NewsUcipem n. 547 –24 maggio 2015

NewsUcipem n. 547 –24 maggio 2015

Unione Consultori Italiani Prematrimoniali E Matrimoniali

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“notiziario Ucipem” unica rivista ufficiale – registrata Tribunale Milano n. 116 del 25.2.1984

Supplemento on line   direttore responsabile Maria Chiara Duranti.

direttore editoriale Giancarlo Marcone

Le “news” gratuite si propongono di riprendere dai media e inviare informazioni, di recente acquisizione, che siano d’interesse per gli operatori dei consultori familiari e quanti seguono nella società civile e nelle comunità ecclesiali le problematiche familiari e consultoriali.

            Le news sono così strutturate:

  • notizie in breve per consulenti familiari, assistenti sociali, medici, legali ed altri operatori, responsabili dell’Associazione o dell’Ente gestore con note della redazione {…ndr}.
  • link a siti internet per documentazione.
  • Le notizie, anche con il contenuto non condiviso, vengono riprese nell’intento di offrire documenti ed opinioni di interesse consultoriale, che incidono sull’opinione pubblica.
  • La responsabilità delle opinioni riportate è dei singoli autori, il cui nominativo è riportato in calce ad ogni testo.

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            Il contenuto di questo new è liberamente riproducibile citando la fonte.

Per i numeri precedenti

dal n. 1 (10 gennaio 2004) al n. 526 richiedere a                                        newsucipem@gmail.com

dal n. 527 al n. 546 andare su

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ACCOGLIENZA                              Allontanamenti dei minorenni

ADDEBITO                                       Pensione di reversibilità: spetta anche al separato con addebito.

ADOZIONI                                       Distinguere tra figli adottati e bambini nati in provetta.

ADOZIONI INTERNAZIONALI    A tu per tu con l’adozione.

CHIESA CATTOLICA                    Nel 1976 il Vaticano aprì uno spiraglio al sacerdozio femminile.

CHIESA PROTESTANTE UNITA  Coppie omosessuali: benedizione e comunione.

CINQUE PER MILLE                      Preferenze e importi del 2013, elenco aggiornato iscritti 2015.

COLLOCAZIONE dei FIGLI          Separazione e collocazione del figlio: diritto di scelta del minore.

Commissione Adozioni InternazionaliBielorussia. La lista dei minori è stata formalmente trasmessa.

CONSULTORI familiari UCIPEM  Latiano. Corso “affettività e sessualità”.

Parma Consultorio Famigliapiù. “i nuovi padri”.

DALLA NAVATA                            Pentecoste – anno B –24 maggio 2015.

DANNO                                             Risarcimento danni esistenziali x chi viola obblighi matrimoniali

 FORUM Associazioni Familiari      Prolusione Bagnasco: testimoniare una solida idea di famiglia.

Papa Francesco ci chiama ad un rinnovato impegno

FRANCESCO VESCOVO di Roma Ai genitori separati: mai prendere i figli come ostaggi.

Il ‘genio femminile’ possa manifestarsi pienamente nel mondo!

GIORNATA DELLA FAMIGLIA   Il futuro del Paese è nell’alleanza tra le generazioni.

GRAVIDANZA                                 Niente alcol per futuri papà, anche vizio paterno incide su bebè.

NULLITÀ MATRIMONIALE         Annullamento nozze: stop se la malattia è conosciuta prima.

PARLAMENTO Senato, 2° Comm. Disciplina delle coppie di fatto e delle unioni civili

SINODO SULLA FAMIGLIA          La misericordia è dottrina.

ZIBALDONE                                    Scoperto lato oscuro ormone dell’amore.

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ACCOGLIENZA

Allontanamenti dei minorenni

Progettazione delle accoglienze e sulla prevenzione delle cause degli allontanamenti dei minorenni.

Convegno nazionale di studi – Pompei 15 maggio 2015

–        Il convegno è uno degli eventi della V Settimana Nazionale del Diritto alla Famiglia.

vedi     newsUCIPEM n. 542 – 19 aprile 2014, pag. 2

www.ucipem.com/it/index.php?option=com_content&view=article&id=288;newsucipem-n-542-19-aprile2015

 Gli atti del convegno sono presenti in

www.progettofamiglia.org/it/index.php?page=forum-affido—documenti-di-approfondimento

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ADDEBITO

Pensione di reversibilità: spetta anche al separato con addebito.

Corte di Cassazione, sesta sezione civile, ordinanza n. 9649, 12 maggio 2015.

Il diritto scatta anche nei confronti di chi sia stato ritenuto responsabile della rottura del matrimonio: irrilevante il requisito dello stato di bisogno.

Come noto, alla morte di un familiare, il coniuge di questi, i figli e, in alcuni casi, anche altri congiunti hanno diritto a percepire una percentuale della sua pensione (cosiddetta pensione di reversibilità) in presenza di determinate condizioni indicate dalla legge. Tra i soggetti beneficiari dell’emolumento vi è anche il coniuge separato, al quale il diritto va riconosciuto nonostante la sentenza di separazione sia stata con “addebito” a suo carico, essendo stato ritenuto responsabile per il fallimento del matrimonio. È quanto ha chiarito la Cassazione in una recente pronuncia.

            La Corte richiama i suoi precedenti provvedimenti [Cass. sent. n. 9314/11, n. 24802/10, Cass. n. 6684/09 e n. 15516/03] e ricorda che (a seguito della pronuncia della Corte costituzionale [n. 286/1987] che ha annullato il divieto [Art. 24 L. 30 aprile 1969 n. 153, e art. 23 co. 4 della L. 18 agosto 1962, n. 1357] di erogazione della pensione di reversibilità al coniuge separato per colpa), detto beneficio va riconosciuto anche al coniuge separato con addebito; quest’ultimo va equiparato sotto ogni profilo al coniuge superstite (separato o non) nei cui confronti opera la presunzione legale di vivenza a carico del lavoratore al momento della morte.

            Secondo la Corte, infatti, per entrambi i predetti soggetti [L. 21 luglio 1965, n. 903, art. 22] l’unico requisito per ottenere la pensione di reversibilità è quello dell’esistenza del rapporto coniugale col defunto (pensionato o assicurato) e non, invece, i diversi requisiti (richiesti, invece, per i figli maggiorenni, per i genitori superstiti e per i fratelli e sorelle del defunto, ecc.) della “vivenza a carico” al momento del decesso del coniuge, e dello stato di bisogno.

            A riguardo, i supremi giudici precisano che la Consulta non ha mai individuato – per poter beneficiare della pensione – ulteriori condizioni rispetto a quelle valide per il coniuge non separato con addebito; e ciò – si legge in sentenza – nonostante che essa abbia in più occasioni [] cfr. C. Cost. sent. n. 1009/88 n. 450/89, n. 346/93 e n. 284/97] basato le proprie pronunce sull’esigenza di assicurare al coniuge la continuità di quei mezzi di sostentamento che, in caso di bisogno, il defunto coniuge sarebbe stato tenuto a fornire all’ex, se pur separato con addebito.

            In altre parole, anche se alla morte del coniuge il diritto del marito/moglie superstite alla pensione di reversibilità mira ad evitare a quest’ultimo, anche se separato con addebito, il rischio di trovarsi in stato di bisogno, tale stato di bisogno non rappresenta, tuttavia, una condizione necessaria per il riconoscimento del diritto.

            Maria Elena Casarano          la legge per tutti         19 maggio 2015

www.laleggepertutti.it/88568_pensione-di-reversibilita-spetta-anche-al-separato-con-addebito

sentenza          http://renatodisa.com/2015/05/14/corte-di-cassazione-sezione-vi-ordinanza-12-maggio-2015-n-9649-a-seguito-della-sentenza-della-corte-costituzionale-n-286-dei-1987-che-ha-dichiarato-lillegittimita-costituzionale-della-l-30/

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ADOZIONI

                                   Distinguere tra figli adottati e bambini nati in provetta.

Tre proposte per difendere il diritto alla vita, la tutela dell’anonimato delle “madri segrete” e la netta distinzione tra figli adottivi e figli della provetta. Il presidente del Movimento per la Vita e deputato del gruppo “Per l’Italia”, Gian Luigi Gigli, entra nel dibattito sul Disegno di legge Bossa sul diritto dei figli non riconosciuti alla nascita di accedere alle informazioni sulle proprie origini.

            La scelta più saggia, secondo Gigli, sarebbe la creazione di una sorta di “lista d’attesa parallela” in cui si potrebbero iscrivere, da una parte, coloro che desiderano conoscere le proprie origini e, dall’altra, le madri che hanno scelto di uscire dall’anonimato. Quando le due richieste dovessero coincidere, propone il deputato, si potrebbe mettere in condizione madri e figli di incontrarsi.

            Diverso il caso, secondo il presidente del Movimento per la Vita, delle donne che, al momento del parto, hanno chiesto di restare anonime e non sono tornate indietro sulla propria decisione. “Queste madri – afferma Gigli – dovrebbero essere informate della possibilità di uscire dall’anonimato, ma non dovrebbero essere disturbate”.

            Infine, è necessario rispettare la distinzione tra i figli adottati dopo essere stati partoriti in anonimato e quelli nati grazie alla fecondazione eterologa. “Nel primo caso – afferma il deputato – deve prevalere la richiesta della mamma, considerando che queste nascite sono spesso a rischio aborto o infanticidio. Nel caso dell’eterologa potrebbe invece prevalere il diritto alla conoscenza delle proprie origini”. Il Ddl Bossa prevede che alle madri venga chiesto se sono disposte a rinunciare all’anonimato, “ma rischia di essere emotivamente dirompente e capace di sconvolgere le relazioni familiari nel frattempo ricostituite”. “Se una persona invece fa nascere un bambino ricorrendo ai gameti di un genitore diverso da sé o dal proprio partner – spiega Gigli -, è giusto riconoscere a quel bambino, diventato adulto, il diritto di conoscere i propri genitori biologici. Qui non è a rischio il diritto alla vita e la diversità biologica è stata cercata. Anzi, la trasparenza potrebbe essere un deterrente alla compravendita dei gameti”. Il dovere del Parlamento, conclude Gigli, è quello di “anteporre a ogni altra considerazione il diritto alla vita del nascituro e quello della donna a partorire in condizioni di sicurezza”.

www.aibi.it/ita/gigli-movimento-per-la-vita-distinguere-tra-figli-adottati-e-bambini-nati-in-provetta/

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ADOZIONI INTERNAZIONALI

A tu per tu con l’adozione.

            Da Nord a Sud, quant’è difficile l’adozione internazionale? Le molteplici e svariate domande delle famiglie.

I costi, i “processi” a cui le coppie sono sottoposte da Tribunali e Servizi Sociali, i colloqui con i giudici, il post-adozione, i limiti legislativi e ancora le differenze di costi, in Italia, da ente a ente. Questi sono solo alcuni dei temi sollevati dalle famiglie adottive e coppie in attesa che hanno inviato in questi giorni le loro domande all’email dell’Associazione dei Bambini. Quesiti a cui sarà data una risposta domani, sabato 23 e domenica 24, nel corso dell’Open day Ai.Bi. che si svolgerà in tutte le sedi in Italia di Amici dei Bambini.

