Il fidanzamento

Il fidanzamento

 

 

Fino a qualche decennio fa i motivi dell’incontro e della frequentazione di due giovani erano abbastanza chiari e definiti. Ci si conosceva e ci si frequentava in vista d’un fidanzamento ufficiale e per prepararsi a costruire con il matrimonio una nuova realtà familiare. Era questo un periodo, più o meno lungo, durante il quale l’ambiente sociale vicino ai giovani si impegnava a preparare la formazione d’una nuova famiglia. Questa preparazione avveniva a più livelli:

  • a livello interpersonale,
  • a livello familiare e amicale,
  • a livello religioso,
  • a livello sociale,
  • a livello economico.

 

 

A livello interpersonale la coppia, come preludio e preparazione alla successiva fase del matrimonio, iniziava con il fidanzamento, la conoscenza, l’intesa e l’integrazione mediante il dialogo e lo scambio di piccole affettuosità.

A livello familiare, insieme o subito dopo gli accordi di natura economica iniziava, se le famiglie non si conoscevano, un dialogo e un’intesa finalizzata a creare attorno alla coppia, mediante l’integrazione e l’unione delle famiglie interessate, una base economica, relazionale e ambientale la più stabile e serena possibile.

A questo fondamentale ed importante appuntamento, partecipava e provvedeva anche la comunità civile e religiosa, ognuna con i propri strumenti e con i rispettivi ruoli. E così se la comunità religiosa aiutava i giovani a inserire nella loro unione gli elementi spirituali indispensabili a vivere in santità e pienezza di spirito quel sacramento, la comunità civile, da parte sua, si occupava di garantire a questa nuova realtà tutte le provvidenze ed i servizi indispensabili al suo benessere. Per Prandini: “Ciò che veramente era importante una volta per la stabilizzazione dell’intimità era, infatti, la relazione con i rapporti esterni: occorreva un forte legame con le cerchie sociali più prossime, ad esempio con le famiglie allargate, ed uno stile di vita comune”.[1]

Nella fase dell’incontro e poi del fidanzamento l’influenza dei genitori delle due famiglie, dei parenti e degli amici, sia nella scelta sia nella conduzione di questa fase era la più varia. Nelle situazioni estremamente coartanti venivano imposte, da parte delle due famiglie, la scelta del fidanzato o della fidanzata migliore oltreché le modalità più opportune per condurre il periodo del fidanzamento e poi il matrimonio. “Ho trovato una moglie per te, è la figlia del commerciante di stoffe, che sposerai appena avrai compiuto diciotto anni. Conosco bene suo padre e la sua famiglia. Si sono sempre distinti per onestà e laboriosità. Anche della giovane tutti ne parlano bene. Domani chiederò per te la mano a suo padre e stenderemo il contratto prematrimoniale”.

In questi casi, molto diffusi in passato ma anche attualmente frequenti in molti paesi orientali, non si tenevano in alcun conto non solo i sentimenti dei due giovani: “Mi piace”, “Non mi piace”, “E’ l’uomo che fa per me”, “E’ la donna della mia vita” ecc., ma non si teneva in alcuna considerazione neanche se la persona in questione era o non disposta a sposarsi e quando e a quali condizioni. In queste situazioni estreme il nuovo legame, e quindi anche la nuova famiglia, diventava un problema tra due reti familiari nel quale i due giovani erano coinvolti solo in minima parte, quasi sempre solo per un assenso formale.

 

Nei casi più diffusi e correnti, invece, prevalevano delle usanze molto meno coartanti, e pertanto i due giovani erano in tutto o in parte coinvolti sia nella scelta della persona da sposare, sia nella conduzione della relazione prematrimoniale. In ogni caso però permaneva l’apporto costante e decisivo dei genitori e della rete parentale.

Questo apporto veniva sancito nella comunicazione stessa   con la quale le due famiglie partecipavano o invitavano parenti ed amici alla funzione prematrimoniale, a quella nuziale e al ricevimento. Insomma dietro e accanto ai giovani vi erano sempre come supporto e guida le loro famiglie e l’ambiente sociale di provenienza.

