News UCIPEM n. 997 –14 gennaio 2024

News UCIPEM n. 997 –14 gennaio 2024

UNIONE CONSULTORI ITALIANI PREMATRIMONIALI E MATRIMONIALI

“Notiziario Ucipem” unica rivista – registrata Tribunale Milano n. 116 del 25.2.1984 Supplemento online.

Direttore responsabile Maria Chiara Duranti. Direttore editoriale Giancarlo Marcone

Le news sono strutturate: notizie in breve per consulenti familiari, assistenti sociali, medici, legali, consulenti etici ed altri operatori, responsabili dell’Associazione o dell’Ente gestore con note della redazione {…ndr}. Link diretti e link per pdf -download a siti internet, per documentazione.

I testi, anche se il contenuto non è condiviso, vengono ripresi nell’intento di offrire documenti ed opinioni di interesse consultoriale, che incidono sull’opinione pubblica. La responsabilità delle opinioni riportate è dei singoli autori, il cui nominativo è riportato in calce ad ogni testo.

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Carta dell’U.C.I.P.E.M.

Approvata dall’Assemblea dei Soci il 20 ottobre 1979. Promulgata dal Consiglio direttivo il 14 dicembre 1979. Estratto

1. Fondamenti antropologici

1.1 L’UCIPEM assume come fondamento e fine del proprio servizio consultoriale la persona umana e la considera, in accordo con la visione evangelica, nella sua unità e nella dinamica delle sue relazioni sociali, familiari e di coppia

1.2 L’UCIPEM si riferisce alla persona nella sua capacità di amare, ne valorizza la sessualità come dimensione esistenziale di crescita individuale e relazionale, ne potenzia la socialità nelle sue di erse espressioni, ne rispetta le scelte, riconoscendo il primato della coscienza, e favorendone lo sviluppo nella libertà e nella responsabilità morale.

1.3 L’UCIPEM riconosce che la persona umana è tale fin dal concepimento.

Contributi anche per essere in sintonia con la visione evangelica

02 BIBBIA                                              La storia della donna che non si rassegna alla morte dei suoi figli”

02 CENTRO GIOVANI COPPIE           “Generazioni e de-generazioni. In dialogo con le famiglie d’origine”

03 CISF                                                  Newsletter CISF – N. 1, 10 gennaio 2024

05 CHIESA NEL MONDO                    La risposta della Chiesa a una richiesta di sostegno

07                                                          La benedizione liturgica e le categorie della dottrina

10                                                          Da matrimoni clandestini a benedizioni clandestine? Irriflesso modernismo

11                                                          I vescovi francesi: le benedizioni via per avvicinarsi a Dio

12                                                           Benedizioni alle coppie gay, le resistenze all’apertura del Papa

14                                                          “Benedire le coppie gay non è blasfemo la tenerezza di Gesù Cristo è per tutti”

15                                                          Conferenze episcopali criticano/bloccano benedizione x coppie gay e irregolari

21                                                          Enzo Bianchi “Perché è giusto benedire le coppie omofile”

21 CITTÀ DEL VATICANO                  Papa Giovanni è un santo di serie B

22 CONSULTORI UCIPEM                  Cremona. Iniziative per genitori e figli, giovani e adulti

24                                                          Milano. La casa. Calendario attività gennaio- marzo 2024

27 DALLA NAVATA                             II domenica del tempo ordinario – Anno B

27                                                          «Ecco l’agnello di Dio»

28 DEMOGRAFIA                                 Bologna: sull’«inverno» demografico

32                                                          Diamo più valore collettivo alla scelta di generare figli

31 ECCLESOLOGIA                              Una Chiesa prossima ventura

32 ETICA                                    Lintner: etica cristiana delle relazioni

34 GIURISPRUDENZA                         I figli possono impugnare il matrimonio del padre con la badante?

35                                                          Quando si perde il diritto all’assegno divorzile?

37 LITURGIA                                        Declericalizzare la liturgia!

38 MEDICINA SOCIALE                      Alzheimer, 12 fattori di rischio su cui è possibile agire

40 OMOFILIA                                       Buona e cattiva sorte. I cristiani LGBT+ e la scommessa di una relazione X sempre

41 SINODO                                                           Laguna sinodalità: una mappa

BIBBIA

La storia della donna che non si rassegna alla morte dei suoi figli”

Tra le più sfortunate delle donne ci sono le madri che perdono i propri figli. Un dolore che chi non ha vissuto può forse solo immaginare restando accanto a qualcuna di loro, accompagnando in punta di piedi il suo indescrivibile calvario. Come un’amica preziosa anche la Scrittura segue i passi delle madri infelici, una delle quali è Rispa, una donna il cui nome significa “brace”. Nella sua anima arde infatti un fuoco che nulla riesce a spegnere, neppure la morte.

                Il contesto della storia di Rispa è quello della carestia a causa della guerra. Una guerra che aveva fatto Saul, il primo re di Israele, colpendo ingiustamente i gabaoniti i quali «non erano Israeliti, ma un resto degli Amorrei, e gli Israeliti avevano fatto con loro un giuramento; Saul però, nel suo zelo per gli Israeliti e per quelli di Giuda, aveva cercato di colpirli» (2Sam 21,2). Un comportamento violento e sleale che Dio non aveva gradito. Intanto Saul era morto ma il sangue degli innocenti che aveva macchiato le sue mani continuava a gridare giustizia verso il Cielo.

                Così il cielo si chiuse e divenne di rame e la siccità affamava la terra di Israele. Il nuovo re, David, si rivolse allora ai Gabaoniti e disse: «Che devo fare per voi? Quelli risposero al re: “Di quell’uomo che ci ha distrutti e aveva progettato di finirci, perché più non sopravvivessimo in tutto il territorio d’Israele, ci siano consegnati sette uomini tra i suoi figli e noi li impiccheremo davanti al Signore a Gàbaon, sul monte del Signore» (2Sam 21,3-6). Occorreva espiare il delitto sulla vita dei figli di Gabaon con la morte dei figli di Israele. È la legge cruenta della giustizia retributiva e della vendetta che il re David, per soddisfare «prese i due figli che Rispa, figlia di Aià, aveva partoriti a Saul, Armonì e Merib-Baal, e i cinque figli che Merab, figlia di Saul, aveva partoriti ad Adrièl di Mecolà, figlio di Barzillài. Li consegnò nelle mani dei Gabaoniti, che li impiccarono sul monte, davanti al Signore. Tutti e sette caddero insieme. Furono messi a morte nei primi giorni della mietitura, quando si cominciava a mietere l’orzo» (2Sam 21,8-9).

                Al sangue innocente versato da Saul, David aveva infine risposto col sangue dei figli innocenti di Saul. Terribile, mostruoso modo di fare giustizia che ancora oggi impera nel mondo: essa è a disposizione dei potenti che sacrificano bambini, ragazzi, figli innocenti sull’altare della loro insipienza e abuso di potere. Ma Rispa è una donna che, invece di accettare con rassegnazione o di omologarsi alle decisioni degli uomini – come fanno oggi, ahimè, molte donne al governo – vi reagisce con forza, determinata alla ribellione. Ella non si rassegna alla morte dei suoi figli né al potere della monarchia, né alla giustizia retributiva né alla logica della vendetta e nemmeno alla legge del taglione: lei vuole che i suoi figli vivano ancora, non accetta che i loro corpi pendano dagli alberi dove un potere umano arbitrario li ha impiccati.

«Allora Rispa, figlia di Aià, prese il sacco e lo stese sulla roccia, dal principio della mietitura fino a quando dal cielo non cadde su di loro la pioggia. Essa non permise agli uccelli del cielo di posarsi su di loro di giorno e alle bestie selvatiche di accostarsi di notte» (2Sam 21,10). Fu l’amore di Rispa a essere più forte della morte dei suoi figli, fu la sua rivolta verso il sistema di morte che creava – ieri come oggi! – la vergogna dell’assassinio dei padri sui figli, dei re sui loro sudditi a ristabilire davvero la giustizia in Israele, a rabbonire il cuore di Dio che fece tornare la pioggia nel Paese.

                Furono le lacrime di Rispa e non – come credeva lo stesso David! – il sacrificio dei figli di Israele per compensare il sacrificio dei figli di Gabaon. La morte porta la morte, la vendetta porta la vendetta, la guerra porta la devastazione. I massacri porteranno i massacri, la guerra porterà ancora guerre, la vendetta non genererà che odio e infinite spirali di violenza. Solo la cura della vita porterà la vita. I figli di Rispa non tornarono in vita ma fu per la pervicacia del suo amore che ottennero la dignità della sepoltura. Fu lei che insegnò un fondamentale atto di civiltà al re David: che il corpo delle persone non è solo carne ma sacro seme di eternità.

Rosanna Virgili                   pubblicazione: 10 gennaio2024

www.alzogliocchiversoilcielo.com/2024/01/rosanna-virgili-la-storia-della-donna.html#more

CENTRO GIOVANI COPPIE

“Generazioni e de-generazioni. In dialogo con le famiglie d’origine”

Terzo incontro del ciclo 2023-2024 del Centro Giovani Coppie San Fedele

Il rapporto con le famiglie d’origine rappresenta uno snodo di grandissima importanza per tutte le coppie, soprattutto nella prima fase della loro vita insieme. Si tratta di un rapporto complesso, che non può essere dato per scontato ma merita una riflessione approfondita e specifica: è possibile mantenere un rapporto di affetto e riconoscenza con i propri genitori, senza perdere la libertà di costruire una vita nuova e davvero libera? Come coniugare continuità e cambiamento? Come trovare la “giusta distanza”?

Diventare pienamente adulti passa anche di qui: da questo equilibrio tra passato e futuro.

Giovedì 18 gennaio 2024 con

Mariolina Ceriotti Migliarese – neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta

ore 21,00, nella Sala Ricci in piazza San Fedele 4, a Milano. Non è necessario prenotarsi.

Chi volesse seguire in streaming la conferenza, deve prenotarsi inviando una mail a mail@centrogiovanicoppiesanfedele.it e indicando in oggetto “Conferenza 3” entro domenica 14 gennaio 2024. Il link per collegarsi sarà inviato a ciascuno entro mercoledì 17 novembre.

https://centrogiovanicoppiesanfedele.it

CISF – Centro Internazionale di Studi sulla Famiglia

Newsletter CISF – N. 1, 10 gennaio 2024

§          Children of the enemy, attraverso la guerra per ritrovare i nipoti. È stato recentemente proposto nell’ambito di un incontro del Peace Institute di Oslo, e pluripremiato in diversi paesi, il documentario “Children of the enemy” (2021), che narra la storia vera di Patricio Galvez, un uomo di origini cilene, cittadino svedese, che si mette alla ricerca dei suoi sette nipotini, prigionieri del Califfato tra Iraq e Siria [trailer – – 1 min 41]

www.youtube.com/watch?v=oYAfLUOGSJk

 §            Famiglia e famiglie, dov’è la rivoluzione? È il tema del nuovo numero (uscito prima delle feste natalizie) del Mosaico, trimestrale diocesano della Chiesa di Cremona che ha ospitato un’ampia riflessione sulla fragilità e la resistenza della famiglia, sui progetti di vita dei giovani. Francesco Belletti, direttore Cisf, ha collaborato con un articolo che mette in luce “i fondamentali” del familiare in un’era di feroce individualismo consumistico. Valori, legami e relazioni che rappresentano gli anticorpi alla desertificazione sociale (“Cellule connesse nell’era post-familiare“).

                www.diocesidicremona.it/fragili-e-resistenti-nel-nuovo-mosaico-le-voci-delle-famiglie-in-una-societa-che-cambia-24-12-2023.html

§          Usa: le donne disabili incontrano una maggiore fragilità alimentare, abitativa, di trasporto. Le donne disabili vengono spesso lasciate indietro dalle attuali infrastrutture (cittadine e di servizi sociali) degli Stati Uniti: lo illustra un report della National Partnership for Women & Families, intitolata “Guida alla trasformazione dei sistemi per la giustizia economica della disabilità: insicurezza alimentare, alloggi e trasporti” Ad esempio, il 33% delle donne disabili tra 16 e 59 anni vive in famiglie che ricevono sussidi del Programma di assistenza nutrizionale supplementare: si tratta di quasi il triplo della percentuale (13%) di tutti gli adulti destinatari del servizio. Inoltre Il 65% delle persone disabili che ricevono sussidi per l’affitto sono donne (si stima peraltro che circa 3,6 milioni di americani disabili non escano di casa a causa delle limitazioni agli spostamenti). [il testo integrale – 28 pp].

https://nationalpartnership.org/wp-content/uploads/systems-transformation-disability-economic-justice-food-housing-transportation.pdf

§          Osservatorio infanzia: 4 gruppi tematici al lavoro. Sarà la redazione del prossimo Piano nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, relativo al biennio 2024-2025, uno degli obiettivi su cui lavoreranno i membri dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, riunitisi a metà dicembre. La Ministra per la Famiglia Eugenia Roccella, che presiede l’Osservatorio, ha dato come linee di indirizzo un “forte connotato di concretezza”, insieme ad “azioni realizzabili e pienamente misurabili”.

 I membri dell’Osservatorio si sono suddivisi in 4 gruppi tematici:

1) “Supporto e accompagnamento ai minorenni attraverso un sistema di servizi integrato rivolto alle famiglie”; 2) “Tutela della salute mentale dei minorenni all’interno e fuori dalla famiglia, anche con riferimento al tema delle dipendenze e all’impatto dell’esposizione alla pornografia in rete”;

3) “Promozione dell’affido”;

4) “Raccolta dei dati e sistema informativo sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza” [il comunicato ]

https://famiglia.governo.it/it/politiche-e-attivita/comunicazione/notizie/seconda-riunione-dellosservatorio-nazionale-per-linfanzia-e-ladolescenza

§          Istat: pochi matrimoni, tante convivenze, separazioni in calo. È davvero interessante il Report nazionale “Matrimoni, unioni civili, separazioni e divorzi/Anno 2022”, con cui l’Ufficio Nazionale di Statistica propone l’affresco sociale di matrimoni, seconde nozze e separazioni in Italia (queste ultime, in calo dell’8,2%). I primi matrimoni sono stati in lieve aumento (in tutto 146.222, quasi 30mila con un coniuge straniero), ma certamente pochi rispetto alla progressiva diffusione delle libere unioni (convivenze more uxorio), più che triplicate negli ultimi vent’anni e giunte nel biennio 2021-22 a più di 1 milione e 500mila. “Negli ultimi decenni”, annota Istat, “il netto ridimensionamento numerico delle nuove generazioni, dovuto alla bassa fecondità, che dalla metà degli anni Settanta si è sempre mantenuta ben sotto il livello di sostituzione, sta producendo un effetto strutturale negativo sui matrimoni” [il testo integrale del Report].

                www.istat.it/it/files//2023/12/REPORT_matrimoni-seprazionei-dic2023.pdf

§          Premio città del libro e della famiglia. Premio Pontremoli, al via la terza edizione. È stata ufficialmente indetta la terza edizione del Premio letterario “Pontremoli – Città del Libro e della Famiglia”, nato su iniziativa del Forum delle Associazioni Familiari e del Comune di Pontremoli in collaborazione con la Fondazione Città del Libro. La premiazione si terrà sabato 6 luglio 2024 alle ore 21 a Pontremoli. Il Comitato Organizzatore del Premio raccoglierà – entro la data del 29/02/2024 – le segnalazioni di pubblicazioni pervenute dal Forum delle Associazioni Familiari, dal Comune di Pontremoli, dalla Fondazione Città del libro, dagli Autori stessi, dalle librerie e dagli Editori e da cittadini residenti o domiciliati in Italia [link il Regolamento e la Scheda di segnalazione]                  www.forumfamiglie.org/2023/12/12/premio-pontremoli-citta-del-libro-e-della-famiglia-2024

§          Dalle case editrici

  • E. Arcidiacono, Baby Gang. Viaggio nella violenza giovanile in Italia, San Paolo, Cinisello B. (MI), 2023, pp. 160
  • M. Ceriotti Migliarese, L’alfabeto degli affetti, Ares, Milano, 2021, pp. 184
  • G. Costa, F. A. Minora (a cura di), Coabitazioni solidali. Politiche, programmi e progetti, Carocci, Roma 2023, pp. 206

Giovani, anziani, persone con disabilità fisica o intellettiva, neomaggiorenni care leavers, padri separati, persone in uscita dal carcere, homeless, donne vittime di violenza, migranti e richiedenti asilo: sono tantissime le categorie di persone che oggi sperimentano (o potrebbero sperimentare) coabitazioni solidali. Il tema, davvero eterogeneo e sfuggente a una definizione universale, è sempre più praticato e percorso anche nell’ambito delle politiche di welfare locale, che attivano soluzioni per una varietà di bisogni emergenti. (…)

(B. Ve.) [tutta la recensione] www.famigliacristiana.it/media/img/cisf/24cisfnews1allegatolibri.pdf

§          Save the date

  • Webinar (It) – 16 gennaio 2024 (19-20.30). “#Affettività e Sessualità: sfide e percorsi educativi“, a cura dell’associazione La Bottega dell’Orefice (sez. appulo lucana), relatore Renzo Puccetti, medico
  • bioeticista           
  • Webinar (It) – 16 gennaio 2024 (inizio ore 20.45). “ChatGPT e le novità del digitale. Quali sono? Stanno cambiando le nostre vite?“, primo appuntamento del terzo percorso dedicato a Web e Giovani organizzato da Diesse Lombardia, Esserci, Articolo 26 e Sindacato delle Famiglie di Milano

www.diesselombardia.it/index.php/appuntamenti/2016-web-e-giovani-primo-incontro-del-terzo-percorso

  • Webinar (It) – 18 gennaio 2024 (15.30-17.30). “I diritti di bambine, bambini e adolescenti e l’ambiente: le sfide in corso“, a cura di Officine Unicef [per iscriversi]    https://form.jotform.com/233063835871359
  • Webinar (Int)18 gennaio 2024 (16.30-17.30 EST).Constructing an Ethics Framework for AI in Biomedical Research“, a cura di Hastings Center                 https://form.jotform.com/233063835871359
  • Percorsi formativi (Ragusa) – 20/21 gennaio 2024. “Noi uomini: un corso papà e figlio“, la Diocesi di Ragusa, attraverso l’Ufficio per la Pastorale della Famiglia, ha promosso un corso, riservato a papà e figli maschi dagli 11 ai 13 anni, sui temi dei legami affettivi e dello sviluppo sessuale

[qui tutte le info]                    www.diocesidiragusa.it/noi-uomini-corso-per-papa-e-figli-maschi-dagli-11-ai-13-anni

  • Seminario internazionale (Bologna)23/24 febbraio 2024. “Alla ricerca del senso perduto. Spunti per una nuova narrazione educativa“, a cura di ADi in collaborazione con INDIRE, Fondazione per la scuola e Istituto Toniolo [il programma]

Archivio    http://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/elenco-newsletter-cisf.asp

https://a4e9e4.emailsp.com/f/rnl.aspx/?fgg=wsswt/e-ge=s/fh0=pzr49a1:a=.-4&x=pv&65kac&x=pp&qzb9g6.b9g9h/:i4-7d=vuwuNCLM

CHIESA NEL MONDO

La risposta della Chiesa a una richiesta di sostegno

Leggendo il comunicato stampa del Dicastero per la dottrina della fede in ordine alla ricezione della Dichiarazione “Fiducia supplicans”, colpisce la quantità di volte in cui ricorre il termine “pastorale”. Vi si auspica un «periodo più lungo di riflessione pastorale»; si richiama la «proposta di brevi e semplici benedizioni pastorali» o ancora di «benedizioni spontanee e pastorali»; si chiede di «arricchire la prassi pastorale». La dimensione pastorale della missione della Chiesa, dalle intuizioni iniziali di Giovanni XXIII attraverso il Vaticano II, ha acquisito sempre maggior importanza e rivendica un suo spazio originale e una sua intenzionalità propria.

                Tale ricorrenza quasi ossessiva potrebbe essere interpretata come una strategia per ridimensionare la portata della Dichiarazione o un segno di incertezza riguardo al senso del documento. Ma è più probabile che si tratti di un richiamo all’intenzionalità che animava la Dichiarazione e che riprende una preoccupazione più volte ribadita da papa Francesco: la sfida dell’evangelizzazione, oggi, non consiste nel riaffermare la dottrina tradizionale, peraltro nota e indiscussa; ma neppure nel modificarla, aggiornandola alle mode del tempo. La sfida “pastorale” chiede il coraggio di assumere le situazioni a volte confuse, intricate, incerte in cui si trovano tante persone, cercando di valorizzare il passo possibile, lo spiraglio di cielo che si può aprire nel desiderio implicito o nell’invocazione appena sussurrata di un gesto di sostegno e benevolenza.

Ciò che è emerso dalle varie reazioni alla Dichiarazione è il fatto che proprio la “pastorale” è ormai un terreno conflittuale, non pacifico, anzi animato da molte tensioni e preoccupazioni. É qualcosa di complesso. C’è chi vede in questo il segno che la nozione di “pastorale” non è mai stata chiara, né in sé né tantomeno nel rapporto con la dottrina. Certo non si tratta di una pura e semplice applicazione della dottrina ai casi concreti. La logica deduttiva non funziona nella varietà delle vicende della vita. C’è chi invece sottolinea come la dimensione pastorale sia un pericoloso pretesto per relativizzare la disciplina o anche un alibi per pratiche arbitrarie e disorientanti. Ma forse alla radice del problema c’è semplicemente il fatto che l’appropriazione della fede oggi non si dà più in un contesto segnato da un costume condiviso e pacifico, nel quale si viene a sapere in modo chiaro e univoco cosa significhi amare, crescere, lavorare, soffrire, trovare la propria vocazione e quindi il senso da dare alla vita. Questa incertezza rende più tortuosi i cammini personali e più ansioso il compito di vivere, nella ricerca della propria strada. L’intenzionalità pastorale a cui richiama papa Francesco si assume la responsabilità di prendersi cura delle persone anche in queste situazioni incerte e confuse, dotandosi di strumenti per individuare il passo possibile in ordine a un’esperienza di fede, fosse anche in condizioni limitate o fragili o ambivalenti. Non è possibile che per tanta gente non ci possa essere una parola, un gesto o un’attenzione che facciano sentire la vicinanza del Dio di Gesù Cristo, un Dio che guarisce e sostiene la vita.