            “Perché costa così caro fare un’adozione internazionale?”, “perché ci sono così tante differenze di costi da un ente all’altro?”, chiedono le famiglie, che pure si mostrano propositive. “Perché gli enti autorizzati non si mettono insieme per diminuire i costi di un’adozione?” è una delle soluzioni proposte.

            Anche i tempi fanno la loro parte: “Perché le famiglie che hanno già figli naturali e che desiderano adottare vengono guardate con sospetto se non addirittura ostacolate dalle autorità e dai servizi?” Insomma le istituzioni tenderebbero a rallentare e a mettere i bastoni tra le ruote a chi vuole adottare: “Perché alcuni tribunali rilasciano dei decreti vincolati a una certa età e altri no?” è un’altra delle tante domande pervenute.

            Una tematica che sta a cuore a tante famiglie e che ha riscosso successo anche tra i media. Riportiamo la versione integrale dell’articolo pubblicato da corrieresociale.it il 22 maggio a firma di Emiliano Breccia.

            «Perché costa così caro fare un’adozione internazionale?». «Perché gli enti autorizzati non si mettono insieme per diminuire i costi di un’adozione?». «Perché non vengono aperti nuovi Paesi per adottare?». «Qual è il Paese in cui la permanenza all’estero è più breve?». Tante domande in cerca di risposta. Domande inviate all’indirizzo mail dell’Associazione dei Bambini da coppie e famiglie che hanno deciso di adottare uno o più bambini. Perché da Nord a Sud dell’Italia le famiglie adottive, in attesa di diventarlo o anche semplicemente interessate alle adozioni internazionali e al dono dell’accoglienza, hanno bisogno di formazione, informazione e sensibilizzazione. Lo sanno bene operatori, professionisti ed esperti delle adozioni internazionali che offriranno la loro consulenza nel corso dell’«Open Day Adozioni internazionali», l’iniziativa organizzata dall’Ai.Bi ed in programma in tutte le sedi italiane sabato 23 e domenica 24 maggio.

            «Perché ci sono così tante differenze di costi, in Italia, da ente a ente?». «Perché alcuni tribunali rilasciano dei decreti vincolati ad una certa età ed altri no?». In tema di adozione internazionale, le famiglie chiedono chiarezza e di saperne sempre di più. Perché intoppi burocratici, costi elevati, rallentamenti provocati dai Paesi individuati per adottare i bambini, a volte rendono il cammino dell’adozione particolarmente complesso. Di qui, la necessità di Ai.Bi di rinnovare per il quarto anno consecutivo l’Open Day «A tu x tu con l’adozione internazionale». Le giornate si svilupperanno in due macro-momenti. Nella prima parte saranno illustrati i numeri del crollo delle adozioni internazionali con l’intervento su «Cosa ci dicono i dati»; la seconda parte, invece, sarà incentrato su  «L’adozione in diretta» con  il «Botta e risposta» tra le famiglie adottive e rappresentanti di Servizi territoriali, Enti autorizzati, Tribunali per i minorenni e Politici regionali. Per info:www.aibi.it

Fonte: sociale.corriere.it       Ai. Bi. 22 maggio 2015                     www.aibi.it/ita/category/archivio-news

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CHIESA CATTOLICA

Nel 1976 il Vaticano aprì uno spiraglio al sacerdozio femminile.

Nella primavera del 1976 la Pontificia Commissione Biblica – organo consultivo collegato alla Congregazione per la Dottrina della Fede (il prefetto ne è il presidente) cui Paolo VI, nel 1971, diede il nuovo compito di porsi al servizio del Magistero grazie alla presenza, al suo interno, di eminenti docenti in scienze bibliche – venne incaricata di studiare il ruolo della donna nelle Scritture e in particolare la questione dell’ordinazione sacerdotale femminile. Il parere finale della Commissione non fu affatto negativo. Tuttavia, l’allora prefetto della Cdf, il croato card. Franjo Šeper, che resse il dicastero vaticano negli anni del post-Concilio (1968-1981), non ne tenne conto nella dichiarazione che firmò, nell’ottobre dello stesso anno, sul tema del «posto della donna nella società moderna e nella Chiesa», la Inter insigniores, nella quale ribadì l’esclusione delle donne sancita dalla tradizione.

Il testo del documento di lavoro elaborato dalla Commissione Biblica è ora disponibile in italiano, tradotto e pubblicato dal periodico dei Dehoniani Il Regno (15/4), sulla scia delle affermazioni di papa Francesco in ordine ad un ruolo più significativo delle donne nella Chiesa (precedentemente era stato pubblicato in inglese in appendice al volume a cura di A. Swidler, L. Swidler, Women Priests, New York 1977).

Il documento è firmato dallo stesso Šeper, dal segretario mons. Albert Deschamps, e dai membri della Commissione, tra i quali spiccano nomi eccellenti: Jose Alonso-Diaz, Jean-Dominique Barthelemy, Pierre Benoit, Raymond Brown, Henri Cazelles, Alfons Deissler, Ignace de la Potterie, Jacques Dupont, Salvatore Garofalo, Joachim Gnilka, Pierre Grelot, Alexander Kerrigan, Lucien Legrand, Stanislas Lyonnet, Carlo Maria Martini, Antonio Moreno Casamitjana, Ceslas Spicq, David Stanley, Benjamin Wambacq, Marino Maccarelli. Alla presenza di 17 dei 20 membri, scrive Il Regno, vennero messe ai voti ed approvate tre questioni: 1) il Nuovo Testamento non afferma in modo chiaro se le donne possono diventare prete (voto unanime); 2) i motivi scritturistici non sono sufficienti da soli a escludere la possibilità dell’ordinazione delle donne (12 a 5); 3) il piano di Cristo non sarebbe violato con l’ordinazione delle donne (12 a 5).

Le conclusioni dei biblisti. Dopo un ampio excursus sul ruolo della donna nelle scritture bibliche e sul ministero di guida esercitato dagli apostoli, gli esperti della Commissione Biblica, osservando che «il carattere maschile dell’ordine gerarchico che ha strutturato la Chiesa fin dal suo inizio pare attestato dalla Scrittura in modo innegabile», si chiedevano: «Dobbiamo concludere che questa regola deve rimanere valida per sempre nella Chiesa?».

«Di fatto – osservava la Commissione – non abbiamo prove che al tempo del Nuovo Testamento questi ministeri fossero affidati a donne. Due testi (1Cor 14,33-35 e 1Tm 2,11-15) vietano alle donne di parlare e di insegnare nelle assemblee. Tuttavia, senza entrare nei dubbi sollevati da alcuni sulla loro autenticità paolina, è possibile che essi si riferiscano soltanto ad alcune concrete situazioni e abusi. È possibile che altre situazioni spingano invece la Chiesa ad assegnare alle donne il ruolo di insegnare, che costituisce una funzione appartenente alla responsabilità di guida e che questi due passaggi negano. È possibile che si verifichino circostanze nelle quali la Chiesa si senta chiamata ad affidare ad alcune donne i ministeri sacramentali?». È quanto accaduto per il battesimo, il quale, benché affidato agli apostoli, può essere amministrato anche da altri e, almeno in epoca tardiva, fu consentito anche alle donne. «Arriveremo a fare lo stesso – si chiedevano i teologi – anche con il ministero dell’eucaristia e della riconciliazione, che manifestano in modo eminente il servizio del sacerdozio di Cristo di cui sono incaricate le guide della comunità?». «Non pare che il Nuovo Testamento, preso da solo, permetta di risolvere in modo chiaro e definitivo il problema del possibile accesso delle donne al presbiterato», concludevano. «Alcuni ritengono che nella Scrittura vi siano sufficienti indicazioni per escludere una tale possibilità, soprattutto in considerazione del fatto che i sacramenti dell’eucaristia e della riconciliazione hanno un particolare legame con la persona di Cristo, e quindi con la gerarchia maschile così come è nata dal Nuovo Testamento. Altri, al contrario, si chiedono se la gerarchia ecclesiastica, cui è affidata l’economia sacramentale, non potrebbe affidare i ministeri dell’eucaristia e della riconciliazione a donne in particolari circostanze, senza andare contro le intenzioni originali di Cristo».

La direzione contraria del card. Šeper. Qualche mese dopo, il card. Šeper fece tabula rasa di questo studio, affermando che non si può definire “vocazione” quella che alcune donne sentono nei confronti del ministero sacerdotale: «Una tale attrattiva – scrisse nella Inter insigniores – per quanto nobile e comprensibile, non costituisce ancora una vocazione. Questa, infatti, non potrebbe ridursi alla sola inclinazione personale, che può restare puramente soggettiva. Poiché il sacerdozio è un ministero peculiare di cui la Chiesa ha ricevuto l’incarico e il controllo, l’autenticazione da parte della Chiesa risulta qui indispensabile; essa fa parte costitutiva della vocazione: il Cristo ha scelto “coloro che egli voleva” (Mc 3,13). Al contrario, esiste una vocazione universale di tutti i battezzati all’esercizio del sacerdozio regale mediante l’offerta della vita a Dio e la testimonianza come lode a Dio». Pertanto, proseguiva il cardinale, «le donne che formulano la loro richiesta in ordine al sacerdozio ministeriale sono certo ispirate dal desiderio di servire Cristo e la Chiesa. Né desta sorpresa il fatto che esse, al momento in cui prendono coscienza delle discriminazioni di cui sono state oggetto, giungano al punto di desiderare lo stesso sacerdozio ministeriale. Non bisogna, tuttavia, dimenticare che il sacerdozio non fa parte dei diritti della persona, ma dipende dall’economia del mistero di Cristo e della Chiesa. La funzione del sacerdote non può essere ambita come termine di una promozione sociale; nessun progresso puramente umano della società o della persona può di per se stesso darvi accesso: si tratta di un ordine diverso».

Nel corso degli anni nessun passo avanti fu fatto rispetto alla pietra posta sulla questione da Šeper, anzi: nel 1998, nella “Nota dottrinale illustrativa” a corredo della lettera apostolica di Wojtyla Ad tuendam fidem, il suo successore alla Cdf, l’allora card. Joseph Ratzinger, sancì che «la dottrina sull’ordinazione sacerdotale da riservarsi solo agli uomini», anche se non definita dogmaticamente, «è da ritenersi in modo definitivo». Quattro anni prima, nel 1994, Ratzinger aveva affermato con chiarezza, commentando la lettera apostolica di Wojtyla Ordinatio sacerdotalis, che «la Chiesa non ha la possibilità di cambiare la sua prassi perché non è pura prassi, non è pura disciplina, ma espressione della fede della Chiesa stessa che risulta dalla Rivelazione». Il sacerdozio maschile, aggiungeva Ratzinger, «è una realtà che precede la volontà della Chiesa, una volontà precisa del Signore stesso e la Chiesa non può far altro che obbedire nell’obbedienza della fede». Anzi: chi non lo fa «ovviamente si separa dalla fede nella Chiesa».

