newsUCIPEM n. 594 –24 aprile 2016

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  • Notizie in breve per consulenti familiari, assistenti sociali, medici, legali ed altri operatori, responsabili dell’Associazione o dell’Ente gestore con note della redazione {…ndr}.
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ADDEBITO                                       Lecito l’abbandono della casa coniugale se la crisi è conclamata.

ADOLESCENTI                               Adolescenti e gravidanze: avere un bambino non è un fallimento

ADOZIONE                                      Adozione dei minori come “extrema ratio”.

ADOZIONE INTERNAZIONALE  Adozioni internazionali, ma come deve essere un ente serio?

ADOZIONI INTERNAZIONALI    Perù. Il sorpasso dell’adozione internazionale sulla nazionale.

AFFIDAMENTO                              L’affidamento presso terzi del minore maltrattato e abusato.

AMORIS LAETITIA                                    (5) Interpretazione autentica “dall’alto”.

(6) “Nota” e una grande rilettura della comunione sacramentale.

(7): Senza esclusione di alcuno.

ANONIMATO                                  Provvedimenti relativi a minore.

CASA CONIUGALE                        Cacciare il coniuge di casa è reato.

CONSULTORI Familiari UCIPEM Parma. Pensare la nostra storia. Di figli per diventare genitori.

                                                           L’utilizzo delle tecnologie digitali per i nati nell’era della rete

DALLA NAVATA                             5° Domenica di Pasqua – anno C –24 aprile 2016.

Commento di Enzo Bianchi, priore a Bose.

DIVORZIO                                       Padri divorziati: arriva la tutela per legge.

EMBRIONI                                       Gli embrioni in eccesso non possono essere distrutti.

EUROPA                                           Nord Europa. Crollano numero e durata dei matrimoni gay.

FECONDAZIONE ASSISTITA       Maternità surrogata all’estero: nessun reato.                                

FEDERAZIONE Progetto Famiglia Convegno nazionale di studi “madri sole”   

MINORI                                            Sottrazione internazionale dei minori.

PARLAMENTO Camera Assemblea           Contrasto di tutte le forme di surrogazione di maternità.

2°Comm. Giustizia     Disciplina delle coppie di fatto e delle unioni civili.

POLITICA SOCIALE                      Non si torna a crescere senza una vera politica per la famiglia.

Bonus bebè a donna straniera residente regolarmente in Italia.

PROCREAZIONE RESPONSABILE La Amoris Laetitia sdogana veramente la contraccezione?

SCIENZA & VITA                           Il contributo alla Giornata nazionale della Salute della Donna.

SEPARAZIONE E DIVORZIO       La lunga strada per la semplificazione dei procedimenti.

VARIE ED EVENTUALI                 AL: Gaudio ‘progressista’ e una domanda di Alighieri Dante.

                                                           AL(8): l’obiezione di Dante e la risposta di Francesco (d’Assisi).

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ADDEBITO

Lecito l’abbandono della casa coniugale se la crisi è conclamata.

Corte di Cassazione, sesta Sezione VI civile, ordinanza n. 7163, 12 aprile 2016.

Non è ingiustificato il comportamento della moglie che abbia scelto di non fare ritorno a casa dopo l’ennesimo litigio del marito, anche qualora questo non abbia usato violenza fisica, essendo indubitabile una situazione di confitto permanente che ben può essere indicativa della definitiva rottura della comunione spirituale tra i coniugi.

Avv. Renato D’Isa     19 aprile 2016                                    sentenza

https://renatodisa.com/2016/04/19/non-e-ingiustificato-il-comportamento-della-moglie-che-abbia-scelto-di-non-fare-ritorno-a-casa-dopo-lennesimo-litigio-del-marito-anche-qualora-questo-non-abbia-usato-violenza-fisica-essendo-indubi/

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ADOLESCENTI

                                              Adolescenti e gravidanze: avere un bambino non è “un fallimento”.

Il fenomeno delle teenager che portano avanti una gravidanza è tutt’altro che residuale e assisterle nel modo giusto vuol dire accompagnarle alla vita adulta. Il centro Saga dell’ospedale S. Paolo di Milano è all’avanguardia, perché si prende cura di tutta la famiglia, anche dei baby nonni.

            Tra i tanti paradossi del Belpaese, si annovera anche quello legato alle nascite. Secondo l’ultimo Rapporto Istat su natalità e fecondità della popolazione residente, presentato a novembre 2015, considerando solo le mamme italiane, circa l’8% dei nati nel 2014 ha una madre di almeno 40 anni, mentre la proporzione dei nati da madri di età inferiore a 25 anni è pari all’8,5%. Tra queste ultime, un dato significativo è quello relativo alle nascite da madri minorenni che nel 2014 sono state 1.981, un valore inferiore di oltre un terzo rispetto a quello registrato nel 1995 (3.142). A queste si aggiungono le 5.838 nascite nell’età compresa tra i 18 e i 19 anni. Un fenomeno, certifica l’Istat, che presenta una forte caratterizzazione territoriale. Al Centro-Nord, in media, le nascite da madri italiane minorenni sono lo 0,2% del totale, mentre è più frequente in alcune regioni del Mezzogiorno, come la Campania: (372 nati, pari allo 0,7%) e la Sicilia (457 nati, pari all’1%).

Insomma, in Italia le baby mamme non aumentano, ma ci sono. E vanno aiutate. Non tutte le Regioni sono però attrezzate per l’accoglienza e l’accompagnamento di queste giovanissime madri. A Milano, presso l’ospedale San Paolo esiste un centro all’avanguardia: il Servizio di accompagnamento alla genitorialità in adolescenza (Saga – dal lunedì al venerdì allo 02/81842464) che dal 2007 a oggi ha assistito 200 ragazze e i loro bambini.

            Ma qual è l’identikit delle baby mamme? Lo chiediamo alla dottoressa Margherita Moioli, referente del Saga, Ospedale S. Paolo, Milano. “Anzitutto va specificato che parliamo di qualcosa che coinvolge tutte le categorie sociali, perché quello che caratterizza tutte le ragazze non è tanto l’aspetto economico, quanto la frequentissima difficoltà a elaborare eventi drammatici della loro vita, che vanno dai traumi ai maltrattamenti di vario tipo. Alcune sono adottate”. E quando si parla di “maltrattamenti” si apre un ampio ventaglio di casistica, spiega la Moioli: “sono incluse sia situazioni di estrema povertà, sia altri tipi di ‘trascuratezza’ legati a famiglie socialmente più elevate in cui però c’è stata una scarsa risposta a bisogni affettivi”. Così, un figlio diventa un modo “per dare nuovo senso alla propria vita”.

Alla domanda se la gravidanza è stata cercata o è frutto di un “incidente di percorso”, infatti, le risposte sono percentualmente in parità: il 50% delle ragazzine voleva un figlio. Magari anche inconsciamente, ma mettendo in atto tutta una serie di eventi concatenati che non possono che sfociare in una gravidanza. “Non usano contraccettivi non per ignoranza – spiega la referente Saga –, ma perché il loro obiettivo è fare in modo che ‘il caso’ dia origine a una nuova vita: in sé e per loro. La settimana scorsa una ragazza mi ha risposto: ‘al mio ragazzo ho detto, non ti preoccupare se non arriva’ ”. Le giovanissime mamme, equamente divise tra italiane e straniere, hanno dai 12 ai 17 anni (“purtroppo le più piccole, 12-13 anni, sono quasi sempre vittime di abusi”) e hanno alle spalle un passato “non adeguato al loro sviluppo”, oppure hanno un modello di genitorialità giovane “mamme giovani e nonne giovani, che spesso hanno avuto figli alla loro stessa età”. Quello che è nato nove anni fa come un progetto sperimentale dedicato a pochi casi l’anno, è ora divenuto un servizio stabile che, solo nel 2015 e primi due mesi del 2016 ha preso in carico un totale di 88 ragazze che, spiega la Moioli, “significa moltiplicare gli utenti per 2, perché c’è anche il bimbo, e aggiungere anche qualche adolescente maschio: 5 operatori seguono 151 persone”. Sì, perché ci sono anche i baby papà, “sottoposti a pressioni e vulnerabilità tipiche dell’adolescenza”, che spesso portano le giovanissime coppie a sfaldarsi. Eppure, racconta l’esperta, ci sono quelli che continuano a stare insieme “fanno fatica, ma vogliono creare un nucleo che si autoconserva e che trae la propria forza dallo stare insieme”. Le teenager incinte arrivano al Saga dopo essere passate da un consultorio o da un altro ospedale, che contattano la struttura del San Paolo per “collaborare alla gestione delle ragazzine”, che spesso, a seguito di decisioni maturate all’interno della famiglia, “arrivano con il foglio di interruzione già in mano” ma, altrettanto spesso, “si accorgono della gravidanza in fase molto avanzata, dopo la ventesima settimana, e questo chiude le porta all’Ivg”. Sono accompagnate dai genitori, che si scoprono improvvisamente neononni e “molto spaventati da quello che accade alle figlie”. Per questo, sottolinea Moioli, è necessario “condurre con molta delicatezza tutta la famiglia ad accettare la gravidanza e tutte le scelte future”. Si entra in punta di piedi, prospettando tutti i casi “per dire cosa significa una gravidanza a questa età, assumendo una posizione neutra, senza giudicare”, ma spiegando con chiarezza che un bambino in arrivo “non ha per forza un significato di perdita, di fallimento, anche scolastico”.

            Il lavoro del centro è orientato a “mantenere la vita della ragazza il più possibile adatta a lei, diventando un’adulta consapevole e responsabile”, introducendo un servizio esterno che “interrompe le caratteristiche disfunzionali”. Insomma, un intervento mirato, preciso e frutto del lavoro di un’équipe multidisciplinare che conta neuropsichiatra infantile, neuropsicomotricisti e psicologi e che trova un secondo punto di forza nella supervisione scientifica dell’università Bicocca “che permette di valutare, mese per mese, la massima efficacia”. “Siamo orgogliosi di proporre tutto questo gratuitamente in un servizio pubblico – conclude Margherita Moioli – e siamo disponibili a collaborare anche con altre realtà italiane, perché la rete è fondamentale”. E anche il passaparola, visto che le ragazze, spesso, tornano portando per mano un’amica che aspetta un figlio. E vuole tenerlo.

Emanuela Vinai          sir        21 aprile 2016           

http://agensir.it/territori/2016/04/21/adolescenti-e-gravidanze-avere-un-bambino-non-e-un-fallimento-il-caso-buono-di-milano

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ADOZIONE

Adozione dei minori come “extrema ratio”: un’altra conferma dalla Cassazione

Corte di Cassazione, prima Sezione civile, sentenza n. 7391, 14 aprile 2016.

Alla dichiarazione di adottabilità di un figlio minore è possibile ricorrere solo in presenza di fatti gravi, indicativi, in modo certo, dello stato di abbandono, morale e materiale, che devono essere specificamente dimostrati in concreto, senza possibilità di dare ingresso a giudizi sommari di incapacità genitoriale, seppure espressi da esperti della materia, quando non siano basati su precisi elementi fattuali idonei a dimostrare un reale pregiudizio per il figlio, di cui il giudice di merito deve dar conto.

Avv. Renato D’Isa     22 aprile 2016                                   sentenza

https://renatodisa.com/2016/04/22/alla-dichiarazione-di-adottabilita-di-un-figlio-minore-e-possibile-ricorrere-solo-in-presenza-di-fatti-gravi-indicativi-in-modo-certo-dello-stato-di-abbandono-morale-e-materiale-che-devono-essere

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ADOZIONE INTERNAZIONALE

Adozioni internazionali, ma come deve essere un ente serio?

Paola Crestani è la presidente del Ciai, la prima realtà in Italia – era il 1968 – a promuovere l’adozione internazionale. I dubbi sulla trasparenza, serietà e affidabilità degli enti autorizzati espressi dalla presidente della Commissione Adozioni Internazionali, l’hanno portata a fare alcune riflessioni. Ecco i suoi 7 consigli.

La settimana scorsa la presidente della Commissione Adozioni ha rilasciato un’intervista a Repubblica in cui ha detto che «ci sono enti seri ed altri che hanno avuto una gestione discutibile», ed invita le famiglie ad «affidarsi ad un ente serio». Tralasciando i commenti sulla gravità di dichiarazioni di questo tipo fatte dalla presidente dell’istituzione che dovrebbe garantire la serietà di tutti gli enti che autorizza, mi sono domandata: ma come faranno le famiglie ad «affidarsi ad un ente serio»? Come riusciranno ad orientarsi nella loro scelta? Insomma, come deve essere un ente serio? È una domanda che mi sono sentita fare moltissime volte da amici e conoscenti che, sapendo del mio interesse nel campo delle adozioni internazionali, si rivolgono a me per avere qualche consiglio. Ho provato allora a stendere una lista dei requisiti che dovrebbe avere un ente serio, un lista non istituzionale, non un “regolamento” degli enti, ma una serie di consigli che darei agli amici che devono mettersi alla ricerca di un ente a cui affidare una delle cose più preziose della vita: il destino di un figlio.

Un ente serio deve essere trasparente: deve dare tutte le informazioni che chiedete, nel modo più chiaro ed esaustivo possibile. Diffidate di chi vi dice solo cose positive: l’adozione, come ogni genitorialità, non è tutta rose e fiori, le situazioni dei bambini che vengono segnalati per l’adozione internazionale sono sempre più complesse e i tempi di attesa, che dipendono in gran parte dal Paese di provenienza, possono essere anche molto lunghi. L’ente trasparente dovrebbe pubblicare tutte le informazioni generali dell’ente sul sito: lo statuto, i bilanci, i dati delle adozioni, la carta dei servizi con i costi della pratica di adozione. Le informazioni devono essere chiare e leggibili, non serve uno statistico per spiegare che i dati più sono aggregati e meno sono comprensibili.

Un ente serio deve essere coerente: le informazioni che vengono date devono poi corrispondere a quanto accade nella realtà. Certamente tante cose cambiano nel lungo tempo che serve per condurre a termine un’adozione (i Paesi chiudono, cambiano leggi o linee guida, aumentano i costi di certi servizi), ma non dovrebbe mai succedere che vengano chiesti soldi per voci non previste o per attività diverse da quelle di adozione.

Un ente serio deve essere scrupoloso: il futuro di un bambino è una cosa seria e l’ente deve garantire attenzione a tutti gli aspetti della pratica. In particolare la scrupolosità è importante per quanto riguarda la verifica della situazione psico-fisica del bambino che viene segnalato e che potrebbe diventare vostro figlio. Spesso le notizie che mandano i Paesi non bastano per avere un quadro sufficientemente chiaro, l’ente serio deve fare degli approfondimenti, anche se questo può comportare dei tempi più lunghi.

Un ente serio deve essere professionale: è importante che il personale dell’ente sia professionalmente preparato e adeguato al ruolo che ricopre. La sola qualifica di genitore adottivo non è sufficiente per svolgere attività di adozione, serve preparazione ed esperienza. Il confronto con altri genitori adottivi è sempre utile ma non c’è bisogno di un ente autorizzato per quello: esistono le associazioni familiari, i blog, o altri luoghi di confronto “tra pari”, molto utili ma con un obiettivo ed un ruolo diverso.

Un ente serio deve essere radicato sul territorio: sia in Italia, dove le linee guida prevedono una sede effettiva almeno in ogni macroarea di riferimento, in modo da poter essere raggiunta agevolmente dagli utenti, ma soprattutto all’estero. Deve avere una sede nel Paese in cui andate a prendere il vostro bambino, con personale qualificato e preparato. Per maggiore garanzia di correttezza delle procedure il personale all’estero dovrebbe sempre essere stipendiato e non pagato “a pratica”.

Un ente serio deve essere attento e vicino: vi deve seguire da vicino in tutte le fasi della procedura. Deve dare risposte e magari proporre momenti di confronto durante il periodo dell’attesa, l’abbinamento deve essere fatto in modo professionale, di persona (non si cambia la vita delle persone con una telefonata o via mail!), deve garantire di seguirvi adeguatamente per il tempo della permanenza all’estero e durante il momento del primo incontro con il vostro bambino, un periodo molto delicato in cui dovete poter contare su un supporto – anche dall’Italia se serve – ogni volta che ne abbiate bisogno.

Un ente serio vi segue anche dopo l’adozione: l’avventura dell’adozione non finisce con l’arrivo in famiglia del vostro bambino ma da lì comincia e dura tutta la vita. I momenti di necessità possono essere tanti e dovete poter contare sempre sul sostegno dell’ente a cui vi siete affidati che deve garantire servizi di supporto post-adozione non solo per i primi periodi dopo l’adozione ma in qualsiasi momento della vita, in particolare durante le fasi più sensibili dell’inserimento a scuola e dell’adolescenza.

Un ente serio dovrebbe poter contare su di un’istituzione seria che ne verifica l’adeguatezza e lo sostiene nel suo lavoro. Ma questa è tutta un’altra storia.

Paola Crestani                       Vita                 13 aprile 2016

www.vita.it/it/article/2016/04/13/adozioni-ma-come-deve-essere-un-ente-serio/139010

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ADOZIONI INTERNAZIONALI

Perù. L’inizio del 2016 segna il sorpasso dell’adozione internazionale sulla nazionale.

Ma 329 bambini sono ancora in attesa di una famiglia nelle liste di priorità. Mentre in Italia si è ancora in attesa dei dati ufficiali sulle adozioni internazionali realizzate nel 2014 e nel 2015, i Paesi di origine forniscono informazioni molto aggiornate, addirittura all’inizio del 2016. Le cifre diffuse dal Perù arrivano fino a poco più di un mese fa, febbraio 2016, e dimostrano ancora una volta che c’è un gran bisogno di famiglie adottive.

L’inizio del 2016 ha segnato per il Perù un importante e positivo cambio di rotta in fatto di adozioni. Dal 1° gennaio al 29 febbraio i bambini peruviani orfani o abbandonati che hanno trovato una nuova famiglia sono stati 27, di cui 12 nel loro Paese e 15 all’estero. In vantaggio quindi l’adozione internazionale su quella nazionale, segnale incoraggiante e in controtendenza rispetto agli anni precedenti. Attraverso la Direzione generale per l’adozione, il Ministero delle Donne e delle Popolazioni Vulnerabili ha infatti diffuso i dati sul numero totale delle adozioni realizzate nel primo bimestre dell’anno in corso. E’ dal 2012, infatti, che le famiglie straniere non si dimostravano più accoglienti di quelle peruviane per i bambini abbandonati del Paese andino. I numeri di quell’anno raccontano di un quasi pareggio, con 100 minori accolti in adozione nazionale e 103 in internazionale, mentre nel 2011 la seconda aveva trovato una nuova famiglia a 21 bambini in più rispetto alla nazionale (113 contro 91). Ma dal 2013 la tendenza si era invertita, con i dati dei minori accolti in adozione nazionale sempre superiori a quelli dell’internazionale: 107 contro 74 nel 2013, 103 contro 91 nel 2014 e 104 contro 72 nel 2015. In tutti questi anni, il Paese più accogliente per i bambini peruviani è stata l’Italia, che ha sempre accolto un numero di piccoli peruviani molto più alto rispetto agli altri Paesi.

            Ma il 2016 è iniziato con il piede giusto anche per le adozioni dei minori inseriti nelle liste prioritarie. Il Mimp ha reso noto che, nei primi due mesi del nuovo anno, sono stati 11 i bambini adottati provenienti dalle liste di priorità. Una media positiva che, se confermata anche nei successivi 10 mesi del 2016, permetterebbe di superare, in termini di accoglienza, i dati degli anni precedenti. I bambini e gli adolescenti peruviani adottati con procedimento prioritario, infatti, sono stati 51 nel 2011, 62 nel 2012, 41 nel 2013, per poi salire a 64 nel 2014 e scendere a 52 nel 2015. Confermata, inoltre, la maggiore disponibilità delle famiglie straniere nei confronti di questi minori. Degli 11 adottati tra gennaio e febbraio 2016, 3 hanno trovato una nuova famiglia nel loro Paese di origine, mentre gli altri 8 sono stati accolti in adozione internazionale.  Dati in linea con quelli degli anni precedenti: dei 41 adottati nel 2013, 27 hanno trovato casa all’estero, così come 50 dei 64 del 2014 e 38 dei 52 del 2015.

