NewsUcipem n. 539 –29 marzo 2015

NewsUcipem n. 539 –29 marzo 2015

Unione Consultori Italiani Prematrimoniali E Matrimoniali

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“notiziario Ucipem” unica rivista ufficiale – registrata Tribunale Milano n. 116 del 25.2.1984

Supplemento on line   direttore responsabile Maria Chiara Duranti.

direttore editoriale Giancarlo Marcone

Le “news” gratuite si propongono di riprendere dai media e inviare informazioni, di recente acquisizione, che siano d’interesse per gli operatori dei consultori familiari e quanti seguono nella società civile e nelle comunità ecclesiali le problematiche familiari e consultoriali.

            Le news sono così strutturate:

  • notizie in breve per consulenti familiari, assistenti sociali, medici, legali ed altri operatori, responsabili dell’Associazione o dell’Ente gestore con note della redazione {…ndr}.
  • link a siti internet per documentazione.
  • Le notizie, anche con il contenuto non condiviso, vengono riprese nell’intento di offrire documenti ed opinioni di interesse consultoriale, che incidono sull’opinione pubblica.
  • La responsabilità delle opinioni riportate è dei singoli autori, il cui nominativo è riportato in calce ad ogni testo.

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            Il contenuto di questo new è liberamente riproducibile citando la fonte.

Per i numeri precedenti

dal n. 1 (10 gennaio 2004) al n. 526 richiedere a                                        newsucipem@gmail.com

dal n. 527 al n. 538 andare su

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ABORTO VOLONTARIO               «Pillola dei 5 giorni, ricetta solo per le minori»

ADOZIONI                                       Connessioni: Leg@mi adottivi ai tempi di internet.

Workshop per le famiglie.

Scuola e adozione.

ASSEGNO DI MANTENIMENTO  del padre al figlio: linea dura della Cassazione.

Niente più assegno al figlio disoccupato che perde il lavoro.

Non basta un ripensamento per revisione. Occorrono fatti nuovi.

ASSOCIAZIONI                               Gian Luigi Gigli è il nuovo presidente del movimento per la vita.

CHIESA CATTOLICA                    Sinodo: e se la soluzione fosse il Giubileo?

                                                           La chiesa ha maltrattato gay e divorziati. Card. Tagle

CONSULTORI familiari UCIPEM  Milano 1. Istituto “la casa”. L’Anello d’oro.

DALLA NAVATA                            Domenica delle Palme – anno B –29 marzo 2015

DANNO                                             Tradire il fidanzato o il compagno è lecito?

Tradimento: l’infedele paga il danno solo se il tradito si ammala.

FORUM Associazioni Familiari       Cirinnà vuole i matrimoni omosessuali contro tutti.

FRANCESCO VESCOVO di Roma Preghiamo pel Sinodo, perché ne ha bisogno, non di chiacchiere.

PARLAMENTO        Senato.            Comm. Giustizia        Tribunale della famiglia

Disciplina delle unioni civili

SESSUOLOGIA                                Rettifica d’attribuzione di sesso: sentenze discordi

SINODO DEI VESCOVI                  Liberiamo il Sinodo dai catastrofismi. Dianich

UNIONI CIVILI                               Confusione ad alto rischio.

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L’Ultima cena di Pietro Lorenzetti

Basilica di San Francesco, Assisi

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ABORTO VOLONTARIO

«Pillola dei 5 giorni, ricetta solo per le minori»

Coraggiosi, ma a metà. L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha fatto un passo avanti e due indietro nella gestione in Italia della «pillola dei 5 giorni», il farmaco catalogato come “contraccettivo d’emergenza” ma sul quale grava il (documentato) dubbio che possa avere anche effetti abortivi. Un capo d’imputazione che trova fondamento in un filone della letteratura scientifica e contro il quale si sono mossi con determinazione l’Ema (l’autorità di farmacovigilanza europeo, omologa dell’Aifa) e l’azienda produttrice, la francese Hra Pharma. All’ingiunzione dell’Ema di modificare l’attuale disciplina togliendo l’obbligo di ricetta medica e di test negativo di gravidanza e declassando la pillola dei 5 giorni al rango di farmaco da banco, come un colluttorio o un callifugo, l’Aifa ha opposto un mezzo rifiuto: la prescrizione resta, ma solo per le minorenni. E l’esame di gravidanza sparisce.

            Notato che anche chi aveva spinto per la rimozione completa della ricetta trova ora saggia la scelta dell’Aifa – che dovrà comunque essere ratificata dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin –, va sottolineato che almeno sono state ascoltate le voci preoccupate di chi teme un uso irresponsabile di un farmaco a elevata concentrazione ormonale e somigliante nel suo meccanismo d’azione alla pillola abortiva Ru486.

            Per il direttore dell’Aifa Luca Pani la pillola dei 5 giorni, che ha l’effetto di impedire o fermare una gravidanza appena iniziata se viene assunta entro 120 ore da un rapporto potenzialmente fecondo, non presenterebbe «grandi problematiche» ma «sull’uso ripetuto e incontrollato non ci sono dati sufficienti per garantirne la sicurezza». Un giudizio che avrebbe dovuto consigliare la conservazione della ricetta a prescindere dall’età. Ma la Commissione tecnico-scientifica dell’Aifa ha preferito scegliere una soluzione di compromesso ascoltando solo in parte il parere del Consiglio superiore di sanità che pochi giorni fa aveva suggerito la conservazione della disciplina vigente. La palla passa a Beatrice Lorenzin.

Francesco Ognibene                          avvenire                                 26 marzo 2015

            www.avvenire.it/Vita/Pagine/pillola-giorno-dopo-senza-ricetta-.aspx

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ADOZIONE

Connessioni: Leg@mi adottivi ai tempi di internet.

L’ARAI – Regione Piemonte, unico Servizio pubblico operativo in Italia per le adozioni internazionali – convenzionato con le regioni Valle d’Aosta, Liguria, Lazio e Calabria- organizza a Torino un Convegno nazionale sul tema dell’impatto delle nuove tecnologie sull’istituto dell’adozione e in particolare sulla ricerca delle origini.

            L’iniziativa, rivolta a chi a vario titolo opera nel campo, intende creare un momento di confronto tra Stato, Regioni, Servizi territoriali, Enti Autorizzati, Associazioni di volontariato e operatori dell’adozione in merito agli effetti del web sulla ricerca delle origini. L’iniziativa intende creare un momento di confronto tra Stato, Regioni, Servizi territoriali, Enti Autorizzati e Associazioni di volontariato e operatori dell’adozione in merito agli effetti del web sulla ricerca delle origini. Fra gli ospiti previsti, citiamo i rappresentanti del Donaldson Adoption Institute, ente americano fondato da David Brodzinsky, della British Association for Adoption and Fostering e del Servizio Sociale Internazionale.

            Durante il Convegno, in cui relazioneranno importanti esponenti italiani e stranieri, verrà inoltre presentato e distribuito il volume “Faccia a faccia con Facebook: manuale di sopravvivenza per le famiglie adottive”, un’utile guida pratica alla prevenzione e alla gestione del contatto attraverso i social network, rivolta a genitori adottivi e prezioso strumento anche per gli operatori dell’adozione.

Il Convegno si rivolge in particolare a tutti quei professionisti dell’area sociale, clinica, giuridica e medica che, a vario titolo, si occupano, sia nel pubblico che nel privato, di adozione. Il convegno è anche rivolto ai professionisti in formazione, ovvero agli studenti di psicologia, giurisprudenza e scienze del servizio sociale e specializzandi delle scuole di psicoterapia.

Il convegno si terrà nelle giornate del 16 e 17 aprile presso il centro congressi Lingotto, a Torino, via Nizza 280.                               www.centrocongressilingotto.it/IT/DoveSiamo/Pages/Dovesiamo.aspx

La prima giornata sarà maggiormente incentrata sulla ricerca delle origini, mentre la seconda darà ampio spazio alle nuove prospettive aperte dai social media. Entrambe le giornate vedranno la presenza di importanti relatori accademici, oltre che di professionisti che discuteranno le loro esperienze sul campo

Il programma provvisorio in    www.arai.piemonte.it/cms/images/stories/dwd/programma_relatori.pdf

Per informazioni ed iscrizioni obbligatorie vedi

http://www.arai.piemonte.it/cms/convegnoconnessioni.html

Workshop per le famiglie

E’ inoltre previsto, nella mattinata del 18 aprile (ore 10-13), un workshop appositamente dedicato ai genitori adottivi, che prenderà in esame le possibili implicazioni dei social network nelle famiglie adottive: “Faccia a faccia con Facebook: consigli di sopravvivenza per famiglie adottive”.

Centro relazioni e famiglie della città di Torino via Bruino, (fermata Bernini del metro).

