UCIPEM Unione Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali
Consulente della coppia e della famiglia
LA LEGGE N.4 DEL 14 gennaio 2013
TRA CONQUISTE E PROSPETTIVE
AUTRICE: Rita Roberto
Presidente AICCeF
La legge n.4 del 2013 ‘Disposizioni in materia di professioni non organizzate’ è entrata in vigore il 10 febbraio del 2013, dopo 13 anni di gestazione, e disciplina finalmente le professioni non ordinistiche (quelle che non hanno una regolamentazione specifica e non hanno l’obbligo di costituire un ‘Ordine professionale’). A 5 anni da quell’entrata in vigore possiamo iniziare a fare un primo bilancio e analizzare i cambiamenti che ha apportato nella nostra storia professionale e anche ipotizzare le prospettive future.
Per sintetizzare il lungo percorso identitario della figura professionale del Consulente della coppia e della famiglia e per essere aderenti al tema di questo convegno utilizzo un’immagine “simbolo” dell’albero AICCeF: radici, seme, tronco, rami, chioma e frutti. Come potete vedere l’immagine sintetizza le parti salienti della nostra crescita, il prima e il dopo la legge n 4 del 2013.
Partendo dalle sue radici inevitabilmente emergono alcuni intrecci importanti: la crisi e la trasformazione della coppia e della famiglia, la creazione di Associazioni, Enti e Strutture nate per accogliere e trasformare le difficoltà che si incontrano nel ciclo di vita della famiglia, ma anche la nascita della figura professionale del Consulente della coppia e della famiglia e delle Scuole di Formazione in Consulenza Familiare.
Mi piace presentarvi questi intrecci come le radici dell’albero che rappresentano le basi solide su cui fondiamo la nostra identità per poter crescere sempre di più e condividere i frutti. Abbiamo fatto in questi anni un lungo processo identitario che ci ha portato necessariamente a differenziarci da altre professioni che si occupano di persone, coppie e famiglie presenti nelle équipe consultoriali e non solo, e nel contempo a saper dialogare ed interagire professionalmente, come previsto della Carta dell’UCIPEM, all’art.3.5. La nostra identità professionale dipende sicuramente dal passato e da quanti ci hanno consentito di nascere e crescere ma siamo anche chiamati ad un processo di crescita che si lega al futuro.
Tenendo fede all’art.4 dello Statuto dell’AICCeF siamo molto impegnati ad: “adoperarsi per ottenere il riconoscimento della qualifica di Consulente coniugale e familiare”.
Abbiamo dovuto modificare nel tempo il nostro impegno per ottenere l’agognato riconoscimento tenendo conto che il nostro Statuto è stato redatto nel 1977 e risente fortemente della situazione giuridica ed economica dell’epoca. Tutte le categorie professionali allora facevano a gara per ottenere il riconoscimento della propria professione, cioè un atto legislativo speciale (non erga omnes), che avrebbe permesso loro di godere di una disciplina autonoma, di un percorso di studi completato da esame di abilitazione, della costituzione di un Ordine o collegio che avrebbe, soprattutto, definito il tariffario professionale, ed, infine, di poter gestire una Cassa mutua autonoma e indipendente dall’allora Previdenza Sociale. All’epoca, anni settanta e ottanta, i nostri padri fondatori hanno cercato di ottenere un ‘riconoscimento’ legislativo, mediante appoggi e collegamenti in Parlamento. Ma non ci sono riusciti, probabilmente perché non eravamo una categoria politicamente appetibile.
PRIMA DELLA LEGGE DEL 14.1.2013, N. 4. DISPOSIZIONI IN MATERIA DI PROFESSINI NON ORGANIZZATE.
