Morale coniugale come morale dell’amore

 Morale coniugale come morale dell’amore

 

 AUTORE: Prof. Don Virgilio Bianchi

 

 

 

La morale coniugale, oggi, non può essere presentata come un insieme di comandi e di proibizioni, ma come proposta di valori allo scopo di realizzare in pienezza il disegno umano-divino del matrimonio e della famiglia. Non sarà perciò una morale negativa, ma positiva; non limitata a determinare le condizioni della legittimità dell’uso del matrimonio, ma estesa a tutta la vita coniugale come vita d’amore.

 

 

Premessa

Tale morale esige una certa maturità: il superamento di atteggiamenti caratteristici del bambino per assumere quelli caratteristici dell’adulto.

Il bambino identifica il bene con ciò che è comandato ed il male con ciò che è proibito; non agisce con consapevolezza e per libera decisione, ma quasi costretto dall’autorità o dalla legge.

L’adulto che ha raggiunto una certa maturità identifica il bene con il “valore” ed il male con il “disvalore”, non agisce sotto la pressione del comando, ma per libera decisione, perché è convinto che ciò che è comandato è un valore che arricchisce la persona e l’aiuta a rispondere alla sua vocazione. Nelle sue scelte il primato non è tenuto dalla legge, ma dalla coscienza certa e retta. Davanti ad un’azione non si chiede solamente se è peccato o no, ma se è un valore o un disvalore per la persona e per l’amore.

Per giungere a questa maturità si richiede una solida formazione della coscienza e il coraggio di verificare il “valore” della morale costruendo la vita e l’amore secondo le sue norme rese personali. È un lavoro importante per i fidanzati: renderà più libero e più sicuro l’amore.

1) L’amore è il dovere fondamentale della vita coniugale

a) I testi conciliari, superando una certa impostazione, affermano che l’amore è il valore più alto e più nobile del Matrimonio. Esso tiene il primato: la fecondità è un’esigenza intrinseca dell’amore; l’unità e l’indissolubilità, prima di essere norme giuridiche, sono esigenze di un vero amore coniugale. (Gaudium et spes n. 48, 49, 50). Anche dal punto di vista cristiano, l’amore tiene il primato nel matrimonio: due sposi si uniscono a Cristo, si santificano e si salvano amandosi.

b) Da questo deriva che tutta la morale coniugale è morale dell’amore e che la realizzazione dell’amore è il primo fondamentale dovere.

Altri hanno già parlato dell’amore coniugale e l’hanno presentato come “comunione di persone”; a noi interessa indicare qui, dal punto di vista morale, le linee della sua progressiva realizzazione.

La complementarità

L’amore coniugale esige che i due si domino e si completino a vicenda. Questo impegna a conoscersi reciprocamente come si è, ad attrarsi ed a rendersi reciprocamente amabili, a vigilare perché l’amore non scada nell’abitudine, a meritare reciprocamente la stima e la ammirazione dell’altro fino a sentirsi reciprocamente riconoscenti del bene e dalla gioia che si. donano.

 La totalità

La complementarietà richiede che l’amore sia dono di tutta la persona. Questo esige il superamento dell’egoismo che rende impossibile o parziale il dono (mancanza di piena confidenza, ricerca della propria felicità, amore possessivo, gelosia ecc…). Dal punto di vista positivo, esige che il dono tenda a rendere possibile all’altro lo sviluppo della sua personalità, conservandone ed accentuandone la originalità (scoperta delle possibilità dell’altro; armonia sessuale, affettiva, spirituale realizzata con delicata attenzione alle esigenze dell’altro ecc…). In questo modo, mediante la complementarietà e la totalità costantemente perseguite, l’amore si viene lentamente realizzando come “comunione di persone”.

c) Tutto questo indica il lavoro educativo a cui dovrebbero essere attenti i fidanzati. Si tratta di porre le fondamenta della vita futura intesa come “vita in comune” nell’amore.

Sarà necessario”dialogare” molto per conoscersi e per realizzare il “proprio” ideale di vita; accettarsi, sperimentare insieme certi valori (la tenerezza ; l’affetto, la preghiera ecc…) per tentare di vive re insieme e fondere la “coppia”.

Anche per due fidanzati, lo sforzo per realizzare l’amore come “comunione di persone” è il dovere morale di fondo.

2) Caratteristiche essenziali dell’amore e virtù della vita coniugale

L’amore coniugale vero e casto, fedele, fecondo. Da queste caratteristiche derivano atteggiamenti o doveri morali propri della vita coniugale.

a) La castità come garanzia dell’amore I coniugi ed i fidanzati debbono essere rettamente educati a questa virtù. Essa è capacità di moderare l’attività sessuale secondo le norme della ragione e della fede.

Non è virtù negativa, ma attiva: essa armonizza la persona, la rende libera e disponibile alla sua vocazione, capace di donarsi e perciò di amare veramente. La castità, sopratutto dal punto di vista cristiano, non ha senso se non è vista e praticata come condizione per amare meglio, per rendere pieno il proprio dono a Dio e agli altri.

