UCIPEM Unione Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali
NewsUCIPEM n. 752 – 5 maggio 2019
Unione Consultori Italiani Prematrimoniali E Matrimoniali
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01 ASSEGNO DIVORZILE Arrivano nuovi criteri per l’assegno di mantenimento
025 CENTRO INTERN. STUDI FAMIGLIA Newsletter CISF – n. 17, 02 maggio 2019.
04 CHIESA CATTOLICA A. C.: Camminare insieme a persone di ogni età, condizione sociale
06 Convegno AC Apparteniamo a un’universale famiglia, quella umana
07 I laici cattolici tedeschi vogliono poter decidere “alla pari”
08 CITAZIONI Litigare è un’arte: vince solo chi perde.
09 CITTÀ DEL VATICANO Religione non significa devozionalismo o facile ingenuo pietismo.
10 Gruppo di donne a lavoro
11 CONSULTORI CATTOLICI Torino. Punto familia. Coppie d’argento e Separazione
11 CONSULTORI UCIPEM Mantova. Il n. 3 maggio di Etica, Salute & Famiglia
11 Milano 1. La casa news – aprile 2019
12 Torino. CCF Collaborazione col Centro per le Relazioni e le Famiglie
13 CONVIVENZA I rapporti tra i conviventi.
15 DALLA NAVATA 3° Domenica di Pasqua – Anno C – 5 maggio 2019
15 Alla fine saremo tutti giudicati sull’amore
16 FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI La denuncia: ogni anno un miliardo in meno per la famiglia
16 MATRIMONIO Guida.
18 MINORI Sulla scelta della scuola il minore deve essere ascoltato.
18 NASCITA Responsabilità medica: padre risarcito per la nascita indesiderata
19 OMOFILIA La Chiesa cattolica e i gay. Percorsi di fede nella diversità.
22 PARLAMENTO Camera Deputati. Commissione Giustizia. Assegno divorzile
22 SEPARAZIONE Necessario l’ascolto del figlio.
23 SESSUOLOGIA Sessualità incontro all’altro/a tra natura e cultura
25 UCIPEM La solitudine dell’anziano.
25 VIOLENZA Violenza sessuale: sussiste anche se la moglie accetta il rapporto
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ASSEGNO DIVORZILE
Divorzio, arrivano nuovi criteri per l’assegno di mantenimento
Per l’assegno di divorzio in vista nuovi criteri e durata. È in dirittura d’arrivo, si è concluso alla Camera l’esame degli emendamenti, una proposta di legge, condivisa da maggioranza e opposizione, che, accantonato come da sentenze della Cassazione l’elemento della conservazione del medesimo tenore di vita, dà un peso maggiore ad aspetti come il patrimonio, la mancanza di un’adeguata formazione professionale o di esperienza lavorativa, l’impegno di cura. Possibile anche la concessione solo per un periodo limitato e predeterminato.
Un assegno di divorzio diverso. Quanto a criteri per la concessione importi più in linea con i cambiamenti economico-sociali e, sul piano giuridico, le recenti sentenze della Corte di cassazione (dalla pronuncia Grilli alle Sezioni unite del luglio 2018). La commissione Giustizia della Camera ha concluso l’esame degli emendamenti alla proposta di legge in quota opposizione (segnatamente al Pd, relatrice Alessia Morani) e il testo è in attesa del parere delle altre commissioni competenti prima di affrontare il voto dell’Aula. Il consenso però è ampio anche da parte della maggioranza e, per restare al diritto di famiglia e alle sue delicate modifiche, mentre il destino del controverso disegno di legge Pillon sull’affido dei figli è quantomeno incerto, le modifiche a questa parte della legge 898/70 hanno una strada assai più agevole.
Nel dettaglio, respinta una proposta di inserimento nella legga anche del tema dei patti prematrimoniali (fortemente sostenuto dalla deputata di Forza Italia Giusi Bartolozzi), il disegno di legge prende atto del superamento, per effetto della sentenza della Cassazione 11504 del 2017, del diritto a mantenere il tenore di vita goduto durante il matrimonio. Successivamente, le Sezioni unite (sentenza 18287 del 2018) hanno concluso che all’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge deve attribuirsi una funzione assistenziale, in misura uguale compensativa e perequativa, che richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge stesso e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive. In particolare, per quanto riguarda gli elementi da valutare per la determinazione dell’importo dell’assegno, l’attuale ampio concetto di «condizioni dei coniugi» è sostituito da quello più specifico di «condizioni personali ed economiche in cui i coniugi vengono a trovarsi a seguito della fine del matrimonio»; il richiamo attuale alle ragioni che hanno motivato la cessazione del matrimonio è sostituito con il parametro del comportamento tenuto dai coniugi per il venir meno della comunione spirituale e materiale; la valutazione della situazione economica non è più circoscritta al solo reddito ma è estesa anche al patrimonio dei coniugi.
