I disturbi delle funzioni cognitive

Per disturbo delle funzioni cognitive si intende l’incapacità del bambino di fornire prestazioni scolastiche: lettura, scrittura, calcolo, rispondenti alla sua età e alla classe frequentata.

Cause

Questa incapacità può avere molte cause: alcune possono riguardare il bambino, ma altre possono essere sicuramente attribuite al suo ambiente scolastico e/o familiare.

Cause genetiche e organiche

Poiché le capacità di apprendimento necessitano di strutture biologiche e funzionali atte a svolgere le attività richieste, il bambino può avere difficoltà in una o più prestazioni scolastiche in quanto le sue capacità intellettive risultano carenti o non mature in modo più o meno grave, in una o più funzioni per delle particolari predisposizioni genetiche o per una o più malattie che il soggetto ha subìto nel corso della sua vita intra ed extrauterina, malattie che hanno provocato delle alterazioni anatomiche o funzionali, a livello cerebrale.

Cause ambientali

Presenza di problematiche affettivo-relazionali.

Le funzioni cognitive non sono isolate dal contesto affettivo-relazionale. La chiave dell’intelligenza e dello sviluppo mentale sta nelle prime relazioni e nelle prime esperienze emotive vissute con la madre e con chi ha cura del bambino. Tutti gli apprendimenti, scolastici e non, sono notevolmente facilitati quando è presente una buona serenità interiore, che permette al bambino di vivere in armonia con se stesso e con gli altri, mentre l’ansia, la depressione e le paure, disturbano notevolmente le capacità di attenzione e concentrazione. Capacità queste indispensabili in tutti gli apprendimenti, in quanto determinano una maggiore e più stabile memorizzazione, migliore rendimento nei processi di analisi e di sintesi uditiva, più facili capacità nella concettualizzazione, migliore utilizzazione ed esposizione di quanto letto o imparato.

Una buona serenità interiore consente al bambino un rapporto più stabile e valido con i docenti, un interesse più vivo nei confronti dei vari temi proposti per l’apprendimento, una maggiore resistenza alle frustrazioni e una più facile possibilità di passare da un argomento all’altro. Gli apprendimenti non avvengono o avvengono in maniera abnorme quando il minore è in preda alla tensione, all’ansia, alle paure, ai conflitti, o quando la tristezza e la malinconia privano il bambino dal desiderio e della voglia di apprendere.

A riprova di ciò vi è il vistoso ed improvviso calo nel rendimento scolastico quando qualcosa di importante turba l’animo dei minori: la presenza nella loro famiglia di conflittualità o di separazione dei genitori, il cambiamento radicale nel loro ambiente di vita, come può essere un lutto di qualche familiare importante per il bambino, un trasloco, la nascita di un fratellino, l’affidamento a persone con disturbi psicologici. Gli stessi insegnanti e genitori notano successivamente, una ripresa delle capacità cognitive quando le problematiche che affliggevano il bambino si sono felicemente risolte o questi ha trovato migliori modi compensativi.

I disturbi delle funzioni cognitive possono essere causati da tutte quelle situazioni di sofferenza che determinano ansia, disturbo dell’umore, vissuti di inadeguatezza, bassa autostima, disturbo pervasivo dello sviluppo, disturbo da deficit dell’attenzione con iperattività ecc.[1] Una meta-analisi (Kavale e Forness, 1996) mostra che i bambini con disabilità dell’apprendimento hanno meno capacità di interagire, comunicare, empatizzare e giocare rispetto ai loro coetanei” (Donfrancesco[2], 1996, p. 76).

Per De Ajuriaguerra e Marcelli[3]: “L’esperienza clinica dimostra quanto sia artificioso separare il cosiddetto stato affettivo dalle funzioni cognitive, dato che perturbazioni in un ambito finiscono, d’abitudine, per influire sull’altro: così alcune gravi alterazioni affettive si accompagnano sempre, a lungo andare, ad alterazioni cognitive.

Parimenti, è eccezionale che l’insufficienza mentale non sia complicata da una qualche difficoltà affettiva, tanto più grave quanto più profonda sia la deficienza”.

 Questo non significa, però, che ogni disturbo psicoaffettivo abbia un’influenza negativa sull’apprendimento e che ogni bambino con ritardo mentale avrà anche delle problematiche psicoaffettive ma che tra l’uno e l’altra funzione umana vi sono delle frequenti, possibili influenze.