Attualmente invece, nel mondo occidentale, la gestione dell’incontro, il più spesso dei tanti incontri amorosi, del fidanzamento, del matrimonio, come della fine dell’uno o dell’altro, è totalmente governata dai due giovani. In pratica è minimo, se non inesistente, il coinvolgimento diretto delle famiglie e delle comunità, le quali preferiscono vedere le scelte dei giovani  come scelte individuali e private.

Attualmente non solo non viene imposta la persona da conoscere nella prospettiva del matrimonio, né viene indicato quando e se sposarla, ma non viene dato alcun consiglio, né giudizio sulla validità di questa scelta o sulla qualità e quindi sul possibile esito, positivo o negativo, del rapporto che si sta per intraprendere.

Anche l’impegno ad aiutare la formazione d’una nuova famiglia con il conferimento d’una dote matrimoniale è caduto in disuso. Lo stare insieme spesso non è accompagnato da impegni sociali e morali di nessun tipo. Rimangono soltanto, quando sono presenti, solo blandi impegni interpersonali. Pertanto la vita amorosa dei giovani, se da una parte è completamente sganciata e libera dalla religione, dalla morale, dalla famiglia e dalla comunità, dall’altra è isolata da qualsiasi controllo o sostegno sociale.

Questa soluzione, altrettanto estrema rispetto a quella estremamente coartante, ci sembra essere una risposta che produce più problemi di quanti ne possa risolvere in quanto “depriva i giovani di quei criteri di scelta di cui sembrano sempre più aver bisogno”.[2]

Mentre prima dell’avvento dei telefonini, a volte per anni, solo lo squillo del citofono faceva capire ai genitori che c’era un “lui” o una “lei” che aspettava il figlio o la figlia sotto casa, attualmente i genitori si accorgono che qualcuno, spesso non si sa bene chi sia, aspetta la figlia o il figlio da qualche parte della città, solo dai preparativi: lei/ lui fa la doccia, si mette un vestito particolare, si pettina con più accuratezza, saluta in modo precipitoso o esce di casa alla chetichella.

Anche quando in occasione di qualche ricorrenza entrambi i giovani restano in casa per pranzare con una delle famiglie d’origine, i rapporti sono mantenuti nella maniera più asettica e formale possibile.

Se da una parte i genitori evitano accuratamente domande che potrebbero essere giudicate inopportune o inquisitorie del tipo: ”Cosa fanno tuo padre e tua madre?” “Che progetti hai per il tuo futuro?” “Quali sono le tue intenzioni nei riguardi di mia figlia?” “Quando pensate di sposarvi?”, dall’altra il contributo al dialogo da parte del giovane si mantiene su temi altrettanto asettici e formali: “Buon giorno” “Buona sera”. “Ottima questa pasta al forno”. “Non è male questa focaccia, dove l’avete comprata? “Complimenti per la vostra casa, vedo che è ben arredata”.

In queste situazioni, se una ragazza porta a casa un giovane non lo presenta se non con il suo nome di battesimo: “Questo è Paolo”. A nessuno deve interessare chi è Paolo. A nessuno deve interessare quale rapporto c’è tra la ragazza e questo Paolo. A nessuno devono interessare, né alcuno deve permettersi di commentare le caratteristiche di Paolo: il suo carattere, le sue qualità, tantomeno i suoi difetti. L’astensione dai commenti riguarda anche il futuro dei rapporti che i due giovani intendono instaurare tra loro: conoscenza, fidanzamento, amicizia particolare, preludio alla convivenza, rapporto tra amanti, matrimonio e così via.

Per tali motivi il rapporto sentimentale ha assunto una varietà e, conseguentemente, una qualità di condizioni notevolmente variegate. Si passa dalla “mezza situazione” nella quale sono presenti i primi approcci, gli sguardi, gli ammiccamenti e a volte si dà il proprio numero di telefono, alla “situazione” nella quale ci si frequenta e vi è una conoscenza più approfondita. Allo “stare insieme” o alla “storia” nel quale la conoscenza diventa più intima e realistica.

 

 

Attualmente i motivi della “situazione”, dello “stare insieme” o della “storia” (difficilmente si usa il termine conoscenza o fidanzamento ), non solo sono molto più numerosi e disparati ma soprattutto sono poco chiari ad entrambi e alle loro famiglie.