Sono poi, aggiunti ulteriori elementi di valutazione come l’impegno di cura personale di figli comuni minori o disabili o non economicamente indipendenti; la ridotta capacità di reddito dovuta a ragioni oggettive; la mancanza di una adeguata formazione professionale come conseguenza dell’adempimento di doveri coniugali. La proposta di legge introduce un’altra innovazione all’attuale disciplina, prevedendo che, quando la ridotta capacità di produrre reddito da parte del coniuge richiedente è momentanea («dovuta a ragioni contingenti o superabili»), il tribunale può attribuire l’assegno anche solo per un determinato periodo. Si afferma poi che l’assegno non è dovuto in caso di nuovo matrimonio, nuova unione civile o «stabile convivenza» del richiedente e si precisa che il diritto all’assegno non resuscita per effetto della cessazione del nuovo vincolo o del nuovo rapporto di convivenza
Giovanni Negri Il sole 24 ore 04 maggio 2019
www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2019-05-03/divorzio-arrivano-nuovi-criteri-l-assegno-mantenimento-072207.shtml?uuid=ABTemhtB
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CENTRO INTERNAZIONALE STUDI FAMIGLIA
Newsletter CISF – N. 17, 2 maggio 2019
v Dalle aule di un tribunale statunitense. Lo strano fascino di una giustizia “relazionale”. Il giudice Frankie Caprio che esercita a Providence, nello stato del Rhode Island è una vera star (anche televisiva, nel programma “Caught in Providence” (da noi, un po’ “Forum”, un po’ “Un giorno in Pretura”). Sicuramente i sistemi giudiziari sono diversi, tra Stati Uniti ed Italia, ma probabilmente un giudice che coinvolge così i bambini non è normale nemmeno negli USA. Fa molto pensare, oltre che strappare un sorriso, questo breve filmato
www.facebook.com/guardachevideo/videos/1927676867297850
v Partecipare ai 50 anni dell’AGE (Associazione Italiana Genitori). Bello celebrare un compleanno. Ho avuto il piacere di poter intervenire al convegno Age del 6 aprile 2019 (Napoli), dove ho offerto qualche riflessione su “Come parlare della famiglia oggi: mutamenti e scenari”: qualche numero (anche qualche previsione demografica), qualche ragionamento sul “genoma familiare” (cfr. Donati), vale a dire sulla possibilità stessa di poter dire famiglia, oggi, individuando un significato condiviso e un luogo sociale preciso, e non “qualunque relazione che si autodefinisca famiglia”. E il piacere di condividere con tanti genitori dell’Age la costante fatica (e bellezza) della responsabilità educativa verso le nuove generazioni – o meglio, verso i nostri figli. (F. Belletti
Slide http://newsletter.sanpaolodigital.it/cisf/attachments/newscisf1719_allegato1.pdf
v “Famiglia 6 granda“, IX Edizione, promossa dal Forum delle Associazioni Familiari della Provincia di Cuneo insieme agli Uffici Famiglia delle Diocesi Cuneesi, alle Consulte della Famiglia presenti sul territorio e alcune Amministrazioni Comunali, che si celebra in diverse città della provincia di Cuneo, per dare rilevanza, con un unico titolo, a tante iniziative a favore della famiglia. Cuneo e altri Comuni della provincia, 28 aprile – 21 giugno 2019.
www.autorivari.com/con-famiglia-sei-granda-due-mesi-di-eventi-in-sette-centri-della-provincia
v Radici di cura e nuove traiettorie. IX Edizione del Caregiver Day, giornate dedicate al caregiver familiare (persona che si prende cura di una persona cara), ciclo di incontri/eventi promosso da Regione Emilia Romagna, cooperative sociali Sofia e Anziani e non solo, Carpi (MO) e altri comuni, 8-31 maggio 2019. www.caregiverday.it/wp-content/uploads/Invito_caregiver_day_2019.pdf
v Festival biblico 2019, 15a. Edizione, “Il Festival Biblico è nato così: dall’idea di uscire, incontrare e confrontarsi con chiunque, credenti e non credenti, laici e religiosi, cattolici e persone che professano altre religioni[…] L’idea della Bibbia che si fa festival popolare e che nei luoghi di incontro delle città invita famiglie, giovani, imprese, istituzioni, comunità (anche religiose) e organizzazioni culturali per una festa gioiosa. L’idea del Festival Biblico che, attraverso un tema diverso ogni anno, fa da filo conduttore tra le pagine della Bibbia e fa dialogare “il libro dei libri” con una società in continuo mutamento”, Vicenza e tante altre città del Triveneto, 2-26 maggio 2019.