É significativo l’esempio di benedizione proposto dal Comunicato stampa. La scena immaginata è più mediterranea o latinoamericana che mitteleuropea. Colpisce la tenerezza e l’empatia che vi traspare. Tutto parte da una richiesta da cui ci si lascia interpellare. Si tratta di rispondere alla domanda di un sostegno, che non chiede approvazione o assoluzione, né pretende qualche grazia spirituale speciale. Chiede la vita e i suoi beni essenziali, anche materiali e chiede di sentire che in questi desideri non mancherà il sostegno del Creatore e Padre buono, che ai figli che chiedono pane non dà pietre (Mt 7,9). La benedizione non ha la forma della consacrazione di una situazione da legittimare. Ha piuttosto la forma dell’apertura di un pezzettino di cielo su una situazione difficile, che sembra chiudere l’orizzonte della speranza. Il gesto chiesto, ossia la benedizione, dice che non si tratta solo di donare un sorriso, un saluto, una stretta di mano o una pacca sulla spalla. Ciò che è chiesto è un gesto proprio dell’esperienza religiosa, di cui si intuisce ancora il carattere promettente. La risposta a questa richiesta interpella il “cuore di pastore” e cerca di ritrovare un’intenzionalità pastorale autentica, che non congeda con freddo distacco.

Vista dal versante mitteleuropeo, questa benedizione pastorale, spontanea e informale, funziona invece come contenimento di eccessive corse in avanti. Non si tratta di predisporre rituali per benedizioni liturgiche ufficiali. Su questo si fa chiarezza. Emerge in ciò la consapevolezza della differenza dei contesti pastorali e un sano invito alla riflessione pacata e alla prudenza, proprie di chi non cerca soluzioni facili e immediate, ma avvia processi di discernimento sul bene possibile.

                Le precisazioni richieste dai vari dibattiti hanno un carattere provvidenziale. Mostrano non tanto un magistero incerto e contraddittorio, quanto piuttosto un magistero “in ricerca” a livello pastorale, in ricerca cioè non di novità dottrinali, ma dei comportamenti più idonei all’attuale contesto antropologico. Si tratta di abitare questo spazio umano, segnato da identità incerte e confuse, spesso accompagnate da grandi sofferenze, propiziando condizioni favorevoli all’accoglienza di un sostegno religioso. Le doverose precisazioni aiutano inoltre a recepire l’intenzione pastorale autentica di queste benedizioni, evitando ambiguità legittimanti e confusive. Più il dibattito entra nella comunicazione globale, più si toglie ambiguità al gesto della benedizione, comprendendone la portata reale.

Rimane il dubbio se tali preoccupazioni pastorali debbano essere oggetto dell’attenzione del Dicastero per la dottrina della fede. Nell’immaginario collettivo, almeno degli addetti ai lavori, il gioco di ruoli al Vaticano II era ben diverso: il Sant’Ufficio si faceva custode della sana dottrina tradizionale, mentre il collegio episcopale unito al Papa cercava vie per rendere pastoralmente efficace l’annuncio del Vangelo. Al di là della storia, è vero che ci sarebbero altri Dicasteri più competenti in ambito pastorale. Forse però vale qui la precisazione inziale della Dichiarazione, che intende dare voce e argomentazione all’istanza pastorale di papa Francesco. Di fatto la Dichiarazione cita quasi solo i discorsi e i testi di papa Francesco proprio perché si fa eco della sua preoccupazione pastorale: non basta riaffermare una dottrina vera, ma che vola sopra la testa delle persone; occorre mostrare la forza vitale di un Vangelo che è capace ancora di leggere le condizioni di vita di tanti, aprendo in esse una porzione di cielo. È ancora un’esigenza squisitamente pastorale.

   Alberto Cozzi *1963, membro della Commissione teologica internazionale

Avvenire   6 gennaio 2024

www.avvenire.it/chiesa/pagine/la-riflessione-e-la-risposta-a-una-richiesta-di-so?

1 Benedizione papale (benedizione apostolica)                    2 La benedizione Urbi et Orbi

3 La benedizione eucaristica                                                       4 La benedizione di Padre Pio

5 La Benedizione di San Francesco                                          6 La benedizione nuziale

7 La benedizione degli animali                                                   8 La benedizione della casa

9 La benedizione irlandese                                                           10 La benedizione pasquale

www.holyart.it/blog/accessori-liturgia/10-benedizioni-conoscere

La benedizione liturgica e le categorie della dottrina

Anche nell’ultimo, più recente e autorevole commento alla Dichiarazione “Fiducia supplicans”, firmato da Alberto Cozzi e pubblicato su “Avvenire” del 6 gennaio , una giusta valutazione del documento sul piano “pastorale” sembra lasciare nel non detto il ruolo che la benedizione svolge nella vita della Chiesa, proprio con la sua forma rituale. Negare la natura rituale della benedizione, in effetti, rimane un modo vecchio di pensare, che esige alcune puntualizzazioni. Forse proprio questa dichiarazione, che coglie con lucidità la sfida attuale, ma che la affronta con categorie un po’ forzate, mi pare possa essere la occasione per un chiarimento importante.

                Da un lato, infatti, si è notato, fin dal primo apparire della Dichiarazione, che essa comportava un superamento esplicito e dichiarato del noto “Responsum” del 2021: qui vi è una discontinuità disciplinare importante, a cui non corrisponde però una altrettanto chiara esposizione teologica. I punti deboli sono tre:

a) la continua riaffermazione che la “dottrina resta immutata”, il che è vero solo in parte;

b) una nozione di “benedizione non rituale e non liturgica” che appare piuttosto paradossale;

c) una ridefinizione necessaria dei soggetti che chiedono la benedizione (che non sono semplicemente peccatori che occorre imparare ad accogliere)

Provo a fermarmi su ognuno di questi punti critici:

a) Dottrina immutabile? L’orizzonte della “dottrina sul matrimonio”, che la Dichiarazione richiama fin dalla sua introduzione, fissa una nozione di benedizione che, nella storia del matrimonio cattolico, appare estremamente problematica. In effetti lo specifico sviluppo moderno della dottrina cattolica del matrimonio ha estromesso la benedizione dalla sostanza del sacramento. A partire dal Decreto “Tametsi” 1563 la benedizione non svolge più una funzione sostanziale nel darsi del sacramento, che si fonda semplicemente sul consenso dei coniugi, ricevuto dal ministro ordinato secondo la forma canonica. Questo, tuttavia, non riesce a far dimenticare alla Chiesa che per circa 1500 anni è stata proprio la benedizione a “congiungere” formalmente gli sposi, almeno sul piano sacramentale. Questa storia complessa ha introdotto nelle preoccupazioni dottrinali attuali, la esigenza di una continua distinzione tra “benedizione liturgica” e “benedizione informale”, che non ha di fatto precedenti storici. Si comprende bene la esigenza di “non abbandonare alla maledizione” tutte le unioni “senza regola”, ma la predisposizione di uno strumento “non rituale” sembra mettere al riparo la istituzione dalla responsabilità profetica di un riconoscimento effettivo e non clandestino. In questo modo si riapre una dimensione “clandestina” delle unioni che Trento aveva cercato di superare. Se capisco e apprezzo il fatto che questa Dichiarazione costituisca una discontinuità rispetto al “divieto di benedizione” precedente, non capisco perché si possa pensarla soltanto “senza regole previe”, senza libri, senza rituali, forse anche senza spazio e senza tempo. Una dottrina della benedizione, come forma originaria del pregare cristiano e della benevolenza di Dio, chiede che anzitutto nel benedire ci sia spazio, tempo, uso del linguaggio verbale e non verbale. Qui, a mio avviso, la preoccupazione di “salvaguardare la dottrina” confonde le benedizioni con i sacramenti e per questo le ridimensiona fino all’inverosimile di una puntualità senza pubblicità. La benedizione è atto che investe non solo il vescovo o il presbitero o il diacono, ma la intera comunità, che lo si voglia o no.

b) Che cosa è una benedizione senza rito? Proprio sulla “essenza della benedizione” mi pare che il magistero liturgico dell’ultimo secolo sia stato largamente ignorato o frainteso. Qui si trova ancora, nella Dichiarazione, la eredità del fraintendimento presente nel Responsum del 2021: ossia quello di equiparare benedizione e sacramento. La benedizione, storicamente, è stata compresa come “sacramentale”, non come “sacramento”: ciò significa che discende da una istituzione ecclesiale, non è istituita da Cristo; che è efficace “ex opere operantis”, non “ex opere operato”. In origine questa categoria è stata inventata all’inizio del XIII secolo, per dare dignità alla benedizione con cui veniva consacrato il Vescovo. Non essendo pensato come sacramento, l’episcopato era un sacramentale! Per questo oggi potremmo essere molto meno preoccupati di assicurare la natura “non liturgica” e “non ritualizzata” della benedizione. Questa esigenza rivela un disagio delle categorie fondamentali con cui pensiamo la tradizione. Proprio perché “profezia ecclesiale”, riconoscere le diverse forme della “comunione di vita e di amore”, senza negarne differenze e limiti, può e deve avere forme ritualizzate, anche se non sacramentali. Dire benedizione implica un regime formale, verbale e rituale che non si deve confondere con la “regolamentazione giuridica”. Su questo ha ragione la Dichiarazione, che identifica bene la discontinuità, ma la elabora con categorie vecchie. Resta in qualche modo imbrigliata nella pretesa moderna, tipica del Decreto Tametsi, di un regolamento ecclesiale totalizzante, che copre contemporaneamente le forme del consenso, della benedizione e della regolamentazione matrimoniale. Liturgico diventa da allora, soprattutto nel matrimonio, sinonimo di “ufficiale”. E allora un prete che si identifica troppo con un “pubblico ufficiale” faticherà ad essere profeta, non nascostamente o brevemente, ma apertamente e con tutto il tempo necessario. Mentre il Responsum glielo vietava, ora la Dichiarazione glielo consente, e quasi glielo raccomanda, ma come in segreto e con tempistiche accelerate. “As soon as possible” [appena possibile] non può essere una regola di una svolta pastorale, ma solo quella di una soluzione diplomatica e provvisoria.

                c) Il disordine e le forme di vita. Le famiglie irregolari sono “disordinate”. Secondo il Responsum questa è la ragione per cui non possono essere benedette, per la Dichiarazione questa è la ragione per cui possono essere benedette. Ma è questa definizione “disordine” a non essere più adeguata. Essa viene dalle tassonomie del peccato, che pensano le forme del male secondo grandi categorie. Essere “contro Dio” e “contro il prossimo” fa sì che non si possa benedire il bestemmiatore in quanto bestemmiatore, o il ladro in quanto ladro. Se il bene del matrimonio è la generazione, una unione che non può generare per natura, diventa “intrinsecamente malvagia”. Queste categorie classiche, che possono arrivare alla sequenza troppo rozza del Compendio del Catechismo della Chiesa cattolica, quando mette insieme masturbazione, stupro e omosessualità come vizi della castità, devono essere riviste, perché si possa benedire, nelle coppie cosiddette irregolari, una “comunione di vita e di amore” che merita il riconoscimento anche ecclesiale. La pastorale, qui, richiede una nuova lettura della dottrina, che usi categorie aggiornate che non abbiamo ancora elaborato pienamente: non perché siano imposte dalla moda, ma perché possiamo onorare i fenomeni reali, offrendo veri chiarimenti. Le coppie di divorziati risposati e le coppie omoaffettive non sono “intrinsecamente malvagie” perché non rispettano la legge oggettiva della “riserva della sessualità al matrimonio legittimo”. Le dimensioni di peccato, che il limite delle storie personali intreccia inevitabilmente (la ingiustizia verso la prima unione, la incapacità di generazione biologica) sono limiti che devono essere riconosciuti, ma che non impediscono la forma di vita e di amore che è la “seconda unione” o la “unione omoaffettiva”. Uscire dalla prospettiva che giudica queste forme di vita prima di tutto per ciò che negano e saper maturare una visione che sappia riconoscere ciò che in quelle comunioni di vita e di amore viene affermato, chiede alla Chiesa cattolica una dottrina aggiornata.

d) Lo scandalo dello scandalo. La tradizione è più ricca di quanto pensiamo a partire dal mondo moderno. La tradizione sa bene che la benedizione è il linguaggio più libero della Chiesa, che non deve essere previamente sottoposta al giudizio dogmatico, come se si trattasse sempre di “formule sacramentali”. La benedizione conserva la sua libertà se resta narrazione di vita, contestualizzazione spaziale e temporale, atto corporeo, profezia comunitaria, vera accoglienza. Per questo il criterio dello scandalo, che spesso viene utilizzato come norma normans delle benedizioni che hanno per oggetto “relazioni affettive e sessuali”, deve ricordare che era scandaloso, per il medioevo e per la età moderna, affermare che le nozze fossero “atto dei coniugi” e non “dei padri e delle famiglie”. La grande lotta che ha attraversato l’Europa a partire dalle teorie dei canonisti medievali è stata un vero “scandalo”. La Chiesa ha saputo riconoscere che la volontà dei nubendi era superiore alla volontà delle famiglie di provenienza. Abbiamo saputo essere scandalosi e ne siamo stati orgogliosi e ancora potremmo e dovremmo esserlo. Non dovremmo essere troppo preoccupati di uscire dalla società dell’onore, che colpevolizza ogni comportamento “omoaffettivo”, temendo che quella “mancanza di generazione” sia una minaccia per la società. L’abominio contro natura e contro Dio è fondato su questa arcaica riduzione del matrimonio a “generazione”, cosa di cui Gesù non dice assolutamente nulla. Il “legame indissolubile” tra uomo e donna può emergere, forse inatteso, ma reale, nel legame tra uomo e uomo, tra donna e donna. Con il limite della assenza di generazione biologica, ma non senza fedeltà, non senza vincolo perenne, non senza fecondità sociale, contestuale e personale.

e) Paradossi e confusioni. Gli atti amministrativi possono essere puntuali, fuori dallo spazio e dal tempo. Le benedizioni sono narrazioni, che chiedono spazio e tempo. Per questo una assoluzione o una crismazione o un battesimo può durare 10 secondi, mentre una benedizione del crisma, dell’acqua o del pane e calice richiedono tempo e spazio, gesti e memorie, immagini e commozioni. La scissione tra amministrazione dei sacramenti e narrazioni benedicenti è uno dei nostri problemi più profondi. In realtà, ogni sacramento vive di benedizione: si benedice l’acqua, si benedice il crisma, si benedice il pane e il calice, si benedice l’olio degli infermi, si benedice il candidato al ministero e si benedicono gli sposi. Anche il penitente non è semplicemente assolto, ma entra nella benedizione del fare penitenza nel cuore, sulla bocca e nel corpo. Una rilettura dei sacramenti in relazione al benedire è assai istruttiva. Evita soprattutto di capovolgere le prospettive e di cadere nella trappola di giudicare le benedizioni con il metro di un “atto amministrativo sacramentale” e non invece il sacramento alla luce della narrazione delle benedizioni di Dio. La Dichiarazione “Fiducia supplicans” apre uno squarcio decisivo nella totalizzazione amministrativa della Chiesa: lascia uno spazio alla profezia. Che però non è e non può essere semplicemente uno “spazio aliturgico”, perché è proprio la “liturgia di benedizione” lo spazio originario di questa vocazione pastorale. La pastorale più profetica non è al di qua o al di là della liturgia, ma proprio nel suo cuore più antico.

f) Prudenza profetica. Questo implica, tuttavia, una relazione complessa tra dottrina e pastorale: la pastorale non è semplicemente una “umanizzazione” della dottrina, ma è anche “fonte” di una revisione dottrinale. In questo, rispetto alla analisi di A. Cozzi, mi pare che la provenienza della Dichiarazione dal Dicastero della fede sia un segno importante. Che possa esservi un cambiamento della dottrina sulla guerra o sulla pena, non sembra turbare nessuno. Sembra che invece nel regolamento delle relazioni sessuali, ci dobbiamo impegnare a stare di fronte a 2000 anni di uniforme fedeltà. Nessuno considera esagerata la condanna della guerra o della pena di morte, anche rispetto a culture belliciste o giustizialiste. Le differenze culturali hanno bisogno di coraggiosa e paziente pedagogia. Ma sul rispetto per la omoaffettività si pretenderebbe, da alcuni, una totale sintonia dei vescovi con le tradizioni più intolleranti. Come se fosse compreso nel Vangelo il pregiudizio contro la omosessualità. Come se le ataviche logiche dell’onore dovessero prevalere contro le logiche della dignità. La differenza di trattamento delle questioni dipende dal fatto che i peccati di superbia e di ira sembrano irrilevanti, mentre il peccato sessuale si è ingigantito a dismisura, diventando quasi il peccato per antonomasia. Qui c’è una reale perdita di identità, presentata come resistenza e purezza. Qui, a me pare, dire “pastorale” implica un lavoro sulla dottrina che non può essere né sottaciuto né sottostimato. Lavoro sulla dottrina non significa “cambiare dottrina”, ma tradurre le forme dottrinali espresse nella “società dell’onore” nelle forme dottrinali “della società della dignità”. Una Chiesa che non si senta disonorata dai divorziati risposati che la frequentano e dalle coppie omosessuali che la abitano evita di assumere, anche ufficialmente, quelle forme del nascondimento e del riserbo imbarazzato che sono lo strascico di una concezione totalizzante e totalitaria della società e della Chiesa. Ci vuole prudenza, questo è certo: ma essere prudenti in qualche caso significa frenare, in altri casi significa schiacciare decisamente sull’acceleratore.

Andrea Grillo                    blog come se non                           11 gennaio 2024

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Da matrimoni clandestini a benedizioni clandestine? Un irriflesso modernismo istituzionale

La vera questione sta nel cuore della Dichiarazione “Fiducia supplicans” non riguarda la “dottrina”, ma un modo moderno di intendere la “disciplina ecclesiale”, che condiziona troppo pesantemente lo stile con cui la Chiesa cattolica si dispone ad affrontare le questioni che riguardano il matrimonio e la vita di coppia. Come ho già indicato in una lettura immediata del provvedimento, subito prima di Natale, per capire le reazioni al testo della Dichiarazione dobbiamo tornare alla radice di questo atteggiamento, che potremmo chiamare di confusione tra dottrina e disciplina.

Tutto comincia infatti nel 1563, quando i padri del concilio di Trento approvano, non senza esitazione, il Decreto “Tametsi”, che si chiama così proprio perché inizia da una proposizione concessiva, riguardante i matrimoni clandestini: “Quantunque i matrimoni clandestini siano sempre stati ritenuti validi…”. Di fronte a questa disciplina assai antica, fondata su elementi dottrinali non secondari, la Chiesa cattolica moderna sente il bisogno di introdurre una grande discontinuità e di rendere non solo illeciti, ma addirittura invalidi tutti i matrimoni clandestini. A questo scopo introduce la “forma canonica”, ossia un sistema di garanzia e di controllo del consenso dei coniugi, che diventa ufficiale ed efficace solo se ricevuto a certe condizioni da parte del ministro ordinato. Non i padri di famiglia, non i potenti del luogo, ma i ministri della Chiesa garantiscono il matrimonio. Questa riforma ha introdotto, a partire dalla fine del XVI secolo, una percezione del matrimonio, di cui la Chiesa diventa l’unica istituzione competente. Qui non si tratta di dottrina, ma di disciplina, però con conseguenze dottrinali ingenti, perché orientano progressivamente il cattolicesimo a considerarsi il titolare di una competenza esclusiva e totalizzante sul matrimonio. Questo, per il XVI e il XVII secolo implica conseguenze interessanti: se ad es. consideriamo le Visite Pastorali che Carlo Borromeo conduceva a Milano, scopriamo che era di competenza episcopale il modo con cui le famiglie dormivano insieme ai bambini neonati: il vescovo imponeva loro, amministrativamente, di inserire una “tavola di legno” nel lettone, per custodire il piccolo, perché non risultasse schiacciato dai corpi dei genitori. Un Vescovo che esercita poteri amministrativi, di medico o di assistente sociale è una delle conseguenze del decreto Tametsi.

Ma il mondo cambia e la Chiesa cattolica vede sorgere, a partire dal XIX secolo, sempre maggiori competenze civili, amministrative, mediche, sociali, che si sovrappongono e confliggono con le competenze ecclesiali inventate alla fine del 500. Nessuno oggi chiede al Vescovo di sorvegliare sulla forma dei letti nelle case. Ciononostante l’idea che la competenza sul matrimonio sia esclusiva continua nel Codice del 1917 e anche nel codice del 1983. Entriamo così in un “mondo parallelo”, la cui identità istituzionale fatica a giustificarsi e a darsi forma, rispetto al mondo “reale”. Il Decreto Tametsi, nelle sue conseguenze secolari, ha introdotto una sfasatura nello sguardo cattolico: anche oggi tendiamo a far diventare un “punto dottrinale irrinunciabile” quello che allora fu una decisione disciplinare, che resta pur sempre revocabile.

D’altra parte non si può dimenticare che già i padri della teologia medievale, proprio i più antichi, nel XII secolo, sapevano bene che il matrimonio era il sacramento più antico, istituito “prima della caduta”. Questo significava allora, e continua a significare oggi, che il matrimonio è il sacramento che “dice di più”, ma anche quello su cui la Chiesa ha “meno” potere, perché precede ogni rimedio al peccato, essendo già lì anteriormente alla caduta dei progenitori. Così è accaduto che la Chiesa cattolica, che per 1500 anni ha saputo bene di avere sul matrimonio un potere minore rispetto a tutti gli altri sacramenti, a partire dal 1500 non solo ha investito moltissimo potere proprio sulla dimensione coniugale, ma addirittura ha affermato, a partire dalla metà del 1800, di essere l’unica istituzione ad aver autorità sul matrimonio.