            Attualmente restano 329 i minori inseriti nella lista delle adozioni prioritarie del Mimp in attesa di essere accolti da una nuova famiglia. Di questi, 148 hanno esigenze particolari, 111 fanno parte di gruppi di fratelli, 45 sono adolescenti, 17 sono affetti da qualche problema di salute e gli altri 8 sono bambini di età compresa tra i 9 e i 12 anni.

            Venendo alle famiglie in lista d’attesa per l’adozione, il Ministero delle Donne e delle Popolazioni Vulnerabili rende noto che le coppie attualmente in attesa sono 245, di cui 167 peruviane e 78 straniere.

            Infine, il Mimp riferisce che, ogni mese, i Tribunali peruviani dichiarano in stato di abbandono in media tra i 10 e i 12 minori. Un procedimento particolare viene seguito per gli adolescenti: affinché possano essere dichiarati adottabili, è necessaria una dichiarazione, rilasciata dalla magistratura, che illustri il suo stato di abbandono. Dichiarazione che arriva dopo una ricerca di informazioni lunga circa 8 mesi.

Fonte: Peru21, Mimp                        Ai. Bi.  19 aprile 2016            www.aibi.it/ita/category/archivio-news

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AFFIDAMENTO

L’affidamento presso terzi del minore maltrattato e abusato.

Relazione di Laura Galli, Presidente AMI Milano al Convegno nazionale di Ancona.

AMI                            Avvocati Matrimonialisti Italiani     23 aprile 2016

www.ami-avvocati.it/laffidamento-presso-terzi-del-minore-maltrattato-e-abusato-a-cura-di-laura-galli/?utm_source=feedburner&utm_medium=email&utm_campaign=Feed%3A+ami-avvocati+%28AMI-avvocati.it+RSS%29

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AMORIS LAETITIA

                        Alla scoperta di Amoris Laetitia (5): interpretazione autentica “dall’alto”.

Era abbastanza facile pensare che le grandi mistificazioni – diffuse già dal giorno 8 aprile da parte di autorevoli ambienti ecclesiali circa l’impatto pastorale e teologico della Esortazione Apostolica – avrebbero avuto vita breve. Affermare con disinvoltura che “non c’era nulla di nuovo” e che tutti i 325 numeri di AL dovessero essere interpretati esclusivamente alla luce di 4 o 5 numeri di Familiaris Consortio appariva, fin da allora, una “linea di resistenza” priva di qualsiasi plausibilità e molto prossima alla irresponsabilità. Nei giorni successivi, tuttavia, questa “lettura” aveva anche iniziato a passare dai giornali e dalle interviste alle “pratiche pastorali”: ho infatti notizia certa che alcuni relatori – di fronte al clero radunato in singole diocesi – avrebbero già avvalorato irresponsabilmente questa lettura infondata.

            Bisogna riconoscere, tuttavia, che fin dall’inizio una larga parte della opinione pubblica, buona parte dei teologi e dei pastori, aveva invece rilevato le grandi novità che AL comporta e si era disposta alla “conversione pastorale” necessaria. Ma ora provvede direttamente papa Francesco a dissolvere le residue ostinate resistenze. Facendo ritorno dall’Isola di Lesbo, durante la consuete conferenza stampa “ad alta quota”, Francesco ha risposto non solo alle pressanti domande sul senso della visita e sulle implicazioni politiche e umanitarie del suo gesto, ma anche sulle prime reazioni a AL. Riporto qui di seguito il testo, riprendendolo da Avvenire, e poi lo commento:

Domanda: Come lei sa ci sono state molte discussioni su uno dei punti della sua Esortazione Amoris Laetitia: alcuni sostengono che niente è cambiato per l’accesso ai sacramenti ai divorziati risposati, altri sostengono che molto è cambiato e ci sono tante nuove aperture. Ci sono nuove possibilità concrete o no?

            «Io posso dire sì. Ma sarebbe una risposta troppo piccola. Vi raccomando di leggere la presentazione del documento che ha fatto il cardinale Schönborn, che è un grande teologo e ha lavorato alla Congregazione per la dottrina della fede».

            Domanda: Perché ha messo in una nota e non nel testo il riferimento all’accesso ai sacramenti?

            «Senta, uno degli ultimi Papi, parlando del Concilio, ha detto che c’erano due concili, quello Vaticano II, in San Pietro, e quello dei media. Quando ho convocato il primo Sinodo, la grande preoccupazione della maggioranza dei media era: potranno fare la comunione i divorziati risposati? Siccome io non sono santo, questo mi ha dato un po’ di fastidio e un po’ di tristezza. Perché quei media non si accorgono che quello non è il problema importante. La famiglia è in crisi, i giovani non vogliono sposarsi, c’è un calo di natalità in Europa che è da piangere, la mancanza di lavoro, i bambini che crescono da soli… Questi sono i grandi problemi. Io quella nota non la ricordo, ma se è in nota è perché è una citazione dell’Evangelii gaudium».

            Le risposte e il loro contesto. Va subito detto che queste sono le ultime due domande di una lunga intervista dedicata, per 4/5 al tema della catastrofe umanitaria, della tristezza per la disumanità delle condizioni di vita dei profughi. Alla fine di queste considerazioni, le due domande sull’esito del Sinodo suonano quasi “strane” e “inopportune”. Ciò spiega anche perché, nella seconda risposta, il papa insista giustamente nel non “perdere il senso delle proporzioni” e non smarrire le priorità del testo. Dunque la prima preoccupazione è di recuperare il discorso di fondo, su amore, matrimonio e famiglia. Solo all’interno di questa prospettiva “fisiologica” si può cogliere il senso della risposta alle “patologie”.

            Ma, accanto a ciò, bisogna riconoscere che Francesco ammette apertamente tre cose:

a)      Rispetto alla condizione dei “divorziati risposati” ci sono nuove possibilità concrete di accesso ai sacramenti;

b)      Per capirlo, il riferimento indicato da Francesco, ovviamente oltre al testo di AL, è la presentazione del Card. Schoenborn

c)      Circa la “querelle sulla nota”, altro pretesto sollevato dai negatori di ogni novità, Francesco la riconduce ad una citazione di Evangelii Gaudium, come asserzione già acquisita dal Magistero.

L’affermazione chiara e i due rinvii. Allora possiamo dire che troviamo in questa intervista una affermazione chiara e due rinvii.

La affermazione chiara è che ci sono novità concrete, che impegnano la Chiesa ad una svolta pastorale di discernimento, accompagnamento e integrazione, non riducibile alla prassi precedente. Chi volesse ancora negarlo, non potrebbe farlo con la “copertura” di papa Francesco. Questo, sia chiaro, resta possibile, anche per i teologi che vogliano segnalare al Magistero il loro motivato dissenso.

            Ma dei due rinvii, quello alla presentazione del Card. Schoenborn appare particolarmente importante. Che cosa aveva detto, in proposito, Schoenborn, nel giorno della presentazione? Riporto qui di seguito la parte conclusiva del discorso del Card. Schoenborn, che è molto chiara:

             “Si pone naturalmente la domanda: e cosa dice il Papa a proposito dell’accesso ai sacramenti per persone che vivono in situazioni “irregolari”? Già Papa Benedetto aveva detto che non esistono delle “semplici ricette” (AL 298, nota 333). E Papa Francesco torna a ricordare la necessità di discernere bene le situazioni, nella linea della Familiaris consortio (84) di San Giovanni Paolo II (AL 298). “Il discernimento deve aiutare a trovare le strade possibili di risposta a Dio e di crescita attraverso i limiti. Credendo che tutto sia bianco o nero, a volte chiudiamo la via della grazia e della crescita e scoraggiamo percorsi di santificazione che danno gloria a Dio” (AL 305). E Papa Francesco ci ricorda una frase importante che aveva scritto nell’Evangelii gaudium 44: “Un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito Dio della vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza fronteggiare importanti difficoltà” (AL 304). Nel senso di questa “via caritatis” (AL 306) il Papa afferma, in maniera umile e semplice, in una nota (351), che si può dare anche l’aiuto dei sacramenti “in certi casi”. Ma allo scopo egli non ci offre una casistica, delle ricette, bensì ci ricorda semplicemente due delle sue frasi famose: “Ai sacerdoti ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore” (EG 44) e l’eucarestia “non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli” (EG 44).

Non è una sfida eccessiva per i pastori, per le guide spirituali, per le comunità, se il “discernimento delle situazioni” non è regolato in modo più preciso? Papa Francesco conosce questa preoccupazione: “comprendo coloro che preferiscono una pastorale più rigida che non dia luogo ad alcuna confusione” (AL 308). Ad essa egli obietta dicendo: “poniamo tante condizioni alla misericordia che la svuotiamo di senso concreto e di significato reale, e quello è il modo peggiore di annacquare il Vangelo” (AL 311).

            Papa Francesco confida nella “gioia dell’amore”. L’amore sa trovare la via. È la bussola che ci indica la strada. Esso è il traguardo e il cammino stesso, perché Dio è l’amore e perché l’amore è da Dio. Niente è così esigente come l’amore. Esso non si può avere a buon mercato. Per questo nessuno deve temere che Papa Francesco ci inviti, con “Amoris laetitia”, a un cammino troppo facile. Il cammino non è facile, ma è pieno di gioia!”

            Queste poche parole del Card. Schoenborn – che meritano di essere lette nella loro integralità – aiutano anche nella ermeneutica della nota 351. Essa introduce, – umilmente e senza fanfare, quasi in modo penitenziale – la via dei sacramenti come possibile “terapia”. Su tutto questo la Chiesa deve meditare, ma non per affannarsi a negare la evidenza di un cambiamento, ma per collocarsi dentro questa necessaria “conversione pastorale” con tutta la lucidità e la prudenza necessaria. Non raramente, infatti, la cosa più prudente che si possa fare, in situazioni di emergenza, è anzitutto quella di non restare immobili nelle proprie abitudini pratiche e irrigiditi nei propri orizzonti mentali. Ma la resistenza delle abitudini stanche e degli orizzonti ristretti è molto forte. Forse solo una “interpretazione autentica dall’alto” è in grado di smuoverla: dove non arriva la evidenza, può rimediare la autorità. In pieno stile cattolico.

Andrea Grillo blog “Come se non”   17 aprile 2016

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 cfr newsUcipem 593 in Francesco vescovo di Roma.

           

Alla scoperta di AL (6): piccola “nota” e una grande rilettura della comunione sacramentale.

Come si è detto fin dal giorno della pubblicazione – appena 10 giorni fa – Amoris Laetitia non è semplicemente una “documento sulla famiglia”, ma è anche una potente rilettura dell‘intera esperienza ecclesiale, che presenta in modo lineare e profondo le fondamentali novità che la tradizione ha elaborato nell’ultimo secolo, a partire da Pio X, e che in qualche modo sono difficili da comprendere sulla base di una lettura solo “giuridica” e “formale” della dottrina. In particolare mi pare molto significativo che l’attenzione generale si sia puntata – già durante il Sinodo, ma soprattutto ora, a Sinodo concluso – sulla relazione tra “comunione ecclesiale” e “comunione sacramentale”. Soprattutto i giuristi, ma anche alcuni moralisti e qualche dogmatico, dimostrano ancora oggi di essersi legati a doppia mandata ad un modello di comprensione del rapporto tra queste “forme della comunione” che da tempo appare inadeguato e non aggiornato. Un fatto singolare è questo: già Familiaris Consortio, 35 anni fa, riconosceva la crisi di quel modello di rapporto, che i nostri giuristi e moralisti attuali vorrebbero difendere a spada tratta. Perché non va dimenticato che FC riconosce la differenza tra comunione ecclesiale e comunione sacramentale, anche se non riesce a rispondere adeguatamente a questa nuova situazione. AL ha avuto il merito – sulla scia di Evangelii Gaudium – non solo di mettere a nudo questa inadeguatezza e la crisi ecclesiale che ne deriva, ma di aver iniziato a rispondere autorevolmente con soluzioni non formali e non idealizzate. Proviamo a considerarle con attenzione, ricostruendone il contesto storico ed ecclesiale.

  1. Che cosa significa una “lettura terapeutica” dei sacramenti? La risposta che papa Francesco ha dato, ad alta quota, l’altro ieri, tornando da Lesbo, conferma la serietà della prospettiva di rilettura del rapporto tra “fare penitenza” e “comunicare al corpo e sangue di Cristo”. Egli ripropone, in altri termini, che i sacramenti non siano compresi come il premio per chi si è convertito, ma come il mezzo e la mediazione fondamentale di questa conversione. Una lettura classica vorrebbe continuare ad interpretare la penitenza e la comunione in analogia alla relazione che si instaura tra “premessa” e “conseguenza”. In altri termini, essa pensa così: nel momento in cui sono stato assolto, ed ho potuto esserlo, solo allora posso accostarmi alla mensa eucaristica. Si deve notare che in questo modello di comprensione del “perdono del peccato”, tutto è pensato in modo “statico” e “puntuale”: da un lato si arriva all’atto di “ricevere l’ostia”, ma prima occorre trovarsi nello “stato” di poter essere perdonato. Il requisito di questo “atto formale di perdono” è una condizione esistenziale di superamento del peccato. Se, alla luce del vangelo, non sono più in stato di peccato, allora posso essere assolto. Questa visione tende ad affermare il primato dello spazio sul tempo e della idea sulla realtà. Su questo punto Papa Francesco attinge ad una esperienza più ampia e più antica e ci chiede di riscoprire, invece, il primato del tempo sullo spazio e della realtà sulla idea. Per farlo dobbiamo recuperare la complessa dinamica sia della penitenza sia della comunione. Qui vorrei farlo in ordine inverso: prima rifletto sulla comunione e poi sulla penitenza.
  2. Breve storia del rapporto del cristiano con la “comunione”. La tradizione cristiana e cattolica ha elaborato un modello di “partecipazione alla eucaristia” che costituisce non solo una “manifestazione”, ma anche un “esperienza” della comunione. Il modello storico che ha costituito il discrimine nella interpretazione di questa manifestazione è sicuramente quello costruito dal Concilio Lateranense IV (1215) con la “comunione pasquale” e la previa “confessione e penitenza” annuale. Il “precetto pasquale” diventava criterio di comunione ecclesiale. Così è stato per molti secoli, finché si sono manifestate progressivamente una serie di “nuove esigenze”:
  • già la “Imitazione di Cristo” – il capolavoro della spiritualità del XV secolo – mostra che il rapporto con la comunione non è solo di “formale necessità”, ma di dipendenza vitale, non è solo “dovere annuale” ma “alimento spirituale”;
  • la tradizione della devozione, nei secoli successivi, ha recuperato la comunione “mensile”, soprattutto in relazione al “culto del Sacro cuore”;
  • da papa Pio X in poi, almeno a livello magisteriale, è sorta addirittura la prospettiva di una “comunione frequente”, pensata persino come “comunione quotidiana”.
  • Ma tutto questo non basta: questa prospettiva ha trovato ulteriore rielaborazione da quando, dopo il Concilio Vaticano II, il “fare la comunione” non è stato più compreso come “devozione parallela alla messa”, ma come “rito di comunione”, ossia come punto culminante della celebrazione eucaristica, pienezza di perdono del peccato e di partecipazione al corpo di Cristo: mediante la comunione al pane e al calice “si diventa ciò che si riceve”.
  1. La trasformazione del “fare penitenza” nei secoli. Parallelamente a questo sviluppo, si è anche riletta la grande esperienza del “fare penitenza”. Qui abbiamo assistito, nei secoli, ad uno sviluppo complesso, che è culminato nella rilettura tridentina, la quale, in forma ufficiale, ha proposto la differenza del “perdono del battezzato” con una certa tensione rispetto al “perdono dell’uomo”: lo spazio del sacramento della confessione è, appunto, la riconciliazione del battezzato caduto in colpa grave. Ma non è stato il Concilio di Trento, bensì la recezione post-tridentina, ad aver progressivamente “stilizzato” e insieme “sovraccaricato” il sacramento. Da un lato pretendendo di risolvere tutta la complessa dinamica di rapporto tra “atti del penitente” e “atti del ministro” nella semplice correlazione tra confessione e assoluzione; dall’altro pretendendo di ridurre tutta la penitenza ecclesiale e personale all’interno del sacramento della penitenza. Questo fenomeno ha favorito un duplice “primato dello spazio sul tempo”: da un lato eliminando tutta la temporalità del sacramento e concentrando il suo senso sulla “immediatezza” del rapporto puntuale tra confessione e assoluzione: non vi è più “cammino di penitenza”, ma “identità tra confessione e assoluzione”; dall’altro emarginando progressivamente la dialettica delicata tra “esperienza battesimale/eucaristica di perdono” e la sua più rara ripresa nel “sacramento della penitenza”. Questa evoluzione, che è molto accelerata negli ultimi due secoli, ha suscitato, per reazione, una profonda riscoperta non solo della domanda di “tempo penitenziale” all’interno del sacramento, ma anche della relazione temporale tra “quarto sacramento” e vita battesimale/eucaristica dei soggetti ecclesiali.
  2. La tradizione recente dopo Pio X e il Concilio Vaticano II: la partecipazione attiva. Uno sviluppo decisivo di tutta questa storia è avvenuto nell’ultimo secolo. Da un lato Pio X ha inaugurato una “nuova centralità” della comunione eucaristica, che da allora cambia anche la funzione del sacramento della penitenza. E’ interessante notare come Pio X stesso abbia iniziato a ridefinire i contorni della esperienza di “stato di grazia”, diminuendo la importanza del “confessarsi” e aumentando quella del “comunicarsi”. Ma a tutto questo un contributo nuovo e prima impensabile viene dal Concilio Vaticano II e dalla logica della “partecipazione attiva” che la Costituzione Liturgica e poi la Riforma dei riti hanno reintrodotto nella esperienza ecclesiale. Da un lato il sacramento della penitenza riscopre la sua “vocazione comunitaria”; ma d’altro canto la “comunione” diventa “itinerario di partecipazione alla preghiera eucaristica della Chiesa”. Il luogo principe di “esperienza del perdono” non è più, anzitutto, una “procedura giudiziaria” di non imputazione del peccato, ma luogo terapeutico di guarigione dalle distorsione che il peccato grave introduce nella vita del battezzato. E va notato che già Trento aveva in sé questi due registri, quello giudiziale e quello terapeutico. Che i sacramenti non siano semplicemente “luoghi puntuali e formali di costatazione del peccato superato”, ma “forme reali e temporali di cammino nella vita di fede” può essere oggi affermato sulla scia di questa tradizione, antica e recente. Purché una riduzione disciplinare e formale della tradizione non venga ostinatamente difesa come “baluardo” e “trincea” contro il tradimento della tradizione, contro il modernismo, contro la protestantizzazione. Anzi, dobbiamo riconoscere proprio il contrario: per essere pienamente cattolici, abbiamo oggi bisogno di rileggere la tradizione con lungimiranza, di riferirci anche ai pregi della modernità e di dialogare seriamente con le altre tradizioni cristiane.
  3. Gli itinerari penitenziali sono anche – necessariamente – “itinerari eucaristici”. Per il discernimento e l’accompagnamento orientato alla integrazione, riscoprire le “dinamiche penitenziali” e le “dinamiche eucaristiche” diventa compito urgente e prerequisito centrale per una autentica “conversione pastorale”. Questo ha riflessi anzitutto sulla pastorale in generale, e non soltanto nella pastorale familiare o addirittura in quella verso gli “irregolari”. Essa comporta una ripresa delle logiche di “iniziazione” dei giovani come degli adulti, con una rilettura della esperienza cristiana che modifichi sensibilmente il suo “stile”, il suo “linguaggio” e la sua “auto-percezione”. Potremmo identificare una serie di “criteri” con cui impostare questa “conversione pastorale”:
  • Per integrare e accompagnare giovani e adulti, non importa se in percorsi con “regolari” o con “irregolari”, occorre uscire da categorie “statiche” di identità e acquisire categorie “dinamiche” di iniziazione. Non si tratta di attivare anzitutto diritti o doveri, ma di riconoscere doni e misteri.
  • Accanto alle logiche “digitali” – che sono così necessarie tanto per i riti quanto per gli “stati giuridici” – occorre maturare una sensibilità analogica, decisiva per le progressioni esistenziali ed ecclesiali. Una divisione drastica tra “forme di vita” e “forme rituali/giuridiche” rischia di ufficializzare un “doppio registro” e una “doppia verità”, che incentivano a dismisura formalismi e ipocrisie.
  • Nella penitenza, occorre riavvicinare al sacramento del confessionale la virtù della vita battesimale ed eucaristica, senza mai dimenticare che il primo è al servizio della seconda, e non il contrario. Questo significa che la confessione sacramentale è orientata al percorso penitenziale, nel quale le esperienze centrali diventano la preghiera, la celebrazione eucaristica, l’ascolto della parola, la relazione filiale e fraterna. Queste, alla luce della parola di perdono, cambiano la vita del soggetto.
  • Nella eucaristia, alla scissione tra parola e sacramento, tra sacrificio e banchetto – che abbiamo recepito come pesante eredità successiva alla contrapposizione col protestantesimo – abbiamo la necessità di recuperare una profonda unità di parola e sacramento, di offerta e convito. Lo stile celebrativo e l’immaginario dottrinale sono luoghi primari e dinamici di conversione, non anzitutto principi di identità e di contrapposizione.

