NewsUCIPEM n. 762 – 14 luglio 2019

                                                            

NewsUCIPEM n. 762 – 14 luglio 2019

Unione Consultori Italiani Prematrimoniali E Matrimoniali

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“Notiziario Ucipem” unica rivista ufficiale – registrata Tribunale Milano n. 116 del 25.2.1984

Supplemento on line. Direttore responsabile Maria Chiara Duranti. Direttore editoriale Giancarlo Marcone

News gratuite si propongono di riprendere dai media e inviare informazioni, di recente acquisizione, 2019che siano d’interesse per gli operatori dei consultori familiari e quanti seguono nella società civile e nelle comunità ecclesiali le problematiche familiari e consultoriali.

Sono così strutturate:

ü  Notizie in breve per consulenti familiari, assistenti sociali, medici, legali, consulenti etici ed altri operatori, responsabili dell’Associazione o dell’Ente gestore con note della redazione {…ndr}.

ü  Link diretti e link per download a siti internet, per documentazione.

I testi, anche se il contenuto non è condiviso, vengono riprese nell’intento di offrire documenti ed opinioni di interesse consultoriale, che incidono sull’opinione pubblica.

La responsabilità delle opinioni riportate è dei singoli autori, il cui nominativo è riportato in calce ad ogni testo.

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01 ADOZIONE INTERNAZIONALE              Il falso mito della mancanza di minori adottabili nel mondo: bugia

02 ADOZIONE INTERNAZIONALE              In Italia gli Enti autorizzati si riducono a 51. Sono sempre troppi

03 ADOZIONI NAZIONALI                            Stepchild adoption istituto consolidato, dopo le Sezioni Unite             

03 AFFIDAMENTI                                  Affidi illeciti. Piccoli Comuni servizi sociali e appalti senza controlli

04 ASSOCIAZIONI-MOVIMENTI                                La “Family House” di Ai.Bi.

05                                                                          Fecondazioni assistite\adozioni internazionali: scelta che non esiste

06 CENTRO INTERN. STUDI FAMIGLIA   Newsletter CISF – N. 27, 10 luglio 2019

08 CHIESA CATTOLICA                                  Oltre il “dispositivo di blocco”

09                                                                          Cristianesimo biodegradabile o teologia autoimmune?

10 COMM.ADOZIONI INTERNAZ.             Incontro con gli Enti sulla Cina

11 CONFERENZA EPISCOPALE ITAL.        Riconoscimento dei titoli accademici ecclesiastici in Italia

11 CONSULTORI UCIPEM                            Mantova. Etica Salute & Famiglia – anno XXIII n. 04 – luglio 2019

12                                                                                              Sessualità e procreazione. Indagine Ministero salute.

14                                                                          Milano, La casa news    n.2 – luglio 2019                              

15                                                                                         Nuova sede per La Casa!

16                                                                          Pescara. Percorso formativo per Consulenti Familiari

16 DALLA NAVATA                                         XV Domenica tel tempo ordinario – Anno C – 14 luglio 2019

16                                                                          Quando le regole oscurano la legge di Dio                                       

17 GOVERNO                                                   Politiche della Famiglia. Alessandra Locatelli nuovo Ministro

17 MISNA                                                          Dossier MInorenni Stranieri Non Accompagnati centri accoglienza:

18 UCIPEM                                          L’appassionato grazie dell’U.C.I.P.E.M. all’Istituto La Casa

 

ADOZIONE INTERNAZIONALE

             Il falso mito della mancanza di minori adottabili nel mondo: una drammatica bugia

Nel cuore dell’Europa c’è una regione russofona con una popolazione di 469mila persone. Si chiama Transnistria [ufficialmente Repubblica Moldava di Pridniestrov, Pridnestrovie o Pridniestrovie]. La sua particolarità è quella di essersi dichiarata come Stato indipendente, senza però essere stata riconosciuta da nessuno. Era il 2 settembre 1990 quando la Transnistria dichiarò, dopo lo sfaldamento dell’Unione Sovietica, l’indipendenza da quella che, attualmente, è la Repubblica di Moldova. Ne seguì una fase drammatica, con una guerra civile durata alcuni mesi, nel 1992.

            Oggi l’OCSE sta tentando di ricostruire quella ferita non ancora sanata, per garantire l’integrità territoriale della Moldova, senza però soffocare le istanze di autonomia della Transnistria. Recentemente l’organizzazione ha chiesto alle autorità locali di intervenire sulle adozioni.

            Già, ma cosa c’entra l’OCSE con le adozioni? C’entra quando si tratta della Transnistria, dove ci sono tanti bambini adottabili, ma dove non ci sono regole chiare per l’adozione. Un’adozione pronunciata in Transnistria non ha alcuna validità né in Moldova né in nessun altro Paese. Una situazione drammatica per i minori in stato di abbandono che attendono una famiglia. Una situazione che, una volta di più, smentisce il falso mito delle adozioni internazionali che calerebbero perché “nel mondo non ci sono minori adottabili”.

In Transnistria, nei nove istituti che si occupano dell’accoglienza ed educazione dei bambini orfani e rimasti senza le cure genitoriali, attualmente si trovano 754 bambini, di questi, 143 di età prescolare e 584 di età scolare (dagli otto anni in su). Bimbi, questi ultimi, le cui speranze di essere adottati sono già ridotte al lumicino dall’età.

            Dei minori in età scolare 205 bambini vanno dalla prima alla quarta elementare, 269 sono in età da scuola media e 110 sono quelli in età da ultimo anno di scuole medie e da primi due anni delle superiori. Che destino avranno questi ultimi? Che speranze potranno mai avere dei ragazzini quasi adolescenti di trovare una famiglia che li accolga, considerato anche il fatto che la burocrazia, in questo caso, agisce contro di loro?

            In Transnistria non ci sono enti accreditati per le adozioni internazionali. Nei primi sei mesi del 2018 sono state realizzate soltanto cinque adozioni, contro le nove dello stesso periodo nell’anno precedente. I bimbi della Transnistria possono essere adottati soltanto da cittadini della Repubblica Moldava della Transnistria, di entrambi i sessi, che abbiano almeno 25 anni di età. Chiaramente, se si calcola che in totale gli abitanti sono meno di 500mila, si può facilmente dedurre quanto circoscritte siano le possibilità di adozione.

E, così, i bimbi abbandonati della Transnistria rimangono negli istituti. Sono bambini dimenticati in un limbo. Bambini cui la burocrazia e le vicende politiche hanno tolto il diritto più importante: il diritto all’amore. E chissà quante ce ne sono, nel mondo, di situazioni come questa

AiBinews 12 luglio 2019

www.aibi.it/ita/i-bambini-dimenticati-nel-limbo-della-transnistria-in-attesa-di-adozione-ma-nessun-paese-puo-accoglierli

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ADOZIONI INTERNAZIONALI.

In Italia gli enti autorizzati si riducono a 51. Ma sono sempre troppi

Sono diventati 51 gli enti autorizzati a occuparsi di adozioni internazionali in Italia. L’ultimo aggiornamento vede una riduzione rispetto ai 54 che comparivano nel mese di marzo e ai 55 del mese di febbraio. In precedenza si era arrivati a toccare la cifra di 74 enti. Quanti sono? Pochi? Tanti?

            Bisogna, però, iniziare forse con lo spiegare che cos’è un Ente autorizzato. Si tratta di quelle realtà che, come ben illustra il sito della CAI – Commissione Adozioni Internazionali, “informano, formano, affiancano i futuri genitori adottivi nel percorso dell’adozione internazionale e curano lo svolgimento all’estero delle procedure necessarie per realizzare l’adozione; assistendoli davanti all’Autorità Straniera e sostenendoli nel percorso post-adozione”.

La legge 476/1998 ha infatti reso obbligatorio l’intervento dell’Ente autorizzato in tutte le procedure di adozione internazionale, rendendolo a tutti gli effetti un attore istituzionale nell’ambito dell’iter adottivo. Ebbene proprio l’Italia è il Paese con il maggior numero di organizzazioni di questo tipo. Che, nel belpaese, sono tantissimi. Forse troppi.

Tanto che, pochi mesi fa, la senatrice Licia Ronzulli, presidente della Commissione Bicamerale Infanzia, aveva preso carta e penna e scritto una lettera al Fatto Quotidiano, lamentando, tra le altre cose, “l’eccessivo numero di enti autorizzati che operano nel settore e spesso non dispongono di adeguate strutture”.

E, in effetti, dati alla mano (quelli forniti dal rapporto 2018 della CAI – Commissione Adozioni Internazionali), sono veramente pochi gli enti che riescono a realizzare un numero soddisfacente di adozioni. Solo uno ha realizzato più di 100 adozioni (134 per la precisione).

Seguono altri sette enti che realizzano tra le 50 e le 100 adozioni, poi 20 enti che realizzano tra le 20 e le 50 adozioni. Tutti gli altri si collocano sotto i 20 ingressi autorizzati all’anno, di cui sei con meno di cinque adozioni.

Cosa significa tutto questo? Significa che, probabilmente, è opportuna e anzi auspicabile una riorganizzazione del settore, anche attraverso fusioni tra le varie realtà, che consenta da un lato una maggiore capacità d’azione per gli enti più organizzati e un più efficace controllo da parte delle autorità, dall’altro una maggiore semplicità di approccio da parte delle coppie adottive al sistema Italia.

AiBinews 10 luglio 2019

www.aibi.it/ita/adozione-internazionale-in-italia-gli-enti-autorizzati-si-riducono-a-51-ma-sono-sempre-troppi

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ADOZIONI NAZIONALI

Stepchild adoption istituto consolidato, dopo le Sezioni Unite

Tribunale Minorenni Genova, 13 giugno 2019

La discussione giurisprudenziale circa la legittimità dell’adozione ex art 44 lett d) L. 184/1983 da parte del partner omogenitoriale (c.d. stepchild adoption) deve ritenersi conclusa a seguito dell’intervento delle Sezioni Unite n. 12193/8 maggio 2019        http://momentolegislativo.it/app/uploads/2019/05/12193-2019-.pdf

 Pur riguardando tale sentenza una fattispecie diversa – ovvero la possibilità di trascrivere direttamente in Italia un atto di nascita formatosi all’estero, relativa ad un coppia di uomini e ad una paternità ottenuta con una gestazione per altri (il c.d. utero in affitto) e quindi con una filiazione naturale indifferente per entrambi i genitori (mentre per il genitore di intenzione si tratta di genitorialità non conforme al dato biologico) – la Corte è esplicita, e non si tratta di un mero obiter dictum [detto incidentalmente] trattandosi di principio oggetto di espressa massimazione, nell’affermare la possibilità di ricorrere in ogni caso all’adozione in casi particolari ex art 44 lett d) L 184/1983. Principio così massimato: «Il riconoscimento dell’efficacia di un provvedimento giurisdizionale straniero, con il quale sia stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all’estero mediante il ricorso alla maternità surrogata e il genitore d’intenzione munito della cittadinanza italiana, trova ostacolo nel divieto di surrogazione di maternità, previsto dall’art. 12, comma 6, della l. n. 40 del 2004, qualificabile come principio di ordine pubblico, in quanto posto a tutela di valori fondamentali, quali la dignità della gestante e l’istituto dell’adozione; la tutela di tali valori, non irragionevolmente ritenuti prevalenti sull’interesse del minore, nell’ambito di un bilanciamento effettuato direttamente dal legislatore, al quale il giudice non può sostituire la propria valutazione, non esclude peraltro la possibilità di conferire comunque rilievo al rapporto genitoriale, mediante il ricorso ad altri strumenti giuridici, quali l’adozione in casi particolari, prevista dall’art. 44, comma 1, lett. d), della l. n. 184 del 1983». (Giuseppe Buffone)

            In caso di adozione ex art 44 lett d) l. 184/83 da parte del partner omogenitoriale (c.d. stepchild adoption), non vi è ragione per distinguere tra le varie forme di adozione e la pronuncia della Corte Costituzionale, sentenza n. 286 dell’8.11.2016 (G.U. 052 del 28/12/2016), deposito 21/12/2016,

www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2016&numero=286

impone, con una interpretazione costituzionalmente orientata, ed in questo caso sostanzialmente “obbligata”, di assecondare la volontà dei due genitori, tanto più che gli stessi hanno chiesto unicamente di aggiungere il cognome dell’altro genitore, come previsto dal primo comma dell’art 299 cc e con ciò sancendo la doppia appartenenza, e chiedendo unicamente di avere per i due minori la medesima successione dei cognomi.