www.festivalbiblico.it/programma-2019/
v E’ storia – Famiglie” – Gorizia. “Portare al centro della scena la storia come motivo di dialogo e Gorizia come luogo d’incontro: due visioni che hanno trovato un’occasione per esprimersi in maniera unita e unica attraverso il Festival internazionale della Storia di Gorizia, nato nel 2005 col nome La Storia in Testa”. 15.a Edizione, Gorizia, 13-26 maggio 2019. . www.estoria.it/festival
v In.Con.Tra. Festival delle Relazioni. “Cinque giorni di eventi per coinvolgere adolescenti e giovani adulti, famiglie e tutti coloro che, a vario titolo, si occupano di giovani e delle loro famiglie come insegnanti, educatori, psicologi, Istituzioni, Enti, Associazioni culturali, sportive e di volontariato”. Prima edizione, Verona, 1-5 maggio 2019. https://festivalincontra.it
v Ue. A new start to support work-life balance for parents and carers. (Un nuovo inizio per sostenere la conciliazione vita-lavoro per genitori e caregivers). “La Plenaria del Parlamento Europeo ha approvato giovedì in via definitiva le nuove misure per facilitare la conciliazione tra lavoro e vita di famiglia. La legge, già concordata informalmente con i ministri UE, stabilisce i requisiti minimi che tutti gli Stati membri dovranno attuare nel tentativo di aumentare le opportunità delle donne nel mercato del lavoro e rafforzare il ruolo del padre, o di un secondo genitore equivalente, nella famiglia. Beneficeranno di tali norme i bambini e la vita familiare, rispecchiando al contempo più accuratamente i cambiamenti sociali e promuovendo la parità di genere”.
www.europarl.europa.eu/news/it/press-room/20190402IPR34670/lavoro-e-famiglia-nuove-regole-ue-su-congedo-parentale-e-di-paternita
www.vleva.eu/sites/default/files/2019-04/factsheet_work_life_balance.pdf
v Disponibili già diversi commenti/segnalazioni in Italia.
- Dal sito PMI.it (piccole e medie imprese)
www.pmi.it/economia/lavoro/300319/direttiva-ue-nuovi-congedi-per-caregiver-e-in-paternita.html
- Dal sito lavoce.info (Più che tradizionali o nuove le famiglie sono incerte)
www.lavoce.info/archives/58567/piu-che-tradizionali-o-nuove-le-famiglie-sono-incerte
- Dal sito “Secondo Welfare” “Meno impegnativa rispetto alla proposta originale della Commissione UE, sono comunque previste molte novità significative, come il congedo di paternità esteso fino a dieci giorni e maggiore flessibilità lavorativa per i genitori”.
www.secondowelfare.it/primo-welfare/innovazione-sociale/il-parlamento-europeo-ha-approvato-la-direttiva-europea-sul-work-life-balance.html
v Cuneo. Forum Provinciale delle Associazioni Familiari. Promossa la FamilyCard F6G, un progetto innovativo appena partito. “La Carta F6G (Famiglia Sei Grande/Granda) è frutto di quasi due anni di confronto tra il Forum delle associazioni familiari della provincia di Cuneo e le amministrazioni comunali dei sette maggiori centri della Granda (Alba, Bra, Cuneo, Fossano, Mondovì, Saluzzo e Savigliano). Il progetto, che ha visto l’adesione anche da parte delle maggiori associazioni di categoria provinciali (Confcommercio, Confindustria, Coldiretti e Confagricoltura), ha l’obiettivo di offrire alle famiglie delle agevolazioni su alcune tipologie di servizi pubblici e su altre voci di spesa del bilancio familiare sulla base del numero e dell’età dei figli che compongono il nucleo familiare. La card può essere richiesta gratuitamente da ogni famiglia sul portale. www.cartaf6g.it
v Area metropolitana di Milano – E-net: Equilibrio vita-lavoro in rete. Il progetto E-net si sviluppa in un’ottica di innovazione sociale e di sperimentazione di forme collaborative atte ad avviare un’azione di start up del percorso strategico di messa in rete di micro aziende e singoli lavoratori autonomi. In particolare “questa scelta è dettata dalla necessità di estendere le opportunità di welfare di conciliazione a quelle imprese e ai singoli lavoratori/lavoratrici che, singolarmente, non potrebbero accedere né alla contrattazione di secondo livello né ai servizi di welfare”. Il progetto E-net si fonda su tre assi portanti: Trasferibilità, Innovazione, Cultura di conciliazione vita – lavoro
v Dalle case editrici
- Nicolais Giampaolo, Il bambino capovolto. Per una psicologia dello sviluppo umano, San Paolo, Cinisello B. (MI), 2018, pp. 136, € 15,00.
L’epoca nella quale viviamo è quella in cui maggiore è l’attenzione al bambino e alle sue esigenze di crescita. Dai genitori agli psicologi, passando per i legislatori e coloro che a vario titolo sono impegnati nella cura, difesa e tutela dell’infanzia, tutti appaiono animati dalla consapevolezza di voler e dover operare per il “migliore interesse del bambino”. Ma qual è il bambino che essi hanno in mente? Nella cultura attuale e nel comune sentire, si è fatta sempre più strada l’immagine di un bambino fragile, che necessita di cure e accudimento continui. Niente di più distante dal bambino “competente” e “resiliente” che la moderna psicologia dello sviluppo descrive limpidamente. Il risultato di questo capovolgimento paradossale è sotto gli occhi di tutti: il bambino è, sì, il centro dell’attenzione del mondo adulto, ma non già come soggetto le cui precoci capacità e disposizioni latenti devono essere incoraggiate e sostenute, bensì come soggetto debole che deve essere protetto. Molto opportunamente, il volume fornisce quindi un compendio dei processi di sviluppo che risultano fondamentali, a partire dal concepimento: la matrice intercorporea del sé; la resilienza a fronte di eventi avversi; la precoce disposizione a sviluppare una coscienza morale.