Sarà aperto a genitori di adolescenti e bambini adottati, provenienti sia da adozione nazionale che dai paesi stranieri.          Sarà condotto da Eileen Fursland, formatrice ed esperta di questa tematica (anche autrice del volume edito su questa tematica dalla Bristish Association for Adoption and Fostering).

Verranno trattati i seguenti argomenti

• Social network e funzionalità di ricerca su internet

• Quali implicazioni ha avuto internet sull’adozione

• Perché i giovani adottati ricercano le proprie origini

• I contatti attraverso i social network: benefici e rischi nell’adozione

• Famiglia biologica e figli adottivi: cosa accade e quale risposta fornire nel caso si siano stabiliti dei contatti con mediati

• Il punto di vista dei giovani adottati

• Essere genitori adottivi nell’era di Facebook: alcuni compiti essenziali

• Preparare e proteggere bambini e ragazzi adottati

Per iscrizioni e informazioni sul workshop

            www.arai.piemonte.it/cms/images/stories/dwd/programma_workshop.pdf

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ADOZIONI

Scuola e adozione.

L’Ufficio Scolastico Regionale della Lombardia mette il turbo alle linee guida nazionali 2014 “linee di indirizzo per favorire il diritto allo studio degli alunni adottati”.

www.istruzione.it/allegati/2014/Linee_di_indirizzo_per_favorire_lo_studio_dei_ragazzi_adottati.pdf

In Lombardia gli alunni adottati troveranno presto scuole più preparate ad accoglierli e docenti formati per rispondere ai loro bisogni specifici. L’Ufficio Scolastico Regionale (USR) per la Lombardia dà concretezza a quanto previsto dalle Linee guida, approvate a dicembre 2014 dal Ministero dell’Istruzione, proprio per favorire il diritto allo studio degli alunni adottati. In Lombardia l’USR non solo ha nominato un referente regionale che si occupa dei temi relativi a scuola e adozione, ma ha designato anche i docenti referenti di ciascun Ambito Territoriale provinciale. Inoltre ha avviato riunioni per mettere in rete questi insegnanti e soprattutto sono state stanziate risorse per formare gli insegnanti referenti di ciascuna scuola lombarda, in modo che ogni istituto possa accogliere gli alunni adottati, avvalendosi tutti dei medesimi strumenti.

Il neo-istituito Tavolo di lavoro per il coordinamento delle azioni e misure regionali in tema di adozioni ha il compito di promuovere e coordinare azioni e misure provinciali in tema di adozioni; predisporre Protocolli d’Intesa per mettere a sistema le azioni attivate dalle scuole, allo scopo di uniformare comportamenti e procedure a livello regionale; stipulare accordi con il Sistema Sanitario Nazionale, Enti locali, Servizi del territorio, Associazioni Familiari, stakeholder locali; costituire gruppi di coordinamento dei Referenti di Istituto; promuovere attività ed eventi di informazione e formazione.

Molto entusiasta Monya Ferritti, presidente del Care (Coordinamento delle associazioni familiari adottive e affidatarie in rete): “Salutiamo con grande contentezza l’iniziativa dell’Ufficio Scolastico della Lombardia. Sono lontani anni luce i tempi in cui abbiamo dovuto lottare per permettere ai bimbi residenti in Lombardia appena arrivati in Italia di restare un anno in più alla scuola materna”.

Le fa eco Anna Guerrieri, presidente dell’associazione Genitori si diventa, nonché vicepresidente del Care con delega alla scuola: “La Lombardia è la prima a muoversi in maniera organica. Anche l’Umbria e la Sicilia si sono dotate di un referente regionale all’interno dell’USR, ma bisogna lavorare in maniera organica per adeguare la formazione degli insegnanti, omologando procedure e normative, e diffondendo su tutto il territorio le buone prassi che negli anni si sono evidenziate in varie parti d’Italia. Penso a Cremona e Messina, giusto per citare due casi virtuosi”.

Aibi     23 marzo 2015                                  www.aibi.it/ita/category/archivio-news

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ASSEGNO DI MANTENIMENTO

Assegno di mantenimento del padre al figlio: linea dura della Cassazione.

            Mantenimento dopo la separazione, stato di bisogno del minore e impossibilità al versamento da parte del genitore in difficoltà economiche; la misura del mantenimento e i regali occasionali.

Per il genitore che, dopo la separazione con il coniuge, non versa l’assegno di mantenimento al figlio minore (o maggiorenne non autonomo economicamente) si aprono le porte del processo penale. Il capo di imputazione, infatti, è quello di “violazione degli obblighi di assistenza familiare”: un reato che scatta ogni qualvolta si fanno mancare ai figli non solo le risorse necessarie per la sopravvivenza (vitto e alloggio), ma anche quelle necessarie a una vita decorosa (sempre compatibilmente con le possibilità economiche del genitore), anche alla luce dell’evoluzione sociale: così, rientrano nell’obbligo di mantenimento anche le spese relative alle utenze, all’acquisto di un computer o di un’utenza cellulare o internet, laddove possibile. Insomma, il mantenimento ricopre non solo i mezzi di sopravvivenza minima vitale (vitto e alloggio), ma anche quelle esigenze complementari della vita quotidiana del minore (libri di istruzione, mezzi di trasporto).

            Lo stato di bisogno. È questa l’interpretazione evolutiva ormai sposata dalla Cassazione. Secondo la Corte, infatti, a far scattare la responsabilità penale del genitore non è la prova dello stato di bisogno dei figli minori: quest’ultima, infatti, si presume sempre [Cass. sent. n. 49543/2014] già per via della minore età che obbliga, di per sé, i genitori a mantenerli. Peraltro l’obbligo di mantenimento rimane anche se a provvedervi, in via sussidiaria, sia l’altro genitore [Cass. sent. n. 53607/2014] o i genitori di quest’ultimo (i nonni) [Cass. sent. n. 27989/2014; Cass. sent. n. 46060/2014]. Non è sufficiente addurre semplici difficoltà economiche o una mera diminuzione degli introiti ma occorre provare che i disagi consistano in uno stato di vera e propria indigenza. Così, non c’è reato per il disoccupato che percepisce un’indennità di disoccupazione insufficiente a garantirgli il minimo sostentamento [Cass. sent. n. 7372/2013].

            Anche fuori il matrimonio. Il dovere di mantenimento del figlio minore scatta già solo dalla nascita di quest’ultimo anche se avvenuta fuori al matrimonio e sempre che sia nota al padre; non c’è bisogno, quindi, del previo accertamento della paternità da parte del giudice [Cass. sent. n. 51215/2014].

            Le difficoltà economiche non giustificano. Non può venir meno all’obbligo del mantenimento il genitore che lamenti difficoltà economiche o uno stato di disoccupazione, se prima non interviene il giudice a ridurre la misura dell’assegno di mantenimento da versare. Difatti le condizioni di separazione richiedono sempre la revisione giudiziale e non possono mai essere “auto-ridotte”, neanche se il genitore perde il lavoro.

            L’unico caso in cui lo stato di necessità giustifica l’omissione del versamento dell’assegno e comporta l’assoluzione dal procedimento penale si ha quando l’impossibilità sia assoluta, persistente, oggettiva e incolpevole di far fronte ai propri doveri. Insomma, è necessario dimostrare, nell’eventuale processo penale, che si disponga di un solo reddito simbolico, e non di uno contenuto [Cass. sent. n. 31124/2014].

            Regali occasionali. Il genitore che non versa l’assegno di mantenimento non può neanche giustificarsi sostenendo di aver, di tanto in tanto, contribuito al mantenimento del figlio con regali occasionali, anche periodici, come l’acquisto di un’automobile, di un motorino, di un cellulare, vestiario, ecc. o il versamento di una somma sul conto. Il punto è che quanto stabilito dal giudice per il mantenimento del figlio va rispettato alla lettera dal genitore che non può “fare di testa propria”, sostituendo l’assegno di mantenimento con regalie varie [Cass. sent. n. 17691/2014]. I doni – per quanto di valore elevato e stabili – non possono essere alternativi ai mezzi di sussistenza.

                Raffaella Mari       la legge per tutti         23 marzo 2013

www.laleggepertutti.it/82706_assegno-di-mantenimento-del-padre-al-figlio-linea-dura-della-cassazione

Niente più mantenimento al figlio disoccupato che perde il lavoro.

Se maggiorenne, il giovane che prima aveva raggiunto l’autonomia economica grazie all’assunzione, non può più rivendicare, una volta tornato disoccupato l’assegno mensile del padre.