Giuseppe Buffone Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 22069 – 10 luglio 2019

Sentenza                        http://divorzio.ilcaso.it/sentenze/ultime/22069/divorzio

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AFFIDAMENTI

Affidamenti illeciti. Nei piccoli Comuni “servizi sociali e appalti senza controlli”

«Sempre che i fatti siano confermati…». A venti giorni dagli arresti per l’inchiesta affidi illeciti di Reggio Emilia, tutti si trincerano dietro la frase di rito. Ma intanto quei fatti sono capitati. Decine di bambini non sono già stati allontanati dalle loro famiglie? Non hanno già subìto interrogatori condotti con metodi che – a leggere i particolari dell’ordinanza – risultano invasivi e capziosi? Alcuni di loro non hanno già manifestato con sindromi da dipendenza e altro disturbi psicologi il disagio profondo per quegli episodi? Certo, l’altro ieri il Tribunale dei minori di Bologna, ha reso nota l’intenzione di rivedere i procedimenti relativi a 5 dei minori coinvolti.

            E si tratta di una scelta comunque positiva. Ma, nel frattempo quanta sofferenza… Nel 2013 l’associazione ‘Finalmente Liberi’ presieduta dall’avvocato Cristina Franceschini, una lunga esperienza proprio accanto alle famiglie ferite dalla separazione e ai minori in difficoltà, aveva raccolto in un dossier tutti gli intoppi del diritto minorile. Era risultato che, su oltre mille giudici onorari – psicologi, neuropsichiatri, pedagogisti che affiancano il magistrato ‘togato’ nel collegio giudicante – circa 200 sembravano a rischio conflitto di interesse, perché impegnati a vario titolo nelle comunità destinate ad ospitare quegli stessi bambini oggetto delle sentenze emesse ‘anche’ da quei giudici.

Oggi la situazione è probabilmente diversa perché nel frattempo sono arrivati due provvedimenti del Csm che vieta in maniera esplicita agli ‘onorari’ di avere incarichi di qualsiasi tipo, anche a titolo gratuito, con le comunità d’accoglienza dei minori. Situazione ristabilita? «Credo che qualche abuso persista – osserva l’avvocato Franceschini – perché se il Csm è stato costretto ad intervenire due volte significa che il problema era grave. Stiamo completando un nuovo dossier anche su questo tema e lo renderemo noto al più presto».

Dove la situazione appare del tutto fluida – negativamente fluida – è invece sul fronte del rapporto tra amministrazioni locali, cooperative che assolvono le funzioni di competenza degli assistenti sociali e tribunali. La storia parte dalla legge 328, 8 novembre 2000 – legge quadro di riforma dei Servizi socio assistenziali – che ha dato ai Comuni al di sotto dei cinquemila abitanti la possibilità di offrire servizi sociali consorziandosi in cooperative.                                                                                             www.parlamento.it/parlam/leggi/00328l.htm

Ora, visto che in Italia i piccoli Comuni rappresentano quasi l’80% del totale, servizi delicati e importanti, come quelli riguardanti appunto i minori fuori famiglia, risultano di fatto privatizzati in troppe zone. Ma ciò accade ormai per prassi anche nelle grandi città visto che il personale amministrativo è insufficiente. Il loro operato si svolge quasi senza controlli, nonostante venga utilizzato denaro pubblico, perché raramente nei piccoli Comuni ci sono risorse e competenze specialistiche per verificare decisioni professionali comunque complesse e delicate. «Queste realtà possono per esempio gestire i cosiddetti ‘spazi neutri’ – riprende la presidente di ‘Finalmente liberi’ – dove i genitori separati incontrano i figli allontanati da casa sotto la tutela di una psicologa o di una terapeuta, oppure il servizio di assistenza domiciliare qualora venga disposta prima dell’allontanamento o dopo il rientro in famiglia del bimbo.

            Questi incontri, che dovrebbero servire anche per accertare le capacità genitoriali, hanno un costo. Il Comune o il genitore paga da 50 a 100 euro ogni incontro. Se quindi un ente o il genitore ha disponibilità economiche, ci possono essere uno e due incontri settimanali, altrimenti tutto viene diradato anche ad una sola ora al mese, alla faccia del presunto obiettivo di recupero della genitorialità». Sulla base di questi incontri, i professionisti che operano nelle cooperative – di cui certamente la maggior parte offre servizi trasparenti e di grande competenza – preparano poi le relazioni per il giudice minorile.

            Ma, considerando che la cooperativa guadagna anche grazie alla frequenza e alla durata dei colloqui, chi può accertare che non vengano dilatati oltre il necessario? «Non molto tempo fa alcuni miei assistiti mi avevano riferito di aver sentito personalmente la responsabile di una di queste realtà – rivela l’avvocato Franceschini – accordarsi con un funzionario comunale: ‘Dobbiamo continuare ancora un anno altrimenti mi manca la copertura’. Capito? Quella cooperativa aveva un contratto annuale e aveva la necessità di prolungare il percorso con i genitori, benché non più necessario, per continuare a incassare le quote». Non sarebbe stato più opportuno con quei soldi aiutare quella e altre famiglie? Certamente sì. Ma chi può sindacare sulla relazione di una cooperativa privata che viene sottoscritta dall’assistente sociale e finisce per diventare l’atto di un pubblico ufficiale? Certo, le famiglie con competenze e, soprattutto disponibilità economiche, potrebbero nominare un consulente tecnico di parte (che costa in media oltre mille euro), ma ben difficilmente uno psicologo scelto dalla famiglia può influire sulle scelte del giudice prima della convocazione dell’udienza.

            E non di rado passano mesi. Troppi mesi. «A meno che l’avvocato scelto dalla famiglia – conclude Cristina Franceschini – non si attivi in tempi rapidissimi, non prenda contatto subito con i servizi sociali, non si presenti al giudice per esporre il suo punto di vista. Certo, nella procedura ordinaria il PM ha 48 ore di tempo per l’obbligo di convalida di un fermo. Nel diritto minorile non ci sono limiti. E ogni giudice agisce a discrezione». C’è da stupirsi se in sistema così traballante possano accadere episodi come quelli emersi dall’inchiesta di Reggio Emilia? «Sempre che i fatti siano confermati…». Conosciamo il ritornello.

            Lucia Moia     Avvenire 14 luglio 2019

www.avvenire.it/attualita/pagine/la-tutela-dei-minori-nei-piccoli-comuni-servizi-sociali-appalti-senza-cont

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ASSOCIAZIONI       MOVIMENTI

La “Family House” di Ai.Bi.

Una realtà unica, che accompagna le mamme (e i loro bimbi) in situazione di fragilità dall’inizio alla fine del loro percorso verso l’autonomia, attraverso due forme intermedie di accoglienza: la comunità e la semi-autonomia. Si tratta della “Family House” di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, un’eccellenza europea alle porte di Milano. Una vera e propria clinica contro l’abbandono di minori.

La “Family House” di Ai.Bi. è la prima struttura di questo tipo in Europa, ha aperto nel 2015 ed è stata progettata davvero come una clinica ad alta specializzazione, in grado di fornire servizi a 360 gradi sull’abbandono e sull’accoglienza: un luogo dove la ferita dell’abbandono viene prevenuta e curata; una casa dove il dolore viene accolto, capito, lenito, aiutato a guarire; un intervento che mette al centro la salute del cuore e dell’anima, del bambino e della famiglia.

“Questa realtà – spiega Valentina Bresciani, responsabile pedagogico delle strutture di accoglienza per la cooperativa sociale AIBC – si struttura come un percorso, che accompagna le mamme accolte dalla fase più drammatica a quella dell’autonomia. Un percorso la cui efficacia è sottolineata dal numero delle mamme che sono passate attraverso le tre differenti fasi: comunità, alloggi semi-autonomi, alloggi ad alta autonomia. Sono in tutto 14 casi”.

            Quella che può essere considerata come la “prima fase” sono le comunità mamma-bambino. “Qui – prosegue Valentina Bresciani – ne abbiamo due. Accogliamo mamme che escono da episodi gravi di violenza o fragilità, che hanno a disposizione personale specializzato 24 ore su 24, che si occupa anche di effettuare una valutazione delle competenze genitoriali. Se questa è positiva le mamme sono accompagnate gradualmente verso l’autonomia. In generale c’è un supporto volto a far recuperare loro la consapevolezza della propria persona, del proprio essere donna”.

Nella “Family House” vi sono poi due alloggi a semi-autonomia (ciascuno accoglie due nuclei alla volta) e un alloggio ad alta autonomia (un solo nucleo alla volta). “Sono mamme queste che sono già state in comunità e che hanno fatto un percorso positivo e che vengono qui accompagnate all’autonomia da un educatore di supporto, presente diverse ore al giorno”.

            Tra i vari servizi offerti c’è anche uno spazio neutro, dove i bambini momentaneamente allontanati dal nucleo familiare o in comunità possono incontrare i propri genitori e tentare di ricostruire un legame solido e duraturo. In base all’età del bambino sono presenti aree ludiche-educative specifiche, ma anche spazi specifici che ricreano l’ambiente casalingo, come un piano cottura, per permettere alle mamme di sperimentarsi a tutto tondo nella cura dei figli.

            Oltre a questo c’è anche un centro servizi, “aperto davvero a tutte le famiglie che avessero bisogno di consigli e supporto psicologico, non solo quelle seguite dal servizio sociale. I nostri esperti sono a disposizione per tutelare la famiglia a 360 gradi”.

            Infine, la “Family House” ha anche una “culla per la vita”. “Le mamme che, purtroppo, dovessero voler abbandonare il proprio bambino, facendo la doverosa premessa che sarebbe sempre meglio ricorrere al parto in anonimato in ospedale, previsto dalla legge, qui possono depositarlo in una struttura apposita che fa scattare un allarme, grazie al quale il piccolo può essere preso immediatamente in carico nella massima sicurezza dal personale, in contatto con il 112. Le telecamere tutelano la privacy della madre, perché si trovano infatti solo all’interno e non riprendono assolutamente chi lascia il bambino. I cartelli di istruzione sono inoltre in molte lingue, per essere compresi da persone di qualsiasi nazionalità”.

AIBInews       12 luglio 2019

www.aibi.it/ita/intervista-la-family-house-di-ai-bi-la-casa-anti-abbandono-che-offre-a-mamme-e-bimbi-un-percorso-completo-verso-lautonomia

 

Griffini (Ai.Bi.): “Fecondazioni assistite o adozioni internazionali: la scelta che non esiste”

Il presidente di Amici dei Bambini: “Assurdo che non sia previsto alcuno bonus per chi adotta, ponendo rimedio alla più grande ingiustizia della Terra, mentre le cure per la PMA in alcune regioni si pagano con ticket ospedaliero”

            “Non sono neppure due su 10 le donne che, in Italia, riescono a partorire ricorrendo alla procreazione assistita, mentre nove su 10, con lo stesso termine di paragone, sono quelle che, dopo aver conferito l’incarico a un ente autorizzato, riescono a portare a termine l’adozione internazionale di un minore abbandonato. Eppure, incredibilmente, la prima in alcune regioni si paga con un ticket ospedaliero, la seconda invece non gode di alcun supporto. Un errore immane”. Lo sostiene il presidente di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, Marco Griffini.

