Il rapporto con i figli nei separati e divorziati

Il rapporto con i figli nei separati e divorziati

Autore: Emidio Tribulato

 

 

 

Spesso con la separazione o con il divorzio vanno in crisi molti dei legami affettivi precedenti che avevano supportato lo sviluppo psicologico e maturativo dei minori.

Va in crisi il legame con uno, ma a volte anche con entrambi i genitori in quanto, già durante la separazione o anche prima, i genitori separati cercano consciamente o inconsciamente di strappare o rendere il più evanescente e conflittuale possibile il rapporto dei figli con l’altro coniuge. E ciò per vari motivi:

  • “Lui/Lei deve pagare in qualche modo per i danni arrecati con il suo comportamento, con la sua infedeltà, con le sue parole aggressive o ingiuriose mentre stavamo insieme”.
  • “Lui/lei deve pagare per quello che con la separazione ha ottenuto tramite un bravo avvocato o un giudice compiacente”.
  • “Lui/ lei deve pagare per i piacevoli incontri o per i nuovi amori che si concede con un’altra donna o un altro uomo”.

Questo accanirsi l’uno contro l’altro comporta dei messaggi altamente deleteri nei riguardi dei figli: “Se mi vuoi bene, se vuoi essere un buon figlio, cerca di giudicare quanto peggio possibile tua madre/tuo padre, per quello che è il suo caratteraccio, per quello che ha fatto quando stavamo insieme, ma anche per come si comporta adesso”. Anche se lui/lei, seguendo i consigli e le esortazioni degli psicologi, dei consulenti familiari o delle persone vicine che cercano di inserire nella relazione tra i due ex, un minimo di buon senso, si sforzano di impegnarsi affinché l’immagine del padre o della madre non scada agli occhi dei figli, questo tipo di comunicazione passa ugualmente mediante i comportamenti e gli atteggiamenti nettamente aggressivi e pieni di livore verso l’altro coniuge.

 

 

Da ciò nasce la lacerazione interna della quale soffrono i figli dei divorziati. A loro viene di fatto negata la possibilità di amare e rispettare entrambi i genitori. A loro viene di fatto negata la possibilità di dialogare serenamente e costruttivamente con la madre ma anche con il padre naturale. A loro viene di fatto negata la possibilità di avere da entrambi i genitori quei valori, quei consigli, quegli atteggiamenti educativi diversi per qualità e contenuto, che possono provenire solo da una figura femminile e materna e da una figura maschile e quindi paterna.

I figli, qualunque sia il loro comportamento, rischiano di far soffrire o di offendere l’uno o l’altro dei genitori. Se scelgono di amare maggiormente la persona con la quale vivono maggiormente, sentono di fare un torto all’altra, che è costretta ad avere la loro compagnia ed il loro affetto solo per alcuni giorni o ore della settimana e ne lamenta la mancanza.

Se al contrario si legano maggiormente al genitore meno frequentato, essi avvertono di essere ingiusti nei confronti di chi, giornalmente, per loro lavora, per loro sacrifica molte ore della sua giornata, li segue, li aiuta e sostiene nei momenti di difficoltà, li cura nelle malattie, a loro è vicino nei momenti di scoraggiamento, dolore e delusione.

 

La crisi tra i genitori e i figli si accentua nel momento in cui questi ultimi hanno comportamenti o atteggiamenti poco o nulla affettuosi nei riguardi di mamma e papà.

Mentre quando la famiglia è unita il genitore che in quel momento lamenta la lontananza o la scarsa tenerezza dei figli vive questi episodi con serenità, in quanto essi fanno parte delle dinamiche fisiologiche all’interno del gruppo familiare, il genitore separato soffre gli stessi atteggiamenti con angoscia e sensi di colpa. Sensi di colpa per non essere riuscito a tenere integra l’unità familiare, per tutto ciò che avrebbe potuto fare per loro e non ha fatto, per tutto quello che avrebbe potuto dire loro e non ha detto, per tutte le occasioni sprecate o mancate, per tutto il tempo a loro non concesso.

Altre volte il senso di colpa è sostituito da sentimenti e comportamenti reattivi e aggressivi. In questi casi il genitore separato, con il suo comportamento, con il suo atteggiamento, con le sue parole, rimprovera e manifesta ai figli tutto il suo livore, per non essere stato compreso e aiutato abbastanza o perché questi hanno appoggiato l’altro genitore, a suo giudizio colpevole della crisi della famiglia. Questa ostilità aperta o nascosta rischia spesso di allontanare ancora di più i figli, sia psicologicamente, sia fisicamente. Questi, quando sono abbastanza grandi per decidere autonomamente, possono rifiutare ogni visita ed ogni contatto, creando di fatto un baratro a volte incolmabile.