L’ordinamento giuridico italiano prima dell’entrata in vigore della Legge n 4 del 2013, non regolamentava, in modo diretto e specifico, la professione del Consulente Familiare. Ciò non significa, tuttavia, che non conosceva tale funzione. Difatti, ad esempio, già nella legge regionale 25 marzo 1977 n. 28, con cui la Regione Veneto ha dettato la disciplina dei Consultori Familiari, si rinviene il riferimento alla figura del Consulente Familiare (all’art. 4 lett.b e all’art.5), così come, più recentemente, la Regione Lombardia in materia di “Accreditamento del servizio per le attività consultoriali in ambito materno infantile” (Delibere della Giunta regionale n.3264 del 26.1.2001 e n.4141 del 6.4.2001) ha fatto specifico riferimento all’attività e alla prestazione del Consulente familiare.
La Regione Toscana ha promulgato nel 2008 la Legge regionale sulle professioni, la n. 73, che sancisce tre punti fondamentali: la creazione di una Commissione regionale, per discutere dei problemi della politica regionale relativa alle professioni intellettuali; una struttura di servizio regionale per le professioni, che provvede al riconoscimento di ogni Associazione nell’ambito regionale e il finanziamento di progetti di formazione professionale per gli appartenenti alle associazioni di categoria.
Dalla lettura di tali norme risulta che il “ Consulente Familare”, è stato, perlomeno nominalmente, presente nell’ordinamento italiano, anche prima della legge n.4 del 2013, non già come qualifica professionale riconosciuta (rectius, normata), bensì come funzione esistente e conosciuta dal legislatore.
E’ noto che nel nostro ordinamento giuridico (art.2239 c.c.) le professioni possono essere distinte in funzione del grado di intensità del controllo che lo Stato ha ritenuto necessario apprestare sia sul tipo di formazione richiesta per esercitare le attività, sia sulle stesse attività che ne costituiscono l’oggetto.
E’ possibile operare a riguardo una ripartizione:
- Professioni “protette” o “riconosciute”
- Professioni “non regolamentate”
Tale classificazione, elaborata dal CNEL, nel 5° Rapporto sulle professioni non regolamentate dell’aprile 2005, ha lo scopo di evidenziare come l’approccio del legislatore italiano sia stato articolato e graduato, prevedendo un intervento massimo (la costituzione di un Ordine professionale), medio (una legge di regolamentazione, senza tuttavia l’istituzione di un Ordine) o del tutto assente (tutte le altre professioni). Tuttavia, la classificazione “bipartita” delle professioni e dunque la distinzione tra: professioni ordinistiche o regolamentate, da una parte e professioni non regolamentate, dall’altra conserva la sua validità, in quanto evidenzia in modo più efficace ediretto l’esistenza di una tipologia di professioni “nuove” sempre più rilevanti sul piano sociale e/o economico e, dunque, la necessità di una loro regolamentazione.
E’ evidente che la figura del Consulente Familiare, “professionista socio-educativo-relazionale”, rientri proprio tra le professioni non regolamentate dal nostro legislatore, ossia viva la condizione di chi svolge una professione il cui esercizio richiede conoscenze intellettuali e tecniche anche molto elevate, senza che però sia necessario, dal punto di vista legale, il possesso di un titolo di studio determinato per legge, o comunque senza che sia obbligatoria l’iscrizione ad un Ordine o Albo.
Tuttavia l’esercizio di queste professioni (prima della legge 4/2013), era comunque regolamentato dalla normativa generale. Cosicché il Consulente Familiare poteva esercitare come libero professionista, in forma singola o associata, e va considerato come lavoratore autonomo, soggetto al regime giuridico e fiscale stabilito per questo ( vedi Codice ATECO 88.99.00. servizi sociali, di counselling, di assistenza sociale, di aiuto ai profughi ed immigrati, attività di orientamento e di tutela per bambini ed adolescenti, finalizzate all’adozione e alla prevenzione dei maltrattamenti, consulenza in materia di bilanci familiari, attività dei consultori matrimoniali e familiari).