            Indubbiamente i genitori sono tenuti a mantenere i propri figli, anche se maggiorenni, fino all’indipendenza economica. Il che coincide, di norma, con un lavoro (più o meno) stabile (anche se non definitivo o con esigui profitti: si pensi ad un assegno di ricerca). Ma che succede se, poi, il ragazzo perde il lavoro e torna ad essere disoccupato? Purtroppo per lui non potrà più rivendicare l’assegno di mantenimento e dovrà necessariamente trovarsi un nuovo lavoro. Insomma, indietro non si torna più: infatti, una volta che il figlio maggiorenne ha raggiunto l’autonomia economica nulla può far rivivere il diritto all’assegno. Potrebbe, eventualmente, sorgere il diritto agli alimenti, che tuttavia opera su presupposti differenti (deve sussistere uno stato di indigenza e necessità).

            A dirlo è la Corte di Appello di Catania in un decreto di recente pubblicazione [decr. del 26.11.2014.]. Una volta raggiunta, da parte del figlio maggiorenne – si legge nel provvedimento in commento – l’autonomia economica mediante l’espletamento di un’attività lavorativa che dimostri una capacità adeguata, è da escludere che possa rilevare la sopravvenienza di circostanze ulteriori, come la perdita del lavoro, che, pur determinando l’effetto di renderlo momentaneamente privo di sostentamento economico, non possono far risorgere l’obbligo di mantenimento, i cui presupposti sono già venuti meno (con la precedente assunzione).

            Chi firma, dunque, un contratto di lavoro tale da offrirgli un valido inserimento nel mondo di lavoro e di vivere autonomamente (di norma, non deve trattarsi di precariato a breve termine) perde, in quello stesso momento, sia per il presente che per il futuro, il diritto a ricevere l’assegno di mantenimento dai genitori. E ciò vale, anche se la successiva perdita del lavoro rende per il momento il ragazzo privo di un reddito stabile.

            I disoccupati, provenienti da precedente occupazione, dunque, non hanno diritto al mantenimento perché i presupposti sono ormai venuti meno con “l’abbandono” formale dalla condizione di studente e il diritto al mantenimento non può risorgere.

Raffaella Mari la legge per tutti                   26 marzo 2015

www.laleggepertutti.it/83027_niente-piu-mantenimento-al-figlio-disoccupato-che-perde-il-lavoro

Non basta un ripensamento per la revisione delle condizioni di separazione. Occorrono fatti nuovi.

Corte di Cassazione, sesta Sezione civile, ordinanza n.5109, 13 marzo 2015.

Non basta che dopo aver siglato un accordo di separazione, poi uno dei coniugi ci ripensi per far cambiare le condizioni precedentemente stabilite: la revisione dei patti, infatti, può essere richiesta soltanto sulla base di fatti sopravvenuti e non di fatti coevi o preesistenti che costituiscono conseguenza prevedibile delle condizioni concordate.

            Così ha deciso la Corte di Cassazione, negando il diritto alla casa familiare e all’assegno di mantenimento all’ex moglie che adiva il giudice di legittimità per sentire accogliere la modifica dei patti della separazione consensuale. In particolare, la donna si doleva del fatto che la Corte d’Appello di Bari avesse considerato prevedibili e conseguentemente non nuovi i fatti posti a base delle richieste di modifica dei patti, mentre al contrario le conseguenze degli stessi sullo sviluppo psico-fisico dei figli minori (alla donna affidati) si erano manifestate successivamente ad essi e non erano conosciute in precedenza.

            La donna chiamava in causa anche l’art. 155-ter c.c., in base al quale, con riferimento alla prole, non è richiesto il requisito della sopravvenienza del fatto.     Confermando le statuizioni di merito, tuttavia, la Suprema Corte ha respinto tutte le istanze della donna, negandole l’assegnazione della casa coniugale, anche se affidataria dei figli minori, nonché l’assegno di mantenimento in suo favore.

            “Il giudizio di revisione delle condizioni della separazione personale statuite con sentenza o contenute in un verbale omologato di separazione consensuale – hanno affermato, infatti, gli Ermellini – risiede sull’onere di dedurre e allegare fatti diversi (non conosciuti né conoscibili) o sopravvenuti rispetto a quelli che hanno costituito il fondamento materiale e fenomenico delle pregresse condizioni”.

            Ciò non è avvenuto nel caso di specie, nel quale non possono valere ad essere qualificati come fatti nuovi e dunque a modificare le statuizioni precedenti, né “il gradimento soggettivo delle condizioni stabilite” né “il ripensamento”. Né tanto meno, ha concluso la S.C. rigettando il ricorso, può essere considerato pertinente il riferimento all’art. 155-ter c.c., considerato che la “revisione richiesta non ha ad oggetto l’affidamento dei figli minori o la modifica del contributo per il loro mantenimento ma esclusivamente un mutamento del regime dell’assegnazione della casa coniugale, escluso dalla previsione normativa, nonché l’attribuzione di un assegno di mantenimento al coniuge, rientrante invece nell’ambito di applicazione dell’articolo 156, settimo comma c.c.”.

Marina Crisafi – studio Cataldi        19 marzo 2015

www.studiocataldi.it/news_giuridiche_asp/news_giuridica_17868.asp

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ASSOCIAZIONI

Gian Luigi Gigli è il nuovo presidente del movimento per la vita.

Il movimento per la vita ha un nuovo direttivo. I rappresentanti degli oltre 650 movimenti locali, Centri di aiuto alla vita e Case di accoglienza hanno scelto i 24 membri elettivi del Consiglio direttivo che guiderà il Movimento nei prossimi. È Gian Luigi Gigli, [docente neurologo all’Università di Udine, deputato]il nuovo presidente del Movimento per la vita. Lo ha nominato il nuovo consiglio direttivo che era a sua volta stato eletto dall’assemblea generale della domenica precedente. Carlo Casini, presidente uscente, che aveva scelto di non ricandidarsi, è stato nominato presidente onorario.

            Ed è proprio con un pensiero di gratitudine che si apre il discorso di insediamento di Gigli: «se, a quarant’anni dalla fondazione, il Movimento per la vita è diventato il grande albero che conosciamo, lo si deve proprio grazie alla lunga e appassionata testimonianza di Carlo Casini a favore della bellezza e della dignità di ogni vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale. Per questo è importante che Carlo si sia reso disponibile a rimanerci accanto.

            “Sono cosciente – ha continuato Gigli – della grave responsabilità affidatami per la guida di un movimento che ha saputo largamente rinnovare i suoi vertici. Tutti insieme lavoreremo con impegno, anzitutto per estendere l‘opera di prevenzione dell‘aborto e di tutela delle gestanti in difficoltà svolta con grande generosità dai volontari degli oltre 650 Centri di aiuto alla vita, movimenti locali e Case di accoglienza sparse in tutta Italia. Continueremo anche ad animare il dibattito culturale e politico, affinché sia riconosciuto il valore di tutto l‘uomo e di ogni uomo. “

            “Siamo convinti, infatti, che il fondamento ineliminabile per la costruzione di una società più giusta sia il rispetto della vita, soprattutto degli esseri umani più deboli e indifesi, come i nascituri, i disabili e gli anziani.”     “Di fronte alle sfide dell’oggi – conclude Gigli – il Movimento per la vita saprà rinnovare e rafforzare il suo quotidiano impegno nelle periferie di una società in cui sembra prevalere la ‘cultura dello scarto’, assicurando una presenza operosa, che è diventata insieme più difficile e proprio per questo più necessaria”.

            Al fianco del presidente Gigli sono stati nominati il vicepresidente vicario, Pino Morandini ed altri quattro vicepresidenti (Roberto Bennati, Marina Casini, Giuseppe Grande, Bruna Rigoni). Completano la Giunta esecutiva Tony Persico ed Alberto Tibaudi. Come tesoriere è stato confermato Remo Cavicchini. Alla segretaria generale è stata chiamata Paola Musso.

Comunicato stampa  22 marzo 2015

www.siallavitaweb.it/e-gianluigi-gigli-il-nuovo-presidente-del-movimento-per-la-vita

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CHIESA CATTOLICA

Sinodo: e se la soluzione fosse il Giubileo?

Il giubileo straordinario della misericordia, appena annunciato da papa Francesco, e che inizierà poco dopo la fine del Sinodo ordinario dei vescovi, può essere il tempo opportuno per compiere preziosi gesti di misericordia nei confronti di due gruppi di fedeli che sperimentano in vario modo un non pieno riconoscimento della loro appartenenza alla Chiesa. Vi è il gruppo dei fedeli che vivono e intendono continuare a vivere una nuova condizione coniugale dopo il divorzio, senza che si possa dimostrare o sostenere la nullità delle prime nozze; vi è anche il gruppo di fedeli che hanno lasciato l’esercizio attivo del ministero presbiterale e che si sono sposati.