Per Morin[4] (2001, p. 19): ”C’è una relazione stretta fra intelligenza e affettività: la facoltà di ragionare può essere ridotta, se non distrutta, da un deficit di emozione; l’affievolimento della capacità emozionale può anche essere all’origine di comportamenti irrazionali e, per certi versi, la capacità emozionale è indispensabile alla messa in opera di comportamenti razionali”.

Per Greenspan e Benderly[5] (1988, p. 3): “Abbiamo scoperto che le capacità più elevate della mente umana, come l’intelligenza, la moralità e il senso di sé, hanno inaspettate origini comuni”.

E ancora lo stesso Greenspan[6], analizzando i primi stadi dello sviluppo della mente aggiunge: “…si è visto che ciascuno stadio richiede una serie di esperienze fondamentali e specifiche e sottili scambi emotivi. Per cui non è l’intelletto a dominare la passione ed i sentimenti ma al contrario”.

Mancanza di un programma individualizzato

Spesso, quando per una normale variabilità nelle capacità cognitive è presente un Quoziente Intellettivo (Q.I.) molto al di sotto della media, non sempre da parte degli operatori (insegnanti, genitori e neuropsichiatri) vi è la disponibilità e l’accortezza di offrire a questi bambini che si inseriscono nella parte bassa della fascia della normalità, un programma individualizzato.

In queste situazioni ci si aspetta da loro lo stesso rendimento offerto dai coetanei che possiedono un quoziente intellettivo nettamente superiore. E poiché ciò non è possibile, li si costringe per anni ad affrontare compiti non adatti al loro sviluppo logico e cognitivo, con conseguenze sia sul piano didattico sia in quello psicologico e relazionale.

Mancanza di strumenti idonei

Nonostante il mondo dell’editoria scolastica sia molto ricco, non è raro trovare dei bambini privi degli strumenti idonei all’apprendimento. Come può essere la mancanza di libri, schede e altri sussidi adeguati al loro livello culturale e scolastico.

Carenze nell’insegnamento

Il bambino può non apprendere a causa di insegnanti poco attenti, poco capaci o non predisposti all’insegnamento, i quali utilizzano metodologie non adeguate alla sua età o al suo sviluppo. Molte volte queste carenze riguardano i suoi familiari.

Quando mancano dei genitori o familiari disponibili, idonei ed attenti nel seguire il figlio durante il corso della sua vita scolastica, le conseguenze sono spesso altrettanto drammatiche. Come dice Donfrancesco[7] (1996, pp.441-442): “La persona deve poter contare sulla collaborazione di un ambiente che dia sostegno e che faciliti, o almeno non ostacoli, il progresso verso gli obiettivi desiderati“.

Mancanza di interesse e motivazione

Altra causa deve essere ricercata nel mancato interesse o motivazione per una o più materie scolastiche. Ognuno di noi, adulto o bambino che sia, ha particolari predisposizioni ed “amori”, così, come ha particolari antipatie verso uno o più argomenti scolastici.

Scarsa disponibilità di tempo ed energie psichiche

Non è da sottovalutare la presenza nella vita del bambino di altri impegni, più pressanti o coinvolgenti, con conseguente scarso tempo ed energie a disposizione dello studio. Ad esempio, eccessivi impegni extrascolastici: sport, musica, danza o un uso smodato di strumenti elettronici come tv, computer, cellulari ecc.

Inoltre, ancora oggi, non è raro trovare bambini impossibilitati a seguire un normale corso scolastico, in quanto impegnati in occupazioni indispensabili per mantenere gli altri membri della famiglia o per accudire genitori, fratelli e nonni malati o incapaci.

Tratto dal libro di Emidio Tribulato “Il bambino e l’ambiente” -Volume unico

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[1] Militerni R., (2004), Neuropsichiatria infantile, Napoli, Editore Idelson Gnocchi, p. 108.

[2] Donfrancesco  R., (1996), “Stimolare la motivazione e il senso di autoefficacia nell’apprendimento”, Difficoltà di apprendimento, Vol.1, N° 4, aprile.

[3] De Ajuriaguerra J.,  Marcelli D., (1986), Psicopatologia del bambino, Milano, Masson Italia  Editori, p. 135.

[4] Morin, E., (2001), I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Milano, Raffaello Cortina Editore.

[5] Greenspa  S.,  Lieff Benderly B., (1988), L’intelligenza del cuore, Milano, Mondadori.

[6] Greenspa  S.,  Lieff Benderly B., (1988), L’intelligenza del cuore, Milano, Mondadori.

[7] Donfrancesco  R., (1996), “Stimolare la motivazione e il senso di autoefficacia nell’apprendimento”, Difficoltà di apprendimento, Vol.1, N° 4, aprile.

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