Sul senso del riflettere

Sul senso del riflettere

 

 

“Riflettere” è un termine oggi molto in uso e come tanti termini col tempo tende a perdere la sua specificità per la generalizzazione dell’uso.

Nello specchio possiamo vedere noi stessi e conoscere la nostra immagine riflessa, pregi e difetti compresi. Ovviamente più lo specchio è ben fatto più l’immagine riflessa è fedele all’originale, ma poco o tanto tutti gli specchi deformano un po’ l’immagine, soprattutto gli specchi psichici.

 

 

Nella lunga strada evolutiva della vita la capacità di riconoscere la propria immagine riflessa non è scontata. In animali meno evoluti e con una corteccia celebrale poco sviluppata non è presente in modo stabile. A questo proposito racconto una scena a cui ho assistito. Tempo fa mi è capitato di osservare una cornacchia la quale vedendo la propria immagine su una vetrata, non riconoscendosi e notando nell’immagine riflessa atteggiamenti aggressivi si scatenò in un violento attacco a beccate contro il vetro: una escalation aggressiva culminata nell’auto-ferimento e conseguente sanguinamento ed interrotta soltanto dalla spossatezza dell’animale ferito. Per parecchio tempo trovai il vetro insanguinato, la cornacchia tornava spesso li a cercare il presunto rivale finché trovai il modo di dissuaderla applicando strisce di stagnola alla vetrata.

L’essere umano, in genere, sviluppa questa capacità abbastanza presto; un bambino non ci mette molto a riconoscere la propria immagine nello specchio.

L’uomo, tuttavia, ha la possibilità di sviluppare un’analoga capacità anche sul piano psicologico, mantenendo l’analogia con il fenomeno a livello percettivo (vedi la cornacchia). Tale capacità tuttavia può non essere sviluppata in modo stabile e venir meno in presenza di forti cariche pulsionali, di eccitazione, paura o rabbia.

Quando la pulsione supera una certa soglia, variabile in base a diversi fattori, la persona può comportarsi proprio come la cornacchia sopra descritta e partire all’attacco verso l’immagine di sé proiettata sull’altro, in un’escalation che solo il sangue o la spossatezza possono fermare. Parimenti si può dire nell’escalation della pulsione libidica.

Quante volte nel nostro lavoro ci troviamo ad osservare tale fenomeno e, sempre meravigliati, vedere persone che danneggiano sé stesse e chi gli sta vicino mentre sono prese dalla escalation descritta.

Non è facile fermare queste dinamiche. Anche se interrotte da qualcuno o da un momento di lucidità, gli individui tornano al pari della cornacchia a cercare il presunto rivale da sconfiggere.

 

Giuseppe Cesa

psicologo – psicoterapeuta

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