Si può “stare insieme” per sentirsi amati, nella prospettiva del matrimonio e quindi per prepararsi a formare una famiglia, ma si può “stare insieme” solo per vivere le emozioni ed il piacere dell’innamoramento; per godere dei piaceri del sesso libero; per avere qualcuno con cui parlare; per trascorrere qualche ora in discoteca nei fine settimana. Si può “stare insieme” per non andare in vacanza da soli o con le amiche. Si può “stare insieme” per avere, quando si va in pizzeria, una persona dell’altro sesso accanto a sé e non fare cattiva figura.

Anche tra i due interessati, come in un gioco a rimpiattino, le motivazioni non solo non sono esplicitate ma, con mille stratagemmi, sono accuratamente nascoste o postergate, per evitare che l’altro, scoprendole, si allontani, scappi o interrompa il rapporto.

Se qualcuno dei familiari osa chiedere le intenzioni dei due giovani, viene zittito con una frase del tipo: “Quando ci saremo laureati, quando entrambi avremo trovato un lavoro, quando avremo una casa, quando potremo mantenere una famiglia ne discuteremo, adesso è troppo presto”.

Questo dire e non dire, questo non scoprire i propri desideri e le proprie aspettative, oltre che le proprie motivazioni dello “stare insieme”, può durare per molti anni. Da parte dei due giovani è come accettare di salire entrambi su una nave e vivere per mesi ed anni in viaggio, non avendo programmato nessuna destinazione o peggio avendo programmato ognuno una destinazione diversa da quella dell’altro.

Da parte delle due famiglie la situazione non è né più chiara, né più lineare. Per i genitori e i familiari è come veder salire la loro figlia o il loro figlio o nipote su una nave insieme ad uno/una sconosciuto/a, senza sapere in quale porto questa arriverà e dove, ognuno di loro, desidera andare. Rimane però la segreta speranza che quel natante, per un evento provvidenziale, imbocchi la rotta giusta e prevista da ognuna delle due famiglie.

Ma non è affatto detto che entrambe le famiglie desiderino la stessa cosa!

Ci siamo trovati, nel nostro lavoro professionale, davanti a dei genitori di giovani che da vari anni “stavano insieme”, che desideravano e si attivavano per degli obiettivi esattamente opposti.

 

In un caso di questi, la famiglia di Laura avrebbe voluto che i due giovani, dopo otto anni d’un non ben definito legame sentimentale, si decidessero a sposarsi. Mentre l’altra famiglia, quella di Francesco, desiderava e sperava che a quel matrimonio non si arrivasse mai e quindi si impegnava ogni giorno per raggiungere questo scopo. Entrambe le famiglie poi, facevano finta di non conoscersi, e anche quando per caso si incontravano, mai si scambiavano i rispettivi desideri o aspettative. Questa, come tante storie d’amore simili finì nel nulla, o meglio fini nel dolore e nella tristezza per Laura e la sua famiglia, mentre i genitori di lui gongolavano per aver ottenuto, con la rottura del rapporto, quanto desiderato!

 

I motivi per i quali, nelle società occidentali, prevale sempre più questo tipo di conduzione o meglio di non conduzione, sono diversi:

  1. Il primo motivo riguarda il concetto di libertà.

Questo tipo di scelte conferma ed esalta portandolo alle estreme conseguenze, il concetto di libertà ed individualismo: “Ognuno deve essere libero di fare quello che più gli aggrada, specialmente nelle situazioni di cuore. Sono solo i due giovani che debbono amarsi e scegliersi. Che senso ha interferire nei loro sentimenti e nelle loro decisioni?”

Conseguentemente a questo modo di pensare, sono lasciati ai due giovani il tempo della scelta, lo scopo o gli scopi dell’incontro, la persona o le persone con cui intraprendere un cammino di coppia o più semplicemente una banale relazione sentimentale o sessuale, la conduzione dei vari rapporti e la loro eventuale fine. Successivamente è lasciata sempre ai giovani la responsabilità di decidere se riallacciare o non i rapporti interrotti, se formare o non una famiglia, se convivere o non e così via.

La parola d’ordine è: Massima libertà, nessuna interferenza. Bisogna lasciare che ognuno ascolti e segua il proprio cuore, la propria volontà o semplicemente il proprio istinto.