Sono gruppi di fedeli diversi tra loro, naturalmente. Nel primo caso la Chiesa non li ammette all’assoluzione né alla comunione, perché ritiene che la loro situazione contraddica la persistente validità delle prime nozze; nel secondo caso, la Chiesa non consente loro la ripresa dell’esercizio del ministero presbiterale perché hanno mancato in maniera pubblica e con grave turbamento del popolo di Dio (così si presume) alla promessa del celibato, ma se hanno ricevuto la dispensa e si sono sposati religiosamente non pone loro particolari difficoltà riguardo all’assoluzione e alla comunione eucaristica.

Gruppi diversi, situazioni diverse, difficoltà diverse. Tuttavia, c’è qualcosa che li accomuna, qualcosa che interpella profondamente il cuore della Chiesa e che nel Giubileo, nell’abbraccio misericordioso della Chiesa stessa, potrebbe finalmente trovare risposta. Si tratta di situazioni che scaturiscono le une e le altre da un’esperienza di umano fallimento.

Nel primo caso il fallimento riguarda la realizzazione delle promesse matrimoniali. Le coppie possono fallire per tanti motivi e non sempre chiaramente indagabili, talvolta con colpe leggibili più o meno condivise, altre volte senza chiara colpa. Qualunque ne sia il motivo però esse possono fallire: prima la separazione, poi il divorzio e la nuova unione. Un fallimento che trascina con sé una scia di problemi, lascia ferite più o meno profonde ma sempre serie.

Perché allora non aprire nelle Chiese locali in occasione del giubileo percorsi di piena riconciliazione a chi riconosce con dolore il male generato –volontariamente e involontariamente-, cerchi di riparare a esso secondo le sue possibilità fisiche e morali e sia seriamente impegnato in una vita di fede nella nuova unione come sposo e come genitore? Perché non riconoscere il carattere irreversibilmente passato di alcuni legami nuziali interpersonali, offrendo liturgicamente la possibilità di un nuovo futuro nuziale nella Chiesa?

Il n. 52 dei Lineamenta del prossimo Sinodo già offre alla discussione dei padri sinodali una possibilità simile; la Chiesa cattolica, inoltre, ha sempre ritenuto che il legame nuziale interpersonale può finire e si può dare un nuovo e vero legame nuziale con altre persone, come mostra la sua costante accettazione del matrimonio vedovile.

Nel secondo caso il fallimento concerne la fedeltà alla promessa celibataria. Tanti possono essere i motivi di tale fallimento. Si possono certamente tracciare linee di colpevolezza personale in alcuni casi; in altri, ci sono più i segni della debolezza, della frustrazione e del cedimento emotivo. In altri ancora la sensazione soffocante di solitudine e di abbandono. Varie sono le cause del fallimento matrimoniale, varie sono anche le cause del fallimento celibatario. Anche in quest’ultimo caso ferite a non finire, inferte e subite.

Eppure, in molti casi nei quali non è emersa la nullità dell’ordinazione, nel momento stesso nel quale la Chiesa ha concesso la dispensa dall’obbligo del celibato non ha negato la correttezza del discernimento ecclesiale iniziale né l’autenticità della vocazione divina al ministero sacerdotale. Può davvero tale originaria autenticità essersi persa? Il fallimento celibatario non ha certamente annientato quel che la Chiesa ha formalmente riconosciuto presente: anzi, la Chiesa stessa ammette che in circostanze di necessità il ministero possa essere esercitato in pienezza da chi è in tale condizione. Perché allora non aprire percorsi di nuova accoglienza e di riammissione all’esercizio del ministero per quei presbiteri che, riconoscendo sinceramente e umilmente la ferita inferta alla Chiesa, chiedano pubblicamente di tornare a svolgere il ministero nella Chiesa, con il consenso esplicito della moglie religiosamente sposata e dei figli?

L’impossibilità di esercitare il ministero per molti anni non è già un significativo tratto di cammino penitenziale per persone chiamate ad esso e per esso preparate? Certo, qualcuno potrebbe porre la questione: dovranno separarsi dalla moglie? oppure, dovranno astenersi dai rapporti sessuali secondo l’antica lex continentiae praticata in varie parti della Chiesa? In realtà, sono domande che hanno già una risposta nella prassi attuale della Chiesa che nella sua estensione cattolica, tanto cioè nel suo polmone occidentale quanto in quello orientale, ha presbiteri sposati ai quali non chiede l’osservanza della lex continentiae. Si tratterebbe solo di applicare le stesse norme canoniche anche ai presbiteri tornati al ministero. La Chiesa, con simili gesti di misericordia, non tradirebbe alcuna verità, mostrerebbe solo ancora una volta il grande cuore del Padre che corre incontro al figlio segnato dalla vita e dal fallimento, gli rimette l’anello al dito e gli riapre la pienezza del futuro nella sua casa.

Basilio Petrà, professore ordinario di teologia morale presso la Facoltà teologica dell’Italia centrale

“L’Indice del sinodo” 22 marzo 2015

www.ilregno-blog.blogspot.it/2015/03/sinodo-e-se-la-soluzione-fosse-il.html#more

            La chiesa ha maltrattato gay e divorziati. Il card. Tagle chiede un nuovo approccio

            A proposito delle persone lgbt, l’impegno pastorale della Chiesa deve integrare le acquisizioni della scienza moderna e dei comportamenti sociali. Lo ha affermato, in un’intervista al quotidiano inglese The Telegraph (9/3), il cardinale filippino Luis Tagle, arcivescovo di Manila – considerato da molti uno dei cardinali più papabili al prossimo Conclave –, a Londra in occasione dell’incontro nazionale dei giovani cattolici inglesi “Flame II” svoltosi l’8 marzo scorso allo stadio di Wembley.

Nell’intervista, Tagle ha contestato la stigmatizzazione operata da tanti rappresentanti della Chiesa nei confronti delle persone gay e lesbiche e ha analizzato l’evoluzione a più livelli che, nel tempo, ha portato a una diversa percezione della realtà delle persone omosessuali e dei divorziati risposati: prima di tutto, una «crescita nella misericordia» unita a un mutamento della sensibilità, che ha fatto sì che «ciò che un tempo rappresentava un modo accettabile di mostrare misericordia… ora, nella mentalità contemporanea, non venga più visto così». A ciò si è aggiunta una nuova visione della psicologia infantile, che ha modificato il modo di trasmissione dell’insegnamento cattolico, come pure un cambiamento di linguaggio: «Le parole usate in passato per fare riferimento ai gay e ai divorziati e separati, alle madri nubili ecc., che erano molto dure», tendevano ad etichettare e, in definitiva, ad isolare le persone che appartenevano a queste categorie. «Non so se sia vero – racconta Tagle – ma ho sentito che in alcuni circoli, circoli cristiani, la sofferenza cui queste persone erano sottoposte era persino considerata una giusta conseguenza dei loro errori, che in un certo senso venivano in questo modo spiritualizzati… Ma siamo contenti di constatare e sentire che questa situazione è cambiata».

            A proposito dei divorziati risposati e della loro ipotetica riammissione ai sacramenti in particolari circostanze, Tagle ha detto che non è semplice trovare una risposta: «Ogni situazione è abbastanza unica. Avere una regola generale potrebbe essere controproducente, alla fine. La mia posizione al momento è quella di chiedere: “Possiamo considerare seriamente ogni situazione e la Chiesa prevede percorsi che consentano di prendere in esame ogni caso singolarmente?”. È un tema su cui spero che la gente apprezzerà il fatto che non ci siano “sì” e “no” facili. Non possiamo avere una formula per tutti i casi».

Ludovica Eugenio   adista notizie n. 12,  23 marzo 2015

http://www.adistaonline.it/index.php?op=articolo&id=54853

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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM

Milano 1. Istituto “la casa”. L’Anello d’oro.

È un Movimento che favorisce l’incontro tra uomini e donne che desiderano costruire un rapporto di coppia per giungere al matrimonio e a formare una famiglia. Il servizio, avviato nel 1950 da don Paolo Liggeri, fondatore del Consultorio familiare dell’Istituto La Casa di Milano, è oggi affidato a consulenti familiari, disponibili anche per colloqui di accompagnamento alla relazione di coppia e di preparazione al matrimonio.

L’Anello d’Oro non è un’agenzia matrimoniale: richiede l’impegno individuale di ricerca e scelta fra le persone aderenti al Movimento. Caratteristica dell’Anello d’Oro è privilegiare nelle fasi iniziali la comunicazione per lettera, perché più coinvolgente e personalizzata, per poi arrivare all’incontro.

Il requisito essenziale per poter accedere al servizio è l’assenza di vincoli civili e religiosi. Il Movimento opera in tutta Italia e ha sede a Milano.

A tutti gli iscritti viene inviata una pubblicazione con l’Elenco degli annunci delle persone abbonate, identificate da un codice. Ricevuto l’Elenco si può iniziare una corrispondenza, utilizzando il proprio codice e quello del destinatario. È anche possibile richiedere note informative supplementari e la foto degli abbonati con i quali si intende entrare in contatto.