L’organizzazione, fondata da un movimento di famiglie adottive, lotta da un trentennio contro l’abbandono di bambini in tutto il mondo, con sedi aperte in quattro continenti. Il commento si riferisce ai dati della relazione annuale al Parlamento sull’applicazione della legge 40/19 febbraio 2004.

Dati che illustrano come, nel 2017, le percentuali di successo delle tecniche di PMA senza donazione di gameti, considerando come indicatore la percentuale di gravidanze ottenute su cicli iniziati, si attestino su un valore medio effettivo di due su 10: il 10,3% per le tecniche di I livello, il 17,6% per le tecniche di II e III livello, il 29,3% per le tecniche da scongelamento di embrioni e il 16,9% per le tecniche da scongelamento di ovociti.

            Nel 2017 in Italia sono stati formati in totale 107.435 embrioni, 97.888 i cicli iniziati. I nati effettivi sono stati complessivamente 13.973. Le coppie che ricorrono a questo sistema sono state 78.366, 10mila in più rispetto al 2010 e in crescita costante, anno dopo anno (erano 77mila e 500 nel 2016 e 74mila nel 2015).

            “Lo Stato italiano ha fatto la scelta di investire sulle PMA, la procreazione assistita, nonostante i risultati non brillanti, come dimostra la relazione al Parlamento – spiega Griffini – e di lasciare le adozioni internazionali al loro destino. Cosi alle coppie italiane che hanno difficoltà ad avere figli non viene offerta altra possibilità se non il ricorso al calvario della PMA. Con la conseguenza che l’Italia, che è sempre stato il Paese più accogliente al mondo con i minori in stato di abbandono, ha visto calare le adozioni internazionali dalle oltre 4mila del 2011 alle mille scarse del 2018… Eppure per favorire le adozioni, basterebbe così poco: snellire un percorso iper-burocratizzato, per esempio con l’eliminazione della idoneità giudiziaria, e, come era stato paventato in sede di Legge di Bilancio 2019, introdurre un bonus di 10mila euro per ogni adozione”.

AIBInews       10 luglio 2019

www.aibi.it/ita/griffini-ai-bi-fecondazioni-assistite-o-adozioni-internazionali-la-scelta-che-non-esiste

 

La legge 405\29 luglio 1995 Istituzione dei consultori familiari ha avuto un’integrazione all’art.1.

d-bis) l’informazione e l’assistenza riguardo ai problemi della sterilità e della infertilità umana, nonché   alle tecniche di procreazione medicalmente assistita;

d-ter) l’informazione   sulle   procedure   per   l’adozione e l’affidamento familiare.

www.trovanorme.salute.gov.it/norme/dettaglioAtto?id=25554

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CENTRO INTERNAZIONALE STUDI FAMIGLIA

Newsletter CISF – N. 27, 10 luglio 2019

Dati Istat sulla popolazione al 31 dicembre 2018. Cronaca di un’emergenza annunciata. Un commento del direttore Cisf (F. Belletti) su www.ilsussidiario.net […] Insomma, sempre meno giovani, e soprattutto sempre meno donne, che fanno mediamente sempre meno figli. Davvero questo dato può lasciare indifferente la politica, l’economia, la società tutta? Davvero siamo convinti che “meno siamo meglio stiamo”, e che potremo resistere, come popolo e come sistema Paese, se e quando avremo tre o quattro anziani ogni lavoratore attivo? Il deficit demografico è diventato più grave del deficit del bilancio dello Stato: ma nessuno agisce […]”

www.ilsussidiario.net/news/italia-declino-demografico-ecco-cosa-serve-per-invertire-la-deriva-anti-natalita/1901291

Migrazioni – speciale. Inseriamo notizie dedicate al tema delle migrazioni a livello nazionale e globale, ormai costantemente all’attenzione dell’opinione pubblica, per costruire un pensiero riflessivo.

In preparazione della prossima 65.a Conferenza ICCFR – CISF, Roma, 14-17 novembre 2019 (e con costanti aggiornamenti su programma ed eventi collegati):

“Famiglie e minori rifugiati e migranti. Proteggere la vita familiare nelle difficoltà”

http://newsletter.sanpaolodigital.it/cisf/attachments/newscisf2619_programma_ICCFR19_IT.pdf

Un occhio alle statistiche europee sulle migrazioni. I numeri magari aiutano a pensare….

Una visita alle pagine del sito EUROSTAT dedicate alle migrazioni può certamente aiutare ad affrontare in modo più riflessivo il tema delle migrazioni, anziché procedere per percezioni, “numeri a caso” o pregiudizi (più o meno cattivisti o buonisti) [clicca italiano in alto a destra] https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?title=Migration_and_migrant_population_statistics/it

Qui riportiamo pochi numeri, con brevi commenti (sul sito dati sui 28 Paesi UE più Islanda, Svizzera, Lichtenstein e Norvegia).

1)      4,7 immigrati ogni 1.000 abitanti: media 28 Paesi UE. L’Italia riporta 5,7 (come la Francia). Ungheria: 3,8; Irlanda: 16,3. Si tratta di 4.400.000 soggetti entrati nei Paesi UE: tra questi 2.400.00 da Paesi non UE (es. da Russia in Lituania), 2.000.000 da Paesi UE (es. da Romania in Italia).

2)      22.300.000: totale persone nate in Paesi stranieri che sono residenti al 2017 nei 28 Paesi UE (4,4% della popolazione). In Italia oltre 6 milioni (10,2%), in Germania quasi 14 milioni (16,6%). In molti Paesi dell’Europa occidentale il 15% e oltre, nei Paesi dell’Europa dell’Est in genere quote molto basse.

3)      825.000 persone nel 2017 hanno ottenuto la cittadinanza in uno dei 28 Paesi europei. In Italia sono state più di 146.000 (il dato più alto in tutta la UE). Nel Regno Unito sono state 131.000 (Brexit qui ha un certo peso). Si tratta forse del dato più incoraggiante, perché segnala il completamento di un percorso di integrazione, anche in termini di pienezza dei diritti (diventare cittadino a pieno titolo). Purtroppo il dato complessivo UE è in netto calo rispetto all’anno precedente (-17%). Anche in Italia purtroppo si parla di -55.000 dal 2016 al 2017 (in Spagna addirittura -88.000).

Un dettagliato studio statistico internazionale sulla prevalenza di aborti se il nascituro è femmina. Un rigoroso studio (pubblicato sulla rivista Proceedings of National Academy of Sciences of the United States of America) offre una serie di informazioni sulla proporzione tra maschi e femmine alla nascita. Analizzando un data base estensivo dei vari Paesi e con adeguate proiezioni statistiche, emerge che in alcuni Paesi il rapporto tra maschi e femmine alla nascita si discosta in modo significativo dal rapporto medio atteso (circa 1,05, nascono pochi maschi in più rispetto alle femmine). In particolare in 12 Paesi il tasso è decisamente più alto (nascono molti più maschi che femmine): Albania, Armenia, Azerbaigian, Cina, Georgia, Hong Kong, India, Repubblica di Corea, Montenegro, Taiwan, Tunisia e Vietnam. Dai dati emerge che questo squilibrio “è diretta conseguenza di aborti selettivi sulla base del sesso del nascituro, determinati dalla preferenza per il figlio maschio, dalla facile accessibilità della definizione prenatale del sesso, e dal declino della fertilità”.

www.pnas.org/content/116/19/9303

Capodarco. Premio “anello debole 2019”. I vincitori. “Il 28 giugno 2019 sono stati premiati i vincitori del “premio Anello Debole”, XIII edizione del concorso per docu-film, corti e filmati in ambito sociale. Le opere finaliste, scelte dalla giuria di qualità del premio, sono state votate dagli oltre 100 componenti della giuria popolare, durante la proiezione-maratona della “Notte dei corti” e l’”Aperitivo on air” di giovedì 27 giugno. Da alcuni anni anche detenuti e agenti penitenziari contribuiscono a determinare i vincitori del premio con il proprio voto”.

http://capodarcolaltrofestival.it/news/2019/06/vincitori-2019.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_10_07_2019

Dalle case editrici

Guilmaine Claudette, Genitori al singolare. Vincere la sfida quotidiana della monogenitorialità, Erickson, Trento, 2019, pp. 210, € 17,00. Le famiglie monoparentali non sono più, oggi, casi sporadici, ma realtà diffuse e in continua crescita. La sensazione che tutti i genitori soli riferiscono di provare più frequentemente è però la solitudine: si sentono soli a portare il peso della crescita di un figlio senza un partner, spesso inadeguati e giudicati nel confronto con il modello della famiglia tradizionale, abbandonati per la scarsità di strutture, associazioni e reti che diano loro sostegno e aiuto.

Questo libro nasce per dimostrare che la monogenitorialità (che sia subìta o scelta, permanente o transitoria) è una sfida complessa, ma possibile. Accanto a strumenti e suggerimenti per far fronte ai problemi economici, sociali e educativi, il volume presenta quindi storie di uomini e donne che danno voce ai dubbi, ai sacrifici, alle paure che essere un genitore single comporta. Al centro di tutte le testimonianze presentate ci sono i pianti, i sospiri, le confidenze ed anche i sorrisi di chi ha saputo assumere il proprio ruolo, opporsi all’isolamento e scegliere la vita, anche nei momenti più bui. Storie per dare coraggio e ispirazione a chi si trova a vivere questa realtà.

Specializzarsi per la famiglia

  • “Fertilità e sessualità coniugale“. Master di I° livello Universitario (anni accademici 2019-2020 e 2020-2021), promosso dal Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia e dalla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica Sacro Cuore, in collaborazione con: Confederazione Italiana dei Centri di Regolazione Naturale della Fertilità, Institut Européen d’Education Familiale (IEEF), Fédération Africaine d’Action Familiale (FAAF), Centro Studi e Ricerche Regolazione Naturale della Fertilità (CSRRNF). “Il Master risponde all’invito di Papa Francesco a “sviluppare nuove vie pastorali” (Amoris lætitia, 199) nel contesto del dibattito sociale e culturale odierno offrendo un percorso formativo indirizzato specialmente a coloro che lavorano nell’ambito dell’educazione all’amore vero, dell’accompagnamento delle coppie e delle famiglie oppure nell’ambito del servizio alla vita […]”. Lezioni da dicembre 2019 a luglio 2021

www.istitutogp2.it/wp/wp-content/uploads/2019/04/Master-Fertilit%C3%A0-D%C3%A9pliant.pdf

Save the date

  • Nord:Beati noi…”, week-end di formazione per coppie e operatori di pastorale famigliare, promosso da CPM (Centri di Preparazione al Matrimonio) e dall’Ufficio per la pastorale della famiglia dell’Arcidiocesi di Torino, Pianezza (TO), 5-6 ottobre 2019.

www.cpm-italia.it/files/pdf/BEATI%20NOI%20QUANDO.pdf

  • Centro: Territori del welfare: (de-)globalizzazioni, innovazioni e conservazioni, XII conferenza annuale di ESPAnet Italia (European Network for Social Policy Analysis), Urbino, 19-21 settembre 2019.                                                                              www.espanet-italia.net/conferenza-2019
  • Sud: Il ben – essere anziani Come garantire la qualità della vita? L’assistente sociale nel processo d’aiuto, intervento formativo per assistenti sociali (con crediti formativi) promosso da Associazione Aurora, Salerno, 7 settembre 2019.

www.cnoas.it/cgi-bin/cnoas/vfale.cgi?i=NNVNQNAAYYTNLNGAPLBYWJ&t=brochure&e=.pdf

  • Estero: Advanced Issues in Child Custody: Evaluation, Litigation, and Settlement (Questioni emergenti sulla tutela dei bambini: valutazione, conflitti e scelta della residenza), conferenza congiunta AFCC-AAML (Association of Family and Conciliation Courts/American Academy of Matrimonial Lawyers), San Diego (California USA), 19-21 settembre 2019.

www.afccnet.org/Portals/0/AFCC-AAML%202019%20Conference%20Brochure.pdf?ver=2019-04-23-094556-163

 

 

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CHIESA CATTOLICA

Oltre il “dispositivo di blocco”

E’ appena uscito in libreria il volumetto Da museo a giardino. La tradizione della Chiesa oltre il “dispositivo di blocco” (Cittadella). Pubblico qui l’inizio e la fine della introduzione, dalla quale si può comprendere sinteticamente l’andamento della riflessione che propongo. Ringrazio anche Giovanni Grandi per aver scritto un bel “Invito alla lettura”, che apre il volume con sguardo filosofico.