v Practicum in Rome. How to give voice to marginalized and immigrant families. A systemic – multicultural approach (Come restituire voce alle famiglie emarginate e immigrate. Un approccio sistemico-multiculturale). Intervento formativo per terapeuti e specialisti, promosso da Accademia di Psicoterapia della Famiglia & Fondazione Silvano Andolfi, Roma, 1-5 luglio 2019 (seminario in inglese). http://newsletter.sanpaolodigital.it/cisf/attachments/newscisf1719_allegato2.pdf
v Save the date
- Centro: l’anziano e la sua nuova età: Il ruolo della psicogeriatria, promosso da Associazione Italiana Psicogeriatria -Sezione Marche (con crediti ECM), Ancona, 24 maggio 2019.
https://www.sigg.it/wp-content/uploads/2019/04/2019.05.24_L%E2%80%99anziano-e-la-sua-nuova-et%C3%A0-la-sfida_programma.pdf
- Centro: Per contrastare la povertà, combinare più politiche, seminario di studi organizzato dal portale Welforum.it (Osservatorio nazionale sulle politiche sociali), Roma, 14 maggio 2019.
https://welforum.it/wp-content/uploads/2019/04/prog.-provv.-welforum-inapp140519.pdf
- Estero: 2019 London POPFEST. The 27th Annual Population Postgraduate Conference, evento organizzato dai post-dottorati negli indirizzi socio-economici, demografici ecc. della London School of Economics and Political Science, Londra, 28-30 maggio 2019. www.popfest2019.com
Iscrizione http://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/newsletter-cisf.aspx
Archivio http://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/elenco-newsletter-cisf.aspx
http://newsletter.sanpaolodigital.it/cisf/maggio2019/5121/index.html
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CHIESA CATTOLICA
Azione Cattolica. Truffelli: “Camminare insieme a persone di ogni età, condizione sociale e culturale”
Il presidente dell’Azione cattolica, impegnato a Chianciano Terme per il convegno delle presidenze diocesane, lancia un appello per “camminare insieme a persone di ogni età, condizione sociale e culturale, credenti e non credenti, prendendoci cura della vita concreta e dei bisogni più profondi della loro esistenza“. E in vista delle imminenti elezioni europee aggiunge: “Sono un passaggio importante da cui dipende, più di quello che crediamo, il futuro del nostro Paese. Stare in Europa è decisivo”
“Essere popolo per tutti vuol dire sapere che la nostra vocazione, che è anche la nostra identità, è quella di camminare insieme a chiunque”. Ne è convinto Matteo Truffelli, (Parma) presidente nazionale dell’Azione cattolica (Ac), impegnato in questi giorni a Chianciano Terme nel convegno delle presidenze diocesane. Un’occasione per riflettere “sul tema della fraternità come categoria unificante, attraverso la quale l’Ac intende declinare il tema del popolo ‘civile’ poiché ‘il primo nome di cristiani è fratelli’”. A margine dell’evento il Sir lo ha intervistato.
Presidente, cosa vuol dire oggi essere un popolo per tutti, riscoprirsi fratelli e stare nella realtà del nostro tempo?
“Essere popolo per tutti vuol dire sapere che la nostra vocazione, che è anche la nostra identità, è quella di camminare insieme a chiunque, a quella che nel Vangelo viene chiamata ‘la folla’. Camminare insieme a persone di ogni età, condizione sociale e culturale, credenti e non credenti, prendendoci cura della vita concreta e dei bisogni più profondi della loro esistenza. Consapevoli del fatto che tutti questi bisogni hanno alla radice una necessità fondamentale: riscoprire dentro la vita la presenza del Signore. Se essere ‘popolo per tutti’ significa quindi aiutarci reciprocamente a riscoprire la presenza del Signore, esserlo come fratelli implica invece una seconda domanda fondamentale, quella che il Signore pone a Caino: ‘Dov’è tuo fratello?’ Questa domanda deve guidare ogni nostra riflessione e ogni nostro programma di vita, ovvero cosa fare per essere dove sono i nostri fratelli, per scoprire in ciascuno il volto di un nostro fratello, compreso chi è diverso da noi.
Il fratello è anche l’altro. Questo ha una valenza ancora più particolare nella dimensione della città, perché è lo spazio in cui la fraternità va scelta, non te la ritrovi come famiglia”.
Questa è una prerogativa che spetta solo ai cattolici?
“Non è chiaramente una prerogativa esclusivamente cattolica. È un elemento che nasce dal desiderio di convivere, del vivere bene insieme. In questo senso la dimensione della fraternità diventa fondativa della città, perché diventa lo spazio in cui essa viene messa alla prova essendo le città anche un luogo di sopraffazione, violenza, ingiustizia. Non si devono chiudere gli occhi davanti a queste situazioni, ma bisogna accettare la sfida di prendersene carico”.