Se come cattolici riconosceremo la decisiva importanza di un ascolto comune della parola e di un banchetto comunitario come vertice della Messa, allora avremo predisposto il “luogo dinamico” nel quale procedere con discernimento ad un accompagnamento per la integrazione. I sacramenti non sono il “semplice sigillo statico” di una avvenuta conversione, ma il luogo dinamico di elaborazione di una esperienza filiale e fraterna della esistenza, in Cristo.

            E’ allora ben evidente la profonda unità del disegno di papa Francesco: per integrare le forme della “irregolarità” occorre profondamente ripensare la “regola cattolica” e il “sentire cattolico”, in relazione alla ricchezza della propria tradizione e in aperto rapporto con le altre tradizioni cristiane. Per “capovolgere la domanda” sui divorziati risposati – facendo eco alla brillante intuizione del Card. Martini quando suggeriva che non si tratta di chiedersi se dare o meno la comunione ai divorziati risposati, ma piuttosto se possiamo far mancare l’aiuto dei sacramenti proprio a coloro che ne hanno più bisogno – papa Francesco propone una “conversione” che riguarda l’intera pastorale, anche al di qua e al di là della famiglia.

            Il profilo morale e sacramentale dei soggetti dipende dunque da un rinnovamento ecclesiologico ed ecumenico, ministeriale e spirituale. Un grande disegno si nasconde nella piccola nota 351, quando addita la riscoperta dei sacramenti non solo come “premio per i perfetti”, ma come “generoso rimedio e alimento per i deboli”. Esso corrisponde pienamente alla intenzione portante di tutta la Esortazione. I pochi detrattori di Francesco devono rassegnarsi a studiare bene anche le note, se non vogliono “persistere ostinatamente” nel peccato grave della incomprensione.

Andrea Grillo blog “Come se non”   18 aprile 2016

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Alla scoperta di Amoris Laetitia (7): Senza esclusione di alcuno.

Nel prossimo numero della rivista IHU-online della università di Unisinos, viene pubblicata questa intervista con il titolo: Amoris laetitia e a superação de contraposições estéreis

  1. Qual era la Sua aspettativa, cosa si aspettava dal documento? Sulla base di ciò che avevo letto durante il Sinodo e di quanto Francesco aveva detto, lungo i lavori, avevo percepito la possibilità che il documento che avrebbe chiuso la fase sinodale avrebbe rappresentato un passaggio importante del Magistero di questo pontificato. E, in effetti, si tratta di un testo di grande rilevanza, non solo per comprendere il disegno pastorale di Francesco, ma nella storia del Magistero cattolico nella Chiesa moderna e contemporanea. E’ una svolta che realizza, per la prima volta in modo così pieno, il disegno concepito da Giovanni XXIII e proseguito, almeno in parte, solo da Paolo VI. E costituisce una reazione alle tendenze nostalgiche che hanno caratterizzato un parte del magistero di Giovanni Paolo II e una grande parte di quello di Benedetto XVI.
  2. Sottolinei cinque punti importanti che trova nel documento e li giustifichi. Ecco i 5 punti per me più rilevanti:

a)      il magistero non deve dire tutto: questo antico criterio ecclesiale, che era stato superato con il Concilio Vaticano II, chiamato in fondo a “ridire tutto almeno una volta”, ora ritorna in voga nella pratica magisteriale. Il ministero magisteriale restituisce alla dinamica ecclesiale la “mediazione della contingenza”, senza pretendere di incasellarla una volta per tutte in una “legge generale”;

b)      misericordia e giustizia non sono sullo stesso piano, ma la misericordia è la origine e il fine della giustizia. Questo ha conseguenze non piccole non solo sulla “gestione delle crisi” matrimoniali, ma sul modo di intendere il fondamento e il fine della famiglia. Esso non è affidato in primis ai diritti e ai doveri, ma alla esperienza di un dono;

c)      Nella storia della Chiesa si intrecciano due modalità di rapporto con le crisi: una vuole escludere e l’altra vuole integrare. Fin dal Concilio di Gerusalemme la seconda ha prevalso sulla prima, fino a far discendere il senso stesso della Chiesa da questa capacità di integrazione;

d)      Una profonda autocritica circa il rapporto della Chiesa con il mondo moderno diventa – indirettamente – una importante affermazione ecclesiologica: il rapporto tra Chiesa e mondo viene reimpostato non sul registro negazione/affermazione dei valori (non negoziabili) ma su quello del riconoscimento dei “segni dei tempi”. Da una logica metafisico/cognitiva/autoritaria ad una logica esperienziale/affettiva/ministeriale.

e)      Ricondurre tutto all’incontro concreto con la Parola di Dio come luogo del discernimento, evitando di consegnare il giudizio al linguaggio astratto di norme generali, che diventano “pietre” e che tradiscono il volto materno della Chiesa, irrigidendolo nella figura accigliata di un giudice.

  1. Sottolinei tre avanzamenti, nuove prospettive che il documento porta con sé. Perché sceglie proprio questi avanzamenti?

a)      cambia il magistero: il rapporto tra autorità centrali e autorità periferiche risulta profondamente modificato. Il papa aveva appreso a risolvere le controversie mediante una norma ecclesiale che riservava a sé la decisione. Francesco utilizza la propria autorità per investire di autorità Vescovi e presbiteri. Passa dalla logica del Motu Proprio a quella del Motu Communi.

b)      cambia il rapporto tra pastorale e giuridico: ad una tradizione che aveva ridotto il campo matrimoniale ad una serie di istituzioni giuridiche, quasi erodendo ogni spazio per la cura pastorale, si risponde con una azione che sta riequilibrando la via giuridica con la via pastorale. Lo spazio che si è aperto appare “abissale”, ma è, in realtà, frutto non solo della tradizione, ma anche del buon senso.

c)      cambia il rilievo del soggetto, della coscienza e della storia: in questo percorso di apertura, nuovo rilievo “rivelato” acquista il soggetto. Dio non è solo nella massima esteriorità della legge, ma anche nella intima interiorità della coscienza. Dio come “intimior intimo meo” provoca ad una riconsiderazione del rapporto tra esteriorità e interiorità, con un recupero della seconda. Potremmo dire che Francesco legge Humanae vitae con gli occhiali di Dignitatis Humanae. Crea una nuova sintesi: Dignitatis Humanae Vitae!

  1. Quali sono i limiti del documento?

Se dobbiamo parlare dei limiti dobbiamo riconoscere che il documento ha la forza di un “inizio”, o, meglio, dell’inizio di un inizio. La sua profezia si scontra, in qualche caso, con formulazioni ed espressioni ancora legate al modello che pure si sta superando. Alcune parti – ad es. quelle dedicate alle donne e quelle a riguardo delle diverse forme di convivenza – risentono di un linguaggio ancora formulato in un linguaggio pregiudiziale.

5) Quali dovranno essere gli impatti del documento su: a) il pontificato; b) la Chiesa?

L’impatto primario è proprio una accurata ridefinizione del rapporto tra pontificato e Chiesa. Come dicevo, oggi, con Amoris Laetitia, siamo all’inizio di un inizio. La legge non è più solo pedagogia, la coscienza diventa passaggio obbligato, la contingenza non è più abbandonata alla mercé di una “oggettività” tanto idealizzata quanto aggressiva. L’inizio di un inizio non è mai facile. Agli occhi di qualcuno può sempre apparire come l’inizio di una fine. Un magistero che affida al discernimento concreto la comunione ecclesiale è un magistero che riacquista forza, perché torna nell’alveo della sua originaria funzione: servire alla fede battesimale, che nel matrimonio realizza il Regno di Dio, pur con tutte le sue crisi e i suoi fallimenti. Accettare che il matrimonio possa fallire non è debolezza, ma forza del sacramento e della fede. Uscendo dal modello esclusivamente istituzionale di lettura dell’amore, papa Francesco fa una operazione di “traduzione della tradizione” di prima qualità. Ma avrà bisogno di una Chiesa che si sobbarchi la responsabilità di non farsi sostituire dal superiore di turno. Spogliandosi di un potere oggettivo e oppositivo, il papa ha investito la Chiesa della autorità dello Spirito, come dono di misericordia che non esclude nessuno.

6) Come l’esortazione Amoris laetitia dovrebbe essere letta? Quali sono le somiglianze con l’Evangelii gaudium? (In termini testuali, di stile delle fonti citate e di contenuto.)

Ora possiamo comprendere che Evangelii Gaudium è la premessa teorica e argomentativa di Amoris Laetitia. E chi diceva che il primo non era “magistero”, ora è costretto a restare in questo registro imbarazzante…Dalla gioia del Vangelo scaturisce la lettura dell’amore come letizia. Ed è lo sguardo evangelizzato che può cogliere l’amore, lì dove si manifesta, come annuncio di grazia. Dobbiamo leggere AL come la esperienza della gioia del vangelo nel contesto delle forme familiari dell’amore.

7) Ci fu un grande silenzio, sia tra i giornalisti che i teologi, sia all’interno che all’esterno della Chiesa, nei giorni precedenti alla divulgazione della esortazione. Adesso, con il documento reso pubblico, quali sono le reazioni? E come Lei legge questo silenzio previo alla pubblicazione?

Credo che sia giusto leggere questo “altissimo silenzio” come il frutto di una attesa comprensibilmente inquieta. Questo itinerario di tre anni, lanciato dalle parole stesse di papa Francesco, aveva creato un clima di grande aspettativa (e, per alcuni, di estremo timore). Questo giustifica la tensione e la esitazione degli ultimi giorni. Ma non giustifica il fatto che soprattutto coloro che temevano il documento ora pretendano di interpretarlo senza leggerlo!

8) Come interpreta la dichiarazione del Papa che, all’inizio del documento, dice che è necessario uscire dell’opposizione sterile tra l’ansia del cambiamento e l’applicazione pura e semplice di norme astratte? E come questa idea riappare ed è sottolineata lungo l’esortazione?

Mi sembra che si debba giudicare questa affermazione di Francesco in due modi, che non debbono essere ritenuti alternativi: da un lato esprime il desiderio di lavorare per unire e non per dividere. Cerca di mediare tra chi voleva “tutto nuovo” e chi si aspettava la semplice “conferma del sistema”. Ma, d’altra parte, mi pare che questa sia la vera novità: ossia la rinuncia a “risolvere dall’alto” e la responsabilizzazione dei ministri “prossimi alle famiglie”. Se il papa avesse “deciso tutto”, avrebbe fatto prevalere lo spazio sul tempo. Delegando ai singoli vescovi e ai singoli parroci la “cura pastorale del discernimento nella misericordia” ha posto le premesse per dare inizio a “percorsi temporali di integrazione”. In tutto questo non c’è solo “diplomazia”, ma anzitutto una determinata lettura della Chiesa e delle sue dinamiche più delicate.

9) In che modo le discussioni che sono emerso durante tutto il processo sinodale sono organizzate nel documento? Cosa questa esortazione rivela su questo Sinodo in particolare?

Il papa si riferisce con rispetto e con libertà al testo della prima e della seconda Relatio Synodi. E utilizza anche il patrimonio di proposizioni che vengono da tutta la tradizione recente e meno recente. E’ significativo, tuttavia, che, come appariva già dopo la conclusione dell’ottobre scorso, l’impronta del documento scaturisce dal contributo di discorsi e di interventi che papa Francesco aveva tenuto, proprio in occasione dei due Sinodi. E non è azzardato affermare che il miglior teologo, il più acuto e il più limpido, in tutti questi tre anni, sia stato proprio papa Francesco.

10) Che concetto di famiglia è possibile recepire dalla lettura dell’esortazione? Fino a che punto il testo aggiorna il concetto della Chiesa sul matrimonio? Come Lei valuta il trattamento dato alle cosiddette famiglie non convenzionali (unione omoaffettive, unione di coppie separate…)?

Nel giudicare la “immagine di famiglia”, dobbiamo riconoscere che per la prima volta, in modo pieno, dopo 140 anni, il Magistero papale, dopo aver compiuto tutto il lungo percorso sinodale, dopo aver ascoltato, interloquito, proposto, accolto, selezionato, dice una parola sull’amore e sulla famiglia, prova ad uscire dallo stereotipo “reattivo”, che il cattolicesimo si è fatto imporre dalla storia politica d’Europa. Poteva uscire dallo stereotipo soltanto un papa Non-Europeo. Soltanto il primo papa americano, soltanto il primo papa “figlio” del Concilio poteva avere la libertà e la forza di uscire dal “complesso di persecuzione” che sul matrimonio avevamo maturato da Leone XIII in poi.

Il matrimonio, infatti, 140 anni fa, non significava anzitutto “amore di coppia”, ma società, generazione, educazione. E allora la contesa era: chi ha la competenza sul matrimonio? Lo Stato usurpatore o il Supremo legislatore, unico legittimo? Questa eredità era rimasta anche 50 anni dopo, quando, con Pio XI, il tema del contendere era diventato: chi ha il potere di generare? Dio, naturalmente, o l’uomo, artificialmente? E anche questo venne ad aggiungersi alla contesa precedente, fino al Vaticano II. Sulla famiglia le parole di Gaudium et Spes, per quanto ispirate ai testi precedenti, fecero epoca, ma per poco. Humanae Vitae tornò a polarizzare la tensione, con grande effetto mediatico, ma con poca efficacia pratica. Infine arrivò Familiaris Consortio, che iniziò a riconoscere la società differenziata, accettando che la comunione ecclesiale potesse essere diversa dalla comunione sacramentale. Ma non aveva ancora gli strumenti per rispondere a questa nuova condizione: sapeva riconoscerla, ma restava in imbarazzo sulle forme concrete della risposta. Riconosceva il problema, ma rispondeva come se non lo riconoscesse. Ora Francesco ha potuto riconoscere che la “famiglia naturale” non è a garanzia della competenza ecclesiale, ma forma originaria del mistero di Dio nell’uomo.

11) Vuole aggiungere qualcos’altro?

La rinuncia a porre una “nuova legge generale” – esplicitata da papa Francesco – non significa che AL non voglia ridefinire il linguaggio e la disciplina di FC e non viceversa! Siccome non è mancato chi – in modo tanto arrischiato quanto sorprendente – ha osato provare a capovolgere le cose, occorre ribadire che, almeno su questo piano, AL è inserita nell’alveo normale del magistero ecclesiale, con la sua gerarchia delle fonti. Ed è singolare, in questo caso, che siano uomini della gerarchia a non riconoscere la gerarchia! Per contestare seriamente tutto questo si dovrebbe poter provare o che AL non è una Esortazione Apostolica Postsinodale (esattamente come FC, ma di 35 anni dopo) oppure che FC è in realtà un testo del 2019! Ma ci sarebbe una alternativa ulteriore: riuscire a dimostrare, con opportuna retrodatazione, che AL è un testo del 1980, di modo che FC possa essere successiva e quindi superiore nella gerarchia delle fonti…Finzione per finzione, questa almeno avrebbe una sua parvenza di dignità.

Andrea Grillo blog “Come se non”   19 aprile 2016

www.cittadellaeditrice.com/munera/alla-scoperta-di-amoris-laetitia-7-senza-esclusione-di-alcuno-intervista-per-ihu-online

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ANONIMATO

Provvedimenti relativi a minore.

Corte d’Appello di Catania, Sezione. Famiglia, decreto 13 gennaio 2016

Nel “catalogo aperto” dei diritti fondamentali dell’individuo direttamente tutelati dall’art. 2 della Costituzione deve ritenersi compreso il diritto alla identità personale dell’individuo, di cui un aspetto è certamente la conoscenza della proprie origini, qualora la identità giuridica dell’individuo sia stata scissa dalla sua identità biologica.

D’altro canto anche il diritto all’anonimato della madre, tuttora mantenuto nella legislazione italiana, ha un suo fondamento costituzionale che, secondo le parole della Consulta, “riposa, infatti, sull’esigenza di salvaguardare madre e neonato da qualsiasi perturbamento, connesso alla più eterogenea gamma di situazioni” ed è finalizzato a salvaguardare la vita e la salute della madre e del nascituro. Il bilanciamento tra questi contrapposti diritti, entrambi diritti personalissimi e come tali intrasmissibili, viene individuato oggi nella riconosciuta facoltà per il nato da parte anonimo di promuovere la ricerca delle proprie origini, che deve però arrestarsi di fronte alla volontà della madre di mantenere l’anonimato. Pertanto, nel momento in cui muore la persona titolare del diritto all’anonimato, il diritto si estingue in uno con la persona stessa e non è più necessaria né doverosa alcuna operazione di bilanciamento. Vivente la madre, il giudice deve garantire tutela del suo diritto a mantenere l’anonimato: deceduta la madre questo diritto non ha più ragione di essere tutelato. In tal senso depongono peraltro le indicazioni date dallo stesso legislatore il quale all’art. 93 del d.lgs. n. 196 del 2003, ha previsto che «Il certificato di assistenza al parto o la cartella clinica, ove comprensivi dei dati personali che rendono identificabile la madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata avvalendosi della facoltà di cui all’articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, possono essere rilasciati in copia integrale a chi vi abbia interesse, in conformità alla legge, decorsi cento anni dalla formazione del documento». Vale a dire che il legislatore ritiene non più meritevole di interesse la protezione dell’anonimato quando è decorso un lasso di tempo tale da ritenere estinto il diritto.

Dott. Giuseppe Buffone                     Il Caso.it, n. 14802, 22 aprile 2016

www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/per.php?id_cont=14802.php

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CASA CONIUGALE

Cacciare il coniuge di casa è reato.