La presenza di “matrimoni clandestini”, davanti agli occhi dei padri tridentini, era diventata una contraddizione. Ma per molti secoli quei matrimoni erano stati chiamati “matrimoni naturali” ed erano stati riconosciuti come validi, per quanto illeciti, essendo fondati su una “legge più antica”. Da quando abbiamo iniziato a ragionare con la logica di Tametsi, del matrimonio vediamo immediatamente la “irregolarità” e il peccato. Per questo tendiamo a guardare al matrimonio come fa un “ordinamento statale”, che si preoccupa della conformità formale rispetto alla condizione dei soggetti. Questo è il nostro difetto di sguardo, che soprattutto in campo matrimoniale, amplia a dismisura la “dogana pastorale”. Se non usciamo da questa prospettiva, come iniziano a fare Familiaris consortio, poi Amoris Lætitia e ora Fiducia supplicans, potremmo immaginare di poter benedire le “comunità di vita e di amore” per il bene che vivono, non per i timbri che sanno presentare. In tal modo, facendo dipendere la dottrina matrimoniale da una disciplina prima cinquecentesca e poi ottocentesca, cadiamo in uno sguardo ce Amoris Lætitia chiama “meschino” (AL 303). Per garantirci da ogni matrimonio clandestino, rischiamo di rendere clandestine le benedizioni delle realtà di amore “non regolare”. In nome di un empito di regalità formale e totalizzante, rinunciamo ad ogni profezia e ad ogni lungimiranza, riservandola ad un “luogo clandestino”, tendenzialmente senza spazio, senza tempo, senza rito e senza forma. Qui, io credo, in gioco non vi è soltanto il matrimonio e le sue forme storiche, ma la identità ecclesiale e il suo compito profetico oltre che regale. Così, per salvare il principio moderno della “forma canonica”, rinunciamo non solo ai tesori della realtà contemporanea, ma anche alla sapienza ecclesiale anteriore al 1563.

Le resistenze a Fiducia supplicans, che appaiono in parte anche all’interno stesso del testo, sono una forma di irriflesso modernismo istituzionale, che non riesce ad uscire dalla visione grande, ma superata, con cui il Concilio di Trento seppe introdurre una grande discontinuità nella tradizione della Chiesa. Per questo oggi abbiamo bisogno di una nuova discontinuità, più fedele alla tradizione pretridentina. Abbiamo bisogno di riscoprire la “pluralità dei fori”, di cui parlava Paolo Prodi. Aspiriamo ad una visione che possa abbassare l’attenzione ecclesiale sulla “regolarità” e possa riconoscere la santità e il bene lì dove appare, al di qua e al di là dei regolamenti sociali e istituzionali, di cui la Chiesa non deve più sentirsi unica custode. Non sulla base di una rinuncia, ma sul fondamento di un sapere più antico. Per farlo, occorre saper distinguere, con nuova lucidità, che cosa della tradizione è disciplina superabile e che cosa è dottrina irrinunciabile. Aver confuso la “forma canonica” con una dottrina indisponibile è il passo falso che minaccia la visione cattolica da secoli e che anche oggi grava sul modo con cui respiriamo di fronte alle questioni relazionali, sessuali e matrimoniali.

Andrea Grillo                    blog come se non                           11 gennaio 2024

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Coppie irregolari. I vescovi francesi: le benedizioni via per avvicinarsi a Dio

«La dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della fede “Fiducia supplicans“, datata 18 dicembre 2023, ha avuto un impatto decisivo sull’opinione pubblica, in particolare per i temi delicati che affronta: quello dell’accompagnamento nella Chiesa delle persone omosessuali che vivono in coppia da un lato e quello dei divorziati impegnati nella vita coniugale dall’altro».

https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2023/12/18/0901/01963.html#it

È quanto si legge nell’incipit iniziale della nota diffusa dai vescovi francesi a conclusione del loro Consiglio permanente (Cef) in riferimento alla recente della Dichiarazione del Dicastero per la dottrina della fede sulla benedizione delle coppie irregolari. E scrivono ancora i presuli transalpini a questo riguardo: «Il Consiglio permanente accoglie questa Dichiarazione come un incoraggiamento ai pastori a benedire generosamente coloro che si rivolgono a loro chiedendo umilmente l’aiuto di Dio». E si legge nella nota:« In questo modo, i vescovi accompagnano queste persone nel loro cammino di fede, perché scoprano nella loro vita la chiamata di Dio e vi rispondano concretamente. La “Fiducia supplicans” richiama la dottrina della Chiesa cattolica che, secondo «i disegni di Dio inscritti nella creazione e pienamente rivelati da Cristo Signore» (n. 11), intende il matrimonio come «un’unione esclusiva, stabile e indissolubile tra un uomo e una donna, naturalmente aperta alla generazione dei figli» (n. 4). Questo è ciò che riceviamo da Gesù stesso sul matrimonio e sulla sua indissolubilità (cfr. Mt 19,3-9)».

I presuli francesi sottolineano poi un’altra verità in linea con il magistero della Chiesa: «Riceviamo anche da Gesù Cristo la chiamata ad un’accoglienza incondizionata e misericordiosa, poiché Gesù “non è venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori” (Mc 2,17), che tutti siamo. Fiducia supplicans ci ricorda che coloro che non vivono in una situazione che gli permetta di impegnarsi nel sacramento del matrimonio, non sono esclusi né dall’amore di Dio né dalla Sua Chiesa. Li incoraggia nel loro desiderio di avvicinarsi a Dio, di godere del conforto della sua presenza e di implorare la grazia di conformare la loro vita al Vangelo. È in particolare attraverso le preghiere di benedizione, pronunciate in forma spontanea, “non ritualizzata” (n. 36), senza alcun segno assimilabile alla celebrazione del matrimonio, che i ministri della Chiesa potranno manifestare questa accoglienza ampia e incondizionata».

Il dibattito sulla Dichiarazione è stato inserito nell’agenda dei lavori del Cef svoltosi da lunedì scorso a oggi. Come a ogni inizio d’anno la Sessione, guidata dal presidente dei presuli transalpini monsignor Éric de Moulins-Beaufort, hanno partecipato anche ai pastori guide di consigli e commissioni. Le conclusioni del dibattito, come si osserva nella nota diffusa al termine dell’assise, sono state positive ma il testo dottrinale ha suscitato interrogativi. Come riferisce il quotidiano “La Croix“, pur senza spaccature, la dichiarazione ha suscitato due atteggiamenti. «È tempo di riflessione», assicura un vescovo dell’Île-de-France citato dal giornale

Redazione           Avvenire              10 gennaio 2024

Benedizioni alle coppie gay, le resistenze all’apertura del Papa

A opporsi alla dichiarazione “Fiducia supplicans” sono soprattutto le chiese africane, Paesi dove la comunità Lgbtq è costantemente discriminata e l’omosessualità punita anche con la morte. Dal Kenya, i cui vescovi sono preoccupati per «l’ansia» e la «confusione» generate tra i cristiani al Malawi che ne ha vietato l’applicazione.

Il punto. Si possono benedire le coppie omosessuali? La Chiesa cattolica, dallo scorso dicembre, a sorpresa, ha detto di sì. Non solo: visto il fiume di reazioni positive e negative suscitate dal pronunciamento del Dicastero per la dottrina della fede approvato dal Papa, all’inizio del 2024 ha pubblicato una nota esplicativa su come applicare “Fiducia supplicans”, il documento che apre alla possibilità, per ogni sacerdote, di benedire le coppie in «situazioni irregolari», comprese quelle dello stesso sesso.

L’apertura vaticana sulle coppie irregolari e la parziale retromarcia. Va ricordato che l’ex Sant’Uffizio è oggi guidato da un teologo e cardinale argentino, Victor Fernandez, uomo di assoluta fiducia di Francesco, nominato alla guida del dicastero che fu a lungo lo spauracchio di ogni teologo che provava a seguire strade nuove, allo scopo appunto di mettere la teologia al servizio dell’uomo. Scriveva il Papa nella lettera con la quale assegnava a Fernandez il Dicastero che fu del cardinal Ratzinger: «Sarà sempre vero che la realtà è superiore all’idea. In questo senso, occorre che la teologia sia attenta a un criterio fondamentale: considerare inadeguata ogni concezione teologica che, in definitiva, metta in discussione l’onnipotenza di Dio e, soprattutto, la sua misericordia». «Abbiamo bisogno», aggiungeva Bergoglio, «di un pensiero che sappia presentare in modo convincente un Dio che ama, che perdona, che salva, che libera, che promuove le persone e le chiama al servizio fraterno». Detto fatto, a distanza di pochi mesi dalla nomina, Fernandez, nel frattempo nominato cardinale, procedeva a motivare il sì alle benedizioni delle coppie gay.  Un’apertura che ha suscitato le critiche e le contestazioni da parte di esponenti dell’ala conservatrice dell’episcopato mondiale e di alcune importanti chiese “periferiche” tanto care a Bergoglio. Così la Santa Sede è intervenuta per chiarire con una nota che le benedizioni alle coppie cosiddette irregolari «siano molto brevi, di 10-15 secondi, senza l’uso del Rituale e del Benedizionale». E questo perché non vengano confuse con «le benedizioni liturgiche e ritualizzate» né tantomeno con i matrimoni (concetto già espresso per altro nel documento originale). Su cui la Chiesa resta ferma: «Sono inammissibili riti e preghiere che possano creare confusione tra ciò che è costitutivo del matrimonio, quale unione esclusiva, stabile e indissolubile tra un uomo e una donna, naturalmente aperta a generare figli e ciò che lo contraddice. Questa convinzione è fondata sulla perenne dottrina cattolica del matrimonio. Soltanto in questo contesto i rapporti sessuali trovano il loro senso naturale, adeguato e pienamente umano». Tuttavia, la stessa nota confermava per intero anche la decisione assunta dal Papa.

Le reazioni alla “Fiducia supplicans”: il sì dei vescovi tedeschi e la resistenza delle chiese dell’Europa dell’Est.

                Le reazioni di maggiore contrarietà sono arrivate dagli episcopati africani; l’Africa, infatti, resta una delle aree del mondo in cui l’omosessualità è punita come un reato con pene anche severe che arrivano, in alcuni casi estremi, alla condanna a morte. D’altro canto, diverse chiese nazionali hanno approvato la svolta impressa al tema dalla Santa Sede, facendo salvo il principio che tiene insieme “Fiducia supplicans”, ovvero che le benedizioni delle coppie omosessuali non devono mai essere confuse con il matrimonio fra uomo e donna, in tal senso si stabilisce una differenza fra benedizioni rituale e benedizione pastorale, quest’ultima è quella che appunto riguarda le coppie dello stesso sesso. Per questo hanno dato il loro appoggio alla svolta vaticana i vescovi tedeschi (per i quali anzi le benedizioni erano un passo dovuto da tempo), quelli canadesi, gli episcopati di chiese importanti come quella messicana, filippina, dell’India, ma anche in Brasile, Spagna, Francia, prevalgono i giudizi positivi. All’opposto, troviamo le chiese ucraina, polacca, ungherese. Divisi ma prudenti appaiono i vescovi degli Stati Uniti che badano soprattutto a sottolineare come il documento vaticano confermi l’insegnamento della Chiesa sul matrimonio. In ogni caso le differenze di giudizio sono più articolate di quanto non possa sembrare a prima vista.

L’opposizione dell’Africa e le discriminazioni nei confronti della comunità Lgbtq. Di certo il caso più clamoroso di rifiuto della nuova direttiva del Papa arriva dall’Africa dove i vescovi di Nigeria, Camerun, Benin, Malawi, Togo, Costa d’Avorio, Zambia, Gana, Kenya e Congo si sono opposti alle benedizioni delle coppie omosessuali. In Kenya i vescovi hanno espresso la preoccupazione che «alcuni aspetti della dichiarazione causano ansia e persino confusione tra i cristiani e in generale nel popolo di Dio». Quindi hanno affermato che «pur riconoscendo la confusione esistente nei Paesi più sviluppati, riguardo a nuovi modelli non cristiani di ‘unione’ e ‘stili di vita’, noi abbiamo molto chiaro cosa siano la famiglia e il matrimonio». L’episcopato del Malawi ha diffuso una nota nella quale, di fatto, si dichiara che Fiducia supplicans non deve essere applicata. Mentre più recentemente si è espresso anche il cardinale guineano Robert Sarah che su X ha appoggiato la «ferma opposizione» alla dichiarazione. Si tratta però, in molti casi, degli episcopati di Paesi in cui gli omosessuali hanno vita particolarmente dura.

In Nigeria, secondo i gruppi per i diritti umani, ricordava l’Associated press, lo scorso ottobre le forze dell’ordine hanno effettuato arresti di massa di persone gay, utilizzando la legge che vieta le relazioni omosessuali per prendere di mira la comunità Lgbtq+. Inoltre, più di 30 dei 54 Paesi africani criminalizzano l’omosessualità con leggi che godono di ampio sostegno popolare, nonostante il fatto che le costituzioni proibiscano la discriminazione e garantiscano il diritto alla privacy e alla vita familiare.  In tempi recenti, il presidente dell’Uganda Yoweri Museveni, ha approvato una norma che prevede la pena di morte per “omosessualità aggravata”, da lui definita come l’avere rapporti sessuali con persone infette dal virus hiv, con minori e con altre categorie di persone vulnerabili.

La prudenza del Dicastero perla dottrina della fede per non mettere in pericolo le persone omosessuali

                Da ricordare poi che negli Stati Uniti, secondo l’organizzazione Human rights watch, sono stati presentati circa 650 progetti di legge a livello statale discriminatori verso le persone Lgbtq+. Questo tipo di scenario non è esente dalle considerazioni contenute nel chiarimento diffuso dal Dicastero per la dottrina della fede: «Se ci sono legislazioni che condannano con il carcere e in alcuni casi con la tortura e perfino con la morte il solo fatto di dichiararsi omosessuale», afferma infatti il dicastero, «va da sé che sarebbe imprudente una benedizione. È evidente che i vescovi non vogliono esporre le persone omosessuali alla violenza. Resta importante che queste conferenze episcopali non sostengano una dottrina differente da quella della Dichiarazione approvata dal Papa, in quanto è la dottrina di sempre, ma piuttosto che propongano la necessità di uno studio e di un discernimento per agire con prudenza pastorale in un tale contesto». «In verità, non sono pochi i Paesi», proseguiva la nota vaticana, «che in varia misura condannano, proibiscono e criminalizzano l’omosessualità. In questi casi, al di là della questione delle benedizioni, vi è un compito pastorale grande e di largo respiro che include formazione, difesa della dignità umana, insegnamento della Dottrina Sociale della Chiesa e diverse strategie che non ammettono fretta». Insomma, la Chiesa si schiera apertamente contro ogni discriminazione degli omosessuali e anzi fa rientrare questo impegno a pieno titolo nella sua dottrina sociale

                Francesco Peloso                              09 gennaio 2024

www.lettera43.it/benedizione-coppie-gay-papa-francesco-polemiche-africa-fiducia-supplicans/

“Benedire le coppie gay non è blasfemo la tenerezza di Gesù Cristo è per tutti”

intervista a Victor Manuel Fernandez,

                Víctor Manuel Fernández * 1962, detto «Tucho» è la figura chiave di questa fase del pontificato.

Da alcuni giorni è sotto attacco di siti e blog tradizionalisti per un suo libro del 1998, «La pasion mistica», in cui parla anche di orgasmi. Lo accusano di «porno teologia». Lui replica in dialogo con “La Stampa”: «Non ci sono sbagli teologici, ma già allora chiesi di ritirarlo e oggi lo scriverei diversamente, perché alcuni passaggi, letti fuori contesto, potrebbero generare fraintendimenti». Vicinissimo a Papa Francesco, che l’ha scelto per il cruciale ruolo di Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, il Cardinale Teologo argentino ha messo la firma e la faccia – insieme al Pontefice – all’autunno delle aperture «progressiste», rivolte in particolare al mondo Lgbtq+. E per questo è «sotto attacco», nel mirino del fronte tradizionalista e di alcune conferenze episcopali. Soprattutto dopo la dichiarazione «Fiducia supplicans», che ha dato il via libera alla benedizione delle coppie gay.

Eminenza, ci spiega il Documento?

«Si stratta di riscoprire un altro modo di essere prete, al di là dei riti liturgici, che hanno la loro bellezza, ma che non riescono a esprimere o a contenere tutta la realtà concreta della gente. La Dichiarazione ricorda che c’è pure una vita apostolica spontanea, lungo i marciapiedi, in mezzo al popolo, dove ognuno porta il peso della propria vita come può, e a volte ha bisogno di un gesto di amore e vicinanza della madre Chiesa. La mia esperienza in America Latina (e soprattutto quella di Papa Francesco) era piena di questi momenti. La Dichiarazione dice che, oltre alle benedizioni di tipo liturgico, che seguono un rito formale e che richiedono diverse condizioni per non andare contro la volontà di Dio, c’è anche un altro tipo di benedizioni che chiamiamo “spontanee” o “pastorali”, che si danno soltanto perché le persone si avvicinano a chiedere la forza di Dio per andare avanti nella vita. Questo tipo di benedizioni, nella mente del Papa, non richiedono alcuna perfezione».

In che senso l’origine della Dichiarazione è «evangelica»?

«Invita tutti i fedeli a fidarsi dell’aiuto di Dio, non solo per andare avanti ma anche per rispondere meglio alla sua volontà. Per quello si cerca la benedizione. E per i preti è evangelica perché li esorta a rispecchiare nei loro atteggiamenti quelli di Gesù di fronte alla gente, accogliendo, abbracciando. Se si tratta di una coppia irregolare, fare per le due persone una preghiera chiedendo salute, pace, protezione, è evangelico. E poi un segno della croce sulla fronte di ognuno dei due, quello pure è evangelico. Il prete può anche dare loro qualche consiglio: “Cercate di essere fedeli al Vangelo, di rispondere meglio alla volontà del Signore”. La benedizione è sempre l’occasione di annunciare Cristo, la sua infinita tenerezza. Non trovo argomenti per dire che queste cose non siano evangeliche».

Come risponde a chi sostiene che benedire una coppia gay è un «atto sacrilego», una «blasfemia»?

«Benedire, nel senso delle benedizioni “pastorali”, non liturgiche, non potrebbe essere né sacrilego né blasfemo, perché è stato chiarito bene che non sanciscono, né qualificano, né autorizzano, né riconoscono niente. Sono indipendenti dalla situazione dei singoli o delle due persone o dei gruppi che si avvicinano a chiederla. Forse su questo punto occorre insistere. Per me, invece, un sacrilegio o una blasfemia sarebbe ricevere la comunione con odio nel cuore, o accettare che un essere umano sia incarcerato oppure ammazzato solo per il suo orientamento sessuale, o vivere in pace con Dio mentre altri soffrono da morire. Questi atteggiamenti sono una grave offesa al Dio d’amore. Sono blasfemi».

La Dichiarazione cambia la dottrina del matrimonio?

«Per niente, e lo dice fino alla stanchezza, al punto da diventare noiosa».

La benedizione legittima l’omosessualità?

«Neanche, e lo dice così esplicitamente che chiunque può capirlo».

Perché avete indicato la durata (10-15 secondi) della benedizione?

«Quel comunicato sembra una catechesi per adolescenti, lo capisco, ma siccome alcuni scrivevano che non capivano concretamente come devono avvenire queste benedizioni “pastorali”, abbiamo pensato che occorresse fornire un esempio particolarmente chiaro, per non lasciare dubbi. E una delle caratteristiche della semplicità non rituale di queste benedizioni è la durata. Sapevo che ci avrebbero preso in giro per questo dettaglio dei 15 secondi, ma ho corso il rischio per rendere più evidente che con queste benedizioni non cade il mondo».

Nella Chiesa c’è anche chi ha esultato. E, come è scritto nell’introduzione della Dichiarazione, le nuove indicazioni prendono in considerazione «diversi quesiti giunti a questo Dicastero».

Che significato ha questa attenzione nei confronti del mondo Lgbtq+?

«Guardi, il Documento non difende le “lobby gay”, né le manifestazioni dell'”orgoglio” gay. Niente del genere. Invece pensa a molti credenti che soffrono a sentirsi fuori della Chiesa, a non poter ricevere alcun gesto di vicinanza paterna. Quando una coppia fa un pellegrinaggio, e arriva alla chiesetta amata, lì riceve una benedizione, anche sapendo che non è un’assoluzione: è come una carezza di Dio, come un soffio d’aria fresca che la Chiesa regala ai due pellegrini. Perché no?».

La preoccupano le divisioni e le polemiche nella Chiesa?

«Soltanto quando c’è violenza o il bisogno di screditare l’altro. Mi sono arrivati tre volte messaggi di minaccia: “Ti distruggeremo”. Sentirsi odiato non è bello. Soprattutto perché non ci sono elementi così terribili che giustificano questa durezza. Comunque io me la cavo. Il problema è che l’unità e l’armonia della Chiesa vengono ferite. A ogni modo, non è che questi documenti causino delle divisioni, le fanno semplicemente emergere, portano sincerità».

                a cura di Domenico Agasso          in “La Stampa” dell’11 gennaio 2024

www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt202401/240111fernandezagasso.pdf

Diverse conferenze episcopali criticano o bloccano la benedizione per le coppie gay e irregolari

In tutto il mondo stanno emergendo reazioni contrastanti a “Fiducia Supplicans”, la Dichiarazione sul senso pastorale delle benedizioni, diffusa dal Dicastero per la Dottrina della Fede il 18 – 12 – 2023, che ammette la “possibilità di benedire le coppie in situazioni irregolari e le coppie dello stesso sesso”.