La Segreteria dell’Anello d’Oro coordina l’iniziale scambio di lettere, garantendo rigorosamente l’anonimato, finché gli iscritti non decidano di incontrarsi.

anellodoro@istitutolacasa.it          www.istitutolacasa.it/showPage.php?template=istituzionale&id=17

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DALLA NAVATA

                                   Domenica delle Palme – anno B –29 marzo 2015

Isaia                50.04 «Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato.»

Salmo             22.23 «Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all’assemblea.»

Filippesi          02.09 «Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome.»

Marco             12.40 «Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il Minore e di Ioses, e Salome, le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.»»

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DANNO

                        Tradire il fidanzato o il compagno è lecito?

         Corte di Cassazione, seconda Sezione penale, sentenza n. 11467, 19 marzo 2015

.        Infedeltà, matrimoni e coppie di fatto: la Cassazione “sposa” il principio di autodeterminarsi e di intraprendere nuove relazioni. Finché non ci si sposa, il tradimento non è vietato dalla legge: quindi non costituisce un illecito, né è fonte di risarcimento del danno. Un orientamento “sposato” (questa volta, però, in senso metaforico) dalla Cassazione.

         In particolare, secondo la Suprema Corte, solo dal matrimonio conseguono gli obblighi di fedeltà. Nessun dovere simile, invece, scatta per le coppie di fatto o, tanto più, in caso di relazioni stabili senza convivenza. I giudici hanno sancito la piena libertà dell’individuo di intraprendere un’altra relazione pur in costanza di un rapporto stabile con un’altra persona.

         Ciascuno, infatti – si legge nella sentenza in commento – ha la libertà di autodeterminarsi. In altre parole, l’instaurazione di una relazione sentimentale tra due persone appartiene alla sfera della libertà e costituisce un diritto inviolabile sancito dalla stessa Costituzione [art. 2] e dalle carte dei diritti dell’uomo: quello all’autodeterminazione. Del resto – conclude la Cassazione – non può darsi una piena ed effettiva garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo (e della donna) senza che sia rispettata la sua libertà di autodeterminazione. E in questa vi rientra, ovviamente, anche la sfera sessuale e sentimentale.

         Nel delitto di rapina sussiste l’ingiustizia del profitto quando l’agente, impossessandosi della cosa altrui (nel caso di specie un telefono cellulare), persegua esclusivamente un’utilità morale, consistente nel prendere cognizione dei messaggi che la persona offesa abbia ricevuto da altro soggetto, trattandosi di finalità antigiuridica in quanto, violando il diritto alla riservatezza, incide sul bene primario dell’autodeterminazione della persona nella sfera delle relazioni umane.

                        Redazione       la legge per tutti                    22 marzo 2015

www.laleggepertutti.it/82598_tradire-il-fidanzato-o-il-compagno-e-lecito

Tradimento: l’infedele paga il danno solo se il tradito si è ammalato.

Tribunale di Bari – sentenza n. 4577/2014.

La violazione dei doveri derivanti dal matrimonio integra gli estremi dell’illecito civile quando lede diritti costituzionalmente garantiti: servono però gli accertamenti clinici e non bastano i testimoni.

            Infedeltà coniugale: nessun dubbio che, in un’eventuale causa di separazione, il fedifrago rischia il cosiddetto addebito (ossia l’accertamento, da parte del giudice, che il matrimonio è “scoppiato” per colpa sua). Con tutte le conseguenze che ciò comporta in termini di mantenimento.

Il coniuge tradito non può, quindi, di norma, chiedere anche il risarcimento del danno non patrimoniale a causa del comportamento infedele dell’ex. Potrebbe però farlo a patto che riesca a dimostrare al giudice di aver subìto un serio danno alla salute. I chiarimenti giungono da una recente sentenza del Tribunale di Bari.

            L’improvviso abbandono e il venir meno a tutti i doveri di assistenza morale e materiale che gravavano sul marito non danno diritto alla moglie (e viceversa) all’indennizzo. E ciò perché la sanzione tipica, prevista dall’ordinamento per questi casi, è la dichiarazione di addebito. Ma si è ormai affermato un orientamento giurisprudenziale in materia di “danni endo-familiari” secondo cui “i doveri che derivano ai coniugi dal matrimonio hanno natura giuridica e la loro violazione non trova necessariamente sanzione solo nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, quale appunto l’addebito della separazione”. Se, infatti, si accerta, davanti al giudice, che il comportamento illecito – nel nostro caso, l’infedeltà – abbia comportato la lesione di diritti protetti dalla Costituzione, si può parlare anche di un normale illecito civile. Il tradito, così danneggiato, potrà avviare un’autonoma causa volta ad ottenere il risarcimento dei danni non patrimoniali [art. 2059 cod. civ.].

            Quanto alle prove, sarà onere del coniuge che si ritenga danneggiato fornire la dimostrazione degli elementi costitutivi di tale responsabilità a carico dell’altro coniuge, e quindi, documentare di aver subito un serio pregiudizio alla salute. Insomma, è necessario che la frustrazione per la cessazione della relazione si traduca in una vera e propria patologia, clinicamente accertabile e comprovata da medici e accertamenti clinici.                                      Redazione                        La legge per tutti   24 marzo 2015

www.laleggepertutti.it/82852_tradimento-linfedele-paga-il-danno-solo-se-il-tradito-si-e-ammalato

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FORUM DELLE ASSOCIAZIONI FAMILIARI

Cirinnà vuole i matrimoni omosessuali contro tutti.

Purtroppo il testo base della relatrice Cirinnà in materia di regolamentazione delle unioni civili non è cambiato ed è stato adottato come testo base dalla Commissione Giustizia del Senato con un inconsueto accordo tra Pd e M5S.

Nonostante tutti, o quasi, abbiano cercato di farle cambiare idea (società civile, opposizioni, maggioranza di Area popolare e perfino il Pd) la sua proposta di legge rimane sostanzialmente invariata. E dietro il falso obbiettivo del riconoscimento delle unioni civili si vuole introdurre il matrimonio omosessuale.

Lo stesso Pd nella scorsa settimana aveva indicato il modello tedesco – con l’introduzione di un istituto giuridico specifico per le coppie omosessuali ben distinto dal matrimonio – come soluzione per sbloccare il dibattito in materia. Una netta distinzione sostanziale tra unioni civili e coppie coniugate indicata come necessaria dalla Costituzione e ribadita negli ultimi mesi sia dalla Consulta che dalla Cassazione.

Dichiarazioni vane perché con l’approvazione di un testo come quello in esame ci troveremmo ad avere due matrimoni paralleli, uguali per la legge ma diversi per la natura: quello ‘etero’ (ex art. 29 della Costituzione) e quello ‘omo’, che però non può non far riferimento a norme diverse visto che le unioni civili sono formazioni sociali regolate dall’art. 2 della Carta.

Non è neanche la prima volta che si opererebbe in contrasto alla legge sulla questione del matrimonio tra persone omosessuali, vista l’insistenza di alcuni sindaci a trascrivere matrimoni contratti all’estero tra omosessuali nonostante il Tar Lazio abbia dichiarato tali matrimoni intrascrivibili.

L’intento di introdurre il matrimonio tra persone dello stesso sesso è manifesto e leggibile da chiunque: le parti di un’unione civile potranno scegliere un cognome comune e anche adottare il figlio biologico del partner, avere una quota di eredità e anche la pensione di reversibilità, così come previsto per i coniugi. All’unione civile è anche scritto esplicitamente che si debbano applicare le disposizioni del Codice Civile relative al matrimonio tra uomo e donna. Se non fosse ancora abbastanza chiaro la proposta di legge specifica: “Le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi», «marito» e «moglie», ovunque ricorrano nelle leggi, nei decreti e nei regolamenti, si applicano anche alla parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”.

Si tenta di far quadrare un cerchio. Però legge e giurisprudenza parlano chiaro: per le unioni tra persone dello stesso sesso c’è spazio solo per una disciplina diversa non solo nel nome o nella forma rispetto al matrimonio tra uomo e donna ma diversa anche nella sostanza.

Un testo come quello presentato non è neppure emendabile né moderabile, a meno di stravolgerne completamente l’impianto. Ci auguriamo che le esigenze della politica non abbiano il sopravvento e facciano diventare possibile l’impossibile, lecito l’illecito e perfino costituzionale l’incostituzionale.

Comunicato stampa 27 marzo 2015                        http://www.forumfamiglie.org/comunicati.php

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FRANCESCO VESCOVO DI ROMA

                        Preghiamo per il Sinodo, perché ha bisogno di questo non di chiacchiere.