Introduzione

“Nelle attuali condizioni della società umana essi (i profeti di sventura) non sono capaci di vedere altro che rovine e guai; vanno dicendo che i nostri tempi, se si confrontano con i secoli passati, risultano del tutto peggiori; e arrivano fino al punto di comportarsi come se non avessero nulla da imparare dalla storia, che è maestra di vita, e come se ai tempi dei precedenti Concili tutto procedesse felicemente quanto alla dottrina cristiana, alla morale, alla giusta libertà della Chiesa” Giovanni XXIII, Gaudet Mater Ecclesia

            Da qualche tempo rifletto su un paradosso che mi sembra davvero curioso. Abbiamo un tradizione recentissima che offre uno spettacolo davvero sorprendente. Vi è un papa che, sulla base di una teologia pienamente ispirata al Concilio Vaticano II, chiede una nuova e strutturale “apertura” alla Chiesa. Una cosa di tale forza non si sentiva da 50 anni e più. Accanto a lui e intorno a lui, oltre all’entusiasmo popolare e alla larga collaborazione pastorale e accademica, diversi pastori e teologi mostrano di avere paura di questo progetto e alzano barriere per evitare ogni apertura. E mentre il papa sa che la apertura, la uscita, è vitale per l’essenza stessa della Chiesa, i suoi avversari identificano la Chiesa con la chiusura, con l’autosufficienza e con il giudizio. In questo libro vorrei provare a interpretare meglio questo paradosso. E a ragionare sulla evoluzione della “forma ecclesiæ”, a quasi 60 anni dal Concilio Vaticano II, nella benedetta contingenza del papato di Francesco, ma anche nella prospettiva di una ripresa della ricerca teologica, alla volta di soluzioni finora neppure prevedibili, e con un nuovo slancio di immaginazione e di creatività.

…………………………

06. Ancora un “oltre”

Più di 10 anni fa, alla vigilia di quello che oggi possiamo riconoscere come la più sorprendente applicazione del “dispositivo di blocco”, avevo scritto “Oltre Pio V”. Era questa la prospettiva che allora mi sembrava di dover rilevare, con un occhio attento anzitutto alle dinamiche liturgiche della tradizione. Ma oggi, a distanza di 12 anni, con tutto quello che si è manifestato, nel bene e nel male, lungo questo percorso, mi sembra che, in un quadro molto più complesso, resti di attualità la preposizione “oltre”. Si tratta si superare non semplicemente un “ordo” rituale, ma un modo di pensare la storia e la tradizione della Chiesa, che è il fondamento intellettuale e sentimentale di una “società chiusa”, che vive secondo l’” onore” e non secondo la “dignità”. Come è evidente, questo sguardo passa dalla “forma rituale” alla “forma ecclesiae” e scopre, come aveva già fatto Giuseppe Dossetti, più di 50 anni fa, che la forma rituale è precisamente la più radicale e viscerale delle “formæ ecclesiæ”. Perciò collocarsi non solo “oltre Pio V”, ma “oltre il dispositivo il dispositivo di blocco” diventa la via, inevitabilmente stretta e accidentata, per restare fedeli al Vaticano II e riconciliare dottrina e realtà, fede e cultura, autorità e libertà. In un certo senso potremmo dire che “oltre Pio V” è diventato una applicazione specifica del dispositivo generale, entrato in vigore alla fine degli anni 70 e rimasto operante fino ad oggi, con la benedetta eccezione di papa Francesco, che se ne è largamente, anche se non completamente liberato.

0.7. Il percorso del testo

            Nel libro vorrei percorrere un breve itinerario in 4 passaggi:

  1. anzitutto focalizzo la attenzione sul “dispositivo di blocco”, mostrando come, tra la fine degli anni 70 a l’inizio del secondo decennio del XXI secolo, l’autorità di JosephAloisius  Ratzinger (prima come Arcivescovo di Monaco-Frisinga, poi come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede e infine come Papa Benedetto XVI abbia introdotto nel magistero cattolico un “dispositivo di blocco”, per proteggere la Chiesa da ogni possibile dinamica, confermando la sua autorità mediante una “negazione di autorità” (§.1).
  2. Poi approfondirò il ruolo di “paralisi” che investe la “libertà del teologo” nel sistema affermato dal “dispositivo” (§.2) rispetto a cui troviamo una prima eccezione in “Amoris Lætitia”, che si giustifica, precisamente, mediante una “diversa comprensione del magistero”, come risulta nei suoi primi numeri.
  3.  Quindi vorrei riprendere le due “tentazioni” (neo-gnosticismo e neo-pelagianesimo) che possono essere comprese come supporto della “autoreferenzialità” e del “dispositivo di blocco”, come suo fondamento teorico, finalmente superato dalle affermazioni decisive di Veritatis gaudium (§.3)
  4.  E poi concludere con una breve serie di tesi, sul rapporto tra autorità e libertà nella Chiesa a 60 anni dal primo annuncio del Concilio Vaticano II e al 6 anno del papato di Francesco (§.4).

Andrea Grillo blog: Come se non     8 luglio 2019

www.cittadellaeditrice.com/munera/oltre-il-dispositivo-di-blocco

 

Cristianesimo biodegradabile o teologia autoimmune?

Lettera (auto-)critica al collega Giulio Meiattini

“La preferenza progressiva per le parole e i concetti più semplici, più sereni e più pacificanti” (G. Dossetti)

Caro Giulio,                è accaduto già altre volte, in questi ultimi anni, che ci siano state occasioni per esprimere posizioni differenziate, tra te e me, intorno al magistero di papa Francesco. Siamo entrambi professori nell’Ateneo S. Anselmo e a titolo di collega ritengo necessario reagire a quanto ho letto nel tuo ultimo intervento, a proposito dell’Instrumentum laboris in preparazione al Sinodo speciale sulla Amazzonia.

www.aldomariavalli.it/2019/07/02/sinodo-amazzonico-ed-ecco-a-voi-il-cristianesimo-biodegradabile

Come nei casi precedenti, noto un crescendo di sarcasmo e di contestazione frontale di ogni espressione magisteriale che abbia in papa Francesco più o meno direttamente la sua fonte. A partire da Evangelii Gaudium fino a questo ultimo documento, per te, caro Giulio, la parola di Francesco diventa oggetto di un giudizio sferzante, tagliente, talmente duro da indurti a usare la terminologia della “eresia” o della “apostasia” senza più alcun controllo. Non solo tu critichi ciò che io apprezzo, e facilmente io critico quello che apprezzi tu: tutto questo sarebbe la normale dialettica di una vera discussione teologica.  Invece, in quello che ho letto in questo tuo ultimo scritto, mi pare che la critica, di cui vive ogni buona teologia, debordi gravemente in una forma di liquidazione delle espressioni di questo cammino sinodale come se fossimo di fronte alle deviazioni denunciate dal Sillabo, da Pascendi o da Humani generis. Questo proprio non lo capisco. Anche perché tu non proponi argomentazioni, ma slogan. L’amazzonia è un eden, la teologia si traduce in antropologia e il cristianesimo diventa biodegradabile. Tutti i peggiori incubi dell’antimodernismo degli ultimi duecento anni sembrano risuscitare per “colpa” di papa Francesco. Questo schema mi sembra talmente debole che faccio fatica a ricondurlo alla tua ben nota competenza. Ed anzi mi sembra legato piuttosto ad un affetto che ad un ragionamento. E’ più un mito che un logos.

            Per questo vorrei cogliere questa occasione di dialogo e di confronto per spostare leggermente l’oggetto della questione e porre a te, come a me, una domanda più radicale: come possiamo/dobbiamo fare teologia, oggi? In questa domanda, ovviamente, sento investito me quanto te. E vorrei anche pregarti di interpretare alcune delle questioni che intendo sollevare come rivolte prima a me che a te.

            Anzitutto una questione di metodo: è giusto “denigrare” un documento? Forse tutti noi, di fronte a documenti più o meno convincenti, siamo stati e siamo ancora tentati di usare la “critica” nel modo più duro. In questo, a me pare, facilmente nessuno scaglierebbe la prima pietra se esaminasse accuratamente se stesso. Un uso esagerato della critica fa naufragare il mestiere teologico, qualunque sia il suo oggetto. Anche la critica ha dei limiti, che nessuno può imporre da fuori, ma che devono essere in qualche modo generati dall’interno della critica stessa.

            Vorrei fare solo alcuni esempi, riferiti al tuo ultimo testo. Tu dai per scontate una serie di affermazioni che non sottoponi ad alcuna critica. Così la tua critica diventa facilmente del tutto unilaterale. Te ne indico alcune:

  1. Tu consideri ovvio che il documento preparatorio “abbia creato divisioni” a causa di una teologia addirittura “non cristiana”. Forse il difetto sta nel punto di vista. Sarebbe cristiano e pacificante solo un documento che fosse stato scritto integralmente in Europa e a Roma? La divisione ecclesiale non è forse il frutto di una lettura unilaterale con cui gli europei, da 5 secoli, con le loro categorie, hanno interpretato la vita cristiana della Amazzonia?
  2. Allo stesso modo mi sembra che tu legga lo specifico “amazzonico” con una opposizione tra teologica e antropologia che lascia del tutto perplessi. Ammetti che la Amazzonia ha una storia diversa dall’Europa oppure pensi che sia soltanto una variante tra ortodossia e liberalismo a poter sciogliere ogni questione?
  3. Le critiche che svolgi nei confronti dell’Instrumentum Laboris sono ingiuste perché ridicolizzano cose estremamente serie, e prendono troppo sul serio cose che non hanno tutta questa rilevanza. Ti faccio un esempio: il metodo “pastorale” non è stato inventato da papa Francesco, ma è una grande eredità del Concilio Vaticano II: esso consiste nell’assumere in pieno il compito di “tradurre la tradizione”. Questa è una cosa estremamente seria, che tu tendi a ridicolizzare in modo per me incomprensibile. D’altra parte, ti stupisci che il documento non usi citazioni di S. Tommaso. Ma Tommaso non sapeva neppure che esistesse l’America! E però, nel fare la tua annotazione, non puoi fare a meno di insinuare l’idea che il modo di citare Tommaso introdotto dai documenti di Francesco sia semplicemente “sbagliato”. Anche qui preferisci squalificare e comunicare denigrazione piuttosto che ragionare. Dire che la Bibbia e S. Tommaso sono estranei al documento non rende più forte, ma più debole la tua critica.