Papa Francesco, nell’ Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, in un certo modo lancia questa sfida. “La sfida – scrive il Pontefice – di scoprire e trasmettere la ‘mistica’ di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità”. Cosa ne pensa?
“Da questo punto di vista l’Evangelii Gaudium è molto provocante, perché ci spinge a interpretare la nostra identità di credenti come un qualche cosa che non può essere circoscritta a noi stessi, ma che ci chiede di cercare gli altri come necessari compagni del nostro camminare dentro al mondo. La ‘mistica del vivere insieme’ è proprio questo sentimento di bisogno che noi abbiamo degli altri e che abbiamo di camminare insieme con gli altri e per gli altri. È realizzazione della nostra identità più profonda”.
Questo include anche le drammaticità del nostro tempo?
“Certo! Quando parliamo di fraternità, di camminare insieme, non possiamo farlo pensando che sia tutto ‘rose e fiori’. La condizione della convivenza tra gli uomini è sempre anche una condizione di drammaticità e proprio per questo deve essere un camminare insieme che sa farsi carico delle situazioni di criticità, a partire da coloro che, dentro la città, meno sono ritenuti fratelli, come chi vive nella marginalità, chi non è considerato cittadino perché non membro della comunità e chi addirittura viene ritenuto membro di un’altra fraternità, quelli che consideriamo avversari o nemici. Lo scoprire in ciascuno di essi tratti fraterni ci aiuta a capire e ricordare che apparteniamo tutti a una sola universale famiglia, quella umana”.
Nella grande famiglia umana c’è anche la grande famiglia europea, che si sta preparando all’importante appuntamento delle elezioni di fine mese. Cosa auspica?
“Le elezioni europee sono un passaggio importante da cui dipende, più di quello che crediamo, il futuro del nostro Paese. Noi siamo abituati a pensare alle elezioni europee come a qualche cosa di relativamente importante. Invece, sempre di più, dobbiamo acquisire la consapevolezza che stare in Europa è decisivo per il nostro futuro. Pertanto, si deve arrivare a queste elezioni con consapevolezza, sapendo per cosa e come si vota, e sapendo anche che dal modo in cui staremo dentro l’Europa dopo l’appuntamento elettorale dipenderà gran parte di quello che l’Italia potrà essere, perché, in un contesto di fortissima globalizzazione, da soli non possiamo sopravvivere né tantomeno essere protagonisti. Possiamo essere protagonisti solo se lo facciamo assieme a tutta l’Europa”.
In questo senso quanto è importante riscoprire i valori che hanno ispirato i padri fondatori? Alcide De Gasperi, ad esempio, il 21 aprile 1954 alla Conferenza parlamentare europea di Parigi, ha parlato dell’Europa come della “nostra patria”.
“Sì! Dobbiamo riscoprire, saper ridire e saper rilanciare le ragioni del nostro stare in Europa come cittadini europei, che sono certamente legate anche ai benefici economici e di vita, ma ancora di più a un progetto di convivenza pacifica dentro al Continente e per il resto del mondo. Questi sono i fondamenti entro i quali dobbiamo riscoprirci europei”.
Andrea Regimenti agenzia SIR 4 maggio 2019
https://agensir.it/italia/2019/05/04/azione-cattolica-truffelli-camminare-insieme-a-persone-di-ogni-eta-condizione-sociale-e-culturale
Convegno presidenze diocesane AC: “Apparteniamo tutti a una sola universale famiglia, quella umana”
“Un popolo per tutti. Riscoprirsi fratelli nella città”. Questo il titolo del convegno delle presidenze diocesane dell’Azione cattolica italiana (Ac), che si è svolto dal 3 al 5 maggio a Chianciano Terme (SI). Oltre 600 i partecipanti, impegnati a riflettere “sul tema della fraternità come categoria unificante, attraverso la quale l’Ac intende declinare il tema del popolo ‘civile’ poiché ‘il primo nome di cristiani è fratelli”.
Tre giorni per riflettere “sul tema della fraternità come categoria unificante, attraverso la quale l’Ac intende declinare il tema del popolo ‘civile” poiché, come hanno sottolineato mons. Gualtiero Sigismondi, vescovo di Foligno e assistente generale dell’Ac e mons. Stefano Manetti, vescovo di Montepulciano-Chiusi-Chianciano, nelle rispettive omelie delle due Messe celebrate, ‘il primo nome di cristiani è fratelli”. La “fraternità”, quindi, come filo conduttore e come campo di confronto per gli oltre 600 partecipanti provenienti da tutta Italia, chiamati una volta tornati a casa, a “stare dentro la realtà del nostro tempo, nelle nostre città e nella nostra terra generando valore aggiunto”.