                Ecco una breve guida che riporta le riflessioni in diversi paesi

(traduzione automatica dall’inglese, possibile presenza di qualche errore):

© Austria. Alla domanda su come i sacerdoti dovrebbero rispondere alla richiesta di benedizione di una coppia dello stesso sesso, l’arcivescovo Franz Lackner ha risposto : “Fondamentalmente non si può più dire di no”. Commentando le ragioni della dichiarazione, il presidente della conferenza episcopale austriaca ha detto: “Credo che la Chiesa riconosca che una relazione tra due persone dello stesso sesso non è del tutto priva di verità: c’è amore, c’è lealtà, c’è anche difficoltà condivise e vissute nella fedeltà. Anche questo va riconosciuto”.

 © Belgio. Il vescovo di Anversa Johan Bonny, che ha incoraggiato i partecipanti al cammino sinodale tedesco ad approvare una risoluzione sulle benedizioni per le persone dello stesso sesso a marzo, ha accolto con favore la dichiarazione. “Ci aiuta ad andare avanti”, ha detto , secondo il quotidiano belga De Standaard. Geert De Kerpel, portavoce dei vescovi fiamminghi – che nel 2022 ha pubblicato un testo per la benedizione delle persone dello stesso sesso – ha dichiarato al quotidiano Het Nieuwsblad il 19 dicembre: “Si tratta di un grande passo avanti perché proviene dall’organo più alto della Chiesa e perché dice anche esplicitamente che le coppie dello stesso sesso possono quindi avere la benedizione”. E aggiunge: “Poiché i vescovi fiamminghi si sono dichiarati favorevoli a questo, ciò era già possibile qui nelle Fiandre. È di grande aiuto che il Vaticano ora confermi questa posizione. E per tutta la Chiesa mondiale è un passo avanti importante”.

© Canada. Il vescovo William McGrattan, presidente della Conferenza canadese dei vescovi cattolici (CCCB), ha dichiarato in una dichiarazione del 19 dicembre : “Pur affermando esplicitamente la tradizionale comprensione del matrimonio da parte della Chiesa, “Fiducia supplicans consente ai pastori di benedire le persone che richiedono liberamente una benedizione, cercando la divinità aiuto a vivere nella fedeltà alla volontà di Dio”. “La dichiarazione chiarisce che tali benedizioni devono essere dirette alle persone stesse piuttosto che alla loro situazione e che devono essere richieste spontaneamente e non sono azioni rituali o liturgiche”. Il principio guida della dichiarazione è il fatto che la stessa richiesta di benedizione rappresenta un’apertura alla misericordia di Dio e può essere occasione di maggiore fiducia in Dio”.

© Croazia. Mons. Dražen Kutleša, presidente della Conferenza episcopale croata, in un’intervista televisiva del 19 dicembre ha sottolineato che le benedizioni sono dirette alle persone. “Se qualcuno si trova in un certo stato, soprattutto di peccato, allora la Chiesa vuole avere per quella persona cure e attenzioni speciali”, ha detto l’arcivescovo di Zagabria. “Il Dicastero per la Dottrina della Fede sottolinea che non può essere intesa come una ritualizzazione, cioè un rito per essere graditi alla Chiesa. Significa che è beata la persona, non la condizione delle persone che vivono in quella situazione”.

©Danimarca. In una dichiarazione del 19 dicembre, il vescovo Czesław Kozon ha affermato che il problema non riguarda il contenuto della dichiarazione, “ma il modo in cui sarà ricevuta e interpretata”. “Affinché l’enunciato della Dottrina della Fede abbia il suo effetto e non causi confusione e polarizzazione, è importante che sia letto e compreso nel suo senso proprio, che è quello di affermare la dottrina e la morale cattolica tradizionale, di aiutare le persone nel loro cammino per vedere la verità e il suo significato, ma anche, mentre sono in cammino, accompagnarli e sostenerli in questo processo con presenza e cura”, ha scritto il Vescovo di Copenaghen.

©Inghilterra. Il gruppo LGBT+ Catholics Westminster di Londra, Inghilterra, si è detto felice di ricevere “questo accogliente regalo di Natale dal Dicastero per la Dottrina della Fede e da Papa Francesco”. “Questo è un enorme passo avanti nel riconoscimento e nell’accettazione di tutti coloro che cercano una benedizione per le loro relazioni amorevoli e impegnate”, ha commentato. Mons. Michael Nazir-Ali, un ex vescovo anglicano che è stato accolto nella Chiesa cattolica nel 2021 e ordinato sacerdote dell’Ordinariato personale di Nostra Signora di Walsingham, ha detto a The Pillar di essere rimasto colpito da sette aspetti della dichiarazione. “1. Si tratta, innanzitutto, di indirizzo e guida pastorale e pretende di non modificare alcun insegnamento della Chiesa cattolica (Presentazione). Ciò dovrebbe essere accolto con favore da tutti gli interessati”, ha scritto in una e-mail del 18 dicembre. “2. La questione davanti a noi non riguarda necessariamente la dottrina del matrimonio, che rimane immutata, ma se la Chiesa e i suoi pastori hanno qualche mandato per benedire le relazioni “irregolari” e omosessuali (paragrafo 4 e passim ). Basandosi sulla Scrittura e sull’insegnamento immutabile della Chiesa nel corso dei secoli, la risposta è sempre stata che la Chiesa non può farlo. Il Responsum del 2021 è stato chiaro al riguardo”. “3. Come sottolinea la dichiarazione, i ministri della Chiesa sono spesso chiamati a benedire persone, eventi e luoghi. Le benedizioni possono essere per individui, famiglie o gruppi (par. 8). Questa non è la stessa cosa che benedire le relazioni che la Chiesa insegna sono al di fuori della volontà di Dio per l’umanità”. “4. Unirsi in preghiera con e per le persone, cosa che dovrebbero fare sia i fedeli che i pastori, non equivale a benedire le preferenze di stile di vita per le quali la Chiesa non ha autorità (par. 30). Sembra che ci sia una certa poca chiarezza nella dichiarazione circa la distinzione tra preghiera di intercessione e benedizione (par s29, 33 ecc.).”

“5. Presumibilmente, lo scopo del ‘Libro delle Benedizioni’ è quello di indicare quali tipi di benedizioni sono consentite (paragrafo 28). Uscire da questo quadro significa aprire le porte a tutti i tipi di benedizioni appropriate e inappropriate concesse a persone, eventi e luoghi”. “6. Come afferma la dichiarazione, Dio ci ama come siamo e incondizionatamente (par. 29), ma non ci lascia come siamo, né può farlo la Chiesa (Rm 12:1-2, 13:11-14, Col 3:1- 10 e altri). Amare le persone non è la stessa cosa che approvare e benedire tutto ciò che stanno facendo. Come rileva la dichiarazione, attraverso la preghiera e il pentimento le anime vengono portate a Cristo”. “7. Infine, la dichiarazione si riferisce a Dio come “madre” (par. 27). La Scrittura non lo fa mai e il termine dominante, sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, è “Dio è Padre”, sebbene la Bibbia usi metafore materne per la Divinità (ad esempio Isa 49:15, Luca 23:37). È necessaria cautela qui per non oscurare la coscienza di Gesù riguardo alla sua relazione con suo Padre, come ci ha insegnato a pregare il “Padre nostro” e, naturalmente, la dottrina della Santissima Trinità stessa.

© Francia. Mons. Hervé Giraud ha affermato che la dichiarazione va letta alla luce dell’esortazione apostolica Amoris lætitia di Papa Francesco del 2016 , “che già affermava l’idea che, quando un’unione raggiunge una stabilità visibile, può essere un’opportunità per essere accompagnati dalla Chiesa. “ «Papa Francesco sta cercando di allontanarsi dal semplice ‘permesso-divieto’ per porre le persone sotto lo sguardo di Dio per ricondurle su sentieri più sicuri. La benedizione apre questi cammini più sicuri”, ha detto a La Croix l’arcivescovo di Sens-Auxerre. «Finora il dibattito nella Chiesa è stato tra coloro che dicono che si può benedire la persona ma non la coppia, e i loro oppositori. Con questa nota il papa va oltre: chiede di tenere conto della situazione delle persone, per incoraggiarle a vivere una vita cristiana migliore”. Giraud ha detto che il documento probabilmente riceverà reazioni contrastanti. “Alcuni lo accoglieranno come un primo passo, mentre altri – che invocavano la benedizione delle unioni civili, per esempio – penseranno che non è abbastanza lontano”, ha detto. «Dietro questi piccoli passi c’è la preoccupazione della Chiesa per la comunione, perché alcuni laici e chierici sono contrari a qualsiasi cambiamento sull’argomento, quindi bisogna andare molto lentamente e insegnare molto sul significato della posta in gioco: Dio vuole per portarci da dove siamo per condurci a lui”.

© Germania. Mons. Georg Bätzing, presidente della Conferenza episcopale tedesca, si è detto grato per la “prospettiva pastorale” della dichiarazione. “La dichiarazione “Fiducia supplicans” affronta le questioni emerse nel recente passato attorno ai temi delle richieste di benedizioni e benedizioni da una prospettiva pastorale e in un linguaggio teologicamente moderato e calmo”, ha detto il vescovo in una dichiarazione del 18 dicembre . “La dichiarazione applica categorie e termini teologici in modo responsabile. Esso traccia una linea netta tra la fedeltà incrollabile agli insegnamenti della Chiesa e le esigenze pastorali di una pratica ecclesiale che vuole essere vicina alle persone. Qui viene descritto un ambito di azione pastorale, che illustra la pratica responsabile della Chiesa”. Irme Stetter-Karp, presidente dell’influente Comitato centrale laico dei cattolici tedeschi (ZdK), si è detta “felice e sorpresa” dal documento. Riferendosi ai sacerdoti e agli operatori pastorali laici che da tempo benedicono le coppie dello stesso sesso in Germania, ha detto: “Si scopre che l’onestà teologica e il senso di fede sono pietre miliari importanti sulla strada per cambiare la Chiesa. La semplice obbedienza ai divieti non è cattolica”.

© Ghana. Il vescovo Matthew Kwasi Gyamfi, presidente della Conferenza episcopale cattolica del Ghana, avrebbe dichiarato a Eyewitness News che la dichiarazione aveva suscitato malintesi. “Qualcuno ha chiesto se anche le coppie dello stesso sesso possono venire a ricevere la benedizione, e il papa ha detto di sì, proprio come ogni altro cattolico va dal sacerdote per ricevere benedizioni o preghiere”, ha detto. “Non chiediamo in che peccato si trova o fa, ma una volta che la persona chiede benedizioni, tu le dai la benedizione, ed è un’espressione di umiltà. La Chiesa intende le benedizioni come un dono che Dio dà affinché le persone diventino più sante .”“Quello che la gente non capisce è che se una coppia gay va dal prete per benedirla, e il papa dice sì, stai benedicendo il popolo e non l’unione”.

© Costa d’Avorio. Fr. Joseph Loïc Mben, SJ, insegnante camerunese presso l’Istituto di Teologia dei Gesuiti (ITCJ) ad Abidjan, in Costa d’Avorio, ha suggerito che il testo fosse una prima risposta a una questione emergente. “Penso che sia necessario chiarire che questo testo è una dichiarazione che rappresenta la prima posizione ufficiale della Chiesa su una situazione nuova”, ha scritto in un’analisi di 1.200 parole pubblicata da La Croix Africa. “Non si tratta, quindi, di un parere definitivo sulla questione. Può essere trattato come un giudizio prudenziale, il che implica semplicemente prenderne atto, anche se non siamo necessariamente d’accordo con i dettagli espressi.” Mben ha affermato che l’appello a benedire le relazioni irregolari potrebbe rischiare di dare “l’impressione di normalizzare le cosiddette situazioni irregolari”. “In Africa, la possibilità che le coppie dello stesso sesso cerchino una benedizione sarà piuttosto rara”, ha detto. “Le situazioni irregolari riguardano soprattutto le coppie eterosessuali: coppie conviventi (transitorie o permanenti), coppie divorziate, coppie sposate solo civilmente e nuclei familiari poligami”. “Dato che nessuno va escluso, significa questo che tutte le situazioni dovrebbero essere benedette? Dovrebbe essere chiaro che ciò non include situazioni penalmente riprovevoli (incesto, pedofilia) o umanamente insostenibili”.

© Filippine. L’Arcivescovo Socrates Villegas ha emesso una “guida episcopale” il 19 dicembre sull’attuazione della dichiarazione nella sua arcidiocesi di Lingayen-Dagupan nelle Filippine. Nella dichiarazione di 700 parole , ha riflettuto su cosa significhi “dire che un prete cattolico benedice una coppia in una relazione di convivenza o in un legame poligamo o in un’unione omosessuale”. Ha distinto tre tipi di benedizione: un’invocazione a Dio, una “benedizione di santificazione” e una “benedizione di misericordia”. Ha detto che “quando un sacerdote cattolico prega una benedizione di misericordia su una coppia in situazione irregolare, che “desidera affidarsi al Signore e alla sua misericordia, invocare il suo aiuto e lasciarsi guidare a una maggiore comprensione del suo disegno” di amore e di verità» (n. 30), chiede a Dio di avere pietà di entrambi e di donare loro la grazia della conversione affinché possano regolarizzare i loro rapporti». Ha aggiunto che la «benedizione della misericordia» non può essere «una benedizione di santificazione, poiché non possiamo chiedere a Dio di benedire qualcosa che, come spiega “Fiducia supplicans” , non è «conforme alla volontà di Dio, espressa nell’insegnamento della Chiesa» (n. 9).” “I sacerdoti invitati a benedire le coppie in situazioni irregolari dovrebbero scegliere le parole appropriate per rivelare questo intento della Chiesa”, ha affermato. Il vescovo Pablo Virgilio David, presidente della Conferenza episcopale cattolica delle Filippine (CBCP), ha emesso un “consiglio” il 20 dicembre. Presentando un link alla dichiarazione, ha detto: “Il documento parla da solo, e quindi non richiede molte spiegazioni”.

© Galles. L’arcivescovo Mark O’Toole ha esortato i cattolici della sua arcidiocesi di Cardiff e della diocesi di Menevia a “leggere e riflettere” attentamente sui supplicans di Fiducia .“Prego affinché questa dichiarazione incoraggi tutti noi a mostrare ancora più chiaramente che la Chiesa è una madre amorevole, che desidera portare la vicinanza e la compassione di Dio a tutti i Suoi figli”, ha affermato in una dichiarazione del 19 dicembre . “Dà consolazione e incoraggiamento a coloro che cercano la benedizione del Padre, per avvicinarsi a Lui e per scoprire più profondamente la bellezza di Suo Figlio Gesù, nella vita della nostra santa madre, la Chiesa”.

© Kazakistan. Una dichiarazione del 19 dicembre firmata dall’arcivescovo Tomash Peta e dal vescovo Athanasius Schneider – rispettivamente capo e ausiliare dell’arcidiocesi di Santa Maria ad Astana, in Kazakistan – sostiene che il testo approva pratiche che contraddicono “la Rivelazione Divina e la dottrina e la pratica ininterrotta e bimillenaria della Chiesa Cattolica. ”«Come successori degli Apostoli, e fedeli al solenne giuramento fatto in occasione della nostra consacrazione episcopale «di conservare il deposito della fede nella purezza e nell’integrità, secondo la tradizione sempre e dovunque osservata nella Chiesa fin dai tempi degli Apostoli, ‘esortiamo e vietiamo ai sacerdoti e ai fedeli dell’Arcidiocesi di Santa Maria in Astana di accettare o compiere qualsiasi forma di benedizione delle coppie in situazione irregolare e delle coppie dello stesso sesso”, hanno affermato. «Va da sé che ogni peccatore sinceramente pentito e con la ferma intenzione di non peccare più e di porre fine alla sua situazione peccaminosa pubblica (come, ad esempio, la convivenza al di fuori di un matrimonio canonicamente valido, l’unione tra persone dello stesso sesso) può ricevere una benedizione”.

© Kenya. In una dichiarazione di tre pagine la Conferenza dei vescovi cattolici del Kenya (KCCB) ha osservato che alcuni aspetti della dichiarazione “causano ansia e persino confusione tra i cristiani, e in generale nel popolo di Dio”. “Nel nostro contesto africano, pur riconoscendo la confusione esistente nei paesi più sviluppati, riguardo a nuovi modelli non cristiani di ‘unione’ e di ‘stili di vita’, abbiamo molto chiaro cosa siano la famiglia e il matrimonio”, si legge nella nota. “La situazione sociale dei matrimoni tra persone dello stesso sesso non trova accettazione nella nostra cultura. Incoraggiamo soprattutto la comprensione delle benedizioni come gesto di umile sottomissione a Dio e alle Sue vie, riconoscendo al tempo stesso la nostra peccaminosità e il bisogno di conversione e di Salvezza”.

© Malawi. La Conferenza Episcopale del Malawi ha emesso un “chiarimento” il 19 dicembre. “La dichiarazione NON riguarda la benedizione delle unioni omosessuali e l’approvazione sacramentale delle stesse per le coppie sposate”, ha sottolineato. Si sottolinea che, “per evitare di creare confusione tra i fedeli, stabiliamo che, per ragioni pastorali, benedizioni di qualsiasi tipo e unioni omosessuali di qualsiasi tipo, non siano consentite in Malawi”.

© Messico. In un comunicato di due pagine datato 19 dicembre, la Conferenza Episcopale del Messico ha affermato: “Esprimiamo come episcopato messicano la nostra comunione con il Santo Padre seguendo i suoi orientamenti per favorire la carità pastorale nell’annuncio del Vangelo ed esortiamo, sia sacerdoti e operatori pastorali così come i fedeli in generale, per non generare confusione o distorcere il senso pastorale di quanto chiede Papa Francesco, cioè un atteggiamento di accoglienza, vicinanza e discernimento verso coloro che chiedono una benedizione, guidandoli con delicatezza , fermezza e chiarezza nel loro cammino per compiere la volontà di Dio nella loro vita”.

© Paesi Bassi. In un articolo del 19 dicembre sul suo sito web, il vescovo Jan Hendricks ha criticato la copertura mediatica della dichiarazione che conteneva titoli come “Roma fa una svolta di 180 gradi”. Il vescovo di Haarlem-Amsterdam ha affermato che il documento “non vuole celebrare la benedizione delle coppie gay né il riconoscimento di queste relazioni”. “Sono stati i titoli dei giornali e i notiziari televisivi a creare questa sensazione”, ha scritto. “Quindi ciò che fa è l’idea che anche noi come Chiesa siamo lì per queste persone con il cuore pastorale di Gesù Cristo”. Ha aggiunto: “Siamo tutti impegnati in questo momento a prepararci per il Natale e questo include me. Spero di ritornare nel mese di gennaio sulla dichiarazione, che, tra l’altro, proviene dal Dicastero per la Dottrina della Fede ed è stata approvata dal papa in senso generale (non in forma specifica) (cioè non è un documento del papa stesso, come hanno scritto in molti).” “Mi piace prendermi un po’ di tempo per studiare attentamente il testo, e spero che altri facciano lo stesso prima di gridare ogni genere di cose.

© Nigeria. Scrivendo sul giornale dell’arcidiocesi di Ibadan, p. Anthony Akinwale, OP, ha offerto un’analisi di 1.700 parole della dichiarazione. Ha concluso: “La dichiarazione mirava a evitare confusione. Eppure, c’è confusione nella mente di molti perché percepiscono una contraddizione tra la riaffermazione della dottrina cattolica sul matrimonio e la prassi pastorale di benedire le persone dello stesso sesso e altre persone che convivono sessualmente attive”.

© Singapore. L’arcidiocesi di Singapore ha emesso un “chiarimento” il 19 dicembre che cercava di “correggere l’impressione sbagliata secondo cui la Chiesa avrebbe cambiato la sua posizione sulla sua dottrina tradizionale sul matrimonio”. Ha citato il cardinale William Goh che ha affermato che “il focus della dichiarazione non è sulla benedizione delle unioni delle coppie dello stesso sesso”. “Piuttosto, fornisce una guida per fare una distinzione tra le benedizioni ufficiali della Chiesa e una benedizione pastorale per tutte le occasioni al di fuori dell’ambito liturgico e sacramentale”, ha affermato. “A differenza delle benedizioni ufficiali della Chiesa, che richiedono l’uso di preghiere approvate oltre alle condizioni da soddisfare, le benedizioni pastorali sono preghiere a volontà offerte spontaneamente per la persona”.

© Sud Africa. In un messaggio di posta elettronica ai membri della sua arcidiocesi di Cape Town, il cardinale Stephen Brislin ha affermato che è importante leggere attentamente il documento. “Le benedizioni richieste a un pastore sono un’indicazione di fede e un riconoscimento del nostro bisogno di Dio e della sua grazia”, ha scritto. “Nessuno è escluso dall’amore e dalla grazia di Dio, e quindi una benedizione non va rifiutata. Attraverso la semplice benedizione del pastore le persone possono sperimentare la vicinanza del Padre”.

© Spagna. In un post del 18 dicembre su Twitter il vescovo José Ignacio Munilla ha affermato che “la carità pastorale è una chiamata affinché tutti i peccatori possano essere benedetti, ma non a benedire il nostro peccato”. Il Vescovo di Orihuela-Alicante, nel sud-est della Spagna, ha aggiunto che “il Vangelo ci invita a benedire tutti coloro che si aprono al dono di Dio, compresi coloro che vivono in situazioni affettive irregolari; mentre non ci concede alcun potere di benedire le loro unioni contrarie al disegno di Dio”.