L’estromissione violenta dall’unità abitativa compiuta dal partner può integrare gli estremi del reato di violenza privata. L’intollerabilità della convivenza con il partner rischia di portare a gesti estremi come l’allontanamento violento di questi dalla casa familiare. Si tratta, tuttavia, di un comportamento che ha serie ripercussioni legali in sede di separazione e che, pertanto, è preferibile non mettere in atto per evitare che l’emotività porti a conseguenze ben più gravi. L’art. 143 del codice civile (Diritti e doveri reciproci dei coniugi) stabilisce, infatti, che “dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione”. La sussistenza dell’obbligo di coabitazione impedisce che il coniuge possa essere allontanato, salvo che ricorrano gravi ragioni, prima che le parti adiscano l’autorità giudiziaria (precisamente, non prima dell’udienza di comparizione davanti al Presidente).

Nulla, invece, impedisce al coniuge di allontanarsi volontariamente dal domicilio familiare. Il coniuge forzatamente estromesso potrebbe, quindi, agire ex art. 1168 c.c. con un’azione di reintegrazione del possesso per essere riammesso nell’abitazione. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha previsto anche conseguenze penali: nella sentenza n. 40383/2012 (allegata) gli Ermellini hanno ritenuto che il comportamento del coniuge che cacci il partner di casa può integrare gli estremi del reato di violenza privata.

            Nel caso di specie la moglie, temporaneamente trasferitasi presso i genitori a causa del burrascoso rapporto con il marito, aveva incontrato l’ostilità di costui al momento di ritornare a casa. Per i giudici tuttavia, non essendovi all’epoca provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria di assegnazione della casa, la donna aveva il diritto di ritornare, nonostante il temporaneo allontanamento, senza che il coniuge potesse escluderla dal domicilio coniugale.

            La questione dell’allontanamento forzato del partner dalla casa coniugale non si è posta, tuttavia, unicamente per quanto riguarda le coppie sposate: la Corte di legittimità è intervenuta in materia con la sentenza n. 7214/2013 (allegata) precisando che anche relativamente al convivente more uxorio, l’estromissione violenta o clandestina dall’unità abitativa, compiuta dal partner, giustifica il ricorso alla tutela possessoria, consentendogli di esperire l’azione di spoglio nei confronti dell’altro quand’anche il primo non vanti un diritto di proprietà sull’immobile che, durante la convivenza, sia stato nella disponibilità di entrambi.

            Al convivente che goda con il partner possessore iure proprietatis del medesimo bene va riconosciuta una posizione “riconducibile alla detenzione autonoma (qualificata dalla stabilità della relazione familiare e protetta dal rilievo che l’ordinamento a questa riconosce)”.

            La strada da seguire, pertanto, per evitare che dalla crisi di coppia possano derivare conseguenze dannose a capo della parte, magari anche maggiormente lesa da un rapporto di coppia particolarmente conflittuale, è il ricorso all’autorità giudiziaria.

Sentenze      Corte di Cassazione, quinta Sezione penale, sentenza n. 40383, 15 ottobre 2012

Corte di Cassazione, seconda Sezione civile, sentenza n. 7214, 21 marzo 2013

            Lucia Izzo      newsletter StudioCataldi.it 21 aprile 2016

www.studiocataldi.it/articoli/21780-cacciare-il-coniuge-di-casa-e-reato.asp

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CENTRO INTERNAZIONALE DI STUDI SULLA FAMIGLIA

                                              Newsletter CISF n. 7/2016, 20 aprile 2016

  • “Amoris laetitia”: un inno alla gioia per ritrovare le ragioni dell’amore. Non consiglio una lettura generale affrettata… spero che ognuno, attraverso la lettura, si senta chiamato a prendersi cura con amore della vita delle famiglie, perché esse “non sono un problema, sono un’opportunità” (Papa Francesco, Amoris laetitia, n. 7). Il testo è scaricabile gratuitamente on line dal sito del Vaticano.

http://w2.vatican.va/content/francesco/it/apost_exhortations/documents/papa-francesco_esortazione-ap_20160319_amoris-laetitia.html

Tuttavia, per chi ama il “libro di carta”, da sottolineare, meditare, mettere sul comodino per “una lettura non affrettata”, magari subito prima di dormire, il volume con il testo integrale commentato può essere ordinato sul sito San Paolo Store.

  • Alla TV svizzera italiana il Direttore del Cisf, Francesco Belletti, intervistato da don Italo Molinaro, sulla Esortazione apostolica “Amoris laetitia” (18 minuti).
  • Aborto e obiezione di coscienza: una ferita aperta. Un commento del Direttore del Cisf, Francesco Belletti, alla recente sentenza del Consiglio d’Europa su aborto e obiezione di coscienza. Interessanti, sul tema, anche le riflessioni di Chiara Bertoglio.     www.vinonuovo.it/index.php?l=it&art=2281
  • Come parlare del terrorismo ai nostri bambini? Su VITA.IT quattro grandi esperti – Alberto Pellai, Vinicio Ongini, Daniele Novara e Franco Vaccari – danno suggerimenti concreti a genitori e insegnanti per parlare ai bambini del terrorismo, età per età, rispettando i tempi di ciascuna fase.
  • Persone con disabilità e percorsi ospedalieri. Cooperativa Spes contra Spem, Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, Fondazione Ariel Con il contributo di Fondazione Umana Mente (Gruppo Allianz) hanno realizzato una Indagine conoscitiva sui percorsi ospedalieri delle persone con disabilità. “L’indagine rappresenta il primo ed isolato tentativo di fare luce su una situazione – la disparità di trattamenti sanitari tra persone con e senza disabilità – di evidente interesse collettivo. Il quadro che viene ricostruito evidenzia alcune luci e, soprattutto, molte ombre che rendono necessarie ulteriori ricerche più strutturate e una maggior attenzione a livello organizzativo e culturale alle specifiche problematiche delle persone con disabilità che si rivolgono alle strutture ospedaliere”.

v  15 maggio 2016: Ancora una volta, la Giornata Internazionale della Famiglia. Il tema scelto dall’ONU. Anche quest’anno, come dall’ormai lontano 1993, il 15 maggio in tutto il mondo si celebrerà la Giornata Internazionale della Famiglia. Il tema scelto dalle Nazioni Unite per questo 2016 è: Famiglie, vite sane e futuro sostenibile, e si proietta già verso la grande Agenda per lo Sviluppo Sostenibile che l’ONU ha lanciato da qui al 2030. Il documento preparatorio infatti così si esprime: “Le famiglie restano al centro della vita sociale, assicurando il benessere dei propri membri, l’educazione e la socializzazione dei minori, la cura di giovani e anziani. Dal punto di vista delle politiche, tenere in considerazione le famiglie nell’attuazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile può potenzialmente accelerare il raggiungimento di molti dei traguardi relativi al benessere degli individui”. Leggi il documento (in inglese) In occasione della Giornata Internazionale della Famiglia, il direttore del CISF, Francesco Belletti, interverrà al Convegno dal titolo Libera la domenica!, che si svolgerà domenica 15 maggio 2016 alle ore 15.45 presso il cinema Sant’Andrea in Piazza Sant’Andrea 7 a Pescara.

v  Il 12 maggio 2016 a Bari il direttore del CISF, Francesco Belletti, interviene al convegno Famiglia risorsa della società, promossa dal Forum delle associazioni familiari Puglia in occasione della Settimana Internazionale della Famiglia, Bari, 8 – 15 maggio 2016.

www.forumfamigliepuglia.org/a-bari-la-settimana-internazionale-della-famiglia-2016

Save the date

ü  NORD – Famiglie forti, comunità forti. Trento, 17-19 giugno 2016. Sempre più vicina la realizzazione della 63ma Conferenza Internazionale ICCFR, in collaborazione con Aiccef, Cisf, Forum delle associazioni familiari, Provincia Autonoma di Trento. Vedi il programma completo. Si ricorda che il contributo per l’iscrizione rimarrà agevolato fino al 30 aprile 2016. Vai alla pagina di registrazione

ü  NORD – Dialoghi di vita buona – in dialogo con l’Islam. Eventi vari. Milano, 5 e 11-18-25 maggio 2016, Fondazione Ambrosianeum.

ü  NORD – Adolescenza ai tempi della rete. Tra opportunità, crisi di identità e di idealità. Università IUSVE, Mestre, 7-8 maggio 2016.

ü  CENTRO – Il viaggio del modello sistemico: territori conosciuti e orizzonti da esplorare in psicoterapia relazionale. Congresso internazionale SIPPR, Prato 6 -8 maggio 2016.

ü  SUD – Il 20 maggio 2016 a Pompei (Napoli) il direttore del CISF, Francesco Belletti, interviene al convegno Madri sole. Inclusione, accoglienza e accompagnamento all’autonomia dei nuclei madre-bambino, in occasione della Quinta Settimana per il Diritto del minore alla famiglia, Pompei, 20 maggio 2016. L’evento si inquadra nell’ambito della VI Settimana del Diritto alla Famiglia dal titolo In cerca di un posto nel mondo. Figli soli e disorientati: un SOS al mondo degli adulti, che si svolgerà dal 13 al 22 maggio 2016 in tutte le regioni d’Italia scopri di più.

ü  ESTERO – Parenting, Co-Parenting and Child Well-being in Changing Families. Genitorialità, co-genitorialità e benessere dei bambini nelle famiglie in cambiamento. 5th Pairfam Interdisciplinary International Conference, Monaco, 29 giugno – 1 luglio 2016 .Il convegno è il quinto appuntamento di confronto e discussione che si sviluppa sui dati di PAIRFAM – Panel sulla Famiglia tedesca, un progetto interuniversitario che dal 2008 intervista ogni anno un campione rappresentativo della popolazione tedesca di circa 12.000 soggetti. Maggiori dettagli sul sito http://www.pairfam.de/en/

http://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/newsletter-cisf.aspx

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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM

Parma. Pensare la nostra storia. Di figli per diventare genitori.

Sabato 14 maggio 2016 ore 15.30 Sala Civica Bizzozero, via Bizzozero 19

Nell’ambito delle iniziative per la Giornata internazionale della famiglia, incontro condotto da Dott.ssa Micaela Fusi e Dott.ssa Silvia Levati, Consulenti psicologhe dell’Associazione Famiglia Più

L’associazione Famiglia più ha predisposto uno spazio dove chi sta per diventare genitore può pensare la propria storia di figlio, al fine di entrare meglio in relazione col nuovo bambino che arriverà.

L’incontro sarà anche occasione di presentazione della ricerca e dei percorsi di narrazione sviluppati all’interno del progetto “Prendiamoci cura delle nuove famiglie”.

 

“I figli digitali” L’utilizzo delle tecnologie digitali per i nati nell’era della rete e di internet

Incontro del ciclo “Un adolescente fra noi. Parliamone insieme”. A cura della dr Erika Vitrano, psicologa.                      Giovedì 19 maggio 2016 alle ore 18:00                   www.famigliapiu.it

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DALLA NAVATA

5° Domenica di Pasqua – anno C -24 aprile 2016.

Atti                   14, 27 «Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede.»

Salmo              145, 12 «Per far conoscere agli uomini le tue imprese e la splendida gloria del tuo regno.»

Apocalisse       21, 05. «E Colui che sedeva sul trono disse: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose”.»

Giovanni           13, 35 «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri.»

 

Commento di Enzo Bianchi, priore a Bose.

Nel vangelo secondo Giovanni è sempre il Risorto, il Cristo Signore che parla e agisce, sicché questo testo vuole mostrarci il Cristo in mezzo a noi che, nella sua gloria, continua a consegnarci le parole essenziali per comprendere e partecipare al mistero dell’umanizzazione di Dio. Cosa annuncia alla chiesa il Cristo risorto e vivente? Che è lui il pastore buono e noi le sue pecore (IV domenica di Pasqua), che ci ha lasciato un comandamento ultimo e definitivo (V domenica), che ci dona lo Spirito consolatore (VI domenica), che accanto al Padre intercede per noi (VII domenica).

Sostiamo dunque sul brano liturgico odierno, tratto dai “discorsi di addio” che il quarto vangelo estende per ben quattro capitoli (cf. Gv 13,31-16,33). Gesù ha lavato i piedi ai suoi discepoli, per rivelarsi quale Signore e Maestro che si fa servo fino a dare la vita per loro (cf. Gv 13,1-20), poi ha annunciato il tradimento da parte di uno dei Dodici, Giuda (cf. Gv 13,21-30). Perché quest’ultimo è giunto a tanto? Solo Dio conosce l’abisso del cuore umano (cf. Ger 11,20; 12,3; 17,9-10; 20,12), ma noi possiamo supporre che Giuda non abbia agito per sete di denaro, anche se il quarto vangelo lo descrive come ladro e attaccato ai soldi (cf. Gv 12,6): per consegnare il proprio maestro occorreva una ragione più forte di trenta denari… Possiamo invece pensare che Giuda abbia fatto arrestare Gesù perché era cresciuto dentro di lui il rancore nei suoi confronti. Chiamato da Gesù, lo aveva seguito, ma poi si era accorto che il Dio rivelato da Gesù non era conforme alla sua immagine di Dio: ciò che Gesù faceva e diceva, sembrava sempre di più una contraddizione alla fede ricevuta dai padri, dunque egli era giunto a ritenerlo un “eretico” da eliminare, affinché la fede ne traesse giovamento. Non ci può essere altra ragione se non un odio religioso, perché nei vangeli non ci sono segni di relazioni personali ferite né di un “io minimo” da parte di Giuda.

Ormai Gesù, conoscendo la reazione interiore di Giuda ai suoi gesti e alle sue parole, si sentiva inibito ad agire e a parlare, a dire tutto in confidenza e libertà. Quando vi è la presenza di qualcuno che ha “l’occhio cattivo” (Mt 20,15) e nel suo essere tiene vivo il pregiudizio che diventa efficace prima ancora di aver ascoltato, quando qualcuno cova il rancore, allora è meglio tacere, non per blocco psicologico, ma per “sottomissione” (eulábeia: Eb 5,7). Ecco perché sta scritto all’inizio del nostro brano: “Quando (Giuda) fu uscito, Gesù disse…”. Ormai Gesù è libero di parlare con parrhesía, e rivela: “Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito”.

Ora ha inizio la glorificazione di Gesù e insieme la glorificazione di Dio in Gesù stesso, perché il tradimento nei confronti di Gesù e la sua consegna in mano a quelli che lo uccideranno non è una sconfitta ma un evento di gloria. Sì, è difficile capire questa visione “al contrario” della realtà, ma bisogna esercitarsi ad avere una visione degli eventi che non è la nostra bensì quella di Dio. E cosa vede Dio? Che nel Figlio consegnato splende più che mai l’amore di Gesù e anche il suo proprio amore, quello di chi lascia che tale consegna avvenga. Allo stesso modo, lo sguardo di Gesù sulla sua passione ormai iniziata con l’uscita di Giuda dal cenacolo non è uno sguardo che venga da carne e sangue (cf. Gv 1,13), cioè dalla capacità umana, ma viene per rivelazione da Dio stesso. Gesù sa che “non c’è amore più grande che dare la vita per gli amici” (cf. Gv  15,13), e allora con l’uscita inarrestabile di Giuda ecco l’epifania dell’amore, la gloria dell’amante che splende e si impone. La croce è gloria non perché sia strumento di dolore, ma perché è il segno della fine inflitta a chi ha amato, a chi è giusto, a chi liberamente e per amore ha deposto la propria vita per gli altri. Presto questa glorificazione si manifesterà mediante l’intervento di Dio, che darà al Figlio la propria gloria risuscitandolo da morte. Così Gesù legge ai discepoli gli eventi delle ore successive: non una sconfitta, non un fallimento, ma una manifestazione della gloria di Dio, nel senso che Dio ha “peso” (kavod) nella storia, fino a decidere eventi che danno salvezza.

Una volta indicata quell’“ora” che giungerà presto, mancando ormai poco tempo al suo esodo da questo mondo al Padre (cf. Gv 13,1), Gesù esprime le sue ultime volontà, rivela il suo testamento, dà il comando riassuntivo di tutta la Legge; un “comandamento nuovo” (entolè kainé) non perché sia una parola nuova rivolta da Dio ai credenti, ma nel senso che è ultimo e definitivo, dopo il quale non ve ne saranno altri: “Amatevi gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri (cf. anche Gv 15,12). Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”. Con tenerezza, chiamandoli “piccoli figli” (teknía), Gesù rivela ai discepoli l’essenziale: “Amatevi gli uni gli altri”. Ci attenderemmo: “Amatemi”, e invece no: “Amatevi”! Subito è pronta l’obiezione: ma dove va a finire l’amore di Dio? Gesù però ha ben compreso ciò che il discepolo amato, dopo essere stato con lui, espliciterà nella sua Prima lettera: “Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio dimora in noi e l’amore di lui è compiuto in noi” (1Gv  4,12); ovvero, Dio è presente e in quell’amore reciproco si sente amato veramente, perché vede che la sua volontà è realizzata (cf. 1Gv 5,3).

Quanta perdita di tempo in discorsi che distinguono tra amore “verticale” e amore “orizzontale”, quante accuse reciproche tra fratelli cosiddetti “mondani” e fratelli cosiddetti “spiritualisti”: ragionamenti di persone tarde di orecchi e di cuore! Perché l’amore, quando è veramente tale, non può non essere amore di Dio e amore per i fratelli e le sorelle, ossia amore di Dio che in noi – lo sappiamo o meno – si fa amore per gli altri. Se ci si ama a vicenda, allora si sta insieme; e quando si sta insieme, allora Gesù, il Vivente, è presente (cf. Mt 18,20), il Risorto è in mezzo a noi (cf. Mt 28,20). E quando amiamo l’altro dandogli da mangiare, da bere, vestendolo, visitandolo in carcere o nella malattia, allora amiamo Cristo che è realmente presente, presente più che mai davanti a noi. Dunque l’amore deve innanzitutto essere reciproco, amore verso l’altro, che se è fratello nella fede deve rispondere con amore; in ogni caso, amore verso l’altro sempre, che risponda o no, perché questa è la volontà di Gesù Cristo. Molti oggi piangono, annunciando “la morte di Dio” nel nostro mondo, e forse questo è vero; o meglio, è vero se l’amore è morto, ma finché c’è un frammento di amore vissuto tra gli umani, là Dio è presente, è vivo e Cristo è tra di noi! La salvezza, ossia la vita di ciascuno di noi, dipende dall’osservanza di questo comandamento: “Amatevi gli uni gli altri”.

Ma Gesù dà anche la forma, la misura, lo stile di questo amore: “Amatevi come (kathós) io ho amato voi”. Si tratta di amare

www.monasterodibose.it/preghiera/vangelo/10409-amatevi-gli-uni-gli-altri-come-io-ho-amato-voi

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DIVORZIO

                        Padri divorziati: arriva la tutela per legge.

A lanciare la proposta di legge è il Friuli Venezia Giulia ma il modello è replicabile a livello nazionale

Un assegno mensile per i papà divorziati che si trovano in grave difficoltà. E una corsia privilegiata nelle graduatorie per gli alloggi. A prevederlo, come riportato dal quotidiano Il Piccolo, è una proposta di legge del Friuli Venezia Giulia, approdata in consiglio nei giorni scorsi. Una proposta regionale che costituisce senz’altro un modello replicabile a livello nazionale, dato che la categoria dei padri separati e divorziati rientra ormai, insieme a precari, licenziati e altre situazioni di disagio, nelle “nuove povertà”.

            Il testo, che ha come primo firmatario il consigliere regionale di autonomia responsabile, Giuseppe Sibau, nasce proprio dalla consapevolezza delle condizioni di estrema difficoltà economica (e non solo) in cui versano soprattutto i padri che si trovano ad affrontare procedimenti di separazione o di divorzio. Secondo le statistiche, infatti, nel 90% dei casi, spiega al quotidiano di Trieste il consigliere, sono loro la parte “lesa”, tenuta a versare assegni di mantenimento ai figli mediamente pari a 400 euro mensili, oltre ad essere costretti ad abbandonare la casa (che spesso viene assegnata all’ex moglie) e a cercarsi una nuova sistemazione.

