Il corpo nella relazione uomo-donna

UCIPEM 2010- CONVEGNO

 

IL CORPO NELLA RELAZIONE UOMO – DONNA

AUTORE: Gabriela Moschioni 

 

 

Oltre trent’anni di lavoro in consultorio  mi hanno insegnato che è importante la preparazione metodologica e  la conoscenza scientifica, ma che  è ancora più importante  per essere efficaci in una relazione di aiuto in ambito sessuologico[1] :

  • la conoscenza
  • l’ascolto di sé,
  • del proprio corpo,
  • delle proprie emozioni


per mettersi in relazione con la persona che porta un problema sessuale vero o apparente.

E mai, come in questo tipo di relazione la persona, il corpo del consulente, le proprie incertezze, i propri tabù possono turbare il rapporto col cliente.

Dovevo affiancare una giovane psicologa che mi aveva domandato come “procedere” con un caso in cui una cliente affermava di essersi separata dal marito, dopo vent’anni di matrimonio e due figli, perché il partner le faceva richieste di prestazioni sessuali per lei inaccettabili.

Ho chiesto alla tirocinante se avesse domandato alla signora quale fosse il tipo di richiesta ed alla sua risposta negativa le ho domandato se lei stessa fosse a conoscenza di che cosa si potesse trattare.

Alla sua espressione allarmata ci “siamo sporcate le mani” e siamo entrate nel merito, cercando, da parte mia – spero con sufficiente delicatezza – di farle capire che prima di tutto avrebbe dovuto mettersi in relazione con le sue conoscenze, i suoi vissuti, le sue emozioni e sensazioni .

Parlare di amore fra un uomo e una donna dovrebbe essere una cosa molto semplice, sempre che ci accostiamo al tema[2] con apertura di cuore, di anima e di corpo; ben consci che le nostre esperienze personali, i nostri vissuti, le nostre debolezze, e anche le nostre certezze non sono che una minima parte dell’infinita varietà dell’approccio alla sessualità.

Ogni relazione di amore e di sesso è unica ed irrepetibile come sono uniche ed irrepetibili le persone che le danno vita.

L’amore fra un uomo ed una donna è l’unione intellettuale, emotiva, razionale e fisica più intima che può esistere.

E’ superiore alla intimità tra una madre ed il figlio (anche se amatissimo) che porta in grembo perché la maternità seppure così fisicamente pregnante è limitata nel tempo e produce un altro essere umano che non dovrebbe essere fatto per sé, ma per la vita, per il mondo, per la sua autonomia e per un altro essere umano, uomo o donna che il destino (o la Provvidenza) metterà sulla sua strada.

Il frutto della maternità (così ampiamente attribuito oggi alla donna, alla sua autodeterminazione ecc.) è il frutto della relazione intima col proprio partner il quale non solo ha fornito una prestazione sessuale più o meno soddisfacente, ma ha donato tutto se stesso affidandosi, perdendosi, unendosi con la sua partner in un’intimità fisica, emotiva e fusionale assolutamente esclusiva, che “dona” la vita.

E questo con buona pace di tutti quelli che esaltano oggi la pari dignità delle unioni sessuali: omosessuali, lesbiche, trans ecc.

L’amore tra un uomo ed una donna al di sopra di tutte le relazioni umane, che pure si esprimono con la corporeità, fa del corpo dei due amanti il mezzo e lo strumento per esprimere la sacralità dell’intimità più profonda ed esclusiva che dovrebbe essere destinata a durare tutta la vita.

 

 

L’amore usa il corpo per esprimere:

complementarietà

armonia

confidenza e fiducia

piacere – intimità

comunicazione

  • Complementarietà che è ovviamente fisica e anatomica, ma che sottintende completamento fisico e spirituale e che esprime “sei qui, stai con me, non andare via, perché con te sono finalmente completo
  • Armonia : l’unione maschio/femmina non è così facile ed immediata come si potrebbe supporre perché i due corpi, pur attratti l’un l’altro dalle molteplicità consce ed inconsce dell’innamoramento, hanno bisogno di un lungo e piacevole cammino di

*          conoscenza
*          avvicinamento
*          comprensione reciproca

*          armonizzazione dei propri gesti

per dare naturalezza e spontaneità all’incontro dei due corpi che sono diversi, sconosciuti, intriganti, ma che hanno avuto anche educazione e trasmissione di vissuti differenti.