  1. Il secondo motivo riguarda la responsabilità.

“Perché dobbiamo essere noi genitori a prenderci alcune o molte responsabilità che potranno esserci in seguito rinfacciate? “Non mi avete fatto sposare la ragazza che amavo”. “Mi avete consigliato di stare con una ragazza che non è affatto una brava ragazza. È incapace, infedele, non sa cucinare ecc.”. Queste sono solo alcune delle tante accuse che potrebbero essere rivolte ai genitori, ai parenti o agli amici che hanno consigliato o sconsigliato un rapporto amoroso; pertanto è meglio che siano i giovani a fare le loro scelte, prendendosi loro e soltanto loro tutti gli oneri che li riguardano.

  1. Il terzo motivo riguarda il possibile condizionamento.

Per non influenzare positivamente o negativamente i giovani nelle loro scelte si giudica più opportuno che i genitori, i parenti tutti e gli amici si astengano da giudizi, consigli e suggerimenti, in quanto ogni tipo di rapporto che potrebbe nascere da questo incontro riguarda i due giovani e soltanto loro. Pertanto, sono i due giovani che devono fare in piena libertà le loro scelte. Parenti ed amici devono soltanto accettarle e viverle senza fare alcun commento o critica.

Anche in questo campo, come in tanti altri compiti educativi e formativi, si preferisce non fare nulla per evitare la fatica, l’impegno, la difficoltà e la responsabilità d’intervenire pur con il rischio di commettere qualche errore di valutazione.

 

  1. Il quarto motivo riguarda la difficoltà a conciliare impegni scolastici, lavoro e legami sentimentali.

Vi è la consapevolezza che è difficile gestire insieme impegni scolastici, preparazione ad una futura professione, eventuale lavoro e legami sentimentali.

Ciò è dovuto al fatto che la realtà biologica e quella sociale attualmente divergono in modo impressionante. La realtà biologica vorrebbe vivere in rapida successione dopo i diciotto – venti anni le fasi dell’innamoramento, dell’amore, del matrimonio e poi della procreazione. La realtà sociale del mondo occidentale lavora e si impegna per impedire tutto ciò, in quanto tutti questi eventi sono giudicati prematuri.

E’ prematuro sposarsi o pensare soltanto al matrimonio se entrambi non hanno completato gli studi.

E’ prematuro mettere su famiglia se entrambi non hanno trovato un lavoro, possibilmente stabile e con entrate sufficienti per vivere almeno come i due vivevano con i rispettivi genitori, se non meglio.

Non è possibile pensare ad un matrimonio senza avere una casa, senza avere una sede lavorativa stabile per entrambi e senza avere i mobili per arredare questa casa. I genitori, gli amici, i parenti, gli insegnanti, i mass media, come gli uomini di chiesa si fanno portatori ed interpreti di questa realtà sociale e poiché è difficile guidare e limitare le effusioni amorose dei due giovani fidanzati per molti anni, preferiscono chiudere entrambi gli occhi e lavarsene le mani, lasciando a loro ogni responsabilità, proteggendosi con l’ombrello della libertà e della responsabilità individuale e personale.

  1. La paura di ferire.

Altre volte è la paura di mettersi contro il figlio o la futura nuora. Se io intervengo potrei dire o fare qualcosa che potrebbe toccare la sensibilità dei due giovani, i quali potrebbero guardarmi male per molti anni avvenire e quindi è meglio astenersi.

  1. La paura di andare controcorrente.

In molti casi è la paura di andare controcorrente. Se oggi tutti fanno così, anche se non sono d’accordo, non posso comportarmi diversamente.

 

Dopo decenni nei quali l’amore, i sogni, le nuvole rosa dei sentimenti sono stati profusi a piene mani nelle poesie, nei romanzi, nei film, nei fotoromanzi e nelle telenovelas, dei due estremi che abbiamo descritto quasi tutti oggi sono d’accordo nel condannare senza appello un fidanzamento, e poi un matrimonio, totalmente gestito dalla famiglia, in quanto privo di quegli elementi affettivi e di scelta indispensabili in un progetto di vita nel quale i due giovani sono gli attori protagonisti. Pochi però vedono, ma soprattutto affrontano con coraggio e determinazione, i problemi che possono sorgere, ed in realtà sorgono, nell’altra condizione: quella, per intenderci estremamente liberale.

