Evoluzione maschile

Evoluzione maschile

 

Autore: Giuseppe Cesa

 

Qualche tempo fa, in Linkedin, un social network per professionisti, mi sono imbattuto nella seguente osservazione della collega dr.ssa R. Magnoli: “La cosa che mi colpisce é che ultimamente mi viene richiesto aiuto da parte di adolescenti che invece hanno usufruito della funzione paterna, hanno introiettato un sistema di regole morali ma, proprio per questo, si sentono diversi quando non vengono addirittura derisi o fatti oggetto di bullismo.”

Questa osservazione, che condivido, mi ha portato ad alcune riflessioni da riproporre in questo ambito.

Il mio primo pensiero è stato di ritenere questo fenomeno un prezzo inevitabile che in individuo si trova a pagare ogni qual volta riesce ad arginare la sua energia pulsionale (per definizione esplosiva) per canalizzarla verso un investimento importante, costruttivo e a lungo termine.

Tutti riusciamo rapidamente a ricordare le nostre esperienze scolastiche, o dei nostri figli, e riconoscere come spesso gli studenti che investono molto sullo studio finiscano per essere un po’ denigrati e spregevolmente chiamati “secchioni”. Cosa che può creare loro qualche difficoltà se non adeguatamente supportati.

Un altro esempio lo abbiamo vissuto, credo tutti, quando di fonte ad una presunta ingiustizia o scorrettezza abbiamo sentito l’impulso a reagire. Il Foscolo direbbe: “il guerriero che si risveglia in noi”.

Reazione che rapidamente sopiamo rinunciando a farci giustizia da soli. Magari con l’aiuto della moglie o compagna che ci trattiene.

La serie di esempi potrebbe essere molto lunga ed articolata, al riguardo, poi, i fatti di cronaca sicuramente non mancano.

Rifacendomi al testo di Luigi Zoja “Il gesto di Ettore” mi pare di aver riconosciuto in tre eroi mitici della vicenda di Troia una bella rappresentazione dell’evoluzione del maschio.

Ad un primo livello troviamo l’eroe omerico Achille, un guerriero in cui la pulsionalità fluisce completamente libera, come un torrente in piena che travolge tutti e “tutte”. Tutta la sua energia pulsionale è dedicata al combattimento, alla vittoria e alla gloria. Sua madre, nel film “Troy”, gli dice che “chi muore vivrà in eterno e chi vive morirà”.

Questo è il leone, il bullo baldanzoso e pieno di sé e l’altro con cui si scontra è una entità con cui misurarsi per vincere o perire, non c’è storia e nulla si costruisce. Anche la donna per lui è una entità da possedere per dar corso alla sua potenza. Lui non ha nulla da perdere.

 

Ad un secondo livello troviamo l’altro eroe omerico, Ettore. Lui ha fatto un passo oltre Achille, lui non combatte più per la gloria, per vincere o morire, ma per difendere la patria e la famiglia. Ettore ha qualcosa da perdere, quindi, la sua energia non è più completamente libera ma, in parte, imbrigliata. L’uomo che ha imbrigliato una parte della sua energia non può reggere la competizione e, se scende in campo, nello scontro con Achille è destinato inesorabilmente a perire e, con lui, ciò che ama.

 

Ad un terzo stadio troviamo l’eroe virgiliano Enea. Anche lui era un valente guerriero, ma ad un certo punto, sembra su ordine di Giove, depone la spada e smette di combattere. Raccoglie sulle spalle il vecchio padre (la storia) e prende per mano il figlio (il futuro) per portarli in salvo; non senza subire la derisione degli achei.

Enea dovrà resistere non solo alla propria pulsione guerriera, ma, più avanti, anche alla pulsione erotica incarnata nella seduttiva Didone, regina di Cartagine.

Enea, in quanto padre e guerriero ha saputo vivere e coltivare due delle più potenti pulsioni che l’uomo possa incontrare, quella amorosa e quella aggressiva, ma ha anche saputo emanciparsene e non esserne schiavo rendendosi libero di decidere. Ciò gli ha permesso di salvare se stesso e ciò che amava.

 

Giuseppe Cesa, psicologo – psicoterapeuta

 

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