Sessualità e procreazione. Indagine nazionale del ministero della salute

 Sessualità e procreazione.

Indagine nazionale del ministero della salute

 

 

Autori:  Piera Di Maria – Gabrio Zacchè

 

 

 

Quattro indagini condotte nell’ambito del Progetto “Studio Nazionale Fertilità” e coordinate dall’Istituto Superiore di Sanità, sono state presentate a Roma nel febbraio di quest’anno. Esse rappresentano un importante patrimonio conoscitivo per quanti si interessano della evoluzione della famiglia italiana e possono intervenire in campo informativo ed educativo. Coinvolgono un campione di cinquantamila persone tra adolescenti, studenti universitari ed adulti.

La denatalità e l’invecchiamento della popolazione preoccupa per i risvolti economici sociale e previdenziali.

“Inverno demografico”

Nel 2018, per il quarto anno consecutivo, è stato registrato il minimo storico della natalità con 449mila nati.

 

 

La situazione nella Nostra provincia mantovana (Tab. 1 e 2) non è diversa da quella nazionale: le nascite nel 2010 erano state poco più di 4000, poi sono andate via via diminuendo e secondo le stime nel 2018 non hanno raggiunto quota 3000. Per contro i morti hanno avuto un andamento costante attorno ai 4000/anno.

 

 

nati

morti

 

2010

4152

4349

 

2011

3962

4417

 

2012

3680

4517

 

2013

3647

4352

 

2014

3496

4336

 

2015

3265

4664

Nel 2017

-27,40% rispetto al 2010.

I morti sono costanti

2016

3165

4369

2017

3016

4549

                                   2018*

2197

3461

*gennaio-settembre 2018.

La stima è comunque un numero di nati inferiore ai 3000

Tab.1

 

Fonte dati ISTAT (http://demo.istat.it/)

 

 

Altro dato significativo è il tasso di natalità: nel 20917 in provincia di Mantova vi erano 7,3 neonati ogni mille abitanti. In Lombardia eravamo terzultimi, davanti solo a Cremona e Pavia.

 

 


 

   Indagine sugli adolescenti

 

“Doctor internet” è il punto di riferimento di ragazzi e ragazze sulle tematiche della salute sessuale e riproduttive (per l’89% i maschi e l’84% le femmine). In media il 40% si rivolge anche agli amici e poco più di un ragazzo su cinque si rivolge alla famiglia.

Soprattutto i giovanissimi hanno ancora molto da imparare sui fattori di rischio/protettivi per la riproduzione (età e stili di vita) e in particolare su alcune infezioni/malattie a trasmissione sessuale (IST) quali sifilide, gonorrea, papilloma virus e clamidia.

Consultorio questo sconosciuto. Continuano a rimanere poco utilizzati (solo un 3% dei maschi e un 7% delle femmine si sono rivolti a questa struttura) e conosciuti (il 29% dei ragazzi non sa cosa siano e lo ignora il 16% delle ragazze). Anche il contatto con i medici specialisti è limitato, in particolare tra i maschi.

Eppure gli adolescenti fanno sesso: circa 1 su 3 ha dichiarato di aver avuto rapporti sessuali completi (35% dei maschi e 28% delle femmine) e con leggere differenze per area geografica, specialmente tra le ragazze (22% al Sud e 32-30% al Centro-Nord).

I metodi contraccettivi più conosciuti sono il preservativo (99%) e la pillola (96%). Per quanto riguarda l’utilizzo dei metodi contraccettivi, rispetto all’indagine fatta dall’Iss nel 2010, rimane stabile la percentuale di chi non usa alcun metodo (10%), mentre aumenta l’utilizzo del preservativo (più del 70% al primo rapporto e negli ultimi 3 mesi) ma anche quello del coito interrotto (circa il 25%) e del calcolo dei giorni fertili (11%).

La famiglia è un luogo in cui difficilmente si affrontano argomenti quali “sviluppo sessuale e fisiologia della riproduzione”, “infezioni/malattie sessualmente trasmissibili” e “metodi contraccettivi”. Appena 1 adolescente su 5 affronta con la famiglia in maniera approfondita queste tematiche.