© Stati Uniti. Il vescovo Andrew Cozzens ha affermato in una dichiarazione di 800 parole del 18 dicembre che “Fiducia supplicans” era chiaro sul fatto che le sue disposizioni non rappresentano “in alcun modo un cambiamento nell’insegnamento della Chiesa sul matrimonio”. “Anche se ci è impossibile benedire un’unione omosessuale, poiché ogni unione sessuale al di fuori del matrimonio tra un uomo e una donna è contraria al Vangelo, possiamo benedire le persone che non vivono ancora in piena armonia con il Vangelo , anche quelli che vivono in un’unione omosessuale”, ha affermato il vescovo di Crookston, Minnesota. “Questa non è una benedizione matrimoniale e non dovrebbe mai essere fatta in modo liturgico o cerimoniale che dia la falsa idea di benedire un’unione contraria al Vangelo”. Il cardinale Blase Cupich di Chicago ha affermato il 18 dicembre che la dichiarazione richiede “un approccio pastorale, per la Chiesa, come una madre amorevole”. “Qui nell’arcidiocesi di Chicago, accogliamo con favore questa dichiarazione, che aiuterà molti altri nella nostra comunità a sentire la vicinanza e la compassione di Dio”, ha commentato. Il vescovo John Folda di Fargo, North Dakota, ha osservato il 19 dicembre che le benedizioni per le coppie in situazioni irregolari e per le coppie dello stesso sesso “non devono essere confuse con il matrimonio o con qualsiasi rito liturgico, e possono essere impartite non per legittimare una relazione irregolare, ma offrire la grazia e l’assistenza di Dio a tutti coloro che cercano il suo amore guaritore”. “I pastori della Chiesa continueranno a studiare questa iniziativa e come potrebbe influenzare il loro ministero verso il popolo di Dio”, ha scritto. L’arcivescovo Bernard Hebda ha affermato in una dichiarazione del 18 dicembre che la dichiarazione si adatta bene allo spirito dell’Avvento. “La dichiarazione, approvata da Papa Francesco, ci ricorda che tutti noi siamo amati da Dio e che tutti abbiamo bisogno della sua misericordia e beneficeremo della sua benedizione mentre ci sforziamo di vivere più perfettamente la sua chiamata” ha affermato l’Arcivescovo di San Paolo e Minneapolis. Ha detto che il documento vaticano era “intenzionato a offrire sfumature all’insegnamento della Chiesa sulle benedizioni senza cambiare in alcun modo l’insegnamento perenne della Chiesa sul matrimonio o sulla moralità sessuale”. “Le benedizioni non implicano che la Chiesa stia ufficialmente convalidando lo status della coppia”, ha scritto. “Bisogna impegnarsi soprattutto affinché tali benedizioni non vengano confuse con il sacramento del matrimonio”. “Tuttavia, l’auspicio è che queste benedizioni possano aiutare quanti le chiedono ad “aprire la propria vita a Dio, a chiedere il suo aiuto per vivere meglio, e anche a invocare lo Spirito Santo perché i valori del Vangelo siano vissuti con maggiore fedeltà.” Il cardinale Seán O’Malley ha osservato in una dichiarazione del 19 dicembre che “il Santo Padre non ha approvato il matrimonio gay, ma ha riconosciuto tutti i cattolici, compresi quelli le cui unioni non sono riconosciute dalla Chiesa, come ugualmente bisognosi della grazia e dell’amore di Dio. “ L’Arcivescovo di Boston ha aggiunto: “La missione della Chiesa è condividere le benedizioni di Dio. “Fiducia supplicans , emessa dal Dicastero per la Dottrina della Fede e approvata da Papa Francesco, ha fatto chiarezza su come impartire tali benedizioni”. «Papa Francesco indica di riconoscere ‘benedizioni non ritualizzate’, spontanee e per coloro che le chiedono. I sacerdoti che impartiscono queste benedizioni devono stare attenti che non diventi un atto liturgico o semi liturgico, simile a un sacramento”. Il vescovo Alfred Schlert ha affermato il 20 dicembre che il documento vaticano “riafferma che la Chiesa non ha l’autorità né la capacità di conferire una benedizione liturgica alle relazioni irregolari, comprese le relazioni omosessuali”. Il Vescovo di Allentown, Pennsylvania, ha aggiunto: “Le benedizioni pastorali possono essere impartite a qualsiasi individuo per invocare l’aiuto e la misericordia di Dio nella sua vita, per aiutarlo a crescere nella santità e per giungere ad una maggiore comprensione della Verità Divina. Tali benedizioni vengono offerte all’individuo e non convalidano né santificano la sua unione con un’altra persona”. “La Chiesa è sempre stata fonte di misericordia e di benedizione per coloro che cercano la consolazione, la protezione e la grazia del Signore per crescere nella santità, e questa Dichiarazione lo afferma”. Il vescovo Edward Scharfenberger di Albany, New York, ha sottolineato in una dichiarazione del 19 dicembre che il documento “non cambia l’insegnamento della Chiesa cattolica sulla natura del matrimonio”. “Siamo tutti chiamati a seguire i comandamenti di Dio, e questo è un viaggio di conversione e crescita che dura tutta la vita attraverso la grazia e l’amore di Dio”, ha scritto. «Per questo il papa ci esorta anche a non ‘perdere la carità pastorale, che dovrebbe permeare tutte le nostre decisioni e atteggiamenti’ e ad evitare di essere ‘giudici che si limitano a negare, respingere ed escludere’”. Scharfenberger ha aggiunto: “La bontà e la volontà di Dio è sempre quella di renderci santi. La nostra disposizione deve essere quella di realizzare il nostro assoluto bisogno dell’amore e della grazia di Dio, ricevendo con gioia la benedizione di Dio, così da poter diventare santi”. Il vescovo David Walkowiak di Grand Rapids, Michigan, ha affermato che la dichiarazione “ci ricorda che lo Spirito ci avvicina sempre al Signore”. “Queste preghiere e benedizioni spontanee e private vengono impartite regolarmente. Non sono una novità”, ha detto in una dichiarazione del 18 dicembre . “La dichiarazione riafferma un’adeguata risposta pastorale alle persone che esprimono una richiesta per queste preghiere”. La Conferenza episcopale degli Stati Uniti ha rilasciato una breve dichiarazione il 18 dicembre, sottolineando che “l’insegnamento della Chiesa sul matrimonio non è cambiato, e questa dichiarazione afferma che, pur facendo uno sforzo per accompagnare le persone attraverso l’imposizione di benedizioni pastorali perché ognuno di noi ha bisogno L’amore guaritore e la misericordia di Dio nelle nostre vite”.

© Svizzera. In una dichiarazione del 19 dicembre la Conferenza episcopale svizzera ha affermato che la dichiarazione corrisponde “al desiderio dei vescovi svizzeri di una Chiesa aperta che prenda sul serio, rispetti e accompagni le persone nelle diverse situazioni relazionali”. Collega il documento al sinodo di ottobre sulla sinodalità a Roma e all’esortazione di papa Francesco “Amoris lætitia”. “La dichiarazione “Fiducia supplicans” testimonia che la Chiesa offre un posto a tutti gli esseri umani. I vescovi sono consapevoli che una tale Chiesa presuppone l’accettazione e il rispetto reciproco”, si legge. “Le discussioni sotto la guida dello Spirito Santo che hanno avuto luogo quest’anno nell’ambito del Sinodo sulla sinodalità aprono un orizzonte su questo tema”. “Con la dichiarazione appena pubblicata, la Chiesa testimonia di percepire e prendere sul serio le preoccupazioni del Sinodo, e di assumere con coerenza la sua missione di accompagnamento pastorale di ogni essere umano, in continuità con l’esortazione apostolica Amoris lætitia”.

© Ucraina. La Conferenza dei Vescovi Cattolici Romeni in Ucraina – l’organismo che rappresenta i cattolici latini del paese devastato dalla guerra – ha affermato in una dichiarazione del 19 dicembre di aver visto un “pericolo in termini ambigui che provocano interpretazioni divergenti tra i fedeli”. “Ciò che non abbiamo colto nel documento è che il Vangelo chiama i peccatori alla conversione, e senza una chiamata a lasciare la vita peccaminosa delle coppie omosessuali, la benedizione potrebbe sembrare un’approvazione”, hanno scritto, sottolineando che la dichiarazione sostiene l’insegnamento della Chiesa su matrimonio.

© Vaticano. In un editoriale del 18 dicembre pubblicato da Vatican News, Andrea Tornielli ha riflettuto sulla qualità misericordiosa del “cuore del pastore”. “L’origine della dichiarazione è evangelica”, scrive il direttore editoriale del Dicastero per la Comunicazione. «In quasi ogni pagina del Vangelo Gesù rompe le tradizioni e le prescrizioni religiose, la rispettabilità e le convenzioni sociali. Compie azioni che scandalizzano i benpensanti, i cosiddetti “puri”, coloro che si fanno scudo con norme e regole per allontanare, respingere e chiudere le porte”.

© Zambia. La Conferenza dei Vescovi Cattolici dello Zambia (ZCCB) ha pubblicato una “dichiarazione pastorale” di tre pagine il 20 dicembre. “Al fine di evitare qualsiasi confusione e ambiguità pastorale e di non infrangere la legge del nostro Paese che vieta le unioni e le attività tra persone dello stesso sesso, e ascoltando il nostro patrimonio culturale che non accetta le relazioni tra persone dello stesso sesso, la Conferenza guida che la Dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede del 18 dicembre 2023 riguardante la benedizione delle coppie dello stesso sesso deve essere considerata come oggetto di ulteriore riflessione e non come attuazione in Zambia”, si legge nella dichiarazione firmata da 12 vescovi e arcivescovi.

Redazione di “Informazione cattolica”                     21 dicembre 2023

www.informazionecattolica.it/2023/12/21/diverse-conferenze-episcopali-criticano-o-bloccano-la-benedizione-per-le-coppie-gay-e-irregolari

Enzo Bianchi “Perché è giusto benedire le coppie omofile”

Da tempo l’antropologia e soprattutto la visione della sessualità e del suo esercizio sono mutate profondamente nel nostro Occidente. Purtroppo, la Chiesa di fronte alla novità si è, ancora una volta, intimorita e ha riaffermato le sue posizioni tradizionali, talvolta indurendole.

Ma negli ultimi anni le chiese del Nord Europa – Germania, Olanda, Belgio – chiedono una revisione dello sguardo ecclesiale su alcune realtà che oggi si impongono e domandano una nuova interpretazione che non comporti più l’esclusione o la marginalizzazione dalla comunità cristiana per coloro che le vivono.

All’itinerario del recente sinodo si sono alzate voci di vescovi e di intere conferenze episcopali che hanno chiesto una diversa valutazione e una misura di misericordia. Le richieste non sono in contraddizione al messaggio evangelico né alla grande tradizione. Non si chiede infatti la possibilità del sacramento del matrimonio per chi vive una relazione omofila stabile, ma semplicemente la possibilità di una benedizione. Ora, nella tradizione cristiana la benedizione è rivolta a Dio oppure a uomini e donne diventati servi del Signore e chiamati dal Signore a una missione di salvezza.

Le cose che esistono sono già tutte benedette, opera della bontà di Dio! Nella Bibbia non si benedice una cosa ma si ringrazia Dio che l’ha creata. Non esiste una realtà non benedetta e che poi con la benedizione muta la sua qualità. D’altronde, è la dottrina dei rabbini: si può benedire ogni cosa perché questo significa ringraziare e lodare il Signore per la cosa che ci ha donato.

Ecco perché credo sia possibile una benedizione per le coppie che vivono stabilmente una relazione contraddittoria come quella omofila. Queste persone possono essere benedette perché come uomini o donne e come cristiani sono molto di più della situazione che vivono. Volendo usare il linguaggio ecclesiale, sono nel peccato e se si invoca su di loro la benedizione non si benedice il loro peccato né lo si approva. Al contrario, una benedizione è sempre un appello, una chiamata a lodare Dio con la propria vita e il proprio comportamento.

Concretamente se una madre o un padre hanno un figlio omofilo forse non lo benediranno? Gli rifiuteranno forse la benedizione che secondo la Bibbia è compito dei genitori sui figli? Con la recente Dichiarazione “Fiducia supplicans” sul senso pastorale delle benedizioni del Dicastero per la Dottrina della Fede Papa Francesco ha mostrato, ancora una volta, di voler essere maestro di grazia, di misericordia. Ma subito nella chiesa si sono levati molti che si sentono chiamati a un ministero di condanna, spioni dei peccati altrui per giudicarli. Sì, la profezia del Papa precede molti vescovi e anche grandi porzioni del popolo di Dio. È necessario far comprendere che la presa di posizione di Francesco non muta ciò che il Vangelo chiede ma usa misericordia.

Diceva Pietro il Venerabile: “Meglio andare all’inferno per essere stato troppo misericordioso piuttosto che andare in paradiso senza aver conosciuto la misericordia di Dio”.

p. Enzo Bianchi                  La repubblica     8 gennaio 2024

www.repubblica.it/rubriche/2024/01/08/news/altrimenti_8_gennaio_2024-421824562

CITTÀ DEL VATICANO

Papa Giovanni è un santo di serie B

Per il Vaticano, potrebbe sembrare una faccenda da curie vescovili e papali. Ma alla fine risulta più interessante di quello che sembra. È una questione di liturgia e di papi.

Le “graduatorie” della liturgia. Bisogna sapere che la liturgia della Chiesa cattolica prevede una specie di graduatoria delle celebrazioni liturgiche, in base alla loro importanza. Gli eventi liturgici più importanti son la Pasqua, il Natale, l’Epifania, l’Ascensione e la Pentecoste.

Poi vengono le solennità che possono riguardare il Signore (come Trinità o il Corpus Domini), la Madonna (come l’Immacolata, l’8 dicembre o l’Assunzione, il 15 agosto), o i santi (come Ognissanti, il 1° novembre, o i santi Pietro e Paolo, il 29 giugno).

Poi seguono su un gradino inferiore le feste (tutte le domeniche e diverse feste della Madonna e dei santi). Poi vengono le memorie obbligatorie: sono celebrazioni di minore importanza, ma, appunto, obbligatorie comunque per tutta la Chiesa.

Infine, nel livello più basso, le memorie facoltative: sono celebrazioni che si possono fare se lo si ritiene opportuno: sono facoltative, appunto. Nota importante. Una memoria facoltativa per tutta la Chiesa può essere obbligatoria, o addirittura festa o solennità per una Chiesa particolare, per motivi speciali relativi a quella Chiesa. Sant’Alessandro è memoria facoltativa nella Chiesa, è solennità a Bergamo, perché patrono della città.

I Papi santi. Strane differenze. I papi santi, oltre s. Pietro naturalmente, sono 17. Gli ultimi due arrivati sono Papa Roncalli e Papa Woytjla. Di questi 17 soltanto quattro vengono ricordati con una memoria obbligatoria. Sono san Gregorio Magno (il 3 settembre), san Cornelio (ricordato assieme a san Cipriano il 16 settembre), san Leone Magno (il 10 novembre) e san Pio X (21 agosto).

Naturalmente, già qui ci sarebbero elementi su cui discutere. Si fatica a capire come mai, di tutti i papi moderni, l’unico con una memoria obbligatoria sia il solo Pio X.

Papa Giovanni santo di serie B. In questo quadro si inserisce poi il caso stranissimo che riguarda Papa Giovanni, il Papa del Concilio, papa bergamasco, amatissimo da noi. Papa Giovanni è memoria facoltativa. E va bene: lo è per (quasi) tutti gli altri papi santi. Ma lo è anche a Bergamo, sua Chiesa di origine: anche a Bergamo si può celebrare la liturgia che lo ricorda se si vuole. Altrimenti, chi s’è visto s’è visto.

E decisamente non si capisce perché. Tanto più che Paolo VI è “memoria obbligatoria” sia a Milano, dove è stato vescovo, sia a Brescia, dove era nato.

La sensazione sgradita è che perfino nei riguardi dei Papi vigono dei principi, diciamo così, soggettivi. Strano. E i poveri cristiani di periferia come siamo noi ci chiediamo: esiste una legge, o una prassi consolidata alla quale tutti devono conformarsi, tutti, curia romana compresa? Oppure la curia romana è la legge e fa quello che vuole?

 Pascal diceva: “Tre gradi di latitudine sovvertono tutta la giurisprudenza; un meridiano decide della verità (…). Singolare giustizia che ha come confine un fiume!

Singolare liturgia cattolica (“cattolica”, come si sa, significa universale) quella che permette di fare sulla riva destra dell’Adda quello che proibisce di fare sulla riva sinistra.

Alberto Carrara La barca e il mare             12 gennaio 2024

CONSULTORI UCIPEM

Per cronaca, confronti, proposte e suggerimenti e attività on-line..

Cremona              Iniziative per genitori e figli, giovani e adulti

Gruppo di confronto per neo mamme. Un’occasione per condividere emozioni, desideri e pensieri legati al tema della maternità

Stiamo Insieme, Facciamo Insieme.

                               Percorso per genitori e bambini 12 – 18mesi                                         e 18-24mesi

Il percorso prevede incontri suddivisi in due momenti. Nel primo genitori e figli saranno impegnati in attività ludiche, nel secondo si rielaborerà l’esperienza approfondendo le dinamiche psicoeducative nella relazione genitoriale.

Il percorso è finanziato dal progetto “Da 0 a 1000” e realizzato in collaborazione con la Coop. Soc. Cosper.

I posti sono limitati, per favorire il buon svolgimento delle attività previste.

. Percorso di confronto per genitori                                                             Percorsi per mamme e figlie(11-13 anni) che

 di ragazzi e ragazze dagli 11 ai 13 anni.                                                       stanno affrontando i cambiamenti della pubertà Accompagnate da educatrice e ostetrica, mamme e figlie parleranno di cambiamenti corporei e psico-affettivi, mondo emotivo, arrivo del primo ciclo, corretta igiene intima e molto altro.

   tutte le iniziative sono gratuite

news/www.ucipemcremona.it

Milano 1.  Istituto La casa. Calendario attività gennaio- marzo 2024

Istituto La casa.                   Ente del Terzo Settore · Via Pietro Colletta, 31 · 20135 Milano

+39 02 55 18 92 02 · C.F. 06765920159

www.istitutolacasa.it/showPage.php?template=istituzionale&id=1

Per partecipare è sempre necessario effettuare l’iscrizione al gruppo (o ai gruppi) tramite modulo ONLINE

Per genitori

  • GS – Genitori, figli e sport

Opportunità educative da cogliere ed errori da evitare in relazione alla pratica sportiva dei figli

Ciclo di 3 incontri. Giovedì: 25/01   01/02   08/02. Ore: 18.30-20.00

Conduce: Roberto Mauri – psicologo psicoterapeuta                           Modalità: online. € 50

  • D1 – Un figlio con DSA. Capire la diagnosi, le indicazioni della certificazione e le ricadute nello studio.

Giovedì: 25/01. Ore: 21.00-22.30

Conduce: Viviana Rossetti – psicologa psicoterapeuta                         Modalità: online. € 20

  • SF – Sesso e figli: come e quando parlarne

Ciclo di 2 incontri per genitori di preadolescenti e adolescenti

Le dinamiche della sessualità dei figli nel quadro emotivo di una identità in formazione. Suggerimenti per una comunicazione empatica e un ascolto attivo su un tema delicato come quello della sessualità.

Martedì: 30/01   13/02. Ore: 18.00-19.30

Conduce: Laura Scibilia – psicologa psicoterapeuta               Modalità: online. Partecipazione gratuita

Adozioni

  • Per coppie nella fase iniziale del percorso adottivo

L’ABC dell’adozione

Corso base sull’adozione rivolto a coppie che necessitano di informazioni base sull’adozione o sono all’inizio dell’indagine psicosociale presso il Servizio sociale territoriale. Ciclo di 3 incontri

Conduce: Caterina Mallamaci – responsabile nazionale servizio adozioni Istituto La Casa

€ 150 a coppia. Il calendario delle date degli incontri verrà definito successivamente. Gli interessati possono contattare la segreteria

  • Per coppie in attesa di adozione e per genitori adottivi

FZ – Adozione e scuola. Facciamo lo zaino. Che cosa ci mettiamo?

Ciclo di 3 incontri: le buone pratiche inclusive/cattive pratiche di esclusione; l’adozione nelle diverse fasi dei cicli scolastici dalle elementari all’università; la relazione tra pari, con gli insegnanti e con i genitori della classe

Lunedì:  22/01   05/02   04/03. Ore: 20.30-22.30                       Modalità: online.

Conduce: Caterina Amariti – pedagogista e referente sede Adozioni di Scandicci (FI)

€ 150 a coppia (è richiesta la partecipazione di entrambi i genitori o futuri genitori)

  • Per coppie in attesa di adozione

AR – Attaccamento e sviluppo delle relazioni affettive

Martedì: 20/02. Ore: 21.00-22.30                               Modalità: online  € 25 a persona

Conduce: Viviana Rossetti – psicologa psicoterapeuta

  • FT – Finalmente sei tu! Il momento dell’abbinamento: pensieri, emozioni, aspetti pratici

Ciclo di 3 incontri. Mercoledì: 20/03   27/03   03/04. Ore 20.00-21.30 

Conduce: Chiara Righetti – psicologa psicoterapeuta            Modalità: online. € 140 a coppia

  • FF – Favolando: quando una favola aiuta a crescere

Ciclo di 2 incontri. Giovedì:  14/03   21/03. Ore: 21.00-22.30

Conduce: Viviana Rossetti – psicologa psicoterapeuta         Modalità online. € 100 a coppia

  • Per genitori adottivi

AC – E se poi andiamo in crisi? Come “passare attraverso” le crisi adottive, riconoscendole e attivando risorse.

Ciclo di 3 incontri               mercoledì: 17/01   24/01   31/01. Ore 20.00-21.30

Conduce: Chiara Righetti – psicologa psicoterapeuta                           Modalità: online. € 140 a coppia

  • AA – Adolescenza e adozione. Il tempo dell’adolescenza per i figli adottivi

Martedì: 27/02. Ore: 21.00 – 22.30

Conduce: Viviana Rossetti – psicologa psicoterapeuta                         Modalità: online. € 25 a persona

  • AS – Adozione e Social

Il tema della ricerca delle origini nell’epoca dei Social

Ciclo di 2 incontri. Martedì: 19/03   26/03. Ore: 18.00 – 19.30          Modalità: online. € 100 a coppia

Conduce: Daniela Sacchet – psicologa                                       p

  • Per genitori (biologici o adottivi) in attesa di adozione

2G – Seconda genitorialità adottiva

Ciclo di 4 incontri per chi si avvicina all’idea di una nuova adozione e vuole prepararsi a questo arrivo in famiglia. Martedì: 16/01   23/01   30/01   06/02         Ore: 19.00-20.30               Modalità: online. € 200 a coppia

Conduce: Daniela Sacchet – psicologa

  • NX – Per nonni e zii adottivi

Ciclo di 3 incontri per nonni e zii adottivi o in attesa di diventarlo

Conduce: Daniela Sacchet – psicologa

Martedì: 20/02   27/02   05/03. Ore: 18.00-19.30  Modalità: online. Partecipazione gratuita

  • Per adulti

AU – Autostima e affettività. La memoria emotiva del corpo nella relazione fra sé e gli altri.