Nell’Udienza generale della solennità dell’Annunciazione, il Papa interrompe le catechesi sulla famiglia per una “sosta di preghiera” per l’Assise di ottobre, quindi una tappa speciale, in cui Francesco vuole elevare insieme al popolo di Dio un’orazione per il Sinodo per la famiglia, in programma per il prossimo ottobre.  (…)

Nella sua catechesi, ricorda poi la solennità dell’Annunciazione che la Chiesa celebra oggi, 25 marzo, quale “inizio del mistero dell’Incarnazione”. “L’Arcangelo Gabriele – sottolinea il Papa – visita l’umile ragazza di Nazaret e le annuncia che concepirà e partorirà il Figlio di Dio. Con questo Annuncio il Signore illumina e rafforza la fede di Maria, come poi farà anche per il suo sposo Giuseppe, affinché Gesù possa nascere in una famiglia umana”. “Questo è molto bello”, commenta Bergoglio, perché “ci mostra quanto profondamente il mistero dell’Incarnazione, così come Dio l’ha voluto, comprenda non soltanto il concepimento nel grembo della madre, ma anche l’accoglienza in una vera famiglia”.(…)

Papa Francesco ricorda poi una seconda ricorrenza che cade sempre oggi in molti paesi del mondo: la Giornata per la Vita, che vent’anni fa san Giovanni Paolo II volle suggellare firmando, in questa data, l’Enciclica Evangelium vitae. In questo prezioso documento “la famiglia occupa un posto centrale, in quanto è il grembo della vita umana”, evidenzia il Santo Padre. E rammenta che il suo “venerato Predecessore”, attraverso di esso, voleva richiamare l’attenzione del mondo sull’importanza della “coppia umana”, che “è stata benedetta da Dio fin dal principio per formare una comunità di amore e di vita, a cui è affidata la missione della procreazione”.

Celebrando il sacramento del Matrimonio, “gli sposi cristiani si rendono disponibili ad onorare questa benedizione, con la grazia di Cristo, per tutta la vita”, prosegue Francesco. Da parte sua, la Chiesa – soggiunge – “si impegna solennemente a prendersi cura della famiglia che ne nasce, come dono di Dio per la sua stessa vita, nella buona e nella cattiva sorte”. Esiste quindi un legame “sacro e inviolabile” tra Chiesa e famiglia: la prima “come madre, non abbandona mai la famiglia, anche quando essa è avvilita, ferita e in tanti modi mortificata. Neppure quando cade nel peccato, oppure si allontana dalla Chiesa –afferma il Papa -; sempre farà di tutto per cercare di curarla e di guarirla, di invitarla a conversione e di riconciliarla con il Signore”.

Appare chiaro allora “di quanta preghiera abbia bisogno la Chiesa per essere in grado, in ogni tempo, di compiere questa missione!”. Una preghiera che però è “piena di amore”, che “sa gioire con chi gioisce e soffrire con chi soffre”. Una preghiera che diventa linfa vitale in questi mesi di cammino fino alla grande Assemblea sinodale di ottobre. Francesco chiede perciò di rinnovare l’impegno “a pregare Dio per il Sinodo”, ed esprime il personale desiderio che questa preghiera “sia animata dalla compassione del Buon Pastore per il suo gregge, specialmente per le persone e le famiglie che per diversi motivi sono ‘stanche e sfinite, come pecore che non hanno pastore’”.

“Così, sostenuta e animata dalla grazia di Dio, la Chiesa – aggiunge il Santo Padre – potrà essere ancora più impegnata, e ancora più unita, nella testimonianza della verità dell’amore di Dio e della sua misericordia per le famiglie del mondo, nessuna esclusa, sia dentro che fuori l’ovile”. Tutti sono coinvolti in questo grande movimento di orazione: cardinali, vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, fedeli laici, anche lo stesso Successore di Pietro: “Tutti siamo chiamati a pregare per il Sinodo”, ribadisce, perché “di questo c’è bisogno, non di chiacchiere!”. Anche “quanti si sentono lontani”, o che “non sono più abituati a farlo” sono invitati a pregare per il Sinodo sulla famiglia, che “è per il bene di tutti”, rimarca il Santo Padre. Conclude quindi l’udienza raccomandando ai fedeli di custodire l’immaginetta, distribuita in mattinata in piazza San Pietro, che riporta il testo della preghiera. Anche se “forse sarà un po’ bagnata”, scherza il Pontefice, “vi invito a conservarla e a portarla con voi, così che nei prossimi mesi possiate recitarla spesso, con santa insistenza, come ci ha chiesto Gesù”. Poi chiede di recitarla tutti insieme:

Gesù, Maria e Giuseppe, in voi contempliamo lo splendore dell’amore vero, a voi con fiducia ci rivolgiamo.

Santa Famiglia di Nazareth, rendi anche le nostre famiglie luoghi di comunione e cenacoli di preghiera, autentiche scuole del Vangelo e piccole Chiese domestiche.

Santa Famiglia di Nazareth, mai più nelle famiglie si faccia esperienza di violenza, chiusura e divisione: chiunque è stato ferito o scandalizzato conosca presto consolazione e guarigione.

Santa Famiglia di Nazareth, il prossimo Sinodo dei Vescovi possa ridestare in tutti la consapevolezza del carattere sacro e inviolabile della famiglia, la sua bellezza nel progetto di Dio.

Gesù, Maria e Giuseppe, ascoltate, esaudite la nostra supplica. Amen.

Salvatore Cernuzio    Zenit   25 marzo 2015

www.zenit.org/it/articles/preghiamo-per-il-sinodo-perche-ha-bisogno-di-questo-non-di-chiacchiere

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PARLAMENTO

Senato            Comm. Giustizia        Tribunale della famiglia

194 Maria Elisabetta Alberti Casellati ed altri. Delega al Governo per l’istituzione presso i tribunali e le corti d’appello delle sezioni specializzate in materia di persone e di famiglia.

595 Cardiello ed altri. Disposizioni in materia di soppressione dei tribunali per i minorenni, nonché disposizioni in materia di istituzione di sezioni specializzate per la famiglia e per i minori presso i tribunali e le corti d’appello e di uffici specializzati delle procure della Repubblica presso i tribunali.

1238 Lumia ed altri. Istituzione del tribunale per la persona e le relazioni familiari nonché delega al Governo per l’organizzazione dei relativi uffici.

24 marzo 2015. Prosegue l’esame congiunto sospeso nella seduta dell’8 aprile 2014.

                        Il seguito dell’esame congiunto è infine rinviato.

Disciplina delle unioni civili

14        Manconi e Corsini. Disciplina delle unioni civili.

24 marzo 2015           Prosegue l’esame congiunto, sospeso nella seduta del 19 marzo 2015.

            Intervengono i senatori Sergio Lo Giudice e Giacomo Caliendo.

www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=17&id=908798

            25 marzo 2015 Prosegue l’esame congiunto, sospeso nella seduta di ieri, con nuovi pdl.

1745 Sacconi ed altri. Testo unico dei diritti riconosciuti ai componenti di un’unione di fatto.

www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLPRES/902395/index.html

1763 Romano ed altri. Disposizioni in materia di istituzione del registro delle stabili convivenze.

www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLPRES/902796/index.html

Viene presentato corretto il testo unificato alternativo presentato dal Gruppo parlamentare Forza Italia durante la seduta del 19 marzo 2015 (in allegato).

Intervengono i senatori: Ciro Falanga, Alberto Airola, Maurizio Sacconi, Giorgio Tonini, Enrico Buemi Maurizio Gasparri.

www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=17&id=909019

            26 marzo 2015 Prosegue l’esame congiunto, sospeso nella seduta di ieri.

Intervengono i senatori: Ciro Falanga, Monica Cirinnà (come relatore), Giacomo Caliendo, Erika Stefani, Giuseppe Lumia, Carlo Giovanardi, Enrico Cappelletti, Maria Mussini, Enrico Buemi.

Viene posta ai voti e approvata la proposta della relatrice di adottare come testo base per il prosieguo dell’esame il testo proposto dalla medesima, nella seduta del 17 marzo 2015. Conseguentemente è preclusa la votazione in ordine allo schema di testo unificato alternativo proposto dal Gruppo parlamentare di Forza Italia. Viene adottato come testo base il T.U. (19 articoli) della relatrice Monica Cirinnà “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”.

con testo base    www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=17&id=909941

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SESSUOLOGIA

Rettifica di attribuzione di sesso e intervento ricostruttivo: giudice che vai sentenza che trovi.

Disomogenei gli orientamenti dei tribunali circa la necessità, ai fini dell’accoglimento della domanda di rettifica, che il richiedente si sia sottoposto ad intervento chirurgico ricostruttivo; non resta che attendere la pronuncia della Consulta che metta un punto sulle interpretazioni della legge.

            Il diritto all’identità sessuale va riconosciuto anche a chi abbia costruito una diversa identità del proprio genere senza però modificare chirurgicamente i propri caratteri sessuali primari.

