La politica e le raccomandazioni


Autore: Emidio Tribulato
LA POLITICA

Se la religione è stata sempre uno dei pilastri delle società umane più evolute, l’altro elemento fondamentale è stato sempre rappresentato dalla politica. La storia umana ci conferma che le società diventano tanto più evolute e civili quanto più questi due elementi tra loro collaborano, si armonizzano, si completano, si aiutano a vicenda. Il vivere sociale, al contrario, tende a degradare quando uno delle due prevale, ignora, sottomette o annulla l’altra; quando vi è, cioè, il prevalere della politica sulla religione o viceversa. Ciò sta avvenendo nelle società occidentali le quali hanno gradualmente emarginato le religioni, relegandole, nella vita civile, a delle funzioni puramente personali ed intime, disconoscendo e perdendo ad un tempo, in questo modo, buona parte dei preziosi apporti sociali di cui esse sono tributarie.

Se, infatti, la religione affonda le sue radici nell’elemento spirituale dell’uomo, la politica si lega all’elemento più pragmatico dell’umanità. Se la religione conferisce ai comportamenti e allo sviluppo umano un grande apporto nella continuità, la politica, che si base sull’attualità, permette di affrontare i problemi del particolare momento storico. Pertanto a questa non si può chiedere, come alla religione che sia immutabile, anzi si deve chiedere che si adatti continuamente alla situazione ambientale in cui l’essere umano deve vivere e confrontarsi. Se alla religione non si può chiedere di scendere a compromessi, la politica è per definizione l’arte del compromesso e della mediazione.

Se i comportamenti morali dei sacerdoti devono essere necessariamente esemplari, la stessa perfezione non si può chiedere ai comportamenti dei politici. Se ai religiosi si chiede una grande linearità e coerenza lo stesso non si può fare con i politici.

Pur tuttavia vi sono dei limiti che questi non possono e non devono travalicare pena il degrado della società civile.

Abbiamo detto che la politica deve necessariamente guardare e tenere conto della realtà attuale. Ciò non significa, però, che essa debba dimenticare la storia e la realtà del passato, in quanto è la storia dell’umanità che può impedirle di commettere errori irreparabili e gravidi di conseguenze.

Abbiamo anche ricordato che non si può chiedere ai politici la stessa dirittura morale che si chiede ai sacerdoti, pur tuttavia un buon politico dovrebbe avere dei solidi principi morali in quanto la sua immagine ed i suoi comportamenti hanno una grande influenza sugli atteggiamenti dei cittadini elettori.

Ciò è vero soprattutto per quanto riguarda l’onestà. Poiché i politici utilizzano denaro pubblico, hanno il preciso dovere di spenderlo in maniera corretta, senza mai trarne profitto personale, né mai utilizzarlo per favorire “amici “ personali o di partito. In caso contrario, ogni cittadino si sentirà derubato del poco o molto che avrà versato con le tasse e reagirà istintivamente cercando di evadere il fisco il più possibile. Dentro di sé è come se dicesse: ” Se il politico ruba o sperpera, non vedo il motivo per il quale debba dargli i soldi che con tanta fatica, con tanto sacrificio io ho guadagnato. E’ molto meglio che lo stesso denaro lo utilizzi io per la mia famiglia e per i miei figli, piuttosto che affidarlo a mani disoneste o spendaccione.”

Inoltre, poiché inoltre l’uomo politico è ritenuto da alcuni come modello cui attenersi, è facile che i suoi comportamenti, poco onesti, perdano nel tempo ogni connotazione negativa, fino al punto di essere visti come “normali”, in pratica corretti, dalla maggior parte della gente.

Purtroppo l’onestà, nei politici attuali, è una caratteristica non usuale, se non proprio rara. Per cui, è come se dai palazzi del potere giungessero ai cittadini, giorno dopo giorno, una valanga di messaggi negativi, con conseguenze devastanti sui valori cui credere e sui comportamenti più corretti da tenere.

In particolare, un fatto inerente al comportamento e alla mentalità che tende a perdere le sue connotazioni negative, a causa della frequenza con cui viene attuato dai politici e non solo da questi, ma da chiunque detenga un minimo di potere, è la cosiddetta raccomandazione.

LA RACCOMANDAZIONE

Per raccomandazione s’intende un comportamento che tende a favorire una o più persone appunto “raccomandate”, a scapito di altre che non hanno questo privilegio. L’ambito delle raccomandazioni è vastissimo. Specialmente nell’ambiente meridionale ci si fa raccomandare dal politico o “dall’amico potente” per una miriade di cose: per ottenere un posto di lavoro per sè o per i propri figli, per il disbrigo solerte di una pratica, per essere promossi o per ottenere buoni voti, a volte solo per evitare la fila in un ufficio. Nella raccomandazione, a differenza che nella corruzione, non vi è passaggio di denaro. Quest’elemento la rende moralmente più accetta, tanto che i politici, o altre persone che gestiscono un certo potere, spesso hanno già pronto un modulario su cui basta scrivere il nome del raccomandato ed il motivo della raccomandazione.