Ma gli esperti, i biblisti, non la pensavano così. Il loro documento è integralmente disponibile sul sito de Il Regno.                               www.dehoniane.it/control/ilregno/articoloRegno?idArticolo=988868

Ludovica Eugenio      adista notizie n. 20          www.adistaonline.it/index.php?op=articolo&id=55031

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CHIESA PROTESTANTE UNITA

Coppie omosessuali: benedizione e comunione.

La stampa ne ha parlato in lungo e in largo nello scorso fine settimana. La Chiesa protestante unita di Francia (EPUF) autorizza i suoi pastori a benedire le persone dello stesso sesso sposate civilmente. Dopo un lungo processo di riflessione, iniziato molto prima del dibattito politico sul matrimonio gay, il sinodo di questo organismo che federa i riformati e i luterani della Francia interna (ne sono esclusi quelli di Alsazia-Lorena) ha votato a larghissima maggioranza questo cambiamento.

Fino a quel momento, all’interno della Federazione protestante, solo la Mission Populaire évangélique de France, ramo sociale e molto impegnato, aveva fatto questa scelta. L’anno scorso, l’Unione delle Chiese protestanti di Alsazia-Lorena (UEPAL) ha scelto di rinviare la decisione sull’argomento.

È interessante vedere come il sinodo dell’EPUF ha organizzato il suo lavoro. Il cambiamento si inserisce nel quadro più generale di un lavoro sulla benedizione. Nel testo della decisione adottata, si può leggere che l’EPUF “riceve con umiltà e fiducia questa missione di essere testimone del Vangelo nell’accompagnamento delle persone e delle coppie. L’accoglienza di tutte e tutti coloro che si rivolgono ad essa e i gesti di benedizione che essa può offrire da parte di Dio sono tutti modi di dire la buona notizia del suo amore che ci raggiunge per primo e di trasmettere il suo invito a vivere in relazione con lui”.

Per i luterano-riformati francesi “benedire significa offrire un segno e una parola che dicono l’amore di Dio e la sua presenza; non si tratta di fare un atto magico che costringerebbe Dio ad esserci favorevole; non significa neppure che lui approverebbe i nostri progetti”.

Si tratta di accompagnare degli uomini e delle donne e di indicare che Dio li ama indipendentemente dal loro cammino. Solo dopo un lungo studio del senso della benedizione il documento afferma che “il sinodo apre la possibilità, per coloro che vi vedono un giusto modo di testimoniare il Vangelo, di praticare una benedizione liturgica delle coppie sposate dello stesso sesso che vogliono presentare la loro unione davanti a Dio”.

Per i luterani riformati questo non significa cedere allo spirito dei tempi, né rispondere sotto la pressione delle richieste delle coppie dello stesso sesso. Le ragioni primarie di questa scelta sono da ricercare nelle prime parole della decisione votata: “Come accompagnare i nostri contemporanei stando il più possibile vicini alla loro esistenza, nelle loro gioie e nelle loro pene, sui percorsi che essi scelgono e in quelli che subiscono, nelle loro unioni e nelle loro separazioni, per permettere loro di udire una buona notizia che dà senso e sapore all’intera loro vita?”

Il testo precisa che la questione si “inserisce nella volontà dell’EPUF di onorare la sua vocazione a testimoniare il Vangelo”. Nei termini scelti – le gioie e le pene – si può sentire un’eco, lontana ma di sostanza, della celebre costituzione pastorale Gaudium et Spes  del Concilio Vaticano II (1965). Un testo segnato dalla volontà di evoluzione del modo di essere presenti agli uomini e alle donne nelle realtà del tempo.

Anche per alleggerire in anticipo gli effetti diplomatico-ecclesiali di questa scelta, il testo insiste sulla necessaria comunione da mantenere sia all’interno – non c’è unanimità nell’EPUF – sia “nel dialogo con le altre Chiese, in particolare in seno alla Federazione protestante di Francia”.

La comunione richiesta si basa “sul nostro comune radicamento in Gesù Cristo, nostro Signore e Salvatore, al di là delle pratiche diverse nell’accoglienza e nell’accompagnamento delle persone e delle coppie”.

Questo aspetto è sfuggito ai responsabili del Consiglio nazionale degli Evangelici di Francia (CNEF), che hanno giudicato la decisione “costernante”.  Il breve comunicato è senza appello, denuncia la benedizione come una pratica “condannata senza equivoco dalla Bibbia” e fustiga la promozione di una “grazia a buon mercato ben lontana dal Vangelo di Gesù Cristo e delle sue esigenze in materia di etica di vita”.

Il CNEF accusa l’EPUF di “fare della benedizione un semplice accompagnamento della volontà delle persone che la richiedono invece di farne un’occasione pastorale di scoperta, insieme a loro, della volontà di Dio”. Sottintendendo in questo modo che l’accompagnamento esclude la scoperta. E, cosa ancor più sorprendente, che un pastore sia in grado di conoscere la volontà di Dio sul progetto di una persona. Il che sembra molto presuntuoso.

Infine per il CNEF, che ricorda che gli evangelici rappresentano il 70% dei praticanti regolari del protestantesimo francese, il voto del 17 maggio “segnerà in maniera negativa le relazioni che l’EPUF intrattiene con i protestanti evangelici e complicherà anche le relazioni con le altre Chiese”.

Per le autorità cattoliche, la questione del sacramento del matrimonio per le coppie dello stesso sesso è ancora solo fantascienza. Ma l’idea di un gesto ecclesiale merita di essere approfondita (Esistono riti per la benedizione dei campi, delle greggi, delle case). Il che eviterebbe le benedizioni clandestine, praticate qua e là in grande discrezione. Una realtà che i luterani-riformati di Francia non saranno più costretti a vivere.

Philippe Clanché in “cathoreve.over-blog.com”, 20 maggio 2015.

Traduzione                  www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt201505/150523clanche.pdf

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CINQUE PER MILLE

Preferenze e importi del 2013, elenco aggiornato iscritti 2015.

I dati relativi alle preferenze espresse dai contribuenti nel 2013 per la destinazione del 5 per mille e agli importi attribuiti agli enti che hanno chiesto di accedere al beneficio sono stati raccolti in otto elenchi: Onlus e volontariato (ammessi ed esclusi), ricerca scientifica (ammessi ed esclusi), ricerca sanitaria (ammessi), comuni di residenza (ammessi) e associazioni sportive dilettantistiche (ammesse ed escluse).

Vengono resi disponibili in ordine decrescente di importo attribuito a ciascun nominativo con l’indicazione dei dati della Regione, della Provincia e del Comune in cui ha sede l’ente.

L’Agenzia delle entrate, che ha curato la formazione dell’elenco delle Onlus e degli enti del volontariato, collabora con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali per l’erogazione delle somme agli aventi diritto. Per velocizzare i tempi di pagamento, è opportuno che tutti gli enti interessati forniscano all’Agenzia le proprie coordinate bancarie o postali, con le modalità illustrate nell’apposita pagina: procedura per il pagamento del beneficio.

www.agenziaentrate.gov.it/wps/content/nsilib/nsi/documentazione/archivio/archivioschedeadempimento/schede+adempimento+2013/richiedere+2013/contributo+5xmille2013Elenchi ammessi ed esclusi 2013

Procedura per il pagamento del beneficio. Gli enti del volontariato ammessi al beneficio del 5 per mille possono comunicare le proprie coordinate bancarie o postali necessarie per l’accredito su conto corrente. Infatti, l’Agenzia delle entrate cura la formazione dell’elenco delle Onlus e degli enti del volontariato e collabora con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali per l’erogazione delle somme agli aventi diritto. Per velocizzare i tempi di pagamento, è opportuno che tutti gli enti interessati, tramite il rappresentante legale forniscano all’Agenzia le proprie coordinate bancarie o postali, nei seguenti modi:

  • accedendo ai servizi telematici (tramite il pin code) e utilizzando l’apposita procedura
  • consegnando presso un ufficio dell’Agenzia il modello per la richiesta di accreditamento su conto corrente bancario o postale di rimborsi fiscali e di altre forme di erogazione riservato a soggetti diversi dalle persone fisiche – pdf

Gli enti che non comunicano le proprie coordinate, ovvero che non dispongono di un conto corrente, vengono pagati con modalità alternative all’accredito dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

            Ricordiamo inoltre che entro il 30 giugno 2015 va inviata, tramite raccomandata con ricevuta di ritorno o pec, la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà con documento del legale rappresentante alla Direzione regionale dell’Agenzia delle entrate

www.agenziaentrate.gov.it/wps/content/Nsilib/Nsi/Documentazione/Archivio/ArchivioSchedeAdempimento/Schede+adempimento+2013/Richiedere+2013/Contributo+5xmille2013/Procedura+pagamento+categoria+volontariato+2013

Sono anche pubblicati  gli elenchi definitivi dei soggetti che hanno chiesto di accedere al beneficio del 5 per mille 2015. Gli elenchi degli Enti del volontariato sono stati aggiornati ed integrati rispetto a quelli pubblicati il 14 maggio 2015 per eliminare duplicazioni, correggere dati anagrafici errati e per inserire enti riammessi a seguito della verifica di errori di iscrizione. Per agevolare la consultazione degli elenchi è stato realizzato un Motore di ricerca motore di ricerca.

www.agenziaentrate.gov.it/wps/content/Nsilib/Nsi/Home/CosaDeviFare/Richiedere/Iscrizione+elenchi+5+per+mille+2015/Elenchi+5xmille2015/Elenchi+iscritti+5xmille2015/Iscritti+definitivi+2505+5xmille2015

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COLLOCAZIONE dei FIGLI

            Separazione e assegnazione del figlio: diritto di scelta del minore.

Collocazione e audizione del minore: nel caso di separazione dei genitori, il minore ha diritto di manifestare la propria preferenza sul genitore con il quale andare a vivere.

Nell’ambito del giudizio di separazione dei coniugi, il giudice, al momento della scelta del genitore presso cui collocare il minore, è obbligato a tenere in debita considerazione la preferenza espressa da quest’ultimo. Così se decide in modo difforme da tale indicazione, dovrà anche motivarlo in sentenza in modo dettagliato. È questo il principio espresso dalla Cassazione con una recente sentenza [Cass. sent. n. 6129 del 26.03.2015]: un principio sottolineato ancor di più dall’ultima riforma del diritto di famiglia di recente approvazione [L. n. 154 del 2013].

            La Suprema Corte rilancia, così, l’importanza dell’ascolto del minore nel processo che decide il suo affidamento e collocazione. Il giudice, infatti, non può disattendere le preferenze del ragazzo per un genitore o per l’altro senza motivare dettagliatamente le ragioni di tale sua decisione difforme. Non solo. Se il magistrato ignora, senza ragioni, le richieste dei figli, in sede di appello l’ascolto deve essere ripetuto.

            L’ascolto del minore diventa così un momento imprescindibile e necessario della causa, che non può mai essere evitato, e va a indirizzare anche la decisione finale del giudice. Il che è espressione anche del diritto del minore a essere informato e a poter “dire la sua”nei procedimenti che lo riguardano.

