Parlare di aborto oggi

Parlare di aborto oggi

          La Suprema corte degli USA, come è a tutti noto, ha abolito la sentenza “Roe vs Wade” che nel 1973 aprì la via alla legalizzazione dell’aborto nel Paese. I singoli Stati della Unione sono ora liberi di applicare loro leggi in materia; Texas e Missouri hanno già provveduto a rendere illegale l’aborto. La vicenda, resa nota e discussa anche dai social italiani, ha riacceso dopo anni di silenzio il dibattito circa la legge 194 del maggio 1978 sulla interruzione volontaria di gravidanza (IVG) e sono molti quelli che richiedono una verifica circa la sua applicazione.

          Nel 1981 ci fu un referendum proposto dal Movimento per la vita allo scopo di abolire la legge. Partecipai allora da giovane ginecologo come relatore in numerosi pubblici dibattiti. Il movimento femminista era radicale: “l’utero è mio e ne faccio quello che voglio”. La contrapposizione tra gli opposti schieramenti fu feroce ma alla fine solo il 32% dei votanti approvò l’abolizione. Una triste conseguenza a livello locale per i pochi ginecologi obiettori è stata per anni l’emarginazione professionale, mentre la legge veniva applicata solo nella sua componente negativa. Bastava allora firmare un prestampato presso i consultori per accedere in ospedale alla pratica abortiva, senza ricevere i previsti aiuti “a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza” (art.2 d). In Italia nel 1982 le IVG furono 234.800.

          La legge 194, di fatto, è una “legge imperfetta”, così come lo è l’attuale proposta di legge sul suicidio assistito. In parlamento, chi si opponeva alla IVG ha cercato di introdurre per quanto era possibile, in una logica di mediazione, la difesa della vita umana. L’IVG non è un diritto, la legge cerca di contemperare accoglienza e tutela della vita nascente con la depenalizzazione della pratica abortiva. Si afferma il diritto alla tutela della salute della donna, non costretta a pratiche clandestine o a sanzioni penali: “Lo stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità, tutela la vita umana dall’inizio” (art. 1).

          Oggi più di ieri, in un contesto demografico di culle vuote, viene sottolineato il valore della maternità. La scienza poi negli ultimi cinquant’anni ci ha rivelato la vita

segreta del feto, il suo protagonismo: una fitta rete di scambi con la madre, biochimici e psicologici, rendono possibile l’impianto e il corretto proseguimento della gravidanza.

          Sono finite contrapposizioni e slogan femministi. Si è finalmente capito da parte di tutti che nessun aborto è una festa, ma che ogni aborto è dolore e tragedia. L’esperienza del nostro consultorio di ispirazione cristiana ci ha dimostra che assieme all’embrione muore parte della donna ed è nostro dovere accogliere senza giudicare, ascoltare e per quanto possibile aiutare.

          Va considerato inoltre che nel corso degli anni l’attuazione della IVG è profondamente cambiata. Il numero degli aborti si è progressivamente ridotto e dal 2014 sono sotto i 100.000 all’anno (66.413 nel 2020); è aumentato il ricorso all’aborto farmacologico, considerato “aborto facile”, autorizzato in Italia dal 2009 fino a 7 settimane di gestazione e con ricovero, oggi fino a 9 settimane e senza ricovero (31,9% dei casi).

          Perché del cambiamento? Abbiamo un progressivo minor numero di donne in età fertile, un maggior senso di responsabilità e consapevolezza con un conseguente maggior utilizzo di contraccettivi, una miglior organizzazione consultoriale. Ma ciò non basta. La causa principale della riduzione è nell’utilizzo sempre più frequente della “pillola del giorno dopo” o di quella dei “5 giorni dopo” che ha modificato la tipologia dell’aborto. La pillola dei 5 giorni dopo è in commercio in Italia dal 2012 con ricetta medica, dal 2015 senza ricetta medica per le maggiorenni, dall’ottobre 2020 senza ricetta medica anche per le minorenni. Sono farmaci in vendita con la dizione “contraccettivi” in quanto è stata modificata, perché più gradita all’opinione pubblica, la definizione di inizio gravidanza: non più dal concepimento, come ci hanno insegnato a scuola, ma 7-10 giorni dopo, dal momento dell’impianto completo dell’embrione in utero. Questi farmaci hanno quindi un’azione “intercettiva”, poiché con alta probabilità impediscono l’annidamento dell’embrione in utero, causando un aborto sub-clinico, non evidenziabile né clinicamente né con sofisticati esami di laboratorio.

          Per me essere obiettore non vuol dire “fregarsene” delle donne che richiedono di interrompere la maternità. Le mie pazienti lo sanno, e pur nella consapevolezza che mai sarò l’esecutore di una loro eventuale decisione negativa, mi cercano per essere ascoltate e possibilmente aiutate nel sofferto travaglio decisionale.

Gabrio Zacchè

Foto gratuita scheda di tenuta della mano vista dall'alto
Condividi, se ti va!