La vita spirituale dei bambini, oggi

La vita spirituale dei bambini, oggi

 

Autore: Aldo Basso – Sacerdote e psicologo

 

La vita spirituale di un bambino si forma e si alimenta in base a come sono soddisfatte o non soddisfatte alcune sue esigenze fondamentali, quali le esigenze interiori di sicurezza, di identità, di affermazione ed espansione dell’Io, di significato, di appartenenza e di autonomia.

Trattandosi di bisogni fondamentali, è necessario che essi siano adeguatamente soddisfatti, se per creare le condizioni migliori per la crescita armonica di un bambino. Contribuiranno a ciò le condizioni generali di vita, il clima culturale e la qualità della vita che prevale in una determinata società, soprattutto la qualità dell’ambiente familiare e scolastico all’interno dei quali il bambino trascorre i suoi primi anni di vita.

In senso generale, se si vuole creare le condizioni perché il bambino sviluppi una vita spirituale (o: vita interiore) serena e tale da favorire il suo benessere personale, è necessario che egli sperimenti condizioni di vita positive, quali ad esempio: la costante attenzione e la disponibilità da parte dell’adulto; la stabilità e la positività delle relazioni; la flessibilità e l’adattabilità a nuove situazioni; l’accesso a più ricche interazioni sociali; l’acquisizione di conoscenze e di competenze; la possibilità di esplorazione, di scoperta, di partecipazione e di comunicazione; la conquista dell’autonomia; il conferimento di senso alle esperienze – e tutto questo in un intenso clima di affettività positiva e gioiosità ludica.

È facile rendersi conto, a questo punto, quanto l’attenzione e la cura della dimensione spirituale della vita di un bambino debba essere presa in seria considerazione dagli educatori, se si vuole gettare le basi per una sua vita serena e felice. Tutto ciò può avvenire, di per sé, anche a prescindere dal fatto che un bambino sia aiutato a coltivare la sua relazione con il Trascendente e quindi si presti attenzione alla dimensione religiosa della sua educazione. Si può ammettere senz’altro che tra la dimensione spirituale e quella religiosa c’è un legame molto stretto, per cui un aspetto influisce sull’altro. Nello stesso tempo si deve ribadire che ci troviamo di fronte a due aspetti distinti, che comportano entrambi nella loro specificità un contributo molto importante per assicurare il benessere del bambino. Se non fosse così, si dovrebbe concludere che una persona atea, o che comunque non considera all’interno del suo orizzonte di vita e di pensiero l’esistenza di un essere trascendente, non può trovarsi nelle condizioni di vivere una vita fondamentalmente serena e soddisfatta.

Qualità della vita moderna e vita spirituale dei bambini

Non è difficile immaginare quanto lo stile di vita che caratterizza la nostra società possa condizionare la vita spirituale dell’uomo moderno e – di conseguenza – quella del bambino, in tante sue manifestazioni: comportamenti quotidiani, interessi, valori, uso del tempo libero, rapporti interpersonali, orientamento generale dell’esistenza.

È opportuno, quindi, richiamare l’attenzione su alcuni aspetti e tratti caratteristici della vita di oggi, che è ragionevole supporre possano condizionare in modo significativo la vita spirituale dei bambini. Non è certamente facile, e forse quasi impossibile, pervenire a conclusioni generali che valgano per tutti i bambini o per la maggior parte di essi.

 1. Una società dalla vita frenetica.

Oggi la fretta ci divora e ci spinge a voler vedere risolto qualunque problema e nel più breve tempo possibile. Sorge, dunque, la domanda: in un’epoca piuttosto nevrotizzata e sempre di fretta come la nostra, nella quale c’è il rischio di correre da mattina a sera, il rapporto degli adulti (anzitutto i genitori) con i bambini non rischia spesso di essere fortemente penalizzato? Come è possibile meta-comunicare attenzione e interesse per i sentimenti del bambino, le sue domande, le sue scoperte, le sue emozioni, i suoi smarrimenti – condizioni decisive ai fini di costruire una base di sicurezza e di autostima nel bambino – se l’adulto è divorato dalla fretta e dall’impazienza, se è troppo preso dall’ansia per i risultati dell’apprendimento del bambino, se è poco disponibile e capace di ascoltarlo? Tra le tante voci che si sono levate per denunciare questa condizione della vita di oggi, è sufficiente questa annotazione di Madre Teresa di Calcutta per farci riflettere: “Oggi non abbiamo più neppure il tempo per guardarci, per parlarci, per darci reciprocamente gioia, e ancor meno per essere ciò che i nostri figli si aspettano da noi, ciò che un marito si aspetta dalla moglie e viceversa. E così siamo sempre meno in contatto uno con gli altri. Il mondo va in rovina per mancanza di dolcezza e di gentilezza. La gente è affamata di amore, perché siamo tutti troppo indaffarati”.