            Tale prioritario rilievo non determina – conclude Piazza Cavour – l’obbligo del giudice di conformarsi alle indicazioni del minore in ordine al modo di condurre la propria esistenza, potendo la valutazione complessiva del suo superiore interesse portare a discostarsi da esse. È tuttavia, necessaria una puntuale giustificazione della decisione assunta dal magistrato in contrasto con le dichiarazioni del minore: per esempio, potrà giustificarla alla luce delle ridotte capacità di discernimento del piccolo, anche in relazione all’intensità del conflitto genitoriale.

            La necessità di garantire la massima partecipazione del minore nella determinazione delle decisioni che hanno riflessi sulla sua esistenza è affermata anche nella Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli [Ratificata dall’Italia con L. 20 marzo 2003, n. 77], nell’ambito della quale vengono proclamati come diritti del bambino, capace di sufficiente discernimento, tanto quello di ricevere informazioni adeguate, quanto quello di esprimere le proprie opinioni; opinioni che devono essere tenute in debito conto dai soggetti deputati a prendere decisioni in ordine alla vita del minore stesso.

            Le disposizioni di tale Convenzione, infatti, sono soprattutto finalizzate a garantire che i minori possano sempre partecipare ai procedimenti giudiziari che li riguardano e ricevere tutte le informazioni necessarie. In particolare stabiliscono:

  • che un bambino che per il diritto del suo Stato ha una sufficiente capacità di discernimento ha diritto di ricevere ogni informazione relativa al procedimento in corso, di esprimere la propria opinione e di essere informato delle eventuali conseguenze del suo comportamento;
  • che il bambino ha il diritto di chiedere, personalmente o tramite altre persone od organismi, la designazione di un rappresentante speciale nei procedimenti giudiziari che lo riguardano quando la legge nazionale priva i detentori della responsabilità di genitori della facoltà di rappresentarlo a causa di un conflitto di interessi,
  • che l’autorità giudiziaria ha l’obbligo, prima di prendere qualsiasi decisione, di verificare se il minore abbia ricevuto sufficienti informazioni, e di tenere in debito conto l’opinione del minore.

Raffaella Mari                       legge per tutti                        4 maggio 2015

www.laleggepertutti.it/88898_separazione-e-assegnazione-del-figlio-diritto-di-scelta-del-minore

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COMMISSIONE ADOZIONI INTERNAZIONALI

Bielorussia. la lista dei minori è stata formalmente trasmessa.

            Nel clima di collaborazione e di reciproca affidabilità, che caratterizza i rapporti tra la Commissione per le Adozioni Internazionali e le Autorità della Repubblica di Bielorussia, la Commissione, dopo un lavoro condiviso con l’Ambasciata Bielorussa, ha trasmesso ufficialmente la lista dei minori e degli aspiranti genitori in possesso dei requisiti richiesti, affinché i singoli casi possano essere valutati dalle Autorità bielorusse.

            Comunicato stampa              19 maggio 2015

www.commissioneadozioni.it/it/notizie/2015/bielorussia-lista-dei-minori-ufficialmente-trasmessa.aspx

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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM

                        Latiano. Corso “affettività e sessualità”.

Procede il I corso di Formazione e Aggiornamento “Affettività e Sessualità”: linee guida per educatori, genitori e docenti degli Istituti scolastici, presso la Sala Flora del Comune di Latiano.

76 i partecipanti all’iniziativa tra educatori di tutte le comunità per minori, per donne con minori del territorio latianese, docenti dell’Istituto Comprensivo e genitori.

La modalità partecipata interattiva sta consentendo la redazione di specifici report, sulle diverse tematiche trattate, frutto del confronto nei diversi focus group e in plenaria.

Si allega link del servizio giornalistico realizzato da mesagne.tv, in occasione del terzo appuntamento.                                                                                       https://youtu.be/AuI7qjSTKvs

www.beatobartololongo.it

Parma Consultorio Famigliapiù. “i nuovi padri”.

Giovedì 4 giugno ore 18 “I nuovi padri” con Alessandro Volta, pediatra e Erika Vitrano, psicologa perinatale.                                             www.famigliapiu.it/Primavera%20in%20Famiglia-2015.pdf

via Nino Bixio 71 Parma 43125                     telefono 0521.234396                        segreteria@famigliapiu.it

www.famigliapiu.it

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DALLA NAVATA

                                   Pentecoste – anno B –24 maggio 2015.

Atti                   02.01 «Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo.»

Salmo             104.30 «Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra.»

Galati               05.27 «Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé»

Giovanni         15.26 «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.»

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DANNO

Risarcimento danni esistenziali per chi viola gli obblighi del matrimonio.

Necessarie condotte gravi che violano i diritti fondamentali della persona. Quando il giudice è chiamato a decidere sulla separazione della coppia sposata (cosiddetta separazione giudiziale), verifica se a uno dei due coniugi sia addebitabile la colpa della rottura del legame. A tal fine verifica se sia stato posto un comportamento contrario ai doveri del matrimonio. Tali doveri consistono nell’obbligo alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione.

Fino a poco tempo fa si è sempre creduto che la violazione di uno di tali doveri comportasse, come unica conseguenza, la dichiarazione di addebito che, nella pratica, si traduce, a danno del coniuge addebitato, nella perdita:

  • dei diritti di successione (in sostanza, chi ha subìto l’addebito non potrà essere erede dell’altro coniuge separato);
  • del diritto al mantenimento (in pratica, chi ha subìto l’addebito, anche se economicamente più debole, non può pretendere l’assegno mensile, fermo restando solo il diritto agli alimenti – quando vi sia una situazione di totale indigenza – consistente nello stretto necessario per vivere).

Tuttavia, con il passare degli anni i giudici hanno via via affermato che, oltre alla dichiarazione di addebito, è giusto anche punire chi sia venuto meno all’obbligo, contratto con il matrimonio, di essere vicino e solidale con il proprio coniuge. Si è così affermato il diritto al risarcimento del “danno esistenziale”.

            Secondo la Cassazione [sent. n. 20111 del 24.09.2011] il danno esistenziale consiste nel peggioramento delle condizioni di vita quotidiane, da risarcire tutte le volte in cui l’illecito abbia violato diritti fondamentali della persona quale è quello alla salute fisica e psichica.

            In pratica, per poter essere risarciti dall’altro coniuge che ha violato i doveri del matrimonio, si deve aver subito uno sconvolgimento delle abitudini di vita tale da aver alterato la stessa vita quotidiana, sia all’interno che all’esterno del nucleo familiare.

            Secondo il tribunale di Milano [sent. del 4.06.2002] il danno esistenziale è risarcibile quando ricorrano i seguenti presupposti:

  • Un’obiettiva gravità della condotta assunta dall’altro coniuge in violazione di uno o più doveri nascenti dal matrimonio;
  • un danno oggettivo conseguente a carico dell’altro coniuge che sia stato determinato non tanto dalla crisi coniugale quanto piuttosto dalla condotta trasgressiva e perciò lesiva, dell’ex, proprio in quanto posta in essere in aperta e grave violazione di uno o più dei doveri coniugali (il caso riguardava la condotta del marito che, nei primi mesi di gravidanza della moglie, si era comportato in modo tale da indurre nella stessa un senso di abbandono, lasciandola sola, senza occuparsi di lei, in un momento per lei particolarmente difficile).

Un esempio concreto di risarcimento del danno esistenziale è quello del tradimento avvenuto per anni insieme a uno stretto amico/a del coniuge, con modalità particolarmente offensive.

Redazione       la legge per tutti         13 maggio 2015

www.laleggepertutti.it/88153_risarcimento-danni-esistenziali-per-chi-viola-gli-obblighi-del-matrimonio        

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FORUM DELLE ASSOCIAZIONI FAMILIARI

Prolusione Bagnasco: testimoniare alla società una solida idea di famiglia.

L’odierna prolusione del card. Bagnasco conferma il profondo radicamento della Chiesa italiana nel vivo delle vicende storiche, da quelle più drammatiche, come la tragedia dei migranti, con un forte richiamo alla corresponsabilità dell’Europa, definita giustamente “avara”, fino alle prospettive di speranza, come l’Expo o i timidi segnali di ripresa, mentre, “la disoccupazione resta la piaga del nostro tempo“.

Come Forum accogliamo con grande sintonia e conforto la chiarezza con cui Bagnasco fa riferimento “alla famiglia e al matrimonio come ad un patrimonio dell’umanità, comunità d’amore, grembo fecondo di vita e di futuro, palestra primaria di dialogo e di relazioni tra generi e generazioni, presidio di stabilità personale e collettiva”.

Un riconoscimento del valore della famiglia come società naturale, non solo come valore sacramentale ma come un’esperienza di bene per sé e per gli altri, sperimentabile da tutti gli uomini e le donne.

Per questo condividiamo l’allarme per “il ddl sulle cosiddette unioni civili e convivenze” che disegna “delle unioni civili omosessuali in senso paramatrimoniale. Questa equiparazione riguarda anche la possibilità di adozione, che per ora si limita all’eventuale figlio del partner. È evidente che – come è successo in altri Paesi – l’adozione di bambini sarà estesa senza l’iniziale limitazione. Così come è evidente, ancora alla luce di quanto accade altrove, che presto sarà legittimato il ricorso al cosiddetto “utero in affitto”, che sfrutta indegnamente le condizioni di bisogno della donna e riduce il bambino a mero oggetto di compravendita”.

Confidiamo che il Parlamento raccolga l’invito a recuperare maggiore equilibrio su questo tema, e soprattutto riscopra il “buon senso” di non imporre a colpi di maggioranza l’ideologia di pochi al senso comune dei molti.

Sottoscriviamo anche la preoccupazione per l’inserimento nella riforma della scuola di proposte educative e antropologie ideologiche, come “quella che prevede l’insegnamento della parità di genere in tutti gli istituti. Una simile previsione sembra rappresentare l’ennesimo esempio di quella che Papa Francesco ha definito colonizzazione ideologica” che è altro dall’educare al rispetto di tutti.

Per questi motivi, ma soprattutto per la voglia di testimoniare la bellezza della famiglia, il Forum, all’inizio del Sinodo sulla famiglia sarà “alla Veglia di preghiera in Piazza San Pietro”. Da oggi le nostre associazioni si stanno già preparando, perché dalla piazza di ottobre rinasca la responsabilità di ogni famiglia di diventare costruttori di speranza e di futuro per sé, per i propri figli, per il Paese tutto.

Comunicato stampa 19 maggio 2015                     www.forumfamiglie.org/comunicati.php

Papa Francesco ci chiama ad un rinnovato impegno nella vita sociale, culturale e politica del paese.

«Ascoltando il vescovo di Roma, nel suo intervento al Consiglio permanente della Cei, sentiamo come membri della Chiesa la responsabilità del richiamo a portare “la gioia del Vangelo, in questo momento storico ove spesso siamo accerchiati da notizie sconfortanti, da situazioni locali e internazionali che ci fanno sperimentare afflizione e tribolazione” afferma Francesco Belletti, presidente del Forum.

«Ognuno di noi deve essere il sorriso del mondo, testimoniando la Buona Notizia, e dando sapore ad ogni istante della vita nostra e di tutti. Per questo Papa Francesco ha richiamato proprio Matteo: “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà rendere salato? A null’altro serve che a essere gettato via e calpestato dagli uomini”.