Il tentativo di pervenire ad una regolamentazione delle professioni non disciplinate né da Albo né da Ordine o Collegio, quale quella del Consulente Familiare, è molto datata. E’ sufficiente ricordare che numerosi sono stati i disegni di legge presentati negli anni passati. Benché nessuno sia giunto alla soglia della sua trasformazione in legge, prima del 2013, comune ed ampiamente diffusa ormai era l’esigenza di una disciplina, che tenesse necessariamente conto degli orientamenti comunitari. Infatti la visione europea ed internazionale ha sempre mirato ad introdurre regole di maggiore concorrenza e competitività nel mercato dei servizi professionali e delle “nuove” professioni. Poi con la Direttiva europea n. 35 del 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell’adesione di Bulgaria e Romania, è stata arginata la caccia alle leggiprotezionistiche, perché la Commissione europea non le consentiva più, e si è cominciato a parlare di professioni associative. Punti qualificanti della visione comunitaria sono quelli dell’attenzione ai percorsi formativi delle nuove professioni, alla manutenzione e certificazione dei saperi, così come grande rilievo è conferito al tema della tutela della qualità delle prestazioni nei confronti dell’utenza.
La Direttiva comunitaria è stata resa operativa dal Decreto legislativo del 6.11.2007, n. 206: “Attuazione della Direttiva europea 35/2005 relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali”, che , oltre alla disciplina dell’esercizio in Italia di una professione da parte di uncittadino europeo con qualifica acquisita in un altro Stato, ha introdotto la disciplina della valutazione della rappresentatività a livello nazionale delle professioni non regolamentate. L’art.26 stabilisce, infatti, i requisiti di idoneità della Associazioni di categoria al fine della valutazione in ordine alla rappresentatività a livello nazionale delle professioni non regolamentate;
La procedura di valutazione delle Associazioni maggiormente rappresentative è stata affidata al Ministero della Giustizia, che deve accertare i requisiti di ogni Associazione di categoria richiedente l’iscrizione ed emettere un Decreto Ministeriale di individuazione , previo parere obbligatorio del C.N.E.L.
L’A.I.C.C.eF. ha presentato al Ministero della giustizia la richiesta di iscrizione nell’elenco delle Associazioni rappresentative a livello nazionale delle professioni non regolamentate, ed il Ministero, esaurita positivamente la prima fase istruttoria, ha inviato il fascicolo al C.N.E.L. per il prescritto parere, che in data 22 giugno 2012 ha espresso parere favorevole.
In data 5 settembre 2013 il Ministero della Giustizia ha emanato il Decreto interministeriale che riconosce l’AICCeF come Associazione maggiormente rappresentativa a livello nazionale dellaprofessione di Consulente Familiare e l’ha inserita nell’ apposito elenco al n 22.
DOPO LA LEGGE DEL 14.1.2013, N. 4. DISPOSIZIONI IN MATERIA DI PROFESSINI NON ORGANIZZATE.
La legge è entrata in vigore il 10 febbraio del 2013, dopo 13 anni di gestazione nelle aule parlamentari, statuisce, finalmente, la disciplina delle professioni non ordinistiche (quelle che non hanno una regolamentazione specifica e non hanno l’obbligo di costituire un ‘Ordine professionale’). La legge ha come finalità quella di assicurare trasparenza del mercato e la tutela di coloro che fruiscono dei servizi professionali di natura intellettuale, ancorché prestati da Professionisti non organizzati in Ordini, Albi e Collegi. Nell’ambito di tale finalità, la legge riconosce la natura di professione di coloro che tali servizi prestano e ne disciplina e valorizza la qualità. Coloro che erogano tali servizi sono considerati, a tutti gli effetti, Professionisti.
E’ utile riassumere brevemente le novità introdotte da questa disciplina e le regole salienti che sono state introdotte, ufficialmente, a tutela dei consumatori.
L’art.1 introduce il principio di libertà di esercizio delle professioni non organizzate in ordini o collegi, fondato sulle competenze professionali, sull’autonomia, sull’indipendenza di giudizio intellettuale e sulla responsabilità del professionista.