Percorso di 12 incontri di gruppo il mercoledì, a cominciare dal 24/01.

Cadenza settimanale. Ore: 20.30-22.00                                     Modalità: online. € 300

Conduce: Maria Gabriela Sbiglio – psicologa psicoterapeuta

         Novità

  • EA – Educazione alimentare: per vivere meglio e in modo più sano

I nutrienti, i piatti sani, falsi miti sulla nutrizione, organizzazione menù settimanale e consigli pratici

Venerdì: 26/01. Ore: 18.30-20.00                                Modalità: online. € 25

Conduce: Serafina Cardaci – nutrizionista

  • Per genitori

GS – Genitori, figli e sport

Opportunità educative da cogliere ed errori da evitare in relazione alla pratica sportiva dei figli

Ciclo di 3 incontri. Giovedì: 25/01   01/02   08/02. Ore: 18.30-20.00                Modalità online. € 50

Conduce: Roberto Mauri – psicologo psicoterapeuta

  • D1 – Un figlio con DSA

Capire la diagnosi, le indicazioni della certificazione e le ricadute nello studio

Giovedì: 25/01. Ore: 21.00-22.30                                               Modalità: online. € 20

Conduce: Viviana Rossetti – psicologa psicoterapeuta

  • SF – Sesso e figli: come e quando parlarne

Ciclo di 2 incontri per genitori di preadolescenti e adolescenti

Le dinamiche della sessualità dei figli nel quadro emotivo di una identità in formazione. Suggerimenti per una comunicazione empatica e un ascolto attivo su un tema delicato come quello della sessualità.

 Martedì: 30/01   13/02. Ore: 18.00-19.30                             Modalità: online. Partecipazione gratuita

Conduce: Laura Scibilia – psicologa psicoterapeuta

  • AG – Genitori Angeli Custodi

Esprimere la propria presenza educativa e accompagnare la crescita dei figli

Ciclo di 4 incontri per genitori di figli preadolescenti e adolescenti

Lunedì: 04/03   11/03   18/03   25/03. Ore: 20.45-22.15  Modalità: in presenza. Partecipazione gratuita

Conduce: Roberto Mauri – psicologo psicoterapeuta

  • Per insegnanti

D2 – Care studentesse/cari studenti

Leggere le diagnosi e le certificazioni per applicare strategie compensative e dispensative per studenti con DSA. Incontro rivolto a insegnanti e docenti universitari

Martedì: 06/02. Ore: 17.00-18.30                             Modalità: online. Partecipazione gratuita

Conduce: Viviana Rossetti – psicologa psicoterapeuta

  • Per dVB – Vivere bene la menopausa. Cambiamenti fisici e psicologici della donna

Percorso di 4 incontri con orario: 18.30–20.00

10/04 – Cambiamenti fisiologici: conduce Maria Luisa Felcher – ginecologa

16/04 – Aspetti psicologici ed emotivi: conduce Laura Scibilia – psicologa psicoterapeuta

23/04 – Pavimento pelvico: teoria e attivazione corporea: conduce Anna Pontini – ostetrica

07/05 – Alimentazione in menopausa: conduce Serafina Cardaci – nutrizionista

   Modalità: online. € 20

  • Per neomamme

MN – Massaggio neonatale (anche per neo papà) per apprendere le sequenze del massaggio neonatale A.I.M.I. per scoprire un modo nuovo di comunicare ed entrare in relazione con il proprio bambino, favorendo il suo benessere e il suo sviluppo. Ciclo di 4 incontri. Mercoledì: 17/01   24/01   31/01   07/02. Ore: 14.30-16.00

Conduce: Anna Pontini – ostetrica           Modalità: in presenza. Partecipazione gratuita

* Materiale necessario: tappetino da yoga con eventuale cuscino, abbigliamento comodo

  • FP – Facciamo la pappa

Ciclo di 3 incontri di accompagnamento allo svezzamento. Quali sono i primi segnali per capire quando il bambino è pronto. Come iniziare con i primi assaggi, quali alimenti preferire e quali quelli essenziali durante lo svezzamento. Come rispondere ai bisogni del bambino e alle ansie dei neogenitori. Ore: 14.30-16.00

14/02 – Conduce: Anna Pontini – ostetrica

21/02 – Conduce: Daniela Sacchet – psicologa

28/02 – Conduce: Serafina Cardaci – nutrizionista     Modalità: online. € 20

  • MB – Gruppo mamma-bambino

Ciclo di 5 incontri per mamme con i figli (da 0 a 6 mesi). Spazio di condivisione e confronto sulle gioie, i dubbi, le domande e le emozioni dell’essere madre

Venerdì: 01/3   08/03   15/03   22/03   29/03. Ore: 10.30-12.00

Conduce: Anna Pontini – ostetrica           Modalità: in presenza.                 Partecipazione gratuita

* Materiale necessario: tappetino da yoga con eventuale cuscino, abbigliamento comodo.

www.istitutolacasa.it/showPage.php?saratml=164&template=istituzionale&id=7

DALLA NAVATA

II domenica del tempo ordinario – Anno B

1Samuele                                            03,10. Venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamò come le altre volte: «Samuéle, Samuéle!». Samuèle rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta». Samuèle crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole.

Salmo responsoriale                       39, 10. Ho annunciato la tua giustizia nella grande assemblea; vedi: non tengo chiuse le labbra, Signore, tu lo sai.

Paolo 1Corinzi                                   06, 19 .Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi?

 Giovanni                                            01, 37. E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.

«Ecco l’agnello di Dio»

Il brano evangelico di questa domenica si apre con l’immagine di Giovanni insieme a due suoi discepoli. Il Battista vede passare Gesù e lo indica ai suoi seguaci con un’espressione del tutto particolare: «Ecco l’agnello di Dio». In seguito a tale indicazione i due discepoli lasciano Giovanni e s’incamminano dietro a Gesù.

La prima cosa che colpisce è proprio ciò che Giovanni fa, ovvero l’indicare a dei suoi discepoli un «altro» da seguire. In questo gesto c’è tutta l’autenticità di quest’uomo che, consapevole del suo ruolo – o potremmo dire oggi del suo ministero – è capace di non legare a sé le persone che lo seguono, ma di indirizzarle verso colui che egli stesso ha riconosciuto più grande di lui: «Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me» (Gv 1,30).

In un’epoca come la nostra, in cui il culto della personalità è centrale; dove ciò che conta non è la qualità del messaggio, il suo contenuto, ma le «visualizzazioni» ottenute; dove anche in campo religioso quello che importa è l’immagine di sé, il numero di follower che si riesce a raccogliere intorno alla propria persona; dove il valore mediatico supera quello spirituale, per cui un «predicatore» è «autorevole» o meno a seconda dei like che riceve, appare ancora più stridente questa scena in cui Giovanni, a capo di un movimento religioso numericamente importante, anziché preoccuparsi della propria immagine e audience indica ai suoi seguaci un «altro», a costo così di passare in secondo piano, di essere perfino dimenticato da loro.

Dietro a questa scelta non c’è solo – come si è detto – l’autentica consapevolezza che Giovanni ha di sé nei confronti dell’«altro», ma c’è anche una vera manifestazione di quanto i suoi discepoli gli stiano veramente a cuore. Ai suoi occhi costoro non sono «numeri» o «dati» di cui vantarsi, su cui costruire il proprio potere, l’auto-glorificazione di sé, ma persone alla ricerca di senso, persone a cui egli vuole bene, di cui desidera il bene. Di fronte, quindi, a Gesù che passa, non esita a indicare loro il cammino da percorrere, un cammino che li allontana da lui per accogliere, comprendere e seguire qualcun «altro».

L’invito che Giovanni rivolge ai suoi discepoli è dato, poi, da un’indicazione: «Ecco l’agnello di Dio». Che cosa significa questa espressione che ricorre qui per la seconda volta? Già in precedenza infatti Giovanni, «vedendo Gesù venire verso di lui, aveva detto: “Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!)» (Gv 1,29). Uno dei possibili passi biblici a cui probabilmente Giovanni si riferisce è un brano del Libro di Isaia, in cui il «servo del Signore» viene descritto come un «agnello condotto al macello», che «giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità» (Is 53,7.11). Tale indicazione, che rimane comunque piuttosto enigmatica, non risuona con esplicita chiarezza alle orecchie dei due discepoli, ma è abbastanza forte per metterli in movimento, per far sì che si allontanino da Giovanni e inizino a seguire Gesù.

Ed è a questo punto che Gesù, voltandosi e osservando i due che lo seguivano, chiede: «Che cosa cercate?». Oltre a essere una domanda fondamentale, che aiuta chi è alla ricerca a prendere consapevolezza dei propri desideri più profondi, serve, in questo caso, anche a esplicitare ciò che i discepoli vedono nella figura di Gesù, il motivo per cui lo seguono. Incuriositi dall’indicazione data loro da Giovanni, vogliono diventare discepoli di questo nuovo rabbi.

È bene forse qui comprendere il significato di questo appellativo. «Rabbi» significa letteralmente «mio maestro». Il termine deriva dalla radice ebraica «rav», che significa «grande»; nel giudaismo del Secondo Tempio non indicava un funzionario religioso o un «ecclesiastico», ma una persona qualificata a pronunciarsi su questioni di legge e pratica ebraica. Di solito poi un «rabbi» aveva una scuola, un luogo dove radunava i suoi discepoli per l’insegnamento e la loro formazione spirituale e religiosa. Ecco, dunque, nella seconda parte della risposta che i discepoli danno a Gesù, la loro domanda: «Dove dimori?». Essere discepoli di un maestro significa frequentare la sua scuola, e Gesù accoglie questo loro desiderio invitandoli a seguirlo: «Venite e vedrete».

Il testo non ci dice dove siano andati, anche perché di fatto Gesù non ha mai avuto una scuola, un «luogo» privilegiato di insegnamento; anzi, contrariamente all’uso di altri maestri, ha scelto di essere un «rabbi» itinerante, senza fissa dimora. La sorpresa comunque arriva alla fine della giornata: i due discepoli scoprono che Gesù non è un rabbi, bensì il Messia. Che cosa ha fatto sì che i due comprendessero di trovarsi di fronte al Messia non è detto, ma sicuramente è racchiuso in quelle ore di intimità che hanno trascorso insieme a lui. Da quel momento in poi la loro vita consisterà nel seguirlo finché non arriverà il momento di separarsi da lui per «rimanere nel suo amore» (Gv 15,9-10).

Al contrario di ogni influencer, infatti, il legame che Gesù fonda con ogni persona che lo segue è un legame «comunionale», che si manifesta e concretizza non nel culto di una persona, ma nell’amore vicendevole di una comunità di fratelli e sorelle che «rimangono nel suo amore».

Ester Abbattista, biblista

https://ilregno.it/posts/2-II%20domenica%20tempo%20ordinario%20B-uny1oB.pdf

DEMOGRAFIA

Bologna: sull’«inverno» demografico

La demografia è tema che dovrebbe interessare tutte e tutti. Sono le elaborazioni che essa fornisce che consentono, o dovrebbero consentire, al decisore politico di programmare il nostro futuro. Si pensi, ad esempio, alla progettazione di un nuovo ospedale e ai dati necessari per dimensionarlo correttamente.

                Per tale motivo, a inizio dicembre, è stato organizzato a Bologna un incontro sul tema dell’inverno demografico che ha visto presenti in qualità di relatori il dottor Gianluigi Bovini, che ha svolto la sua carriera professionale come «uomo dei numeri» del Comune di Bologna, e il professor Roberto Impicciatore, associato di demografia presso l’Università degli Studi di Bologna.

                È stata portata una piccola nota di colore: da secoli le parrocchie raccolgono dati sulle nascite, sulle morti, sui matrimoni. Per il vescovo l’analisi dei dati della popolazione a lui assegnata è un vero e proprio strumento di governo della diocesi.

                È stato in quella sede affrontato un aspetto delle tematiche demografiche necessarie a progettare il territorio e lo spazio politico della polis; forse quello chiave: l’indice di fertilità femminile nelle sue dinamiche dal dopoguerra; a Bologna e nel nostro Paese.

I riflessi più critici di questo «inverno» potranno vedersi sul mercato del lavoro – con un drammatico problema di mancanza di manodopera nel prossimo decennio, se non si avrà finalmente la lungimiranza di attivare vere politiche attive di gestione del fenomeno migratorio sul modello della Germania; e sul sistema del Welfare, con seri problemi di finanziamento del Sistema Sanitario Nazionale e di sostenibilità del nostro sistema pensionistico, a fronte di una popolazione sempre più anziana, e con aspettative di vita sempre più «lunghe», sempre più «inattiva» e sempre più bisognosa di assistenza socio – sanitaria.

Le cause. Interessante la discussione sulle cause di questo «inverno»: recenti e di lungo periodo. Le cause recenti si comprendono appieno confrontando il numero di bambini nati con il numero di bambini desiderati dalle coppie italiane: se è vero che sono nati nel 2022 meno di 1,3 bambini per coppia – quindi con un tasso di fertilità ben lontano dall’equilibrio demografico –, altrettanto vero è che il numero di bambini desiderati avvicinerebbe le nascite al dato dell’equilibrio demografico.

Questi elementi evidenziano un serio problema di progettazione di politiche attive di sostegno alla persona e alle famiglie, problema che riguarda un po’ tutti i paesi OCSE, ma in particolare il nostro: consentire alle giovani generazioni di poter contare su uno scenario lavorativo, di reddito, economico, politico e sociale solido, sul quale costruire il futuro, consentirebbe di approssimare il necessario equilibrio dinamico della popolazione.

Altrettanto interessanti le considerazioni riguardanti i motivi per i quali in tutto l’Occidente si è registrato un drastico calo dei figli per coppia dagli inizi del XX secolo. In primo luogo è stato sottolineato il passaggio epocale da una società contadina alla società «industriale» che è cominciato, nel nostro Paese, a cavallo tra il XIX e il XX secolo, per poi consolidarsi definitivamente nel secondo dopoguerra.

                Ugualmente importanti sono i fenomeni sociali, che incidono in maniera strutturale sulle dinamiche demografiche. Si pensi ai fermenti culturali che hanno attraversato l’Occidente dall’inizio del XX secolo.

Difficile credere, si è sottolineato, che le battaglie per il diritto di voto alle donne dell’inizio del XX secolo, la provocazione di Mary Quant nel 1963, quando mise in vetrina la prima minigonna, o la scoperta di Carl Djerassi del 1951, quando sintetizzò in un laboratorio di Città del Messico la pillola anticoncezionale, non abbiano direttamente e indirettamente avuto effetti sul tasso di fertilità delle donne, e quindi sulla dinamica demografica della famiglia industriale in Occidente. Così come la musica della beat generation, o i film di Truffaut: sono tutti fenomeni che, assieme a molti altri, hanno accompagnato, assecondato, direzionato quei mutamenti nei costumi dei quali oggi si leggono i riverberi anche nelle dinamiche demografiche.

Il deficit politico. Durante le relazioni è stato sottolineato che per il decisore politico, il quale dovrebbe essere consapevole del pensiero di Franco Modigliani e del suo modello sul ciclo vitale del consumo, o del pensiero di Joan Robinson, che tematizza un circuito virtuoso di sviluppo economico strettamente agganciato anche alle dinamiche demografiche, per il decisore politico, dicevamo, «stare sul pezzo» delle dinamiche della sua popolazione di riferimento dovrebbe essere un fatto fondamentale.

Purtroppo entrambi i relatori hanno sottolineato che, in genere, nella classe politica manca del tutto una sensibilità a questi problemi, con effetti che ciascuno di noi può sperimentare direttamente sulla sua pelle nella vita di tutti i giorni e di fronte alla necessità di assumersi responsabilità di lungo periodo.

Marcello Testa                                                  3  gennaio 2024

www.settimananews.it/societa/bologna-inverno-demografico/

 Diamo più valore collettivo alla scelta di generare figli

Nelle nostre società contemporanee esiste una dissonanza rispetto ai comportamenti demografici. Da un lato, a livello collettivo, il punto di riferimento per un’adeguata continuità tra generazioni, che non porti a squilibri che diventano progressivamente insostenibili, è la media di due figli per donna. D’altro lato, a livello individuale, il punto di riferimento è zero.

                Detto in altri termini, una società con numero di figli che diminuisce in modo continuo e consistente (ovvero con una fecondità come quella italiana, molto sotto la media di 2) si trova a rimettere in discussione le condizioni di sviluppo e benessere precedenti per affrontare i costi dell’invecchiamento della popolazione (sempre meno giovani con carico crescente di anziani) e di un declino che teoricamente può portare all’estinzione.

                Al contrario, a livello individuale, è il non avere figli che consente di continuare a mantenere i livelli di benessere materiale e poterli accrescere, mentre una nascita mette in discussione il bilancio familiare, modalità organizzative e gestione dei tempi. In sintesi, per una comunità è bene un rinnovo generazionale adeguato, mentre per il singolo la scelta razionale, in senso stretto, porterebbe a non avere figli.

                Nel mondo contemporaneo – con copertura efficace e continua consentita dalla contraccezione – se non si prende una decisione esplicita, si rimane nella condizione infeconda. Per non avere figli non è necessario scegliere di non volerli, è sufficiente rimanere indecisi (pur anche desiderosi di averli) in attesa del momento adatto. Questa scelta non necessariamente contraria, ma lasciata in sospeso, si trasforma poi da sola in rinuncia: gli anni passano, finché a un certo punto, soprattutto sul versante femminile, ci si trova a prendere semplicemente atto che ormai è troppo tardi. Pi che in passato è necessario, allora, che tale scelta sia in primo luogo sostenuta da una attribuzione esplicita di valore nella comunità di riferimento in coerenza con condizioni oggettive che favoriscano una realizzazione integrale della persona in ottica generativa.

                Supponiamo che due Paesi presentino entrambi un numero desiderato di figli mediamente attorno a due e che abbiano la stessa proporzione di persone in età riproduttiva nei seguenti tre gruppi: 20% esplicitamente non interessati ad avere figli, 20% fortemente convinti di volerli (a qualsiasi condizione), 60% di indecisi (positivamente orientati ad averli ma valutando le condizioni adatte). Supponiamo, inoltre, che nel primo Paese si mettano in atto politiche efficaci che consentano di limitare il costo economico e le complicazioni organizzative e di conciliazione con l’arrivo dei figli. Facendo così in modo che il piacere di averli, l’arricchimento nella dimensione simbolica e il benessere relazionale diventino prevalenti rispetto alle difficoltà oggettive.

                In termini numerici, il primo e il secondo gruppo rimarrebbero comunque fermi sulle proprie posizioni (rispettivamente 0 e 3 figli), ma il terzo verrebbe messo nelle condizioni di averne mediamente due. Nel complesso si ottiene una media di 1,8 figli per donna, valore che si avvicina al dato francese.

                Supponiamo che, invece, nel secondo Paese tali politiche siano carenti e inefficaci. Non cambierebbe nulla per il primo e il terzo gruppo – dove la scelta (in direzione opposta) è già autonomamente orientata – ma il secondo gruppo, trovando un contesto meno favorevole, andrebbe ad abbassare a uno la propria fecondità. In tal caso, si ottiene un numero medio di figli per donna pari a 1,2, vicino al dato italiano.

                Le politiche pubbliche e il welfare di comunità sono un elemento importante non solo di supporto ma anche di attribuzione di valore delle scelte generative. Detto in altri termini, le politiche familiari senza una riscoperta aggiornata del senso e del valore della maternità e della paternità (che rende più attrattivi tali ruoli) hanno poca efficacia.

Così come è altrettanto illusorio pretendere che cresca l’attrattività in un contesto che abbandona i giovani e le famiglie a sé stesse. Sono fronti che vanno aiutati ad avanzare assieme, in coerenza con quanto emerso nelle testimonianze delle ragazze ventenni raccolte nei giorni scorsi su queste pagine. Perché, allora, dobbiamo continuare a mantenere il Paese ostaggio della contrapposizione tra chi pensa che le donne debbano considerare la maternità come propria missione principale, anche a scapito di tutto il resto, e chi pensa che la scelta di non avere figli sia la migliore dimostrazione femminile di libertà di realizzazione?

                È davvero difficile convergere sul fatto che chi desidera avere figli in Italia debba essere messa (e messo) – all’interno di una sfera ampia di realizzazione personale – nelle migliori condizioni di poterli veder crescere con adeguate prospettive di sicurezza, salute, formazione e benessere? Uniamoci su questo, come obiettivo condiviso, e avremo un Paese migliore dove sarà anche più cool essere madri e padri.

“Quello che i demografi anticipano, gli economisti lo scoprono mentre sta accadendo e i politici dopo che è già accaduto”.

 Prof. Alessandro Rosina             “Avvenire” 7 gennaio 2024

www.avvenire.it/opinioni/pagine/la-divergenza-tra-interesse-pubblico-e-quello-indi

ECCLESOLOGIA

Chiesa e sesto comandamento. Storia di un equivoco cercato

Nella prima intervista mai rilasciata da un Papa, sul «Corriere della Sera» del 3 ottobre 1965, Paolo VI ammette la difficoltà della Chiesa davanti al ricorso in massa dei cattolici agli anticoncezionali.