In genere si accetta la raccomandazione per ottenere in contraccambio qualche altro favore o per “rispetto” ad un collega, un parente, un amico, una persona potente, che un giorno potrebbe esserci utile; in altri casi, come nell’ambiente politico, è attuata come voto di scambio, “Io ti sistemo il figlio e tu mi darai i tuoi voti e quelli della tua famiglia.”

La raccomandazione è diversa dalla segnalazione, fatta ad un datore di lavoro, di una persona che ha delle qualità o dei bisogni reali per ricoprire un determinato posto o lavoro. In quest’ultimo caso il datore di lavoro ha il diritto di scegliere la persona più bisognosa per il compito da assegnare o comunque ha il diritto di scegliere la persona più preparata o che gli dia più affidamento per le sue qualità morali e civili. In questo caso però la persona segnalata non viene scelta per favorire un potente o per ottenere qualcosa in cambio ma per le sue caratteristiche intrinseche.

Nonostante la raccomandazione, come abbiamo detto, forse a causa della sua diffusione, sia moralmente ben accetta, è notevole il danno che essa reca alla comunità civile.

La persona che si fa raccomandare può vivere questa in vari modi: come esercizio di un potere superiore agli altri: “Io posso fare questo, voi no”, sentendosi titolare di diritti la cui legittimazione è molto opinabile. Ciò è pericoloso soprattutto se proiettato nel futuro, in quanto questa stessa persona è stimolata ad utilizzare gli stessi mezzi per fini più gravi. Altre volte la raccomandazione è vissuta con un senso di colpa che turba per molto tempo l’animo: “Io ho ottenuto qualcosa che non meritavo, a scapito di altri migliori di me e di questo mi vergogno.”

Anche la persona che accetta la raccomandazione la può vivere con modalità diverse; a volte è il senso del potere che predomina: ” Solo le persone che valgano possono fare ciò che vogliono.” Altre volte è prevalente la mortificazione per essere stati “costretti” ad attivarsi per qualcosa che non si voleva e che la propria coscienza non accettava di fare e perciò l’aggressività verso la persona che lo ha “spinto” verso questo comportamento ingiusto ed illegale; ma anche aggressività verso sé stesso e la propria debolezza.

Per quanto riguarda invece, le persone che sono state scavalcate o escluse, i sentimenti predominanti assumono le connotazioni della rabbia, della collera, della delusione, dello sconcerto e sconforto.

Rabbia per l’ingiustizia subita. Collera verso le persone da cui hanno subito il torto. Delusione per il modo in cui la società “civile” affronta il problema della giustizia: per la quale, in teoria, siamo tutti uguali di fronte alle leggi ed ai regolamenti ma poi si scopre che c’è sempre qualcuno che è “più uguale” di noi, per meriti sconosciuti.

Lo sconforto è naturale e frequente, ma è il modo con cui l’individuo “scartato” esce da questo stato d’animo negativo che è preoccupante. Alcuni cercheranno e riproveranno ad affrontare lo stesso problema sperando nell’onestà del resto della popolazione. Altri rinunceranno definitivamente a cercare od ottenere quel lavoro o quanto dovuto. Altri ancora, imparata la lezione, cercheranno, dal giorno dopo, non di prepararsi meglio per affrontare gli esami o le prove di selezione, ma si attiveranno, a loro volta, alla ricerca di un padrino “potente” che possa permettere loro di ottenere quello che non erano riusciti ad ottenere in modo legale. Si viene così a diffondere un sistema perverso, fatto di tante piccole e grandi illegalità, che inquinano profondamente ogni ganglio della società.

Oltre al danno morale vi è un grave danno nella funzionalità dei servizi. Con gli anni negli uffici ed enti pubblici, ma anche in settori fondamentali come la sanità, vengono a selezionarsi non le persone più preparate, meritevoli, capaci e motivate, ma una valanga d’ignoranti pelandroni capaci soltanto di accettare mille compromessi con la propria coscienza pur di fare carriera e quindi il degrado nella funzionalità è inevitabile. Anche perché, la persona “potente”, continuando a proteggere il suo raccomandato farà di tutto affinché questi lavori il meno possibile nel posto più comodo possibile. A questo degrado, per una provvidenziale legge del contrappasso, spesso non riescono a sottrarsi neanche le persone che lo hanno provocato le quali sono costrette, loro malgrado, a subire l’inefficienza di un personale non preparato e motivato.

Tratto dal libro di E. Tribulato”L’educazione negata” Edizioni E.D.A.S.

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