            È questo l’importante principio espresso in una recente sentenza del Tribunale di Messina [sent. del 4.11.2014.] secondo cui, anche la sottoposizione a cure idonee ad adeguare in modo significativo l’aspetto corporeo di un soggetto, può valere ai fini dell’accoglimento della domanda di rettificazione del sesso.

            In base alla legge [art. 1 e 3 Legge 14.04.1982 n. 164 recante Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso e art. 31 D. Lgs. 150/2011] il diritto all’attribuzione di sesso è riconosciuto nei limiti delle “intervenute modificazioni dei caratteri sessuali“; condizione questa che viene normalmente individuata dalla prevalente giurisprudenza nella necessità che sia stato eseguito un intervento medico-chirurgico di modificazione del sesso.

            La norma, tuttavia, non specifica quali debbano essere i caratteri sessuali da modificare: se cioè quelli primari (ossia gli organi riproduttivi) o secondari (cioè le diverse caratteristiche anatomiche utili a ricondurre una persona ad un genere: barba, seno, timbro vocale, ecc.). Per tale ragione, sottolinea il giudice siciliano, si può senz’altro ritenere che basti – per rispondere ai requisiti richiesti dalla legge – una modifica dei caratteri sessuali secondari, la quale può anche ottenersi attraverso la sottoposizione ad una meno invasiva terapia di tipo ormonale. Resta, perciò, piena la facoltà del magistrato di valutare liberamente se occorra o meno, ai fini dell’autorizzazione alla rettifica, che il richiedente si sia sottoposto o meno ad intervento chirurgico. Il diritto all’identità sessuale, si legge in sentenza, merita pieno riconoscimento non soltanto con riferimento a quelle persone che abbiano modificato i loro caratteri sessuali primari avvertendo in modo profondo la loro appartenenza al diverso sesso, ma anche a coloro che abbiano costruito una diversa identità di genere attraverso un significativo adeguamento del proprio aspetto corporeo.

            Di diverso avviso il Tribunale di Vercelli [sent. n. 159/2014 del 12.12.2014 conformemente a C. App. Bologna, sent. del 22.2.2013] che ritiene al contrario necessaria, ai fini dell’accoglimento della domanda di rettifica, una modificazione dei caratteri sessuali primari mediante un intervento chirurgico demolitivo e ricostruttivo degli organi genitali. Ciò sulla base dell’assunto che, se il legislatore avesse voluto distinguere i caratteri sessuali primari da quelli secondari, avrebbe potuto prevederlo in modo espresso. Non è dato, infatti, desumere dalla lettura della norma, “la modificazione di quali e di quanti, caratteri sessuali secondari – e con quale grado di profondità ed irreversibilità – possa ritenersi astrattamente sufficiente a consentire la rettificazione delle risultanze dello stato civile”.

            Non esiste, dunque, sul punto un’univocità di vedute ma resta fermo il fatto che se la disciplina in tema di rettificazione dell’attribuzione di sesso si propone anche di tutelare un diritto garantito dalla costituzione quale quello alla salute [Corte cost., sent. n. 161 del 24.5.1985], allora sarebbe contraddittorio (come sostengono numerose pronunce [Trib. Rovereto, sent. del 3.5.2013; Trib. Milano, 26.5.2011; Trib. Roma, sent. del 18.10.1997]) prevedere come condizione necessaria all’accoglimento dell’istanza l’obbligo di sottoporsi a intervento chirurgico dal quale potrebbe derivare un pregiudizio al benessere psico-fisico del soggetto interessato.

            Val la pena ricordare, a riguardo, che solo qualche mese fa il Tribunale di Trento [ord. del 20.8.2014] ha rimesso la questione alla Corte Costituzionale, sottolineando come “sembra che non vi sia ragionevolezza né logicità nel condizionare il riconoscimento del diritto della personalità in esame, ad un incommensurabile prezzo per la salute della persona”

            Non resta che attendere la pronuncia della Consulta che faccia finalmente chiarezza su una disciplina suscettibile, per la sua genericità, di interpretazioni così discordanti.

Maria Elena Casarano                     la legge per tutti                                25 marzo 2015

www.laleggepertutti.it/82925_rettifica-di-attribuzione-di-sesso-e-intervento-ricostruttivo-giudice-che-vai-sentenza-che-trovi

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SINODO DEI VESCOVI

Dianich: liberiamo il Sinodo dai catastrofismi.

Il teologo italiano di Pisa che alla prossima Assemblea sinodale è a rischio l’ortodossia non conosce la storia della Chiesa. E riduce la fede a un sistema di idee e deduzioni metafisiche.

Sui lavori in corso del prossimo Sinodo sulla famiglia soffiano forte le sirene dei catastrofisti. Coordinate strategie mediatico-ecclesiastiche continuano ad armare la «resistenza preventiva» contro ogni ipotesi di riconsiderare – anche in maniera sorvegliatissima – il divieto ai sacramenti che colpisce i divorziati risposati. Dicono che è in ballo l’ortodossia della fede. Insistono che su queste cose non si discute, se non si vuole minare l’unità della Chiesa.

Ma davvero i potenziali contrasti sui temi controversi del Sinodo rappresentano una minaccia inedita ed esiziale per la comunione ecclesiale? E è giusto sbarrare la strada al confronto appellandosi alla continuità della dottrina e della Tradizione? Vatican Insider lo ha chiesto al sacerdote e teologo Severino Dianich, intento da decenni a scrutare con passione il mistero della Chiesa nel suo cammino nella storia.

            Per alcuni il Sinodo sulla famiglia mette in pericolo l’unità della Chiesa. C’è davvero da preoccuparsi?

«Chi ragiona così sembra ignorare la storia della Chiesa. E non vive la rasserenante esperienza che è Dio che conduce la Chiesa, e non siamo noi con le nostre liti e le nostre battaglie. È una questione di fede, e anche di una buona coscienza storica. Perché tutta la storia del cristianesimo è anche la storia di un grande confronto, con tensioni e conflitti, intorno al mistero della fede, e alla rivelazione di Dio che è più grande delle nostre parole e formule. Abbiamo in mano cose troppo più grandi di noi, perché su ogni questione sia disponibile una soluzione univoca».

            Come può aiutare lo sguardo alla storia?

            «Al Concilio di Nicea, nel 325, si è definito che Gesù Cristo Figlio di Dio è “della stessa sostanza del Padre”. Lo ripetiamo ancora oggi nel Credo della liturgia domenicale. Eppure questa formula fu oggetto di infinite discussioni e gravi divaricazioni, non fosse stato altro perché innovativa e, quindi, secondo alcuni, inaccettabile perché non si doveva introdurre nel Credo un’espressione che non c’è nella Bibbia».

            E più di recente?

«Le divaricazioni al concilio Vaticano II furono ben più forti di quelle registrate nel Sinodo sulla famiglia, anche per la profondità e il maggior peso di molte questioni all’ordine del giorno. Allora, per esempio, costò molta fatica giungere a un consenso sulla dichiarazione Nostra Aetate sul dialogo con l’ebraismo e le altre tradizioni religiose. Per non dire delle dispute sulla dichiarazione sulla libertà religiosa. Eppure, in conclusione, anche sui pronunciamenti più controversi si raggiunse spesso il consenso del 90% dei padri conciliari.

Alla fine, la Chiesa riscopre, rinnova e rinsalda la sua unità. Ma ciò avviene attraverso un cammino storico, non come rigida e statica deduzione di postulati a priori. Proprio al Vaticano II durante le quattro sessioni lungo i quatto anni del suo svolgimento, le cose si sono per molti versi rovesciate rispetto alle griglie in cui all’inizio si voleva incanalare il dibattito. E questo è potuto accadere proprio perché la discussione è stata reale e feconda. Così la sensibilità conciliare, che all’inizio poteva apparire minoritaria, è pian piano emersa e ha persuaso la stragrande maggioranza dei padri. È questa la dinamica vitale che si realizza quando si discute nella Chiesa».

            Ma dicono che la verità non cambia, e i cambiamenti su questo terreno sono un cedimento alla mentalità dominante.

«Ma no! La verità non cambia, ma noi, che la crediamo e la comunichiamo attraverso le nostre forme mentali e le nostre parole, cambiamo. In campo morale, basta pensare che per secoli nella Chiesa era giudicato immorale e peccaminoso il prestito a interesse: oggi qui fra noi chi è che non ha un contro in banca? E possiamo ricordare che nello Stato Pontificio c’era la pena di morte, era permessa la prostituzione… E si potrebbero fare mille altri esempi di come le cose sono cambiate, nella prassi e nelle affermazioni di principio».

            Ma si può mettere ai voti la verità? La Chiesa può diventare come un parlamento?

