La felicità di essere guardati

La felicità     di essere guardati


Un bene più grande e un disegno d’amore

 

Giusi Musumeci è protagonista e autrice del libro “Amata da sempre” che racconta la sua storia di figlia adottiva e di parte del percorso che, insieme al marito, l’ha portata all’adozione di due ragazzi colombiani come lei. Grazie alla sua preziosa testimonianza, abbiamo raccolto alcune suggestioni emerse dal dialogo con lei anche in occasione dell’evento “Essere madre e figlia adottiva” svolto, il 3 febbraio scorso, presso il nostro ente con la presenza di coppie in attesa di adozione e di famiglie adottive.

 

 

Il passato

Da bambina Giusi non conosceva le sue origini né sapeva di essere stata adottata. Pur non avendone certezza però, in lei hanno iniziato a insinuarsi tante domande che non trovavano risposte, ma che aprivano a ferite troppo grandi per essere accolte a quell’età.

Qualcosa non mi tornava, cercavo le somiglianze fisiche, cercavo senza trovarle foto di mia mamma incinta, mi interrogavo sul mio aspetto e mi sentivo diversa. Della mia infanzia sapevo solo che all’epoca della mia nascita i miei genitori vivevano in Venezuela e che lì avevo vissuto anch’io i primi anni della mia vita. In quel periodo però la cosa più importante per me era sentirmi loro figlia, ‘volevo’ essere loro figlia perché l’idea di non esserlo significava che qualcuno prima non mi aveva voluta. La paura dell’abbandono mi faceva male, mi spaventava molto. Il fatto che i miei genitori non mi avessero detto nulla mi faceva pensare che in fondo non era vero… non volevo pensarci”.

 

La scoperta della verità

L’accettazione della verità sulla propria origine, sulla propria nascita e su quanto era avvenuto in passato ha avuto bisogno di molti anni e di un cammino lento. Per tanto tempo Giusi ha deciso di non affrontare questo argomento con i suoi genitori.

Avevo trovato una busta che i miei genitori custodivano. Mi aveva sempre incuriosito il contenuto di quei documenti e la risposta evasiva di mio padre invece di placare la mie domande, le aveva amplificate dentro di me. Sono tornata a cercare quei documenti e ho scoperto così, dalle cartelle cliniche di mia madre, che lei era stata sottoposta, l’anno prima della mia nascita, a un intervento chirurgico che escludeva senza dubbio la possibilità che io fossi sua figlia. Quella scoperta ha aperto ancora di più la ferita e fatto aumentare la paura. Ancora una volta però ho deciso di tenere per me questa scoperta e quello che poteva significare. Ho deciso di fidarmi dei miei genitori, pensando che avessero voluto proteggermi da qualcosa di brutto, di aspettare i loro tempi. Da una parte sentivo e sapevo che i miei genitori c’erano e c’erano sempre stati, erano loro mio padre e mia madre. Allo stesso tempo capivo che c’era stata una donna che, per qualche motivo, non mi aveva tenuta, mi aveva lasciata. All’epoca avevo circa quindici anni”.

 

La mamma naturale

Insieme alla certezza rispetto alla sua adozione, Giusi trova anche una lettera, scritta in spagnolo, della sua mamma naturale. È da quel momento che Giusi inizia a pensare in modo più concreto a sua madre, a quella donna che è diventata reale.

Non ricordo di aver mai provato rabbia o risentimento verso mia mamma naturale, neanche appena ho saputo della sua esistenza. Avevo tante domande, tante curiosità. All’inizio avevo solo una sua lettera che spiegava le ragioni che l’avevano indotta ad affidarmi a un istituto. Leggendola ho capito il grande dolore che portava con sé quella scelta, fatta con la speranza che io potessi avere una famiglia, crescere e avere tutto quello che lei non si sentiva capace di darmi. Soprattutto quello che ho sentito dentro quelle parole è stata la conferma di un ‘bene’ che c’era da parte sua nei miei confronti e ho iniziato a pensare a lei con tenerezza. Tuttavia non ero ancora pronta a parlare con i miei genitori. Continuavo a pensare che volessero proteggermi da qualcosa che poteva ferirmi. Ho cercato di cancellare tutto quanto, volevo proseguire con la mia vita, i miei studi. Pensavo che avrei affrontata la mia storia più avanti, una volta cresciuta, una volta diventata mamma”.

 

La consegna del dolore

Gli anni della giovinezza sono anni pieni di soddisfazioni. Giusi completa i suoi studi universitari, si sposa e insieme al marito è desiderosa di avere una famiglia numerosa. Dopo qualche anno di matrimonio però, i figli tanto desiderati non arrivano. La mancata maternità riapre in lei una ferita mai sanata e il pensiero della mamma naturale e dell’abbandono scavano un solco che non può più essere contenuto.