Cosa comporta, infatti, questo astenersi da un giudizio, da una guida, da un indirizzo? Cosa comporta non dare ai giovani norme e regole di comportamento in questa delicatissima fase della loro vita?

 

Quali problemi possono nascere?

I problemi che nascono o che possono nascere sono numerosi.

L’esperienza di questi decenni, di piena e completa libertà nelle relazioni sentimentali e sessuali, ci ha insegnato che una relazione amorosa, lasciata in piena libertà in mano ai due giovani, non sempre, anzi raramente, si incanala nella giusta direzione. E anche se questo avviene, così come facilmente si stabilisce un’unione, allo stesso modo, facilmente, la stessa unione si rompe.

Uno dei motivi è legato alla diversità nel modo di vivere la relazione tra i due sessi. Se per la donna l’obiettivo della maternità e del matrimonio, anche se sottaciuto o negato, rimane sempre presente nel suo animo e nei suoi desideri, nel maschio il progetto matrimoniale e il desiderio di paternità nascono solo se vi è una richiesta specifica e se, contemporaneamente, è coinvolto in modo diretto.

In parole povere per il maschio la decisione di sposarsi nasce anche dall’assolvere all’impegno preso con qualcuno che per lui rappresenta l’autorità: il padre della ragazza ad esempio o ancora meglio la sua famiglia rappresentata dal padre. Se l’impegno è soltanto verso la madre della ragazza o ancora peggio se vi è solo una blanda promessa nei confronti della ragazza, questo vincolo verrà giudicato molto meno pressante e responsabilizzante.

Se poi, come spesso avviene, non viene chiesto nessun impegno specifico, è un grave errore pensare che nel suo animo questa promessa sia sottintesa. E’ molto più facile che l’impegno non ci sia affatto ed anzi, saranno giudicati negativamente quella ragazza, quella famiglia e quel padre, che non hanno avuto la forza, il coraggio e la capacità di richiederlo.

Da parte del giovane maschio vi è quindi il rischio che il gioco piacevole, vissuto mediante il fuoco dell’innamoramento, rimanga soltanto un gioco che non si trasformerà mai in un vincolo verso la ragazza, verso la sua famiglia e verso la società. C’è il rischio che l’innamoramento sfumi come nebbia ai primi raggi del sole mattutino, senza essersi trasformato in solido e duraturo amore. Amore fatto non solo di piacere e divertimento ma anche di sacrificio e dovere, entrambi necessari per crescere e maturare come uomini e donne e non più come immaturi adolescenti. Ma anche per la donna, l’essere coinvolta fin da piccola nella prospettiva di soli obblighi di tipo scolastico e poi lavorativi, mentre da una parte ha fatto scadere il piacere e la gioia d’un futuro matrimonio e di futuri impegni a favore della famiglia e quindi del mondo affettivo, dall’altra ha accentuato uno stato d’animo ambivalente nel quale il desiderio si unisce alla paura e alla perplessità, la speranza viene schiacciata dal pessimismo, il fuoco dell’entusiasmo si spegne nell’acqua della ragione.

Questo sfuggire o minimizzare le responsabilità non solo non è un comportamento coraggioso ma non è neanche un atteggiamento saggio in quanto, volenti o nolenti, le due famiglie inevitabilmente resteranno coinvolte, nel bene e nel male, dai problemi della coppia non in una ma in mille occasioni. I familiari non potranno sfuggire al coinvolgimento sia nella fase della conoscenza, che durante il fidanzamento, il matrimonio, la convivenza, la o le crisi della coppia, la o le separazioni, il divorzio ecc.. L’influenza delle famiglie è, pertanto, inevitabile. Tanto vale esplicitarla in modo sereno e costruttivo.

Quando le famiglie interessate assumono dei comportamenti pilateschi si dà, inoltre, ai giovani un messaggio errato e deleterio: “tutto ciò che riguarda i problemi amorosi, sentimentali, sessuali concerne la coppia e non le famiglie d’origine e la società”.