 2. La società dei consumi. 

Oltre ai bisogni fondamentali di ogni essere umano, oggi nascono e sono incoraggiati nuovi bisogni, frutto della pubblicità, della moda o semplicemente del capriccio. Tutto questo può indurre gli adulti a mettere a disposizione dei bambini, in grande quantità, cibo, giocattoli, dolci, vestiti, animali domestici e regali vari.

Viene da chiedersi: se diamo a credere che si è felici nella misura in cui si possiedono cose materiali e si consuma, come è possibile aiutare i bambini a ‘provare gioia là dove è conveniente trovarla’ – vale a dire in tutto ciò che è vero, bello e buono, dato che lo spirito umano è fatto fondamentalmente per la verità, la bellezza e l’amore? Gli adulti devono chiedersi se sono oggi abbastanza vigili affinché i bambini non si limitino a sperimentare quasi esclusivamente i piaceri dell’avere e del consumare cose materiali, creando invece l’occasione perché essi sperimentino, ad esempio, anche la gioia di stare con gli altri imparando a condividere e ad aiutare, la gioia di essere ‘bravi e buoni’, la gioia della riuscita attraverso lo sforzo personale. Nella società dei consumi, dobbiamo chiederci che cosa può comportare per i bambini il riempirli di tante cose materiali, il rispondere prontamente ad ogni loro desiderio, il non resistere nel soddisfare bisogni che sono spesso frutto del capriccio o della moda. Non potrebbe essere che, non dando loro il tempo di desiderare gli oggetti richiesti, la loro capacità di desiderare rimanga atrofizzata per poco uso, anchilosata per troppa soddisfazione, e quindi si riduca la volontà di conoscere, la capacità di sopportare la tensione del tempo dell’attesa, lo sforzo per cercare e conquistare? Chi ha tutto non comincia mai la ricerca, perché non mette in moto l’immaginazione, la creatività, la sua relazione con il mondo a partire dalle proprie risorse interiori.  I bambini che hanno tutto e hanno tutto il tempo pieno, che non si annoiano mai, sono atrofizzati nella loro creatività, riempita dall’esterno e mai sgorgata dall’interno.

3. Una società dai legami fragili.

In una società caratterizzata da legami fragili, viene spontaneo chiedersi che cosa può significare, per la vita futura di un bambino, l’esperienza che egli deve affrontare, già nell’infanzia,  quando gli mancano positive e stabili relazioni, quando si distruggono legami indispensabili per la sua crescita, È facile ipotizzare che, di fronte alla rottura di legami fondamentali per la crescita quali sono appunto i legami con i propri genitori, si sviluppino nel bambino paure e sensi di colpa, sfiducia nella vita, incertezza sul proprio valore, ansie persecutorie e depressive, forme di chiusura e apatia, labilità emotiva. Quando, con il passare degli anni, la persona prenderà coscienza che la sua infanzia è stata segnata da esperienze tanto dolorose e che magari non ha nulla di buono da ricordare di quei giorni, allora troverà difficile anche sperare, perché solo chi può ricordare può sperare: se non c’è il ricordo della bontà umana, infatti, come si può sperare? Le ferite dei non amati sono difficili da rimarginare.