È frequente un preciso giudizio negativo sui genitori che si sono separati: “La violenza maggiore che ho subìto è stata quella fattami dai miei genitori quando si sono lasciati”. Così affermava una giovane donna in un incontro in cui si discuteva di violenza. A un figlio spesso non importa di chi sia la colpa: entrambi i genitori sono accusati di non essersi comportati con la maturità e la saggezza necessaria, impedendogli di vivere e godere, giorno per giorno, la serenità e la sicurezza di una famiglia normalmente unita.

Il rapporto genitori-figli è destinato spesso a peggiorare nel momento in cui i separati o divorziati cercano o instaurano nuovi legami amorosi. Questi nuovi legami spesso sono vissuti dai figli con sconcerto ed irritazione, quando non fanno emergere una chiara collera. I figli, istintivamente, avvertono la patologia di un secondo legame sentimentale e matrimoniale in quanto sanno, più o meno consciamente, che in questi successivi rapporti vi è qualcosa che rischia di portare loro ulteriore sofferenza.

“Papà che prima trascorreva tanto tempo con me, non è diventato forse più assente da quanto ha conosciuto quest’amica?” “La mamma non è forse più nervosa, irritabile ed aggressiva da quando ha saputo che papà ha una nuova fidanzata?” “Papà non è andato forse in bestia minacciando una carneficina quando gli ho detto che la mamma usciva con uno che poi ha addirittura invitato a cena?”

Tra l’altro nell’immaginario dei figli, i rapporti sessuali dei genitori sono accettati già con molta difficoltà solo nei confronti della propria madre o del padre; quelli con gli estranei sono visti e giudicati come una cosa poco bella, se non chiaramente impudica e sconcia.

Frequentemente nei libri che si occupano di questo argomento viene consigliato di parlare con calma ai propri figli di questo scabroso argomento, così da far accettare meglio la nuova situazione sentimentale e sessuale di mamma e papà. Non vi è dubbio che il consiglio sia valido, anche se, purtroppo, le sue conseguenze pratiche sono minime in quanto si cerca di modificare razionalmente qualcosa che sfugge ad un ragionamento logico, in quanto le reazioni dei bambini a questi avvenimenti sono legate più ai moti istintivi dell’animo che alla ragione.

Uso dei figli nel conflitto

 

Non è difficile avvertire la sofferenza di un bambino quando uno o entrambi i genitori usano il figlio come arma impropria nei confronti dell’altro. Eppure è ciò che accade frequentemente nelle coppie di separati, anche per il “progressivo inserimento nel corso delle procedure legali di tutta una serie di figure quali avvocati, periti, magistrati e così via, che oggettivamente possono portare i genitori a perdersi, letteralmente di vista e a comunicare esclusivamente attraverso carte bollate”[1].

 

Spesso il figlio è utilizzato come spia per conoscere cosa fa, con chi esce, quali sono le cattive abitudini e quanto guadagna l’altro, in modo tale da fornire al proprio avvocato nuove armi legali contro l’ex coniuge. Bastano poche informazioni riguardanti ad esempio l’abuso di alcolici, stupefacenti, la frequenza di cattive compagnie o la possibilità di nuovi introiti, per iniziare un procedimento di modifica della sentenza del giudice a proprio favore. Può succedere ancora di peggio: come quando i figli, specie se piccoli, sono utilizzati per accusare l’altro di violenza fisica o abuso sessuale. Così da mettere KO l’avversario in modo completo e definitivo.

In altri casi il figlio è utilizzato per ricattare l’altro: “Se non mi mandi puntualmente l’assegno di mantenimento non ti faccio vedere tuo figlio”. “Se continui a frequentare quella donnaccia chiederò al giudice di non farti vedere più Francesco”. I figli sono anche utilizzati direttamente per punire l’altro: “Lei mi ha lasciato e io le sottraggo il figlio e vado all’estero”. “Lui si è comportato male e io gli metto il figlio contro, così quando viene a prenderlo nei fine settimana, il bambino si rifiuterà di andare e questo rifiuto lo umilierà e lo rattristerà”. O ancor peggio: “Lei si è comportata male io le uccido i figli prima di uccidere anche me”.