Il vero coraggio di un cristiano è l’amore. Le giornate si sono alternate tra momenti di confronto e dibattito, accompagnati da testimonianze e riflessioni provenienti dalle realtà dell’associazionismo, del volontariato, della politica e della Chiesa. Tra loro, mons. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, che ha invitato ad avere “uno sguardo contemplativo e non solo sociologico. Contemplare è anche un po’ perdersi. La compassione e la misericordia ci fanno vedere ciò che è nascosto, sono il reagente che rivela la complessità e la bellezza del mondo attorno a noi”. Una “bellezza che è in tutti e che deve essere di tutti”. Da qui, l’esortazione di mons. Zuppi: “Spesso abbiamo paura che essere per tutti significhi non essere più niente. Ma, quando si ha paura del mondo, si vedono solo nemici, si perde la lezione della storia e non si guarda più la realtà con gli occhi della compassione, che è l’unico modo possibile. Il clima da rissa, da campagna elettorale costante, toni sempre belligeranti alimentati da fake news non aiutano.
È necessario avere visioni per risolvere e non dividere e saper scegliere degli itinerari. Itinerari non conosciuti e sicuri, ma sempre nuovi, che offrono una visione altra”. Itinerari che consentano a tutti i “cristiani e agli uomini di buona volontà di ritrovarsi nella missione, che poi è quell’agire altro cui tutti siamo chiamati”. “Una missione di Chiesa e di popolo – ha spiegato l’arcivescovo di Bologna -, non intesa come un’incursione di qualche audace che esce nel mondo, o come una stagione sacrificale per poi tornare al sicuro a casa.
I cristiani infatti, ha concluso, “non sono coraggiosi ma sono gente che ama. Il vero coraggio di un cristiano è l’amore”. Un invito a non avere paura dell’altro è arrivato anche da Claudia Fiaschi, portavoce del Forum del Terzo Settore: “Non si deve cedere alla paura – ha affermato -. Una paura che nasce dalla diffidenza e dalla mancanza di connessione tra generazioni. Le differenze stanno diventando progressivamente diseguaglianze e non un dono da esercitare per arricchirsi”. Affinché ciò non accada, ha spiegato Fiaschi, è necessario “pensarsi come un mondo dentro a un territorio con radici”.
Al convegno si è parlato anche di Europa, con attenzione alle imminenti elezioni di fine mese. In particolare, un’intera serata dedicata all’Europa del passato e a quella del futuro, dal titolo “So(g)no l’Europa”. Presenti i ragazzi del progetto radio europeo “Europhonica”, colleghi di Antonio Megalizzi, il giovane reporter morto in seguito all’attentato terroristico dell’11 dicembre 2018 scorso a Strasburgo. Con loro Piero Pisarra, giornalista e sociologo, che ha ricordato l’importanza del “sogno europeo”.
Un sogno popolato di volti e quindi concreto. Un sogno alla cui origine vi è un’idea di apertura e fraternità e, proprio per questo, l’idea di un’Europa dei muri e del filo spinato è uno schiaffo alla storia del Continente”.
Stare in Europa è decisivo per il nostro futuro. Un’idea di un’Europa aperta e fraterna, soprattutto in vista delle elezioni, è stata rilanciata anche dal presidente dell’Azione cattolica, Matteo Truffelli, che intervistato dal Sir ha affermato: “L’appuntamento elettorale è un passaggio importante da cui dipende, più di quello che crediamo, il futuro del nostro Paese. Noi siamo abituati a pensare alle elezioni europee come a qualche cosa di relativamente significativo. Invece, sempre di più, dobbiamo acquisire la consapevolezza che stare in Europa è decisivo per il nostro futuro”. Pertanto, per Truffelli, per si deve arrivare alle urne “con consapevolezza, sapendo per cosa e come si vota, e sapendo anche che dal modo in cui staremo dentro l’Europa dopo le elezioni dipenderà gran parte di quello che l’Italia potrà essere, perché, in un contesto di fortissima globalizzazione, da soli non possiamo sopravvivere né tantomeno essere protagonisti. Possiamo essere protagonisti solo se lo facciamo assieme a tutta l’Europa”.
Il presidente dell’Ac ha poi sottolineato l’importanza di “essere popolo per tutti e di camminare insieme a chiunque”. “Camminare insieme a persone di ogni età, condizione sociale e culturale, credenti e non credenti – ha detto -, prendendoci cura della vita concreta e dei bisogni più profondi della loro esistenza. Consapevoli del fatto che tutti questi bisogni hanno alla radice una necessità fondamentale: riscoprire dentro la vita la presenza del Signore”. Citando poi “la mistica del vivere insieme”, evocata da Papa Francesco nell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, Truffelli ha esortato a “interpretare la nostra identità di credenti come un qualche cosa che non può essere circoscritta a noi stessi, ma che ci chiede di cercare gli altri come necessari compagni del nostro camminare dentro al mondo. La ‘mistica del vivere insieme’ è proprio questo sentimento di bisogno che noi abbiamo degli altri e che abbiamo di camminare insieme con gli altri e per gli altri. È realizzazione della nostra identità più profonda”.