 

 

 4. Un eccesso di stimoli ed un eccesso di scelte.

Per le famiglie e per la scuola – due tra le principali agenzie di educazione nella nostra società – sono oggi disponibili, per l’educazione dei bambini, le più diverse opportunità formative e di impiego del tempo libero, come mai era avvenuto in passato. Oltre alle esperienze del nido e della scuola dell’infanzia, ai bambini è possibile offrire di tutto e di più per accrescerne il sapere, le competenze, le performances personali: scuola di danza per bambine; uso di qualche strumento musicale; possibilità di apprendere una lingua straniera; corsi vari (ginnastica artistica e ritmica, calcio, nuoto, pattinaggio, sci, minibasket, …). Non è quindi difficile immaginare che il tempo dell’infanzia possa essere ‘riempito’ a piacimento.

Si denunciano pressioni per un’accelerazione dello sviluppo, conseguenza di un costante crescere delle aspettative degli adulti, così che il bambino diventa vittima di un’insopportabile pressione, nell’implicita convinzione che ‘prima è meglio’; si richiama l’attenzione sul pericolo di sottrarre i necessari tempi di gioco a favore di attività agonistico-sportive precoci, come pure il danno derivato dalla spinta per l’affermazione e il successo sociale  che hanno in definitiva lo scopo di soddisfare le ambizioni degli adulti.

Sottoposto a pressioni per un’accelerazione del suo sviluppo e a spinte per l’affermazione e il successo, un bambino si sente come schiacciato dal bisogno di soddisfare le aspettative delle persone che lui ama – una fatica che comunque non sarà mai coronata dal successo totale. Quando i suoi bisogni più autentici sono misconosciuti e frustrati, si creano le premesse per la sua infelicità. 

 5. La presenza massiccia e diffusa delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Oggi è impossibile immaginare che il nostro mondo e i servizi di cui abbiamo bisogno possano funzionare prescindendo dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Di fronte alla diffusione rapida ed invasiva di queste tecnologie si comprende perché Luciano Floridi abbia intitolato un suo pregevole lavoro: “La quarta rivoluzione. Come l’infosfera sta trasformando il mondo” (2017). Questi mezzi sono accessibili ad ogni età, per ogni esigenza e ogni gusto; sui bambini, inoltre, essi esercitano un fascino tutto particolare. Oggi siamo di fronte ad un’invadenza digitale e tecnologica nei confronti dei bambini; i moderni strumenti tecnologici sono i padroni degli svaghi infantili. La vita infantile è strumentalizzata e la sensibilità diventa tecno-dipendente .

Anche di fronte a questa situazione, diverse domande sorgono nell’educatore. Che cosa può significare un uso precoce, diffuso e prolungato dei mezzi tecnologici per la vita spirituale dei bambini? Che cosa danno a loro e che cosa tolgono? Esiste ormai un’abbondante letteratura sul tema dei social e del loro (prolungato) uso da parte di bambini. Le risposte a questi e a diversi altri interrogativi che gli adulti si pongono, spesso con preoccupazione e inquietudine, cominciano ad arrivare e a trovare ripetute conferme, anche se non si possono certamente ignorare gli straordinari e molteplici vantaggi che questi mezzi offrono alle persone di ogni età. Si va diffondendo la consapevolezza che le tecnologie dell’informazione e della comunicazione cambiano il modo di rapportarsi con le cose, con gli altri e con se stessi; il modo di pensare e di apprendere. Possibili effetti sui bambini: conseguenze per lo sviluppo fisico; dipendenza dai videogiochi; ripercussioni sulla vita emotiva (confusione tra reale e virtuale, maggiori probabilità di emozionarsi di fronte al virtuale anziché di fronte al naturale); ripercussioni sulla vita di relazione e rischio di isolamento sociale; forme di ipereccitazione e maggiori difficoltà a controllare il proprio comportamento, con conseguente difficoltà per quanto riguarda la capacità di attenzione a scuola. L’esposizione precoce alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione da parte dei bambini potrebbe far pensare che in questo modo si favorisce una modalità di apprendimento facile e quasi spontanea, ma viene da chiedersi se non sia necessario tornare ancora una volta a comprendere che tutto ciò che si apprende è frutto di fatica e il grado di istruzione è direttamente proporzionato all’impegno. Si levano voci ormai che ci ricordano che la tecnologia ci ha portato vantaggi enormi, ma anche che nello stesso tempo dobbiamo pensare alla nostra crescita spirituale e apprezzare realmente come sia insostituibile la connessione tra esseri umani. Il sogno legato all’iper-connettività ci ha fatto dimenticare che invece dobbiamo guardarci in faccia.

