame biologico genitore – figlio, viene conferita pari dignità ad un legame di genitorialità in assenza di relazione genetica, conseguente, come nel caso de quo, al ricorso a tecniche di fecondazione artificiale.
Eleonora Mattioli Edotto 18 novembre 2016
www.edotto.com/articolo/maternita-surrogata-niente-false-certificazioni?newsletter_id=582ee18afdb94d13388a8709&utm_campaign=PostDelPomeriggio-18%2f11%2f2016&utm_medium=email&utm_source=newsletter&utm_content=maternita-surrogata-niente-false-certificazioni&guid=c64aa30f-3bc6-4edd-96ed-7fd08b84e7df
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PARLAMENTO
Senato. 1°Commissione Affari Costituzionali Protezione dei minori stranieri non accompagnati.
Ddl n. 2583, già approvato dalla Camera dei Deputati C1658 il 26 ottobre 2016, in materia Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati.
15 novembre 2016 Prosegue l’esame congiunto, sospeso nella seduta del 9 novembre 2016
Il senatore Malan (FI-PdL XVII) valuta positivamente le disposizioni contenute nel disegno di legge approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati, in quanto volte ad affrontare, nella misura più efficace e concreta, il complesso tema dei minori stranieri non accompagnati fuggiti da zone di guerra oppure clandestini irregolari, molti dei quali purtroppo scompaiono subito dopo essere giunti in Italia.
In particolare, ritiene apprezzabili le misure volte all’accertamento dell’età del minore, anche per evitare che siano concesse particolari tutele a soggetti che poi risultano essere maggiorenni, nonché la previsione di affidare i minori prioritariamente a famiglie o comunità. Tale soluzione, a suo avviso, dovrebbe essere estesa anche ai minorenni italiani fuori dalla famiglia di origine. Si tratta di un fenomeno molto grave, su cui mancano perfino dati attendibili. A suo avviso, bisognerebbe indagare sul motivo per cui questi minori sono stati allontanati dalle loro famiglie, per sapere dove sono stati collocati e quali programmi sono previsti per il loro futuro.
www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=17&id=994379
2° Commissione Giustizia DL Disposizione su unioni civili
16 novembre 2016 ha espresso parere favorevole con osservazioni sullo schema di decreto legislativo sull’adeguamento delle norme dell’ordinamento dello stato civile sulle unioni civili (A.G. n. 344).
Ha, inoltre, espresso parere favorevole con osservazioni sullo schema di decreto legislativo su modifica e riordino delle norme di diritto internazionale privato in materia di unioni civili (A.G. n. 345).
http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/docnonleg/33226.htm
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PASTORALE FAMILIARE
Assisi, convegno Cei. «Famiglie, basta navigatore. L’ora della responsabilità»
Così cambia la pastorale con Amoris lætitia. Gli spunti che disorientano e quindi obbligano a riflettere sono arrivati a raffica. «Nella toponomastica di papa Francesco il tom tom non funziona più: devi navigare a vista, devi ascoltare, pazientare», ha detto l’arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi. «Non sono le famiglie a dover essere più Chiesa. È la Chiesa che deve diventare famiglia, che deve assumere le dinamiche familiari», ha spiegato l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita. «Nella misura in cui siamo capaci di farci carico del fatto che non siamo più schiavi della legge ma figli della libertà della Grazia, l’Amoris lætitia è facile da comprendere», ha chiarito il vescovo di Fiesole, Mario Meini, vicepresidente Cei per il Centro Italia.
«Quello di sposi e genitori è un martirio quotidiano vissuto nella concretezza di ogni giorno», ha suggerito il vescovo Nicolò Anselmi, ausiliare di Genova e segretario della Commissione episcopale Cei famiglia, giovani e vita.
Quattro spunti tra le decine di suggestioni offerte dal Convegno organizzato dall’Ufficio famiglia Cei che ha visto lo scorso week end radunati ad Assisi oltre 500 responsabili diocesani di pastorale familiare. Al centro della riflessione l’esortazione postsinodale di papa Francesco e lo sforzo di tradurre in percorsi pastorali le indicazioni di un testo che invece, per esplicita dichiarazione del suo autore, non vuol essere elenco di precetti, non vuole «dominare spazi, ma generare processi». Soprattutto quando affronta gli snodi più impegnativi della vita di coppia e di famiglia, offrendo prospettive teologiche e pastorali che sembrano rivoluzionarie ma che si innestano coerentemente sul magistero dei pontefici precedenti. «Si tratta di passare dalla Familiaris Consortio all’Amoris lætitia.
Con la stessa consapevolezza, con le stesse note hanno fatto notare nella loro introduzione don Paolo
Gentili, direttore dell’Ufficio Cei per la famiglia, con i collaboratori Giulia e Tommaso Cioncolini è stata scritta una musica completamente nuova, a dispetto di coloro che ‘ciechi e guide di ciechi’ vorrebbero oscurare l’opera dello Spirito».
Questo sapore di novità, questa ricchezza di spunti che sa guardare in faccia la realtà senza idealismi, ma anche senza fare sconti, si concretizza nell’ educazione all’ amore, nei cammini di preparazione al matrimonio, nell’ accompagnamento dei primi anni della vita matrimoniale, nella spiritualità coniugale e familiare, nell’ accompagnamento delle famiglie ferite. Tema su cui si è soffermato in particolare don Roberto Malpelo, presidente del Tribunale ecclesiastico regionale della Toscana, in un approfondimento sulle novità relative alle procedure di verifica della nullità matrimoniale.
Nella “tre giorni” di Assisi grande rilievo ha poi assunto la tavola rotonda su “Accompagnare, discernere e integrare l’amore fragile nella post- modernità” condotta dalla teologa Laura Viscardi.
Luciano Moia Avvenire 16 novembre 2016
http://ilsismografo.blogspot.it/2016/11/italia-famiglie-basta-navigatore.html

Castellucci: Il Signore e la casa.
La metafora domestica costituisce l’intreccio della prima lettera pastorale dell’arcivescovo Erio Castellucci, che pone al centro della riflessione il tema della famiglia. «In greco, d’altra parte, le parole “casa” e “famiglia” sono intercambiabili», scrive il vescovo. Presentata nel duomo di Modena il 24 settembre 2016, durante l’assemblea di apertura dell’anno pastorale, non è una lettera cattedratica o dal taglio teologico, ma un documento pastorale frutto «dell’esperienza e della riflessione di tante persone: organismi singoli, famiglie e gruppi, che in diocesi, nelle parrocchie e nelle case hanno offerto il loro contributo».
Sono tre le novità di rilievo contenute nel documento, che costituirà la base del programma pastorale della diocesi per il prossimo anno:
La proposta dei «gruppi del Vangelo nelle case», che risponde «all’esigenza di valorizzare la casa come luogo della “Chiesa domestica”»;
Il progetto delle «coppie-guida di altre coppie», dal momento che «non è pensabile e neppure necessario che siano solo i presbiteri ad assumere il compito di guide spirituali»;
e infine l’avvio di un servizio diocesano rivolto ai separati o divorziati risposati «sia per la verifica della nullità [matrimoniale] sia per l’eventuale inizio del percorso di riammissione alla comunione eucaristica» (Regno-doc. 17,2016,527). Estratti passim […]

Questa lettera pastorale è il frutto dell’esperienza e della riflessione di tante persone: organismi singoli, famiglie e gruppi che in diocesi, nelle parrocchie e nelle case hanno offerto il loro contributo. È il frutto specialmente della pastorale familiare diocesana, molto intensa da anni nella nostra Chiesa e sostenuta da un ufficio attivo e competente. È il frutto, infine, della riflessione che ha caratterizzato e seguito l’annuale «Tre giorni» di giugno (2016), confluita nella relazione finale che – opportunamente integrata con diversi contributi – ne è alla base. Si può dire che stiamo vivendo una piccola esperienza «sinodale» in formato diocesano.