            Considerato che più della metà dei separati con figli minori, afferma Sibau “appartengono alla categoria di insegnanti, impiegati e operai con retribuzioni umili e che l’orientamento dei giudici è di fissare in ‘un terzo dello stipendio’ la somma che il marito deve versare per il mantenimento dei figli, è evidente che non soltanto le donne, ma anche gli uomini rischiano di trovarsi con problemi seri”. Da qui la proposta, che mira a garantire ai mariti in gravi condizioni di povertà un sostegno di natura economica “finalizzato – si legge nella premessa dell’articolato – al recupero e alla conservazione dell’autonomia e di un’esistenza”. Ad essere prese in esame, inoltre, le politiche abitative aprendo la via ad interventi mirati nei confronti di chi non dispone più di un alloggio ed è destinatario di provvedimenti (anche provvisori) emessi dall’autorità giudiziaria. Su questo punto, peraltro, l’attenzione della regione è già molto alta e prevede una “riserva” nei bandi Ater a favore dei padri separati e divorziati che, considerati alla stessa stregua degli sfrattati, hanno diritto a punteggi molto più alti in graduatoria.

            Marina Crisafi           newsletter giuridica studio Cataldi.it 18 aprile 2016

www.studiocataldi.it/articoli/21774-padri-divorziati-arriva-la-tutela-per-legge.asp

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EMBRIONI

Gli embrioni in eccesso non possono essere distrutti.

Tribunale di Roma, prima Sezione, decreto 6 marzo 2016.

No alla restituzione degli embrioni “soprannumerari”: questo il principio di diritto affermato dal Tribunale di Roma che ha ritenuto di dover rigettare la domanda avanzata con ricorso d’urgenza, da una coppia di coniugi che, maturata nel 2003 la decisione di addivenire a un percorso di Pma (procreazione medicalmente assistita), avevano dato il consenso alla «fertilizzazione in vitro che aveva portato all’isolamento di 10 embrioni tre dei quali nell’ambito della fecondazione omologa erano stati poi impiantati» con successo.

            Successivamente, gli stessi ricorrenti si erano rivolti al Centro chiedendo «informazioni sullo stato di conservazione degli altri 7 embrioni» ricevendo come risposta la semplice conferma dello stato di “crioconservazione” dei medesimi; ancora da ultimo, nel novembre 2015, avevano comunicato al Centro l’intervenuta loro volontà di «cessare la crioconservazione esigendone la riconsegna». L’esito negativo di questa istanza, li aveva, infine, convinti ad attivare il percorso giudiziario. Costituitosi in giudizio, il Centro aveva eccepito l’infondatezza della richiesta per contrasto con la normativa vigente, che non permette in alcun modo di “cessare” la crioconservazione. Tanto meno, osservava la difesa del Centro, quando la restituzione pareva avere la finalità della «distruzione degli embrioni» che costituisce condotta penalmente rilevante.

            Il Giudice romano nell’affrontare le motivazioni poste a base dell’istanza, rilevava sotto il profilo del “fumus” della “restituzione” come questo non potesse considerarsi esistente posto il fatto che la norma, nel suo testo vigente, non consentisse alcuna “apertura” ad una richiesta di tal fatta, ma anzi, la sentenza della Corte Costituzionale n. 151 del 2009, intervenendo nel superare il limite di tre embrioni destinati all’impianto della procreazione medicalmente assistita, imprimesse «una particolare tutela prevedendo l’obbligo della conservazione con la tecnica del congelamento, fino a quando non vengano utilizzati per il loro successivo impianto in un ulteriore ciclo di procreazione medicalmente assistita, ovvero vengano dichiarati in stato di abbandono, secondo quanto disciplinato dal D.M. della Salute del 4 agosto 2014».

            Ancora, proseguendo nell’analizzare gli aspetti critici del ricorso in punto di fondatezza del diritto, il giudice romano osservava come l’ipotesi della “ventilata” soppressione, successiva alla avanzata richiesta di restituzione, fosse un canone semplicemente “contra legem” prevedendo la normativa un divieto espresso, la violazione del quale comporta «la previsione della pena della reclusione fino a tre anni e con la multa da 50mila a 150mila euro».

Sotto altro profilo e sempre in via di diritto, la pronuncia in esame, non ha mancato di osservare come, laddove la volontà dei ricorrenti fosse da ricomprendersi tra quelle manifestazioni di volontà tese a «rinunciare ai futuri impianti» allora si concretizza la sola diversa ipotesi di «embrioni dichiarabili in stato di abbandono» con la conseguenza dell’assoggettamento di questi alla «speciale procedura che ne prevede il trasferimento dal Centro di procreazione medicalmente assistita alla Biobanca nazionale» senza che mai possa aver pregio la richiesta di restituzione di alcun embrione.

            Infine, nell’affronto della tematica del “periculum in mora” si è osservato, in merito alla sua insussistenza, come il «trascorrere di nove anni dall’assenso alla crioconservazione» e di ulteriori sette anni dal fallimento della società all’epoca custode degli embrioni – immediatamente trasferiti in altra adeguata struttura di conservazione – non giustificasse, sotto nessun profilo, il criterio dell’esistenza di un pericolo del deterioramento dell’assunto diritto, durante lo svolgimento di una ordinaria causa di merito, con conseguente impossibile accesso alla via d’urgenza

Giorgio Vaccaro il sole 24 ore         21 aprile 2016

www.ilsole24ore.com/art/notizie/2016-04-21/gli-embrioni-eccesso-non-possono-essere-distrutti-074632.shtml?uuid=ACIRVKCD

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EUROPA

Nord Europa. Crollano numero e durata dei matrimoni gay.

L’Ufficio Centrale di Statistica dei Paesi Bassi (Cbs) ha controllato il numero e la durata dei “matrimoni” gay dal 1 aprile 2001, anno in cui furono legalizzati nei Paesi Bassi, fino ad oggi. La prima evidenza è che c’è un crollo delle richieste di “matrimoni” gay. Quelli maschili sono passati da 1.339 del 2001 a 647 del 2015. Quelli femminili da 1.075 nel 2001 a 748 nel 2015.

Dal 2003 a oggi si “sposano” più le lesbiche che i maschi omosessuali. Questo giustifica anche il maggior numero di divorzi tra le coppie di sole donne che tra coppie gay maschili. I divorzi al femminile sono più numerosi ma anche più elevati in percentuale. Il 30% delle coppie di donne che si sono “sposate” nel 2005 dopo dieci anni hanno chiesto il divorzio, contro il 15% delle coppie maschili e contro il 18% delle coppie eterosessuali.

Un’altra ricerca scientifica dal titolo “The Demographics of Same-Sex Marriages in Norway and Sweden”, pubblicata su Demography del 2006, informa che in Svezia il 30% delle “nozze” gay in rosa finiscono in divorzio entro 6 anni, rispetto al 20% dei “matrimoni” gay maschili e al 13% di quelli eterosessuali.

19 aprile 2016                                               www.forumfamiglie.org/news.php?&news=979

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FECONDAZIONE ASSISTITA

Maternità surrogata all’estero: nessun reato.

Corte di Cassazione – quinta Sezione penale, sentenza n. 13525, 5 aprile 2016.

Al fine di ritenere configurabile il delitto di alterazione di stato, la condotta deve comportare un’alterazione destinata a riflettersi sulla formazione dell’atto di nascita; ne discende che il reato di cui all’art. 567 c.p. non è configurabile in relazione alle false dichiarazioni incidenti sullo stato civile di un minore nato da una procedura estera di maternità surrogata, rese quando l’atto di nascita è già stato formato dall’autorità amministrativa estera alla stregua della normativa nella quale doverosamente è stato redatto.

Avv. Renato D’Isa22 aprile 2016                                  sentenza

https://renatodisa.com/2016/04/22/al-fine-di-ritenere-configurabile-il-delitto-di-alterazione-di-stato-la-condotta-deve-comportare-unalterazione-destinata-a-riflettersi-sulla-formazione-dellatto-di-nascita-ne-discende-che-il-rea

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FEDERAZIONE PROGETTO FAMIGLIA

Convegno nazionale di studi “madri sole”  

Pompei, 20 Maggio 2016 ore 9.30 – 16.30

Il convegno nazionale di studi “madri sole” organizzato dalla Federazione Progetto Famiglia e dalla Casa Editrice Punto Famiglia tratterà il tema delle madri sole, in particolare con un focus su inclusione, accoglienza e accompagnamento all’autonomia dei nuclei madre-bambino.

            Il Convegno si articola in quattro workshop paralleli: percorsi di inclusione comunitaria delle madri sole; valutazione e progettazione degli interventi di accoglienza nei nuclei madre-bambino; post-Accoglienza e accompagnamento all’autonomia dei nuclei madre-bambino; tutela sociale della maternità, parto in anonimato, valutazione precoce delle situazioni di rischio, sistema di accoglienza delle gestanti.

            Da marzo 2016, in preparazione al Convegno, sono attivati alcuni laboratori online sul forum www.affidofamiliare.it. Il convegno, rivolto agli operatori sociali e psicopedagogici degli enti pubblici e no-profit, è aperto anche a studenti universitari e neolaureati.

            Per maggiori informazioni scrivere a convegno2016@progettofamiglia.org

Per info e iscrizione entro il 30 aprile visitare il sito www.settimanafamiglia.it

http://www.ipdm.it/news/6492/

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MINORI

Sottrazione internazionale dei minori.

Comunicazione del Ministero degli esteri in merito alla procedura di sottrazione internazionale dei minori: nota del 20 aprile 2016.

Chiede alla nostra associazione di diffondere le notizie utili per meglio procedere in caso di sottrazione internazionale di minori. Siamo lieti di poter diffondere il documento affinché tutti i colleghi interessati in queste delicate procedure abbiano il massimo supporto possibile.

Associazione Matrimonialisti Italiani                      21 aprile 2016

www.ami-avvocati.it/comunicazione-del-ministero-degli-esteri-in-merito-alla-procedura-di-sottrazione-internazionale-dei-minori/?utm_source=feedburner&utm_medium=email&utm_campaign=Feed%3A+ami-avvocati+%28AMI-avvocati.it+RSS%29

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PARLAMENTO

Camera. Assemblea   Contrasto di tutte le forme di surrogazione di maternità.

Mozioni Lupi ed altri n. 1-01195, Carfagna ed altri n. 1-01187, Roccella ed altri n. 1-01218, Spadoni ed altri n. 1-01223, Dellai ed altri n. 1-01225, Rondini ed altri n. 1-01226 e Vezzali e Monchiero n. 1-01227 concernenti iniziative, in ambito nazionale e sovranazionale, per il contrasto di tutte le forme di surrogazione di maternità.

www.camera.it/leg17/410?idSeduta=0608&tipo=documenti_seduta&pag=allegato_a#mozioni.01

18 aprile 2016. Discussione sulle linee generali delle mozioni.

pag. 25       www.camera.it/leg17/410?idSeduta=0608&tipo=stenografico#sed0608.stenografico.tit00050

 

2° Commissione Giustizia Disciplina delle coppie di fatto e delle unioni civili.

Proposta di legge C3634. “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze” (approvata dal Senato), in sede referente, relatrice Micaela Campana, PD.

19 aprile 2016. La Commissione prosegue l’esame, rinviato nella seduta del 13 aprile 2016.

Donatella Ferranti, presidente, rammenta che in circa 18 ore complessive di seduta, sono stati esaminati 524 emendamenti su circa 900 presentati. (…)

Donatella Ferranti, presidente, avverte che si è concluso l’esame degli emendamenti (tutti respinti) e che pertanto il provvedimento in esame sarà trasmesso alle commissioni competenti per l’espressione del parere.

La seduta termina alle 23.

pag. 40

www.camera.it/leg17/824?tipo=C&anno=2016&mese=04&giorno=19&view=&commissione=02&pagina=data.20160419.com02.bollettino.sede00020.tit00010#data.20160419.com02.bollettino.sede00020.tit00010

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POLITICA SOCIALE

Non si torna a crescere senza una vera politica per la famiglia.

Una politica per la famiglia è la leva essenziale perché l’Italia torni a crescere. È stato questo il punto centrale dell’audizione in Parlamento del Cnel sul Def, ma il concetto è stato sottolineato anche da Istat e Corte dei Conti. Altrimenti, ci si avviterebbe in un progressivo invecchiamento e riduzione di energie (sia imprenditoriali sia lavorative) per investire, produrre, consumare ed innovare.

La politica della famiglia non deve essere confusa con la lotta alla povertà delle famiglie indigenti. Ma deve includere in primo luogo una politica tributaria attiva per i nuclei e la loro prole, nonché misure che facilitino la conciliazione tra obblighi familiari e lavoro.

Sul primo punto l’Italia non sta andando bene. Un’analisi del Centro Studi Impresa Lavoro su dati Ocse mostra che se prendiamo come indicatore il cosiddetto ‘cuneo fiscale’ il fardello è cresciuto negli ultimi anni del 2,57%, arrivando nel 2015 al 48,96% del costo del lavoro. Un dato in controtendenza rispetto alla media dei Paesi dell’Ocse: nelle altre 34 economie internazionali, infatti, il cuneo fiscale contributivo scende dello 0,11% rispetto al 2007 e dello 0,72% rispetto al 2000. Il sensibile balzo in avanti dell’Italia è un’eccezione: negli Stati Uniti (+0,74%), in Australia (+0,65%), in Spagna (+0,57%) e in Canada (+0,36%) la crescita del cuneo fiscale – pur superiore alla media Ocse -–è contenuta in variazioni inferiori al punto percentuale. Mentre in Francia (-1,29%), Germania (-2,36%) e Regno Unito (3,29%) si è registrata una decrescita.

Il carico è ancora più pesante per i nuclei. Tra le coppie sposate con due figli in cui lavora solo uno dei due genitori il cuneo in Italia è cresciuto del 4,14% dal 2007 al 2015, rispetto alla media Ocse dello 49%. Mentre in Canada (-0,90%), Germania (-1,49%), Francia (-2,00%) e Regno Unito (-2,04%) il carico fiscale è diminuito rispetto alla situazione pre-crisi. Così, per le coppie sposate con due figli in cui lavora solo uno dei due genitori, l’Italia ha un cuneo addirittura del 39,87%. Il nostro Paese, infine, è in terza posizione (sempre su 34) anche per quanto riguarda le coppie sposate con due figli in cui lavorano entrambi i genitori, peggio di noi, con un cuneo fiscale del 42,70% soltanto Belgio (48,13%) e Francia (43,08%).

Un osservatore straniero concluderebbe da questi dati che l’Italia ha risposto alla crisi iniziata nel 2007 in gran misura aumentando il cuneo fiscale sulle famiglie, danneggiandosi così tanto nel breve periodo (consumi) quanto nel medio e lungo (profilo demografico, produttività, innovazione). Tanto più che l’incremento si è sommato a un quadro di partenza già di per sé preoccupante. E così in Italia nel 2015 si rileva un cuneo fiscale tra i più alti al mondo. La strada per apportare correzioni il governo la conosce, ed è quella da percorrere esercitando la delega fiscale.

Giuseppe Pennisi        Avvenire 22 aprile 2016

http://patrikpen-patrikpen.blogspot.it/2016/04/non-si-torna-crescere-senza-una-vera.html

 

Bonus bebè a donna straniera residente regolarmente in Italia.

Tribunale di Bergamo. Ordinanza 15 aprile 2016.

L’articolo 12 della direttiva 2011/98/UE, recepita in Italia con il Dlgs 40/2014,non prevede deroghe alla parità di trattamento nei settori della sicurezza sociale rispetto ai cittadini dello Stato membro per gli stranieri che rientrano nelle definizione di «lavoratori», poiché fra essi rientrano sia i «cittadini dei paesi terzi che sono stati ammessi in uno stato membro a fini diversi dall’attività lavorativa … ai quali è consentito lavorare», sia i «cittadini dei paesi terzi che sono stati ammessi in uno stato membro a fini lavorativi»- Nel citato decreto legislativo però, tale importante previsione non viene recepita. Tale lacuna viene comunque colmata dalla gerarchia delle fonti di legge.

La direttiva «trova ingresso nell’ordinamento interno senza necessità di alcuna norma di recepimento, ponendosi nella gerarchia delle fonti al di sopra della legislazione nazionale, che deve essere disapplicata in caso di contrasto». «Se infatti, la legislazione nazionale pone lo straniero in una situazione di svantaggio rispetto al cittadino italiano realizza una forma di discriminazione oggettiva, sanzionabile a prescindere dalla convinzione soggettiva di chi la attui, di agire in applicazione della stessa».

Pertanto alla donna albanese residente in Italia con permesso di soggiorno per motivi familiari va riconosciuto il diritto a percepire il “c.d. bonus bebè” sino al compimento del terzo anno di età della figlia. La donna infatti ha lavorato stabilmente in Italia e vi risiede da un periodo di tempo sostanziale.

Ordinanza in pdf

www.osservatoriofamiglia.it/contenuti/17506251/Bonus-beb%C3%A8-a-donna-straniera-residente-regolarmente-in-Italia–Tribunale-di-Berg.html

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PROCREAZIONE RESPONSABILE

La Amoris Laetitia sdogana veramente la contraccezione?

http://w2.vatican.va/content/francesco/it/apost_exhortations/documents/papa-francesco_esortazione-ap_20160319_amoris-laetitia.html

Cosa dice papa Francesco sul controllo delle nascite nell’esortazione apostolica Amoris Laetitia? Gli osservatori avevano previsto che la questione avrebbe sollevato tanto dibattito quanto quella sui divorziati risposati, soprattutto considerando il fatto che la posizione della Chiesa sulla contraccezione è sempre stata fraintesa, come di recente nel caso del virus Zika. In questo contesto, nessuno ignora che papa Francesco, compiendo piccoli passi, abbia relativizzato le posizioni più dottrinali in materia, ad esempio sul numero ideale di figli per famiglia, o menzionando il fatto che papa Paolo VI ha permesso alle suore di prendere la pillola per evitare che concepissero un figlio in caso di stupro.

            Fin dalle prime battute della Amoris Laetitia, papa Francesco rivela lo spirito che ispira queste piccole “stoccate”: Al tempo stesso dobbiamo essere umili e realisti, per riconoscere che a volte il nostro modo di presentare le convinzioni cristiane e il modo di trattare le persone hanno aiutato a provocare ciò di cui oggi ci lamentiamo, per cui ci spetta una salutare reazione di autocritica. D’altra parte, spesso abbiamo presentato il matrimonio in modo tale che il suo fine unitivo, l’invito a crescere nell’amore e l’ideale di aiuto reciproco sono rimasti in ombra per un accento quasi esclusivo posto sul dovere della procreazione (36).

            E aggiunge: Invece di offrire la forza risanatrice della grazia e la luce del Vangelo, alcuni vogliono “indottrinare” il Vangelo, trasformarlo in “pietre morte da scagliare contro gli altri” (49).

            In primo luogo, dovremmo tornare a un giusto apprezzamento dell’importanza della questione. La prima impressione che si ha leggendo l’esortazione apostolica è che il Santo Padre non volesse dare troppa importanza alla questione del controllo delle nascite. Questo fatto potrebbe benissimo essere una prima lezione: dare ai fedeli e ai pastori un giusto apprezzamento del significato da dare alla questione. A questo riguardo, un forte messaggio della Amoris Laetitia è trasmesso dal fatto che il suo quinto capitolo, intitolato “L’amore che diventa fecondo”, non dice una parola sul controllo delle nascite. Forse, in qualche misura, questo illustra l’avvertimento del papa: Desidero ribadire che non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero (3).