Sono solo piccoli esempi. Ne voglio trarre una conseguenza che assumo anzitutto per me. Questo ultimo tuo testo mi ha mostrato bene quale sia la strada rischiosa di ogni teologia, che abbia il coraggio di dire ciò che pensa. La critica, che è il sale del nostro lavoro, non deve mai diventare sarcasmo, squalificazione, delegittimazione, denigrazione. Ogni volta in cui, per esprimere una seria riserva su un documento o su una affermazione, mettiamo in gioco la credibilità e la onestà dell’interlocutore, facciamo un pessimo servizio al nostro lavoro. Interpretare la fatica della traduzione come un colpevole tradimento implica il rischio di fraintendere ogni reale tentativo di “camminare nella storia” da parte della Chiesa. L’accusa al documento di proporre un “cristianesimo biodegradabile” si ribalta facilmente nel rischio di sostenere una “teologia autoimmune”, ossia una dottrina cristiana che genera essa stessa i propri nemici per poter restare sempre assolutamente ferma, immobile, immutabile.

Sono convinto che il “cambio di paradigma” sia una delle cose più serie che possiamo pensare oggi, come teologi. Anche S. Anselmo, come Ateneo, ha contribuito largamente da molti decenni a mettere in moto questa traduzione della tradizione, su piano liturgico, sacramentale, monastico e filosofico. Mi sembra strano che tu possa pensare come “cosa risibile” ciò che giustifica oggi un serio ripensamento delle categorie portanti del nostro pensiero teologico. Non per “affossare”, ma per “rilanciare” la tradizione.  Accettare che la Amazzonia metta in moto categorie nuove e diverse, per la elaborazione di una teoria e di una prassi cristiana credibile, mi sembra un passaggio inaggirabile. Il tuo rifiuto che definirei “a priori” di considerare questa esigenza mi sorprende e mi colpisce.

            Vorrei concludere con un passo che traggo dalla “Piccola regola” scritta da Giuseppe Dossetti per le Famiglie della Visitazione. Ad essa vorrei sempre ispirarmi quando scrivo, anche se spesso ne resto molto lontano. Essa raccomanda “la preferenza progressiva per le parole e i concetti più semplici, più sereni e più pacificanti”. Questa preferenza mi sembra un passaggio decisivo. Forse da qui comincia davvero un cambio di paradigma del quale abbiamo tutti urgente bisogno.

Ti saluto cordialmente Andrea

Andrea Grillo blog: Come se non     12 luglio 2019

www.cittadellaeditrice.com/munera/cristianesimo-biodegradabile-o-teologia-autoimmune-lettera-auto-critica-al-collega-giulio-meiattini

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COMMISSIONE ADOZIONI INTERNAZIONALI

Incontro con gli Enti sulla Cina

A fronte della costante diminuzione del numero delle procedure di adozione concluse nel Repubblica Popolare Cinese negli ultimi due anni, la Commissione per le Adozioni Internazionali, venendo incontro alle richieste di enti e famiglie, ha tenuto oggi una riunione con i rappresentanti degli enti autorizzati che operano nel paese. 

Gli enti hanno illustrato le problematiche emerse da quando la Repubblica Popolare Cinese ha modificato la propria metodologia di proposta di abbinamento alle famiglie dei minori cinesi in stato di adottabilità.

            A conclusione dell’incontro, la Commissione ha convenuto di prendere contatto, al più presto, con le omologhe Autorità della Repubblica Popolare Cinese per sondare l’eventuale disponibilità ad un incontro bilaterale, che veda coinvolti altresì gli enti e le famiglie, da programmare entro la fine del 2019.

Comunicato stampa               10 luglio 2019

www.commissioneadozioni.it/notizie/incontro-con-gli-enti-sulla-cina

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CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Riconoscimento dei titoli accademici ecclesiastici in Italia

Entra in vigore il prossimo 25 luglio 2019 e costituisce un risultato importante per tutte le Facoltà Teologiche e gli Istituti Superiori di Scienze Religiose e le altre istituzioni accademiche ecclesiastiche in Italia: è il Decreto del Presidente della Repubblica, pubblicato il 10 luglio sulla Gazzetta Ufficiale n.160, pag. 3,

www.gazzettaufficiale.it/gazzetta/serie_generale/caricaDettaglio?dataPubblicazioneGazzetta=2019-07-10&numeroGazzetta=160&elenco30giorni=true

che dà esecuzione allo scambio di Note verbali sul riconoscimento dei titoli accademici pontifici nelle discipline ecclesiastiche, seguite all’accordo tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede del 13 febbraio scorso.

L’accordo prevede una estensione delle discipline “concordatarie” riconosciute dallo Stato italiano, che prima si limitavano alla Teologia e alla Sacra Scrittura, e che ora comprenderanno anche il Diritto Canonico, la Liturgia, la Spiritualità, la Missiologia e le Scienze religiose.

Si attiveranno ora, come da accordi, tavoli tecnici per definire le intese tra il Miur e la Congregazione per l’Educazione Cattolica per l’individuazione di procedure congrue per l’esecuzione del riconoscimento. Questo passo è frutto di un lungo lavoro di riforma, promosso dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica e accompagnato e sostenuto dal Comitato per gli Studi Superiori di Teologia e di Scienze Religiose e dal Servizio Nazionale della Conferenza Episcopale Italiana.

11 luglio 2019

www.chiesacattolica.it/riconoscimento-dei-titoli-accademici-ecclesiastici-in-italia

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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM

Mantova. Etica Salute & Famiglia – anno XXIII n. 04 – luglio 2019

  • Trapianti: scoperto gene che provoca il rigetto. Aspetti bioetici Armando Savignano
  • Sessualità e procreazione. Indagine nazionale del ministero della salute Gabrio Zacché
  • La formazione alla affettività ed alla sessualità negli adolescenti e nei giovani Piera Di Maria
  • Una scuola senza frontiere. La fraternità “inutile” Anna Orlandi
  • Cure palliative e disposizioni anticipate di trattamento. Un incontro a Curtatone Gabrio Zacchè
  • Sessualità. Chi preferisce non parlarne? Alessandra Venegoni
  •  Un’esperienza di gruppo da raccontare Silvana Ignaccolo – Giuseppe Cesa

Psicologo mi dica

Presso il Centro di Consulenza Familiare di Mantova già dal 2016 abbiamo iniziato ad organizzare i primi gruppi di parola per genitori separati. A quei tempi l’esperienza rientrava nel progetto Family net.

Lo spunto nasceva dall’osservazione clinica quotidiana dei colleghi del Consultorio che si trovavano sempre più spesso ad operare con persone, adulte e minori, in difficoltà in seguito a separazioni, in corso o avvenute.

È nata così l’idea di istituire dei gruppi di parola per genitori separati. Da subito l’esperienza si è dimostrata positiva in quanto nel gruppo le persone trovano uno spazio di confronto, di espressione e di uscita da una condizione di isolamento.

Questi gruppi non si pongono l’obiettivo di essere terapeutici e/o risolutivi; molti dei partecipanti, infatti, sono seguiti anche singolarmente.

Col tempo l’esperienza si è consolidata e all’inizio del 2019 sono stati attivati i primi contatti con l’Amministrazione Comunale di Mantova che era interessata a sviluppare nel territorio un coordinamento per le famiglie. Il Sindaco Palazzi e l’assessore Sortino hanno visitato il nostro Consultorio apprezzando il nostro lavoro e hanno deciso di sostenerci con un contributo dedicato a questo progetto.

Partendo da questa premessa nella primavera del 2019 abbiamo organizzato il primo Laboratorio per genitori separati strutturandolo in 8 incontri guidati da professionisti del Consultorio.

Durante gli incontri sono state affrontate varie tematiche, alcune con il supporto di specialisti del lavoro con i minori.

Le tematiche affrontate riguardano la gestione della rabbia, la comunicazione con i figli, la comunicazione delle emozioni, la famiglia d’origine, il vivere il presente ed il riprogettarsi nel futuro.

Ogni incontro è strutturato in modo che ognuno si senta libero di esprimersi liberamente senza sentirsi giudicato, di confrontarsi e ascoltare.

L’evoluzione del gruppo è stata molto positiva e la partecipazione attiva da parte di tutti i componenti del gruppo.

Un vento simpatico è stato la creazione da parte dei partecipanti di un gruppo WhatsApp titolato “non più soli”.

Questo aspetto è solo un piccolo esempio del clima che gradualmente si è sviluppato per cui la partecipazione non è più venire a parlare di problemi ma un piacevole incontro con persone con cui condividere esperienze problematiche ma anche amicizia e solidarietà.

Certamente la condivisione in gruppo di esperienze anche molto pesanti ha contribuito a decomprimere cariche emotive potenzialmente pericolose e ad imparare a mettersi anche nei panni degli altri.

Un ringraziamento, quindi, all’Amministrazione Comunale di Mantova che ci ha permesso di sviluppare ulteriormente un’esperienza positiva da tutti i punti di vista.

Silvana Ignaccolo    Giuseppe Cesa

www.consultorioucipemmantova.it/consultorio/index.php/pubblicazioni/etica-salute-famiglia/150-etica-salute-famiglia-anno-xxiii-n-04-luglio-2019

 

Sessualità e procreazione. Indagine nazionale del ministero della salute

Quattro indagini condotte nell’ambito del Progetto “Studio Nazionale Fertilità” e coordinate dall’Istituto Superiore di Sanità, sono state presentate a Roma il 19 febbraio di quest’anno 2019.

http://www.salute.gov.it/portale/fertility/homeFertility.jsp

Esse rappresentano un importante patrimonio conoscitivo per quanti si interessano della evoluzione della famiglia italiana e possono intervenire in campo informativo ed educativo. Coinvolgono un campione di cinquantamila persone tra adolescenti, studenti universitari ed adulti.

  • La denatalità e l’invecchiamento della popolazione preoccupa per i risvolti economici sociale e previdenziali.
  • “Inverno demografico”
  • Nel 2018, per il quarto anno consecutivo, è stato registrato il minimo storico della natalità con 449mila nati.

La situazione nella Nostra provincia mantovana (Tab. 1 e 2) non è diversa da quella nazionale: le nascite nel 2010 erano state poco più di 4.000, poi sono andate via via diminuendo e secondo le stime nel 2018 non hanno raggiunto quota 3.000. Per contro i morti hanno avuto un andamento costante attorno ai 4.00/anno.

  

Nati

Morti

 

2010

4152

4349

 

2011

3962

4417

 

2012

3680

4517

 

2013

3647

4352

 

2014

3496

4336

 

2015

3265

4664

 

2016

3165

4369

2017

3016

4549

2018 (genn.-settembre)

2197

3461

 

            Fonte dati ISTAT (http://demo.istat.it/)

            Altro dato significativo è il tasso di natalità: nel 20917 in provincia di Mantova vi erano 7,3 neonati ogni mille abitanti. In Lombardia eravamo terzultimi, davanti solo a Cremona e Pavia.

  • Indagine sugli adolescenti. Doctors internet” è il punto di riferimento di ragazzi e ragazze sulle tematiche della salute sessuale e riproduttive (per l’89% i maschi e l’84% le femmine). In media il 40% si rivolge anche agli amici e poco più di un ragazzo su cinque si rivolge alla famiglia.

Soprattutto i giovanissimi hanno ancora molto da imparare sui fattori di rischio/protettivi per la riproduzione (età e stili di vita) e in particolare su alcune infezioni/malattie a trasmissione sessuale (IST) quali sifilide, gonorrea, papilloma virus e clamidia.

Consultorio questo sconosciuto. Continuano a rimanere poco utilizzati (solo un 3% dei maschi e un 7% delle femmine si sono rivolti a questa struttura) e conosciuti (il 29% dei ragazzi non sa cosa siano e lo ignora il 16% delle ragazze).

