Lettera aperta a una donna che non ha riconosciuto il proprio nato e vuole continuare a restare anonima

Lettera aperta

a una donna che non ha riconosciuto il proprio nato e vuole continuare a restare anonima

 

Autrici: Donata Nova e Frida Tonizzo

 

Vorremmo esprimere la nostra solidarietà alla donna che, restata incinta 29 anni fa, a 18 anni a seguito di una violenza, ha scelto di portare a termine la gravidanza e di non riconoscere la bimba che ha messo al mondo: contattata dal Tribunale per i minorenni dopo tanti anni su richiesta della sua nata, ha manifestato la sua volontà di non volerla incontrare avvalendosi di un diritto all’anonimato che lo Stato le aveva garantito per cento anni.

 

 

La settimana scorsa, nella trasmissione “Chi la visto”, questa ragazza ha rinnovato pubblicamente la sua richiesta, cui questa donna ha risposto chiedendo ancora una volta in una lettera anonima, rispetto per il suo dolore e la sua solitudine.

Chiediamo ai figli adottivi di comprendere ed accogliere una decisione che ha consentito loro di nascere e di crescere nella loro famiglia adottiva: il desiderio anche profondo, di conoscere chi li ha messi al mondo deve sapersi fermare di fronte a questa decisione e non deve andare a sconvolgere l’esistenza di queste donne e dei loro cari con cui hanno costruito, forse anche faticosamente, una vita serena insieme…

I desideri, anche profondi, di ciascuno non dovrebbero mai compromettere i diritti fondamentali degli altri. Pertanto la richiesta di conoscere l’identità della partoriente da parte della persona non riconosciuta alla nascita dovrebbe essere accolta solo se le procedure previste non rischiano di danneggiare le migliaia di donne (oltre 90.000 dal 1950 ad adesso) che finora non hanno riconosciuto o che non riconosceranno i loro nati e quindi solo se le donne interessate hanno PREVENTIVAMENTE manifestato la loro decisione di acconsentire ad essere rintracciate.

Se così non fosse, non dovremo poi stupirci se le gestanti, che in futuro non intenderanno riconoscere il proprio nato, non potendo più contare sulla garanzia dell’anonimato, non si rivolgeranno più all’ospedale per partorire: potranno essere costrette a partorire in condizioni precarie e rischiose per la salute loro e dei loro nati e anche cadere nella rete di trafficanti di bambini; potranno aumentare, oltre agli aborti, gli infanticidi e gli abbandoni dei neonati in luoghi e con modalità che potranno mettere in pericolo la loro vita…

Solo la settimana scorsa è stato ritrovato in una discarica il cadavere di un neonato… Chiediamo alle trasmissioni televisive e ai mass-media di voler far calare il silenzio intorno a questa situazione nel rispetto della volontà di questa donna e della sua privacy: a loro chiediamo invece di dare voce alla richiesta, più volte evidenziata anche dall’Anfaa, di garantire alle gestanti in difficoltà – anche col supporto di personale adeguatamente preparato – gli aiuti di cui necessitano prima, durante e dopo il parto, accompagnandole a decidere responsabilmente se riconoscere o meno il proprio nato e sostenendole fino a quando sono in grado di provvedere autonomamente a se stesse e, se hanno riconosciuto il neonato, al proprio figlio.  

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