«Papa Francesco chiama quindi la Chiesa italiana tutta, e non solo i vescovi, ma ogni cristiano, ad una responsabilità grande, su diverse questioni: “Consolare, aiutare, incoraggiare, senza alcuna distinzione, tutti i nostri fratelli oppressi sotto il peso delle loro croci… Non essere timidi o irrilevanti nello sconfessare e nello sconfiggere una diffusa mentalità di corruzione pubblica e privata… difendere il popolo dalle colonizzazioni ideologiche che gli tolgono l’identità e la dignità umana”

«Insomma, una grande chiamata a ridestare la speranza e la gioia nel Paese: ai vescovi, ai sacerdoti, e ai laici, ciascuno con la propria specificità e il proprio mandato.

«E noi, come Forum delle associazioni familiari, nel nostro compito di presenza nella vita sociale, culturale e politica del Paese, raccogliamo con grande fedeltà e prontezza anche la rinnovata chiamata all’impegno socio politico, alla formazione ad esso, da laici, nella nostra piena responsabilità, in sintonia con la Dottrina sociale della Chiesa e con la comunità ecclesiale, nella risonanza e nel dialogo con i pastori» conclude Belletti. «Proprio come dice Papa Francesco, “laici che hanno una formazione cristiana autentica, non dovrebbero aver bisogno del vescovo-pilota, o del monsignore-pilota o di un input clericale per assumersi le proprie responsabilità a tutti i livelli, da quello politico a quello sociale, da quello economico a quello legislativo! Hanno invece tutti la necessità del vescovo pastore».

Comunicato stampa 18 maggio 2015                     www.forumfamiglie.org/comunicati.php

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FRANCESCO VESCOVO DI ROMA

Papa ai genitori separati: mai prendere i figli come ostaggi.

I genitori riassumano il loro ruolo educativo, perché i figli crescano nella responsabilità di sé e degli altri. E nelle separazioni i figli non siano presi mai come “ostaggio”. Con queste raccomandazioni, il Papa all’udienza generale ha proseguito la propria riflessione sulla famiglia e sulla sua “naturale vocazione a educare i figli”. Quindi, ha ricordato che domenica i cattolici in Cina pregheranno la beata Vergine Maria Aiuto dei Cristiani.

Nell’educazione dei figli, “è ora che i padri e le madri ritornino” dall’esilio in cui si sono chiusi e riassumano “pienamente” il loro ruolo affinché i giovani “crescano nella responsabilità di sé e degli altri”. È l’esortazione di Papa Francesco che, salutando le tante famiglie giunte in Piazza San Pietro, ha voluto sottolineare come oggi il rapporto tra genitori e figli debba tornare ad essere di “saggezza” ed “equilibrio”, con i figli che obbediscono ai genitori – “ciò piace a Dio”, ha ricordato – e i genitori che non esasperano i figli. Lo sguardo quindi “ai nostri tempi”, in cui “non mancano le difficoltà”.

“E’ difficile educare per i genitori che vedono i figli solo la sera, quando ritornano a casa stanchi di lavorare. Quelli che hanno la fortuna di avere lavoro! E’ ancora più difficile per i genitori separati, che sono appesantiti da questa loro condizione”.

Nelle separazioni, mai prendere i figli come ostaggio. Ma “tante volte”, ha constatato il Papa riferendosi a quelli che ha definito “matrimoni separati”, “il figlio è preso come ostaggio”, con i genitori che parlano “male” l’uno dell’altro: “Mai, mai, mai prendere il figlio come ostaggio! Voi siete separati per tante difficoltà e motivi. La vita vi ha dato questa prova: ma che i figli non siano quelli che portano il peso di questa separazione, che i figli non siano usati come ostaggi contro l’altro coniuge, crescano sentendo che la mamma parla bene del papà, benché non siano insieme, e che il papà parla bene della mamma”.

Crisi tra società e famiglia. D’altra parte, ha aggiunto, si è “aperta una frattura tra famiglia e società, tra famiglia e scuola”, perché il “patto educativo” si è rotto: “L’alleanza educativa della società con la famiglia è entrata in crisi perché è stata minata la fiducia reciproca”.

Esperti hanno “zittito” i genitori . “Intellettuali ‘critici’ di ogni genere”, ha notato, hanno “zittito” i genitori in mille modi, parlando addirittura di “danni” dell’educazione familiare”. La famiglia, ha denunciato, è stata accusata “di autoritarismo, di favoritismo, di conformismo, di repressione affettiva che genera conflitti”, con i genitori costretti solo ad “ascoltare, imparare e adeguarsi” ai “cosiddetti esperti”: questi – ha proseguito – “hanno occupato il ruolo dei genitori anche negli aspetti più intimi dell’educazione”, facendo sì che padri e madri, “appesantiti”, arrivassero a non correggere “mai” i figli: “Tendono ad affidarli sempre più agli “esperti”, anche per gli aspetti più delicati e personali della loro vita, mettendosi nell’angolo da soli; e così i genitori oggi corrono il rischio di autoescludersi dalla vita dei loro figli”.

Un episodio personale, Citando, come spesso fa, episodi personali, il Papa ha ricordato quando da bambino disse “una brutta parola alla maestra”: subito fu chiamata la madre, che “con tanta dolcezza” lo invitò a scusarsi, per poi riaffrontare la questione “a casa”: “Oggi, se la maestra fa una cosa del genere, il giorno dopo si trova i due genitori o uno dei due a rimproverarla, perché gli ‘esperi’ dicono che i bambini non si devono rimproverare così. Sono cambiate le cose! Pertanto i genitori non devono autoescludersi dall’educazione dei figli”.

I genitori compensano sbagli con amore. È evidente, dunque, che questa impostazione “non è armonica, non è dialogica e invece di favorire la collaborazione tra la famiglia e le altre agenzie educative” le contrappone. Certo, ha riflettuto il Papa, alcuni “modelli educativi del passato” avevano dei limiti, ma “ ci sono sbagli che solo i genitori sono autorizzati a fare”, perché possono compensarli con l’amore, “quello che Dio ci dona”. Purtroppo oggi “la vita è diventata avara di tempo per parlare, riflettere, confrontarsi”, perché molti genitori sono “sequestrati dal lavoro”, “imbarazzati dalle nuove esigenze dei figli e dalla complessità della vita attuale”: quindi “si trovano come paralizzati dal timore di sbagliare”. Il sostegno allora può venire dalle “comunità cristiane” attraverso “la luce della Parola di Dio”: “Anche nelle migliori famiglie bisogna sopportarsi, e ci vuole tanta pazienza! Tanta pazienza per sopportarsi. Ma è così la vita! La vita non si fa in laboratorio, si fa nella realtà. Lo stesso Gesù è passato attraverso l’educazione familiare”.

Bollettino radiogiornale radio vaticana 20 maggio 2015              http://it.radiovaticana.va/radiogiornale

testo ufficiale              http://w2.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2015/documents/papa-francesco_20150520_udienza-generale.html

 

Il ‘genio femminile’ possa manifestarsi pienamente nel mondo!”.

Il Messaggio del Santo Padre al card. Turkson in occasione della conferenza internazionale “Donne verso l’Agenda per lo Sviluppo post-2015: quali sfide dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile?”

            Chi è impegnato nella difesa della dignità delle donne e nella promozione dei loro diritti, deve lasciarsi guidare dallo spirito di umanità e di compassione al prossimo, in modo da far manifestare pienamente il “genio femminile” a beneficio dell’intera società. Questo, in sintesi, il cuore del Messaggio inviato oggi da Papa Francesco al cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace.

            L’occasione è la conferenza internazionale “Donne verso l’Agenda per lo Sviluppo post-2015: quali sfide dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (OSS)?”, in corso a Roma, promossa e organizzata dallo stesso dicastero insieme alla World Union of Women’s Catholic Organisations (WUCWO) e alla World Women’s Alliance for Life and Family (WWALF):

            Il Papa esprime “vivo compiacimento” per l’iniziativa, “volta a dare voce alle istanze promosse dall’universo cattolico femminile nei processi internazionali che stanno portando alla configurazione, a livello delle Nazioni Unite, di una nuova Agenda per lo Sviluppo post-2015”. Un documento, questo, al quale “desiderano contribuire tante donne e uomini impegnati nella difesa e promozione della vita e nella lotta alla povertà, alle schiavitù e alle ingiustizie che, purtroppo, ancora troppo spesso vengono subite prevalentemente dalle donne di tutte le età e dovunque nel mondo”, sottolinea il Pontefice.

            Osserva, quindi, che ancora oggi, in diverse parti del pianeta, ci sono donne che “si trovano ad affrontare sfide e problematiche differenti”. Nel mondo occidentale, ad esempio, esse subiscono “discriminazioni in campo lavorativo; sono spesso forzate a scegliere tra lavoro e famiglia; la loro vita di fidanzate, mogli, madri, sorelle, nonne, non di rado conosce purtroppo la violenza”.

            Ancora peggio, nei Paesi in via di sviluppo e in quelli più poveri, le donne – denuncia Bergoglio – sono costrette “a portare sulle spalle il peso maggiore; sono loro che percorrono chilometri al giorno in cerca di acqua; che troppo spesso muoiono nel dare alla luce un figlio; che vengono rapite a fini di sfruttamento sessuale o forzate a sposarsi in età troppo giovane o contro la loro volontà; a volte viene addirittura loro negato il diritto alla vita solo perché di sesso femminile”.

            Tutte queste problematiche si riflettono nelle proposte di Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile che attualmente vengono discusse in seno alle Nazioni Unite. “Le questioni legate alla vita sono intrinsecamente connesse a quelle sociali”, evidenzia il Papa; pertanto “quando difendiamo il diritto alla vita, lo facciamo anche affinché quella vita possa, dal suo concepimento al suo termine naturale, essere una vita dignitosa, che non conosca le piaghe della fame e della povertà, della violenza e della persecuzione”. 

            A coloro che si impegnano a difendere la dignità e i diritti delle donne, Francesco chiede quindi di lasciarsi “guidare dallo spirito di umanità e di compassione nel servizio al prossimo”: “La competenza professionale sia la prima fondamentale qualità”, ma – precisa – “senza individualismo, senza mero attivismo, bensì con impegno generoso”.

            In questo modo – assicura il Santo Padre – potranno emergere “i doni incommensurabili di cui Dio ha arricchito la donna, facendola capace di comprensione e di dialogo per ricomporre i conflitti grandi e piccoli, di sensibilità per sanare le ferite e prendersi cura di ogni vita, anche a livello sociale, e di misericordia e tenerezza per tenere unite le persone”.

            Redazione   zenit. org            23 maggio 2015

www.zenit.org/it/articles/il-genio-femminile-possa-manifestarsi-pienamente-nel-mondo

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GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA FAMIGLIA

Il futuro del Paese è nell’alleanza tra le generazioni.