In questo senso, ha rimarcato, “quando si parla di fraternità, di camminare insieme, non lo si può fare pensando che sia tutto ‘rose e fiori’. La condizione della convivenza tra gli uomini è sempre anche una condizione di drammaticità e proprio per questo deve essere un camminare insieme che sa farsi carico delle situazioni di criticità, a partire da coloro che, dentro la città, meno sono ritenuti fratelli, come chi vive nella marginalità, chi non è considerato cittadino perché non membro della comunità e chi addirittura viene ritenuto membro di un’altra fraternità, quelli che consideriamo avversari o nemici”. Lo scoprire in ciascuno di essi tratti fraterni, ha concluso il presidente dell’Azione cattolica, “ci aiuta a capire e ricordare che apparteniamo tutti a una sola universale famiglia, quella umana”.
Andrea Regimenti Agenzia SIR 5 maggio 2019
I laici cattolici tedeschi vogliono poter decidere “alla pari”
Molto consapevoli ed esigenti – così ritengono di doversi porre i cattolici dello ZdK (Comitato centrale dei cattolici tedeschi), la più importante associazione di laici cattolici tedeschi, rispetto alle riforme nella Chiesa. Circa 230 membri discuteranno nell’assemblea generale di primavera a Magonza. Adesso la parola passa ai laici cattolici. Dopo che i vescovi tedeschi alla luce dello scandalo degli abusi hanno formulato in marzo a Lingen le loro proposte, lo ZdK si incontra per la sua assemblea di primavera il 10 e l’11 maggio 2019 a Magonza. I 230 delegati vogliono prendere posizione rispetto alla “via sinodale” annunciata dai vescovi, dove i temi presenti sono anche la riduzione del potere, il celibato e la morale sessuale. Finora il Comitato dei cattolici si era espresso su questo in maniera piuttosto discreta. Infatti molti dettagli di questa via aperta in un processo di discussione comune da chierici e laici non sono ancora definiti.
In occasione dell’assemblea generale, lo ZdK deciderà se e come vorrà partecipare. Il portavoce del Comitato, Theodor Bolzenius, indica alcuni criteri a questo proposito: il processo di discussione deve svolgersi “alla pari, in maniera trasparente ed essere orientato a dei risultati”. Il presidente dello ZdK Thomas Sternberg, in carica dal 2015, aveva già affermato nelle settimane scorse di vedere una “autentica volontà di riforme” nella maggior parte dei vescovi tedeschi. Metteva però anche in guardia dalla “frustrazione”, in caso non si giungesse a decisioni concrete. “Adesso la gente vuole vedere riforme”, diceva.
Diaconato femminile e “viri probati”. Sternberg si batte per l’ammissione delle donne al diaconato e per “viri probati”, cioè l’abilitazione al presbiterato di “provati” uomini sposati – cosa che allenterebbe parzialmente l’obbligo del celibato per i preti. La Chiesa in Germania deve usare integralmente il suo spazio d’azione, afferma Sternberg. Con la sua “relazione sulla situazione” darà il tono all’incontro di Magonza. “Donne in ministeri ecclesiali” è il punto 7 dell’ordine del giorno dell’assemblea generale dello ZdK, che si compone di 94 donne e 133 uomini. Provengono prevalentemente da associazioni e consigli diocesani, ma all’assemblea generale appartengono anche più di 40 personalità elette della politica e della società.
A Magonza i membri dello ZdK dovrebbero anche poter esprimere in maniera chiaramente udibile la richiesta di una “partecipazione di laici legittimata” in commissioni ecclesiali a vari livelli, da quello diocesano a quello nazionale – come per comitati relativi alle finanze della Chiesa o a riforme di tipo pastorale. Si attende con ansia ciò che riferirà l’arcivescovo di Amburgo Stefan Hesse nella sua funzione di “assistente spirituale dello ZdK” delle deliberazioni della Conferenza episcopale sulla “via sinodale”.
L’Europa al centro dell’attenzione. Quale importante passo sulla via del superamento del clericalismo, Sternberg ha già indicato l’introduzione di una magistratura amministrativa nella Chiesa in Germania. Su questo punto riferirà a Magonza il presidente della corte costituzionale federale Klaus Rennert. Secondo lo ZdK deve poterci essere, in caso di decisioni delle amministrazioni ecclesiali, la possibilità del ricorso. Bolzenius afferma che si tratta anche dei casi nei quali viene negato il nulla osta a professori di teologia cattolici da parte del vescovo diocesano. L’assemblea generale dello ZdK discuterà anche sulla situazione in Europa. Sulla base di un intervento del primo ministro del Land Renania-Palatinato, Signora Malu Drever (SPD), dovrebbe essere deciso un appello per le elezioni europee, appello che dovrebbe avere come punto centrale il rafforzamento dell’Europa democratica. (…)
Norbert Demuthin, www.domradio.de, 29 aprile 2019 (traduzione: www.finesettimana.org)
www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt201904/190430demuth.pdf
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CITAZIONI
Litigare è un’arte: vince solo chi perde
È lecito cercare di vincere in una disputa. È normale cercare di far valere la propria idea in un dibattito politico. È divertente battere gli avversari in un torneo di calcetto. Ma nella coppia no! Se c’è un luogo nel quale vincere crea disastri è la relazione coniugale.