È la scuola che dovrebbe garantire l’informazione sui temi della sessualità e della riproduzione: la pensa così ben il 94% dei ragazzi e il 61% ritiene che i percorsi formativi dovrebbero iniziare dalla scuola secondaria di primo grado o anche prima. Tuttavia solo il 22% degli adolescenti vorrebbe ricevere queste informa-zioni dai propri docenti, mentre il 62% vorrebbe personale esperto esterno alla scuola.

Differenze regionali. Il livello di conoscenze dei ragazzi varia a seconda della macro area di nascita con un gap tra Nord e Sud del Paese. D’altra parte, appena il 33% dei

ragazzi del Sud ha partecipato a corsi/incontri sul tema della sessualità/riproduzione contro il 78% dei loro coetanei del Nord del Paese (aumenta il divario Nord-Sud rispetto al 2010).

Infine, tra gli adolescenti appena il 7% i pensa di non avere figli nel suo futuro, mentre quasi l’80% di loro indica, come età giusta per diventare, genitore prima dei 30 anni.

 

Indagine sugli studenti universitari

 

1 su 4 degli intervistati ha dichiarato di fumare, 2 su 3 consumano alcolici nel corso della settimana e più dell’80% è consapevole che questi comportamenti influenzano la fertilità, sia maschile che femminile. Molti si sentano adeguatamente informati sulle tematiche di salute sessuale e riproduttiva, ma sovrastimano la loro conoscenza, e talvolta, l’informazione che hanno è addirittura non corretta (come avviene per gli adolescenti).

L’83% ha già avuto rapporti sessuali completi, con un’età media al primo rapporto tra i 17 e i 18 anni. Il 95% ha dichiarato di usare metodi contraccettivi nei rapporti abituali: il preservativo (71%), la pillola e altri metodi ormonali (46%), coito interrotto (24%); tuttavia il 22% dichiara di aver avuto rapporti occasionali non protetti.

Scarse le conoscenze sulle fertilità. L’età giusta per diventare genitori viene percepita tra i 26 e i 30 anni, ma sui tempi della fertilità maschile e femminile non c’è una corretta conoscenza, considerando tempi più lunghi rispetto a quelli biologici.

La scuola e gli incontri educativo-informativi sono percepiti come il miglior canale di diffusione e informazione per le tematiche sessuali e riproduttive, anche se ancora una volta il canale più gettonato per ottenere autonomamente le informazioni rimane internet (più del 90%).

Per quanto riguarda il contatto con i medici specialisti, mentre il 75% delle studentesse ha fatto una visita ginecologica, solo 1 studente su 4 è stato dall’andrologo. Si sono rivolte al consultorio familiare solo il 34% delle studentesse intervistate, mentre è stato utilizzato solo dal 13% dei maschi.

 

 

Indagine sugli adulti

 

Non c’è piena consapevolezza del ruolo giocato dall’età nella fertilità biologica femminile e ancor più nella capacità riproduttiva maschile, come emerso anche nella popolazione più giovane. Solo il 5% del campione è consapevole che le possibilità biologiche per una donna di avere figli iniziano a ridursi già dopo i 30 anni; una buona parte, 27%, pensa che questo accada intorno ai 40-44 anni, 28% oltre questa età e il 14% con la menopausa.

E lo scenario peggiora quando si parla di fertilità biologica maschile: nove persone su dieci (87%) forniscono una risposta inadeguata (oltre i 45 anni o mai) o non sanno dare alcuna indicazione.

Per quanto riguarda la propensione alla procreazione, un po’ meno della metà dei rispondenti (44%) dichiara di non essere intenzionato ad avere figli; il 4% è incerto ma pensa di no e il 7% non ci ha ancora pensato. E comunque quasi 1/3 di chi non ha figli (il 31%) dichiara di non volerne neppure in futuro o di non averci pensato.

