Il ruolo terapeutico del padre spirituale

2°. Le dinamiche del processo: verso dove indirizzare il colloquio? Con quali strumenti?

    In questa prospettiva, san Nilo stigmatizza coloro che “si precipitano alla direzione spirituale di altri e si assumono la cura di guarire gli altri, mentre non hanno ancora guarito le proprie cattive inclinazioni, e non saprebbero dunque condurre nessuno a una vittoria che essi stessi non hanno ancora riportato”. Quanto a sant’Antonio Abate, egli sottolinea che è dopo aver soggiornato nel deserto ed essere stati guariti, che “gli antichi Padri sono divenuti medici e, dedicandosi agli altri, li hanno guariti”. Possiamo, così, infine, dire con san Giovanni Climaco che “il medico è colui che ha acquisito la salute [spirituale] dell’anima e del corpo e che non ha [più] bisogno di alcun rimedio”. Se si pretende di essere medico spirituale senza rispondere a questa definizione, non si può che cadere in malattie ancora più gravi.

        Colui che non è, egli stesso, in buona salute, rischia, d’altra parte, di essere contaminato o almeno colpito dalle malattie degli altri. E’ per questo che sant’Isacco il Siro ci insegna: “Il nutrimento solido [della paternità spirituale] è per coloro che sono sani, per quelli che hanno i sensi esercitati, e che possono mangiare di tutto. Voglio dire che essi possono sopportare le aggressioni che subiscono tutti i sensi, e che il loro cuore non viene deteriorato da tutto ciò che incontrano nell’esercizio della perfezione”. E san Simeone il Nuovo Teologo constata che solo i santi possono rimanere liberi dalle passioni che trattano e non essere affatto turbati da esse.

            Colui che vuole guarire gli altri, senza essere egli stesso perfettamente guarito, rischia non solo di aggravare le proprie malattie, ma anche di far contrarre a coloro che vuole curare “malattie ancora più gravi”. Difatti non sapendo per esperienza in cosa consista la salute né, pertanto, qual è la vera natura delle malattie, non è in grado di portarli alla guarigione e può dar loro solo consigli che li fa deviare; essendo sottomesso alle passioni, non può avere la purezza che permette di conoscere i cuori e di fare una diagnosi con conoscenza di causa, nonché di prescrivere il trattamento adatto al malato. E’ importante che il medico sia sicuro e la sua esperienza giusta, perché “in questo campo, se si propende in un senso o in un altro per errore o per ignoranza, l’interessato e coloro che egli conduce corrono il rischio non indifferente di cadere nel peccato”.

                 E’, dunque, per molteplici e sostanziali motivi che la condizione prima richiesta dall’esercizio della paternità spirituale è il possesso della salute spirituale. Questo vuol dire che, il Padre spirituale, per essere in grado di esercitare correttamente il suo compito di guida e di terapeuta, dev’essere puro da ogni passione. San Giovanni Climaco, per esempio, scrive: “Il medico dev’essere completamente spogliato dalle passioni”. Ed esclama: “Beati i medici che non sono soggetti alle nausee e i superiori che possiedono l’impassibilità”.

    E’ l’impassibilità che permette al Padre spirituale di essere illuminato da Dio nella sua funzione, di ricevere la luce dello Spirito senza l’aiuto del quale non potrebbe essere un terapeuta efficace e una guida autentica, ma “un cieco che guida un altro cieco”. Se dunque quest’uomo non sa dove va, come mostrerà il cammino agli altri?”.

   L’illuminazione dello Spirito Santo conferisce al Padre spirituale un potere che è particolarmente necessario per il suo ruolo: quello della cardiognosia. Questo carisma spirituale gli permette di leggere nei cuori, di conoscere direttamente e nella sua intimità “l’uomo interiore”, e di superare così il piano delle apparenze spesso ingannevoli, fino a percepire nel suo figlio spirituale ciò che questi ignora, le sue malattie inconsce, le sue tendenze e i suoi “pensieri” segreti. “Colui che è perfettamente purificato vede l’anima del suo prossimo, non in se stessa, ma nelle disposizioni in cui essa si trova”, nota san Giovanni Climaco. “Se dunque egli è stato ritenuto degno di entrare in comunione con lo Spirito Santo, è nella visione stessa dello Spirito che trova questa conoscenza” (san Simeone). Tale conoscenza gli consente di emettere una diagnosi più corretta sul suo stato e per determinare così il trattamento che meglio conviene. Il Padre spirituale, come afferma sant’Ireneo, “manifesta i segreti degli uomini esclusivamente per il loro profitto”.