Un piccolo «sinodo», il nostro, che attinge a piene mani al lavoro dei due Sinodi sulla famiglia voluti e guidati da papa Francesco e soprattutto dall’esortazione post-sinodale del 19 marzo 2016 Amoris laetitia, della quale non vuole in alcun modo sostituire la lettura, ma semmai, anzi, vuole incentivarla. Questa lettera pastorale s’innesta poi nell’Anno della misericordia e quasi lo dilata. La misericordia, del resto, è un’esperienza profondamente connessa con la famiglia. L’etimologia latina richiama il cuore, simbolo della vita affettiva, che nel bene e nel male si plasma in famiglia; l’etimologia greca richiama il grembo materno, casa nella quale tutti siamo venuti al mondo e che resta per sempre il segno più intimo dell’accoglienza della vita.
Due atteggiamenti sono contrari alla misericordia, come ci ricorda continuamente papa Francesco: la condanna implacabile in nome della verità e l’approvazione incondizionata in nome della carità. È facile cadere in entrambe le tentazioni, davanti alle situazioni di fragilità: è facile cadere nella condanna implacabile, scagliando la pietra contro tutti quelli che non sono arrivati alla meta; ma in questo modo rimangono bloccati nella loro condizione, perché si sentono esclusi, lontani, spacciati. È facile cadere nell’approvazione incondizionata, assecondando tutti i comportamenti e considerandoli indifferentemente uguali tra di loro; ma in questo modo le persone rimangono nuovamente bloccate nella loro condizione, perché si sentono a posto, legittimate, e non si mettono in cammino.
Accompagnare, discernere e integrare: ecco i tre verbi-chiave dell’Amoris lætitia, i tre aspetti della misericordia. È la strada più difficile, certo – è facile sia condannare tutti sia assolvere tutti – ma è la strada della Chiesa, perché è la strada seguita da Gesù. La Chiesa «in uscita», e non arroccata su se stessa, che il papa prospetta nell’Evangelii gaudium è una comunità non tanto che va «per strada», ma che «fa strada» con le persone, prendendole per mano dal punto in cui sono verso la meta. Noi desideriamo «fare strada» con le famiglie, perché siano le famiglie stesse a prendere per mano le altre famiglie – assumendone le fragilità materiali, affettive, morali e spirituali – e incoraggiarle a camminare verso il Signore. Siamo chiamati a passare da una pastorale della perfezione a una pastorale della conversione: dove la meta, la dottrina, rimane la stessa, ma viene evidenziata la necessità di accompagnare verso la meta e non di sedersi alla meta per additare la posizione di chi sta camminando per strada. È lo stile delle nostre comunità, non il contenuto del messaggio, che deve mostrare una maggiore aderenza al Vangelo.
Ci accompagnerà la metafora della casa, che custodisce i tempi, gli spazi e le relazioni della famiglia: in greco, d’altra parte, le parole «casa» e «famiglia» sono intercambiabili: oikos e oikia significano l’una e l’altra. Premettendo che sia l’Antico Testamento sia il Nuovo mettono in guardia dalla tentazione di costruirsi da soli la casa, senza chiedere l’aiuto del Signore. Il salmista dice chiaramente che «se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori» (Sal 127,1). E Gesù, chiudendo il discorso della montagna apertosi con le beatitudini, invita a costruire la casa sulla roccia e non sulla sabbia (cf. Mt 7,21-27), cioè sulla solidità di Dio e non sulla friabilità degli uomini.
I. Una casa di grandi dimensioni. […]
II. Una casa in costruzione […]
Educhiamo l’affettività degli adolescenti (…)
Sarebbe utile affidare una coppia tutor a ogni coppia di fidanzati.
Preparazione remota e prossima al matrimonio
Per mano nel deserto
Ritiro sposi
Percorso spirituale per giovani sposi
Venite in disparte
Il cantiere dei «gruppi del Vangelo nelle case»
Per avviare i gruppi del Vangelo nelle case
1. Nel cenacolo in ascolto
2. Nel cenacolo in preghiera
3. Verifica orante ed ecclesiale «del cenacolo»
«Dal cenacolo (comunità) alla Chiesa domestica» e «dalla Chiesa domestica al cenacolo»
Il cantiere delle coppie-guida di altre coppie
III. Una casa in restauro […]
Credo la vita eterna: accompagnamento nel lutto. Sono attivi anche gruppi di ascolto, guidati da psicologi in collaborazione con il Centro di consulenza per le famiglie, per aiutare la condivisione e la metabolizzazione del lutto. Esiste inoltre il Movimento di spiritualità vedovile.
Sulla misura del cuore del Signore. Attraverso Rétrouvaille è possibile anche affrontare le situazioni d’incomprensione, litigio e fratture che sono sull’orlo della separazione o l’hanno appena decisa e attuata.
Un cantiere di restauro bene avviato in diocesi è quello del Consultorio, formato da diversi psicologi, una pedagogista e un assistente ecclesiastico, la cui attività consiste nell’accompagnare e curare le persone, le coppie e le famiglie provate negli affetti. Il Consultorio ha poi un’attività di formazione, nelle scuole e dovunque venga richiesto, che si può configurare come prevenzione. Svolge quindi la doppia funzione, preventiva e curativa, che manifesta un’attenzione integrale della comunità cristiana verso i propri componenti.
Il Centro di consulenza per la famiglia. Il Centro è articolato su due settori: la consulenza e la formazione. La consulenza offre uno spazio gratuito di alcuni incontri in cui, attraverso l’aiuto di professionisti, poter riflettere e fare chiarezza in un momento di difficoltà (etica, psicologica, educativa, sociale, medica), di cambiamento o di crescita che s’incontrano nell’arco della vita del singolo, della coppia, di genitori, di adolescenti e di bambini. Una delle particolarità del centro sta nella presenza di un’équipe composta da più figure professionali che mettono in gioco le proprie conoscenze per una maggiore comprensione della problematica, sia essa inerente al singolo, alla coppia o alla famiglia. Al suo interno operano psicologi, pedagogisti, consulenti morali, medici (psichiatra, ginecologo, ostetrica, pediatra), avvocati, istruttrici di metodi naturali e assistenti sociali i cui differenti punti di vista portano a una visione completa e complementare della situazione presentata. La formazione opera sul binario della prevenzione ed è rivolta ad adolescenti, giovani, mondo della scuola, fidanzati, sposi, genitori, anziani, comunità parrocchiali, ecc., per un aiuto a prevenire difficoltà e problemi propri e della vita familiare arrivando a una maggior consapevolezza delle proprie scelte e decisioni.