 

    6.   “Il culto dell’emozione”.

È il titolo di un pregevole ed interessante studio di Michel  Lacroix, “Il culto dell’emozione” (2001), il quale descrive in maniera convincente e documentata un aspetto particolare della nostra vita di oggi. L’autore descrive la predilezione dei nostri contemporanei per le sensazioni forti a detrimento delle emozioni calme: l’uomo di oggi è spinto ad abbandonare le emozioni contemplative e preferire le emozioni-shock. L’uomo contemporaneo si interessa più all’emozione, che è di tipo esplosivo, anziché al sentimento, che ha un carattere durevole. Allo scatenamento delle emozioni corrisponde una relativa povertà dei sentimenti; la bulimia di sensazioni forti si accompagna ad un’anestesia della sensibilità. “L’emozione-contemplazione – scrive Lacroix – si accontenta dello sguardo di un bambino, del frusciare del vento tra gli alberi, del canto di un uccello, dello sciabordio di un fiume, di una poesia, di un quadro. Ma per l’appassionato di sensazioni forti, questi oggetti sono privi di fascino. Il balletto televisivo, le immagini digitali, i videogiochi, i grandi spettacoli,  le feste frenetiche, i divertimenti chiassosi, la musica agitata, … prosciugano la sua capacità di emozionarsi per delle cose semplici. Intossicata dalle sensazioni forti, la sua anima diviene indisponibile per la bellezza del mondo. Essa non può palpitare, fremere davanti a ciò che è naturale”. Sorge inevitabile la domanda: che cosa può comportare per la vita spirituale dei bambini vivere accanto ad adulti la cui vita potrebbe essere vissuta in qualche modo come Lacroix la descrive? Come fare in modo che i bambini non si emozionino solo e soprattutto di fronte al virtuale, all’artificiale e a ciò che è meccanico, anziché di fronte al naturale? Qualcuno ha affermato che l’effetto più devastante dell’invasione della tecnologia nelle nostre vite è la distruzione della possibilità della contemplazione.

 

    7.   L’educazione in una società disorientata.

 

Ci troviamo oggi di fronte ad un notevole disorientamento morale. “La crisi di orientamento è una crisi nell’orientamento verso i valori. Con questo intendo una crisi delle convinzioni su ciò che ha valore, a cui si deve aspirare, da cui ci si deve allontanare, che deve essere più o meno apprezzato, preferito o posposto. Nelle singole persone, questa crisi si manifesta nell’insicurezza della coscienza dei valori e degli atteggiamenti nei confronti dei valori. Nella vita collettiva, invece, essa trova espressione nella mancanza d’ accordo sulle norme fondamentali e su una gerarchia dei beni che sia da tutti condivisa. Ogni crisi di orientamento nei valori provoca anche una crisi nell’educazione. L’insicurezza nel riconoscere i valori porta anche all’insicurezza nell’educare. Una società insicura nei suoi valori è anche insicura nell’educazione” (M. Lacroix).

Si può ricordare anche l’ormai abusata ma effettiva rilevazione della ‘liquidità’ del tempo attuale, con tutti i suoi corollari di linguaggio degradato, di smemoratezza storico-culturale, di sfarinamento delle identità valoriali.