«La Chiesa non ha mai dovuto affrontare, per secoli, cose simili», spiega il Pontefice ad Alberto Cavallari, «si tratta di materia diciamo strana per uomini di Chiesa, anche umanamente imbarazzante». Prosegue Paolo VI: «Le commissioni si riuniscono, crescono le montagne delle relazioni, degli studi. Oh, si studia tanto, sa. Ma poi tocca a me decidere. E nel decidere siamo soli».

A distanza di più di mezzo secolo, la solitudine degli uomini di Chiesa sembra cresciuta: alla sfida della libertà sessuale si è infatti aggiunta quella delle violenze, in particolare su donne e minori, commesse talvolta anche da preti e religiosi.

Nel suo libro “Atti impuri” (in uscita per Laterza), la storica Lucetta Scaraffia *1948

   Marco Ventura                    “Corriere della Sera”                     11 gennaio 2024

www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt202401/240111ventura.pdf

Una Chiesa prossima ventura

C’era una volta una “Chiesa di popolo”, una Chiesa che sta fragorosamente finendo. Utile tornare ai motivi che l’hanno fatta nascere. Per capire come potrebbe essere la Chiesa del futuro. Oggi ci si chiede perché si resta nella Chiesa

                Sto leggendo “Chiesa dove vai?” di Gisbert Greshake *1933(editrice Queriniana)                 Lo studio, come lo stesso titolo suggerisce, cerca di capire la crisi che la Chiesa sta attraversando. Si sta affermando una situazione culturale per tanti versi strana. L’Autore osserva che nel passato l’eretico si sentiva in dovere di spiegare perché usciva dalla Chiesa. Oggi sul credente incombe in dovere di spiegare perché resta nella Chiesa. Dunque, la tradizione riteneva naturale restare nella Chiesa. L’attualità ritiene normale uscirne. Sta finendo quello che l’Autore definisce “chiesa di popolo”, una Chiesa, cioè, maggioritaria, fortemente compaginata con la società e che ha contribuito al mantenimento della stessa società e alla elaborazione di una cultura comune condivisa. Il processo è iniziato, secondo l’Autore, già nei primi secoli della Chiesa e soprattutto a partire dal IV secolo.

Il dopo morte. La carità. Interessanti i motivi che vengono indicati per spiegare l’adesione massiccia alla Chiesa. Sono soprattutto tre:

  1. L’offerta di una speranza non ingannevole, ragionevole sul dopo morte. La religione cristiana è apparsa come quella che era capace di liberare dal “perituro e dalla morte”;
  2. Il contributo fattivo a fare da punto di riferimento rispetto alla società tardoantica in violento dissolvimento, soprattutto sotto la spinta delle invasioni barbariche;
  3.  Una rete caritativa diffusa e fattiva. “Nella Roma del III secolo c’erano 50.000 cristiani che assistevano 1500 indigenti: un povero ogni 30 credenti (Roma aveva allora più di un milione di abitanti).

Questi tre motivi hanno esercitato un’attrattiva enorme e hanno contribuito alla nascita della “Chiesa di popolo”. Interessanti, questi motivi. Il primo e il terzo potrebbero rappresentare ancora un elemento attrattivo anche per la Chiesa di oggi. Ma con dei “ma” importanti. L’uomo moderno, come quello antico, ha fame di senso di fronte alla insensatezza della morte. Ma non basta dirgli che andremo in paradiso o all’inferno. I novissimi vanno reinterpretati e mi pare che sia soprattutto necessario passare dalla descrizione di fantastici luoghi dell’”al di là”, alla risposta alle più profonde aspettative dell’uomo. Si dice spesso che sono spariti dalla predicazione ecclesiale i temi della morte, dell’inferno, del paradiso. Sono spariti e non sono più riapparsi o, per non essere troppo pessimisti, faticano a riapparire come discorsi non ingenui per l’uomo disincantato di oggi.

                Per quanto riguarda la carità si può dire che sarà sempre più come quella antica: una carità forte per – relativamente – pochi. Nella Roma del III secolo i cristiani erano meno del 5 per cento (gli abitanti di Roma erano oltre un milione). Ma ogni 1.500 cristiani c’era un povero da accompagnare. I cristiani erano pochi. I poveri – rispetto ai cristiani – erano molti.

                Solo un’indicazione che vi viene dalla storia antica della Chiesa. Ma provocatoria anche per la Chiesa di oggi.

                Alberto Carrara La barca e il mare                             9 gennaio 2024

ETICA

Lintner: etica cristiana delle relazioni

L’anno scorso, al teologo morale Martin M. Lintner *1972, OSM        .

è stato negato il “Nihil Obstat” da Roma (Vaticano). Di conseguenza, non ha potuto assumere al momento il suo incarico di preside dello Studio teologico accademico di Bressanone. Nel suo nuovo libro “Etica cristiana delle relazioni”, Lintner affronta in modo esaustivo la morale sessuale e delle relazioni della Chiesa cattolica (intervista pubblicata su katholisch.de).

Professor Lintner, qual è stata la motivazione che l’ha spinta a scrivere un libro così completo sulla morale sessuale cattolica?

                Nel libro affronto in modo completo e anche critico lo sviluppo della morale sessuale della Chiesa. Voglio mostrare perché la Chiesa ha spesso assunto una posizione così anti-sessuale e come possiamo superare questa visione negativa. Come teologo e sacerdote, mi considero in debito e – lo dico consapevolmente – solidarietà e lealtà verso una Chiesa che si è macchiata di colpe in questi ambiti. Con la sua rigida morale sessuale ha reso inutilmente difficile la vita delle persone e le ha messe in gravi difficoltà di coscienza.

Allo stesso tempo, la sessualità è un ambito in cui le persone sono vulnerabili. Pensiamo agli abusi sessuali, allo sfruttamento sessuale nella prostituzione, al crescente fenomeno della dipendenza dal sesso e dalla pornografia, ma anche all’insicurezza di un numero sempre maggiore di adolescenti riguardo alla loro identità sessuale, alla luce della possibile diversità delle identità di genere, e così via.

Cosa possiamo dire a questo proposito sulla base della visione biblica e cristiana dell’umanità? Per me è importante anche tenere conto degli spunti dell’esegesi femminista.

Lei parla della tradizione anti-sessuale della Chiesa. Da dove deriva?

Se vuole, per dirla in modo un po’ semplice, sono stati i padri della Chiesa, cioè chierici o religiosi prevalentemente celibi, a plasmare per secoli la morale sessuale della Chiesa.             L’idea che il desiderio sessuale sia di per sé peccaminoso risale a sant’Agostino. *354-†430)            

Per lui è direttamente associato alla caduta dell’uomo. Tuttavia, ha dovuto accettarlo come un male perché il piacere sessuale – almeno per i maschi – è inestricabilmente legato all’atto della procreazione attraverso il rapporto sessuale.

                Da un punto di vista giuridico, l’istituzione che serviva a fondare una famiglia era il matrimonio, da cui il requisito che i rapporti sessuali possono essere praticati solo all’interno del matrimonio ai fini della procreazione. Anche le considerazioni di diritto naturale provenienti da movimenti filosofici come la Stoa giocavano un ruolo importante. Per questo motivo, anche la masturbazione o gli atti omosessuali erano rifiutati con veemenza in quanto peccaminosi. Dopotutto, tutto questo non servirebbe alla procreazione, ma alla ricerca del piacere.

Lei ne ha parlato: secondo la Chiesa, i rapporti sessuali servono esclusivamente alla procreazione coniugale. Questo significa che le persone anziane non possono più avere rapporti sessuali tra loro?

                Nella mia esperienza pastorale ho incontrato persone anziane che mi hanno parlato di questo dilemma. Si sentono in colpa perché – come hanno imparato durante la catechesi – hanno “abusato del loro matrimonio” e si vergognano perché continuano a fare sesso tra loro o a scambiarsi affetto in età avanzata.

Sentire una cosa del genere in confessione mi fa arrabbiare e mi deprime allo stesso tempo. Perché penso: cosa abbiamo fatto alle persone con una morale sessuale così rigida? Quale peso li abbiamo imposto, togliendo loro la gioia e la spontaneità nel gestire la sessualità?

Ci siamo fissati sulla procreazione e abbiamo posto tutto ciò che ha a che fare con il piacere e l’attrazione erotica sotto il sospetto di essere un male o di significare la degradazione del coniuge a oggetto sessuale.

                La Bibbia non dice già che il matrimonio ha come unico scopo la procreazione?

                No. Leggiamo i due racconti della creazione. Il primo parla della creazione dell’uomo: Dio lo creò “maschio e femmina”. La benedizione dice poi che gli uomini devono essere fecondi e moltiplicarsi. Il secondo racconto della creazione, storicamente più antico, non parla di fertilità, ma dice che l’uomo nella donna “riconosce con gioia l’osso dal suo osso e la carne dalla sua carne”.

                Poi dice che lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla donna, e i due diventeranno una sola carne. Qui – come nel Cantico dei Cantici – si allude all’attrazione erotica e al potere di unione tra due amanti, senza alcun riferimento alla procreazione. Solo in seguito queste due tradizioni narrative sono state riunite e interpretate come una missione per le coppie sposate: cioè, che il matrimonio fosse principalmente finalizzato alla procreazione.

Tuttavia, questa formulazione riflette piuttosto il contesto socio-culturale in cui il matrimonio veniva contratto legalmente allo scopo di creare una famiglia. Era tollerato che un maschio fosse sessualmente attivo al di fuori del matrimonio – tranne che con una donna sposata -, mentre una donna doveva essere sessualmente fedele al marito per rendere sicura la paternità e la successione patriarcale.

Se si vuole usare la Bibbia per argomentazioni di morale sessuale, allora si dovrebbe anche guardare più da vicino il passo biblico di 1Tim 3,2 a favore dell’abolizione del celibato. Sì. Il passo dice che una guida della comunità cristiana o un responsabile della Chiesa – da cui si è sviluppata la carica di vescovo – dovrebbe essere sposato una sola volta. I responsabili delle comunità potevano quindi sposarsi nella Chiesa primitiva, ma solo una volta – probabilmente per distinguersi dalle usanze dell’epoca come la promiscuità o il risposarsi dopo una separazione.

Anche la Chiesa stessa sottolinea che uno stile di vita celibe non è essenziale per il sacerdozio. Tuttavia, è visto come uno stile di vita sacerdotale appropriato, con riferimento da un lato a Gesù, che visse senza matrimonio secondo la testimonianza dei Vangeli, e dall’altro al compito di un sacerdote di essere presente per la sua comunità. Il celibato sacerdotale obbligatorio fu stabilito definitivamente nella Chiesa latina solo nel XII secolo.

Ciò aveva a che fare non solo con l’interpretazione negativa degli atti sessuali, che avrebbero reso un sacerdote impuro per la celebrazione dei sacramenti nella persona di Cristo, ma anche con questioni molto pratiche e mondane come gli obblighi di eredità nei confronti dei figli, che la Chiesa voleva evitare.

Il celibato sacerdotale ha ancora senso oggi?

Oggi abbiamo già sacerdoti sposati nella Chiesa cattolica, penso ai sacerdoti anglicani convertiti o ai sacerdoti delle Chiese orientali unite a Roma. Dovremmo pensare di rendere del tutto libero l’obbligo del celibato per i chierici. Non perché non ritenga sensato questo stile di vita – io stesso l’ho scelto come religioso, né perché ritenga che potremmo usarlo per contrastare la carenza di sacerdoti, ma per un altro motivo.

Ci sono sacerdoti che – per qualsiasi motivo – non rimangono celibi e intraprendono una relazione con una donna o diventano padri. Questo spesso comporta una grande sofferenza per loro, per le loro compagne e per i loro figli. O vivono una doppia vita morale segreta o si trovano di fronte alla decisione di scegliere. Se decidono a favore della famiglia, la Chiesa perde sacerdoti impegnati e competenti.

Proprio quest’anno le è stato rifiutato il “Nihil obstat” da Roma e non ha potuto assumere l’incarico di decano dello Studio teologico accademico di Bressanone. Teme che il suo nuovo libro possa avere conseguenze negative per la sua attività di professore di teologia morale?

Non posso escluderlo. Ma non lascerò che questo timore mi paralizzi. Mi considero un teologo morale e un sacerdote religioso che fa parte della comunità ecclesiale e che vuole dare un contributo teologicamente valido e costruttivo nel campo dell’etica sessuale e relazionale, al meglio delle mie conoscenze e convinzioni.

Vedo il mio libro come un’offerta di dialogo con il magistero su temi che hanno portato a dolorosi conflitti tra teologia e magistero fino ad oggi e dove la Chiesa ha perso inequivocabilmente credito. Più di 50 anni fa, il Concilio Vaticano II ha portato a cambiamenti di paradigma decisivi di cui non ci siamo ancora resi pienamente conto.

A cosa sta pensando?

Penso al superamento sia di una visione legalizzata del matrimonio sia di un restringimento della sessualità alla funzione procreativa. Superamento che ha permesso una nuova visione, prima impensabile, dell’unione coniugale, del significato multidimensionale della sessualità e del significato dell’intimità sessuale per una coppia.

Penso anche al documento vaticano “Persona humana” del 1975, che riconosce l’omosessualità come un possibile orientamento sessuale e non la considera più un’aberrazione psicologica.

www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19751229_persona-humana_it.html

Abbiamo tirato le necessarie conclusioni sul significato della sessualità per queste persone, per la loro percezione di sé, per le loro relazioni? Vorrei semplicemente portare avanti questa visione di un’etica rinnovata della sessualità, delle relazioni e del matrimonio sulla falsariga del Concilio Vaticano II; inserendo anche le prospettive delle scienze naturali, umane e sociali, compresa la ricerca di genere. Si tratta di accompagnare le persone come Chiesa affinché scoprano e accettino la loro identità sessuale, si riconoscano in essa e pratichino e vivano un approccio auto-responsabile alla loro sessualità.

Non credo che una morale di divieti e comandamenti da parte della Chiesa sia molto utile per un’etica delle relazioni che serva alla vita.

Madeleine Spendier (a cura)                        Settimana news                6 gennaio 2024

www.settimananews.it/teologia/lintner-etica-cristiana-delle-relazioni

GIURISPRUDENZA

I figli possono impugnare il matrimonio del padre con la badante?

Si può impedire a un genitore anziano di sposarsi oppure contestare le nozze dopo che queste sono state contratte? Ciascuno è libero di sposarsi. Ma chi è anziano, debole, non pienamente capace e magari viene raggirato da una donna straniera che lo assiste? In casi come questo, i figli possono impugnare il matrimonio del padre con la badante?

                Come noto, il matrimonio è un atto personalissimo: non lo si può impedire, né contestare, a patto però che il soggetto che si sposa abbia la capacità d’agire (non deve cioè essere né minorenne, né interdetto) e, nello stesso tempo, abbia la capacità d’intendere e volere. Proprio quest’ultimo elemento, che va valutato caso per caso, potrebbe consentire ai familiari di contestare un matrimonio fatto in condizioni di non piena capacità. Ma quali sono queste condizioni? Di tanto si è occupata la giurisprudenza (Cass. sent. n. 11536/17).

www.rivistafamilia.it/wp-content/uploads/2017/05/FAMIGLIA-Cass.-civ.-n.-11536_2017.pdf

Quando si può contestare un matrimonio? Si può contestare il matrimonio di chi è interdetto per infermità di mente (art. 119 cod. civ.)

                Al contrario può contrarre matrimonio chi è inabilitato o è soggetto ad amministrazione di sostegno, salvo diversa previsione da parte del giudice nel provvedimento di nomina rispettivamente del curatore o dell’amministratore.

                Inoltre è possibile impugnare il matrimonio se si dimostra che, al momento delle nozze, il nubendo era incapace di intendere e volere, ossia in condizioni mentali di tale gravità da non consentigli di comprendere il senso delle proprie azioni.

I figli possono contestare il matrimonio del genitore anziano? I figli dunque non hanno la facoltà di impugnare il matrimonio tra il padre e la sua badante, a meno che questi non fosse già stato interdetto o non dimostrino che, benché non fosse intervenuta una sentenza di interdizione, egli era completamente incapace. Neanche se il genitore ha l’amministrazione di sostegno gli si può impedire di sposarsi perché, come chiarito dalla Suprema Corte, in casi del genere non si applicano i divieti che valgono per l’interdetto.

Solo il giudice tutelare può intervenire imponendo il divieto in casi eccezionali, ma solo nel caso in cui le condizioni fisiche del soggetto presentino un grave deficit cognitivo.

Il beneficiario dell’amministrazione di sostegno può sposarsi liberamente? Dunque, prosegue la Cassazione, il beneficiario dell’amministrazione di sostegno può sposarsi, anche con una persona significativamente più giovane, senza che i figli possano impugnare il matrimonio. Questo perché l’amministrazione di sostegno e l’interdizione sono due strumenti di protezione della persona distinti.

Del resto, il senso dell’impugnazione del matrimonio è quello di garantire il miglior interesse della persona in difficoltà, non anche gli interessi economici dei terzi come i familiari.

Come si tutela l’interesse della persona in amministrazione di sostegno? La protezione della persona in amministrazione di sostegno è garantita dalla possibilità di ricorrere all’annullamento del matrimonio se questo è nel suo interesse. La Cassazione ha chiarito che, mentre il matrimonio non può essere impugnato dai figli se non vietato dal giudice tutelare, esistono strumenti come l’impugnazione ex articolo 120 cod. civ. e l’azione di annullamento da parte dell’amministrazione di sostegno per tutelare la persona.

Cosa succede se il genitore anziano convive e intesta tutto alla badante? I figli non possono contestare le donazioni fatte dal genitore alla badante, a meno che non dimostrino che è infermo e chiedano la nomina dell’amministratore di sostegno per prodigalità (condizione che ricorre quando una persona sperpera il proprio patrimonio senza comprendere il senso delle proprie azioni).

Tuttavia, una volta deceduto il genitore, i figli possono agire contro la badante per chiedere la restituzione dei beni ricevuti dal padre se tali donazioni hanno intaccato la loro quota di legittima, ossia quella quota minima di eredità che la legge assicura loro. In tal caso i figli hanno 10 anni di tempo per agire contro l’ex compagna del genitore a cui quest’ultimo ha intestato i propri beni o ha fatto bonifici dal proprio conto.

Angelo Greco                     La legge per tutti              8 gennaio 2024

www.laleggepertutti.it/669216_i-figli-possono-impugnare-il-matrimonio-del-padre-con-la-badante

Quando si perde il diritto all’assegno divorzile?

                Quando non si ha più diritto al mantenimento: la Cassazione definisce quanto dura un assegno divorzile e quando cessa. 

                Quando impone l’obbligo di pagare l’assegno divorzile all’ex coniuge, il giudice non fissa mai una data di scadenza. Potremmo dire che si tratta di un impegno economico a tempo indeterminato. Tuttavia, esiste più di un caso in cui è possibile liberarsi da tale adempimento. Qui di seguito, facendo riferimento ad alcune delle più importanti sentenze della Cassazione che hanno affrontato l’argomento, vedremo quando si perde il diritto all’assegno divorzile.

Ma attenzione: per interrompere il versamento degli alimenti all’ex non basta il verificarsi di uno dei seguenti eventi, ma è necessario presentare un ricorso in tribunale. Difatti solo il giudice può stabilire quando cessa il diritto all’assegno divorzile e quindi revocare la sua precedente sentenza. Chi fa da sé, rischia una querela per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare.

                Quando non si ha più diritto all’assegno divorzile? Per stabilire quando decade l’assegno di mantenimento per la moglie (o, in quei pochi casi in cui succede, per il marito) è necessario analizzare le principali indicazioni fornite dalla giurisprudenza. Eccole qui di seguito.