Un cantiere di restauro – forse potremmo dire proprio di ricostruzione – che Amoris lætitia ci chiede d’aprire, senza darci soluzioni prestabilite, riguarda le coppie che, sulla base del fallimento del loro precedente matrimonio sacramentale, chiedono da conviventi o sposati civilmente di poter accedere alla comunione eucaristica. L’accompagnamento delle persone separate nella verifica dell’eventuale nullità del loro matrimonio. Quando gli sposi sperimentano problemi nelle loro relazioni, devono poter contare su di un aiuto esterno, anche professionalmente qualificato, e sull’accompagnamento di persone esperte. Per i fedeli che hanno vissuto un’esperienza matrimoniale infelice, terminata con un’irreparabile rottura, la verifica dell’invalidità del matrimonio rappresenta una via che può essere percorsa. […] A Modena rimane e continua a funzionare il Tribunale ecclesiastico regionale emiliano, ora nella veste di Tribunale interdiocesano, per i fedeli delle diocesi che vanno da Modena a Piacenza. Anche per la nuova forma di processo, che evidenzia la figura del vescovo nel ruolo di giudice, la nostra diocesi si sta organizzando e attrezzando, nella cornice di un più stretto e organico rapporto fra il Tribunale ecclesiastico e il Centro di consulenza per la famiglia. Sarà quindi meglio strutturato, in tal senso, quel servizio d’informazione, di consiglio e di mediazione, legato alla pastorale familiare, che possa pure accogliere le persone in vista di un’indagine preliminare al processo di nullità matrimoniale. Tutto il sistema riguardante l’accertamento della nullità dei matrimoni è teso a rispondere alla reale sofferenza dei fedeli, che di fronte al fallimento della loro unione hanno non solo bisogno di una risposta, ma anche il diritto a una risposta. […] Se viene stabilito che il precedente matrimonio è valido, rimane la possibilità di accettare una condizione di partecipazione alla vita ecclesiale che non s’esprima anche nella comunione eucaristica – e in questo caso è interamente valido quanto era stato stabilito in precedenza ed è stato sopra ricordato – oppure d’intraprendere un percorso che possa sfociare nel riaccostamento alla comunione eucaristica, pur permanendo la situazione di convivenza non sacramentale; possibilità, questa, che rappresenta una novità della Amoris laetitia, approvata con stretta maggioranza dai padri sinodali. […] Data la grande varietà delle situazioni, anche in riferimento alla diversità delle culture e delle tradizioni, il papa ha lasciato ai singoli vescovi – cioè alle singole Chiese – il compito di stabilire degli itinerari, fornendo alcuni criteri per il discernimento. Questa decisione è certamente scomoda, perché istintivamente avremmo preferito una risposta netta dal papa: sì o no. […] Invece papa Francesco vuole metterci in cammino e non intende ricadere nella semplice casistica, nello schema spaziale in cui inevitabilmente si ritrovano insieme coloro che in nome della verità e della norma oggettiva dicono subito di «no» e coloro che, al contrario, in nome della carità e della comprensione soggettiva dicono subito di «sì». In entrambi i casi, la partita si risolve come su di una scacchiera: o bianco o nero. È decisivo, piuttosto, che le persone si mettano in cammino, che accettino la sfida del tempo, che non pretendano la facile soluzione immediata. Solo un percorso accompagnato può aiutare a discernere le singole esperienze e situazioni. Un percorso che non coinvolge solo le persone divorziate e conviventi e neppure solamente coloro che guideranno questi percorsi, ma anche, e forse ancora prima, le comunità cristiane chiamate ad accompagnare, discernere e integrare. Nella nostra diocesi esiste già da anni il percorso «Sulla misura del cuore del Signore», che fa da base e da esperienza collaudata anche di questo nuovo cammino, nel quale devono intrecciarsi almeno quattro dimensioni, che potranno anche costituire fasi successive o integrate di «conversione»:
Il rasserenamento da risentimenti e accuse: ci si potrà avvalere del consultorio e, tenendo conto delle situazioni, si dovrà cercare di raggiungere le due grandi esigenze evangeliche dell’amore, valide anche nella coppia e nella famiglia: la correzione fraterna e il perdono (cf. Mt 18);
Un cammino di gruppo, che rappresenta già di per sé un aiuto reciproco, vista la possibilità di comunicare ad altri storie, emozioni e riflessioni diverse: incontri periodici di gruppo scandiranno quindi un percorso che potrà durare qualche anno;
Il servizio in una comunità cristiana (parrocchia, diocesi, ente religioso…), che può favorire una riscoperta delle relazioni e deve aiutare le coppie a recuperare, dove fosse perduta o indebolita, l’appartenenza concreta alla Chiesa;
Il percorso va accompagnato da una persona o una coppia che faccia da «tutor» e aiuti gradualmente chi è in cammino a mettersi di fronte alla propria coscienza, perché sia lei stessa a rendersi conto della propria maturazione. Qui la coscienza non è sinonimo di benessere interiore o propensione sentimentale – come talvolta oggi viene intesa – ma di nucleo intimo della persona che, alla luce dello Spirito e con l’aiuto della comunità, si mette in ascolto della parola di Dio per decidere.
La durata di questi percorsi di conversione non è prestabilita e l’esito non è scontato: dipendono, appunto, dalle singole condizioni. Questo cammino è un servizio proposto dalla diocesi: i parroci e gli operatori pastorali possono indirizzare i singoli e le coppie al centro diocesano sia per la verifica della nullità sia per l’eventuale inizio del percorso di riammissione alla comunione eucaristica. […]
In fondo la situazione di oggi presenta aspetti simili a quella che si era creata nel V-VI secolo d.C., quando il sacramento della penitenza si poteva ricevere una sola volta nella vita e molti non potevano ricevere l’eucaristia: o perché ancora catecumeni e quindi non ancora battezzati, o perché avevano compiuto grossi peccati dopo il battesimo, o perché erano in cammino penitenziale verso l’assoluzione sacramentale, o infine perché, avendo già ricevuto l’unica possibile assoluzione, erano caduti di nuovo in un peccato grave. La comunità considerava queste persone «fratelli», pregava per loro e li accompagnava in un percorso al proprio interno. In quella situazione di stallo la Chiesa, attraverso l’introduzione graduale della penitenza ripetibile, decise d’adattare meglio la disciplina penitenziale alla mutata situazione pastorale. Una comunità che, come vera famiglia, si faccia carico anche della diversità dei cammini, anziché cadere nel duplice contrapposto rischio del relativismo e della condanna delle persone, fa risaltare meglio la caratteristica di fondo del Padre di famiglia: la misericordia.

Servizio pastorale Amoris lætitia A chi è rivolto: a persone separate, divorziate e risposate, «segnate dall’amore ferito e smarrito» (n. 291; Regno-doc. 5,2016,190). Finalità: «Aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale, perché si senta oggetto di una misericordia “immeritata, incondizionata e gratuita”» (n. 297; Regno-doc. 5,2016,192). Obiettivo: attivare un itinerario d’accompagnamento, di discernimento e d’integrazione «che orienti questi fedeli alla presa di coscienza della loro situazione davanti a Dio» (n. 300; Regno-doc. 5,2016,193); «per aiutarli a vivere meglio e a riconoscere il loro posto nella Chiesa» (n. 312; Regno-doc. 5,2016,196-197). Come: attraverso la proposta di un graduale percorso pastorale-spirituale con il sostegno e l’aiuto di un’équipe incaricata dal vescovo;
1. dal primo contatto all’accoglienza;
2. l’accompagnamento comunitario e il discernimento personalizzato;
3. l’integrazione nella comunità ecclesiale.