Si è svolto venerdì 15 maggio 2015 il convegno dedicato alla Giornata internazionale della famiglia. L’evento, organizzato dal Forum e dal Dipartimento delle politiche familiari della Presidenza del Consiglio, aveva per tema “Il futuro del Paese è nell’alleanza tra le generazioni”. In questa rassegna stampa trovate molti articoli dedicati all’appuntamento ed in particolare al messaggio del Presidente della Repubblica, Mattarella. Il Capo dello Stato ha detto, tra l’altro, «la famiglia, facendosi spesso carico di insufficienze da parte dei pubblici servizi, fornisce un contributo decisivo alla società italiana. (…) Per questo motivo, da tempo, si sottolinea l’opportunità di attuare politiche dirette ed esplicite per promuovere la famiglia, soggetto sociale di primario interesse pubblico. Si avverte, dunque, il bisogno di porre la famiglia al centro delle politiche sociali».

www.forumfamiglie.org/eventi.php?&evento=11583

Messaggio del Presidente Mattarella in occasione della Giornata Internazionale della Famiglia

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inviato al Presidente del Forum delle associazioni familiari, Francesco Belletti, un messaggio:

“La Giornata Internazionale della Famiglia, proclamata dall’ONU nel 1994, ci offre ogni anno l’occasione per svolgere una riflessione approfondita sullo stato di salute delle famiglie italiane sulle quali è scaricato notevolmente il peso della crisi economica e occupazionale.

La Costituzione italiana indica la famiglia come ‘società naturale’ e ne fa un soggetto di diritti e un destinatario di specifiche tutele sul piano economico, con particolare riguardo alle famiglie numerose.

Se guardiamo specialmente al recente passato, possiamo dire che la famiglia, facendosi spesso carico di insufficienze da parte dei pubblici servizi, fornisce un contributo decisivo alla società italiana.

In questi anni difficili la famiglia ha svolto un prezioso compito di ‘ammortizzatore sociale’ in materia di assistenza, di accoglienza, di educazione, di integrazione e, persino, di coesione sociale. Nelle periferie esistenziali del nostro paese, laddove le relazioni sociali appaiono sempre più sfilacciate, spesso la rete familiare costituisce l’unica presenza significativa. Questo aspetto non esaurisce, naturalmente, la sua funzione all’interno di una società ordinata che tocca aspetti ineludibili che attengono alla sfera degli affetti, della solidarietà, della trasmissione di valori, dell’altruismo e del rapporto tra generazioni.

Per questo motivo, da tempo, si sottolinea l’opportunità di attuare politiche dirette ed esplicite per promuovere la famiglia, soggetto sociale di primario interesse pubblico. Si avverte, dunque, il bisogno di porre la famiglia al centro delle politiche sociali.

Rivolgo un saluto affettuoso a tutte le famiglie italiane, con l’auspicio che, nonostante tanti sacrifici e momenti di difficoltà, non perdano la fiducia del futuro, patrimonio prezioso a cui ha diritto ogni cittadino”.

Roma, 15 maggio 2015

Luigino Bruni, “lavoro part-time per tutti” e “ore di cura gratuite”

“Nel mondo di oggi il lavoro è poco, siamo sempre più orientati verso un mondo di servizi e di new economy. Nel frattempo il lavoro che c’è, sempre più scarso, va in parte redistribuito. Non si può lasciare fuori il 40% dei giovani e costringere gli anziani al lavoro fino a 70 anni”: lo ha detto oggi a Roma, in occasione della celebrazione della XXI Giornata internazionale della famiglia indetta dall’Onu, l’economista Luigino Bruni. Nel suo intervento lo studioso ha sostenuto che “la politica dovrebbe incrementare il part-time per chi ha più di 55 anni così da inserire sempre più giovani. Un laureato che non lavora, oltre a intristirsi, ha un capitale culturale che si deteriora pesantemente”. Secondo Bruni “mettere i nonni contro i giovani è un errore”. Tra le proposte, ha ribadito lo slogan “Part-time per tutti, attività di cura part-time per tutti”, spiegando che “prima si era affidata la cura alle donne, poi alle ‘badanti’, ma ora stiamo entrando in un mondo in cui la cura sarà sempre più importante”.

La proposta è “non più di 30 ore lavorative per tutti e non meno di 12 ore di cura gratuite per tutti. Ogni persona, dall’operaio al primo ministro, dovrebbero fare questa attività di cura gratuita. Chi non lo facesse dovrebbe avere la disistima sociale”. Una società che promuove il “lavoro di cura” si basa quindi su “un meccanismo di stima e disistima sociale in quanto l’eccellenza lavorativa non è sufficiente per l’eccellenza umana”.

SIR – Servizio Informazione Religiosa

www.agensir.it/pls/sir/v4_s2doc_b.stampa_quotidiani_cons?id_oggetto=312771

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GRAVIDANZA

Salute: niente alcol per futuri papà, anche ‘vizio’ paterno incide su bebè.

Niente alcol per chi vuole un bebè. Una regola basilare per le aspiranti mamme, ma anche per i futuri papà. Le abitudini alcoliche dei padri prima del concepimento possono, infatti, incidere sull’esito della gravidanza e sulla salute del feto e del bambino.

            L”avviso’ arriva dall’Istituto di biologia cellulare e neurobiologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibcn-Cnr) di Roma che, in collaborazione con il Centro di riferimento alcologico della Regione Lazio, diretto da Mauro Ceccanti, ha pubblicato uno studio sulla rivista ‘Addiction Biology’.

            “Secondo i dati del nostro esperimento l’esposizione paterna prenatale ad alcol è in grado di influenzare lo sviluppo dei piccoli e in particolare il corretto funzionamento delle cellule del sistema nervoso centrale”, spiega Marco Fiore, ricercatore dell’Ibcn-Cnr e coordinatore dello studio insieme al collega d’Istituto Roberto Coccurello.

            “In particolare – aggiunge – l’alcol inciderebbe sul fattore Ngf, scoperto da Rita Levi Montalcini più di cinquant’anni anni fa e che le è valso il premio Nobel per la medicina nel 1986, elemento chiave per la sopravvivenza e la funzionalità di diverse popolazioni cellulari neuronali e non neuronali, e sul Bdnf, coinvolto prevalentemente nella fisiopatologia cerebrale.

            Questi due fattori assieme costituiscono indicatori chiave del danno indotto dall’intossicazione da alcol”. Ma come avviene questo passaggio dal padre alcolista al figlio? “Sicuramente l’alcol influenza il Dna paterno: direttamente tramite mutazioni, oppure indirettamente tramite meccanismi epigenetici.

            Sono aspetti ancora in fase di studio”, precisa Fiore.

            Il lavoro è stato condotto somministrando al topino maschio bianco di laboratorio l’equivalente di alcol corrispondente nell’uomo adulto a un consumo cronico pluriennale. I topini sono stati fatti poi accoppiare con femmine che non avevano assunto alcol. “I risultati hanno inoltre dimostrato che l’esposizione paterna è in grado di indurre nei figli una maggiore sensibilità agli effetti gratificanti dell’alcol, che potrebbe determinare nella vita adulta un maggior rischio di abuso di questa sostanza”, conclude Coccurello dell’Ibcn-Cnr.

            “Anche per questo aspetto è possibile osservare una trasmissione transgenerazionale del consumo di alcol attraverso meccanismi epigenetici che indagheremo nelle prossime ricerche. In ogni caso il consiglio per gli uomini è di limitare al massimo il consumo di alcol in previsione di una gravidanza.

AdnKronos Salute     20 maggio 2015

www.adnkronos.com/salute/medicina/2015/05/20/alcol-vietato-per-futuri-papa-anche-vizio-paterno-incide-sulla-salute-del-bambino_iftT5xoA0SDOj7X5FX8nJN.html

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NULLITÀ MATRIMONIALE

Annullamento nozze: stop se la malattia è conosciuta prima.

Tribunale di Caltanissetta, sentenza 12 maggio 2015.

A rilevare è solo l’errore sull’esistenza della patologia e non quello sulla sua gravità. Sebbene il codice civile [Art. 122, co. 3, n. 1 cod. civ.] stabilisca che il matrimonio può essere impugnato qualora un coniuge sia affetto da malattia fisica o psichica che impedisca lo svolgimento della vita coniugale, l’annullamento è invece negato se, già prima delle nozze, il partner era a conoscenza di tale patologia.

Lo ha chiarito il Tribunale di Caltanissetta in una recente sentenza.

Il matrimonio civile non si può annullare per motivi medici se già prima delle nozze il coniuge conosceva la malattia dell’altro (ovvero che fosse schizofrenica.

            Chi chiede l’annullamento del matrimonio è tenuto a dimostrare al giudice che la malattia non esisteva già prima delle nozze e che lui non ne era a conoscenza.

Solo l’errore sull’esistenza della patologia – e non quello sulla sua gravità – potrebbe dar luogo ad annullamento del matrimonio. Per esempio, in presenza di sintomi lievi, che non rendano percepibile (e quindi conoscibile) il male si può parlare di un errore “giustificabile” perché comportante l’ignoranza sull’esistenza stessa della malattia.

            Diverso è, invece, il caso di chi sminuisca il peso di una patologia già accertata e lamenti di non averne potuto prevedere, prima delle nozze, il peggioramento: in questo caso, l’errore sul futuro sviluppo (acutizzazione) della malattia non rileva. Se così fosse, infatti, si arriverebbe a giustificare l’annullamento di un matrimonio solo se il problema alla salute del coniuge superi una determinata soglia “di sopportazione” dell’altro.

            Invece, chi conosce la malattia deve valutare, in anticipo, prima del “sì” sull’altare, anche le possibilità di un suo peggioramento.

            In sintesi, solo la perfetta ignoranza sull’esistenza della patologia può portare all’errore determinante sul consenso e, quindi, all’annullamento delle nozze. L’ignoranza, invece, sulla sua gravità non rileva.

            Redazione       la legge per tutti         21 maggio 2015

www.laleggepertutti.it/88730_annullamento-nozze-stop-se-la-malattia-e-conosciuta-prima

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PARLAMENTO

Senato 2° Comm. Giustizia              Disciplina delle coppie di fatto e delle unioni civili                     

S 14 Testo unificato e connessi (19 articoli – 26 marzo 2015).

www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=17&id=909941

12 maggio 2015 Parere approvato dalla 1° commissione (affari costituzionali.)

La Commissione, esaminato il testo unificato adottato per i disegni di legge in titolo, rileva, in primo luogo, che la proposta si compone di due parti, dirette a regolare due distinti istituti: il titolo I ha ad oggetto le unioni civili, mentre il titolo II reca la disciplina delle convivenze di fatto.

L’istituto delle unioni civili è diretto a disciplinare relazioni affettive tra persone dello stesso sesso, le quali possono certificare il loro legame attraverso l’iscrizione in un apposito registro, istituito presso gli uffici comunali. La scelta compiuta appare compatibile con il quadro costituzionale, anche alla luce della più recente giurisprudenza di merito e di legittimità e, soprattutto, in riferimento a importanti pronunce con le quali la Corte costituzionale ha affrontato il tema della tutela giuridica delle coppie omosessuali, riconoscendo, in particolare con la sentenza n. 138 del 2010, che all’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra persone dello stesso sesso, spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendo – nei tempi e nei modi stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico, con i connessi diritti e doveri.