Le motivazioni per rinunciare o rinviare la nascita di un figlio, escludendo dalla stima le persone senza un partner o che riferiscono problemi di fertilità, sono legate principalmente a fattori economici e lavorativi e all’assenza di sostegno alle famiglie con figli (41%), seguiti da quelli collegati alla vita di coppia (26%) o alla sfera personale (19%); infine ci sono problemi di salute (17%) o legati alla gestione della famiglia (12%).

 

Indagine sui professionisti

In generale tra i professionisti c’è un buon livello di conoscenza in ambito di salute sessuale e riproduttiva, tuttavia si evidenziano carenze formative su alcune aree e di conseguenza sulla comunicazione agli assistiti.

Emergono “défaillance” sull’importanza di vaccinazioni, in particolare per il papilloma virus (responsabile dei tumori del collo uterino), sul ruolo negativo esercitato da obesità ed eccessiva magrezza sulla fertilità. Sono scarse le informazioni fornite agli adolescenti sui rischi delle infezioni/ malattie sessualmente trasmissibili e sulla non efficacia dei contraccettivi orali per la protezione dalle infezioni/ malattie sessualmente trasmissibili.

Non è chiaro per tutti che l’età, anche quella maschile, è una componente fonda-mentale della capacità riproduttiva.

E’ generalizzato un eccessivo ottimismo sulle possibilità delle tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita (Pma) di risolvere sempre i casi di infertilità. Persiste, inoltre, la tendenza a consigliare la Pma a pazienti in cui è evidentemente inutile, generando aspettative che procureranno frustrazione alle coppie.  

Considerazioni conclusive

La ricerca disegna un quadro poco confortante. Se il sogno degli adolescenti (93%) è un futuro di coppia con figli, raggiunta l’età adulta i sogni svaniscono: il 44% degli adulti afferma di non volerne. Tra le possibili ragioni di questa scelta radicale, la più gettonata e realistica (41% dei casi) riguarda l’ambito economico. In affetti, l’aumento della disoccupazione e la crescita della precarietà nel lavoro hanno impoverito le prospettive dei giovani. Se un tempo era semplice trovare un impiego stabile dopo il diploma, ora i ragazzi studiano fino all’università ma, una volta laureati, faticano a trovare un lavoro fisso pagato adeguatamente; molti si recano all’estero.  Sono quasi 28mila i giovani italiani che, con una laurea in tasca, nel 2017 sono volati all’estero. A loro si aggiungono 33mila diplomati di 25 anni e più che hanno preso la stessa strada. Una scelta fatta da più di 244 mila giovani negli ultimi cinque anni. E più della metà, il 64% per l’esattezza, ha un titolo di studio medio-alto (dati ISTAT).

Non solo difficoltà economico-lavorative: la radice della questione va cercata anche negli affetti, nella sempre più frequente instabilità di coppia (separazioni e divorzi). Oggi prevale il bisogno di una libertà individuale, di una realizzazione personale con propri spazi, tempi e aspirazioni a discapito del “noi” di coppia.

Per molti giovani, poi, si è allungata l’età in cui costruire relazioni stabili, mancano garanzie solide per diventare famiglia e così si sposta sempre oltre l’eventuale nascita di un figlio, fino a raggiungere un’età in cui la fertilità è per natura ridotta.

Alla fine, quando va bene, ci si accontenta del figlio unico e si concentreranno su di lui enormi aspettative.

Vi è bisogno di informazione per i giovani (educazione sessuale, educazione a stili di vita sani) ma ancor più vi è bisogno di formazione alla affettività. I consultori pubblici, oggi poco finanziati e prevalentemente ridotti a poliambulatori, a discapito della più importante funzione psico-pedagogica, vanno potenziati e meglio indirizzati. 

Vi è bisogno di politiche a sostegno della famiglia.

Il primo passo è permettere alle donne di conciliare lavoro e famiglia. Servono contributi per i genitori, strutture quali asili aziendali che in altri Paesi sono già realtà diffuse. In Italia una donna su tre lascia il lavoro dopo la nascita del primo figlio. Solo il 18% dei bambini trova posto negli asili-nido pubblici. I nonni, costretti a lavorare fino ad una età più avanzata, sono sempre meno disponibili.