 
I conflitti con i nuovi genitori

Molto spesso i conflitti dei figli di divorziati con i nuovi genitori si evidenziano già prima che si sia formato un nuovo vincolo. Alcuni, se possono, preferiscono defilarsi dalla nuova situazione vivendo da soli, piuttosto che con il patrigno o matrigna e con i fratellastri. Il nuovo venuto, ed i suoi parenti, sono visti come figure minacciose, pronte a sottrarre loro il vero genitore, o come ladri desiderosi di rubarne l’affetto. In ogni caso il nuovo fidanzato o la nuova fidanzata, i figli ed i parenti di questi sono vissuti come persone che porteranno sicuramente scompiglio in un equilibrio preesistente.

Altri figli di separati o divorziati pur rimanendo in apparenza nel nuovo nucleo familiare, cercano all’esterno: nel branco, negli amici, nei coetanei o in qualche altro adulto, quella serenità, continuità e stabilità che ogni minore desidera ardentemente, e ciò comporta il rischio di essere plagiati o strumentalizzati.

Ancora più difficile è accettare, senza particolari traumi, l’inserimento di nuove figure che dovrebbero sostituire o aggiungersi a quelle che i figli conoscono e che si sono profondamente radicate nel loro animo. Molte volte, se i nonni sono disponibili ad accoglierli, alcuni figli chiedono e ottengono di restare con loro al fine di garantirsi un minimo di stabilità, vivendo con persone ben conosciute e amate, piuttosto che affrontare nuovi e difficili rapporti.

Le motivazioni o spiegazioni date dai genitori nel momento in cui questi iniziano una nuova “storia” non sono spesso sufficienti a placare i sentimenti negativi dei figli, in quanto questi comprendono benissimo che il mondo attorno a loro non è come dovrebbe essere.

Da una parte il figlio vorrebbe che il papà e la mamma fossero uniti mentre non lo sono. Vorrebbe che almeno vi fosse tolleranza e rispetto reciproco ma anche questi comportamenti non sono presenti. Si aspetterebbe che dopo la sofferenza ed i traumi dovuti ai diverbi prima e durante la separazione ed il divorzio, vi fosse una pausa di stabile serenità, ma anche questo rimane un sogno impossibile. In queste situazioni i minori si sentono trascinati in una giostra di emozioni e sentimenti negativi che non riescono a gestire, senza subire ferite laceranti. Ferite che, a sua volta, lasciano cicatrici indelebili nella loro psiche.

Ancora una volta, si chiede ai bambini di capire e accettare qualcosa che difficilmente si può capire e accettare, in quanto contrasta fortemente con i loro desideri e i loro bisogni più profondi e veri. Come si fa ad accettare e se possibile amare una donna o un uomo fino a quel momento dei perfetti estranei, in sostituzione od in aggiunta al loro vero padre o alla loro vera madre? Se poi estranei non sono è ancora peggio. Come si fa ad accettare e amare quelle persone che hanno provocato, anche se involontariamente, sconquasso nella propria vita e nella propria esistenza?

Tra l’altro, prima della scelta definitiva, che spesso avviene molto tardi, questi uomini e queste donne che si sono frequentati hanno, per i figli, caratteristiche poco chiare e definite. “Questa persona che sta accanto a mio padre o a mia madre, che dovrei rispettare e con la quale dovrei esser gentile perché dice di volermi bene, chi è? È un amico/a? Un amante? Un fidanzato/a? Un nuovo genitore? Insomma, chi è? e cosa vuole da noi e da me in particolare?”

 

Può poi capitare, e capita spesso, che anche questo nuovo “amico”, “amore” o peggio, “fidanzato”, scompaia dopo poco tempo come volatilizzatosi, lasciando nei figli sconcerto e perplessità e, nel genitore che si era illuso, collera, risentimento o depressione. Sentimenti questi che inevitabilmente si riverseranno nell’animo dei minori. Per non parlare dello sconvolgimento quando i nuovi nonni, zii e cugini, dopo essere improvvisamente comparsi nella loro vita, altrettanto velocemente scompaiono nel nulla.

Quando poi la situazione si stabilizza con una convivenza o meglio ancora con un nuovo matrimonio, come accettare questo nuovo compagno? Non è facile avvertire senza acredine o profondo rifiuto, chi si inserisce dall’esterno in una relazione familiare preesistente. Istintivamente, ma anche istigati dalla madre o dal padre naturale, i figli sentono e giudicano quelle persone come degli intrusi che cercano di annettersi un ruolo che non è il loro. Pertanto i minori tendono ad esasperare sia i rimproveri, sia qualunque intervento educativo venga da esse.