Nella Amoris Laetitia, infatti, l’insegnamento sul controllo della fertilità salta fuori qua e là nel corso dello schema seguito dal papa, ma non è un elemento centrale. Ciò che interessa al Santo Padre è costruire famiglie giuste e feconde in conformità al progetto divino (6), famiglie basate sull’amore come descritto dal Vangelo. In questo caso, la questione della scelta dei metodi per il controllo delle nascite non merita l’importanza controversa che viene spesso data loro. Non è forse per questo che papa Francesco è lieto che la sua esortazione sia stata pubblicata durante l’Anno della Misericordia? [L’Anno della Misericordia] ci fornisce un quadro e un clima che ci impedisce di sviluppare una morale fredda da scrivania nel trattare i temi più delicati e ci colloca piuttosto nel contesto di un discernimento pastorale carico di amore misericordioso, che si dispone sempre a comprendere, a perdonare, ad accompagnare, a sperare, e soprattutto a integrare (312).

            Un promemoria fedele ma “creativo” dell’insegnamento tradizionale. Fin dall’inizio, Francesco pone il suo insegnamento come parte di un’ermeneutica della continuità: Per evitare qualsiasi interpretazione deviata, ricordo che in nessun modo la Chiesa deve rinunciare a proporre l’ideale pieno del matrimonio, il progetto di Dio in tutta la sua grandezza (307).

            Cominciando dal documento finale del Sinodo, che si riferisce ai testi principali del Magistero, il papa dedica il terzo capitolo della sua esortazione a ricordare l’insegnamento tradizionale della Chiesa su matrimonio e famiglia, e lo fa con creatività, senza esitazioni, innanzitutto con la scelta dei testi citati e poi aggiungendo piccoli ma significativi tocchi personali, per aprire questo insegnamento verso nuove direzioni.

            Per inserire questi testi nel contesto appropriato, dobbiamo dire prima qualcosa sulla dottrina della Chiesa circa gli “obiettivi” del matrimonio. Fondamentalmente, dobbiamo ricordare che parlando a livello tradizionale l’obiettivo primario del matrimonio è quello di generare e allevare i figli, il secondo è l’aiuto reciproco degli sposi e il terzo è il rimedio alla concupiscenza.

            Nella cornice ristretta di questa dottrina, possiamo capire perché qualsiasi dissociazione tra l’atto coniugale e la procreazione sia a malapena concepibile. Il Concilio Vaticano II e il Catechismo della Chiesa Cattolica sulla sua scia hanno poi arricchito questa dottrina, soprattutto dando un ruolo di spicco a un nuovo concetto (nuovo per la dottrina, non per le coppie sposate!), quello di “amore coniugale”, senza renderlo tuttavia un “obiettivo” del matrimonio. Offerto questo breve promemoria, ecco allora le considerazioni principali del papa sulla fertilità e sulla pianificazione familiare:

            Il matrimonio è in primo luogo una “intima comunità di vita e di amore coniugale” che costituisce un bene per gli stessi sposi, e la sessualità “è ordinata all’amore coniugale dell’uomo e della donna”. Perciò anche “i coniugi ai quali Dio non ha concesso di avere figli, possono nondimeno avere una vita coniugale piena di senso, umanamente e cristianamente”. Ciò nonostante, questa unione è ordinata alla generazione “per la sua stessa natura” (80).

            Si noti l’espressione “in primo luogo”, che il papa ha aggiunto alla citazione del Concilio. La sessualità è ordinata in primo luogo all’amore coniugale, che è quindi posto al di sopra, o oltre, gli “obiettivi” del matrimonio. La procreazione, l’obiettivo primario del matrimonio, è relativa all’amore coniugale, come espresso dal fatto che viene al secondo posto e per via dell’avverbio “nonostante”. Citando poi la Humanae Vitae, papa Francesco sottolinea che l’atto sessuale è ordinato alla procreazione: Nessun atto genitale degli sposi può negare questo significato, benché per diverse ragioni non sempre possa di fatto generare una nuova vita (80). L’ultima parte della frase è scritta dallo stesso Francesco, che aggiunge: I Padri sinodali hanno affermato che “non è difficile constatare il diffondersi di una mentalità che riduce la generazione della vita a una variabile della progettazione individuale o di coppia” (82).

            In precedenza era stata menzionata l’importanza della Humanae Vitae, sempre in riferimento all’amore coniugale: Il beato Paolo VI, sulla scia del Concilio Vaticano II, ha approfondito la dottrina sul matrimonio e sulla famiglia. In particolare, con l’Enciclica Humanae Vitae, ha messo in luce il legame intrinseco tra amore coniugale e generazione della vita (68).

            Il dovere degli sposi di valutare la moralità di diversi metodi di controllo delle nascite è confermato, ma l’unico criterio menzionato è il rispetto per la dignità della persona: L’insegnamento della Chiesa aiuta a vivere in maniera armoniosa e consapevole la comunione tra i coniugi, in tutte le sue dimensioni, insieme alla responsabilità generativa. Va riscoperto il messaggio dell’Enciclica Humanae Vitae di Paolo VI, che sottolinea il bisogno di rispettare la dignità della persona nella valutazione morale dei metodi di regolazione della natalità (82).

            Citando poi San Giovanni Paolo II, Francesco sottolinea la responsabilità primaria degli sposi nel gestire la propria fertilità: La paternità responsabile non è “procreazione illimitata o mancanza di consapevolezza circa il significato di allevare figli, ma piuttosto la possibilità data alle coppie di utilizzare la loro inviolabile libertà saggiamente e responsabilmente, tenendo presente le realtà sociali e demografiche così come la propria situazione e i legittimi desideri” (167).

            Ricordando così l’insegnamento della Chiesa sul controllo delle nascite, il Santo Padre compie una sintesi che è sia cattolica che totalmente aperta a nuovi sviluppi. Questa sintesi induce infatti una prospettiva unica sul giudizio morale su tutti i metodi di controllo delle nascite. Almeno a livello pastorale, questo porterà a un cambiamento di prospettiva. Ciò è reso ancor più chiaro dal fatto che una serie di affermazioni seguono lo stesso trend, ad esempio: In effetti, la grazia del sacramento del matrimonio è destinata prima di tutto “a perfezionare l’amore dei coniugi” (89).

            Al punto che l’elemento amoroso e perfino erotico dei rapporti sessuali viene sottolineato varie volte:

San Giovanni Paolo II ha respinto l’idea che l’insegnamento della Chiesa porti a “una negazione del valore del sesso umano” o che semplicemente lo tolleri “per la necessità stessa della procreazione” (150).

            Pertanto, in nessun modo possiamo intendere la dimensione erotica dell’amore come un male permesso o come un peso da sopportare per il bene della famiglia, bensì come dono di Dio che abbellisce l’incontro tra gli sposi. Trattandosi di una passione sublimata dall’amore che ammira la dignità dell’altro, diventa una “piena e limpidissima affermazione d’amore” che ci mostra di quali meraviglie è capace il cuore umano, e così per un momento “si percepisce che l’esistenza umana è stata un successo” (152).

            Nel quinto capitolo, sull’amore fecondo, come abbiamo detto, il Santo Padre non affronta direttamente la questione del controllo delle nascite, ma in modo più personale offre una splendida meditazione sull’accettazione della vita, con un avvertimento speciale nei confronti del concetto di “figlio desiderato”, che quando reso un assoluto può portare a considerare un figlio non come un dono di Dio che è sempre benvenuto ma come un oggetto indesiderato.

            La scelta di diventare genitori presuppone la formazione della coscienza.

            Dopo queste citazioni del Magistero, papa Francesco risponde all’invito del Sinodo a cercare nuovi metodi pastorali (199), dedicando poi una pagina (sulle 260 del testo) alla questione del controllo delle nascite. In questa pagina (che citiamo quasi completamente), prende innanzitutto la via tradizionale per aprire meglio a una nuova prospettiva pastorale. Inizia con il documento finale del Sinodo: L’accompagnamento deve incoraggiare gli sposi ad essere generosi nella comunicazione della vita. “Conformemente al carattere personale e umanamente completo dell’amore coniugale, la giusta strada per la pianificazione familiare è quella di un dialogo consensuale tra gli sposi, del rispetto dei tempi e della considerazione della dignità del partner. In questo senso l’Enciclica Humanae Vitae (cfr 10­14) e l’Esortazione apostolica Familiaris Consortio (cfr 14; 28­35) devono essere riscoperte al fine di ridestare la disponibilità a procreare in contrasto con una mentalità spesso ostile alla vita […]. La scelta responsabile della genitorialità presuppone la formazione della coscienza, che è “il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità” (Gaudium et Spes, 16). Quanto più gli sposi cercano di ascoltare nella loro coscienza Dio e i suoi comandamenti (cfr Rm 2,15), e si fanno accompagnare spiritualmente, tanto più la loro decisione sarà intimamente libera da un arbitrio soggettivo e dall’adeguamento ai modi di comportarsi del loro ambiente” (222).

            Poi il pontefice cerca di dare piena forza all’insegnamento del Concilio Vaticano II: Rimane valido quanto affermato con chiarezza nel Concilio Vaticano II: “I coniugi […], di comune accordo e con sforzo comune, si formeranno un retto giudizio: tenendo conto sia del proprio bene personale che di quello dei figli, tanto di quelli nati che di quelli che si prevede nasceranno; valutando le condizioni sia materiali che spirituali della loro epoca e del loro stato di vita; e, infine, tenendo conto del bene della comunità familiare, della società temporale e della Chiesa stessa. Questo giudizio in ultima analisi lo devono formulare, davanti a Dio, gli sposi stessi” (222).

            Viene quindi ribadito che, in conformità al progetto del Creatore, l’insegnamento sul dominio della fertilità (cfr. Gn 1, 28) appartiene agli sposi come coppia e, nel Nuovo Patto, come ministri del sacramento del matrimonio. Ciò implica che i pastori devono sicuramente informare il giudizio degli sposi, ma che non dovrebbero in alcun modo cercare di sostituirlo con le loro direttive.

            La scelta dei metodi da usare. Introducendo la questione della scelta dei metodi con l’espressione “d’altra parte” e affrontandola in un totale di appena sei righe, il Santo Padre la rende un argomento secondario. La risposta alla domanda che acceso tanti dibattiti è semplice: la decisione della coppia dev’essere illuminata dall’“incoraggiamento” pastorale a usare metodi “naturali”: D’altra parte, “il ricorso ai metodi fondati sui ‘ritmi naturali di fecondità’ (Humanae Vitae, 11) andrà incoraggiato. Si metterà in luce che ‘questi metodi rispettano il corpo degli sposi, incoraggiano la tenerezza fra di loro e favoriscono l’educazione di una libertà autentica’ (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2370)” (222).

Da parte nostra, comprendiamo che questo “incoraggiamento” pastorale in favore dei metodi “naturali” è di una natura tanto elevata quanto l’incoraggiamento che il Signore ha dato al giovane ricco: “Se vuoi essere perfetto…”. Ma forse stiamo facendo avere a questo testo troppe implicazioni.

La contraccezione è allora permessa o proibita? Come abbiamo visto, l’esortazione promuove i “metodi naturali” di pianificazione familiare, e più in generale si riferisce almeno cinque volte alla Humanae Vitae. Quando analizziamo i testi e il loro contesto, tuttavia, vediamo che questa promozione e questi riferimenti sono sempre fatti da un punto di vista specifico, e i termini “permesso” o “proibito” non vengono mai usati. L’esortazione non presenta né nella parte dottrinale né in quella pastorale i “metodi naturali” come gli unici metodi “autorizzati”, e seleziona attentamente i criteri che devono portare a privilegiare un metodo rispetto a un altro. Nell’esortazione, inoltre, non troviamo avvertimenti, condanne o divieti di metodi che non siano quelli “naturali”. Non può sicuramente trattarsi di una svista, e ancor meno di uno scivolamento verso un qualsiasi relativismo morale, una posizione che papa Francesco condanna: Oggi è facile confondere la genuina libertà con l’idea che ognuno giudica come gli pare, come se al di là degli individui non ci fossero verità, valori, principi che ci orientino, come se tutto fosse uguale e si dovesse permettere qualsiasi cosa (34).

No. Il Santo Padre non sostiene in alcun modo lo slogan “proibito proibire”. Per averne una prova, leggete la condanna dell’aborto (e dei metodi contraccettivi abortivi), toccante quanto ferma. Francesco sa come mettere i puntini sulle “i”, come non scendere a compromessi e condannare e proibire quando è necessario: È così grande il valore di una vita umana, ed è così inalienabile il diritto alla vita del bambino innocente che cresce nel seno di sua madre, che in nessun modo è possibile presentare come un diritto sul proprio corpo la possibilità di prendere decisioni nei confronti di tale vita, che è un fine in sé stessa e che non può mai essere oggetto di dominio da parte di un altro essere umano. (…) Perciò “a coloro che operano nelle strutture sanitarie si rammenta l’obbligo morale dell’obiezione di coscienza” (83).

Va notato il deciso promemoria dell’obbligo morale all’obiezione di coscienza. Non è in discussione quando si parla di contraccezione.

Si può poi notare che anche su argomenti “difficili”, su cui i media non aspettavano altro che di lanciarsi, il papa non ha esitato, sostenendo allo stesso tempo una maggiore apertura nell’assistenza pastorale, per confermare la sostanza delle salde posizioni della Chiesa. Ecco qualche esempio a cui possiamo far riferimento: Sui matrimoni misti: […] la condivisione dell’Eucaristia non può essere che eccezionale e, in ogni caso, vanno osservate le disposizioni indicate.

Sulle unioni omosessuali: […] non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia. Non è accettabile che le Chiese locali subiscano delle pressioni in questa materia…

Sul divorzio: Il divorzio è un male.

Sulla pena di morte: la Chiesa rigetta fermamente la pena di morte.

Se il Santo Padre avesse voluto condannare formalmente o semplicemente mettere in guardia contro l’uso della contraccezione l’avrebbe fatto, ma non è stato così. Dall’altro lato, non ha detto formalmente che l’uso della contraccezione non è più proibito, ma è facile comprendere perché su questo argomento Francesco rifiuti di essere intrappolato nella logica del “permesso” e del “proibito”. I tomisti diranno giustamente che il papa vuole sostituire la “legge morale” con la “virtù morale”, la crescita della grazia.

In tutta l’onestà intellettuale basata sulla fede, sembra quindi legittimo concludere questa breve revisione critica dicendo che l’esortazione apostolica Amoris Laetitia segna non l’abrogazione ma l’eliminazione, implicita ma reale, del divieto assoluto della contraccezione per le coppie cattoliche.

Capire cos’è in ballo. Per discernere l’obiettivo ma anche i limiti di quello che è un cambiamento in uno spirito di continuità, dovremmo tener conto del fatto che la Amoris Laetitia è rivolta in primo luogo ai pastori, ai quali il Santo Padre dà linee guida e direttive. Quando dice cosa si dovrebbe o non si dovrebbe fare, usa spesso la parola “noi”. Sul controllo delle nascite, le sue linee guida pastorali sono tanto brevi quanto chiare: il controllo delle nascite non è una questione in sé, le coppie dovrebbero essere accompagnate, rispettando e favorendo l’unione della loro vita di modo che possano “costruire famiglie solide e feconde secondo il piano di Dio” (6). Come parte di questa missione con le coppie sposate, i pastori non devono trarre “conclusioni eccessive da alcune riflessioni teologiche” (2) e non dovrebbero mai dimenticare che spetta in ultima analisi agli sposi, insieme, compiere le proprie scelte e compierle davanti a Dio, tenendo conto in primo luogo del bene della loro comunità di vita e d’amore. Quest’ultimo punto è nuovo ed essenziale, ed implica il fatto che in certe circostanze sia legittimo che il bene della comunità di vita e d’amore abbia la precedenza su eccessive conclusioni teologiche che sottolineano in modo quasi esclusivo il dovere della procreazione (36).

In questo modo, l’esortazione mette in guardia contro le compensazioni dovute al clericalismo: Stentiamo anche a dare spazio alla coscienza dei fedeli, che tante volte rispondono quanto meglio possibile al Vangelo in mezzo ai loro limiti e possono portare avanti il loro personale discernimento davanti a situazioni in cui si rompono tutti gli schemi. Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle (37).

                In breve, quando nella sua esortazione apostolica Amoris Laetitia papa Francesco affronta la questione del controllo delle nascite, non è mai in termini di “permesso” o “proibito”, ma in termini di incoraggiamento, giudizio in coscienza e, se necessario, di una via da seguire, saldamente radicata nella realtà verso una perfezione evangelica attraverso l’amore coniugale. Questo apre la porta a una pastorale positiva, accogliente, che rende possibile un approfondimento graduale delle esigenze del Vangelo (38).

            Un insegnamento audace che porta profeticamente all’ecumenismo. Sulla Humanae Vitae, il patriarca di Costantinopoli Atenagora I, amico di Paolo VI, affermò che capiva e approvava pienamente la profonda intenzione dell’enciclica, ma vi rinveniva dei dettagli che invadevano in modo superfluo la sacra intimità degli sposi. Per quanto riguarda il controllo delle nascite, le Chiese orientali ricordano prevalentemente ai loro seguaci il significato dell’amore vero e la sua fecondità naturale e soprannaturale, ma lasciano la scelta dei metodi (non l’aborto, ovviamente) al consenso degli sposi. Per illustrare questo atteggiamento pastorale, nella formazione dei sacerdoti viene ricordato un adagio tradizionale: “Quando la coppia si ritira nella stanza nuziale, tutto quello che fa in nome del rispetto reciproco e dell’amore è santo, e non è affare dei chierici”.

            Nella sua esortazione apostolica, papa Francesco spera che le sue riflessioni teologiche e pastorali sul matrimonio e la famiglia promuovano una vera riconciliazione con i nostri fratelli separati delle Chiese orientali, ed è sicuramente fondamentale che in questa questione cruciale in cui l’insegnamento viene soffocato dallo spirito del mondo la Chiesa respiri con entrambi i suoi polmoni. Possiamo dire che ora si presenta l’occasione e che è un bene che alla preghiera di Gesù “Siano una cosa sola” si risponda su un aspetto importante della dottrina sul matrimonio. I cristiani di buona volontà non potranno che gioirne.

 

E stiamo davvero gioendo! Per concludere sulla questione della procreazione responsabile, l’esortazione apostolica sottolinea la priorità pastorale di non uccidere la gioia, perché la fecondità dell’amore non è un problema, ma una grazia e un’opportunità. È per questo che va evidenziato sempre che i figli sono un meraviglioso dono di Dio, una gioia per i genitori e per la Chiesa. Attraverso di essi il Signore rinnova il mondo (222).

            E per finire: Si tratta di far sperimentare che il Vangelo della famiglia è gioia che “riempie il cuore e la vita intera” (200, citazione dalla Evangelii Gaudium)

            Francisco De La Vega                      18 aprile 2016

Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti

http://it.aleteia.org/2016/04/18/tramontare-bando-contraccezione

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SCIENZA & VITA

Il nostro contributo concreto alla prima Giornata nazionale della Salute della Donna

Scienza & Vita (S&V) aderisce alla prima Giornata nazionale della Salute della Donna, che si celebra oggi 22 aprile 2016a Roma, su iniziativa del Ministero della Salute. L’evento nasce con l’obiettivo di “sensibilizzare tutti i cittadini sul tema della salute della donna, intesa come prevenzione di patologie specifiche e benessere psicofisico del mondo femminile”. In quest’ottica, S&V accoglie l’invito del Ministro a “rappresentare l’universo femminile in una chiave diversa, che evidenzi le problematiche di salute e la specificità di genere in questo ambito”, per “aprire una riflessione ampia e pubblica” sul tema.