Abbiamo detto che è un messaggio errato in quanto non è così, mai è stato così, mai può, neanche in linea teorica, essere così. Tranne che l’incontro amoroso avvenga su un’isola deserta, l’amore, la passione, l’innamoramento, la sessualità, il matrimonio e la famiglia, comportano dei doveri, dei compiti e degli impegni che non sono solo di competenza dei due giovani ma che, volenti o nolenti, coinvolgono profondamente e pesantemente persone e contesti sociali molto più ampi e numerosi di quanto si possa immaginare.

Se la scelta è il matrimonio i coniugi, che lo vogliano o non, dovranno sottostare a tutta una serie di leggi, decreti e norme civili e religiose che riguardano proprio gli sposi e la famiglia.

Se la scelta è quella di non sposarsi ma si mette al mondo un bambino, non solo si è cambiata la propria vita (obbligo del mantenimento, dell’educazione e della cura del figlio per decine d’anni), ma si è cambiata profondamente anche la vita dei rispettivi familiari che, presto o tardi, saranno coinvolti sul piano delle cure, dell’assistenza e spesso anche del mantenimento.

 

Un bambino che nasce modifica, in piccola o gran parte, anche la società. Questo nuovo essere umano che si affaccia alla vita potrà essere un santo e un benefattore o un malvagio assassino. Potrà essere apportatore di pace e benessere oppure potrà essere artefice di distruzione e morte per l’umanità. Potrà risolvere il problema della fame del mondo o potrà costringere alla fame intere popolazioni.

Inoltre, nel momento in cui questo bambino si sta formando nel ventre materno, anche la società con tutti i suoi servizi sociali e assistenziali è inevitabilmente coinvolta. Chi dovrà pagare per le visite, esami e cure di questa madre e del suo bambino prima e dopo la nascita se non la società civile? Chi dovrà provvedere alla sua istruzione, all’assistenza sanitaria, se non la comunità?

Tutta la società può ritrovarsi in situazioni ancora più impegnative. Se questa unione attraverso il matrimonio, la convivenza o i rapporti prematrimoniali porta alla nascita d’un bambino con problemi psicologici od organici, a causa di tare ereditarie o di insufficiente capacità di cure e attenzioni, chi dovrà portare il peso di questo handicap oltre i genitori ed i familiari?

Quella che abbiamo esposto non è un’ipotesi teorica ma è quanto accade ogni giorno sotto i nostri occhi. Sono sempre più numerosi i bambini nati da genitori con problematiche più o meno gravi. Questi problemi psicologici non sempre, sotto l’influenza della passione o dell’innamoramento, sono tenuti nella giusta considerazione, per cui i giovani innamorati più che gestire gli avvenimenti sono da questi trascinati. Si incontra una ragazza, la si invita ad uscire, le si propongono dei rapporti sessuali; lei accetta, rimane incinta, si sente il dovere di sposarla. Ma dopo il matrimonio nascono sia i problemi di coppia, sia i problemi educativi e di cura.

 

Ci si accorge troppo tardi, ad esempio, che la ragazza non è in grado psicologicamente di educare, allevare e curare un bambino piccolo. Come ci si può accorgere troppo tardi che il giovane non è idoneo ad assolvere ai normali doveri e bisogni verso la moglie e la nuova famiglia, in quanto  non è in grado di avere un rapporto affettivo sereno, equilibrato, stabile e ricco.

Anche la scomparsa dei contratti prematrimoniali, nei quali entrambi i genitori dei futuri sposi si impegnavano a dare una dote ai loro figli, ha delle conseguenze notevoli. “Perché io devo lavorare e risparmiare tutta la vita per dare ai miei figli una dote che permetta loro di avere una base economica sulla quale costruire una famiglia, quando l’altra parte ha pensato bene di sperperare tutti i propri guadagni divertendosi?”  “E perché farlo, soprattutto quando io sono il padre d’un maschio, con il rischio che la casa o i mobili che gli darò in dote, frutto di sudati risparmi, saranno goduti, in caso di separazione, dalla moglie?”

Vi è allora il rischio reale che vi siano delle conseguenze notevoli sul modo stesso di vedere il matrimonio. Questo non sarà più aspettato come una condizione che può migliorare la realtà dei propri figli, ma sarà temuto come causa della loro rovina psicologica e finanziaria.