I sentimenti negativi dei figliastri rischiano, inoltre, di provocare in chi li subisce delle reazioni tali da impedire al nuovo padre o alla nuova madre di assumere quell’autorità e quella responsabilità indispensabili per gestire un vero ruolo genitoriale. Ne segue l’amarezza, in questi nuovi genitori, di far di tutto per farsi voler bene ed essere, invece, ricambiati con freddezza o peggio con netta ostilità. Alcuni minori pur di vivere accanto a due figure genitoriali stabili e che abbiano delle buone relazioni affettive accettano, anzi desiderano questi nuovi legami, ma sono costretti a subire dei notevoli sensi di colpa nei confronti dell’altro genitore naturale, in quanto temono di essere giudicati corresponsabili dell’intrusione di un’altra persona estranea nella famiglia naturale.

Anche verso il genitore che ha fatto questa scelta nascono dei conflitti e dei giudizi severi: “Anche se mia madre odia papà, perché ha bisogno di un altro uomo? Il mio amore per lei non era forse sufficiente?” D’altra parte soprattutto le matrigne, se non riescono in entrambi i ruoli: di buona madre del figlio del marito e di buona moglie, è facile che provino sentimenti negativi sia verso il bambino che verso il di lui padre.

I conflitti con i fratellastri

Se con il nuovo legame, matrimonio o convivenza che sia, si aggiungono anche altri figli di precedenti unioni, le dinamiche relazionali si complicano ulteriormente.

L’incontro di minori con diverse origini familiari, esperienze educative, patrimonio genetico e cognome, spesso è notevolmente difficile da vivere e da gestire da parte di minori già portatori di disagio psicologico, in quanto provengono da una vita familiare nella quale i conflitti, le incomprensioni, le aggressioni li hanno profondamente segnati. Il ritrovarsi improvvisamente con dei fratellastri non cercati, non desiderati, non può che accentuare le normali invidie, gelosie e rivalità tanto frequenti nei fratelli.

Come un figlio vede la sua famiglia separata

La madre di Salvatore, un ragazzo di dodici anni, aveva chiesto il nostro intervento in quanto il figlio presentava disturbi psicoaffettivi di media gravità che si manifestavano con parziale e momentaneo distacco dalla realtà, tendenza alla chiusura, distraibilità eccessiva, scarsa cura di sé, labilità emotiva, notevoli difficoltà scolastiche. Quando abbiamo chiesto a Salvatore di parlarci della sua famiglia egli l’ha descritta in questi termini:

“Papà è normale, tranquillo un po’ impulsivo: quando dobbiamo vederci la partita non avvisa la mamma ma solo me. Lui non telefona per mettersi d’accordo. A volte si arrabbia perché la mamma non è puntuale. Sto spesso dai nonni della mamma, sono simpatici. La mamma è un po’ bugiarda, dice un sacco di bugie e papà si arrabbia.

Ricordo poco di quando la mamma e papà stavano insieme.

Con mia sorella Francesca litigo, mi prende in giro e gli do botte. Canta: “Salvatore è scemoooooo!!”Mamma poi rimprovera tutti e due.

Litigo con la mamma per i compiti, per la scuola, perché l’aiutiamo poco. Ma io preparo la tavola e mia sorella non fa niente.

Con i compagni va benissimo, organizziamo le partite, non mi prendono in giro.

La convivente di mio padre mi sta un po’ antipatica, litiga sempre con papà, si arrabbia con me e difende mia sorella. Io ci vado quasi sempre da lei. Francesca quasi mai. Papà si arrabbia perché Francesca non ci va quasi mai.”

 

In questo racconto sulla propria famiglia con genitori separati, vi è un’efficace sintesi di quanto abbiamo descritto:

I genitori continuano a litigare anche da separati (Papà è normale, tranquillo un po’ impulsivo. A volte si arrabbia perché la mamma non è puntuale. La mamma è un po’ bugiarda, dice un sacco di bugie e papà si arrabbia).

I bambini danno dei giudizi negativi su entrambi i genitori. In questo caso soprattutto sulla madre (Lui non telefona per mettersi d’accordo) ( La mamma è un po’ bugiarda, dice un sacco di bugie e papà si arrabbia).

I figli trovano un’oasi di serenità solo dai nonni e nei giochi con i compagni. (Sto spesso dai nonni della mamma, sono simpatici). (Con i compagni va benissimo, organizziamo le partite, non mi prendono in giro).

