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Rischio clinico e responsabilità professionale dei medici
Autore: Armando Savignano
La nuova legge
La legge sul rischio clinico e la responsabilità professionale dei medici è stata approvata dal Senato. Manca solo il voto favorevole della Camera, che appare scontato dal momento che è da lì che arriva la norma. Si tratta di un provvedimento che punta ad alleggerire la responsabilità professionale dei medici e che rappresenta forseuna delle norme fondamentali per la sanità degli ultimi anni costellata da polemiche e fraintendimenti su un tema cruciale qual è quello della salute dei cittadini. Nel testo è previsto che il medico che provoca un danno ad un paziente per imperizia ma avrà rispettato le linee guida o le buone pratiche assistenziali, non sarà punibile penalmente per colpa. E’ quanto recita l’articolo 6, destinato ad inserire una nuova norma nel codice penale sulla “Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario”.
Della nuova norma e dell’errore dei medici si è discusso a lungo. Si tenta da un lato di alleggerire la responsabilità professionale e ridurre così le conseguenze della medicina difensiva, dall’altro lato la legge vuole rendere più rapida la possibilità di ottenere un risarcimento del danno subito in corsia.
La medicina difensiva
La “medicina difensiva” si manifesta allorché il medico ordina esami, procedure, visite, o evita pazienti a rischio, o procedure ad alto rischio, principalmente (anche se non esclusivamente) per ridurre la propria esposizione al contenzioso legale.
Alla base della medicina difensiva vi sono, pertanto, una serie di decisioni attive o omissive, consapevoli o inconsapevoli, che non obbediscono al criterio fondamentale del bene del paziente (principio di beneficialità), bensì all’intento di evitare accuse. Quando i medici svolgono esami o procedure in eccesso, praticano la medicina difensiva positiva. Allorché evitano alcuni pazienti o procedure, praticano la medicina difensiva negativa. Esistono, perciò, due tipi di comportamento difensivo: l’uno orientato ad effettuare azioni e procedure in esubero; l’altro indirizzato ad eludere alcuni trattamenti che possono essere considerati a rischio. Tale fenomeno è strettamente connesso all’aumento costante delle richieste di risarcimento da parte dei pazienti, che rivela come – anche in Italia – la categoria degli operatori sanitari sia molto esposta al rischio di dover affrontare procedimenti giudiziari, tanto in sede civile, quanto in sede penale.
La medicina difensiva è strettamente connessa al delicato tema dell’errore medico. Le interrelazioni – una sorta di “circolo vizioso” – che si stabiliscono tra errore medico, reazioni dei pazienti e dei medici sono generalmente queste: i malati non intendono più subire passivamente le decisioni dei medici, se questi commettono errori o se si nutre il sospetto che abbiano sbagliato, sono disponibili ad intraprendere un conflitto giudiziale talvolta su pressione degli avvocati che in questi eventi intravedono possibilità di visibilità e di lucro con delicati risvolti, tra cui una situazione conflittuale tra medici e pazienti con la messa in secondo piano di quell’alleanza terapeutica che costituisce una delle finalità principali della relazione tra medico-malato.
Alle radici della medicina difensiva vi sono, da una parte il modificarsi della relazione medico-paziente (da un rapporto basato sulla beneficialità ad un rapporto basato sull’autonomia o su un rapporto contrattuale), nella quale il cittadino ammalato diviene un soggetto da cui il medico si deve guardare e l’agire medico è scandito dalle reciproche obbligazioni e dal timore delle cause giudiziarie e, dall’altro, l’interpretazione distorta del ‘diritto alla salute’ e la superspecializzazione della medicina.
E’ pertanto quanto mai urgente riflettere ancora una volta sul rapporto medico-malato che rappresenta il fondamento della ‘medicina umanistica’ nell’epoca della medicina tecnologica.
La responsabilità “extracontrattuale” del medico
Con la nuova legge la responsabilità civile del medico diventa “extracontrattuale”; ciò obbliga la persona che ha subito un danno in ospedale a dimostrare la colpa di chi l’ha curata; invece quella della struttura sanitaria resta “contrattuale”, pertanto spetta all’ospedale o alla Asl provare di non avere responsabilità. Si tratta di un modo per permettere al cittadino di rifarsi prima di tutto sul soggetto economicamente più solido, cioè la struttura pubblica.
Ma la norma prevede anche l’obbligo di tentare una conciliazione stragiudizialeprima di finire davanti a un tribunale. Ciò al fine di rendere più brevi i tempi dei risarcimenti evitando di far partire un processo. Inoltre si obbligano tutte le strutture sanitarie ad essere assicurate con la possibilità per il cittadino di intraprendere un’azione diretta nei confronti della compagnia di assicurazione se non riesce ad ottenere il risarcimento dalla Asl.
E’ previsto, infine, la costituzione di un fondo di garanzia per i pazienti in presenza di una società assicurativa fallita, scomparsa o che comunque non è un grado di coprire il danno. Viene finalmente sancito che la sicurezza delle cure è parte integrante del diritto alla salute e si promuove in tutte le strutture sanitarie la nascita di centri per il rischio clinico, che valuti appunto gli errori dei professionisti e adotti politiche per prevenirli. Si tratta di decisive questioni etiche anche se la strada è ancora lunga affinché il diritto alla salute e a cure appropriate con rischi clinici sempre minori possa ritenersi soddisfacente.
Armando Savignano