IV. Una casa in restauro […]
È la stessa tradizione cristiana a stabilire che la relazione coniugale non è semplice unione esteriore dei corpi ma, quando esprime un amore pieno e vero, diventa segno dell’unione del Signore con noi. Giovanni Paolo II, nelle menzionate catechesi su corpo, sessualità, amore e matrimonio, disegnò una vera e propria «teologia» in merito al linguaggio del corpo, che comprendeva anche la sessualità. Purtroppo, allo stesso modo con cui spesso viene banalizzata la comunione eucaristica, il diventare «un corpo solo» con Cristo e tra di noi, viene banalizzata la sessualità, il diventare «una carne sola» tra l’uomo e la donna.
Alcuni si pongono allora la questione su come sia possibile riammettere alla comunione persone che, avendo un matrimonio sacramentale valido, hanno costruito una famiglia nuova basata su un vincolo non sacramentale. È una domanda legittima, come abbiamo già visto prima, affrontata dagli ultimi sinodi e da Amoris lætitia. Per impostarla bene, occorre avvertire prima di tutto che mai nessuno, né i sinodi né papa Francesco, ha messo in discussione l’indissolubilità del matrimonio: che, anzi, è stata continuamente riaffermata. Non potrebbe essere diversamente, visto che Gesù è stato chiaro: «L’uomo non separi quello che Dio ha congiunto» (Mc 10,9). Il matrimonio sacramentale nella Chiesa cattolica, se è valido, è indissolubile.
La discussione dunque non è sull’indissolubilità del matrimonio, ma sulla possibilità che a determinate condizioni anche coloro che vivono in una situazione di oggettivo contrasto con il vincolo matrimoniale possano accedere alla comunione eucaristica. Papa Francesco, come abbiamo detto, non risolve la questione con un «sì» o con un «no», ma offre dei criteri per un cammino, che potrebbe anche sfociare nella riammissione eucaristica (cf. Amoris lætitia n. 300). I coniugi devono entrare in un percorso nel quale emerga: come si sono comportati verso i loro figli quando l’unione coniugale è entrata in crisi; se ci sono stati tentativi di riconciliazione; come è la situazione del coniuge abbandonato; quali conseguenze ha la nuova relazione sul resto della famiglia e la comunità dei fedeli; quale esempio essa offre ai giovani che si devono preparare al matrimonio.
Verificati questi elementi, in quel paziente cammino – che, ripetiamo, non si risolve con decisioni immediate, concessioni o eccezioni – papa Francesco prospetta la possibilità della riammissione alla comunione eucaristica, pur permanendo il contrasto oggettivo con il sacramento del matrimonio. Il papa ricorda, già in Evangelii gaudium, che «l’eucaristia, sebbene costituisca la pienezza della vita sacramentale, non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli. Queste convinzioni hanno anche conseguenze pastorali che siamo chiamati a considerare con prudenza e audacia. Di frequente ci comportiamo come controllori della grazia e non come facilitatori. Ma la Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa» (n. 47; EV 29/2153). Dei due aspetti della comunione eucaristica – medicina nel cammino e segno della piena appartenenza alla Chiesa – papa Francesco ritiene che il primo sia stato troppo trascurato facendo emergere unicamente il secondo, e vuole rimettere i due aspetti in equilibrio. […]
V. Una casa aperta alla comunità civile e religiosa […]
In realtà il consenso matrimoniale è già il riconoscimento che la relazione d’amore, che s’esprime e si rafforza nella relazione sessuale, non può essere lasciata a se stessa, ma va custodita per potere essere se stessa: se amore e sessualità vogliono essere davvero dono totale e fedele, devono accettare di sganciarsi dalla precarietà dei sentimenti e agganciarsi a una volontà espressa esteriormente: una volontà tale, cioè, da produrre effetti anche «storicamente» e «socialmente» riconosciuti.
Che cosa aggiunge dunque l’espressione del consenso all’amore di coppia? Può mai un elemento giuridico-esteriore completare un elemento morale-interiore? Se l’amore venisse inteso solo come sentimento d’attrazione, certo non sarebbe compatibile con un impegno della volontà e non avrebbe necessariamente una dimensione sociale: nessuno può impegnarsi a mantenere a lungo o per sempre un sentimento, che di sua natura non dipende dalla sfera razionale e non può essere oggetto di patti; del resto né lo stato né la Chiesa potrebbero pretendere la rilevanza pubblica di un sentimento. Ma se l’amore viene inteso – conforme alle sue caratteristiche – anche come volontà di donazione, allora non solo può esprimersi in un impegno concreto, ma non sarà compiuto finché non lo farà.
E se per l’amore genitoriale o quello tra amici basterà un impegno interiore, una costanza dettata dai fatti, per l’amore coniugale sarà necessaria anche quell’espressione esteriore della volontà di donarsi che si verifica nella celebrazione delle nozze: da una parte, infatti, l’amore tra uomo e donna richiede – se vuole essere conforme alla sua caratteristica intrinseca di totalità e fedeltà – di venire protetto da un «patto» e di non essere quindi lasciato alla spontanea iniziativa dei due; e dall’altra l’unione tra l’uomo e la donna crea dei vincoli «sociali» – tra di loro e poi con la nascita dei figli – che consigliano di non affidare la relazione alla pura e semplice volontà dei due. Entrambi questi elementi sono fortemente contrastati dalla mentalità corrente.
Al primo punto, che si potrebbe concentrare nell’espressione «ti amo così tanto da sposarti» – ossia voglio a tal punto il tuo bene, che mi impegno a stare con te non sulla base inaffidabile dei sentimenti, ma su quella della volontà – oggi si tende a sostituire preferibilmente l’inverso: «ti amo così tanto che non ti sposo», cioè non c’è bisogno di alcun vincolo giuridico che «garantisca» il nostro affetto, tanto esso è sicuro. Siamo di nuovo in presenza della confusione tra amore e sentimento, con l’idea implicita che, una volta esaurito il sentimento, scompare l’amore; ma questo atteggiamento rischia di cadere nella sperimentazione dell’altro. Il vincolo matrimoniale, oltre a liberare l’amore dalla dipendenza dal sentimento, lo rende più capace d’affrontare le difficoltà: quando l’amore si è impegnato in un patto intenzionalmente indissolubile, è anche maggiormente disposto a fronteggiare gli inevitabili problemi che gli si presentano davanti: fatica nelle relazioni, sofferenze, incomprensioni, nuovi affetti per altre persone, grandi cambiamenti nelle condizioni di vita, malattie; in caso contrario, se non esiste alcun impegno, basteranno le prime difficoltà per dedurre che la sperimentazione è fallita.
Il secondo punto – la dimensione sociale del vincolo – mette in evidenza che il matrimonio custodisce anche quelle caratteristiche della sessualità e dell’amore che hanno una valenza sociale: la «comunità di vita e d’amore», che comporta l’amore reciproco dei coniugi e l’apertura alla vita (cf. Gaudium et spes, n. 48). Il matrimonio naturale, così come è assunto nel sacramento, non è solo contratto, ma è anche contratto. Ed è un contratto che non viene stipulato solamente tra i due – per questo basterebbe un accordo privato – ma anche tra essi e la società civile ed ecclesiale. Come tale, esso fissa reciproci diritti-doveri che vanno a beneficio sia della società sia della coppia/famiglia:
La coppia/famiglia dona alla società l’impegno a svincolare sessualità e amore dalla logica della pura eventualità (visione sentimentale) e a immetterla in quella più impegnativa e costruttiva della stabilità, in modo che la società possa contare sulla coppia e la famiglia per una collaborazione costante a tutti i livelli che fanno sussistere e crescere la società: lavoro, ricambio generazionale, patrimonio, educazione, cultura. In tal modo l’unità, l’indissolubilità e la procreazione/educazione della prole ricevono un’ulteriore ragione di carattere sociale;
La società dona alla coppia/famiglia diritti proporzionati all’impegno assunto dalla coppia/famiglia di collaborazione stabile, agli stessi livelli: assistenza lavorativa, sanitaria, educativa, culturale; per cui anche la famiglia «cresce» facendo crescere la società. Non è positiva la tendenza, presente anche nella nostra cultura e in alcune leggi dello stato, a favorire piuttosto quelle convivenze che non si impegnano a donare alla società una collaborazione stabile. Lo stato è poi chiamato a incentivare le politiche familiari, mettendo sul piatto della bilancia iniziative più lungimiranti di sostegno economico a coloro che nel matrimonio s’impegnano a costruire legami stabili e ad accogliere i figli.
