La gestione del conflitto. L’esperienza del conflitto all’interno della famiglia

La gestione del conflitto.

L’esperienza del conflitto all’interno della famiglia

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 Autore: Aldo Basso

 

         Il conflitto                   

Il termine ‘conflitto’ è spesso utilizzato come ‘contenitore’ generale di diversi significati e a questo termine si possono ricondurre diversi altri termini: litigio, discussione, dissidio, contrapposizione, divergenza, scontro, guerra, violenza, bullismo, aggressività, contrasto, tensione… Presenta quindi un range di significati diversi.

         Il conflitto si riferisce ad una situazione nella quale si presentano bisogni, concezioni, interessi, in contrasto tra loro. Può trattarsi di un conflitto interiore alla persona, o tra persone, o tra gruppi o tra popoli e culture diverse. Il conflitto può portare a forme varie di violenza, sopraffazione, aggressività. Esso, inoltre può essere latente o manifesto, permanente o momentaneo, conscio o inconscio.

 

 

         I conflitti sono accompagnati, di norma, da sentimenti/emozioni diversi: paura, rabbia, senso di frustrazione, sfiducia, delusione, dolore, risentimento, ansia. Quando questi sentimenti sono intensi e per così dire occupano tutta la scena psichica del soggetto, allora diventa più difficile gestire il conflitto stesso: in questi casi è necessario ristabilire un certo equilibrio tra ragione e sentimento per poter procedere ad una adeguata gestione del conflitto.       

  Per un’interpretazione corretta del conflitto nelle relazioni interpersonali

         Può essere utile richiamare alcune brevi considerazioni per ‘guardare’ al conflitto nel modo più corretto e adeguato.

•        Il conflitto è un’esperienza normale all’interno delle varie forme di convivenza umana, come ad esempio la famiglia. Già Ovidio ricordava che “l’amore non dura se si toglie ogni conflitto” (l’equivalente di un noto proverbio: “l’amore non è bello se non è litigarello”). Si tratta di per sé di un’esperienza che non è in sé né buona né cattiva: non è quindi necessario sentirsi in colpa per il semplice fatto che ci si trova implicati in una situazione di conflitto. Positive o negative sono semmai le modalità con cui si affronta l’esperienza del conflitto.

•        Il problema non è allora cercare di evitare i conflitti (dato e non concesso che ciò sia sempre possibile), quanto piuttosto imparare a gestirli in modo corretto e costruttivo (è preferibile parlare di ‘gestione’ anziché di superamento del conflitto). In generale, ciascuno di noi ha un suo stile più o meno abituale di gestire i conflitti. Oltre che dal quadro generale di personalità, le modalità adottate possono dipendere da diversi fattori:

–        l’atteggiamento generale di sicurezza o insicurezza della persona;

–        l’atteggiamento generale di fiducia o sfiducia circa la possibilità di gestire correttamente il conflitto;

–        l’atteggiamento generale di assertività o al contrario di soccombenza e di aggressività;

–        la capacità di tolleranza della frustrazione;

–        il ricorso a modalità comunicative più o meno adeguate;

–        la capacità introspettiva (alla base di una buona gestione dei conflitti sta la capacità di distinguere e riconoscere le emozioni) e di conseguenza la capacità di esprimere i propri vissuti;

–        la (relativa) assenza di stereotipi.

•        Se si vuole comprendere meglio le cause di possibili conflitti tra coniugi, è opportuno tenere presente che donne e uomini ‘parlano’ due lingue diverse, hanno due modi diversi di pensare e di guardare alla realtà e di vivere le relazioni interpersonali. Si comportano in modo diverso per quanto riguarda, ad esempio: il dare e ricevere aiuto; la reazione ai problemi; i sentimenti e i segreti; l’attenzione al dettaglio; le modalità dell’ascolto; lo scopo della conversazione; i ‘sistemi di allarme’ che li avvertono di una minaccia alla reciproca relazione.