La mappa dei consultori familiari presente nel sito del Ministero cita, ma non riporta quelli non pubblici, anche se riconosciuti e accreditati (L. 405\29 luglio 1975, art. 2, comma 2)

www.salute.gov.it/portale/fertility/consultoriFertility.jsp?lingua=italiano&id=4597&area=fertilita&menu=consultori

 Anche il contatto con i medici specialisti è limitato, in particolare tra i maschi.

Eppure gli adolescenti fanno sesso: circa 1 su 3 ha dichiarato di aver avuto rapporti sessuali completi (35% dei maschi e 28% delle femmine) e con leggere differenze per area geografica, specialmente tra le ragazze (22% al Sud e 32-30% al Centro-Nord).

I metodi contraccettivi più conosciuti sono il preservativo (99%) e la pillola (96%). Per quanto riguarda l’utilizzo dei metodi contraccettivi, rispetto all’indagine fatta dall’Iss nel 2010, rimane stabile la percentuale di chi non usa alcun metodo (10%), mentre aumenta l’utilizzo del preservativo (più del 70% al primo rapporto e negli ultimi 3 mesi) ma anche quello del coito interrotto (circa il 25%) e del calcolo dei giorni fertili (11%).

La famiglia è un luogo in cui difficilmente si affrontano argomenti quali “sviluppo sessuale e fisiologia della riproduzione”, “infezioni/malattie sessualmente trasmissibili” e “metodi contraccettivi”. Appena 1 adolescente su 5 affronta con la famiglia in maniera approfondita queste tematiche.

È la scuola che dovrebbe garantire l’informazione sui temi della sessualità e della riproduzione: la pensa così ben il 94% dei ragazzi e il 61% ritiene che i percorsi formativi dovrebbero iniziare dalla scuola secondaria di primo grado o anche prima. Tuttavia solo il 22% degli adolescenti vorrebbe ricevere queste informa-zioni dai propri docenti, mentre il 62% vorrebbe personale esperto esterno alla scuola.

Differenze regionali. Il livello di conoscenze dei ragazzi varia a seconda della macro area di nascita con un gap tra Nord e Sud del Paese. D’altra parte, appena il 33% dei ragazzi del Sud ha partecipato a corsi/incontri sul tema della sessualità/riproduzione contro il 78% dei loro coetanei del Nord del Paese (aumenta il divario Nord-Sud rispetto al 2010).

Infine, tra gli adolescenti appena il 7% i pensa di non avere figli nel suo futuro, mentre quasi l’80% di loro indica, come età giusta per diventare, genitore prima dei 30 anni.

Indagine sugli studenti universitari. 1 su 4 degli intervistati ha dichiarato di fumare, 2 su 3 consumano alcolici nel corso della settimana e più dell’80% è consapevole che questi comportamenti influenzano la fertilità, sia maschile che femminile. Molti si sentano adeguatamente informati sulle tematiche di salute sessuale e riproduttiva, ma sovrastimano la loro conoscenza, e talvolta, l’informazione che hanno è addirittura non corretta (come avviene per gli adolescenti).

L’83% ha già avuto rapporti sessuali completi, con un’età media al primo rapporto tra i 17 e i 18 anni. Il 95% ha dichiarato di usare metodi contraccettivi nei rapporti abituali: il preservativo (71%), la pillola e altri metodi ormonali (46%), coito interrotto (24%); tuttavia il 22% dichiara di aver avuto rapporti occasionali non protetti.

Scarse le conoscenze sulle fertilità. L’età giusta per diventare genitori viene percepita tra i 26 e i 30 anni, ma sui tempi della fertilità maschile e femminile non c’è una corretta conoscenza, considerando tempi più lunghi rispetto a quelli biologici.

La scuola e gli incontri educativo-informativi sono percepiti come il miglior canale di diffusione e informazione per le tematiche sessuali e riproduttive, anche se ancora una volta il canale più gettonato per ottenere autonomamente le informazioni rimane internet (più del 90%).

Per quanto riguarda il contatto con i medici specialisti, mentre il 75% delle studentesse ha fatto una visita ginecologica, solo 1 studente su 4 è stato dall’andrologo. Si sono rivolte al consultorio familiare solo il 34% delle studentesse intervistate, mentre è stato utilizzato solo dal 13% dei maschi.

Indagine sugli adulti. Non c’è piena consapevolezza del ruolo giocato dall’età nella fertilità biologica femminile e ancor più nella capacità riproduttiva maschile, come emerso anche nella popolazione più giovane. Solo il 5% del campione è consapevole che le possibilità biologiche per una donna di avere figli iniziano a ridursi già dopo i 30 anni; una buona parte, 27%, pensa che questo accada intorno ai 40-44 anni, 28% oltre questa età e il 14% con la menopausa.

E lo scenario peggiora quando si parla di fertilità biologica maschile: nove persone su dieci (87%) forniscono una risposta inadeguata (oltre i 45 anni o mai) o non sanno dare alcuna indicazione.

Per quanto riguarda la propensione alla procreazione, un po’ meno della metà dei rispondenti (44%) dichiara di non essere intenzionato ad avere figli; il 4% è incerto ma pensa di no e il 7% non ci ha ancora pensato. E comunque quasi 1/3 di chi non ha figli (il 31%) dichiara di non volerne neppure in futuro o di non averci pensato.

Le motivazioni per rinunciare o rinviare la nascita di un figlio, escludendo dalla stima le persone senza un partner o che riferiscono problemi di fertilità, sono legate principalmente a fattori economici e lavorativi e all’assenza di sostegno alle famiglie con figli (41%), seguiti da quelli collegati alla vita di coppia (26%) o alla sfera personale (19%); infine ci sono problemi di salute (17%) o legati alla gestione della famiglia (12%).

            Indagine sui professionisti. In generale tra i professionisti c’è un buon livello di conoscenza in ambito di salute sessuale e riproduttiva, tuttavia si evidenziano carenze formative su alcune aree e di conseguenza sulla comunicazione agli assistiti.

Emergono “défaillance” sull’importanza di vaccinazioni, in particolare per il papilloma virus (responsabile dei tumori del collo uterino), sul ruolo negativo esercitato da obesità ed eccessiva magrezza sulla fertilità. Sono scarse le informazioni fornite agli adolescenti sui rischi delle infezioni/ malattie sessualmente trasmissibili e sulla non efficacia dei contraccettivi orali per la protezione dalle infezioni/ malattie sessualmente trasmissibili.

Non è chiaro per tutti che l’età, anche quella maschile, è una componente fonda-mentale della capacità riproduttiva.

E’ generalizzato un eccessivo ottimismo sulle possibilità delle tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita (Pma) di risolvere sempre i casi di infertilità. Persiste, inoltre, la tendenza a consigliare la Pma a pazienti in cui è evidentemente inutile, generando aspettative che procureranno frustrazione alle coppie.  

            Considerazioni conclusive. La ricerca disegna un quadro poco confortante. Se il sogno degli adolescenti (93%) è un futuro di coppia con figli, raggiunta l’età adulta i sogni svaniscono: il 44% degli adulti afferma di non volerne. Tra le possibili ragioni di questa scelta radicale, la più gettonata e realistica (41% dei casi) riguarda l’ambito economico. In affetti, l’aumento della disoccupazione e la crescita della precarietà nel lavoro hanno impoverito le prospettive dei giovani. Se un tempo era semplice trovare un impiego stabile dopo il diploma, ora i ragazzi studiano fino all’università ma, una volta laureati, faticano a trovare un lavoro fisso pagato adeguatamente; molti si recano all’estero.  Sono quasi 28mila i giovani italiani che, con una laurea in tasca, nel 2017 sono volati all’estero. A loro si aggiungono 33mila diplomati di 25 anni e più che hanno preso la stessa strada. Una scelta fatta da più di 244 mila giovani negli ultimi cinque anni. E più della metà, il 64% per l’esattezza, ha un titolo di studio medio-alto (dati ISTAT).

Non solo difficoltà economico-lavorative: la radice della questione va cercata anche negli affetti, nella sempre più frequente instabilità di coppia (separazioni e divorzi). Oggi prevale il bisogno di una libertà individuale, di una realizzazione personale con propri spazi, tempi e aspirazioni a discapito del “noi” di coppia.

Per molti giovani, poi, si è allungata l’età in cui costruire relazioni stabili, mancano garanzie solide per diventare famiglia e così si sposta sempre oltre l’eventuale nascita di un figlio, fino a raggiungere un’età in cui la fertilità è per natura ridotta.

Alla fine, quando va bene, ci si accontenta del figlio unico e si concentreranno su di lui enormi aspettative.

Vi è bisogno di informazione per i giovani (educazione sessuale, educazione a stili di vita sani) ma ancor più vi è bisogno di formazione alla affettività. I consultori pubblici, oggi poco finanziati e prevalentemente ridotti a poliambulatori, a discapito della più importante funzione psico-pedagogica, vanno potenziati e meglio indirizzati. 

Vi è bisogno di politiche a sostegno della famiglia. Il primo passo è permettere alle donne di conciliare lavoro e famiglia. Servono contributi per i genitori, strutture quali asili aziendali che in altri Paesi sono già realtà diffuse. In Italia una donna su tre lascia il lavoro dopo la nascita del primo figlio. Solo il 18% dei bambini trova posto negli asili-nido pubblici. I nonni, costretti a lavorare fino ad una età più avanzata, sono sempre meno disponibili.

Gabrio Zacchè                       8 luglio 2019

www.ucipem.com/it/index.php?option=com_content&view=article&id=791:sessualita-e-procreazione-indagine-nazionale-del-ministero-della-salute&catid=96:sessualita&Itemid=277

 

Milano, La casa news            n.2 – luglio 2019

Luigi Filippo Colombo                      Editoriale (nuove sede dell’Istituto La Casa)

Elena D’Eredità                                Oggi sono ancora qui (don Paolo Liggeri al campo di Fossoli)

Elena Santini                                     Un progetto di vita e di lavoro

Laura Scibilia                                    Quale scuole dopo le medie? (incontri in autunno)

Beppe Sivelli                                      La libertà di sbagliare

Jolanda Cavassini                             Desideri per crescere

  1. J. (13 anni) P. M. (12 anni)   I ragazzi si raccontano

Mary Rapaccioli                                    Finisce la scuola, tempo di voti

Chiara Righetti                                      Aspettando il figlio adottivo

Associazione Hogar Onlus                    Progetti di cooperazione

                                                                Appuntamenti: corsi e gruppi (aggiornamenti www.istitutolacasa.it)

                                                                In onda su radio Mater      

 Nuovo codice IBAN  IT 17 Y 03069 09606 100000015537          

 

Nuova sede per La Casa!

Istituto La Casa via Pietro Colletta 31 Milano. M3 (gialla) fermata Lodi T.I.B.B.

All’ avv. Luigi Filippo Colombo, erede del padre Achille alla presidenza dell’Istituto la casa, da noi interpellato ricorda Padre Giacomo Perico SJ, in compagnia di past President illustri quali Giuseppe Morganti, genetista, di Piero Pajardi Presidente del Tribunale di Milano e successivamente Presidente di Corte d’Appello a grande pericolo di vita per sé e per la sua famiglia negli anni di piombo, abbiamo chiesto di presentarci l’Istituto la casa 3.0. Luigi Filippo da giovanissimo ha conosciuto, amato e stimato insieme al Suo papà questi personaggi illustri come il compianto Padre Luciano Cupia OMI che da poco più che neonato giocava sulle ginocchia di George Bernanos!

