Prendersi cura e disagio giovanile

Prendersi cura

e disagio giovanile

Su questo tema ci ha aiutato a riflettere il convegno “Ri-nascere: qual è il segreto di chi ci ha aiutato?” proposto a Brescia dalla fondazione Teresa Camplani nell’ottobre scorso. Il razionale del seminario di studio parte dalla condizione dei tempi moderni caratterizzati da tante incertezze che ciascuno di noi ha sperimentato. Vi è la consapevolezza, tuttavia, che il cambiamento è possibile partendo da se stessi. La fragilità è una condizione umana che offre sempre spazi di ri-generazione e di ri-partenza.

Sintetizziamo alcuni importanti interventi.

“Dare prossimità, aiutare lo stato di solitudine di chi vive la fragilità. Cos’è la cura? Stare accanto, farsi prossimo. L’ascolto è fondamentale. Cura olistica, integrale della persona. La cura non è solo prestazione, non basta solo la tecnica. Umanizzazione.

Affidare: dare in custodia perché si fida di noi. I primi cristiani hanno creato gli ospedali per donare vita. La vita non è solo quella del corpo, è una rinascita a 360 gradi. Aiutare a vivere la vita anche in carrozzella, anche con l’Alzheimer. Anche la società deve rinascere, c’è individualismo.

Vi sono 3 verbi da considerare: curare, assistere, prendersi cura, custodire (non è solo far la guardia). Assistere è stare accanto (ad-sistere), da adsum: esserci. Non è solo fisicitàl’assistere, è presenza totale come persona, unisce capacità tecnica ed umana. La cura è in tutte le culture. La dea Cura è un personaggio della mitologia romana citato dallo scrittore Gaio Giulio Igino nelle sue Fabulae (primo secolo d.C.). Il mito viene ripreso dal filosofo Martin Heidegger ne suo Essere e il tempo (1957).

Cura è una scelta.

Cura è incontro con l’alterità. Accettazione che l’altro sia diverso da me. Altro non deriva da Alios (alieno, estraneo) ma da alter.

Cura è la presa in atto della reciprocità.

Cura è educare alla cura nella quotidianità. E’ luogo di riconciliazione, “custodisco il tuo essere umano”.

 La quotidianità ha due problemi:

  • L’abitudine, che per Aristotele è fonte dell’etica, per Kant invece è “l’inferno del mondo”, nemica della cura, quindi va evitata.
  • Il valore della quotidianità. La cura ha bisogno delle piccole cose. Secondo il filosofo russo Pavel Florenskij (1882-1937) “nelle piccole cose è nascosta la trascendenza”                          

          Nel prendersi cura è fondamentale la parola. La parola crea (vedi il libro della Genesi). Il modo con cui si parla fa la differenza, è importante quello che hai detto ma ancor più come l’hai detto. Nella cura possiamo scegliere le parole, come tra tanti pennarelli scegliamo un colore, così non vi è un unico vocabolo.

          Parla del disagio giovanile partendo dal 13° Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia (2023). Le criticità si esprimono in: iperconnessione, gioco d’azzardo, isolamento, del “Diario m1941-1943bullismo, dispersione scolastica. Il contesto è quello di un degrado sociale e culturale, di competenze genitoriali assenti, della carenza di strutture di aggregazione e prevenzione. Si aggiunge l’incapacità di molti giovani di gestire le emozioni e l’uso/abuso di alcol e stupefacenti. E’ una situazione impegnativa ed è difficile farsene carico. La devianza è l’effetto di una educazione mancata. Il 20 % degli adolescenti abbandona la scuola o hanno carenze su quanto hanno imparato. I ragazzi non nascono delinquenti, ma carenti di educazione. Bisogna rimodellare l’istruzione e risvegliare nei ragazzi la capacità pensante, così che diventino capaci di scegliere, non più vittime degli influencer. La prevenzione primaria è focalizzata sulla popolazione giovanile, la prevenzione secondaria consiste nella diagnosi precoce, la prevenzione terziaria si rivolge a chi ha già compiuto reati di lieve grado ed ha lo scopo di evitare la ripetizione. Si associa alla giustizia riparativa: riparare le conseguenze del reato, in particolare il danno arrecato alla vittima. Per approfondire questi aspetti si consiglia…

Alla fine è presentata la figura di Etty Hillesum (1914-1943),

 scrittrice olandese ebrea vittima dell’Olocausto, che, nonostante le proprie fragilità  riesce ad essere se stessa di fronte al grande male dei campi di sterminio nazisti. Etty riesce a mantenere la propria umanità in un contesto estremo. Si consiglia la lettura del “Diario 1941-1943”.

                                                                                                           Gabrio Zacchè

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