La sofferenza provata si trasforma in aggressività tra fratelli (Con mia sorella litigo, mi prende in giro e gli do botte. Canta “Salvatore è scemooooo!!)

Il bambino evidenzia poi i difficili rapporti con il genitore affidatario (Litigo con la mamma per i compiti, per la scuola, perché l’aiutiamo poco).

Non trascura di annotare il difficile rapporto del padre con la nuova convivente (litiga sempre con papà).

Infine, è evidente lo scarso amore e attaccamento verso la convivente da parte di entrambi i figli (La convivente di mio padre mi sta un po’ antipatica. Si arrabbia con me e difende mia sorella. Io ci vado quasi sempre da lei. Francesca quasi mai. Papà si arrabbia perché Francesca non ci va quasi mai).

La difficile relazione educativa

 

 

Una delle principali conseguenze è la nascita o l’aggravarsi dei problemi di tipo educativo. Affinché un rapporto pedagogico sia efficace, sono necessarie alcune qualità essenziali: la stabilità, la serenità, l’autorevolezza, un dialogo efficace, chiari ruoli, ed infine un lavoro di squadra tra tutti gli adulti e i minori interessati. Al buon esito del processo educativo partecipano non solo gli adulti ma anche l’educando, il quale deve collaborare con altrettanta disponibilità ed impegno.

Nel caso di genitori separati o peggio divorziati, spesso non vi è alcuna di queste condizioni.

Non vi è stabilità, perché le relazioni precedenti sono sconvolte dalle decisioni dei giudici e dagli accordi dei genitori, ma anche perché ognuno dei genitori è spesso impegnato a ricercare e a vivere altre amicizie, altri amori, altre passioni.

Non vi è serenità in quanto i genitori e, spesso, anche gli altri parenti e amici, sono coinvolti su come, quando e con quali armi potranno far del male alla controparte o su come, con quali mezzi e strumenti possono privare l’altro di qualcosa a cui tiene, piuttosto che su come ben educare il minore. Spesso, inoltre, le maggiori difficoltà economiche dovute all’incremento delle spese necessarie a mantenere due famiglie, nonché gli esborsi per spese legali, impegnano i genitori nella ricerca di nuove e più sostanziose entrate che permettano di vivere decentemente o almeno di sopravvivere.

Non vi è autorevolezza, in quanto con i loro comportamenti, spesso incongrui e contraddittori, l’immagine genitoriale scade agli occhi dei figli.

Non vi è collaborazione da parte dell’educando, poiché questi, investito da profonde e conflittuali dinamiche relazionali, difficilmente ha la serenità necessaria per aderire ad un processo educativo proposto da un genitore che giudica egoista, evanescente, contraddittorio, ma anche colpevole del proprio personale disagio.

Non vi è lavoro di squadra, poiché se i figli hanno deicomportamenti ansiosi, instabili, aggressivi, non trovano nei genitori inquieti una sponda capace di comprenderli, correggerli e indirizzarli adeguatamente. Spesso i due coniugi sono in concorrenza per avere rispettivamente tutto per sé l’affetto e l’attenzione dei figli. Se vi è qualche problema psicologico questo o viene negato, per evitare di essere emotivamente coinvolti o viene aggravato, in modo tale da dare all’ex coniuge la responsabilità di quanto accade: “Necessariamente Luigi si comporta così, in quanto ha un padre che l’accontenta in tutto ciò che chiede quando sta con lui. Quando poi io, madre, devo negargli qualcosa, egli mi giudica cattiva e si ribella”. “Francesco è capriccioso poiché sua madre lo sta allevando nella bambagia, come d’altronde è stata educata anche lei dai suoi genitori”. E ancora: “Mio figlio ha questi gravi problemi psicologici perché mio marito non si trattiene e lo fa assistere alle effusioni che ha con la nuova amica”. “Questo ragazzo ha il carattere capriccioso, caparbio, egoista di suo padre”. Poiché queste difficoltà educative si accentuano nel periodo adolescenziale, è in questo periodo che esplodono in modo più virulento i contrasti tra il genitore affidatario e i figli, specie se questo genitore è la madre, in quanto per la donna è più difficile e complessa la gestione educativa del figlio adolescente.

