La famiglia di ieri, la famiglia di oggi

 

Psicologo mi dica

 

La famiglia di ieri, la famiglia di oggi

 

 

 

 Autore: Giuseppe Cesa

 

 

Quando parliamo di famiglia a tutti sembra di sapere immediatamente a che cosa ci si riferisce e ricorriamo immediatamente all’immagine della nostra famiglia d’origine ed all’immagine della nostra famiglia attuale. Già facendo questa operazione, però, possiamo renderci conto di come siano diverse le due immagini, della famiglia d’origine e della famiglia attuale.

La famiglia, infatti, è molto cambiata col mutare dei tempi, sotto la pressione di mutamenti economici, culturali e tecnologici.

Fino verso l’inizio del secolo scorso la famiglia tipica era estesa, cioè in un unico caseggiato, la corte, vivevano i nonni, i genitori, i figli, gli zii, i cugini ecc. Spesso con il matrimonio la donna entrava a far parte della famiglia d’origine dell’uomo e conviveva con i suoceri e le cognate. Il capofamiglia era il nonno.

 

 

Grandissima parte della vita di una persona, la crescita, il lavoro e lo svago si svolgevano all’interno dello spazio domestico, di solito sufficientemente ampio. Le uscite erano rare.

Questa situazione aveva dei pregi e dei difetti; tra i pregi annoveriamo il forte senso di appartenenza e di identità familiare, la solidarietà reciproca nell’educazione e cura dei figli, degli adulti malati, degli anziani, ecc. Tra i difetti annoveriamo la scarsa libertà individuale e la forte sottomissione alle rigide regole e gerarchie del gruppo familiare.

La vita fuori dalla famiglia era quasi inconcepibile, si pensi ad esempio che in alcune tribù primitive la condanna più dura e temuta per una persona era quella di venir espulsi dal clan e abbandonati a se stessi. La figura del single non esisteva e chi non si sposava, comunque, rimaneva all’interno della propria famiglia d’origine.

In questo contesto, per tanto, l’atto del matrimonio solo in parte sanciva l’unione di due innamorati, in realtà era principalmente un “contratto” tra persone per cui una persona entrava a far parte del mondo dell’altra, una specie di azienda familiare, con tutto ciò che comportava in termini di diritti e doveri. In parole povere col matrimonio ci si sistemava.

Oggi la situazione è rovesciata e le famiglie estese sono quasi scomparse. La famiglia attuale è una famiglia nucleare composta dai due genitori e uno o due figli, mentre con le famiglie d’origine il legame è meno stretto, spesso ridotto al pranzo domenicale o alla disponibilità dei nonni a fare da baby-sitter e, quando possibile, dare un sostegno economico. Inoltre, il matrimonio è diventato principalmente la formalizzazione di un amore, che può anche scemare, più che un contratto indissolubile.

In effetti dal momento che l’attuale organizzazione sociale consente anche l’esistenza della figura del single, è diventato possibile eliminare dal contratto matrimoniale gran parte della dimensione solidaristica reciproca; oggi ci si può anche separare. Oggi, invece che una sistemazione viene ricercata la felicità.

La famiglia nucleare certamente dà molta più libertà ai suoi componenti, ma lascia la famiglia in una condizione di vuoto esistenziale.

Questo viene compensato da un maggiore ricorso ai servizi quali ad esempio il doposcuola o l’oratorio, e da una più intensa attività nel tempo libero come ad esempio uscire a cena con amici, al cinema, a ballare, in vacanza, ecc.

Lo spazio domestico si è notevolmente ristretto e pure il tempo in cui è vissuto; il lavoro, l’educazione-formazione, lo svago sono sempre più esterni allo spazio domestico, ridotto, a volte, a mero dormitorio.

Questa evoluzione ha notevolmente ridotto anche il senso di appartenenza familiare e il passaggio trans generazionale della cultura familiare.

A volte la presenza di situazioni di separazione o divorzio e l’intreccio di nuove unioni manda letteralmente in frantumi il senso di identità e appartenenza familiare.

Pochi anni fa, alla luce di queste situazioni alcuni pensavano alla scomparsa progressiva della famiglia, ad una società senza famiglia. In alcune realtà, infatti, esistevano anche tentativi di fare senza la famiglia; mi riferisco all’esperienza delle Comuni, soprattutto negli USA, e dei Kibbutz in Israele.

Oggi, però, ci rendiamo conto che la suddetta estrapolazione non è realistica e non si è verificata. Scopriamo, anzi, un relativo ridimensionamento del welfare-state, spesso compensato da strutture di volontariato, e più che mai un profondo senso di solitudine nelle persone e l’importanza basilare di uno stretto riferimento affettivo, esclusivo e profondo, oltre che dell’importanza di un luogo di identità capace di gestire, invece che realizzare come in passato, la rete di relazioni e servizi.

In un convegno il professor Campanini, sociologo dell’università di Parma, accennava al fatto che nella nostra fase sociale anche il venir meno del cosiddetto posto fisso, oltre che del welfare-state, aumenta il grado di instabilità e stimola la ricerca della stabilità nella famiglia.

Le nuove coppie che si avviano all’unione matrimoniale, per tanto, si trovano a dover inventare nuovi modi di stare assieme e di fare famiglia, più flessibili e adatti alle nuove condizioni socio-culturali ed economiche, condizioni mai statiche. La coppia di oggi può raggiungere livelli di intimità, confidenza e profondità del rapporto nettamente superiori che in passato, però è più fragile, più vincolata ai sentimenti, che possono mutare. Il matrimonio, secondo il sociologo Campanini, sembra essere diventato un luogo in cui cercare felicità più che stabilità, e se la felicità non c’è ci si separa.

Proprio l’esigenza di inventare nuovi modi di stare insieme, di rivedere, anche, i rispettivi ruoli, richiede alla coppia una maggiore capacità di confronto, dialogo e comunicazione che in passato, quando tutto era predefinito e fuori discussione. Non va dimenticato che il passaggio dall’essere fidanzati all’essere coniugi è uno dei momenti più delicati del ciclo di vita familiare, assieme al passaggio da coppia coniugale a coppia genitoriale e al passaggio alla fase del nido vuoto, cioè quando i figli cresciuti lasciano i genitori relativamente soli; sono cioè i momenti in cui, al di là e sulla base del sentimento, la coppia deve riorganizzarsi consistentemente per le mutate condizioni esistenziali.

Giuseppe Cesa

Psicologo psicoterapeuta

 

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