Con una precisa e invalicabile limitazione: non esercitare alcuna delle attività riservate dalla legge ad altre professioni per le quali la legge ha istituito ordini o collegi (art.2229 C.C.). Inoltre introduce l’obbligo legale di indicare in ogni documento scritto presentato al cliente che l’attività svolta èdisciplinata dalla norme della suddetta legge: “Chiunque svolga una professione intellettuale deve riportare, in ogni documento e rapporto scritto con il cliente, l’espresso riferimento, agli estremi della presente legge”. La legge prevede inoltre che il professionista sia certificato e questo puòavvenire sostanzialmente attraverso due canali:
- professionisti certificati individualmente secondo norme tecniche UNI- CEN ;
- professionisti che possono aderire e far attestare da una Associazione professionale la propria qualità professionale e gli standard qualitativi che essi mantengono nel tempo.
Dopo aver sancito il principio di libero esercizio delle professioni anche se non regolamentate, gli articoli 2, 3 e 4 disciplinano le modalità di costituzione e organizzazione delle Associazioni di professionisti, istituite per valorizzare le competenze dei professionisti iscritti, diffondere le regoledeontologiche, favorire la concorrenza, promuovere la formazione permanente e tutelare e garantire gli utenti.
E a proposito della tutela degli utenti la legge obbliga le Associazioni Professionali a promuovere forme di garanzia tra cui lo sportello del cittadino consumatore. Uno sportello fisico e telefonico a cui rivolgersi per chiedere informazioni sulla professione e sui professionisti oppure nel caso in cui l’utente voglia inviare un reclamo o attivare un contenzioso.
Nei casi in cui un cliente sia scontento o voglia reclamare per il trattamento ricevuto, è questo Sportello che il professionista (o il Consulente Familiare) deve indicare per fare le sue rimostranze o presentare un reclamo ufficiale.
Molti sono i requisiti richiesti dalla legge alle Associazioni professionali, tra cui:
- lo statuto che garantisca la trasparenza delle attività e degli assetti associativi, la dialettica democratica tra gli associati, l’osservanza dei principi deontologici;
- non avere scopo di lucro;
- l’esistenza di una struttura organizzativa e tecnico-scientifica adeguata all’effettivo
- raggiungimento delle finalità dell’associazione;
- la promozione, anche attraverso specifiche iniziative, della formazione permanente dei propri iscritti;
- l’adozione di un Codice di condotta (o Codice Deontologico) ai sensi dell’articolo
27-bis del Codice del consumo (Dlgs. 6.9.2005, n. 206);
- la vigilanza sulla condotta professionale degli associati;
- la previsione di sanzioni disciplinari da irrogare agli associati per le violazioni del medesimo Codice Deontologico;
- il divieto dell’adozione e dell’uso di denominazioni professionali relative ad altre professioni, organizzate in ordini o collegi.
La legge esige, inoltre, dalle Associazioni Professionali di dare piena conoscibilità dell’atto costitutivo e statuto; della precisa identificazione delle attività professionali cui l’associazione si riferisce; della composizione degli organismi deliberativi e dei titolari delle cariche sociali; della struttura organizzativa dell’associazione. La piena conoscibilità deve essere fornita attraverso un sito web, in cui devono essere facilmente reperibili, da tutti gli utenti, tali informazioni.
Tra cui anche quelle attinenti ai titoli di studio relativi alla attività professionale esercitata dai Consulenti Familiari, con l’obbligo, quindi, di garantire percorsi formativi omogenei e trasparenti nelle Scuole riconosciute e standard qualitativi elevati di formazione di base. A tal proposito l’AICCeF ha predisposto, congiuntamente con i Direttori delle Scuole di formazione in Consulenza familiare riconosciute, ilCodice di Autoregolamentazionedelle Scuole diformazione, per uniformare i linguaggi e avere un alto standard formativo. ( scuole di formazione riconosciute AICCeF: SICOF Roma, Scuola per Consulenti Familiari Bologna, Scuola del Centro La Famiglia di Napoli, Scuola pugliese dell’ Associazione Il Focolare di Taranto, CISPeF Frosinone e il recente Corso di formazione della Sperling di Milano).
