La dignità degli ultimi giorni La Diocesi e gli operatori sociosanitari ne discutono

Attualità

 

La dignità degli ultimi giorni

La Diocesi e gli operatori sociosanitari ne discutono

 

 AUTORE: Gabrio Zacchè

Sabato 21 aprile il mondo cattolico diocesano assieme al sistema socio-sanitario locale (ASST) si sono ritrovati per presentare e discutere esperienze e problemi del fine vita dopo la sofferta approvazione della recente legge 219/2017.

La dignità degli ultimi giorni. Né accanimento né eutanasia”. Questo il titolo dell’incontro che ha fornito il taglio antropologico degli interventi.

Il vescovo mons. Marco Busca nella sua introduzione non si è limitato ad un semplice saluto, ma ha sostenuto con sensibilità e decisione la dignità che dobbiamo dare agli ultimi giorni citando ampiamente le dichiarazioni del magistero da Pio XII, “l’uomo anche se malato sarà sempre un uomo”, a papa Francesco. Si è giustamente preoccupati della emergente cultura dello scarto, consapevoli che la civiltà vera, invece, si misura sulla capacità di curare i sofferenti. Bisogna prendersi cura di tutto l’uomo, esercitare una prossimità responsabile come il samaritano della parabola. La competenza professionale è necessità primaria, ma da sola non basta. La cura va umanizzata. Inguaribile non significa incurabile. Il malato non va abbandonato. Anche l’accompagnamento spirituale va rimeditato, è da promuovere una spiritualità del congedo. Il congedo va accompagnato perché la morte diventi un passaggio, come va accompagnata l’elaborazione del lutto di chi resta: “Dio non libera dalla sofferenza ma nella sofferenza, Dio non libera dalla morte ma nella morte”. Molti passi avanti si sono fatti in Italia con l’istituzione degli hospice e delle cure palliative, ma vi sono questioni complesse ed equivoci da chiarire nella opinione pubblica.

Gli interventi successivi hanno dato risposta a molte domande e criticità.

La dottoressa Laura Rigatti, che dirige con competenza le Cure Palliative dell’Azienda Ospedaliera ha ben chiarito la differenza, spesso mal compresa, tra sedazione palliativa profonda ed eutanasia. La sedazione profonda terminale non è abbandonata alla improvvisazione e non anticipa la morte del malato. Vi sono criteri e modalità operative previste nelle linee guida della Società Italiana per le Cure Palliative (SICP) che prevedono nel dolore refrattario la valutazione rigorosa di una equipe multidisciplinare. La dimensione etica è adeguatamente esposta sia dal Comitato Nazionale di Bioetica in un documento del 2016, sia dal Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari nella carta del 2016.

Circa il discusso problema di interrompere nutrizione e idratazione, la dottoressa non lo ritiene tale nella imminenza della morte in quanto medicalmente controindicata per le gravi alterazioni metaboliche concomitanti.

Sul tema dell’eutanasia ha parlato il camilliano Augusto Chendi, mantovano di Schivenoglia, sottosegretario del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari. Per il relatore l’emergere nella nostra società di questa “esigenza” va di pari passo con l’invecchiamento della popolazione, lo sgretolarsi dei legami parentali, le difficoltà economico-finanziarie ed i costi delle patologie croniche. Problemi che non dovrebbero ridurre la dignità delle esistenze umane che vivono con sofferenza patologie anche plurime: “nessuna persona è identificabile con la sua patologia, ma purtroppo ci sono valori non riconosciuti dalla nostra cultura, una cultura aziendalistica che crea scarti”.

Cosa significa cura?” si domanda Massimo Foglia, docente di diritto privato presso l’Università di Bergamo. La cura, sostiene giustamente il professore, è cura della persona, non solo della malattia, “la salute va intesa non solo in senso biologico ma biografico. La malattia causa una rottura biografica, è uno sconvolgimento dell’esistenza. Il medico è tenuto ad avere competenze relazionali non solo tecniche, deve mettersi nell’ottica del paziente”. La legge 219/2017 il cui titolo completo è “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” mette al primo posto l’informazione data al paziente (art. 1): il tempo dell’informazione è tempo di cura. La relazione medico-paziente è al centro della legge ed è sottolineata in più punti. La legge non permette atti eutanasici: prevede aiuti nel morire, non aiuti a morire.

Seguono “Lettere e storie di speranza nelle stanze della malattia terminale” raccolte da Elena Miglioli, addetta stampa dell’ASST mantovana, giornalista e scrittrice, sulla falsariga del suo più noto libro “La notte può attendere” (Edizioni Paoline, 2013).

Chiude sulla vexata qaestio “nutrizione e idratazione si/no” la nota dottoressa del movimento “Scienza e Vita”, co-patrocinante il convegno, Chiara Mantovani.

Numerosi i presenti, prevalentemente sanitari infermieri ed operatori in hospice o in servizi di assistenza sul territorio. Molte le domande e gli interventi di operatori. Un convegno atteso che ha fornito molti spunti per uleriori riflessioni.

Gabrio Zacchè

 

 

 

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