            «Dire che la verità non si può mettere ai voti è un’affermazione tanto sacrosanta quanto ambigua. Non si mette ai voti la verità. Ma possiamo mettere ai voti i modi diversi che noi abbiamo di riconoscerla, accoglierla e trasmetterla e poi, soprattutto, gli strumenti attraverso i quali intendiamo viverla. E comunque un Sinodo o un Concilio non operano con la stessa procedura di un parlamento. I parlamenti devono formulare e votare delle leggi. I Concili e i Sinodi, prima di decidere delle leggi, devono individuare e dire “il senso della fede” del popolo di Dio oggi vivente, cioè della Chiesa».

            In concreto, questo cosa comporta?

«Un Parlamento può permettersi di votare una legge con un solo voto di maggioranza, mentre nella collegialità ecclesiale, al di là dei regolamenti, l’aspirazione è sempre quella di avere una maggioranza vasta. All’ultimo Concilio, Paolo VI tante volte spingeva a prendere in considerazione anche idee che lui personalmente non condivideva. Ma sollecitava ugualmente i padri a tenerle in conto, perché ciò voleva dire raccogliere un consenso più vasto. Perché quello che alla fine emerge deve sempre esprimere la fede della Chiesa, nella quale tutti si devono poter riconoscere. E quanto più la fede è robusta, tanto più possiamo permetterci di discutere e di litigare, sicuri che la grazia di Dio ci manterrà nella fede».

            Ma se è così, da dove viene l’esasperazione «catastrofista» fomentata dai media?

            «Non è escluso che intorno a certe parole d’ordine su questioni controverse si possano coagulare dei blocchi di interesse complessi. Inoltre, l’attestarsi sul deja vu e sul già detto è sempre più comodo. E poi ci sono ragioni più pertinenti».

            A cosa si riferisce?     

«Qualcuno, durante la discussione dell’ultimo Sinodo, ha fatto riferimento critico a una certa linea di pensiero “essenzialista”. C’è una tendenza che interpreta la fede e tutti i suoi aspetti come si trattasse di un sistema metafisico. Secondo tale prospettiva, l’unica necessità che urge sembra essere quella di determinare la verità in concetti chiari e distinti, alla Cartesio, in una sorta di metafisica della fede, per poi ragionare su tutto a partire da lì, con una logica ferrea e deduttiva. Solo questo garantirebbe la verità e la “tenuta” del sistema».

            Cosa c’è che non funziona?

            «Lungo questa via si può realizzare solo il passaggio da un’idea a un’altra, da astrazione ad astrazione, da un principio universale a una norma universale. E tutto questo non mi dice ancora nulla sulla vita reale. La presunzione degli “essenzialisti” sta in questa riduzione del cammino della fede a un procedimento logico. E la verità è come ingabbiata in formule “sicure”, fuori delle quali si è nella contraddizione. Mentre la realtà, come ha ripetuto anche Papa Francesco, è superiore all’idea e nelle sue infinite particolarità non è mai riducibile a un’idea».

            E questa riduzione come si riflette sull’affronto del «magma» della vita reale?

            «Prendiamo il nodo cruciale del dibattito sinodale, cioè il passaggio fra l’affermazione del principio di indissolubilità del matrimonio e la norma ecclesiastica che impedisce ai divorziati risposati di ricevere l’assoluzione e di fare la comunione. Questo passaggio non è immediato né obbligato. Per questo la Chiesa, come ha fatto la norma, la può anche modificare, senza rinnegare il principio con cui quella norma veniva giustificata. Perché nella zona intermedia tra il principio e la norma entrano in gioco i dati di fatto. Tra questi, per esempio, c’è il caso molto frequente di situazioni irreversibili, nelle quali il fedele è considerato in stato di peccato perché è risposato dopo aver divorziato, ma commetterebbe un altro peccato se abbandonasse la sua nuova famiglia per ricostruire quella considerata la sola “legittima”. Un caso di fronte al quale la norma sembra inadeguata. Ed è solo il caso più clamoroso fra molti che si potrebbero descrivere».

            Quali sono i criteri e i fattori che garantiscono e custodiscono comunque l’unità della Chiesa nella fede condivisa?

            «II criterio di fondo è quello indicato dall’ultimo Concilio nella costituzione Dei Verbum: la sacra Scrittura letta nella Tradizione della Chiesa, e la Tradizione fondata nella sacra Scrittura. Questo è il criterio chiave, quello decisivo. La Tradizione, proprio perché non è fissata in un testo scritto, è passata per tante fasi diverse, anche riguardo alla questione del matrimonio sacramentale, che rientra tra i temi del Sinodo. Basta pensare che la forma canonica fu imposta, come necessaria per la validità del matrimonio, solo con il Concilio di Trento».

            A cosa fa riferimento?

            «Ora le convivenze di fatto non possono essere considerate valido matrimonio, visto che non hanno forma canonica, e quindi nella Chiesa cattolica non possono essere considerate lecite. Ma prima che il concilio di Trento stabilisse la forma canonica per la celebrazione del matrimonio, come si sposavano i cattolici? La storia delle diversità impone una ricerca, e ci porta a cogliere anche i cambiamenti culturali e i condizionamenti antropologici che segnano il nostro tempo, per valutare ciò che essi comportano per l’annuncio cristiano e la vita di fede. È ciò che sui suoi temi ha fatto il Concilio».

            Riguardo alla consultazione sinodale, in vista dell’assemblea, registra un reale coinvolgimento del corpo ecclesiale?

            «L’impressione è che in Italia non è stato fatto abbastanza, soprattutto da parte delle diocesi. Se ci fosse stato qualcosa di serio, si sarebbe venuto a sapere, come accaduto per alcune iniziative isolate come quella presa dalla Chiesa di Bolzano. È un peccato».

            Cosa ci si potrà aspettare dal Sinodo di ottobre?

            «Io mi aspetto che si discuta a tutto campo, senza remore pregiudiziali, e si arrivi alla maturazione di un consenso ampio. Certamente con qualche compromesso, ma senza lasciare le cose del tutto come sono fino a ora. L’atteggiamento pastorale verso le coppie “irregolari” secondo la disciplina della Chiesa era già mutato sotto il papato precedente. Il papato attuale e il Sinodo già celebrato sono andati avanti sulla stessa strada. Io spero che si arrivi a un’indicazione autorevole e, possibilmente, alla formulazione di norme canoniche che consentano di ricostruire quel tessuto di relazioni, ora lacerato, con quei molti fedeli che non possono più ricostruire la loro precedente famiglia, senza commettere grave ingiustizia verso quella in cui ormai si ritrovano, ma che desiderano vivere integralmente la loro vita ecclesiale».

Gianni Valente  Vatican Insider il 16 marzo 2015.

http://vaticaninsider.lastampa.it/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/sinodo-famiglia-39767/

venerdì 20 marzo 2015     www.ilregno-blog.blogspot.it/2015/03/dianich-no-ai-catastrofismi.html#more

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UNIONI CIVILI

Confusione ad alto rischio.

            Era difficile concentrare in un solo testo di legge una sfilza così ampia di contraddizioni giuridiche e di incongruenze antropologiche come quelle raccolte dalla senatrice del Pd Monica Cirinnà nel disegno di legge che la Commissione Giustizia di Palazzo Madama ha adottato come testo base sulle «unioni civili». La notizia buona è che il testo, nelle prossime settimane, potrà essere seriamente emendato.

            Quelle cattive sono tutte le altre. A cominciare dall’apertura alla cosiddetta «adozione interna» alla coppia, che rischierebbe di moltiplicare e confondere le figure genitoriali. Così che un bambino, con l’adozione da parte del genitore partner della coppia omosessuale, si troverebbe ad avere due madri o due padri legali. Esito programmaticamente tragico per la sua crescita equilibrata. Senza considerare che un’apertura così dissennata avrebbe, tra le altre conseguenze, anche quella di offrire praterie per pratiche inaccettabili come l’utero in affitto. E osano chiamarla una scelta coerente di civiltà…

            Tartufesco, infine continuare a ripetere che si intende proporre un istituto giuridico «ben distinto» dal matrimonio, quando tutte le prerogative previste dalla legge per i coniugi vengono replicate nel ddl Cirinnà in modo implacabilmente automatico.

            Come ciliegina su questa torta assolutamente indigesta c’è l’invenzione di un «titolo secondo» che riconosce alle convivenze – etero o omosessuali – alcuni diritti di base, peraltro già previsti dalla giurisprudenza ordinaria per le persone comunque conviventi. Insomma, un “simil-matrimonio” gay con contorno… Una forzatura spaccatutto, che una parte del Pd ha deciso di tentare, contando sulla sponda di settori di destra e di sinistra. Ma è un gioco di prestigio confuso e confusionario, davvero ad alto rischio. Per il futuro di tutti.

Avvenire 26 marzo 2015      www.avvenire.it/Commenti/Pagine/Confusione-ad-alto-rischio.aspx

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