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Generazione Greta: insieme per salvare la terra
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Autore: Armando Savignano
Le iniziative della sedicenne svedese che hanno scosso il mondo, ripropongono ancora una volta le gravi responsabilità individuali e collettive per la situazione climatica del nostro pianeta. Sembra che gli appelli dei singoli e della comunità internazionale, per sottacere delle stessa enciclica di Papa Francesco non abbiano avuto finora quell’esito che tutti auspicavano. Ogni tanto si levano voci sul disastro ambientale e sulla drammatica situazione climatica, ma dopo qualche sussulto di coscienza momentanea, la gente e le istituzioni per sottacere dei potentati economici se ne dimenticano.
Qui non è inopportuno riflettere sui gravi problemi dell’etica dell’ambiente in se stessa e soprattutto per le generazioni future, rispetto alle quali abbiamo la responsabilità di consegnare un mondo in cui si possa vivere in maniera più umana, insomma con una migliore qualità della vita.
Alcuni accusano – invero spesso immotivatamente – la tradizione ebraico-cristiana di antropocentrismo, che avrebbe condotto allo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali; altri individuano la ragione ultima nell’approccio ‘mercantilistico’ alle nostre interazioni con la natura, favorite dal connubio tra neo-capitalismo e pur ineludibili conquiste scientifico-tecnologiche. Di qui varie tendenze per tentare di affrontare più organicamente la crisi ecologica: a) coloro che, rifiutando energicamente ogni dominio dell’uomo sulla natura (antropocentrismo) additano una rivoluzione copernicana sfociante nell’elaborazione di una ‘nuova etica’ che attribuisca valore morale agli oggetti naturali sulla base dell’interdipendenza tra tutti i viventi, umani e non umani. b) Altri sostengono che un approccio così radicale appare impossibile o quantomeno non necessario se si applicassero i principi etici che tengono conto della posizione dell’uomo nel mondo (antropocentrismo moderato o debole) e li si estendesse fino ad includere il rispetto per le altre specie non umane e i nostri doveri verso le generazioni future. Quest’ultima tendenza può, a sua volta, essere suddivisa in altrettanti indirizzi, a seconda che si considerino gli oggetti naturali come dotati di valore intrinseco oppure si assegni una funzione strumentale. In tal caso si possono dare impostazioni che privilegiano i ‘principi orientati verso il bisogno ‘ – con la considerazione della natura quale bene da preservare perché può soddisfare interessi e preferenze della specie umana – e i ‘principi orientati verso l’ideale’-, che vedono nella natura l’espressione di simboli irrinunciabili per la vita umana.
In particolare, si può intravedere nella natura essenzialmente una risorsa morale ed educativa, onde poter diventare individui migliori dal punto di vista etico e, di conseguenza, cambiare i nostri rapporti con la natura e la percezione di noi stessi in relazione ad essa. Si tratta, insomma, di configurare gli ideali umani, il nostro stile di vita, i tratti caratterologici e i relativi comportamenti alla luce di una più adeguata esperienza tra uomo e natura. Di qui l’impegno per conservarla con saggezza e preservarla non alterandola o distruggendola senza motivo, poiché il nostro atteggiamento verso l’ambiente è, in un certo senso, indice di ciò che vogliamo essere.
La natura, inoltre, può rappresentare un principio ideale, in quanto costituisce una risorsa culturale ed estetica, il cui misconoscimento rappresenterebbe sicuramente un impoverimento della nostra civiltà con contraccolpi negativi anche sul versante etico. Perciò bisogna preservare la natura, poiché è anche espressione di valori, simboli storico-culturali ed estetici attinenti alle tradizioni nazionali, regionali o locali, che rappresentano un patrimonio della stessa civiltà umana. Taluni, specie gli ecologisti profondi, hanno visto in ciò un’espressione dello sciovinismo umano, anche se non si può negare che considerare la natura in funzione degli interessi umani non implica necessariamente il misconoscimento della tutela dalle interferenze umane in nome della ‘prudenza ecologica’.
Alle drastiche posizioni dell’ecologia profonda, basate su un’attitudine biocentrica, vi sono quelli che hanno ritenuto più consono alle istanze del cristianesimo un antropocentrismo, per così dire, debole e moderato; il che non implica alcuno sfruttamento arbitrario della natura, che è invece affidata alla responsabilità dell’uomo, come la casa nella quale egli deve abitare, come luogo di soggiorno nel quale egli deve adempiere alla sua vocazione. Di qui le teorie del così detto ‘sviluppo sostenibile’ che rappresenta un ‘obiettivo globale’ poiché costituisce uno dei principali strumenti di programmazione per superare il circolo vizioso tra degrado ambientale-sottosviluppo-consumi eccessivi da parte del così detto Primo Mondo e far sì che la crescita si traduca in uno sviluppo effettivo dei paesi del Terzo Mondo. A buon diritto ha osservato il Papa che “Il degrado ambientale rende insostenibile l’esistenza dei poveri”. Perciò è urgente salvare la terra dal degrado.