 Tuttavia, il discernimento non è l’unica qualità che deve avere il Padre spirituale.

 Occorre citare, in primo luogo, l’umiltà, che è condizione e segno della paternità spirituale autentica. Tale umiltà si traduce particolarmente nel sentimento che il Padre spirituale ha di essere egli stesso peccatore, e di esserlo altrettanto quanto colui che cura e guida, il che lo porta, di conseguenza, a provare una pena equivalente a quella che quest’ultimo prova. Per questo san Giovanni Crisostomo osserva: “Negli interventi sul corpo, colui che taglia sul vivo non sente il dolore dell’operazione; l’infelice che viene operato è l’unico ad essere lacerato da acuti dolori. Lo stesso non avviene per il trattamento delle anime: colui che parla è il primo a provare pena, quando deve riprendere gli altri”.

 All’umiltà del Padre spirituale è strettamente legata, lo vediamo, la compassione che prova riguardo a coloro che egli cura. Questa è accompagnata da una totale abnegazione che porta il Padre spirituale a “dimenticare completamente la sua persona a vantaggio di ciò che è utile agli altri”, a “dare la sua anima per l’anima del prossimo”. Tale compassione lo fa sentire responsabile di coloro che si affidano a lui per essere curati, lo conduce a portare il loro fardello secondo il consiglio dell’Apostolo (cfr. Gal 6,2) e ad assumere le loro malattie, a somiglianza del Cristo che ha assunto su di sé le malattie degli uomini.

La compassione è una delle manifestazioni della carità che anima il vero Padre spirituale. Tale compassione si traduce anche in una disponibilità di ogni momento, in una grande pazienza, in profonda dolcezza e indulgenza. I santi “non odiano il peccatore, non lo giudicano, non lo sfuggono. Al contrario, lo compatiscono, lo esortano, lo curano come un membro malato; fanno di tutto per salvarlo”. Del resto, questo atteggiamento è la condizione per una terapia efficace, come sottolinea

sant’Isacco il Siro: “Se tu desideri guarire i malati, sappi che gli uomini colpiti dalla malattia hanno bisogno più di essere curati che castigati. Il principio della sapienza di Dio sono l’indulgenza e la dolcezza, virtù proprie di una grande anima che fa sue le malattie degli altri. Sta scritto infatti: “Voi che siete forti, portate le fragilità dei deboli (cfr. Rm 15,1), e ancora: “Correggete con spirito di mitezza (Gal 6,1) colui che ha sbagliato”.

Lungi dal selezionare i figli spirituali, il Padre spirituale deve accogliere senza discriminazioni tutti coloro che si rivolgono a lui ed esercitare particolare sollecitudine, secondo l’esempio del Cristo, verso i più malati, cioè verso coloro che hanno più bisogno del medico (cfr. Mt 9,12). Il valore del terapeuta e della guida spirituale si riconoscono, peraltro, dalla capacità di riportare alla salute i più malati e alla perfezione i meno dotati, come fa notare san Giovanni Climaco. Questi aggiunge che “il medico saprà che Dio gli ha dato la saggezza, quando potrà guarire malattie incurabili da molti altri”.

Colui che vuole ottenere la salute e la perfezione spirituali deve cercare un terapeuta e una guida che possieda tutte queste qualità, ben sapendo che tali uomini sono rari e che ogni generazione ne ha contati pochissimi. San Giovanni Climaco consiglia, a più riprese, di far bene attenzione alla scelta del Padre spirituale. Occorre, prima di impegnarsi, egli dice, esaminare, scrutare, per evitare di cadere “su un malato invece che su un medico, su di un uomo soggetto alle passioni invece che su di un uomo impassibile”. In ogni caso, “l’abilità del medico dev’essere proporzionata alla corruzione delle nostre piaghe”. E “quando un medico ci confessa la sua impotenza, è necessario trovarne un altro”. E quando comincerai a sentire qualche beneficio per le tue malattie dalle cure ricevute da questi uomini dell’arte e da questi infermieri, e soprattutto, se essi ti procurano il rimedio che cercavi contro l’esaltazione dello spirito, allora va avanti, acquistalo con l’oro dell’umiltà e firma il contratto sulla pergamena dell’obbedienza”.

                                                                                              Mons. Egidio Faglioni

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