Inoltre manca spesso, in queste situazioni, un dialogo efficace. Questo dovrebbe essere sereno e costruttivo. Ciò è difficile che avvenga in quanto, se il bambino nei fine settimana lascia la madre affidataria per andare a casa del padre, questi, piuttosto che impegnarsi in un sano e rispettoso dialogo, costretto spesso dalla guerra interminabile con l’ex coniuge, cercherà di sapere dal bambino elementi che possono mettere in cattiva luce la madre: “Cosa fa? Con chi esce? Ti accompagna a scuola?

Lo stesso fa la madre quando il bambino, trascorsi il sabato e la domenica con il padre, ritorna da lei. “Dove siete stati? Con chi siete stati? Cosa faceva tuo padre con quella donna che sta con lui?” Prevalgono nel dialogo i motivi di sospetto, diffidenza e ricerca di comportamenti o atteggiamenti colpevoli dell’altro. Pertanto, il rapporto genitori–figli si deteriora rapidamente, e molto spesso anche definitivamente.

Nell’educazione dei bambini di genitori separati o divorziati incidono pesantemente la mancanza di linearità e di un chiaro ruolo educativo. Il genitore affidatario, o comunque il genitore con il quale il bambino resta durante tutta la settimana, che è in genere la madre, ha difficoltà ad assumere contemporaneamente il doppio ruolo di padre e di madre, maschile e femminile. A sua volta il padre, che vede il bambino solo durante i fine settimana, non riesce ad avere con lui un ruolo autorevole di tipo paterno, per evitare che il bambino si irriti e rifiuti quel minimo di rapporto che si è instaurato tra di loro. Per tale motivo mette da parte il suo fondamentale compito per assumere una più comoda mansione di “padre – amico e complice con il quale andare allo stadio o vedere le partite alla tv”.

Inoltre, per accaparrarsi l’amore del figlio conteso, è frequente la tendenza, in entrambi gli ex coniugi, ad essere più permissivi di quanto si sarebbe voluto e si dovrebbe. Come conseguenza di ciò si ha, nei figli dei divorziati, una frequente presenza di comportamenti capricciosi ed infantili.

Conseguenze psicologiche sui minori

Le conseguenze sui minori causate da un ambiente disgregato sono tanto più gravi quanto più il bambino è piccolo al momento della separazione, quanto maggiore è il grado di conflittualità e quanto più le visite dell’altro genitore sono irregolari ed imprevedibili.[1] Tra le tante conseguenze si registrano nei minori:

  1. Disturbi psicoaffettivi.
  2. La perdita della stabilità, della sicurezza e della chiarezza.
  3. La scarsa fiducia e le maggiori difficoltà nei futuri legami affettivi ed amorosi.
  4. Problemi di identità e identificazione
  5. L’assunzione di precoci ed eccessive responsabilità.
  6. La perdita di stima nei confronti dei suoi genitori.
  7. Il rischio di promiscuità, violenze sessuali ed incesto.
  Disturbi psicoaffettivi

I minori di famiglie separate o divorziate sono spesso colpiti da ansie, paure, sensi di colpa, depressione ed altri disturbi psicoaffettivi, dovuti alla perdita di uno dei genitori o di entrambi se questi sono immersi nel conflitto, nell’offesa o nella difesa, piuttosto che nella relazione con il bambino. La sofferenza provata può spingere i minori a dei comportamenti incongrui come quelli attuati mediante l’uso di sostanze stupefacenti o atteggiamenti asociali o antisociali. Inoltre, poiché è la famiglia il luogo privilegiato della formazione emotiva, quando la famiglia si rompe, si interrompe o si altera questo tipo di formazione.

Il confronto tra i bambini che crescono con una madre vedova, rispetto a quelli che crescono con una madre divorziata è nettamente sfavorevole per questi ultimi, nei quali vi è un maggior grado di alterazione, a livello cognitivo, emotivo e sociale.

I sensi di colpa di cui possono soffrire i figli dei separati e dei divorziati possono nascere dalla consapevolezza di non essere stati in grado di tenere uniti papà e mamma, o peggio di essere stati causa dei loro diverbi con i loro comportamenti non corretti. Altri sensi di colpa possono nascere dai giudizi negativi che essi hanno formulato in cuor loro verso uno o verso entrambi i genitori: “La mamma è una poco di buono, come dice papà. Lui, a sua volta, è uno sfaticato ed un incapace come dice la mamma”. Il bambino, inoltre, può vivere dei sensi di colpa difficilmente superabili per il riacutizzarsi di problematiche edipiche in quanto “Vedere i genitori opporsi, litigare, separarsi, può costituire la realizzazione di un desiderio fantasmatico incestuoso: togliere di mezzo uno dei genitori per poter possedere l’altro”.[2]

   Perdita della stabilità, della sicurezza e della chiarezza

Se vi sono degli elementi di cui i bambini non possono fare a meno, questi sono la stabilità, la chiarezza e la sicurezza. Quando questi tre capisaldi mancano nell’ambiente nel quale i minori vivono, il loro sviluppo, se non regredisce, certamente si arresta o si altera. Purtroppo queste tre componenti spesso mancano nelle famiglie di separati e divorziati.

