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Diritto alla salute tra pubblico, privato e terzo settore
L’attuale crisi del nostro sistema sanitario pubblico, che rappresenta una grande conquista per il nostro paese, suscita vivaci discussioni e grandi apprensioni soprattutto nell’opinione pubblica e nelle categorie più fragili. Qui è solo il caso di rilevare che la salute è un ‘bene comune’, come ha affermato l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2008. Pertanto le regole di governance della salute non possono essere solo di tipo pubblicistico o di tipo privatistico. Bisogna inoltre considerare che la salute dipende da cinque fattori: la sanità, gli stili di vita, le condizioni di lavoro, l’ambiente naturale e infine la strutturazione sociale. Un paese può avere i migliori ospedali, ma senza quegli altri quattro fattori non si previene né si assicura una buona salute. Ecco perché l’articolo 32 della nostra Costituzione, parla di ‘salute’, non solo di sanità.
Ma per garantire efficienza ed efficacia all’universo della salute, occorre basarsi su tre fattori: l’organizzazione, la medicina tecnologica e il terzo settore. Quanto al modello organizzativo dei nostri ospedali, esso è ancora, purtroppo, di tipo taylorista. Frederick Taylor pubblica il suo libro fondamentale, “L’Organizzazione scientifica del lavoro” nel 1911, pensando alla fabbrica, al mondo manifatturiero dove ha conseguito grandi successi. Ma tale modello è discutibile, per non dire sovente deleterio, per la realtà ospedaliera, poiché: 1. non ha flessibilità; 2. non permette una scalabilità; 3. implica la non modularità. Abbiamo visto cosa è successo al tempo del Covid: l’entrata in crisi di un reparto ospedaliero metteva in crisi altri reparti. Occorrerebbe una legge con un solo articolo che vietasse l’organizzazione ospedaliera sul modello taylorista.
E’ necessaria progettare una sanità plurale, cioè un modello cosiddetto tripolare di ordine sociale: pubblico, privato, civile. Fare interagire questi tre vertici del triangolo virtuoso significa prendere in considerazione il principio di sussidiarietà circolare, non orizzontale. Occorre la sussidiarietà circolare, in modo tale che i tre ambiti, pubblico, privato e civile, interagiscano per attuare la programmazione e la progettazione, dove quella precede questa, pena gravi disfunzioni come quella che stiamo vivendo nell’attuale crisi della sanità.
Così il terzo settore – della cui importanza non è il luogo qui di discutere anche in riferimento alla nostra Costituzione – non sarà relegato al ruolo quasi marginale rispetto al pubblico, che è fondamentale tanto quanto quello privato. Con la sussidiarietà orizzontale al massimo si ottiene la ‘progettazione’, ma non basta in un ambito come la sanità, dove è necessario anche la ‘programmazione’ tra pubblico, privato e terzo settore.
In tal modo si potrebbe accelerare quel passaggio alla medicina umanistica, che non può fare a meno di quella tecnologica senza trascurare il ruolo delle professioni sanitarie, che oggi – purtroppo – soffrono di una crisi di identità. E’ necessario ribadire che il professionista della salute, non è solo un operatore sanitario, in quanto cerca in scienza e coscienza di assicurare cure adeguate al cittadino ammalato col quale stabilisce un fecondo dialogo interpersonale. Armando Savignano