      E’ molto utile, soprattutto in vista della prevenzione di certi conflitti, aiutare coloro che intendono vivere un’esperienza di coppia ad avere una visione realistica del matrimonio, per evitare aspettative irrealistiche e accettare più facilmente determinati aspetti ed esperienze della vita matrimoniale che magari si pensava non dovrebbero capitare in un matrimonio che funziona bene .  I modelli offerti dai mass media, la cultura segnata da un accentuato individualismo ed edonismo spesso confondono l’innamoramento con l’amore autentico. Il paradosso dell’amore è che due infiniti bisogni di essere amati si incontrano con due limitate capacità di amare. E’ stato scritto che l’amore è dapprima illusione, poi delusione, poi dedizione. Ogni suo momento è necessario, è un passo che procede. E’ impossibile in un tempo vedere il successivo, ma solo rivivere i precedenti. Si passa dal primo al secondo per opera degli anni, il peso delle cose, i limiti e gli errori delle persone. Si passa dal secondo al terzo per un cammino di saggezza e per un supplemento spirituale profondo di misericordia e di pazienza, che libera dalla preoccupazione di sé e dà la precedenza all’altro. Solo al termine del cammino l’amore è maturo, libero, indipendente, creativo. Nel primo tempo si vive la felicità di avere, nel secondo il dolore di perdere, nel terzo la gioia di dare. Sempre se non si abbandona il cammino (E. Eriksson). “L’amore è un sentimento da imparare” (W. Trobisch).

      Tenendo presente quanto richiamato precedentemente a proposito dei sentimenti che si accompagnano normalmente all’esperienza del conflitto, è molto importante ricordare qual è l’origine dei sentimenti. Questi non nascono dalla realtà, dalle situazioni concrete, ma da come ciascuno di noi ‘legge’ e ‘interpreta’ le singole situazioni. Ciò dipende da diversi fattori, come ad esempio: concetto di sé, pregiudizi, esperienze pregresse. Già il filosofo greco Epitteto (nato nel 50 d.C.) ricordava che “gli uomini sono agitati e turbati, non dalle cose, ma dalle opinioni che essi hanno delle cose” E ancora: “Pensa che la tua propria immaginazione è quella che ti sprona all’ira, e non altri”. Collegato a questo richiamo ve n’è un altro pure importante: faccio riferimento alla necessità di saper distinguere verità e sincerità. Spesso, in situazioni di conflitto, si è portati a ritenere come dato oggettivo (verità) ciò che invece noi pensiamo e diciamo (sincerità). Essere sinceri non significa senz’altro essere anche veri.

 

 

         Conflitto e aggressività

Un problema particolare legato spesso all’esperienza del conflitto è rappresentato dall’aggressività. Possono essere utili alcune considerazioni al riguardo.

–        l’aggressività di norma ferisce l’altro, non vi è immedesimazione in lui;

–        stress, tensioni e disagi provocano più facilmente animosità e violenza, per cui è bene cercare di ridurre stress e tensioni;

–        frequenti sentimenti aggressivi sono connessi a un indebolimento della salute psichica (ad esempio: benessere limitato, minore stima e fiducia in sé, paure, malumori e depressioni, disturbi psicosomatici). Al contrario, invece, tutti gli sforzi compiuti per favorire la nostra salute psichica, la stima e la fiducia in noi stessi e per imparare un comportamento sociale adeguato riducono la tendenza a reagire aggressivamente;

–        l’accettazione della realtà e il saper rinunciare a ciò che io non posso avere, a ciò che mi è negato, impediscono in me il sorgere di animosità e indignazione;

–        è utile ammettere a noi stessi i propri sentimenti aggressivi senza sentirsi subito in colpa, accettarli come dati di fatto e far luce su di essi. In questo processo di chiarimento ci si può chiedere: ‘Che cos’è che mi ferisce o mi minaccia?’, ‘Da che cosa dipendono i miei sentimenti?’, ‘Che c’entra lui in questo?’, ‘In che consistono le mie difficoltà?’. In questo modo è più facile che i sentimenti che provocano aggressività si rendano accessibili alla nostra coscienza e si diventa consapevoli che spesso i sentimenti e le valutazioni che hanno generato l’animosità si chiamano: delusione, perplessità, incapacità di cambiare l’altro, desiderio di riconoscimento e di affetto. Sovente è più difficile accettare questa verità che essere aggressivi e attraverso questa analisi segreta su me stesso constato che sono io stesso la causa dei miei sentimenti e non gli altri, sono io stesso a ferirmi, non gli altri;