Manca la stabilità in quanto da un momento all’altro possono modificarsi le condizioni dei minori. Si può stare con la mamma tutti i giorni tranne il sabato e la domenica, ma se il giudice modifica la sentenza di separazione o di divorzio, la situazione può, da un momento all’altro, ribaltarsi. Sono necessari, allora, dei continui stressanti tentativi di adattamento: ad una nuova casa, a nuovi fratellastri, a nuovi amici e familiari, ad una nuova scuola, ad un genitore diverso, ma anche ad affrontare un diverso fidanzato/a o convivente di mamma e papà. Se poi questa nuova unione fallisce, e non è raro che ciò succeda, vi è il rischio di dover modificare ancora una volta i propri rapporti affettivi ed i propri punti di riferimento.

Manca la chiarezza e la sicurezza in quanto, a volte per anni, i genitori naturali, nella ricerca di una persona che vada bene per sé e per i propri figli, instaurano delle “storie” più o meno lunghe, più o meno profonde, con persone diverse presentate al figlio: a volte come amici, altre volte come fidanzati, altre volte ancora come conviventi o come qualcuno “che per te sarà come un nuovo papà o una nuova mamma”. Amici, fidanzati, conviventi o nuovi papà e mamma, che però, da un momento all’altro, possono ridiventare degli odiati estranei da non salutare nemmeno, in base a come evolve il rapporto amoroso.

Lo stesso dicasi con i figli di questi, con i quali il minore viene invitato a socializzare. Questi possono essere presentati come “i figli di Mario con cui giocare” o come “nuovi amichetti o nuovi fratelli e sorelle”, che però, da un momento all’altro, possono ridiventare degli estranei in base a come va avanti la relazione con la loro madre o con il loro padre. Altrettanto dicasi degli altri familiari: nonni zii, cugini ecc. Pertanto, nelle famiglie ricostruite i punti di riferimento affettivo per i figli spesso diventano vaghi, insicuri, imprecisi e altalenanti.

    La scarsa fiducia e le maggiori difficoltà nei futuri legami affettivi e amorosi

Se da una parte la conflittualità all’interno delle coppie si traduce, inevitabilmente, in un maggior numero di separazioni e di divorzi, dall’altra le separazioni e i divorzi producono nella prole atteggiamenti di sospetto e di rifiuto verso tutti i tipi di unione stabile. Non solo, ma anche quando questo sospetto e questo rifiuto siano stati superati, nel momento in cui i figli dei divorziati decidono di unirsi stabilmente mediante il matrimonio o una convivenza, è facile che si crei una maggiore conflittualità coniugale. Il motivo è facilmente comprensibile: l’aumento della sofferenza nei figli provoca adulti più fragili, immaturi, o con chiari disturbi psichici. Questi, a sua volta, avranno più difficoltà a relazionarsi in maniera efficace e stabile, nel momento in cui decideranno di formare una famiglia.

 Problemi di identità e di identificazione

L’identitàcaratterizza in modo inconfondibile ciascuno di noi come individuo singolo. L’identità oggettiva è data da quanto gli altri vedono in noi: non solo il nostro viso, il nostro carattere, il nostro modo di vestire ma anche la nostra collocazione familiare e sociale. L’identità soggettiva è l’insieme delle nostre caratteristiche così come noi le vediamo e le descriviamo. Per una corretta e costante identità soggettiva e oggettiva, è necessario che i punti di riferimento siano costanti e solidi; ogni alterazione o cambiamento, sia del mondo interiore come del mondo esterno la può, pertanto, mettere in discussione o alterare.

Per quanto riguarda l’identificazione, la scarsa presenza, la scomparsa o la modifica, in senso negativo, dell’immagine di uno o di entrambi i genitori, può alterare o impedire l’identificazione con il genitore dello stesso sesso. Per il maschietto: “Perché dovrei desiderare di essere come papà se la mamma lo descrive come una persona spregevole e inaffidabile, così come sono tutti gli uomini?” Per le femminucce: “Perché dovrei desiderare di essere donna come mia madre e quindi assumere le sue caratteristiche, se ha fatto soffrire il papà che amavo tanto e lo ha allontanato da me e dalla famiglia?”.