S&V ritiene che sia necessario interrogarsi sul significato dell’essere donna e madre, in un contesto sociale e culturale che sta smarrendo il senso profondo del generare umano e della maternità. Ciò richiede innanzitutto il superamento di quelle teorie femministe che guardano all’emancipazione della donna esclusivamente in chiave di superamento del suo ruolo biologico, ovvero attraverso la negazione della maternità.

Di fronte alla diminuzione della fecondità della popolazione e del tasso di natalità, al fatto che in Italia le donne partoriscono in età sempre più avanzata, con maggiori rischi per la salute propria e dei nascituri, S&V ribadisce il suo impegno per promuovere un’informazione completa, solidamente fondata su basi scientifiche, che aiuti soprattutto le nuove generazioni a vivere in pienezza e consapevolezza la dimensione della fertilità. Nel suo impegno educativo, S&V propone una prospettiva integrale ed armonica dell’essere donna, che contempla tanto la sua corporeità, quanto la sua dimensione interiore e spirituale, riconoscendo e valorizzando la specificità e bellezza insite nella sua natura femminile.

Oggi, in particolare, appare impellente la necessità di ricondurre ad unità la frantumazione del femminile a cui stiamo assistendo. Per questo S&V desidera farsi interprete di un nuovo femminismo che rimetta al centro la pienezza e la bellezza dell’essere donna, che porti di nuovo all’evidenza le differenze sessuali, in quanto manifestazione della naturale complementarietà “uomo – donna”, e che promuova una reale parità dei diritti fra i due sessi. L’orizzonte d’impegno, dunque, è un’azione culturale e sociale perché le donne, nel perseguimento della propria piena realizzazione, non debbano rinunciare ad essere anche madri e siano fattivamente aiutate a rimuovere gli eventuali ostacoli economici e sociali alla maternità, tra cui la gestione del lavoro.

L’adesione dell’Associazione alla Giornata non è solo a livello d’intenti, ma si traduce nella concreta partecipazione ad uno dei 10 tavoli di lavoro, dedicato al tema “sessualità, fertilità e salute materna”. Nel proprio contributo, S&V sottolinea come in ogni ambito della salute, la prevenzione passi necessariamente attraverso la conoscenza, compreso il contesto specifico della fertilità. Pertanto, propone: a) la promozione di iniziative di conoscenza, nell’ambito di politiche socio-sanitarie, rivolte alle giovani generazioni, anche nella fascia delle ragazze pre-puberi (10-11 anni), con linguaggio e modalità adeguate alla loro età, alla loro sensibilità umana, attraverso il coinvolgimento delle famiglie; b) la conoscenza della fertilità anche attraverso la diffusione dei cosiddetti “metodi diagnostici naturali della fertilità umana”.

 Paola Ricci Sindoni, Presidente S&V

Comunicato n. 211    22 aprile 2016

www.scienzaevita.org/scienza-vita-il-nostro-contributo-concreto-alla-prima-giornata-nazionale-della-salute-della-donna

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SEPARAZIONE E DIVORZIO

La lunga strada per la semplificazione dei procedimenti.

La legge n. 55 del 2015 ha introdotto il cosiddetto divorzio breve che consente di addivenire allo scioglimento del vincolo matrimoniali in tempi relativamente rapidi. La spinta del legislatore nei confronti delle procedure semplificate si era palesata già nel 2014 attraverso l’entrata in vigore della legge 162 che introduceva l’accordo dei coniugi assunto davanti all’Ufficiale di Stato Civile (articolo 12) e la negoziazione assistita (articolo 6).

La procedura – La norma consente ai coniugi di separarsi e di divorziare attraverso un accordo dinnanzi all’Ufficiale dello Stato civile con assistenza legale facoltativa. È competente a ricevere la dichiarazione dei coniugi l’Ufficiale dello Stato civile del luogo ove è residente almeno uno dei coniugi oppure, in alternativa, quello del luogo dove il matrimonio è stato trascritto. L’accordo è possibile in assenza di figli minori o incapaci oppure maggiorenni non economicamente autosufficienti. Un’altra importante preclusione è quella relativa all’impossibilità di inserire nell’accordo patti di trasferimento patrimoniale (mantenimento, alimenti, diritto di abitazione, ecc,) L’Ufficiale di Stato civile redige l’atto con le dichiarazioni dei coniugi, invitando i coniugi a ricomparire dopo 30 giorni per confermare l’accordo. I termini per poter presentare la domanda di divorzio decorrono dall’atto contenente le dichiarazioni dei coniugi sottoscritto davanti all’Ufficiale di Stato civile.

Negoziazione assistita – Ove esistano situazioni preclusive al procedimento sopra descritto o, qualora siano gli stessi coniugi a non volere accedere a tale procedura potrà essere avviata la procedura di negoziazione assistita che richiede l’intervento di almeno un avvocato per parte. Gli avvocati sono tenuti, prima di aprire la fase della negoziazione, ad esperire un tentativo di conciliazione. La norma prevede due diversi modus operandi. Ove non vi siano minori o incapaci interessati, l’avvocato è obbligato a trasmettere l’accordo al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale competente, che, in mancanza di irregolarità, rilascia nullaosta. In caso di presenza di figli minori o incapaci o maggiorenni non economicamente autosufficienti, l’accordo viene, invece, trasmesso al Procuratore della Repubblica, che valuta l’interesse del minore rilasciando la propria autorizzazione oppure, se ritiene che l’accordo non sia conforme all’interesse del minore, fissa udienza di comparizione delle parti nei successivi trenta giorni.

La convenzione – Per convenzione di negoziazione assistita si intende un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere una controversia. Essa deve essere redatta in forma scritta a pena di nullità e deve contenere la previsione di un termine non inferiore a trenta giorni e non superiore a tre mesi – prorogabile su accordo delle parti di altri trenta giorni – entro il quale concludere o meno l’accordo. Oggetto della convenzione possono essere solo diritti disponibili. L’avvocato certifica l’autografia delle firme delle parti che partecipano alla convenzione così come pure la data nella quale sono state apposte, ai fini della decorrenza dei termini entro il quale giungere all’accordo.

L’accordo – Dopo la redazione della convenzione, si procede alla stesura dell’accordo che contiene le condizioni di separazione e divorzio, riguardanti l’affidamento o il mantenimento dei figli, l’assegno di mantenimento per il coniuge o i trasferimenti di tipo patrimoniale. L’avvocato ha l’obbligo di informare le parti della possibilità di esperire la mediazione familiare e deve tentare la conciliazione tra i coniugi. In caso di figli minori, egli deve rammentare alle parti l’importanza che i figli trascorrano tempi adeguati con entrambi i genitori. Di queste attività deve essere dato atto nel testo dell’accordo redatto a seguito della negoziazione. Inoltre, il legale, deve dichiarare sotto la propria responsabilità che gli accordi non sono contrari a norme imperative di legge e all’ordine pubblico, ossia che non siano presenti condizioni che ledano diritti considerati indisponibili.

La competenza – In riferimento alla competenza per territorio, in caso di separazione è territorialmente competente la procura della repubblica in cui i coniugi hanno avuto l’ultima residenza comune mentre, in caso di divorzio, quella in cui almeno uno dei due coniugi ha la residenza, e in caso di modifica delle condizioni di separazione e divorzio, quella del luogo di residenza del beneficiario dell’obbligazione.

La trascrizione – Una volta ottenuto il nullaosta o l’autorizzazione da parte del P.M., l’avvocato deve trasmettere entro il termine di dieci giorni, all’Ufficiale dello stato civile, copia autentica dell’accordo. La conseguenza di un eventuale ritardo o omissione determina per l’avvocato l’applicazione di sanzioni pecuniarie gravi, da euro 2.000 a euro 10.000, che saranno irrogate dal Comune ricevente l’atto. L’accordo deve essere trascritto a cura dell’ufficiale dello stato civile e annotato sia negli atti di nascita dei coniugi sia nell’atto di matrimonio. L’eventuale accordo preso in sede di negoziazione assistita produce gli stessi effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che sarebbero intervenuti per definire i relativi procedimenti. In una fase successiva, sarà altresì richiesto l’intervento del Notaio ove attraverso i suddetti accordi di negoziazione si concludano contratti o si compiano atti soggetti a trascrizione.

Esenzioni fiscali – Agli accordi presi in sede di negoziazione sono applicabili le esenzioni fiscali previste per il divorzio dalla legge 74 del 1987 (estese alla separazione in virtù della sentenza di Corte Costituzionale n.154/99). Le agevolazioni erano rese possibili attraverso l’intervento giudiziale mediante omologa degli accordi di separazione o sentenza del Tribunale oppure a seguito dell’intervento del notaio attraverso la redazione dell’atto di trasferimento esecutivo del provvedimento giudiziale stesso. Con la procedura di negoziazione assistita l’intervento del Notaio sarà finalizzato ad avallare, a seguito dell’accordo, la sussistenza dei requisiti per ottenere l’esenzione.

Legge 55 del 2015 – Anche la successiva legge 55 del 2015, quanto meno nella mente del legislatore, doveva avere come finalità principale quella di semplificare i procedimenti di divorzio, riducendo il contenzioso così contrastando il fenomeno dell’inflazione dei procedimenti. La norma consente ai coniugi di addivenire al divorzio entro un anno in caso di separazione giudiziale oppure, entro sei mesi in caso di separazione consensuale. I termini decorrono dalla comparizione dei coniugi davanti al Presidente del Tribunale.

Procedimenti paralleli – La riduzione dei tempi per addivenire alla pronunzia di divorzio reca con sé il rischio che aumentino notevolmente due processi paralleli (di separazione e di divorzio). Dopo l’emissione di una sentenza parziale di separazione o comunque, dopo l’emissione del provvedimenti temporanei ed urgenti resi in sede presidenziale, il giudizio di separazione può proseguire per l’accertamento dei presupposti dell’addebito e dell’assegno di mantenimento o per questioni relative al collocamento ed affidamento dei figli. Anche il giudizio di divorzio eventualmente introdotto dopo 12 mesi, quando ancora è pendente il giudizio di separazione, è finalizzato ad accertare i presupposti per l’assegno “divorzile” o per le questioni di natura affettiva e relazionale, con il rischio che le due sentenze giungano a risultati diversi e che vi siano giudicati potenzialmente configgenti tra loro.

Problema di non facile soluzione è anche quello della prevalenza dei provvedimenti in caso di conflitto. Se è evidente il fatto che la sentenza di divorzio prevalga su quella della separazione meno agevole è arrivare ad una soluzione univoca ove vi sia una sentenza di separazione e dei successivi provvedimenti “temporanei ed urgenti” emessi in sede di divorzio contrastanti con quando stabilito in sentenza. Ebbene, lo scrivente ritiene che per derogare alle disposizioni contenute in un provvedimento “gerarchicamente” superiore vi debbano essere degli “effettivi e gravissimi motivi” (rilevanti e sopravvenuti) che giustifichino un intervento del Giudice del divorzio il quale, eccezionalmente, andrà ad incidere con provvedimento non avente la natura di sentenza su una sentenza definitiva.

La decisione – Il Tribunale di Milano, Sezione IX con ordinanza 26 Febbraio 2016 ha statuito che se pendono contemporaneamente la causa di separazione e quella di divorzio tra i coniugi è auspicabile l’assegnazione allo stesso giudice. La riunione dei procedimenti, in quanto connessi, si giustifica a meno che la causa di separazione non sia in uno stato avanzato.

La comunione legale – La legge sul divorzio breve prevede, altresì, che lo scioglimento dell’eventuale comunione legale tra i coniugi si verifica nel momento in cui il Presidente del Tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, nel caso di separazione giudiziale, oppure dalla data di sottoscrizione del verbale di separazione consensuale.

Nel primo caso si dibatte in dottrina se il provvedimento che autorizza i coniugi a vivere separati sia di volontaria giurisdizione oppure di natura cautelare. Ove fosse considerato come provvedimento di volontaria giurisdizione ai sensi dell’articolo 741 del codice di procedura civile l’ordinanza sarebbe reclamabile dinnanzi alla Corte d’Appello ed acquisterebbe, pertanto, efficacia decorsi i termini per il reclamo. Nel caso in cui si propendesse, invece, per la natura cautelare, ai sensi dell’art 669-tredecies c.p.c. l’eventuale reclamo non sospenderebbe l’esecuzione del provvedimento.

L’ordinanza che autorizza i coniugi a vivere separati viene, successivamente, comunicata all’Ufficiale di Stato Civile ai fini dell’annotazione. In caso di negoziazione assistita, la comunione legale si scioglie alla data certificata nell’accordo di separazione (purché autorizzato dalla competente Procura della Repubblica, articolo 6 Dl 132/2014) mentre in caso di ricorso all’ufficiale di stato civile, lo scioglimento avviene alla data dell’atto contenente l’accordo di separazione concluso innanzi all’Ufficiale dello Stato Civile, purché confermato dai coniugi nel successivo incontro (articolo 12 Dl 132/2014). Lo scioglimento della comunione ha efficacia ex nunc, quindi non retroagisce fino al momento della domanda di separazione personale.

In caso di riconciliazione dei coniugi, sarà sufficiente per far rivivere il regime di comunione legale una dichiarazione delle parti all’ufficiale di stato civile a norma dell’art. 69 lettera f) del Dpr 396/2000.

Applicazione – L’articolo 3 della legge sul divorzio breve, norma transitoria, prevede che le nuove norme si applichino ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, anche nei casi in cui il procedimento di separazione che ne costituisce il presupposto risulti ancora pendente alla medesima data.

Matteo Santini           il sole 24 ore   14 aprile 2016

http://www.diritto24.ilsole24ore.com/art/guidaAlDiritto/dirittoCivile/famiglia/2016-04-15/separazione-e-divorzio-lunga-strada-la-semplificazione-procedimenti-105107.php

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VARIE ED EVENTUALI

Amoris laetitia: Gaudio ‘progressista’… e una domanda di Alighieri Dante

A esclusione di pochi ‘irriducibili’ (che non si accontentano mai) la fanfara ‘progressista’ ha intonato la ‘Marcia trionfale’ per festeggiare la pubblicazione dell’Esortazione apostolica postsinodale. In effetti – e ce ne dispiace per i solerti pompieri già entrati in azione – sembra proprio che l’esultanza si giustifichi pienamente. Tanto che anche il Sommo Poeta ha inoltrato una richiesta particolare…

            A ormai dieci giorni dalla pubblicazione dell’Amoris laetitia può essere di qualche interesse riandare, evidenziandole in un sol blocco, alle considerazioni vergate sull’Esortazione apostolica da alcuni spiriti ‘progressisti’, perlopiù molto vicini a Francesco per affinità, convinzione o per opportunismo (i noti turiferari). Fonte primaria di raccolta dei commenti è stato “il Sismografo”, confezionato dentro Radio Vaticana ma non espressione della stessa. Quasi superfluo ricordare gli intellettuali di riferimento, le stelle polari che brillano nel cielo del blog: tra i più pensosi padre Antonio Spadaro, Andrea Grillo, Alberto Melloni, oltre naturalmente ai turiferari maggiori e minori che spesseggiano all’ombra dell’attività velinaria. Si vedrà che ne esce un quadro interpretativo dell’Amoris laetitia assai omogeneo, univoco nell’indicarne l’essenza e nel prefigurare quello che tali ‘spiriti’ ragionevolmente sperano che accadrà. E che già sta effettivamente accadendo addirittura a livello di conferenze episcopali e di diocesi. Un quadro gaudioso talmente univoco da spingere il Sommo Poeta (sì, proprio lui, l’autore della “Commedia”, poi definita giustamente “divina”) a inoltrare una richiesta.

Padre Antonio Spadaro/1 (direttore de “La Civiltà Cattolica”) – Matrimonio e ideale: L’umiltà del realismo aiuta a non presentare un “ideale teologico del matrimonio troppo astratto, quasi artificiosamente costruito, lontano dalla situazione concreta e dalle effettive possibilità delle famiglie così come sono” (AL 36). L’idealismo allontana dal considerare il matrimonio quello che è, cioè un “cammino dinamico di crescita e realizzazione” (AL 37). Per questo non bisogna neppure credere che le famiglie si sostengano “solamente insistendo su questioni dottrinali” (ivi), con il rischio di perdere “la vicinanza compassionevole alle persone fragili come la samaritana o la donna adultera.

Padre Antonio Spadaro/2 – ‘Discernimento’ parola chiave: Una parola chiave dell’Esortazione è ‘discernimento’. E il discernimento fa riferimento diretto alla coscienza e alla storicità. Papa Francesco ripete più volte che un pericolo da evitare, e nel quale in realtà si cade di frequente, è quello di essere astratti, teorici, idealisti.

Padre Antonio Spadaro/3- Il grande spreco di energie pastorali per attaccare il mondo: Sarebbe una illusione credere che la gente sia rassicurata e consolidata nei valori solamente perché si insiste nel predicare la dottrina senza dare adeguato “spazio alla coscienza dei fedeli, che tante volte rispondono quanto meglio possibile al Vangelo in mezzo ai loro limiti e possano portare avanti il loro personale discernimento davanti a situazioni in cui si rompono tutti gli schemi. Siamo chiamati a formare le coscienze, non a prendere di sostituirle (AL 37). Il Papa insiste su una “pastorale positiva, accogliente, che rende possibile un approfondimento graduale delle esigenze del Vangelo” (AL 38). E invece “molte volte abbiamo agito con atteggiamento difensivo e sprechiamo le energie pastorali moltiplicando gli attacchi al mondo decadente, con poca capacità propositiva per indicare strade di felicità” (NdR: è forse per questo che papa Francesco nel ‘Regina Coeli’ di domenica 10 aprile 2016 ha salutato esplicitamente “quelli che stanno facendo la Maratona”, mentre non ha degnato di una sia pur minimo cenno i partecipanti alla Marcia per la Vita del 10 maggio 2015 e tantomeno ha dedicato anche una sola parola alle centinaia di migliaia di cattolici presenti ai ‘Family day’ del 20 giugno 2015 e del 30 gennaio 2016).

Padre Antonio Spadaro/4 – Niente limiti all’integrazione dei divorziati risposati: L’Esortazione riprende dal documento sinodale (NdR: Relazione finale del Sinodo 2015) la strada del discernimento dei singoli casi senza porre limiti all’integrazione, come avveniva in passato. Dichiara inoltre che non si può negare che in alcune circostanze “l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate” (AL 302) a causa di diversi condizionamenti. (…) La conclusione è che il Pontefice, ascoltando i padri sinodali, prende consapevolezza che non si può parlare di una categoria astratta di persone e rinchiudere la prassi dell’integrazione dentro una regola generale e valida in ogni caso.

            Padre Antonio Spadaro/5 – Coppie “cosiddette irregolari” e peccato mortale: Francesco afferma che è necessario ricordare che “la Chiesa possiede una solida riflessione circa i condizionamenti e le circostanze attenuanti. Per questo non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta ‘irregolare’ vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante” (AL 301) Dunque, le conseguenze o gli effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi, “nemmeno per quanto riguarda la disciplina sacramentale, dal momento che il discernimento può riconoscere che in una situazione particolare non c’è colpa grave “(AL 300, nota 336). “A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa” (AL 305). E – si precisa – questo aiuto “in certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti” (AL 305, n. 351).

            Padre Antonio Spadaro/6 – Centralità della coscienza: “A partire dal riconoscimento del peso dei condizionamenti concreti – scrive il Pontefice – possiamo aggiungere che la coscienza delle persone dev’essere meglio coinvolta nella prassi della Chiesa in alcune situazioni che non realizzano oggettivamente la nostra proposta sul matrimonio” (AL 303). Questo è un punto apicale dell’Esortazione apostolica, in quanto attribuisce alla coscienza (…) un posto fondamentale e insostituibile nella valutazione dell’agire morale”. (…) Questo passaggio dell’Esortazione apre la porta a una pastorale positiva, accogliente, e pienamente ‘cattolica’, che rende possibile un approfondimento graduale delle esigenze del Vangelo.