–        è pure importante percepire e manifestare quanto più presto è possibile i propri sentimenti che hanno a che fare con l’aggressività e la collera, senza fare valutazioni;

–        è possibile contribuire a ridurre l’aggressività altrui se: riusciamo ad essere sufficientemente calmi e rilassati; evitiamo di riferire alla nostra persona i sentimenti ostili provati da altre persone e li consideriamo, invece, come sentimenti loro; vigiliamo

che altri non vengano messi, senza necessità, in situazioni in cui si sentano minacciati e provocati, così che non siano portati a reagire aggressivamente;

–        soprattutto, infine, siamo consapevoli che l’aggressività è molto spesso figlia della paura, è una forma di difesa dietro cui si celano spesso un senso di inferiorità, insicurezza, invidia, richiesta di attenzione e di affetto.

 

      Spunti operativi per la gestione dei conflitti in famiglia

 

Coloro che vogliono essere disponibili per aiutare le persone a gestire correttamente i conflitti possono riuscire di reale aiuto nella misura in cui sono presenti alcune condizioni. Ad esempio: un’adeguata preparazione professionale per quanto riguarda i vari problemi che riguardano la vita familiare  e, in particolare, il rapporto di coppia; una chiara visione dei valori importanti per creare e mantenere relazioni interpersonali mature e soddisfacenti (i cristiani includono, tra questi valori, anche quello del perdono…); una ‘funzionalità psichica’ sufficiente normale (o ‘passabile’) così da non essere troppo condizionati da processi e meccanismi inconsci (ad esempio alleanze inconsce con una delle parti in causa); buone capacità comunicative.

In secondo luogo, è ovvio che le indicazioni da suggerire per aiutare, ad esempio, una coppia a gestire i conflitti sono diverse a seconda che ci si ponga nella prospettiva di prevenire i conflitti e quindi di attrezzare previamente le persone per affrontare in futuro situazioni difficili, oppure nella prospettiva di chi deve proporre interventi concreti ad una coppia che si trova a dover gestire un conflitto in atto (magari da diverso tempo).

Vale anche in questo caso il richiamo di Ovidio che suggeriva di prepararsi e “opporsi agli inizi; tardi viene procurata la medicina quando i mali, per i troppi indugi, hanno acquistato vigore” .

Fatte queste premesse, ecco qualche spunto concreto per aiutare le persone (una coppia) a gestire correttamente i conflitti:

1.      Aspettare il momento giusto, lasciando decantare forti emozioni negative, cercando in un certo senso di ‘distanziarsi’ dalla situazione stessa per poterla vedere con maggiore obiettività.

2.      Cercare l’interesse comune piuttosto che la vittoria ad ogni costo, superando la forma del muro contro muro, sapendo uscire dalla logica delle posizioni per entrare in quella dei vantaggi reciproci (D. Novara).

3.      Distinguere la persona dai suoi comportamenti (ad esempio, anziché dire: ‘io sono infastidita da te’, meglio dire: ‘io sono infastidita da questo tuo comportamento…). Evitare ogni forma di giudizio della persona e di colpevolizzazione generalizzante. Cercare quindi di oggettivare per quanto è possibile la situazione che per me è fonte di conflitto, precisando cosa, quando, come, dove si verifica ciò che a me crea problema.

4.      Fare attenzione a: non cercar il colpevole; non imporre la soluzione; creare le condizioni affinché ciascuna parte in conflitto possa esporre la propria versione, limitandosi il più possibile a descrivere i dati oggettivi e i sentimenti provati; rendere il più possibile chiara la comunicazione tra le parti attraverso brevi sintesi, domande di chiarimento, feedback; favorire per quanto possibile l’accordo che nasce dalle due parti in conflitto.

5.      Proporre esempi concreti che aiutino le persone ad esercitarsi in alcune abilità comunicative fondamentali, quali: l’ascolto empatico; la comunicazione aperta e congruente (l’importanza dei ‘messaggi-io’); la comunicazione descrittiva.

Aldo Basso

Sacerdote e psicologo

 

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