Questa «casa», la famiglia, è quindi aperta alla comunità civile e cristiana: direi quasi che è costruita come un incrocio, con le porte spalancate sulle strade. Nella famiglia s’incrociano praticamente tutte le situazioni della vita: dall’evento della nascita a quello della morte, dai problemi della scuola a quelli del lavoro, dallo sport alla malattia, dai temi legati ai bambini a quelli riguardanti i giovani, gli adulti e gli anziani, dall’affettività alla vocazione, dalle decisioni quotidiane a quelle importanti e definitive. Di conseguenza, la nostra pastorale incrocia continuamente la famiglia, che ne rimane il perno. Così ad esempio la pastorale vocazionale, la pastorale liturgica, catechistica e scolastica, i settori dei ministeri, della comunicazione e della cultura, i servizi relativi all’ecumenismo, al dialogo interreligioso, alle migrazioni e alla missione, il centro per la pastorale sociale e del lavoro, la pastorale giovanile, la Caritas e gli altri enti d’assistenza, la pastorale della salute e la cura per i carcerati e i disagiati, i settori dello sport, del turismo e del tempo libero… sono tutti in qualche modo coinvolti nel tema della famiglia. Quest’anno pastorale dunque non interpella solo la pastorale familiare, il consultorio o il tribunale ecclesiastico, ma interpella davvero tutti gli ambiti della pastorale, perché la famiglia è la cellula della società e della Chiesa: è un vero e proprio incrocio.
L’ultima delle sfide che vorrei ricordare, concludendo la presente Lettera, riguarda la nostra capacità di pensare alla famiglia, nella società e nella comunità cristiana, non come semplice destinataria di iniziative – con il rischio, a volte, di vivisezionarla, convocando a turno i bambini, i ragazzi, i giovani, le mogli, i mariti, gli anziani; pur essendo queste convocazioni indispensabili, occorre chiedersi come la famiglia possa essere protagonista della pastorale; dovrebbero aumentare e anzi divenire lo stile delle nostre proposte, a cominciare dalla messa per andare a tutte le altre iniziative, le occasioni nelle quali la famiglia si propone come tale nella sua interezza – e non «a fette» – e diventa davvero soggetto di celebrazione, annuncio e fraternità.
Invece di chiederci: «Che cosa dobbiamo fare per la famiglia?», o accanto a questa domanda, dovremmo chiederci: «Siamo una comunità a portata di famiglia?». Il discorso s’aprirebbe, a questo punto, verso l’identità e i compiti di una parrocchia, che dovrebbe essere plasmata sul modello della famiglia e non essere semplicemente un luogo in cui «anche» la famiglia trova qualche spazio. Ma questo discorso, se il Signore vorrà, costituirà il tema del prossimo anno pastorale, dedicato alla misericordia nelle nostre parrocchie.
Per ora ci fermiamo qui, mettendoci in cammino verso il recupero della testimonianza della famiglia in quanto tale e quindi, anche su questo punto, raccogliamo umilmente l’invito di papa Francesco: «Camminiamo, famiglie, continuiamo a camminare!» (Amoris lætitia n. 325;)
Blog Il Regno 15 novembre 2016 www.lindicedelsinodo.it/2016/11/castellucci-il-signore-e-la-casa.html

La recezione di “Amoris lætitia ” La lettera pastorale del Vescovo di Trani-Barletta-Bisceglie
Mentre alcuni cardinali, privi di scrupoli pastorali, cercano di frenare ad ogni costo la applicazione di AL, i pastori propongono vie di traduzione e di recezione locale del dettato magisteriale post-sinodale. Dopo l’Arcivescovo di Modena, ora anche Mons. Giovan Battista Pichierri, il Vescovo di Trani-Barletta-Bisceglie, ha scritto una lettera pastorale dal titolo “In cammino verso la pienezza dell’amore. Lettera sull’Amoris lætitia “. Il testo si divide in due parti ed è seguito dal Decreto di nomina di presbiteri incaricati di intervenire autorevolmente nel processo di discernimento ecclesiale.
Di grande interesse è il fatto che tutta la prima parte del documento è volta a cogliere lo “spirito della esortazione” (nn.1-20), mentre la seconda entra nel dettaglio delle novità pastorali che si rendono necessarie (nn.21-50).
1. “Cogliere lo spirito della esortazione”. Anzitutto la lettera esorta a riscoprire l’annuncio dell’amore tra uomo e donna, che non deve abbagliare, ma deve far restare con i piedi per terra. In questa linea la ispirazione conciliare, ripresa dal magistero papale successivo, invita ad una rilettura coraggiosa tanto della famiglia quanto dell’uomo. A questa ispirazione conciliare corrisponde un metodo sinodale con cui il documento è stato costruito lungo i due sinodi e con la consultazione duplice del popolo di Dio. Vi si riflette, inoltre, l’innovativo magistero di papa Francesco, per il quale l'”odore delle pecore” invita il pastore a “stare in mezzo al suo popolo”. E qui la Lettera avanza una bella ricostruzione della posizione di papa Francesco rispetto al popolo di Dio. Egli sta davanti orientandolo alla verità, sta in mezzo toccando e lasciandosi toccare dalle gioie e dai dolori delle famiglie; sta dietro per raccogliere chi non ce la fa e per lasciarsi guidare dal “sensus fidei” del popolo stesso. In questa ultima posizione Francesco indica la necessità di “rileggere e trasformare la tradizione”, superando il rigorismo e il massimalismo, per attingere alla benevolenza pastorale della più alta tradizione morale. Il tono sapienziale della lettura e la considerazione delle “diverse situazioni” caratterizzano il documento in modo forte.
Investiti del compito della accoglienza, dell’accompagnamento, del discernimento e della integrazione sono anzitutto le famiglie, insieme ai loro pastori. Tutto ciò dovrà avvenire tenendo conto di tre criteri:
– esaminare persona per persona
– mirare al bene possibile
– attuare il criterio della gradualità
2. Orientamenti pastorali sulle situazioni di fragilità. La seconda parte del documento si occupa nel dettaglio delle nuove prospettive che AL apre in rapporto alle sofferenze delle famiglie ferite o naufragate. Il criterio orientativo è duplice: al passaggio dei pastori da controllori e facilitatori della grazia corrisponde uno sguardo sul popolo in mezzo al quale nessun membro deve ritenersi o essere ritenuto “condannato per sempre”. Per questo occorre che la verità sia non imposta alla, ma riconosciuta dalla coscienza, con una pastorale nella quale lo stile sia quello della accoglienza del padre e della pazienza del medico. Il percorso ecclesiale di conversione dovrà quindi assumere la “via della coscienza”, la forma del “dialogo” e la priorità della “accoglienza di ogni persona”. La assolutizzazione di una “pena per sempre” sarebbe contraddittoria con l’annuncio della misericordia. Nessuno degli ambiti che prima erano sostanzialmente preclusi ad ogni accesso da parte degli “irregolari” (ossia quello liturgico-ministeriale, pastorale, educativo e istituzionale) potrà restare inaccessibile. Anche se non si tratterà mai di pretendere un diritto, quanto piuttosto di entrare in un percorso di conversione. Questa evoluzione potrà riguardare anche l’accesso ai sacramenti (della penitenza e della eucaristia), anche se questi passaggi dovranno avere “visibilità ecclesiale”, per la quale sono stati predisposti ministri designati, di modo che questa procedura garantisca la trasparenza ed eviti la possibile manipolazione delle circostanze e delle persone.