            Luis Badilla (Il Sismografo) – Vade retro, cattolico rimasto nell’ovile! : Ci sembra di capire che le analisi e i commenti più pregevoli siano tali poiché, come scrive Andrea Grillo, hanno saputo individuare un passaggio chiave e centrale che lui descrive così: La dottrina, che non cambia, ha però bisogno di parlare una lingua diversa e di essere compresa con un pensiero diverso. Forse qui si trova il nocciolo della questione se si desidera capire onestamente l’Esortazione, così come è, come la propone papa Francesco, lasciando da parte i comportamenti faziosi di quella sorta di carnevale mediatico dove ciascuno crede di avere un proprio carro allegorico da far vedere. Non è la cartapesta degli opinion maker che interessa all’opinione pubblica, tanto meno di coloro che si considerano “giusti, obbedienti e non peccatori” (pecore disciplinate rimaste nell’ovile) e che ora se la prendono con Francesco – infastiditi e risentiti – perché ha pensato anche a quelli “smarriti, peccatori e sofferenti”.

Eugenio Scalfari/1 (amico di Francesco) – La Chiesa si modernizza: Questo documento è un ulteriore passo avanti della Chiesa, che Francesco rappresenta e guida, verso l’ammodernamento, quello che lui chiama l’inculturazione”.

            Eugenio Scalfari/2 – Cristo è semplicemente un modo di chiamare l’Amore: A questo punto – ma qui esprimo un mio pensiero che non se posso attribuire anche a papa Francesco – Cristo è semplicemente un modo di chiamare l’Amore. (…) Lo chiamano Cristo, ma è soltanto un nome, che significa Amore. Papa Francesco la pensa così? Non gliel’ho mai chiesto e mai glielo chiederò ma secondo me sì, pensa questo poiché la sua ovvia verità e fede è nel Dio Unico. Non solo per i monoteisti, ma per tutte le religioni esistenti. Per tutto l’universo del quale facciamo parte. La sua fede è il Creatore e le cose create, dalle stelle alle particelle elementari, allo spazio e al tempo, all’eternità e al costante mutamento, alla nascita e alla morte.

            Luciano Moia/1 (“Avvenire”, quotidiano della Conferenza episcopale italiana, in tempi non lontani grande difensore della famiglia) – Testo solido e rivoluzionario: Quando (…) il cardinale Kasper, preannunciando l’uscita dell’Esortazione postsinodale sulla famiglia, aveva parlato “del più importante documento nella storia della Chiesa dell’ultimo millennio”, non pochi l’avevano guardato con quella finta accondiscendenza che si riserva alle dichiarazioni un po’ esagerate di chi, non fosse che per l’età, è comunque meritevole di rispetto. Adesso che l’Amoris laetitia è sotto gli occhi di tutti, sembra davvero difficile contraddire il cardinale tedesco. Il testo di Francesco ha il sapore di un testo saldo e rivoluzionario.

            Luciano Moia/2 – Non c’è spazio per interpretazioni fuorvianti: Le parole di Francesco non si prestano a interpretazioni fuorvianti (…) Si spezza così la correlazione ferrea che, negli ultimi trent’anni, aveva stabilito un’equazione quasi inderogabile tra divorziati risposati e vita di peccato. Dove il ‘quasi’ va riferito alla postilla che invitava coloro che avevano contratto un nuovo matrimonio a vivere come fratello e sorella. Nella ‘Gioia dell’amore’ questa specificazione non compare più. E anzi si prendono le distanze da legalismi distanti anni luce dalla realtà (NdR: Se è così come scrive il suo giornalista, possiamo attenderci che durante questo Giubileo della Misericordia la redazione di ‘Avvenire’  – di sacco vestita, ginocchioni, cenere in capo- chieda solennemente perdono per le sue battaglie pro-famiglia, evidentemente frutto di un vergognoso obnubilamento pluridecennale indotto dai ‘cuori di pietra’ alla testa della Cei, a loro volta stimolati e sostenuti da papi come Giovanni Paolo II e Benedetto XVI ).

Stefania Falasca/1 (“Avvenire”, inviata ‘francescana’ del quotidiano della Conferenza episcopale italiana). Niente cambia, cambia tutto: Non cambia niente, ma cambia tutto. Qui è il paradosso, profondamente cristiano, di questa Esortazione. Perché con Amoris laetitia tutto può effettivamente cambiare. Niente cambia in termini di dottrina, tutto cambia e può cambiare se di questa dottrina, per grazia, si assumono gli occhi e il cuore che sono quelli di Cristo in carne ed ossa.

Stefania Falasca/2 – La riforma dell’amore: Se l’Esortazione papale vuol imprimere un cambio di passo all’atteggiamento della Chiesa e la sua immersione nella concretezza storica, questa non è solo un nuovo punto di partenza per l’attuazione di una nuova logica pastorale, questa è la riforma dell’amore (NdR: L’amore vince, come ha detto e scritto un trio di lungimiranti e solidissimi statisti: Barack Obama, Matteo Renzi, Ignazio Marino).

Alberto Melloni (storico della Chiesa) – La riforma dell’amore (bis): Per spostare l’asse attorno al quale nuotava da cinque secoli la storia del matrimonio bisognava ripensare una parola: ‘amore’. (…) La chiesa di Bergoglio non s’affida a un divieto o a un permesso, ma al discernimento: col quale si può capire quando in una situazione “particolare, non c’è colpa grave”. Le coppie “cosiddette irregolari” (quel “cosiddette” vale tutta l’esortazione…) cessano di essere un ‘caso’ e diventano i destinatari dell’eucarestia, che non è l’onorificenza dei presuntuosi, ma “l’alimento dei deboli”. Francesco non offre una ‘apertura’ paternalistica: dice a quei preti che hanno comunicato i divorziati risposati, sapendo cosa facevano, che non hanno agito contro la norma, ma secondo il Vangelo”.

Francesco Peloso (l’Unità) – Avanti Chiesa alla riscossa: “Il Papa chiude l’epoca della Chiesa fondata sulla normativa e apre la strada all’accettazione della diversità. E’ questo il dato dirompente del documento post-sinodale. (…) Il superamento della Chiesa dogana, la cui immagine veniva trasmessa dai dottori della legge e dall’insistenza sui divieti e i precetti da seguire con precisione millimetrica, è stato del resto, fin dall’inizio del suo pontificato, uno dei principali obiettivi che il Papa si era prefisso si raggiungere anche aprendo un difficile dibattito interno. Con l’esortazione apostolica post-sinodale, si chiude la fase della decostruzione di un modello fondato sulla norma, sulla legge canonica, sui documenti della Congregazione per la Dottrina della fede e inizia la fase più profonda e interessante della riforma della Chiesa, quella dell’integrazione e dell’accoglienza.

            Andrea Grillo/1 (docente presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo) – Ripensamento del rapporto tra dottrina e pastorale: Il principio di misericordia come ‘architrave dell’edificio ecclesiale’ determina il bisogno di un ripensamento strutturale del rapporto tra dottrina e pastorale. (…) L’insistenza, lungo tutta l’Esortazione, a non trasformare la dottrina “in pietre” (…) non è semplicemente una ‘risorsa pastorale’, ma riguarda l’interpretazione del senso e della portata della dottrina stessa, sul matrimonio, sulla famiglia e sull’amore. Il cambiamento di stile e di linguaggio addita ad un paradigma dottrinale nuovo e più ampio.

            Andrea Grillo/2 – Discernimento qui ed ora: la logica del ‘discernimento in foro interno’ e dell’‘accompagnamento in un itinerario’ appaiono, con chiarezza – anche se in forma volutamente non determinata – come nuove esigenze della pastorale ordinaria. Starà alla pastorale, ai parroci e ai vescovi determinarla ‘qui e ora’. A questo non eravamo abituati da almeno un secolo. E ci sarà da rimboccarsi le maniche.

            Andrea Grillo/3 – Storia personale e coscienza: La storia personale e la coscienza dei soggetti diventa rilevante per la recezione della dottrina. Anzi, senza questa recezione la migliore dottrina resta lettera morta. “Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle” (…) Questo principio finale, composto con il principio di misericordia, determina l’orizzonte nuovo di una ‘pastorale dell’amore’ che dovrà darsi le forme adeguate per cogliere questa storica opportunità di rinnovamento.

            Andrea Grillo/4 – ‘Familiaris Consortio’? Roba vecchia: La rilettura del matrimonio felice (…) accompagna un ripensamento dell’approccio alle crisi e alle ‘irregolarità’, che non conosce più né divieti oggettivi né limiti invalicabili. Qui, lo ripeto, sta anche la ‘svolta’ rispetto a Familiaris Consortio, testo che oggi ha passato il testimone e ha portato a compimento la sua novità, raccolta accuratamente nel nuovo testo, ma in esso decisamente superata.

            Una domanda da Alighieri Dante fiorentino: ma Paolo e Francesca?

            Per vie misteriose e celestialmente traverse ci è giunta a questo punto una domanda eterea posta da Alighieri Dante fiorentino: proprio lui, il Sommo Poeta, che non manca di seguire – presumibilmente dall’alto – le vicende politiche, sociali ed ecclesiali della varia umanità in cui siamo immersi. Non poteva, gran lettore che è restato, non essere attirato dall’Amoris laetitia, un testo già dal titolo assai accattivante. Presa poi nota delle interpretazioni date all’Esortazione da diversi  illustri pensatori e da cardinali e da vescovi e da parroci – alcuni dei quali in stretta amicizia con l’estensore del testo – l’autore della Divina Commedia non ha potuto trattenersi dal porsi qualche domanda ed inoltrare (per le vie misteriose e celestialmente traverse già accennate) una prima, fondamentale richiesta, giustificata dalla simpatia che in vita ha sempre dimostrato per una particolare coppia in situazione di vita irregolare.

            Quale richiesta? Considerata l’evoluzione palesemente in corso nella Chiesa di Roma, non si potrebbe riconsiderare la collocazione di Paolo Malatesta e Francesca da Polenta? Oggi sono ancora lì, nel secondo girone infernale, cacciativi dal ringhioso Minosse (che giudica e manda secondo ch’avvinghia): e soffrono la pena riservata ai lussuriosi che, trascinati in vita da una passione sfrenata (hanno sottomesso la ragione al talento), sono in balia della bufera infernal che mai non resta. Paolo e Francesca non sono divorziati risposati, ma comunque una coppia irregolare: lei, moglie di Gianciotto Malatesta, si è innamorata, ricambiata, del fratello di lui, Paolo. Corrisponde ancora alla retta prassi pastorale che tali amanti siano fatti oggetti della persecuzione eterna, infernale? Se, osserva il Sommo Poeta, “discernimento” deve essere, allora discerniamo seriamente. Siamo oggettivi, qui le attenuanti non mancano. La povera Francesca è stata data in moglie per ragioni politiche (pace tra le casate dei da Polenta e dei Malatesta) a Gianciotto Malatesta. Poi: Gianciotto in verità era, riportano le cronache, di aspetto decisamente sgradevole. Ancora: la responsabilità personale di Francesca e di Paolo per l’adulterio va sicuramente ridimensionata. Si sa che, come scrive il Sommo Poeta, Amore è assai furbetto e ti colpisce rapidamente e di sorpresa: Amor ch’al cor gentil ratto s’apprende…Non solo, c’è di peggio: Amore non sopporta che chi è amato non riami… Amor ch’a nullo amato amar perdona… Insomma: come si può sostenere che Paolo e Francesca potessero resistere allo strapotere di Amore? Il quale poi, per piegare del tutto i due al loro destino e renderli pienamente consapevoli del loro legame che a quel punto erano coscienti fosse peccaminoso, ne aveva pensata una irresistibile: li aveva spinti a leggere il romanzo di Lancillotto, che si era innamorato, ricambiato, della regina Ginevra, moglie di Artù… anche le pagine fatali in cui, scrive Dante, il disiato riso di Ginevra fu baciato da cotanto amante… Un trappolone amoroso in cui cascarono appieno Paolo e Francesca, emulando le gesta di chi li aveva preceduti… quel giorno più non vi leggemmo avante.

Si chiede allora a ragione il Sommo Poeta – fermo all’ultimo Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, approvato e promulgato con un Motu proprio da papa Benedetto XVI il 28 giugno 2005, in cui l’adulterio era ancora segnalato come “peccato grave”– se la nuova ‘pastorale’ cattolica, imperniata sulla misericordia, non giustifichi anche il trasferimento (eccezionale, certo… ma ormai domina il ‘caso particolare’) di Paolo e Francesca perlomeno in Purgatorio, quasi alla sommità del monte, laddove si purificano tra le fiamme i lussuriosi  in  attesa di salire in Paradiso. Avrà risposta il Sommo Poeta da qualcuno degli interpreti più accreditati dell’Amoris laetitia?

P.S. Il Sommo Poeta ha avuto arguta risposta venerdì 22 aprile da Andrea Grillo, teologo dei sacramenti e filosofo della religione presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo. Nel suo blog “Come se non” su www.cittadellaeditrice.com/munera pubblica un intervento ampio e anche godibile, fingendo di aver avuto un sogno in cui gli è apparso san Francesco che, insieme con Virgilio, tenta una risposta circostanziata alla domanda di Dante: “Alla scoperta di Amoris laetitia (/8): l’obiezione di Dante e la risposta di Francesco (d’Assisi)“.

Giuseppe Rusconi – www.rossoporpora.org – 17 aprile 2016

www.rossoporpora.org/rubriche/papa-francesco/584-amoris-laetitia-gaudio-progressista-e-una-domanda-di-alighieri-dante.htmlhttp://www.rossoporpora.org/rubriche/papa-francesco/584-amoris-laetitia-gaudio-progressista-e-una-domanda-di-alighieri-dante.html

 

Alla scoperta di Amoris Laetitia (/8): l’obiezione di Dante e la risposta di Francesco (d’Assisi)

In un commento arguto, un bravo osservatore di cose vaticane, che tiene il blog www.rossoporpora.org, dopo aver ricostruito le prime reazioni ad AL con buona documentazione, e aver costatato – forse con un onesto pizzico di malincuore – la obiettiva evoluzione della disciplina ecclesiale in materia di “amore”, pone una questione curiosa – forzata, ma non troppo – che mette addirittura sulle labbra di Dante Alighieri.

Replico, sulla base di un “sogno francescano”.

Trovo bella l’idea di mettere “in bocca a Dante” una obiezione di senso comune, che riguarda appunto la naturale sorpresa di fronte ad una “evoluzione” della disciplina ecclesiale, che si rischia di interpretare come “tradimento della dottrina”. Ma a conforto di questa esitazione, ho avuto anch’io il mio bel aiuto dall’alto: mi è apparso in sogno Francesco, il santo di Assisi, che ha dato una risposta al dubbio di Dante, con queste parole, che trascrivo per la memoria che ne ho conservato al risveglio…

            “L’altro giorno ho sentito l’Alighieri che lo diceva, in un piccolo gruppo, e a bassa voce. ‘Ora dovrei cambiare il mio testo…ora nessuno lo capirà più…’ Anche Virgilio lo ascoltava – Virgilio, che da 50 anni ha traslocato qui, dopo Ad Gentes – e Virgilio subito prese a parlare così: ‘Dante, Dante, tu non ricordi quante volte, ormai, ti sei dovuto convertire? Non ricordi quando, d’un tratto, si iniziò anche quassù a sentir parlare di America? Tu dicevi: non può essere. E Ulisse allora – dicevi – dovrò cambiare il finale? Dopo le colonne d’Ercole c’è “il nulla”, non può esserci un continente. Questo nuovo mondo mi sembra contrario alla ragione…E poi, non ricordi quando iniziò a sentirsi prima sussurrare e poi affermare che nella “armonia delle sfere” la terra non era più al centro? Anche in quel caso tu protestavi con forza e volevi avere un colloquio con le autorità…E quando gli uomini cominciarono a pensare di essere “tutti uguali”? Oh, quante notti hai passato insonne! Non lo ricordi più? E nel momento in cui gli schiavi non furono più tali, e tutti cominciarono ad avere stessi diritti e doveri, non sentisti crollare qualcosa dentro di te? E le donne? Non ricordi quanto patisti anche questa novità dei “diritti alle donne”? Non temesti, forse, che anche Beatrice non fosse più quella di prima? Non sentisti tremare la terra sotto i tuoi piedi? Eppure, come vedi, il mondo non è crollato, ma ha trovato la sua strada, strada che muove anche verso Dio, anche senza una gerarchia incontestabile, anche senza gli onori a cui noi tutti, in quella vita, tenevamo così tanto… Io ho cantato i pascoli, le campagne e i condottieri, ma non mi stupisco di questo grande cambiamento…’

            Così parlò Virgilio, e Dante lo ascoltò in silenzio, meditando. E io, Francesco, mi limitai ad aggiungere, rivolto al Poeta: “Dante fiorentino, tu senti parlare così il tuo maestro, sulla base della sua grande esperienza degli uomini, che brilla anche in Dio. Ma è lo stesso Dio che vuole le sue creature capaci di intendimento e di libertà. Laudato sia Dio per tutte le sue creature. Tra esse c’è anche questa vita di amore che chiamiamo matrimonio e famiglia. E’ una creatura che cammina, che però non è sempre la stessa. Nel tempo conosce gioie e dolori, la Chiesa la accompagna sempre, ma non può mai sostituirla. Se tu hai scritto di Paolo e Francesca hai dato voce a quello che uomini e donne vivevano al tuo tempo. Ma prima non era sempre stato così e dopo può ben esser diverso da così.

            Questo non significa che ciò che è grave non sia più grave. No, Dante, non è questo il punto. Il punto è come la Chiesa reagisce davanti alla gravità delle rotture e quali medicine e farmaci riportano la giustizia nel mondo. Guarda alla tua vita e medita su di essa: ai nostri tempi, la peggiore punizione era o la morte o l’esilio. Oggi, in molte parti del mondo, nessuno è più esiliato e nessuno è più ucciso. Non è che per questo la vita o la patria conti meno di allora. Soltanto le forme della “sanzione” non sono più le stesse.

            Ma non basta. Anche il matrimonio è cambiato e non solo in peggio. Oggi sempre meno sono quelli che si maritano “per volontà di altri”. La Chiesa ha fatto tanto perché fosse così, perché ognuno avesse solo nel proprio cuore il proprio sì. Essa ha confidato nei soggetti che si sposavano. Questo è un passo rischioso, ma è l’unica via di grazia. Madonna povertà abita il matrimonio. Per questo è una cosa grande, ma tanto fragile. E non puoi guardare solo la sua ricchezza, ma devi considerare anche la sua povertà.

            Così è anche per il peccato di “lussuria”. Se domani, un nuovo Paolo e Francesca, non dovranno morire per quanto hanno fatto, ma pentirsi e vivere ancora, questo non dovrà addolorarti. E il tuo capolavoro di poesia brillerà ancora più luminoso. Non leggono forse ancora Omero anche coloro che non conoscono più la guerra? Leggeranno ancora la tua Commedia anche coloro che non vivranno più lussuria e adulterio come reati per sempre e cause di morte.

            Così ho sentito parlare S. Francesco d’Assisi. Era sereno, e aveva una voce dolce e chiara. Ho pensato, al primo risveglio, che in questo sogno avevo trovato altri motivi per capire perché il nostro papa Francesco abbia voluto chiamarsi proprio così.

Andrea Grillo blog: Come se non     22 aprile 2016

www.cittadellaeditrice.com/munera/alla-scoperta-di-amoris-laetitia-8-lobiezione-di-dante-e-la-risposta-di-francesco-dassisi

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