Il fondamento della tutela è rinvenibile, secondo la Corte, nell’articolo 2 della Costituzione, in quanto anche l’unione tra persone dello stesso sesso presenta i caratteri propri di una formazione sociale, intesa come una forma di comunità, idonea a consentire e a favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione. La sentenza, nel riconoscere all’unione omosessuale i caratteri propri di formazione sociale meritevole di tutela – e quindi di regolazione legislativa -, si preoccupa, contestualmente, di porre al riparo l’articolo 29 della Costituzione, esaltando della norma il suo tipico carattere di “garanzia di istituto”, funzionale ad assicurare alla famiglia fondata sul matrimonio tra persone di sesso diverso e orientata alla procreazione una tutela esclusiva e differenziata, suscettibile di precludere ogni possibile omologazione ad essa di altre tipologie di vincolo affettivo. Nello stesso senso è orientata anche la giurisprudenza costituzionale successiva, con particolare riguardo alla sentenza n. 170 del 2014, che ha ad oggetto il caso del cosiddetto “divorzio imposto”, a seguito di procedimento di rettificazione legale di sesso. La Corte ha affermato che la situazione di due coniugi i quali, nonostante la rettificazione dell’attribuzione di sesso ottenuta da uno di essi, non intendano interrompere il loro rapporto di coniugio, pur ponendosi fuori dal modello del matrimonio, non è equiparabile all’unione di soggetti dello stesso sesso, poiché ciò equivarrebbe a cancellare, sul piano giuridico, un pregresso vissuto, nel cui contesto quella coppia ha maturato reciproci diritti e doveri, anche di rilievo costituzionale che, seppur non declinabili all’interno del modello matrimoniale, non sono, per ciò solo, tutti necessariamente sacrificabili. La Corte ha quindi ribadito l’invito al legislatore ad individuare una forma alternativa, che consenta alla coppia di evitare il passaggio da uno stato di massima protezione giuridica ad una condizione, su tale piano, di assoluta indeterminatezza. Tale compito – si legge nella sentenza – il legislatore è chiamato ad assolvere con la massima sollecitudine, per superare la rilevata condizione di illegittimità della disciplina in esame per il profilo dell’attuale deficit di tutela dei diritti dei soggetti in essa coinvolti.

La regolazione dell’unione civile prevista dal testo unificato appare coerente con l’interpretazione offerta dalla Corte costituzionale, in quanto l’unione tra persone dello stesso sesso, meritevole di tutela alla luce dell’articolo 2 della Costituzione, è regolata in modo autonomo e distinto rispetto all’istituto matrimoniale. Nondimeno, non può non essere adeguatamente considerato il carattere del tutto particolare dell’unione omosessuale, che è una formazione sociale con caratteri peculiari. Essa, seppure non omologabile al matrimonio, sul piano della regolazione del rapporto può correttamente essere accostata all’istituto matrimoniale, con richiami specifici, in quanto compatibili, alle disposizioni del codice civile in materia, come prevede il testo unificato. Al riguardo, opportunamente, all’articolo 1, comma 3, rispetto alle cause interdittive, si introduce un regime non dissimile da quello matrimoniale, mentre gli articoli 3 e 4 prevedono l’applicazione all’unione civile di alcune specifiche disposizioni del codice civile riguardanti il matrimonio e i diritti successori.

Il canone interpretativo dell’articolo 29 della Costituzione, a garanzia dell’istituto familiare, predispone una speciale tutela al matrimonio come unione tra persone di sesso diverso. Ciò però non può escludere che il legislatore possa estendere alle unioni civili diritti propri dell’istituto matrimoniale, la cui istanza di particolare protezione, accolta dal Costituente, non può considerarsi frustrata da una legislazione sulle unioni omosessuali che ne regoli le forme di esistenza giuridica, modellandole sul matrimonio. D’altra parte, la stessa Corte costituzionale, proprio nella sentenza n. 138 del 2010, ha ammesso, seppure in relazione ad ipotesi particolari, un trattamento omogeneo tra le condizioni della coppia coniugata e quelle della coppia omosessuale. Analogamente, la giurisprudenza di legittimità ha ribadito questo principio in diverse pronunce. Fra tutte, si può ricordare la sentenza delle Sezioni unite della Cassazione n. 4184 del 2012, con la quale si riconosce che i componenti della coppia omosessuale, conviventi in stabile relazione di fatto, se, secondo la legislazione italiana, non possono far valere né il diritto a contrarre matrimonio né il diritto alla trascrizione del matrimonio contratto all’estero, tuttavia – a prescindere dall’intervento del legislatore in materia – quali titolari del diritto alla “vita familiare” e nell’esercizio del diritto inviolabile di vivere liberamente una condizione di coppia, possono adire i giudici comuni per far valere, in presenza di specifiche situazioni, il diritto ad un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata.

La stessa giurisprudenza della Corte costituzionale, in dialogo fecondo e virtuoso con il legislatore, ha spesso riconsiderato alcuni suoi canoni interpretativi. Si pensi al radicale mutamento di indirizzo giurisprudenziale realizzato dalla sentenza n. 494 del 2002, in riferimento alla questione di legittimità costituzionale delle disposizioni codicistiche recanti il divieto di indagini sulla paternità dei figli incestuosi: la Corte, mutando completamente posizione rispetto alla sua precedente giurisprudenza, dichiarò fondata la questione, in riferimento alla violazione del diritto allo status filiationis e, anche in questo caso, in riferimento alla violazione del principio di uguaglianza. Non può escludersi, dunque, un’evoluzione interpretativa dell’espressione “società naturale”, contenuta all’articolo 29 della Costituzione. In ragione della duttilità propria dei principi costituzionali, quella formula è suscettibile di essere oggetto di un’ulteriore indagine ermeneutica, che svincoli il dato normativo dallo stretto richiamo alla voluntas del legislatore costituente, avvinta – per evidenti ragioni di contesto storico e culturale – al paradigma eterosessuale del vincolo affettivo, per aprire ad un’interpretazione evolutiva, che tenga conto delle profonde trasformazioni sociali palesate negli ultimi decenni e delle mutate coordinate culturali alle quali il diritto non può restare insensibile. Infatti, alla luce del più avanzato costituzionalismo, i diritti fondamentali, seppure espressione di un ordinamento libero già realizzatosi ed elementi costitutivi del quadro costituzionale, devono essere garantiti anche nella loro dimensione di spazi di esperienza.

Il titolo II del testo unificato regola la convivenza di fatto fra persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da unione civile. Da tale forma di convivenza discendono automaticamente alcuni effetti giuridici, mentre altri conseguono alla stipulazione di un contratto di convivenza, tipizzato agli articoli 8 e seguenti del testo.

La Commissione esprime pertanto parere favorevole con le seguenti osservazioni:

  • in riferimento all’articolo 3, comma 1, appare opportuno che, in luogo del richiamo espresso all’articolo 147 del codice civile (Doveri verso i figli), il legislatore si sforzi di elaborare una norma autonoma che, pur riproducendo integralmente il contenuto dell’articolo, quanto alla ratio e ai suoi effetti, sia però ricostruita in modo tale da rendere l’istituto compatibile con la fattispecie alla quale si riferisce, per i profili di oggettiva specificità che essa presenta e che potrebbero rendere complessa un’applicazione immediata e diretta della disposizione codicistica;
  • in riferimento al titolo II, riguardante la disciplina delle convivenze, occorre verificare, sul piano della tecnica normativa, se possa essere corretto il ricorso all’espressione “convivenza di fatto”, nel momento in cui, in ragione dell’automatica produzione di effetti giuridici che ne discendono, la “convivenza di fatto” si risolve sempre in una “convivenza di diritto”; con particolare riguardo agli articoli 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14 e 15, occorre valutare se siano stati accuratamente bilanciati, da una parte il diritto all’autodeterminazione individuale e, dall’altra, il principio solidaristico, in base al quale, come pure ha affermato la più recente giurisprudenza di legittimità e di merito, per il solo fatto della convivenza protratta per un determinato numero di anni – e pur in assenza di ulteriori manifestazioni di volontà – possono sorgere diritti e doveri reciproci. Nel momento in cui la legge fa discendere dalla convivenza una serie articolata di diritti e di doveri, occorre verificare lo spazio di libertà che residua a due persone che desiderino convivere senza far discendere alcuna conseguenza giuridica dalla coabitazione protratta nel tempo. Benché il testo unificato si limiti a codificare diritti già ampiamente riconosciuti in via pretoria, persistono comunque profili di criticità, che richiedono un’ulteriore riflessione, dal momento che, mentre il riconoscimento giurisdizionale vincola esclusivamente le parti del giudizio, la previsione legislativa ha invece efficacia erga omnes.

Sen. ce Doris Lo Moro, estensore del parere

www.senato.it/web/prima17.nsf/PareriDLWeb/848AF2AE38FCB7CDC1257E430056E5AB/$file/0014%20e%20connessi.pdf

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SINODO SULLA FAMIGLIA

                        La misericordia è dottrina.

È un articolo denso che parte dalla domanda su come si conciliano dottrina e misericordia per arrivare ad affermare che la misericordia è dottrina e soprattutto è la «sostanza stessa del Vangelo», come ripetuto da papa Francesco. Lo ha scritto padre Gian Luigi Brena e apre il prossimo numero de La Civiltà Cattolica entrando nella tematica del Sinodo sulla famiglia.

L’autore innanzitutto osserva il significativo cambiamento avvenuto tra la relazione dopo la discussione sinodale tenuta dal cardinale Péter Erdo e il documento finale del Sinodo. Erdo aveva affermato l’esigenza che «la dottrina della fede, da far conoscere sempre di più nei suoi contenuti fondamentali, vada proposta insieme alla misericordia».

Nel documento finale la frase è stata modificata ricordando che «il messaggio cristiano ha sempre in sé la realtà e la dinamica della misericordia e della verità, che in Cristo convergono». E qui sono presenti tre novità, fa notare La Civiltà Cattolica: il riferimento al «messaggio» di Cristo più che alla «dottrina»; l’inversione dell’ordine che mette la misericordia prima della verità; e l’affermazione che queste due istanze sono unificate in Gesù.

            «Se interpretiamo l’ordine di precedenza come un suggerimento di priorità – scrive Brena – e ci chiediamo se il Signore abbia privilegiato o meno la misericordia rispetto alla Legge e alle sue disposizioni, ci ricordiamo facilmente che per Gesù la misericordia vale più del sacrificio, e che il sabato stesso è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato. A questo proposito, la cosa più importante è interiorizzare questo stile del Signore, illustrato anche nelle parabole del buon samaritano e del padre misericordioso».

            Per l’autore la misericordia consente «di tener salda la fedeltà alla verità». «Se noi – spiega – misuriamo gli uomini secondo una regola, è inevitabile dividerli tra giusti e peccatori; dopo di che resta solo da invitare questi ultimi a convertirsi adeguandosi alla norma; e, in sostanza, il discorso finisce qui. Così la tensione è estremizzata, ma non si tratta di un’incompatibilità assoluta. Da sempre, nella tradizione, il confronto tra la dottrina e le esigenze delle persone nelle varie situazioni non è mai stato netto e tagliente.

La possibilità di una conciliazione è lasciata aperta, dato che, nel campo delle realtà umane, la verità non può essere determinata generalmente da leggi senza eccezioni, come nel campo puramente teorico.