 

D’altra parte, se le famiglie d’origine non provvedono almeno in parte alle future generazioni, aiutandole anche economicamente, vi è il rischio che i giovani non abbiano neanche la possibilità di iniziare a costruire quella nuova cellula della società, quel mattone indispensabile al futuro dell’umanità, che è rappresentato da una nuova famiglia.

Se, invece, le famiglie si coinvolgono e s’impegnano insieme ai giovani in questo cammino prematrimoniale e poi matrimoniale e familiare, questi giovani continueranno ad avere delle guide che, per età ed esperienza, potrebbero e dovrebbero essere apportatrici di maturità e saggezza. In caso contrario i due giovani saranno soli, in balia degli eventi; soli ad affrontare le tempeste della vita; soli nel risolvere le quotidiane avversità.

L’esperienza di questi ultimi anni ci ha, pertanto, insegnato che l’impegno congiunto delle famiglie, affinché i giovani intraprendano prima e poi si mantengano su un cammino di serietà, responsabilità e dovere è necessario, anzi indispensabile. La formazione d’una nuova basilare cellula della società non può essere affidata ad un gioco, seppur piacevole ma futile e passeggero, ma ad un confronto e ad un rapporto serio, attento e scrupoloso.

Una saggia conduzione dei rapporti amorosi dovrebbe, pertanto, prevedere una chiara comunicazione da parte dei giovani sia all’interno della coppia, sia nei confronti delle rispettive famiglie, degli amici e della società in genere: “Noi due, io e Chiara, non siamo amici, non siamo conoscenti, non siamo amanti; il nostro rapporto è qualcosa di più e di diverso; abbiamo degli importanti e solidi progetti comuni. Vogliamo condividere tutto: le nostre vite, le nostre aspirazioni, i nostri affetti come il nostro corpo. Vogliamo vivere insieme nella stessa casa. Vogliamo avere dei figli nostri da educare fino a far loro conquistare una buona maturità e responsabilità. Vogliamo, quindi, insieme costruire una famiglia, sana, stabile, affidabile, determinata nel raggiungere gli obbiettivi prefissati. Per raggiungere questi obiettivi abbiamo bisogno di percorrere, con il vostro aiuto e sostegno, mano nella mano, un cammino formativo e di conoscenza reciproca che ci porterà, tranne ostacoli imprevisti, quanto prima al matrimonio”.

A questo patto prematrimoniale dovrebbero concorrere, con i loro suggerimenti e consigli, le persone più care alla coppia. Ognuna di queste persone, nel momento in cui ne viene a conoscenza, non solo ha il diritto ma ha anche il dovere di dare ai giovani quei segnali di accoglienza e accettazione o al contrario, di disappunto e critica, che ritiene in coscienza utili per il bene del singolo, della coppia e della futura famiglia.

Pertanto è giusto, oltre che doveroso, che i genitori, i parenti e gli amici più cari possano dire: “mi congratulo per voi, sono felice che abbiate intrapreso questo cammino”, “Mi piace questo ragazzo/questa ragazza, vedo in lui/ lei una persona seria, serena, impegnata, bella, intelligente, responsabile, attenta. E’ evidente l’amore che ha per te. E’ innegabile che state bene insieme. Penso che potrà essere una buona moglie e madre, oppure, penso che sarà capace di essere un ottimo marito e padre”. Ma è anche giusto e doveroso che queste stesse persone manifestino chiaramente, anche se con la necessaria delicatezza, prudenza e accortezza, la loro disapprovazione o i loro giudizi negativi: ”Non mi sembra la persona giusta per te; l’avverto affettivamente immatura; ho l’impressione che abbia dei problemi nevrotici che potrebbero condizionare negativamente la vostra vita di coppia e familiare; è troppo diversa da te, non vi vedo bene insieme”.



[1]  PRANDINI, R., (1998), “La cultura dell’amore giovanile”, in La famiglia,187, gennaio – febbraio, p.19.

 

[2]  PRANDINI, R., (1998), “La cultura dell’amore giovanile”, in La famiglia,187, gennaio – febbraio, p.15.

 

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