Gabrio Zacchè

 

 

La formazione alla affettività ed alla sessualità negli adolescenti e nei giovani.

Interessante convegno organizzato dal Centro per la pastorale famigliare della diocesi di Mantova. Rivolto principalmente agli educatori, ha aggregato numerose coppie impegnate in un clima di serenità e di condivisione. Abbiamo partecipato per la mission che il nostro consultorio Ucipem esercita nel settore educativo. La relazione della dottoressa Di Maria qui riportata ci è parsa particolarmente concretae meritevole della riflessione di tutti  (GZ).

 

Lettura di situazione   

Come si fa a guardare la realtà dei ragazzi del nostro tempo e non intristirsi?

La pornografia online è oggi il vero tema. La precocità con cui gli adolescenti accedono alla sessualità genitale è molto accentuata. Se un diciottenne si accorge che un suo coetaneo non ha ancora avuto un’esperienza sessuale, gli chiede subito se ha dei problemi. La norma sembra essere il “sexing” ovvero mandare messaggi a sfondo erotico tramite le chat. L’obiettivo è consumare emozioni attraverso il corpo con una sorta di potenziatori dell’emozione, vere droghe del sesso.                                                                                           Alcuni dati statistici: da indagine del telefono azzurro emerge che è sempre più diffusa la moda di filmare le esperienze sessuali e diffonderle su chat. Questo crea situazioni imbarazzanti e gravi per chi le vive, a volte tragiche e impensabili per le famiglie. Nel 2011 la percentuale di coloro che mettono o ricevono messaggi sulle chat è uno su dieci, nel 2017, due su cinque, il 40%. Inoltre, teniamo conto che il primo rapporto oggi avviene tra gli 11 e 14 anni.                                                      

Dove imparano gli adolescenti oggi le cose sul sesso?

La maestra privilegiata dai ragazzi è la pornografia online, che racconta solo esperienze genitali in varie forme, non ci sono volti, non ci sono emozioni, non ci sono storie … Il 90% degli adolescenti accede a questi siti e per quelli che hanno una fragilità affettiva, relazionale, emotiva si configura il modello della dipendenza, una cosa con cui dobbiamo oggi essere pronti a che fare.

Dal 2015 per comprare un nuovo farmaco contraccettivo di emergenza (Elleone) non c’è più bisogno di ricetta, almeno per i maggiorenni. E’ un farmaco che sostituisce la pillola del giorno dopo, facile da procurare anche da parte dei  minorenni. Dai 17.000 pezzi venduti nel primo anno in brevissimo tempo si è passati a 145.000.

Si fa strada anche la fragilità sulla identità personale; considerando infatti la sessualità pura genialità si toglie riferimento alle differenze.

Dove dunque sono immersi i nostri giovani?

Dove non c’è luce, anzi c’è nebbia, ci sono luci artificiali, c’è confusione, ci sono rumori… e rimangono avvolti dall’inquietudine e dall’angoscia. E’importante raggiungerli, arrivare dove sono loro prima che entrino in qualche situazione degenerativa. Non possiamo lasciarli lì nel desiderio di essere felici. Bisogna accendere il buio, bucare questo buio e accendere la nostalgia del bello. La vera sfida è raggiungerli e trovare le giuste luci da accendere. Non è sufficiente demonizzare, rimproverare, vietare. Il potere attrattivo delle emozioni è troppo forte negli adolescenti. Papa Francesco dice: “per anni il faro è stato sufficiente, la Chiesa ha detto che cosa è giusto; oggi non è più sufficiente, dobbiamo accendere fiaccole dentro il corpo per vivere giuste relazioni con i ragazzi, deve esserci qualcosa che brucia lì accanto a loro”. 

                                                                                      

Proposte educative/formative (cosa fare?) 