3. Le diverse situazioni di fragilità. Ci sono diverse forme di amore ferito, smarrito o incompiuto, che meritano una pratica ecclesiale rinnovata. In particolare viene dettagliata con grande precisione la procedura di eventuale riammissione dei divorziati risposati civilmente alla comunione eucaristica, con la valutazione di questi elementi:
– accertare la validità canonica del precedente matrimonio
– l’esame di coscienza
– la valutazione delle responsabilità genitoriali
– i tentativi di riconciliazione
– la irreversibilità della relazione
– non esigere più di quanto si possa dare
– la situazione del partner abbandonato
– la valutazione delle conseguenze scandalose
– l’impatto negativo sui giovani
– la valutazione della consistenza morale della nuova coppia
– verificare la consapevolezza della nuova coppia circa la propria distanza dall’ideale evangelico
– verificare l’impegno di vita cristiana
Questo lungo elenco di criteri è tuttavia supportato dalla coscienza che lo scandalo maggiore che si potrebbe dare sarebbe quello di non saper integrare questi fratelli nella logica di misericordia. Con un incitamento alla “santa audacia della fede” la lettera di chiude con il decreto di nomina dei presbiteri designati per il Riconoscimento ecclesiale dei casi familiari ammissibili ai sacramenti.
Siamo di fronte ad un ulteriore atto di autorevole recezione del testo di AL, che inizierà a produrre frutti di misericordia e di nuova gioia possibile e riconosciuta nel territorio della Diocesi di Trani-Barletta-Bisceglie. Una buona notizia per le famiglie pugliesi.
Andrea Grillo blog: Come se non 16 novembre 2016
www.cittadellaeditrice.com/munera/la-recezione-di-amoris-laetitia-5-la-lettera-pastorale-del-vescovo-di-trani-barletta-bisceglie
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PIANO PER L’INFANZIA
Approvato il Quarto Piano nazionale infanzia.
Decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 2016, G.U. 15 novembre 2016 n. 267.
Il 10 agosto 2016 il Consiglio dei ministri ha approvato il Quarto Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva 2016/2017.
Il provvedimento, proposto congiuntamente dal ministro del lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti e dal ministro per gli affari regionali e le autonomie Enrico Costa, si articola su quattro aree di intervento: linee di azione a contrasto della povertà dei bambini e delle famiglie; servizi socioeducativi per la prima infanzia e qualità del sistema scolastico; strategie e interventi per l’integrazione scolastica e sociale; sostegno alla genitorialità, sistema integrato dei servizi e sistema dell’accoglienza.
L’obiettivo del Piano è quello di conferire priorità ai programmi riferiti ai minori e rafforzare la cooperazione per lo sviluppo dell’infanzia nel mondo. Le priorità di intervento sono state individuate in base ai bisogni dell’infanzia e alle problematiche emergenti a livello nazionale e internazionale.
«La decisione del Governo», si legge nel comunicato stampa pubblicato nel sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, «ha recepito e inteso dare valore alle indicazioni derivanti dalle osservazioni conclusive all’Italia da parte del Comitato ONU sui diritti del fanciullo, agli esiti del Terzo Piano di azione e alle priorità emerse nel corso della Quarta Conferenza nazionale sull’infanzia e l’adolescenza (Bari, 27 e 28 marzo 2014), alle raccomandazioni della Commissione parlamentare per l’infanzia contenute nel documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sulla povertà e sul disagio minorile e al Piano nazionale di prevenzione e contrasto dell’abuso e dello sfruttamento sessuale dei minori 2015/2017».
Il provvedimento è stato approvato dall’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza il 28 luglio 2015 ed è adottato con decreto del Presidente della Repubblica.
Il provvedimento, proposto congiuntamente dal Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali e dal Ministro per gli Affari regionali e le Autonomie con delega alle Politiche per la Famiglia, si articola su quattro aree di intervento:
– linee di azione a contrasto della povertà dei bambini e delle famiglie;
– servizi socioeducativi per la prima infanzia e qualità del sistema scolastico;
– strategie e interventi per l’integrazione scolastica e sociale;
– sostegno alla genitorialità, sistema integrato dei servizi e sistema dell’accoglienza.
L’obiettivo del Piano è quello di conferire priorità ai programmi riferiti ai minori e rafforzare la cooperazione per lo sviluppo dell’infanzia nel mondo.
Le priorità di intervento sono state individuate in base ai bisogni dell’infanzia e alle problematiche emergenti a livello nazionale e internazionale.
www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2016-11-15&atto.codiceRedazionale=16A07780&elenco30giorni=true
www.minori.it/it/print/5719
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SACERDOZIO
Preti sposati: conciliabile il ministero sacerdotale con adempimenti matrimoniali.
I media rilanciano il tema, spazi su Rai Uno e Canale 5.
Nella Bibbia le lettere di Paolo fanno riferimento ai preti sposati specialmente 1Tm 3,2ss e Tt 1,6 ss. Viene recepita nella tradizione l’analogia posta da tali lettere tra governo della casa e governo della Chiesa. Una buona capacità coniugale e parentale è un buon indizio della capacità di governare la famiglia ecclesiale. In qualche modo la logica delle lettere pastorali sembra indicare che i preti sposati mostrano il carattere familiare della comunità ecclesiale. Al punto che un criterio di discernimento in ordine alla capacità di governo del candidato al presbiterato è proprio la sua capacità di essere un buon marito e un buon padre.
Anche i preti cattolici hanno avuto la possibilità di avere moglie, ma solo se di provenienza anglicana. Possono tenere famiglia e dei figli. È quanto affermò nel 2009 la speciale Costituzione Apostolica varata da Papa Ratzinger. Il Movimento internazionale dei sacerdoti lavoratori sposati non accetta la regola che proibisce ai preti sposati cattolici romani quello che ha concesso e concede ai nuovi entrati sacerdoti anglicani. Una disuguaglianza difficilmente sanabile, trattandosi per loro non di una sottigliezza squisitamente teologica ma di un problema, come si dice, di carne e d’ossa.