 

La casa ha cambiato casa. Sì, perché chi, in forza d’abitudine, va a Milano in via Lattuada 14, trova affisso al cancello un avviso con scritto: “L’Istituto La Casa si è trasferito in via Colletta 31”. Due strade più in là, infatti, stessa zona, stessa parrocchia, ecco la nuova sede dove l’Associazione Istituto La Casa svolge la propria multiforme attività di servizio alla persona e alla famiglia: non più il grande palazzo costruito da don Paolo Liggeri quasi sessant’anni fa, con tanto di cappella interna, saloni conferenze e biblioteca, locali consultorio, salette varie, ecc., per non parlare dei cinque piani destinati ad ospitalità, ma 210 metri quadrati di un open space che si estende per tutto il primo piano, suddiviso in varie stanze ad uso ufficio, con ambulatorio ginecologico, tutti regolarmente a norma, come si addice ad un consultorio accreditato da Regione Lombardia come quello dell’Istituto La Casa.

La Casa si è dunque rimpicciolita? Tutt’altro! Occupa soltanto meno spazio di prima ed è uno spazio più razionale e soprattutto libero. Forse che un grande albero da frutto cessa di essere grande quando si rimpicciolisce per la potatura di fine inverno? Le sue radici sono salde e, per crescere, ha bisogno della libertà dell’aria, del sole e della pioggia. E’ così anche per La Casa che, con l’aprirsi della primavera 2019, dopo un lungo inverno a sgomberare gli infiniti spazi del doppio palazzo di via Lattuada, può rallegrarsi vedendo spuntare nuovi virgulti sul suo vecchio tronco.

L’Associazione, infatti, ha colto, nello sconvolgimento e nella fatica di un mai pensato trasferimento, rivelatosi “epocale”, l’opportunità di un rinnovamento a tutto campo e di un rinvigorimento della propria mission, radicata nel carisma del Fondatore. Nella nuova sede ha trasferito non solo un complesso di attività, ma anche una Storia di carità e di bellezza sempre pronte ad accogliere il bisogno delle famiglie, quello di una casa.

Se ne ha già la percezione quando, aprendo la porta di ingresso al piano terra, un sensore di movimento accende l’atrio dove una grande scultura di bronzo dell’artista Claudio Trevi attira lo sguardo sul gruppo familiare (papà, mamma e bimbo) incastonato nella scritta “la casa sia il tuo mondo”: conforto e speranza per chi salirà al primo piano e incontrerà l’accoglienza del Consultorio, in una sobrietà d’ambiente arricchita da qualche tocco di antico o di artistico proveniente dalla sede originaria (don Paolo Liggeri era amante e mecenate dell’arte, aveva contatti con la Galleria d’arte sacra contemporanea di Villa Clerici e intratteneva rapporti con scultori e pittori ai quali concedeva spazi per mostre). Per nulla insignificante, poi, il fatto che, in questo frangente, le opere artistiche prevalentemente nascoste nella vecchia sede sono state motivo di conoscenza e di comunicazione per l’Istituto e dell’Istituto stesso.

Con questo trasferimento di sede, capitato proprio nel settantesimo compleanno del Consultorio, l’Associazione ha dunque raccolto la sfida di un cambiamento non solo di ambiente, vincendo la tentazione di ricomporre la situazione logistica dettata dall’abitudine consolidata nel lungo e ricco passato, ma anche di modalità operative, di organizzazione delle persone e del lavoro in una maggiore apertura verso l’esterno (le cosiddette periferie esistenziali), dove il Consultorio dell’Istituto La Casa, che non è disgiunto dalla sua matrice culturale che è l’Associazione, supera l’autoreferenzialità della propria immagine tradizionale ed esce all’aperto, per andare a incontrare il bisogno della gente senza stare ad aspettare che la gente venga a bussare alla porta dell’istituzione.

L’immagine di un ente come l’Istituto La Casa non trova adeguata giustificazione nella tradizione o nell’istituzione, ma nella sua mission in azione, nella sua incontrabilità. E’ questo, perciò, l’impegno di tutti i giorni.

Ritornare all’origine, dunque, al motivo per cui è iniziata questa lunga e ricca esperienza, al pilastro iniziale su cui poggia l’arcata del ponte che va verso il futuro, nell’equilibrio tra carisma e istituzione, è la traiettoria che ci siamo dati, il cammino che aspetta i passi pieni di speranza degli amici che fanno, oggi, l’Istituto La Casa.

E il buon viaggio è affidato alla Provvidenza.

Venite a trovarci!                                                              Luigi Filippo Colombo

www.ucipem.com/it/index.php?option=com_content&view=article&id=793:istituto-la-casa-3-punto-0-l-appassionato-grazie-dell-u-c-i-p-e-m&catid=9&Itemid=136

                

                 Pescara. Il consultorio propone il Percorso formativo per Consulenti Familiari

Obiettivi del corso

  • Attivare e favorire processi di crescita personale e di gruppo;
  • Approfondire la metodologia della consulenza familiare;
  • Stimolare i processi di ricerca nell’ambito del territorio in cui ciascuno opera, per conoscerne la realtà e rendere possibile l’organizzazione di un servizio professionalmente valido;
  • Perfezionare la propria preparazione e l’aggiornamento attraverso l’approfondimento di conoscenze teoriche su temi che si riferiscono alla persona, alla famiglia e alla coppia, nonché alla molteplicità degli apporti scientifici e culturali.

Il Corso per Consulenti Familiari è una Scuola triennale che forma alla professione di consulente familiare, esperto nella relazione d’aiuto.

L’obiettivo della consulenza è quello di accompagnare il cliente alla valorizzazione delle risorse personali per affrontare e risolvere il proprio disagio.

Infatti, il consulente della coppia e della famiglia è il professionista socio educativo che:

  1. Attua percorsi centrati su atteggiamenti e tecniche di accoglienza, ascolto e auto ascolto che valorizzino la persona nella totalità delle sue componenti,
  2. Si avvale di metodologie specifiche che agevolano i singoli, la coppia e il nucleo familiare nelle dinamiche relazionali a mobilitare le risorse interne ed esterne per le soluzioni possibili

Il ciclo completo del Corso consulenti prevede un triennio di formazione personale comprensivo di: un biennio-base; un terzo anno dedicato al lavoro di gruppo, simulate, specchio unidirezionale (dove possibile), apprendistato e studio di casi, nonché due seminari per ogni annualità.  Il monte ore comprensivo di lezioni, T-group e seminari è di 600 ore. La conduzione dei TG dell’intero triennio è affidata ad un unico Trainer.

Il Corso si avvale particolarmente dell’approccio teorico-metodologico dell’analisi transazionale e della psicologia umanistica (Rogers e Gestalt)

Ulteriori informazioni              www.koilos.it/formazioneprofessionale/scuola-consulenti-familiari

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DALLA NAVATA

XV Domenica tel tempo ordinario – Anno C – 14 luglio 2019

Deuteronomio            30, 10. Mosè parlò al popolo dicendo: «Obbedirai alla voce del Signore, tuo Dio, osservando i suoi comandi e i suoi decreti, scritti in questo libro della legge, e ti convertirai al Signore, tuo Dio, con tutto il cuore e con tutta l’anima. Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te.

Salmo                         18, 08. La legge del Signore è perfetta, rinfranca l’anima; la testimonianza del Signore è stabile, rende saggio il semplice.

Colossesi         01, 17. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono. Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa.

 Luca              10, 27. Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso».

 

Quando le regole oscurano la legge di Dio             

La straordinaria intelligenza comunicativa di Gesù: svela il cuore profondo inventandosi una storia semplice, che tutti possono capire, i professori come i bambini! Le parabole sono racconti che provengono dalla viva voce di Gesù, è come ascoltare il mormorio della sorgente, il momento iniziale, fresco, sorgivo del vangelo. Rappresentano la punta più alta e geniale, la più rifinita del suo linguaggio, non l’eccezione. Per lui parlare in parabole era la norma (Mc 4,33-34).

            Insegnava non per concetti, ma per immagini e racconti, che liberano e non costringono. Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico. Una delle storie più belle al mondo. Un uomo scendeva, e guai se ci fosse un aggettivo: giudeo o samaritano, giusto o ingiusto, ricco o povero, può essere perfino un disonesto, un brigante anche lui: è l’uomo, ogni uomo! Non sappiamo il suo nome, ma sappiamo il suo dolore: ferito, colpito, terrore e sangue, faccia a terra, da solo non ce la fa. È l’uomo, è un oceano di uomini, di poveri derubati, umiliati, bombardati, naufraghi in mare, sacche di umanità insanguinata per ogni continente.

            Il mondo intero scende da Gerusalemme a Gerico, sempre. Il sacerdote e il levita, i primi che passano, hanno davanti un dilemma: trasgredire la legge dell’ama il prossimo, oppure quella del sii puro, evitando il contatto col sangue. Scelgono la cosa più comoda e più facile: non toccare, non intervenire, aggirare l’uomo, e… restare puri. Esternamente, almeno. Mentre dentro il cuore si ammala. Toccano le cose di Dio nel tempio, e non toccano la creatura di Dio sulla strada. La loro è solo religione di facciata e non fede che accende la vita e le mani. Il messaggio è forte: gesti e oggetti religiosi, riti e regole “sacri” possono oscurare la legge di Dio, fingere la fede che non c’è, e usarla a piacimento. Può succedere anche a me, se baratto l’anima del vangelo, il suo fuoco, con piccole norme o gesti furbi. Chi fa emergere l’anima profonda, è un eretico, uno straniero, un samaritano in viaggio: lo vide, ne ebbe compassione, gli si fece vicino.

            Sono termini di una carica infinita, bellissima, che grondano umanità. La compassione vale più delle regole cultuali o liturgiche (del sacerdote e del levita); più di quelle dottrinali (il samaritano è un eretico); surclassa le leggi etniche (è uno straniero); ignora le distinzioni moralistiche: soccorro chi se lo merita, gli altri no. La divina compassione è così: incondizionata, asimmetrica, unilaterale.

            Al centro del Vangelo, una parabola; al centro della parabola, un uomo. E il sogno di un mondo nuovo che distende le sue ali ai primi tre gesti del buon samaritano: lo vide, ebbe compassione, si fece vicino.

Padre Ermes Ronchi, OSM

www.qumran2.net/parolenuove/commenti.php?mostra_id=46264

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GOVERNO

Politiche della Famiglia

L’On. dott.ssa Alessandra Locatelli ha prestato giuramento, nelle mani del Capo dello Stato, al Palazzo del Quirinale, il 10 luglio 2019.

L’11 luglio 2019 il Consiglio dei ministri n. 65 le ha conferito le deleghe in materia di disabilità e famiglia.

www.politichefamiglia.it/it/notizie/notizie/notizie/giuramento-del-nuovo-ministro-per-le-disabilita-e-la-famiglia-alessandra-locatelli

 

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MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI

Dossier sui minorenni stranieri non accompagnati nei centri di accoglienza: “Chiediamo inclusione”

            Quali sono i rischi, le vulnerabilità, i sogni e i bisogni dei minori stranieri non accompagnati (Msna) ospiti dei centri di prima e seconda accoglienza in Italia? La risposta arriva dal rapporto L’ascolto e la partecipazione dei minori stranieri non accompagnati in Italia, frutto di un lavoro congiunto dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza(AGIA)e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).

            Il dossier è stato presentato oggi al Museo dell’Ara Pacis a Roma dalla Garante Filomena Albano e dalla Portavoce Unhcr per il Sud Europa Carlotta Sami. Ventidue le strutture visitate in 11 regioni per un totale di 203 minorenni coinvolti (età media 17 anni) di 21 nazionalità diverse. Nell’ambito delle visite sono stati realizzati focus group e attività di partecipazione e ascolto. Al termine sono state adottate dall’Autorità garante raccomandazioni che rappresentano la sintesi e la voce dei ragazzi che hanno preso parte all’attività.