  • Mancata ricerca di un posto di lavoro. L’assegno divorzile spetta solo nel caso in cui la situazione di incapacità economica non sia da attribuire a un comportamento colpevole o inerte del richiedente. Sicché, se anche il giudice dovesse riconoscergli il mantenimento, tale diritto potrebbe venir meno se questi dovesse venir meno all’obbligo di cercare un’occupazione per rendersi indipendente: obbligo tuttavia che presuppone un’età ancora giovane (sotto i 40) e uno stato di salute compatibile con un’attività lavorativa.
  • Nuove nozze. Se l’ex coniuge dovesse risposarsi perderebbe in automatico l’assegno divorzile. È l’applicazione del principio di autoresponsabilità in forza del quale ogni scelta comporta delle conseguenze, anche se determinano un peggioramento della situazione pregressa. Non perché si contrae matrimonio con una persona disoccupata si può pretendere che l’ex mantenga anche la nuova famiglia. Questo è l’unico caso in cui l’ex coniuge perde il diritto all’assegno divorzile già per il semplice verificarsi dell’evento (le nuove nozze), senza necessità che intervenga una sentenza del giudice. In tale ipotesi, quindi, si può fare a meno del ricorso al giudice.
  • Nuova convivenza. L’instaurazione di una nuova convivenza, purché stabile e fondata sui presupposti del matrimonio (cosiddetta convivenza more uxorio), fa cessare l’assegno di mantenimento. Non basta quindi una convivenza occasionale o quella “di opportunità” (come nel caso di ospitalità per evitare la duplicazione delle spese dell’affitto). La nuova coppia deve aver condiviso un progetto di vita comune, caratterizzato dalla reciproca convivenza e contribuzione ai doveri della famiglia. A volte è solo la durata della convivenza a determinare se questa possa definirsi stabile o meno. Ma possono concorrere altri elementi come la nascita di un figlio, oppure la partecipazione alle spese di ristrutturazione, la modifica della residenza, la registrazione al Comune oppure la firma di un contratto di convivenza.
  • Di recente, le Sezioni Unite della Cassazione, con una sentenza del 2021, hanno stabilito che l’assegno divorzile non cessa automaticamente con l’instaurazione di una nuova convivenza more uxorio. Esso infatti potrebbe proseguire qualora:
  • il nuovo partner non abbia un reddito sufficiente per mantenere la coppia;
  • e sempre che l’incapacità economica dell’ex coniuge beneficiario sia da attribuire alla sua rinuncia, all’epoca del matrimonio, alla carriera lavorativa per prendersi cura della casa e della famiglia. Tale condizione deve quindi essere valutata da un giudice che terrà conto delle specificità del caso. Ecco perché, a differenza della precedente ipotesi delle nuove nozze, in questa la cessazione del mantenimento non è automatica ma richiede sempre un ricorso in tribunale.
  • La rinuncia al mantenimento. Nulla esclude che, tra gli ex coniugi, sopraggiungano dei nuovi accordi modificativi della pronuncia del giudice con cui questi aveva disposto l’obbligo di pagamento dell’assegno divorzile. I due potrebbero quindi accordarsi per la cessazione dell’obbligo di versamento degli alimenti a fronte, ad esempio, dell’intestazione di una casa, dell’attribuzione di un assegno più cospicuo in favore del figlio o ancora di una somma unica e forfettaria (cosiddetto assegno una tantum).
  • Il mutamento delle condizioni economiche di una delle parti.  Il giudice fissa l’assegno divorzile sulla base della situazione economica delle parti fotografata al momento della cessazione del matrimonio. Ma le condizioni potrebbero mutare e, in tal caso, la sentenza potrebbe essere oggetto di revisione. Così è possibile:
  • che il coniuge beneficiario ottenga un nuovo lavoro o una promozione che gli consentano di raggiungere l’autosufficienza economica;
  • che il coniuge obbligato perda il lavoro o subisca una riduzione della capacità lavorativa che diminuiscano le sue possibilità reddituali.
  • Una circostanza che potrebbe determinare la riduzione dell’assegno divorzile è l’instaurazione di un nuovo nucleo familiare, con nascita di un figlio, da parte del coniuge obbligato. Posto infatti il diritto costituzionale ad avere una famiglia, che non può certo subire restrizioni per via dell’obbligo di mantenimento, l’ammontare dell’assegno può essere oggetto di revisione.
  • Morte di uno dei due ex coniugi. L’assegno di mantenimento è una prestazione “personale” che, pertanto, cessa con la morte di una delle due parti. Pertanto:
  • se muore il soggetto obbligato, i suoi eredi non dovranno corrispondere alcuna somma all’ex coniuge ancora in vita;
  • se muore il soggetto beneficiario, i suoi eredi non potranno pretendere alcunché dall’ex coniuge superstite. Resta salva la possibilità, nel caso di morte del soggetto obbligato, di chiedere una rendita a carico dell’eredità se si trova in evidente stato di bisogno tale da compromettere la sua stessa sopravvivenza.
  • Annullamento del matrimonio. Un tempo, l’annullamento del matrimonio da parte del tribunale ecclesiastico determinava l’automatico venir meno dell’assegno divorzile. Nel 2021, le Sezioni Unite della Cassazione hanno modificato tale interpretazione stabilendo che, anche in questo caso, è il giudice a decidere caso per caso.

Angelo Greco                     La Legge per tutti             10 gennaio 2024

www.laleggepertutti.it/669662_quando-si-perde-il-diritto-allassegno-divorzile

LITURGIA

Declericalizzare la liturgia!

“Fiducia supplicans” può essere letta anche alla luce di una desacralizzazione “positiva”.

Il documento “Fiducia Supplicans” per una sorta di eterogenesi dei fini, potrebbe rivelarsi prezioso. Molti dei commentatori ci hanno riso sopra e non sono state risparmiate le battute ironiche. Eppure io prenderei molto sul serio la tendenza a declericalizzare la liturgia e le altre attività ecclesiali.

Si inizia con le benedizioni, quelle di serie A e quelle di serie B, quelle rituali e quelle spontanee, si amplia la platea dei destinatari, si prefigura una tendenza che vada oltre le benedizioni, e passo dopo passo …

Esaminiamo la questione. A ben vedere, cos’è che contestiamo alla chiesa gerarchico-istituzionale se non il clericalismo con cui ha “flagellato” sedici secoli di vita ecclesiale ? E cos’è il clericalismo, se non l’annullamento di ogni dimensione umana, laica, esistenziale, quotidiana, profana della vita nuova in Cristo? Il clericalismo ha abolito la laicità di Gesù e delle prime comunità. Ha reintrodotto le categorie sacrali delle pratiche religiose precristiane, soprattutto quelle del paganesimo greco-romano.

Quando oggi si procede a desacralizzare un rito benedizionale si perviene ad un recupero della dimensione laica originaria della vita cristiana – che, ricordiamocelo, non è quella che poi il clericalismo ha costruito, ma è quella delle prime comunità quando il clero non esisteva.

Questo è il punto. Una benedizione senza clero, senza liturgia, senza paramenti, in forma breve, lontano dai luoghi consacrati, non è meno cristiana delle benedizioni ufficiali impartite da un chierico con tanto di formule prestabilite ed approvate dalla gerarchia.

 Anzi ! È una benedizione più aderente al Vangelo. È un gesto che trasmette più genuinamente la testimonianza di Gesù che sta in mezzo a noi, nelle nostre case, nelle nostre attività, nei nostri affetti, nelle nostre tribolazioni.

Non occorre un prete che in forza del suo essere consacrato ha il potere di benedire. Possiamo benedire noi uomini e donne e con maggiore fedeltà al Vangelo.

Lasciamo pertanto ai chierici gelosi delle disposizioni e delle dottrine immutabili, le loro esitazioni, le loro paure, le loro prerogative. Se non cambieranno mentalità presto si troveranno soli, a vagare dentro enormi e sontuosi edifici vuoti, privi di gioia e di speranza. La vita sarà (lo è sempre stata) altrove, nelle strade del mondo, sospinta dallo Spirito.

Salvo Coco                          in “Vino nuovo”                 9 gennaio 2024

16 Commenti, tra cui!”

Lorenzo Pisani ha scritto:                9 gennaio 2024

E dire che a cavallo tra il 2012 e il 2013, in tempi “non sospetti”, l’ottimo amico Luigi Accattoli, sul suo blog, e poi su “Il Regno” già scriveva, con penna felice, di benedizioni laiche, anche benedizioni di laici a consacrati.

www.luigiaccattoli.it/blog/visitatori-belli-ricambio-le-vostre-benedizioni/

www.luigiaccattoli.it/blog/collaborazione-a-riviste/%e2%80%9cbenedico-nei-luoghi-affollati%e2%80%9d-ancora-sulle-benedizioni-dei-cristiani-comuni/

www.luigiaccattoli.it/blog/collaborazione-a-riviste/%e2%80%9cbenedicimi%e2%80%9d-chiede-il-morente-al-mendicante-la-benedizione-come-liturgia-quotidiana-del-cristiano-comune/

Riporto le parole di Accattoli 2012

Un pieno protagonismo laicale comporta che i cristiani avvertano sé stessi come uomini e donne di benedizione per sé, per l’umanità, per il mondo.” Sono sicuro che in tante occasioni potremmo benedire, dire bene davanti a Dio, dire bene delle nostre sorelle e dei nostri fratelli, laici e consacrati che siano. Bene-dire farebbe bene a noi stessi anzitutto. E ancor più bene ci farebbe chiederla, una benedizione, perché nel chiederla il nostro io si fa meno ingombrante e riconosciamo Dio presente nell’altro.

Angelo Rubino ha scritto:                              

Da ministro straordinario già dopo aver offerto la Comunione al malato a casa sua a fine rito impartisco la bene- dizione nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo.

Mario Gugliotta ha scritto:

Sono d’accordo. È un primo passo da valorizzare.

Papa Francesco procede nel cammino di rinnovamento per una reale inclusione di tutte le realtà. Il principio di fondo è quello espresso nel documento sulla famiglia: il tempo è superiore allo spazio. Ciò vuol dire che lo sviluppo della società è più importante delle ideologie.

 Salvo Coco ha scritto:

Non c’è bisogno che il laico sia autorizzato a benedire, mica è un minorato che necessita del permesso del clero. Ogni battezzato partecipa con uguale dignità ai tria munera cristologici e quindi può benedire serenamente con formule spontanee. Purtuttavia, prima ancora che venisse pubblicata “Fiducia Supplicans”, nel benedizionale si leggono le seguenti parole: “Il rito qui proposto può essere usato dal sacerdote e dal diacono, o anche da un laico con i gesti e le formule per esso predisposti.”                 www.liturgia.maranatha.it/Benedizionale/p5/62page.htm.

MEDICINA SOCIALE

Alzheimer, 12 fattori di rischio su cui è possibile agire

 Non tutti lo sanno, ma molto si può fare per prevenire malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, per cui al momento non esistono vere e proprie cure risolutive. Lo ha messo nero su bianco la Lancet Commission on Dementia Prevention, che ha individuato ben 12 fattori sui quali è possibile agire, e che insieme sarebbero responsabili di circa il 40% delle varie forme di demenza a livello mondiale (tra cui l’Alzheimer è la più diffusa). Ecco quali sono.

 1- Basso livello di istruzione. Sono molti gli studi a supporto del fatto che livelli di istruzione più elevati riducono il rischio di demenza: il livello di educazione influisce infatti sulla cosiddetta riserva cognitiva, definita come capacità del cervello di fronteggiare i cambiamenti legati al fisiologico invecchiamento o anche a danni cerebrali specifici. Si tratta di una risorsa che deve essere coltivata nel corso del tempo, a partire dall’infanzia. Dal punto di vista della prevenzione, infatti, la stimolazione cognitiva, che si ottiene leggendo, studiando e quindi perseguendo un buon livello di educazione, risulta importante soprattutto nei primi anni di vita.

 2- Problemi di udito. I risultati di uno studio prospettico, basato su un campione di oltre 3.700 individui di età pari o superiore ai 65 anni, mostrano un aumento nell’incidenza di demenze nelle persone che soffrono di ipoacusia, ossia che presentano problemi di udito. Questo potrebbe essere legato al fatto che l’ipoacusia genera un certo isolamento sociale (che tra l’altro costituisce di per sé un fattore di rischio per l’insorgenza di demenza, come vedremo di seguito), e riduce quindi la stimolazione dal punto di vista cognitivo. La buona notizia è che i risultati dello studio mostrano anche che il trend non si osserva nelle persone che utilizzano appositi apparecchi per correggere il problema. Tesi che è stata confermata anche da diversi altri studi, a dimostrazione del fatto che l’ipoacusia è un fattore su cui è possibile agire per prevenire il rischio di insorgenza di Alzheimer e altre forme di demenza.

 3- Traumi cerebrali. Sono moltissimi gli studi che mostrano un aumento nel rischio di insorgenza di demenze in persone che hanno subito traumi cerebrali. E il rischio, come ci si potrebbe aspettare, aumenta con il numero di traumi subiti. In più, incidenti di questo tipo possono in alcuni casi favorire l’insorgenza precoce di demenze. Le lesioni cerebrali gravi che possono derivare da forti traumi, infatti, sembrano essere associate con modificazioni di una proteina chiamata tau (dette taupatie), che a loro volta costituiscono un segno distintivo di malattie neurodegenerative come l’Alzheimer.

 4- Ipertensione. Anche l’ipertensione costituisce un fattore di rischio per l’insorgenza di demenze, specialmente quando insorge intorno ai 45-50 anni e non viene trattata tempestivamente. I motivi che stanno alla base di queste osservazioni non sono stati del tutto chiariti, ma alcuni studi mostrano ad esempio una correlazione fra l’ipertensione così definita “di mezza età” e cambiamenti morfologici a livello del sistema nervoso centrale, fra cui anche una riduzione del volume cerebrale. Anche in questo caso la buona notizia è che i medicinali disponibili per il trattamento dell’ipertensione costituiscono un’ottima opzione per ridurre l’impatto di questo fattore di rischio sul decadimento cognitivo.

 5- Scarsa attività fisica. Diverse meta-analisi, ossia studi che prendono in considerazione la letteratura disponibile in merito a un certo argomento, mostrano che la regolare attività fisica, e quindi un buon livello di allenamento, è associata con un minore rischio di insorgenza di alcune forme di demenza, in particolare dell’Alzheimer. L’effetto potrebbe avere a che fare anche con altri fattori di rischio, in particolare con quelli a carico dell’apparato cardiovascolare come l’ipertensione: l’attività fisica può infatti contribuire a tenere sotto controllo l’ipertensione, che, come abbiamo appena visto, costituisce di per sé un fattore di rischio per l’insorgenza di demenze. Recenti studi, inoltre, sembrano indicare anche una correlazione diretta fra lo svolgimento di un certo tipo di attività fisica e la produzione di fattori che svolgono un’azione neuroprotettiva.

 6- Diabete. Anche il diabete di tipo 2 è da tempo considerato come un fattore di rischio per l’insorgenza di qualsiasi forma di demenza. E il rischio sembra aumentare di pari passo con la gravità della malattia. In questo caso, però, i risultati riguardo ai possibili effetti preventivi delle cure contro il diabete sono contrastanti. Ossia, non è chiaro se curare la malattia (che comunque è fondamentale per altre ragioni) abbia anche un effetto preventivo sull’insorgenza di demenza.

 7- Eccessivo consumo di alcol. Moltissimi studi dimostrano che un consumo eccessivo di alcol è associato, fra le altre cose, ad un rischio più elevato di andare incontro a demenza. Alcune ricerche, inoltre, dimostrano che chi soffre di dipendenza da alcol corre un rischio maggiore di sviluppare precocemente questo tipo di malattia, ossia prima di aver raggiunto i 65 anni di età.

 8- Obesità. Secondo quanto riportato dal Lancet, un totale di 19 studi – attraverso i quali sono stati osservati oltre 500 mila partecipanti di età compresa fra i 35 e i 65 anni per un periodo massimo di ben 42 anni – mostrano l’esistenza di una correlazione fra l’aumento dell’indice di massa corporea (BMI, Body Mass Index) e l’insorgenza di demenza. Sarebbe in particolare l’obesità (BMI pari o superiore a 30) a costituire un fattore di rischio in questo senso. Tra l’altro, l’obesità può a sua volta essere associata ad altri fattori potenzialmente critici, come la scarsa attività fisica e l’isolamento sociale.

 9- Fumo di sigaretta. Oltre a correre notoriamente un rischio maggiore per quanto riguarda l’insorgenza di diverse patologie oncologiche (e non solo), i fumatori sono anche più a rischio di sviluppare una qualche forma di demenza. I dati mostrano inoltre che smettere di fumare (anche in età avanzata) riduce notevolmente questo rischio. Anche il fumo passivo sembra essere associato ad un precoce deterioramento delle funzioni cognitive, sebbene in questo caso il numero di evidenze scientifiche disponibili non sia così elevato.

 10- Depressione. Per quanto riguarda la depressione le cose si fanno più complesse, dato che le demenze stesse possono esserne causa. Allo stesso tempo, esistono diversi studi che sembrano indicare che anche la relazione inversa è possibile. Ovvero, che episodi depressivi, specialmente se si presentano in età avanzata, possono in alcuni casi costituire un fattore di rischio per quanto riguarda l’insorgenza di demenze.

 11- Isolamento sociale. Il contatto sociale, scrivono gli esperti della Lancet Commission, favorisce in generale lo sviluppo delle cosiddette riserve cognitive, ed è per questo motivo considerato come un fattore preventivo per lo sviluppo di demenze. A supporto di questa tesi esistono moltissimi studi: uno, condotto in Giappone su quasi 14mila adulti di età superiore ai 65 anni, mostra addirittura una riduzione del 46% nel rischio di sviluppare una qualche forma di demenza nelle persone che hanno ottenuto il punteggio più alto in una scala che misura l’esposizione a diversi tipi di contatti sociali.

 12- Inquinamento atmosferico. Diversi studi condotti su modelli animali mostrano che gli inquinanti atmosferici possono accelerare specifici processi correlati alla neurodegenerazione. E per quanto riguarda gli esseri umani, diverse ricerche sembrano mostrare una correlazione fra l’incidenza delle demenze e l’elevata esposizione ad un certo di particolato (il cosiddetto PM2.5) o a sostanze come il biossido di azoto. Naturalmente l’inquinamento atmosferico non è un fattore su cui è possibile agire a livello individuale, e queste evidenze mostrano quindi ancora una volta la necessità e l’urgenza di intervenire a livello politico e legislativo su questo fronte.

                                                                             Sara Carmignani   “LabRevolution”                                       11 dicembre 2023

www.salute.eu/dossier/labrevolution/2023/12/07/news/alzheimer_fattori_rischio_prevenzione-421603608

                                                                         OMOFILIA                                            

Progetto Gionata               Portale su fede e omosessualità

Nella buona e nella cattiva sorte. I cristiani LGBT+ e la scommessa di una relazione per sempre

«Si può riconoscere un valore coniugale all’esperienza che vivono molte coppie omosessuali»?

                Il libretto “Nella buona e nella cattiva sorte. Gli omosessuali cristiani e la scommessa di costruire una relazione per sempre” curato da Gianni Geraci ed arricchito da una postfazione del teologo Andrea Grillo, edito gratuitamente nel gennaio 2024 da “La tenda di Gionata”, cerca di rispondere a questa domanda attingendo all’importante patrimonio di riflessioni che, nella Chiesa cattolica, sono state fatte sul significato dell’amore.

Per richiedere una copia cartacea gratuita basta scrivere a tendadigionata@gmail.com

Per scaricare gratuitamente “Nella buona e nella cattiva sorte” in versione ebook  apri il pdf

www.gionata.org/wp-content/uploads/2024/01/ebook_Nella-buona_e_nella_cattiva_sorte.pdf

Nella buona e nella cattiva sorte (gennaio 2024)

  • l senso di una domanda
  • Amore e amor coniugalis
  • Nella buona e nella cattiva sorte
  • In principio…
  • Non è bene che l’uomo sia solo
  • Consenso e responsabilità
  • Castità di coppia
  • Primato della coscienza
  • Amore e relazione omoaffettiva: un uso nuovo di parole antiche. Postfazione di Andrea Grillo

                Nel piccolo volume scritto da Gianni Geraci (*1959)

www.gionata.org/wp-content/uploads/2020/06/Geraci_Gianni_storia_nov2000.pdf

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                teologo Andrea Grillo      20 novembre 2023

                Gianni Geraci fa parte del Guado, un gruppo di riflessione su Fede e omosessualità che opera a Milano dal 1980, e, attualmente, è uno dei membri del direttivo della Tenda di Gionata. Nel corso degli anni, grazie anche alla formazione teologica che ha ricevuto come uditore, presso la Facoltà teologica di Lugano, ha pubblicato numerosi interventi dedicati al rapporto tra Fede e omosessualità.

                Andrea Grillo insegna Teologia dei sacramenti e Filosofia della Religione a Roma, presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo e Liturgia a Padova, presso l’Abbazia di Santa Giustina. Cura il blog: Come se non e ha al suo attivo decine di opere di sacramentaria, di teologia sistematica e di spiritualità. Tra queste segnaliamo:” Può una madre non benedire i propri figli? Unioni omoaffettive e fede cattolica” scritto con don Cosimo Scordato (Cittadella, 2021) e “Cattolicesimo e (omo)sessualità. Sapienza teologica e benedizione rituale (Morcelliana, 2022).

                “Nel suo libro “Nella buona e nella cattiva sorte. Gli omosessuali cristiani e la scommessa di costruire una relazione ‘per sempre’”, Gianni Geraci offre un quadro molto dettagliato dei sentimenti e dei pensieri che accompagnano una stabile relazione di amore tra persone dello stesso sesso. Alcune riflessioni suscitate dal libro sul piano teologico permettono un avanzamento non piccolo nel corpo della Chiesa, presa ancora dalla tentazione di confondere ordinamento ecclesiale ed ordinamento civile”. (Andrea Grillo)

www.gionata.org/nella-buona-e-nella-cattiva-sorte-2/

SINODO

Laguna sinodalità: una mappa

«Sinodalità». Un termine oggi quasi inflazionato. Eppure non nuovo, perché se ne parlò già agli inizi degli anni Novanta, quando vi furono «numerose ricerche di taglio sistematico, storico, canonistico» sul tema, ma senza arrivare al più ampio pubblico e senza studiarne le ricadute in termini pastorali.

Un nuovo volto della Chiesa. È infatti con papa Francesco che il tema viene messo al centro della discussione, come rileva Giacomo Canobbio * 1945 nel suo ultimo volume “Un nuovo volto della Chiesa? Teologia del sinodo” (Morcelliana, Brescia 2023). Questo testo è particolarmente interessante perché non si tratta – scrive Serena Noceti *1966, sull’ultimo numero del 2023 della rivista – «di uno dei tanti libri pubblicati sull’argomento, ma di un testo orientativo che, con sintetica esaustività, porta il lettore davanti ai concetti essenziali e alle categorie basilari per pensare una Chiesa sinodale e promuoverne le realizzazioni. È un libro che dà parola alla prassi sinodale, perché ne offre un quadro d’insieme e non si limita ad affrontare alcuni argomenti o questioni prospettandoli semplicemente una dopo l’altro; mostra la radicalità della svolta in atto, nel quadro della recezione del Concilio, mentre illustra le più importanti questioni aperte sulla forma sinodale e l’esercizio della sinodalità di Chiesa».

                Così la teologa toscana definisce il collega autore del libro «cartografo», perché Canobbio «unisce profonda conoscenza delle terre della teologia e sapiente orientamento nei territori pastorali. Davanti alla vastità della letteratura sulla sinodalità e posti a confronto con la responsabilità di promuovere una riforma sinodale (…) si sperimenta quel senso di disorientamento che provano frequentemente i turisti a Venezia: perduti nel labirinto dei campielli e delle corti e insieme affascinati dalla città, dagli scorci inediti che si aprono a ogni curva o ponte, talvolta bloccati da un canale e costretti a tornare sui propri passi, curiosi per le sorprese che il cammino che si sta inventando sicuramente riserverà».

                                Libri del Regno

https://h0g9x.mailupclient.com/f/rnl.aspx/?mmi=x1w22eckn=t4gka=uy33&x=pv&d9cd=a.9h00iei&x=pp&x4d9l0ie-h:n6bn3c0l=1/3uNCLMÙ

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