Nell’applicazione dei precetti morali si ammettono quindi accomodamenti alle circostanze, soprattutto qualora queste comportassero un cambiamento della fattispecie». Padre Brena cita ad esempio la questione del trapianto di organi, in un primo tempo definito non ammissibile moralmente, per poi essere considerato «azione meritevole».

            «Le norme restano sensate e valide – scrive la rivista dei gesuiti – ma non si può pretendere che esse decidano sempre tutti i casi particolari nei quali l’azione acquista il suo concreto e decisivo significato. E dato che non si possono prevedere tutti i casi, occorre affidare alla coscienza dei protagonisti la responsabilità ultima della decisione sul da farsi nelle singole circostanze. È tradizionale – specifica Brena – anche il principio della coscienza individuale come criterio prossimo della responsabilità delle persone».

            L’autore ricorda che oggi sono cambiate anche alcune circostanze storiche «generali». Mentre un tempo la validità delle norme morali «era considerata tradizionalmente come la situazione normale, e la regola generale era preponderante», dato che le «eccezioni» erano rare in una società omogenea e sostanzialmente statica; «nella modernità, invece, le cose sono cambiate, soprattutto nell’ultimo secolo».

            «Questo ha portato a ritenere – si legge ancora nell’articolo – che nelle cose umane la singolarità delle persone e delle loro situazioni uniche abbia un peso proprio nel contesto di ciò che è sostanzialmente comune a tutti. Si giunge così fino a dare una priorità alla singolarità delle persone sulla generalità della dottrina.

Un simile cambiamento di accentuazione ha caratterizzato anche un orientamento di fondo del Concilio Vaticano II: dalla condanna delle deviazioni moderne rispetto alla dottrina tradizionale, che non è stata revocata, si è passati a un atteggiamento di dialogo con le persone tendente a valorizzare i loro aspetti migliori. La missione pastorale richiede che si accettino e si accolgano anzitutto le persone in carne e ossa».

            Questo «può e deve essere fatto», precisa padre Brena, «senza per nulla rinunciare alla verità cristiana, che ora viene confermata come traguardo da raggiungere, aiutando le persone a conoscere meglio tale verità, ad assimilarla e a realizzarla nella vita. La priorità data alla persona è in sintonia con l’atteggiamento della misericordia, perché consente di accogliere tutti senza condizioni previe e valorizzando anzitutto il desiderio delle persone di avvicinarsi al Signore nella verità. La misericordia riguarda soprattutto i casi in cui si ammette, da parte di tutti, che la norma è stata infranta e che è stato commesso un male e un peccato».

            «Si distingue però – aggiunge Brena – il peccato, da condannare, dal peccatore, da aiutare. Non solo. Rivolgendosi direttamente alle persone, si è portati a non sottolineare il male che le scoraggia, bensì a valorizzare il bene che c’è in esse e a farlo crescere, fino a superare il male compiuto, riconoscendolo e cercando di ripararlo».

            La conciliazione con la norma risulta possibile se – aggiunge l’autore dell’articolo -«nello spirito del Vangelo, si dà la priorità alla persona. La misericordia non nega la dottrina e la norma generale, anzi la conferma già per il semplice fatto che invita le persone a un cammino penitenziale che riconosce il male compiuto e invita alla speranza in Dio. Ma dice anche alla persona in difetto che davanti al Signore lei non si identifica con il suo peccato, e che non tutto è perduto: c’è ancora una possibilità di recupero nella vita».

In questa prospettiva della priorità accordata alle persone e alle loro concrete situazioni, «diventano meglio comprensibili la possibilità e la necessità di prendersi cura anche delle situazioni di convivenze irregolari e di accompagnarle in percorsi graduali… Se ci mettiamo di fronte alle persone che invitiamo alla riconciliazione e al riavvicinamento alla Chiesa, non possiamo chiedere loro tutto e subito, dato che si tratta di migliorare aspetti importanti della loro vita».

            Padre Brena auspica percorsi personalizzati di accompagnamento che vedano coinvolte tante coppie disponibili a questo impegno, capaci di testimoniare la bellezza del matrimonio. «Da parte della Chiesa, occorre prospettare alle coppie irregolari un percorso con uno sbocco importante e significativo, così che questa proposta abbia un’attrattiva e un senso compiuto, e sia quindi proponibile con piena convinzione del suo valore». E il messaggio fondamentale da comunicare è quello «del perdono e dell’amore, come il Signore per primo desidera perdonarci e farci crescere nell’amore».

            La rivista dei gesuiti osserva come il superamento della prassi attuale in merito all’accesso ai sacramenti per i divorziati risposati fa esitare per il timore di «perdere i salvati», salvaguardandoli «dal rischio di indebolire la regola generale, quasi si approvassero, o addirittura si privilegiassero, le situazioni irregolari».

Un rischio che, aggiunge l’autore, «può essere evitato, a patto che si curi, con un impegno ancora maggiore, una pastorale per il periodo del fidanzamento e dei primi anni di matrimonio, centrata sulla bellezza dell’amore di coppia, fedele e indissolubile nella concretezza della vita».

            La Civiltà Cattolica ritiene che vi siano «più sottili e nascosti» ostacoli a questo rinnovamento. Si fatica cioè a immaginare una pastorale che «tenga conto delle situazioni singole, dei cambiamenti e della gradualità». La mentalità sottesa ai documenti ecclesiali, «rimanendo aderente al realismo tradizionale, dovrebbe fare più spazio al soggetto umano, alla storia, alla varietà e mutevolezza delle situazioni culturali che influiscono sulla formazione della realtà umana».

Brena ammette che «a tutt’oggi — e non senza ragione — parlare della priorità del soggetto suscita sospetti di soggettivismo, e che ogni forma di pluralità culturale e storica è sospettata di relativismo. In questa situazione, è difficile che si tengano presenti le nuove circostanze, continuando a pensare che esse non possano modificare l’interpretazione tradizionale della legge di Dio, che si arrestava alle norme generali, ritenendole sufficienti a stabilire la moralità o meno degli atti singoli delle persone».

            Questo però ha come una conseguenza: «le situazioni particolari della cultura e delle persone rimangono così puramente accidentali e non valgono come incisive nella comprensione dell’uomo attuale, e neanche come rilevanti nell’interpretazione del Vangelo». Occorre dunque «mostrare che è possibile far posto al soggetto e alle esigenze singolari della condizione umana socialmente vissuta, come anche alla storia e alla pluralità delle culture, evitando il soggettivismo e il relativismo e mantenendo il realismo della conoscenza umana e la validità interpersonale della morale».

Questo esige, aggiunge padre Brena, «un lavoro di riflessione filosofica e teologica». Papa Francesco ha descritto l’esperienza sinodale, indicandone i compiti «nel duplice ascolto dei segni di Dio e della storia degli uomini e nella duplice e unica fedeltà che ne consegue. Questa duplice fedeltà ci conduce a vedere il positivo nelle persone come opera di Dio in loro, ma anche a considerare le situazioni reali nelle quali viviamo. Non per subirle o per approvarle in tutti i loro aspetti, ma pur sempre perché le accettiamo come dati di partenza, con realismo e senza schermi».

            «Dobbiamo guardarci – scrive ancora Civiltà Cattolica citando il papa – da una teologia che si esaurisce nella disputa accademica o che guarda l’umanità da un castello di vetro». Come convergono dunque in Gesù misericordia e verità? Il Nazareno «è una verità personificata, che non si limita perciò a una constatazione fotografica di un malcapitato ferito sul ciglio della strada, ma ha anche un cuore che sente la sua sofferenza fino a commuoversi. La verità colta con un cuore accogliente incontra la misericordia e diventa fraternità che non conosce confini».

Andrea Tornielli        vatican insider                       14 maggio 2015

http://vaticaninsider.lastampa.it/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/francesco-francis-francisco-41071

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ZIBALDONE

                        Ricerca: scoperto lato oscuro ormone dell’amore, effetti simili all’alcol.

Ebbri d’amore? Se innamorarsi per qualcuno è un po’ come prendersi una sbornia, la colpa forse è proprio del lato oscuro dell’ormone dell’amore. I ricercatori dell’Università di Birmingham (Gb) hanno, infatti, messo in evidenza delle analogie significative tra gli effetti dell’ossitocina – il celebre ormone delle coccole e dell’amore – e quelli dell’alcol sul comportamento umano. La ricerca, pubblicata oggi su ‘Neuroscience and Biobehavioral Reviews’, si basa su numerosi studi condotti finora sui due composti, e fotografa le soprendenti somiglianze tra gli effetti di alcol e quelli dell’ossitocina sulle nostre azioni.

            Dunque, secondo il team di scienziati il soprannome ‘romantico’ di questo ormone ne nasconde il lato oscuro. L’ossitocina è un neuropeptide prodotto nell’ipotalamo. E’ noto per svolgere un ruolo significativo nel parto e nella formazione del legame materno. Più recentemente si è scoperto il suo ruolo chiave nel determinare le nostre interazioni sociali e nelle relazioni romantiche.

            L’ossitocina aumenta altruismo, generosità ed empatia, e ci rende più propensi a fidarci degli altri.

Il tutto avviene sopprimendo l’azione dei circuiti prefrontali e limbici della corteccia, ed eliminando così freni inibitori come la paura, l’ansia e lo stress. “Abbiamo raccolto gran parte della ricerca esistente sugli effetti di ossitocina e alcol – spiega Ian Mitchell dell’Università di Birmingham – e siamo stati davvero colpiti dalle somiglianze incredibili tra i due composti”.

            In pratica, queste sostanze “provocano lo stesso effetto sulla trasmissione Gaba nella corteccia prefrontale e le strutture limbiche. Questi circuiti neurali controllano il modo in cui percepiamo lo stress o l’ansia, soprattutto nelle situazioni sociali, come ad esempio le interviste, o il dover chiedere a qualcuno che ci piace di uscire”. Insomma, dal ‘coraggio liquido’ al coraggio ormonale il passo è breve: c’è chi si fa forza con un drink, ma anche l’ossitocina somministrata come spray nasale provoca un effetto simile, assicurano i ricercatori che però mettono in guarda dal ricorso all’alcol o all’ormone spray per trovare un pizzico di coraggio in più nei momenti difficili.

            Anche perché sia con l’alcol sia con l’ossitocina le persone possono diventare più aggressive, più presuntuose, o invidiose di quelli che considerano dei rivali. Inoltre questi composti possono influenzarci attenuando la prudenza, che spesso ci evita di finire nei guai. E se si eccede, dietro l’angolo c’è il rischio di affrontare dei rischi eccessivi e inutili.

            “Non credo che l’ossitocina verrà mai usata come alternativa all’alcol. Ma è un affascinante sostanza e, al di là delle questioni di cuore, ha un potenziale nel trattamento psicologico e psichiatrico. Speriamo che questa ricerca possa fare nuova luce sull’ossitocina e aprire nuove strade” per l’uso di questa preziosa sostanza. Che non è solo ‘l’ormone dell’amore’.

AdnKronos Salute     20 maggio 2015         www.lasaluteinpillole.it/salute.asp?id=28741

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