Un altro compito primario dell’associazione riguarda l’obbligo di far svolgere ai propri iscritti una formazione obbligatoria (art. 3, comma 3) e di vigilare su questo aspetto. Nel caso in cui un associato non si adegui a questa norma, non potrà più essere iscritto all’associazione nell’anno seguente.
L’aspetto più importante della disciplina legislativa riguarda l’introduzione (art.7) del ‘Sistema di Attestazione di qualità dei servizi resi all’utenza’, che prevede che le Associazioni, al fine ditutelare i consumatori e garantire la trasparenza dei servizi professionali, possono rilasciare ai propri iscritti una Attestazione sulle qualità dell’iscritto stesso, di cui, dopo le necessarie verifiche, il legale rappresentante dell’Associazione ne assume la responsabilità. Per chi non rispetta le norme, sono previste sanzioni definite dal Codice del Consumo.
La legge la chiama Attestazione, cioè dichiarazione-affermazione di una verità o di una situazione, quasi a diversificarla dall’attestato, che è un certificato di status o di un titolo di studio, e quindi statico nel suo contenuto. Pur derivando ambedue i termini dal verbo attestare (dare testimonianza), la parola attestazione, in questa accezione scelta dal legislatore, assume un significato dinamico, in quanto il documento certifica non solo le qualità base di un professionista (titolo di studio e qualifica professionale), ma anche che questi ha rispettato gli standard di qualificazione professionale nella sua attività, ha provveduto all’aggiornamento professionale e fa formazione permanente. ( a tal proposito porto ad esempio Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia del 25 gennaio 2017 , pag 9 dove alla voce Servizio di consulenza familiare cita:” E’ svolto da personale laureato in discipline umanistiche, in psicologia, in scienza dell’educazione, o diplomato in assistenza sociale o da consulente familiare in possesso di riconoscimento).
Come si può notare nell’articolato di questa normativa, degli 11 articoli previsti, il primo disciplina l’esercizio di una professione, con i suoi presupposti, i requisiti e le sue responsabilità, e gli altri 10 disciplinano le Associazioni professionali, chiamate ad essere garanti della qualificazioneprofessionale, degli standard qualitativi degli iscritti, del rispetto delle regole deontologiche, del regolare aggiornamento professionale e della copertura assicurativa, tutto sempre nel rispetto dell’utenza e delle regole della concorrenza.
L’AICCeF , grazie al grande lavoro di autoregolamentazione avviato già dalla sua origine rispondente in buona parte ai requisiti richiesti dalla legge, ha potuto presentare immediatamente domanda al Ministero dello Sviluppo Economico nel 2013. Ci è voluta comunque una lunga istruttoria per dimostrare di avere i requisiti necessari, ma siamo riusciti ad essere iscritti nell’Elenco delle Associazioni professionali che rilasciano attestazioni di qualità. Elemento non di poco conto se pensate che ad oggi le associazioni rappresentative delle professioni non
organizzate, presenti nell’elenco ufficiale tenuto dal MISE, sono in totale 160, mentre restano più di 150 associazioni ancora in attesa di iscrizione.
In questa lunga istruttoria siamo stati guidati e supportati dal COLAP, Coordinamento delle Libere Associazioni Professionali, un organismo di secondo livello che, costituito ai sensi dell’art.3 della legge,4, raggruppa più di 200 associazioni professionali tra cui la nostra.
IL SIGNIFICATO ETICO-SOCIALE DELLA LEGGE
Sicuramente la legge 4/2013 ha avuto il grande merito di riconoscere dignità giuridica a quasi 4 milioni di professionisti, sino ad allora relegati ai margini del mercato professionale ed esclusi da qualsiasi previsione normativa; ha sancito che le professioni restano libere, ed ha valorizzato il ruolo delle Associazioni professionali a cui affida la garanzia verso l’utenza attraverso la vigilanza sulla formazione di base e permanente dei soci professionisti. Il sistema proposto tende a premiarele competenze e i meriti dei professionisti e delle Associazioni professionali per permettere al cliente di scegliere con maggiore consapevolezza. Il problema della riconoscibilità dei percorsi formativi è un aspetto fondamentale e, infatti, la L. 4/2013 tende a tutelare l’utenza nel miglior modo possibile, creando un percorso in cui gli attori del sistema diventino molti, al fine del riconoscimento delle singole professioni, in una logica di massima trasparenza verso l’utente-consumatore. Viene promossa la certificazione professionale volontaria basata sulle norme elaborate dall’ Uni, ma sono chiamate a collaborare all’attività di normazione anche le associazioni professionali, oltre a tutti gli altri principali stakeholder di riferimento.