Avevo tenuto tutto per me per così tanto tempo. Sentivo un dolore grandissimo, non riuscivo a parlare, ad aprirmi. Poi l’ho fatto, in modo ‘esplosivo’ con mio marito, che è stata la prima persona a cui ho consegnato tutto il mio dolore. La sua risposta, soprattutto il suo sguardo e il suo abbraccio, mi hanno emozionato e commosso tantissimo. Mentre ascoltavo le sue parole ho capito che per tutto quel tempo avevo avuto paura del giudizio degli altri.Nonero certa del valore di me, con questo vuoto rispetto alla mia origine, e quindi temevo che anche gli altri mi potessero guardare, saputa questa cosa, in un modo diverso. Come se quel prima fosse determinante. Sentire che l’amore di mio marito era più forte di prima è stato fondamentale per me. A quel punto era venuto il momento di affrontare il mio passato e di farci i conti. Il fatto che i figli naturali non fossero arrivati è stata la strada che mi ha permesso di andare a fondo di me e della mia storia. Da allora ho deciso che avrei parlato ai miei genitori e così è stato. È stato anche questo un percorso e un cammino. È stato emozionante parlare con i miei genitori, soprattutto con mio padre che era così desideroso di dirmi tutto. Quanto mi ha voluto dire su mia madre naturale, me l’ha restituita come una mamma che mi aveva voluto bene e anche questo è stato un altro passaggio importante per me”.

 

La ricerca delle origini

Con il tempo e insieme al marito, Giusi inizia a pensare di cercare le proprie origini e quella mamma che le aveva dato la vita. A distanza di trent’anni e dopo diversi tentativi Giusi trova la sua famiglia.

Avevo ancora una volta, moltissime domande. Mi chiedevo come fossero stati tutti questi anni per lei, come li aveva vissuti. Ero curiosa di vedere se ci assomigliavamo. In realtà quello che speravo più di tutto era di portela trovare per poterla ringraziare; volevo che sapesse che la sua decisione tanto sofferta aveva portato i frutti che sperava e avevo avuto due genitori che mi avevano molto amata. Quello che ho trovato in Colombia è stata una famiglia interna. Non la mamma, ma un fratello e tanti zii e zie e cugini. Per tutti, noi e loro, questo ritrovarsi è stato un miracolo. Nessuno di loro sapeva della mia esistenza. Nel tempo si è creato un rapporto molto forte e bellissimo”.

 

La scelta dell’adozione

Arrivare all’adozione è stata per Giusi e il marito il frutto di un percorso e di una scelta condivisa e accompagnata. Il rapporto e l’amicizia con altre famiglie adottive è stata fondamentale per arrivare a maturare questa decisione. L’arrivo di due figli ha riempito di gioia la loro vita e aperto a un nuovo capitolo della loro storia familiare.
“I nostri figli sono colombiani come me. Questo ci ha permesso di trovare da subito una maggiore empatia rispetto al legame con la loro terra, che è anche la mia. La mia esperienza personale di figlia adottiva credo mi abbia aiutata soprattutto a rispettare i loro tempi, senza forzature. Per me è molto importante lasciare che siano loro a parlare di certi argomenti o a chiedere; a noi genitori il compito di esserci e di essere disponibili all’ascolto. Sono molto diversi tra loro. Ognuno ha reazioni e comportamenti differenti. Cerco di rispettarli molto. Siamo tornati in Colombia con i ragazzi che hanno conosciuto così anche il resto della mia famiglia lì. Questo viaggio è stato molto intenso e significativo. Sapere che nella loro terra c’è qualcuno che li ama e li aspetta è stato molto importante per loro”.

 

Il prima e il dopo

Alle tante domande dei genitori adottivi e delle coppie che attendono di adottare Giusi risponde con molta pacatezza e serenità, conservando una grande capacità di vedere il bene dentro le cose.

Ho sempre guardato al bene che ho ricevuto nella mia vita, ai tanti segni buoni e di speranza che sono stati posti sul mio cammino, un disegno più grande e una sovrabbondanza di amore. Ho conosciuto diversi figli adottivi adulti e alcuni di loro vivono sereni e riappacificati con il proprio passato, altri fanno ancora molta fatica. Da figlia, ai figli, posso dire di vivere con libertà i loro dubbi e le loro domande e di fidarsi dell’aiuto che i genitori adottivi possono dare loro. A noi genitori posso dire di non avere paura delle fragilità nostre e dei nostri figli e di non avere paura neanche nel momento in cui i figli volessero cercare le proprie origini, i propri genitori naturali. Non si tratta di un tradimento, di mancanza d’amore verso i genitori adottivi. Io non cercavo la mia “mamma vera”, ma cercavo risposte alle mie domande interiori, avevo bisogno di conoscere e assumere dentro di me il prima, il passato, per poterlo intergare nel presente e sentirmi completa”.

 

Servizio Adozioni

 

 

 

 

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