La castità coniugale non è una virtù di rinuncia, ma di uso: è la capacità di usare dell’attività sessuale per l’amore e per la vita, – possiamo aggiungere come cristiani _ per santificarsi. È per la castità che l’unione coniugale è un vero atto d’amore; è per l’abitudine alla castità come dominio sulla propria sessualità che un coniuge può essere attento alle esigenze dell’altro e può raggiungere più facilmente una vera armonia sessuale con lui.

Mentre l’assenza di castità favorisce l’egoismo ed abbassa la dignità della persone e dell’amore coniugale, l’unione di due sposi in casta intimità favorisce la mutua donazione e li arricchisce in gioiosa gratitudine (Gaudium et spes n.49).

Da queste poche riflessioni derivano indicazioni utili per i fidanzati. È necessario formarsi una chiara e vissuta convinzione del valore positivo della castità proprio nei confronti dell’amore.

È necessario praticare la castità senza rinunciare a vere manifestazioni d’amore: a tutte quelle che, secondo la propria coscienza retta, rimangono nell’ambito della sensibilità e della tenerezza e sono espressione di interiore donazione.

Questo richiede l’abitudine al dominio di sé, la costante attenzione all’altro, la conoscenza reciproca del modo e dell’intensità della reazione all’affettività, lo sforzo reciproco e leale di volersi educare ad un autentico amore.

Certo tutto questo è possibile con una buona maturità umana ed una solida vita cristiana.

b) La fedeltà come garanzia dell’unità e della indissolubilità dell’amore.

Essere fedeli significa volere che, per quanto dipende dal proprio consenso, l’amore rimanga nella sua integrità e totalità; cioè rimanga uno per sempre.

Così intesa la fedeltà coniugale riguarda tutto ciò che appartiene all’amore: il corpo, l’affetto, la volontà. Non si rompe la fedeltà coniugale solamente con rapporti sessuali, ma anche portando affetto coniugale ad una persona che non sia il proprio coniuge. La fedeltà come l’amore vuole “la totalità” del dono: è significativo che anche il minimo sospetto a riguardo della fedeltà rende difficile o impossibile la donazione dei due coniugi, la serenità della loro vita. Le tentazioni contro la fedeltà sono possibili nella vita coniugale, spesso vengono dall’esterno, ma frequentemente vengono anche dal comportamento di uno dei coniugi. La mancanza di attenzione, di comprensione,di delicatezza ecc…. da parte di un coniuge è spesso una spinta a cercare una comprensione fuori dalla famiglia.

La fedeltà poggia sul dominio di sé, ma anche sullo sforzo di mantenersi “innamorati” l’uno dell’altra.

http://www.cslogos.it/uploads/images/ALTRE%20IMMAGINI/BAR005.GIF

Queste riflessioni propongono ai fidanzati la necessità di imparare per tempo la fedeltà affettiva, superando i periodi di aridità; e la vigilanza per evitare ogni atto od ogni parola che la potesse incrinare.

Inoltre dovrebbero porre anche la garanzia della fedeltà futura creando in se la certezza di essere veramente innamorati. Possono saperlo se l’uno ama l’altro non per quello che ha e neppure per quello che gli dai, ma per quello che è (come persona).

c) La fecondità come espressione di amore generoso.

Forse è questa caratteristica che oggi suscita più problemi e che rende difficile la perfezione morale degli sposi.

1) La fecondità è un’esigenza di un vero amore coniugale (Gaudium et spes n. 50).

Essa è perciò un dovere morale degli sposi, per quanto dipende dalla loro volontà.

Non solo, ma è espressione di generosità: quando due sono felici del loro amore e non sono egoisti, tendono a parteciparlo al figlio.

Ma la fecondità non deve essere frutto dell’istinto, ma di un atto cosciente e responsabile, di un vero atto di amore degli sposi tra loro e verso il figlio. Inoltre la procreazione di un figlio non deve mai essere considerata disgiunta dalla sua educazione: il figlio che viene al mondo è persona e come tale ha diritto od essere educato fino a raggiungere la capacità di una vita umana autonoma, Tutto questo è espresso dal Concilio così: i coniugi cristiani devono adempiere il loro dovere di procreare con “generosa, umana e cristiana responsabilità” (Gaudium et spes n. 50). Manifestano in questo modo non solamente il loro amore alla vita, ma anche il loro amore a Cristo ed alla Chiesa.

2) Ai coniugi spetta di decidere “quando e a quanti figli donare la vita, assumendosi insieme la responsabilità di impartire una buona educazione e il grado di istruzione richiesto dalla moderna società” (Hëring).

Questa decisione deve essere presa insieme davanti a Dio, secondo la loro coscienza “tenendo conto sia del proprio bene personale che di quello dei figli, tanto di quelli nati che di quelli che si prevede nasceranno, valutando le condizioni di vita del proprio tempo e del proprio stato, tanto nel loro aspetto materiale, che spirituale; e, infine, salvaguardando la scala dei valori del bene della comunità familiare, della società temporale e della stessa Chiesa” (Gàùdium et spes n. 50).