II celibato non è un dogma. E mai nella storia ne è stata rivendicata l’origine divina. Nella Chiesa occidentale si è affermato più per ragioni pastorali o di opportunità, che per ragioni teologiche e dottrinali. In certi periodi storici, infatti, era meglio non aver a che fare con i figli dei preti, per evitare che reclamassero diritti ereditari sui beni ecclesiali. La Chiesa, quindi, potrebbe un giorno decidere diversamente da quanto avviene oggi. Non l’ha fatto finora, sebbene se ne sia dibattuto, a lungo, in più occasioni. Ma il discorso non è affatto chiuso. Anzi, esigenze pratiche come il calo numerico dei preti in Europa e in altre parti del mondo, potrebbero riaprire la riflessione, in vista della riammissione nelle parrocchie dei preti sposati che hanno un regolare percorso canonico di dimissioni, dispensa dagli obblighi del celibato e matrimonio religioso. […]
http://www.informazione.it/c/0CEAC5F1-8687-4B66-AAD8-FF356F515465/Preti-sposati-conciliabile-il-ministero-sacerdotale-con-adempimenti-matrimoniali-I-media-rilanciano-il-tema-spazi-su-Rai-Uno-e-Canale-5

Preti sposati: anche Raimon Panikkar, sacerdote cattolico, tra i più grandi teologi del ‘900, si sposò
La Chiesa non gli tolse mai la funzione sacerdotale.
“… alcuni sacerdoti dispongono di moltissima esperienza, perché il celibato consente loro la conoscenza di molte famiglie, altri di pochissima o nulla, perché il celibato li fa chiudere alle relazioni in una vita solitaria e fredda. Ne viene che il celibato ha valore positivo per alcuni, negativo per altri, e quindi deve essere lasciato, come nel primo millennio, alla libera scelta della coscienza.
Vi è poi da sottolineare che la qualità della vita spirituale non per tutti dipende dall’astinenza sessuale e meno che mai dall’essere privo di famiglia, basti pensare che quasi tutti gli apostoli erano sposati e che il Nuovo Testamento prevede esplicitamente il matrimonio dei presbiteri (cf. Tito 1,6). Se poi guardiamo alla nostra epoca, vediamo che veri e propri giganti della fede come Pavel Florenskij, Sergej Bulgakov, Karl Barth, Paul Tillich erano sposati.
Se i nazisti non l’avessero impiccato, anche Dietrich Bonhoeffer si sarebbe sposato, ed Etty Hillesum, una delle più radiose figure della mistica femminile contemporanea, ebbe una vita sessuale molto intensa. Anche Raimon Panikkar, sacerdote cattolico, tra i più grandi teologi del ‘900, si sposò civilmente senza che mai la Chiesa gli abbia tolto la funzione sacerdotale. “Non è bene che l’uomo sia solo”, dichiara Genesi 2,18. Gesù però parla di “eunuchi che si sono resi tali per il regno dei cieli” (Matteo 19,12). La bimillenaria esperienza della Chiesa cattolica si è svolta tra queste due affermazioni bibliche, privilegiando per i preti ora l’una ora l’altra. Penso però che nessuno possa sostenere che il primo millennio cristiano privo di celibato obbligatorio sia stato inferiore rispetto al secondo.
Oggi, a terzo millennio iniziato, penso sia giunto il momento di integrare le esperienze dei due millenni precedenti e di far sì che quei preti che vivono storie d’amore clandestine (che sono molto più di 26) possano avere la possibilità di uscire alla luce del sole continuando a servire le comunità ecclesiali a cui hanno legato la vita. La loro “anzianità” non ne potrà che trarre beneficio. Vi sono poi le molte migliaia di preti che hanno lasciato il ministero per amore di una donna (ma che rimangono preti per tutta la vita, perché il sacramento è indelebile) e che potrebbero tornare a dedicare la vita alla missione presbiterale, segnati da tanta, sofferta, anzianità”.
Vito Mancuso La repubblica 18 novembre 2016
http://sacerdotisposati.altervista.org/?p=25798983
Preti sposati: il matrimonio è un diritto conciliabile con sacerdozio
“Alcuni apostoli erano sposati. Lo era senza dubbio Pietro, proprio quello sul cui nome venne fondata la Chiesa di Roma. In fondo il celibato non era prescritto da Cristo per i suoi apostoli e per i loro successori. Il Concilio di Nicea del 325 stabilì che i sacerdoti non potessero sposarsi; il vescovo di Roma Siricio nel 385 pretese che i preti dormissero in letti separati, poi Papa nel 461 Leone I pretese che vescovi e preti sposati trattassero le loro mogli come sorelle. E papa Gregorio VIII nel 1079 ribadì il concetto della immoralità del matrimonio religioso. Ci fu il Concilio del 1139 che stabilì la nullità dei matrimoni dei preti, mentre San Paolo in origine aveva prescritto che i vescovi non avessero più di una moglie com’era allora usanza (I lettera a Timoteo 3,2-5 e a Tito 1,6).
Blog di Roberto Brumat http://sacerdotisposati.altervista.org/?p=25798985
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TERZO SETTORE
Napoli, le 5 richieste del Terzo Settore per ridare il sorriso ai minori provati negli affetti familiari.
Troppo spesso il diritto a una vita serena di ogni bambino e di ogni adolescente provato negli affetti famigliari viene dimenticato. Soprattutto nelle aree economicamente più svantaggiate. Per sollecitare l’attenzione su questo tema da parte delle istituzioni e dell’opinione pubblica, 12 tra associazioni e coordinamenti di enti del Terzo Settore operativi nelle regioni del Centro-Sud hanno dato vita alla campagna “Donare Futuro”, nata con l’obiettivo di tutelare il diritto dei minori ad avere una famiglia. Venerdì 18 novembre il progetto sarà presentato nel corso di un convegno in programma a Napoli. All’incontro sarà presente anche una delegazione di Amici dei Bambini composta dalla referente della sede regionale di Salerno Antonella Spadafora e da Maria Piscopo, mamma adottiva e consigliere del Forum delle Associazioni Familiari della Campania. Ai.Bi., infatti, fa parte della cordata di organizzazioni del Terzo Settore promotrici della campagna “Donare futuro”, a cui hanno aderito anche, tra gli altri, il Tavolo Nazionale Affido, il Coordinamento Care e lo stesso Forum delle Associazioni Familiari.
Il progetto è attivo in 8 regioni (Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia), dove le associazioni coinvolte chiedono alle istituzioni locali 5 misure urgenti in risposta ai bisogni dei minori che vivono situazioni di disagio: dal sostegno economico e sociale alle adozioni di bambini con disabilità, disagio psicorelazionale o età superiore ai 12 anni all’istituzione di un fondo per l’accompagnamento all’autonomia dei neomaggiorenni che escono da un’esperienza di affido; dal sostegno economico e assicurativo agli affidi famigliari all’istituzione di un fondo regionale a supporto dei Comuni che coprono i costi dell’affidamento “ponte” dei bambini fino a 3 anni di età, fino alla costituzione dei tavoli regionali sull’affido famigliare che vedano coinvolti i servizi affidi territoriali, le autorità giudiziarie minorili e le associazioni famigliari.
Nel corso del convegno saranno illustrati in dettaglio i provvedimenti regionali richiesti dalle associazioni promotrici della campagna. Lo farà prima di tutti il presidente del Forum delle associazioni familiari della Campania Marco Giordano, coordinatore dell’iniziativa. Dopo di lui interverranno, tra gli altri, il Garante regionale per l’Infanzia e l’Adolescenza Cesare Romano, il presidente del Tribunale per i Minorenni di Salerno Pasquale Andria e altri esponenti del mondo politico e professionale campano.
Ai. Bi. 17 novembre 2016
Riaccendere il sorriso sui volti di bambini e ragazzi provati negli affetti familiari. È l’obiettivo della campagna Donare Futuro, patrocinato dall’Autorità Garante Regionale per l’Infanzia e l’Adolescenza della Campania, volta a tutelare il diritto dei più giovani ad avere una famiglia.