  • Confidenza e fiducia ; perché i due corpi possano accostarsi con spontaneità e sicurezza i partner devono gradualmente imparare a guardarsi , a “vedersi” a “gustarsi” a partire degli sguardi, dai silenzi, dall’intreccio delle mani per raggiungere sempre più profondamente, sia fisicamente che emotivamente  dimestichezza e  naturalezza  nello scambio e nell’unione col corpo dell’altro 

Questo presuppone un buon rapporto col proprio corpo che fa nascere la curiosità e desiderio di dilatare la condivisione del proprio corpo con quello dell’altro

  • Piacere – intiimità ; la cultura odierna ha enfatizzato la fruizione del piacere, ma ci ha anche condizionato a canoni rigidi, quasi standardizzati di erotismo : modalità, durata, frequenza, quantità in una gamma di sfumature che va dall’autoerotismo (coadiuvato anche da strumentazione tecnica e sostenuto da fantasie indotte dalle chat) fino a qualsiasi tipo di rapporto “gender” (omosessuale, lesbico, trans) purché dia piacere.

Anche il pubblico di prima serata è martellato da immagini di rapporti che puntualmente partono da baci sconvolgenti fino a terminare in orgasmi multipli magari fra due persone che si sono appena incontrate e di cui non conoscono il nome.

L’intimità oggi è diventato un problema sociale  perché tutto quello che riguarda il corpo è buttato fuori, proiettato anche sullo schermo, esternalizzato.

L’extimità cioè l’esibizione e l’enfatizzazione del corpo senza relazione e l’uso patologico sempre più frequente degli strumenti digitali per fare sesso sono fenomeni preoccupanti perché in ultima analisi significano usare il corpo in modo narcisitico

“ Si fa sesso senza corpo, si è dipendenti senza sostanze”

Invece il piacere reciproco che si offrono i due partner deve contenere tutta la gamma delle sfumature che compongono le due persone:

    • l’affettività (che è bisogno di calore e di comunicazione,
    • la complicità che è sentirsi unici e anche “birichini” insieme,
    • l’allegria che significa sentirsi “bambini” insieme, 

Piacere è sapersi liberare dalle preoccupazioni del lavoro , dai doveri, dalle incombenze pratiche della vita per concedersi e comunicarsi la gioia di essere insieme.

  • Comunicazione .nell’incontro dei due corpi c’è anche una buona e sana dose di regressione che è per lui un rientrare nell’intimità sicura e mai dimenticata del grembo materno e per lei offerta di accoglienza, di maternità piena, bisogno atavico di sentirsi “madre terra” che è bisogno magari onnipotente di fecondità.

Comunicare attraverso il corpo significa accettare ed accogliere con gioia ed indulgenza la regressione, l’erotismo, la curiosità e anche la giocosità e l’infantilismo del partner .

Non è facile riconoscere, percepire, portare a galla e dirsi a parole queste sensazioni profonde ed arcaiche, ma è proprio attraverso il linguaggio del corpo che possiamo esprimere la rassicurazione reciproca, l’accettazione piena, la curiosità, la scoperta attraverso la gestualità che comunica gioia e amicizia profonda.

Mi dispiace dover ammettere che anche la Chiesa ha in questo campo (tanto ormai è di moda oggi per noi cristiani fare il mea culpa e chiedere perdono a tutti) un bel po’ di responsabilità perché l’eccessiva esaltazione e banalizzazione del sesso nei giovani d’oggi può essere la reazione ad una educazione sessuofobia e rigida ricevuta dalle precedenti generazioni.

 

Quali sono oggi i problemi che vediamo in Consultorio oggi ?

 

La prima osservazione che mi viene spontanea è che le giovani coppia riguardo al sesso siano “inappetenti”

Magari sono giovani, belli, sani, abbronzati e palestrati, ma non fanno sesso o ne fanno pochissimo.

–                     le esperienze sessuali precoci e l’uso della sessualità e del corpo come “esperienze”. moda, costume

–                     la non esclusività e personalizzazione del rapporto sessuale

–                     la fedeltà intesa come essere fedeli ad una persona per volta e “finchè sto bene con te ti sono fedele”

fanno sì che dopo un primo periodo di intensa attività sessuale sulla spinta dell’attrazione fisica, della novità, della curiosità a poco a poco la coppia si disaffeziona al rapporto ancora prima di andare a convivere.