Al di là, ma non contro la razionalità della decisione è la fede nella provvidenza di fronte alla quale si apre tutta la forza di generosità di una coppia di sposi. Così intesa la procreazione appare più umana, non solo, ma conforme alla volontà di Dio. “Quanti figli?”, “Quanti Dio ne vuole”!, “Cioè quanti potete generare e sapete educare tenendo conto della vostra concreta situazione”. La volontà di Dio si rivela,  come in un sogno, nelle situazioni in cui una coppia vive.

3) Da tutto questo deriva che quando la procreazione è irragionevole, due coniugi possono e devono limitare la natalità. Ma proprio qui sorge il problema drammatico per alcuni: come si può accordare questa doverosa limitazione della natalità con le esigenze dell’amore coniugale, di una normale vita sessuale?.

Quando due sposi, non per egoismo, ma per essere fedeli alla procreazione responsabile non possono avere figli, almeno per un certo periodo di tempo, tuttavia hanno bisogno di una vita sessuale normale per conservare la fedeltà, per mantenere un necessario equilibrio, per accrescere il loro amore; come possono rimanere fedeli alla morale e, più di tutto a Dio?

Non sempre l’astensione totale e prolungata è un metodo possibile e adatto come nota la Gaudium et spes n. 51 e come lascia intuire San Paolo (I Cor. 7,5-6).

Neppure è lecito l’aborto o un mezzo naturale o artificiale che privi l’atto coniugale, in qualunque modo; della sua finalità procreatrice (Humanae vitae n. 14).

È lecito invece, il ricorso ai periodi infecondi in cui è possibile (quando si possono determinare con sufficiente esattezza) unirsi coniugalmente, senza procreare a causa delle condizioni biologiche in cui si trova la donna (Humanae vitae n. 16).

I coniugi cristiani devono tendere a realizzare questo comportamento con sforzo costante, senza lasciarsi abbattere dalle difficoltà e dalle eventuali cadute.

La forza della risurrezione agisce in loro, ma non li toglie dalla condizione di fragilità e dalla necessità di tendere al dominio di se e ad una progressiva purificazione (Humanae vitae n. 25).

Ed i sacramenti, segni della misericordia e dall’amore di Dio, sono per loro: per purificare il loro amore e per fortificare la loro fragilità (Humanae vitae n. 29).

4) Nelle situazioni di conflitto, i coniugi cristiani non devono disperare ma cercare insieme la soluzione possibile “davanti a Dio”. È piuttosto frequente questo caso: una coppia per ragioni gravi di prudenza e di carità decide di non generare, ma si trova nell’impossibilità di usare dei periodi naturalmente infecondi, e nello stesso tempo non può rinunciare all’incontro coniugale per evitare il rischio reale di gravi fratture nella stabilità affettiva e familiare. In queste condizioni i coniugi devono cercare nella riflessione e nella preghiera quale sia il valore od il dovere maggiore da realizzare in quella circostanza. Devono scegliere quel valore e realizzarlo, pur rendendosi conto che per circostanze complesse ed inevitabili, tale scelta comporta un disordine, cioè il non adempimento della norma (Perico in Aggiornamenti sociali n. 2 supplemento: pagg.13-14). Questi rilievi dimostrano che per due coniugi umanamente maturi e decisi a rimanere fedeli al Signore, non ci sono problemi che non abbiano – pur con fatica – una soluzione positiva.

http://www.cslogos.it/uploads/images/ALTRE%20IMMAGINI/BAR005.GIF

Dalla considerazione della fecondità responsabile, emergono alcune linee di lavoro educativo per i fidanzati.

È necessaria una certa maturità umana che si rivela nell’equilibrio, nella pazienza, nell’apertura, in un grande amore alla vita. I fidanzati dovrebbero giungere a considerare responsabilmente il figlio come il frutto di un amore autentico; ad amarlo studiandone la psicologia; accostando insieme dei bambini in una voluta esperienza educativa.

Questi fidanzati non sarebbero domani turbati dalla “paura del figlio”. È necessario formarsi una coscienza retta ed abituarsi ad una grande lealtà quando si giudica la propria vita di fidanzati ed il proprio amore. È una abitudine indispensabile per giudicare responsabilmente ” quando ed a quanti figli dare la vita” considerando la situazione concreta.

È necessario garantire una minima sicurezza economica fondata sulla volontà di lavorare e garantita da un serio spirito di povertà. Solo così è possibile non condizionare la fecondità del proprio amore dall’ansia o dal desiderio del lusso, delle eccessive comodità ecc….

Infine è necessaria una sufficiente maturità cristiana. Due fidanzati dovrebbero scoprire insieme il valore della fede nella paternità di Dio, della preghiera, dei sacramenti come incontro con Lui. Dovrebbe sopratutto sperimentare insieme la forza e la gioia di un amore veramente cristiano come anticipazione di quello che il Cristo, unito a loro, realizzerà nella  vita coniugale di domani.

Condividi, se ti va!