Quale stile educativo dunque vivere in questo contesto? Come fare per accendere queste luci, fiaccole o fari?  Se i ragazzi incontrano il buio interiore a tredici anni, questo virus è nell’aria.  Come vaccinarli, provocati come sono al sesso per non sentirsi ‘sfigati’, con la certezza che tanto c’è la pillola del giorno dopo e così con leggerezza mandano video, si spogliano davanti alla telecamera del cellulare?                                                                                              Se alla sessualità ci arrivano con un vaccino buono, una luce che è dentro il loro corpo, forse il destino potrebbe essere diverso. Dobbiamo provocare una voce buona che contrasti le proposte apparentemente luccicanti che incontrano a 14 anni, una luce, una voce dentro che dica loro: “forse questo non è il bene per te: desidera di più, desidera di meglio”.   

Quando inizia l’educazione sessuale? A quale età?                                                       

L’educazione sessuale inizia dai genitori, dal loro vissuto di sessualità; fin dall’inizio della vita del loro figlio raccontano qualcosa di sé. E’ fondamentale quello che nella vita sta nel proprio vissuto relazionale, più dei corsi o insegnamenti che si possono proporre.

Quello che chiamiamo in termini moralistici “i bisogni della sessualità degli adolescenti”, si nutre oggi di un disagio affettivo profondo. Le ragazze facili che ‘si danno a tutti’ non lo sono perché sono poco serie, o perché nessuno ha insegnato loro la buona educazione, o non ci sono i genitori, in realtà sono ragazze che non hanno percezione del loro valore, che il loro vissuto relazionale, affettivo, emotivo dai primi anni dell’infanzia, non è stato una conferma piena del loro valore; è come  non accorgersi del valore di un diamante. E’ in gioco una buona percezione di se stessi, non esterna ma che sta nella pancia, nel cuore, nella testa.  Le ragazze che crescono con una buona percezione di sé, se qualcuno chiede loro una prestazione a buon mercato, non è che non la fanno perché sono brave, buone, ma perché sentono il senso della loro individualità, della loro dignità.  Come si sentono invece le ragazze che accettano rapporto anonimi, distaccati, legati solo al piacere? Non provano nessuna soddisfazione, solo vogliono rimanere nel giro degli amici.     

 

                                                                                   

Vi è incapacità ad ascoltare il corpo.

Se uno è connessa al suo corpo, sa come ascoltarlo, sa cosa desidera. Una seria educazione sessuale deve avere come obiettivo di trovare il senso corretto del proprio vissuto corporeo. Chi è connesso con il proprio corpo alcune cose non le farà mai, non perché sono immorali, ma perché sono povere, squallide, tristi e lasciano un vuoto. Se tu hai valore, non ti abbassi a una cosa così povera. Anche nel caso di un ragazzo che rimane fissato alla dipendenza del porno, non è più cattivo degli altri, è solo di una fragilità più grande. Dove viene regalato un modo di abitare il corpo? Dentro la triade dei genitori con il figlio. Il nostro corpo conserva la memoria dei vissuti della nostra vita, fin dal seno materno. Ci sono due memorie nel nostro corpo: la memoria cognitiva che ci fa ricordare le cose che ci sono successe nella vita fino a due/tre anni. Poi c’è una memoria corporea emotiva dove si conservano le memorie emotive, a partire fin dall’embrione. Il corpo in questo senso è una parola di Dio (teologia del corpo di Giovanni Paolo II), una parola con cui Dio dice chi siamo, ma spesso è il luogo meno ascoltato della nostra persona, mentre invece è una sorgente preziosissima di codici che decifrano il senso. Un rapporto sessuale con una persona che non si ama, procura una reazione contradditoria, di non appartenenza, di inquietudine, di angoscia. Il rapporto dice “tu mi appartieni”, ma la realtà è che non ti appartiene e ciò genera angoscia; se invece il rapporto è con l’uomo della mia vita la sensazione che mi appartiene cresce sempre di più, rendendo l’atto sessuale un arricchimento alla relazione.