La scissione, ormai universalmente invalsa, tra procreazione e sessualità ha tolto molto o tutto della sacralità, del mistero e anche della paura del rapporto sessuale.

La paura oggi che pure è presente nella relazione fisica è più riconducibile a problemi profondi delle due personalità, a problemi connessi al rapporto intimo con sé ed alla paura di concedere intimità ad un’altra persona nella quale si ha paura di perdersi o dalla quale si ha paura di essere sopraffatti

La mancanza di novità, la curiosità appagata, il piacere ripetitivo, gli stessi orari, gli stessi rituali, le stesse posizioni, la stanchezza, gli stimoli esternizzanti sia del lavoro che del divertimento portano la coppia a considerare il “fare l’amore” come una delle tante “cose da fare”.

Per non parlare delle responsabilità connesse col costituirsi della famiglia, la nascita dei figli, la gestione economica, le varie incombenze legate alla vita di tutti i giorni con la forte centralità che il “figlio” ha assunto oggi.

Una mia giovane cliente (cinque anni di matrimonio e tre figli) mi diceva che suo marito era totalmente cambiato non tanto dal momento dell’arrivo di tutti quei figli inaspettati, ma dall’arrivo della prima bolletta da pagare.

Non ho preso in considerazione le patologie connesse alla sessualità, mi sono limitata a fotografare la realtà della coppia media “normale” che viene in consultorio per le più svariate problematiche relazionali, educative, conflittuali ecc. dalle quali escono, apparentemente in modo marginale, i vissuti della  sessualità.

Quando la sessualità non è vissuta in modo completo, coinvolgendo tutte le componenti della persona, non riesce a portare ricchezza nella relazione e facilità nel rapporto interpersonale.

non basta aprire il becco all’usignolo per poter ascoltare l’armonia del suo canto”.

E’ possibile aiutare la coppia nell’ambito della consulenza familiare, rafforzare e valorizzare la sua sessualità?

In qualsiasi intervento sulla coppia è utile “entrare” e “far entrare” i due partner nella partnership sessuale perché i loro corpi e la loro armonia o disarmonia stanno alla base della relazione.

L’atteggiamento, il tono di voce, il linguaggio, la gestualità, la persona dell’operatore devono esprimere attenzione, accoglienza, tenerezza ed anche complicità.

L’operatore deve trovare il modo di mettersi in comunicazione con la parte più tenera, scoperta, talvolta infantile di ognuno dei due e contemporaneamente con le emozioni della coppia.

Il setting deve diventare un luogo ed uno spazio sicuro, sereno perché solo in un “ambiente  affettivo” i due singoli potranno esprimere le loro aspettative più profonde, le loro delusioni, ma anche i loro affetti.

Emozioni,  sensazioni, sentimenti che non sono mai stati abituati ad esprimere ne con le parole, ne col corpo.

Il lavoro del consulente consisterà soprattutto nel farli entrare “senza paura” in relazione prima con sé, poi col partner, aiutandoli ad apprendere ed usare la gestualità affettiva, cioè l’espressione attraverso il corpo delle loro emozioni, dei  loro sentimenti e del loro amore.

L’ operatore non può aiutare i partner a mettere in campo la gestualità affettiva se non ha raggiunto egli stesso questo equilibrio fisio-psichico-emotivo e se non l’ha sperimentato in prima persona nei suoi rapporti interpersonali più significativi anche al di la di eventuali insuccessi.

La trasparenza e la semplicità nell’approccio alla coppia sono il punto cardine per “insegnare” ai partner l’immensa potenzialità della gestualità affettiva che sta alla base dell’armonia della coppia.

Questo tipo di setting avrà magari una piccola valenza educativa (assolutamente però non didattica) che consisterà nel trasmettere, anche attraverso il proprio modo di comunicare fluidità,  calore, profondità  di espressione delle emozioni: in sintesi gesti affettivi che aiutano e rendono significativa e reale  la comunicazione.

 



[1] Come direbbe Don Pino:”Studiate, imparate, fatevi una buona base professionale, ma poi dimenticate tutto e comunicate da “persona a persona”.

 

[2] attenzione ho detto al tema. Non al problema

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