Sono frequenti le voci che parlano di valori autoprodotti; si vuole che i desideri diventino diritti. Si va diffondendo un clima di notevole relativismo. Non è difficile cogliere il significato che la situazione appena descritta può avere per l’educazione dei bambini, in particolare per l’evoluzione della loro vita spirituale. Nell’infanzia si devono creare le premesse per il futuro benessere dei bambini. Ciò richiede naturalmente che si presti attenzione anzitutto ai loro bisogni materiali, ma tutto ciò non è sufficiente. Occorre assicurare ai bambini non soltanto i mezzi per vivere una vita dignitosa, ma anche le ragioni per vivere. Faccio riferimento a questo punto ad uno dei bisogni spirituali particolarmente importanti che fa la sua apparizione già nell’infanzia. Si tratta del bisogno di significato, cioè del bisogno di trovare un senso alla propria vita; sono le ‘domande ultime’ dell’esistenza umana: chi sono? Che cosa posso sapere? Che cosa devo fare? Che cosa posso sperare? L’opera e la testimonianza degli adulti rimangono ancora una volta decisive nel creare le condizioni affinché i bambini arrivino, con il passare degli anni, a trovare valide ragioni per vivere e per affrontare le molteplici esperienze di vita, comprese quelle più dolorose e tragiche. È molto interessante riportare un passo delle Indicazioni nazionali per il curricolo, 2012, dove si afferma che il bambino “si chiede dove era prima di nascere e se e dove finirà la sua esistenza. Pone domande sulla esistenza di Dio, la vita e la morte, la gioia e il dolore… La scuola si pone come spazio di incontro e di dialogo, di approfondimento culturale e di reciproca formazione tra genitori e insegnanti per affrontare insieme questi temi e proporre ai bambini un modello di ascolto e di rispetto, che li aiuti a trovare risposte alle loro domande di senso in coerenza con le scelte della propria famiglia, nel comune intento di rafforzare i presupposti della convivenza democratica”. Oggi si assiste ad una forte crisi legata al significato della vita. Se lasci la gente priva di significati, di radici, nessuno vuole andare avanti. Non si possono evitare alcune domande a questo punto. Come è possibile offrire e proporre ai bambini fiducia nella vita e ragioni per vivere se gli adulti non riescono a proporre ai bambini risposte sincere e convincenti agli interrogativi di tipo esistenziale che ben presto affiorano alla loro mente? Come è possibile consolidare la sicurezza dei bambini quando l’adulto di fronte a loro si mostra incerto nello stabilire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato o è preso da esagerati sensi di colpa che gli impediscono di porre argini ai capricci e ai desideri smodati dei bambini? In un tempo di relativismo marcato, come si potrà essere capaci di dire parole vere e convincenti ai bambini circa il bene e il male, il vero e il falso, così da creare le premesse per una vita fondata su valori interiorizzati e capaci di orientare positivamente la propria esistenza?

 

Conoscere la vita spirituale dei bambini

 

La conoscenza dei sentimenti di un bambino e, più in generale, del suo mondo interiore, da parte di chi vive abitualmente accanto a lui, non è di norma cosa particolarmente difficile. I bambini sono senza difese e immediati nella manifestazione di ciò che stanno vivendo e di come lo stanno vivendo. Ad esempio: comportamenti come il pianto e il riso, il tendere a nascondersi di fronte ad un estraneo, il rifiuto di obbedire di fronte a certe richieste, il modo di giocare permettono di cogliere abbastanza facilmente i loro sentimenti. Nello stesso tempo, però, è anche facile che a determinate manifestazioni comportamentali l’educatore non dia sufficiente attenzione, mentre peraltro potrebbero fornire elementi significativi per una più adeguata conoscenza del mondo interiore di una persona.

 

Attenzione e rispetto per i sentimenti e la vita interiore dei bambini 

I bambini sono piccoli – si pensa – piccoli (cioè passeggeri, superficiali, di poco conto) sono i loro problemi, piccole le loro paure, piccoli i loro bisogni, piccoli i loro progetti, piccole le loro gioie, piccole le loro sofferenze, piccole – cioè limitate – le loro capacità intellettuali, per cui non ci si deve preoccupare più di tanto di offrire loro ascolto e spiegazioni o di rispondere a certe loro domande. Piccolo, in definitiva, diventa sinonimo di qualcosa di poca importanza. In questo modo si finisce per misconoscere le caratteristiche e le potenzialità del bambino e gli si manca di rispetto. Questa parola – rispetto – viene da un verbo latino (respicere) che significa ‘guardare’. Rispettare un bambino significa, dunque, cercare di ‘guardarlo’: conoscere le sue caratteristiche, la sua fisionomia interiore, i suoi bisogni autentici. Dopo quanto è stato richiamato, non dovrebbe essere difficile rendersi conto che nell’educazione dei bambini debba trovare spazio anche uno sguardo attento alla loro vita spirituale (interiore), così da monitorare in continuazione come essi si stanno affacciando alla vita, quali sentimenti e atteggiamenti di fondo vanno sviluppando, che cosa maggiormente occupa la loro scena psichica, su quali basi vanno progressivamente fondando la loro sicurezza e stabilità interiore.

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