Quando nasce l’esperienza libera per cui l’altro è un tu e non qualcosa da mangiare? Quando nello sviluppo emotivo vissuto dalla pancia in poi, tutto quello che era bisogno di conferma, calore, contatto è stato soddisfatto?  Un bambino che non ha vissuto la conferma piena di sé nella relazione primaria, sarà sempre mendicante dell’amore e cercherà continuamente conferme. Attrezzare un figlio fin dalla nascita, è regalare a quel corpo che nasce e cresce il senso pieno di sé, frutto dell’essere stato amato così com’è, accolto, riscaldato dagli abbracci. In questo modo si diventa capaci di desiderare, senza aver la necessità di soddisfare un semplice bisogno.

C’è una forte differenza tra bisogno e desiderio.

Nel contesto dell’immaginario l’uomo è quello che ha bisogno, la donna invece no. Dovremmo immaginare invece il vissuto di una donna che sente il bisogno di suo marito (spesso le donne vivono l’atto sessuale come debito coniugale, ma non ne sentono il bisogno come l’uomo). La donna vuol sentire dal marito il desiderio di lei, è il mio corpo che desidera il tuo, non un bisogno da soddisfare. E’ parlare con il mio corpo che è bello per te. Questo cambia totalmente il rapporto e la relazione. Una persona passa dal bisogno al desiderio solo se i bisogni a suo tempo sono stati placati, facendomi diventare un uomo libero, capace di entrare in relazione con il tuo corpo come un io davanti ad un tu. L’esperienza del piacere come luogo in cui stiamo io – tu e lo spazio tra noi, dove è richiesto che io e tu siamo capaci di stare in piedi uno davanti all’altro, dove non è la fame che divora, ma la libertà che gusta l’incontro e parla un linguaggio. La sessualità è un linguaggio del corpo. La genitalità e solo l’ultima parola della sessualità.

 

Perché la relazione sessuale è luogo fecondo?

Perché genera la vita; perché genera prima me come donna e te come uomo. “Ci sono tre modi di intendere la relazione sessuale: il primo è due corpi che si incontrano. Il livello più alto è l’incontro tra due corpi e due anime, ma il livello più alto ancora è quello che grazie all’incontro della sessualità il mio corpo incontra la mia anima” (Mila Kundera). Dentro questa esperienza contatto una parte di me, così profonda, vera, sento il senso profondo del mio essere donna nel corpo, che mi illumina e posso riconoscerla grazie a te che sei dentro di me. La sessualità è un potente generatore del noi perché genera il vero maschile e il femminile. La sessualità è il luogo dove si sente la necessità di riconoscere, di amare, di generare. La sessualità nutre la reciprocità.      

                                                                      

Passiamo dall’infanzia all’adolescenza.

Il periodo che porta nei ragazzi una bomba biologica di testosterone, che attiva non solo la trasformazione del corpo ma anche dei desideri del cervello. Attiva tutte le reazioni corporee. E’ necessario allora regalare all’adolescente, che vive emozioni e trasformazioni che arrivano in modo irruente e veloce insieme a tempeste e virus, un modo di abitare il proprio corpo il più sano e pieno possibile, per dargli la possibilità di starci dentro. L’adolescenza è il tempo in cui i ragazzi tendono a differenziarsi, a ribellarsi, in cui vogliono andarsene dalla “culla” con la forza che hanno acquisito; pensano: ‘rimango figlio, ma ora voglio capire chi sono io’. Non dobbiamo avere paura che gli adolescenti si allontanino da noi, ma se abbiamo dato loro una sana appartenenza, possiamo essere fiduciosi anche in una loro sana autonomia. L’integrazione è fondamentale. L’esperienza della relazione non è altro che integrare l’umano. Soprattutto il sesso senza corpo diventa l’essenza della disintegrazione dell’umano. In questa situazione bisogna fare attenzione ai riduzionismi. Quello biologico: basta che io protegga mio figlio o il mio alunno dai rischi che sono legati alla sessualità, come dovere. In questo modo basta che funzioni bene, che mio figlio viva da maschio, abbia una vita da ‘macio’. C’è anche il riduzionismo psicologico, dove ci si chiede qual è il criterio di una buona sessualità, da cosa stare attenti. E’ un confronto soprattutto sull’atto fisico e le sue conseguenze. Infine ci sono i riduzionismi spirituali, presenti soprattutto all’intero degli ambienti ecclesiali: sono le

modalità di parlare ai ragazzi di sessualità in modo disincarnato che non si fa ascoltare.