            Tra le problematiche più segnalate, nell’80% dei centri visitati sono state rilevate diffuse e sostanziali carenze nelle informazioni e nelle attività di orientamento destinate ai ragazzi. Nel 53% è stata denunciata la mancanza di attività di socializzazione e el 47% dei casi è risultato che la permanenza nei centri di prima accoglienza o emergenziali si è protratta ben oltre i 30 giorni massimi fissati dalla legge. I gestori dei centri hanno lamentato tempi lunghi per la nomina dei tutori. Insieme ai ragazzi hanno inoltre segnalato l’impossibilità di far giocare i giovani in squadre di calcio iscritte alla Figc, poiché per il tesseramento è richiesta la firma di autorizzazione da parte di un genitore.

            L’80% dei minorenni coinvolti poi nelle attività di partecipazione ha chiesto approfondimenti e chiarimenti sulla procedura di richiesta di protezione internazionale il 60% li ha chiesti sul funzionamento della Commissione territoriale, competente sulla valutazione delle richieste. Il 70% ha dichiarato di aver percepito ostilità o pregiudizi, mentre il 50% ha manifestato l’esigenza di condividere tempo e spazi con i coetanei italiani. Il 40% ha dichiarato di non essersi sentito coinvolto nelle scelte al proprio percorso legale in Italia.

            “Ascolto e partecipazione sono stati gli assi su cui è stato sviluppato il ricco e articolato piano di lavoro realizzato in questi due anni con UNHCR”, dice Filomena Albano. “Grazie all’ascolto è stato possibile impostare le attività di partecipazione avviate nel 2018.  Pur trattandosi di attività sperimentali le azioni hanno rappresentato una grande occasione di crescita.  I giovani ospiti del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) di Firenze e Pescara ad esempio hanno portato la loro testimonianza ai corsi di formazione per aspiranti tutori volontari. Quelli di Roma hanno partecipato a laboratori di fotografia che sono stati l’occasione per realizzare la mostra Io So(g)no, in esposizione al Museo dell’Ara Pacis dal 19 giugno. Le attività hanno permesso ai minori di sentirsi parte di un processo in cui loro, al pari degli adulti, sono stati parte attiva”.

            “Quasi la metà della popolazione rifugiata nel mondo è costituita da bambini, molti dei quali trascorrono tutta la loro infanzia lontano da casa”, dichiara Carlotta Sami. “E’ molto importante collaborare con i minori stessi per garantire loro protezione, rafforzando meccanismi di partecipazione attiva nelle decisioni che li riguardano, anche attraverso la collaborazione con le autorità nazionali come AGIA”.

Comunicato stampa AGIA    9 luglio 2019

www.garanteinfanzia.org/sites/default/files/09-07-2019-dossier-msna-centri-accoglienza-agia-unhcrpdf
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UNIONE CONSULTORI ITALIANI PREMATRIMONIALE E MATRIMONIALI

L’appassionato grazie dell’U.C.I.P.E.M. all’Istituto La Casa

 

“Istituto La Casa” Milano Via Giuseppe Mercalli 1

5 febbraio 1948 nasce il primo consultorio familiare

    “A don Paolo Liggeri, un sacerdote dagli orizzonti ampi, dalla grande fiducia nell’uomo, in tutti gli uomini, e nella dignità di ogni uomo si deve la prima intuizione in un momento particolarmente grave per il nostro Paese dove già si avvertiva un clima di guerra. Delle sue origini siciliane aveva conservato una creatività arguta e un’operosità instancabile.

            A Milano trovò il terreno in cui fare fruttificare le due doti native. Le strade di Dio lo portarono nel 1943 a fondare l’Istituto La Casa, un centro assistenziale per venire incontro a quanti erano in condizione di disagio e di bisogno. Si trattava di rispondere alle necessitò più urgenti delle persone e di cooperare al salvataggio di perseguitati politici, di ebrei. La sua difesa dell’uomo gli costò la prigione e la deportazione dei nazisti in successivi campi di concentramento da Fossoli a Bolzano, da Mauthausen a Dachau.

            Fu una esperienza che avrebbe sconvolto fibre meno robuste della sua. Don Liggeri che ha raccontato queste sue vicende in uno dei suoi libri, Il triangolo rosso, ne uscì consolidato nella fede, con un’intuizione nuova e profonda per il suo futuro. Tra le tante ristrutturazioni, la più importante, quella per la quale lui avrebbe dedicato la vita, era la ricostruzione della famiglia e dei legami familiari. Percorse tutta l’Italia, scrisse libri e articoli per promuovere il valore della famiglia e rafforzarne i legami.

            Nel 1948 iniziò il primo Consultorio, quando ancora il disagio della famiglia non aveva nome e mezzi per essere risolto. La globalità dell’intervento e la dinamica delle relazioni, che avrebbe in seguito definito la metodologia consultoriale, era assicurata da un gruppo di professionisti di diverse competenze, insieme per promuovere il matrimonio e prendersi cura dei suoi mali. Dall’attività consultoriale ne seguì un’attività di ricerca, di studi, di proposte di leggi, di servizi nuovi che andavano via via emergendo.

            Oggi, ancora più di un tempo, i legami sono diventati più fragili e l’individualismo sembra dominare le relazioni, in un crescendo di separazioni e di divorzi. Sono molte le persone che vivono in coppia e chiedono aiuto nelle situazioni di conflitto e di insoddisfazione prima della rottura. Purtroppo altrettante esplodono annientando il legame coniugale, ma se ci son i figli permane il legame genitoriale che va curato e difeso se non si vuole che pesi sui figli…..”.

Alice Calori, Congresso di Bologna 2018

 

Istituto La Casa” Milano Via Serviliano Lattuada 14

La sede dell’UCIPEM

 “dopo la prima presidenza di Cherubino Trabucchi (1968-1972) sotto la Presidenza di Sergio Cammelli (1972-1979 la sede dell’U.C.I.P.E.M. si sposta da Bologna a Milano”.

            Da Bologna a Milano, appunto la Casa di Don Paolo: la casa dell’UCIPEM: da Sergio Cammelli (docente liceale) a Giovanni Dardanello (avvocato rotale) a Giancarlo Marcone a Beppe Sivelli, Gabriela Moschioni, Francesco Lanatà rispettivamente un medico del lavoro, uno psicoterapeuta, un consulente familiare, un ginecologo.

            Pur riconoscendo a don Paolo lungimiranza e intuizioni profetiche non ho subito capito che quella casa sarebbe diventata la casa di tutti noi.

            Lo ricordo nell’ultima fila della grande aula, che ospitava sempre opere di grande pregio artistico, adiacente alla piccola cappella che era il cuore pulsante di tutto il complesso: don Paolo era “prete”. Attentissimo e apparentemente distaccato non perdeva una relazione, sornione e affettuoso ci osservava, ci conosceva, era con noi, non ha mai partecipato ad un direttivo, ci lasciava crescere…

            Le nostre vite, i nostri ideali, il nostro impegno, le gioie ed i dolori, le nostre responsabilità hanno sempre trovato accoglienza.

            La prima accoglienza io l’ho avuta come “utente” nel 1965 ragazzetta spaurita ed è continuata negli anni. Fra i ricordi più simpatici della mia vita c’è un mazzo di fiori bianchi che è spuntato da sotto il tavolo nella mitica “biblioteca” dove si svolgevano i direttivi al momento della mia elezione a presidente.

            Ed è Alice Calori l’artefice ed il prototipo dell’accoglienza. Era Lei ad accoglierci in cima ai pochi gradini pima dell’ingresso era Lei che di noi conosceva tutto, che ci voleva bene senza smancerie, che trasmetteva sempre e comunque una visione positiva e di speranza.

            Ci si sarebbe potuto domandare, ma non ha mai avuto l’influenza? Non è mai stanca? Chi la conosce come me – per averla avuta come guida in un viaggio in Terra Santa – sa che è una roccia, ma sa anche che ha una capacità di attenzione all’altro che non le permette di guardare alle sue difficoltà. Lo so bene io che dopo averla pregata di non partire per il Ciad perché aveva appena tolto il gesso da una gamba e da un braccio ho saputo che era partita dalla sua segretaria!

            L’ospitalità e la premura perché tutti stessero bene, dalle camere al caffè: tutto era un farci sentire a casa: accolti, ascoltati, valorizzati e spinti sempre a dare il meglio. Tutti “curati”, a proprio agio, a tutti il tempo e l’attenzione – ad ognuno facilitati nella amicizia e nella collaborazione – ma ferma e intransigente sui contenuti, sulle sintesi, sui principi e sull’efficacia degli interventi e delle decisioni.

            Da madre intelligente o “da massaia” come ama descriversi – più che da segretaria generale “teneva d’occhio le spese”. La sua oculatezza ha trasmesso di lasciare ai successori un bilancio economico positivo. Non possiamo in questo contesto non ricordare con riconoscenza Mariuccia l’efficiente, silenziosa e premurosa segretaria che ha affiancato Alice Calori nei quarant’anni di segreteria.

             Sempre Alice Calori: “Fu caratteristica di don Paolo rispondere ai bisogni emergenti e privilegiare l’educazione e la prevenzione. Ai collaboratori seppe dare fiducia e piuttosto che moltiplicare consultori come creature sue preferì, quando era richiesto, animare gruppi di laici perché, insieme, dessero risposte efficaci ai bisogni della famiglia nel loro territorio. La sua esperienza è quindi diventata patrimonio comune e le sue convinzioni si sono comunicate quasi per contagio e sono giunte a noi con la forza della memoria tesa a porre attenzione ai bisogni relazionali emergenti.”

            Don Paolo pur dotato di enormi capacità relazionali non si è mai preoccupato di coltivare amicizie politiche, non ha mai voluto cariche ufficiali neanche nell’U.C.I.P.E.M.

            Ha scelto invece l’umanità, l’arte e la scienza, soprattutto le scienze umane. I suoi rapporti con i personaggi della cultura erano di amicizia e di collaborazione e noi tutti abbiamo potuto essere formati dalle più grandi esponenti delle scienze umane del periodo della ricostruzione.

            Per citarne alcuni Carlo Campagnoli, Giacomo Cavalca, Achille Colombo, Giuseppe De Rita,

Umberto Dell’Acqua, Pierpaolo Donati, Franco Fornari, Guglielmo Gullotta, Cesare Kaneklin, Jean-G Lémaire, Giuseppe Morganti, Cesare Musatti, Mara Palazzolo Selvini, Edmondo Pasini, Paolo Procacci, Giorgio Rifelli, Piero Pajardi. Padre Giacomo Perico S.J., Padre Luigi Rosa S.J., prof. Arturo Giarola, prof. Selvini, prof. Roberto Mondina, l’avv. Francesco Migliori, che è stato anche presidente del Movimento per la Vita.

            Filosofi, Sociologi, Psichiatri, Psicologi, Genetisti, Ginecologi, Sessuologi, studiosi della fertilità, Ostetriche, il Direttore della Scuola Nazionale per Assistenti Sociali, Avvocati, Avvocati Rotali, Magistrati, Presidenti di Tribunali.

            Nel 1975 la Regione Lombardia Assessorato all’Istruzione affida ad Alice Calori il primo Corso per Consulenti Familiari (la legge quadro Consultori familiari n. 405 è del 29 luglio 1975) e testualmente cita come Centro Operativo l’Istituto la Casa di Via Lattuada.

Istituto La Casa” via Pietro Colletta 31 Milano

La nuova sede

            A cura di Gabriela Moschioni con Beppe Sivelli e Francesco Lanatà    12 luglio 2019

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