La campagna, costruita da una fitta cordata di Associazioni – Tavolo Nazionale Affido, CISMAI, Forum delle
Associazioni Familiari, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Famiglie per l’accoglienza, ANFAA, CNCM, Amici dei Bambini, Coordinamento CARE, Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza, Agevolando, Progetto Famiglia ONLUS – è nata per sollecitare l’attenzione istituzionale e l’opinione pubblica su un diritto sancito da normative nazionali e internazionali ma che, soprattutto nell’Italia Centro-meridionale, stenta ancora a trovare una concreta e piena attuazione.
Ecco dunque che in otto Regioni, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia, organismi e associazioni, da anni impegnati nel settore, si mobilitano per richiedere 5 misure urgenti in risposta ai bisogni di bambini e ragazzi che vivono in situazione di disagio familiare, affettivo, sociale.
In particolare le aree su cui sono sollecitate azioni urgenti riguardano
Le cosiddette “adozioni difficili”, quelle cioè rivolte a minori disabili e/o con disagio psico-relazionale o di età superiore ai 12 anni;
L’accompagnamento all’autonomia dei neomaggiorenni in uscita da percorsi di accoglienza;
La certezza dei contributi economici, già formalmente previsti e di fatto quasi mai erogati, e di polizze assicurative per le famiglie che accolgono minori in affido;
Lo sviluppo della pratica degli “affidamenti ponte” dei bambini piccolissimi;
L’istituzione di un Tavolo Regionale sull’affido familiare con il coinvolgimento dei servizi affidi territoriali, delle autorità giudiziarie minorili e delle associazioni di affidatari, secondo le linee guida nazionali sull’affido.
Si tratta evidentemente di temi complessi, agitati tutti dall’urgenza di garantire a bambini e ragazzi in difficoltà, laddove non sia possibile o non sia sufficiente perseguire strategie di sostegno alle famiglie di origine, l’opportunità di provare ‘le braccia calde’ di una famiglia a dispetto della sola accoglienza in apposite strutture residenziali, che sicuramente garantisce il soddisfacimento di alcuni bisogni ma non realizza a pieno il diritto alla famiglia di bambini e adolescenti.
Deprivazione tanto più perniciosa nei primissimi anni di vita, a dispetto dei riscontri di un’acclarata letteratura scientifica che invece sottolinea l’imprescindibilità delle cure familiari in quella fascia d’età. Di qui l’irrinunciabile esigenza di adottare tutti i provvedimenti destinati a garantire sostegno economico, psicopedagogico, psicoterapeutico, sociale alle famiglie affidatarie e a quelle disposte all’adozione, anche nell’ottica di incrementarne il numero e favorire contemporaneamente una riduzione della spesa pubblica su cui certamente è maggiore il carico del mantenimento delle strutture di accoglienza.
Nel corso del convegno si dipaneranno anche storie vere di mancata tutela, raccontate dalla viva voce di protagonisti e testimoni che offriranno il loro contributo subito dopo l’inizio dei lavori. La parola andrà ai rappresentanti delle istituzioni firmatarie del Manifesto della Campagna:
Manifesto da sottoscrivere e tutte le altre informazioni sono disponibili su www.dirittoallafamiglia.it
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UNIONE CONSULTORI ITALIANI PREMATRIMONIALE E MATRIMONIALI
La famiglia crocevia di relazioni e di fecondità
XXIV Congresso Nazionale U.C.I.P.E.M. Oristano, 2-4 Settembre 2016
Nel sito web sono pubblicate alcune relazioni
dr Francesco Lanatà La famiglia crocevia di differenze e opportunità
prof. Giuseppe Anzani La famiglia che cambia in una società che cambia
prof. Beppe Sivelli Cercarsi, perdersi, ritrovarsi: il cammino della coppia fra lontananza e vicinanza
p. Alfredo Feretti OMI Amoris laetitia: una road map per le relazioni familiari
prof. Emilio Tribolato Figli in difficoltà tra legami familiari fragili e pressione sociale e mediatica
dr Alice Calori Le nuove famiglie immigrate tra identità e integrazione
avv. Rosalisa Sartorel Il diritto di famiglia oggi: dalla potestà alla responsabilità genitoriale, dall’affido congiunto nelle separazioni all’accesso all’origine nelle adozioni
www.ucipem.com/it/index.php?option=com_content&view=featured&Itemid=101
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UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE
Master “Affido, adozione e nuove sfide dell’accoglienza familiare: aspetti clinici, sociali e giuridici”
Master universitario di secondo livello marzo 2017 – giugno 2018.
Il Master è patrocinato dal Coordinamento Nazionale dei Servizi per l’Affido (CNSA) e dalla Commissione per le Adozioni Internazionali (CAI).
Il Master offre una formazione di eccellenza per la costruzione e lo sviluppo di competenze specifiche nell’ambito dell’affido, dell’adozione e strumenti utili per far fronte alle sfide dell’accoglienza familiare. La natura interdisciplinare dei temi affrontati è arricchita dalle diverse prospettive che verranno proposte nel corso del Master: clinica, pedagogica, psicologica, sociale e giuridica.
Tutte le tematiche saranno affrontate secondo una prospettiva centrata sulla famiglia, con particolare riguardo alla genitorialità sociale. Il contatto con le più innovative esperienze e la conoscenza dei più recenti contributi di ricerca e strumenti per l’intervento in ambito nazionale ed internazionale favoriranno lo sviluppo delle capacità di leggere ed intervenire in queste situazioni complesse.
Ai partecipanti verrà proposta una metodologia didattica fondata sull’attivazione personale, volta a stimolare la riflessione e tesa a favorire l’apprendimento dall’esperienza e dal confronto in gruppo.
Il Master intende promuovere e diffondere una cultura professionale dell’adozione e dell’affido; i partecipanti possono provenire dall’area psicologica (psicologi, psicoterapeuti), dall’area medica (psichiatri, neuropsichiatri infantili, pediatri, medici di base), dall’area sociale ed educativa (assistenti sociali, educatori, pedagogisti, insegnanti, dirigenti scolastici), dall’area giuridica (avvocati, esperti di diritto, consulenti giuridici) e dalla cooperazione internazionale (operatori di ONLUS, Enti Autorizzati, cooperative). Si rivolge in modo privilegiato a coloro che già lavorano nel mondo delle famiglie accoglienti, ma anche a coloro che desiderano inserirsi in questo settore.
Il Master si avvale di costanti collaborazioni con importanti realtà del sistema nazionale di servizi, che permetteranno ai partecipanti di arricchire la preparazione teorica con stimolanti esperienze di stage e di costruire delle solide competenze da spendere nel mondo del lavoro; nelle precedenti edizioni del Master sono stati organizzati stage presso Enti Autorizzati per le adozioni internazionali (CIAI, Cifa, Ai.Bi, Istituto La Casa).
http://asag.unicatt.it/asag-adozione-e-affido-aspetti-clinici-sociali-e-giuridici-nel-lavoro-con-le-famiglie-presentazione
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Le comunichiamo che i suoi dati personali sono trattati per le finalità connesse alle attività di comunicazione di newsUCIPEM. I trattamenti sono effettuati manualmente e/o attraverso strumenti automatizzati. Il titolare dei trattamenti è Unione Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali Onlus – 20135 Milano-via S. Lattuada, 14. Il responsabile dei trattamenti è il dr Giancarlo Marcone, via Favero 3-10015-Ivrea. newsucipem@gmail.com
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