Questa visione nuova che la legge ci prospetta è una “rivoluzione copernicana” rispetto alla logica degli ordini o albi, in quanto mette come focus principale la tutela del cliente piuttosto che la tutela del professionista, così come per noi Consulenti della coppia e della famiglia il focus non è su di noi ma sulla persona, coppia e famiglia che ci chiedono aiuto.
In questi cinque anni, grazie soprattutto all’impegno del CoLAP ma anche di tutte le Associazioni che ne fanno parte, si è consolidato a livello nazionale un sistema di rappresentanza più chiaro e forte, identificando nelle associazioni professionali e nelle forme aggregative gli interlocutori credibili da chiamare in tutti i tavoli istituzionali. E grazie al lavoro costante di divulgazione e conoscenza della legge, in primis tra i nostri associati, Scuole riconosciute ed Istituzioni con cui siamo collegati, siamo riusciti a portare la voce dei professionisti associativi in ambiti sino ad oggi riservati solo alle altre forze produttive.
I nostri soci professionisti hanno trovato sicuramente nella legge 4/2013 la leva per aumentare la propria autostima e la consapevolezza che investire sulla qualità e sulle competenze è il presente e il futuro della professione in un mercato che è e deve rimanere libero. A tal proposito condivido con grande soddisfazione che recentemente la Giunta regionale del Veneto ha emanato, in data 20 febbraio scorso, la Delibera conclusiva della riorganizzazione dei Consultori veneti, prevedendo nella composizione dell’equipe, tra le figure professionali previste, quella del Consulente familiare. La Regione Veneto, a fine 2017, ha attivato una procedura di trasformazione dei Consultori privati, operanti sul territorio, in entità denominate Consultori Familiari Socio Educativi, in cui deve essere privilegiato l’aspetto della relazione d’aiuto non sanitaria. I rappresentanti dei Consultori e delle Associazioni professionali sono stati chiamati ad un tavolo paritetico con la Regione per stabilire i termini operativi, finanziari e organizzativi di questa riforma. In un primo tempo la figura del Consulente Familiare non era stata prevista nell’elenco dei professionisti che potevano far parte dell’equipe operativa dei Consultori. Ma dopo le energiche precisazioni della referente regionale AICCeF Gabriella Tognon e il mio intervento ufficiale, presso l’Assessorato regionale competente, l’equivoco è stato chiarito e possiamo ben sperare di attivare soluzioni simili in altre Regioni.
Desideriamo, insieme a tutte le altre Associazioni professionali rendere sempre più applicabile la LEGGE 4/13, con l’obiettivo dichiarato di costruire insieme alla politica e alle istituzioni delle proposte che effettivamente corrispondano alle esigenze dei professionisti: maggiore libertà nelle professioni, politiche attive focalizzate sullo sviluppo delle competenze, semplificazione
amministrativa e rapporto bilanciato tra professionista e Pubblica Amministrazione, la formazione come strumento efficace di auto imprenditorialità e di occupabilità, ma anche di sano confronto con altre professioni.
L’impegno dell’AICCeF è, attualmente, e sarà in futuro quello di far conoscere sempre di più la nostra professione in ambiti nazionali ed internazionali, di tutelare la professione di Consulente Familiare, garantirne l’autonomia e l’autenticità, di collaborare con dialogo costruttivo con tutte le Istituzioni e professioni di aiuto che hanno come “bene comune” la persona, la coppia e la famiglia.
Bologna 5 maggio 2018.