Che cosa possono fare i genitori per favorire l’integrità e la pienezza dei figli?

La prima cosa da fare è prendersi cura della loro relazione di coppia. Non è la sessualità perfetta dei genitori a custodire e proteggere i figli. L’intimità relazionale di due coniugi per essere custode dei figli, non deve necessariamente essere quella perfetta. Chi può avere un’esperienza sempre piena, perfetta? Sentirsi sempre al top dell’eccellenza è una grossa tentazione. Al contrario le cose più belle avvengono nella fragilità. Ci può essere fragilità anche nella nostra esperienza, che può essere ferita come si ferisce la conchiglia da cui nascono le perle. Quello che ci viene chiesto per alimentare il desiderio di integrità e pienezza  degli adolescenti è fermarci a guardare il nostro noi e se lo scopriamo fragile, non deve metterci in difficoltà. La fragilità va guardata, vista e attraversata. Il peccato è non guardarla, non riconoscere che abbia bisogno del prenderci cura del noi, di leggere i sintomi della fragilità, della febbre della relazione. Che temperatura ha la nostra intimità? Da questo dipende il bene dei nostri figli e nostro Il bene che possiamo dare ai figli e anche alla Chiesa dipende da quanto siamo felici, perché solo quando lo siamo possiamo raccontare quanto è bello Dio, non quando siamo bravi. Prendersi cura del ‘noi’ fragile è bello perché non lo sentiamo ancora realizzato. A volte c’è bisogno anche di farsi aiutare. Ci possono essere sessualità ferite, si arriva persino a entrare nella relazione di coppia con memorie corporee terribili. Occorrono luoghi in cui si impara ad apprendere il bene prezioso della sessualità.

L’amore umano è da custodire.

Conclusioni

C’è una frase che può concludere la nostra riflessione: “qualunque sia la storia che è scritta in un corpo, qualsiasi sia la memoria che quel corpo ha del suo vissuto, voi dovete credere che quel corpo potrà scrivere una storia nuova, più bella e più grande”. Lo ha detto anche papa Francesco in una pagina stupenda: “il vino migliore è ancora quello che deve venire”. A Cana quando viene il vino migliore? Quando  il vino normale è finito, quando la festa ormai sembra finita, allora arriva il vino buono. Noi spesso guardiamo al passato come qualcosa di finito. Il vino buono verrà, ma bisogna prendersene cura. Bisogna crederci. Quando ci si trovi di fronte a situazioni senza conferma, senza calore, senza gioia di solito ai figli si dice: io ti voglio bene ma tu non mi devi deludere. Questo vale anche per la coppia. Non possiamo dimenticare che purtroppo sono frequenti gli abusi intra-familiari. Davanti a certe storie drammatiche l’impressione è tristissima, vien spontaneo pensare ‘ma dov’eri Dio in quel momento?’  La risposta la troviamo in Gesù che è disceso nell’abisso del male, ha assunto questo dolore, ma poi dopo tre giorni ha portato la luce. Senza questa fede non c’è possibilità di queste terapie di novità. La guarigione delle nostre ferite umane è già garantita dalla risurrezione di Gesù. Non ci bastano le soluzioni umane, ci vuole quel di più che viene dalle fede, che ogni giorno sostiene e illumina. Non si può accompagnare nessuno in un luogo che non conosci. Ma Lui conosce dove accompagnare.

Piera Di Maria

Ginecologa e sessuologa

Palermo

Mantova, 17 marzo 2019. Testo rivisitato liberamente da registrazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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