   L’assunzione di precoci ed eccessive responsabilità

I figli dei separati e dei divorziati sono spesso costretti a farsi carico di responsabilità precoci, in quanto, il genitore rimasto solo, frequentemente non ha né il tempo, né le energie necessarie per occuparsi della cura della famiglia e dei figli. Inoltre, questo genitore solo si ritrova spesso in una precaria situazione economica ed in continuo conflitto con l’ex coniuge e con la sua famiglia. Questo genitore, rimasto privo dell’apporto affettivo e materiale della rete amicale e parentale, è costretto a barcamenarsi tra lavoro, avvocati, giudici e assistenti sociali. Quando poi è anche invischiato in nuove impegnative relazioni amorose, non riesce a gestire in maniera piena, efficace e serena il rapporto con i figli, per cui avverte il bisogno d’appoggiarsi all’affetto e al consiglio di questi, per far fronte ad un futuro incerto ed oscuro. Questo bisogno di far partecipi i figli delle responsabilità della famiglia, lo spinge a trattarli come avessero una maturità e delle capacità superiori alla loro età, ma anche come fossero dei sostituti dell’ex coniuge. Ciò spinge i minori ad assumere dei ruoli non propri e non adeguati alla loro età e maturità[3].

Questo comportamento non stimola affatto la crescita e lo sviluppo dei figli, come spesso viene affermato, in quanto, come dice Lidz:[4]

“I genitori possono, anzi devono, dipendere l’uno dall’altro, ma non dal bambino – ancora immaturo – che ha bisogno della sicurezza derivante dal suo stato di dipendenza per dedicare ogni energia al proprio sviluppo. Tale sviluppo può arrestarsi se il fanciullo deve sostenere emotivamente i genitori, quando invece è proprio da loro che deve ricevere sicurezza”.

 La perdita di stima nei confronti dei loro genitori

Abbiamo detto che spesso i figli sono usati dai genitori come strumento di offesa, spionaggio, scambio e ricatto. Questi comportamenti fanno scemare o perdere totalmente nei piccoli la stima verso i genitori, che non sono più percepiti come adulti responsabili, forti, equilibrati, fonte di sicurezza, serenità e amore ma, al contrario, come individui irresponsabili, deboli, scarsamente stabili, dai quali è possibile attendersi solo ansie, problemi e frustrazioni. L’immagine che il bambino ha dei genitori è quella che questi ultimi trasmettono loro direttamente o indirettamente. Quando una madre parla male del marito, inevitabilmente trasmette ai figli un’immagine negativa del padre. Se poi le sue osservazioni riguardano gli uomini in generale, riesce a comunicare anche un’immagine negativa del sesso maschile. A sua volta però, il bambino avrà difficoltà a stimare se stesso in quanto, come dice Wolff [5]: “…noi stessi siamo i nostri genitori, la stima e la fiducia in noi stessi dipendono dalla nostra capacità di pensar bene dei nostri genitori nell’infanzia”.

 

 Il rischio di promiscuità, violenze sessuali ed incesto

Uno dei rischi più gravi, ma per fortuna non frequente, è il rischio di comportamenti promiscui, nonché di violenze sessuali o incesti all’interno delle famiglie ricostruite. Questi rischi sono dovuti alla compresenza di persone non legate da vincoli di sangue, che possono, tra l’altro facilmente già presentare, sintomi di disagio o chiari disturbi psicologici.



[1] De Ajuriaguerra J.,  Marcelli D., (1986), Psicopatologia del bambino, Milano, Masson Italia  Editori, p. 374.

[2] De Ajuriaguerra J.,  Marcelli D., (1986), Psicopatologia del bambino, Milano, Masson Italia  Editori, p. 373.

[3] Lombardo, P.,     (1994), Crescere per educare, Verona, Edizioni dell’aurora, pp. 94-95.

[4] Lidz T., (1977), Famiglia e problemi di adattamento, Torino, Editore Boringhieri, p. 71.

[5] Wolff S., (1969), Paure e conflitti nell’infanzia, Roma, Armando – Armando Editore, p. 137.


[1] Scaparro F., Bernardini I., (1987), “Come ridurre i traumi della separazione”, Famiglia Oggi, settembre – ottobre, anno X, n.29, p. 66.

 

 
 
 
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