La coppia infatti vive di una costante ricerca di equilibrio dinamico e questo equilibrio si mantiene a più livelli. C’è un livello semplice da capire, quello pratico: la suddivisione del lavoro domestico per esempio. È giusto che ognuno dia il suo contributo e nessuno se ne approfitti. Poi se uno dei due – in genere lui, ma non sempre – dedica più ore al lavoro, non potrà dedicare lo stesso tempo in casa, ma avrà presumibilmente guadagnato di più, a beneficio della famiglia. Anche se queste faccende possono produrre discussioni e malintesi, i termini della questione sono abbastanza chiari. Alla fine ci deve essere un equilibrio tra dare e ricevere. E quando non c’è, lo squilibrio deve essere percepito da entrambi entro margini di tolleranza accettabili.
Altri equilibri sono più sottili e a volte difficili da cogliere, ma non per questo meno implicanti. L’equilibrio nelle parole che si usano, nei torti che si subiscono, nei favori, negli scambi d’affetto, nelle ragioni. Quando si crea un forte squilibrio, il sistema- coppia tende a riportarsi in asse, e le strategie che usa sono quelle a disposizione dei membri della coppia stessa, e soprattutto non sempre sono consapevoli.
Lo sa bene il consulente, al quale vengono in genere presentati gli effetti di questo squilibrio: “Dottore, il problema è che a lui non importa nulla di me”, “Che lei brontola per ogni cosa”, “Che lui è un padre assente”, “Che lei è una madre isterica e ossessiva”, e via così. Non è una regola, ma spesso ‘il problema’ non è altro che un modo disfunzionale per cercare di ricreare un equilibrio. Si comincia ad intuire questa dinamica quando si cominciano a sentire i processi di discolpa: “Per forza dottore, perché lui/perché lei”.
Tutte le volte che attribuiamo al consorte la causa di nostri comportamenti riprovevoli, stiamo ammettendo che i nostri margini di libertà sono fortemente ridotti. Ma davvero vogliamo dar da bere a chi ci sta ascoltando e pure a noi stessi che siamo così deboli da essere in grado solamente di reagire? No, allora la verità si svela: il comportamento imputato è una irresistibile tentazione a pareggiare i conti dei torti che riteniamo di aver subìto. A volte poco consapevolmente, semplicemente mettendo in atto forme di comunicazione irritanti, altre volte tenendo alto il muro e il muso “finché la capisce”, altre spingendoci col pensiero e con le azioni verso zone decisamente più rischiose: “Questa me la paga” (…).
Certo, siamo dotati di libero arbitrio che ci permette di apportare dei correttivi al biblico ‘occhio per occhio, dente per dente’, ma sarà meglio usare tutte le nostre strategie per prevenire situazioni di squilibrio. ‘Non vincere’ è una di queste strategie.
E allora chi, durante un litigio di coppia, si rende conto di essere in una posizione di forza, la usi per cercare di rimettere l’altro/l’altra su un piano più possibile di parità, di pari dignità. Si eviti che esca un vincente e un perdente, semplicemente perché non è possibile: se uno vince avete perso in due.
Non si tratta di non considerare che ci possono essere delle situazioni in cui uno dei due dovrà cedere e si deciderà di seguire una linea educativa piuttosto di un’altra, di acquistare o non acquistare un oggetto. Ma queste scelte non dovrebbero mai trasformare la discussione e quello che ne consegue in un rapporto non paritario: io ho ragione, tu hai torto; io sono up, tu sei down; io sono OK, tu non sei OK, per dirla con l’analisi transazionale. La coppia è il luogo più evidente dove chi vince resta con un pugno di mosche: ottiene una vittoria esterna, e l’altro si allontana interiormente. Penso che ogni uomo o donna che si trova in coppia da più di un paio di settimane abbia sperimentato quando è frustrante amare da una posizione subalterna. Ma anche tu che hai vinto: che te ne fai di un marito o di una moglie che sei riuscito a ‘vincere’? Che ne è della tua relazione? Della vostra intimità?
Allora, attenzione ai consigli della prima regola: cercate di non ottenere mai una vittoria su tutti i fronti; non schiacciate mai l’avversario; quando vedete che sta per capitolare lasciategli una via d’uscita; non braccatelo/a. Accontentatevi che la vostra idea è stata presa in considerazione, che si prenderanno le piastrelle del bagno che piacciono a voi, e siate pronti a fornire qualcosa in cambio, magari una partita a calcetto con gli amici se è per lui, o un fiore se è per lei (…). Litigare è il regno dell’agon e del pathos, ma questo non significa che non ci sia un campo di battaglia delimitato e non ci siano delle regole di combattimento.
Queste regole io le chiamo ‘ring’ perché mi piace pensare ai pugili, alle corde che li contengono. Avere un ring aiuta ad impedire che il conflitto dilaghi, che si trascini negli spogliatoi, o tra il pubblico. Traducendo la metafora, potremmo dire di evitare che si trascini in camera da letto o davanti a figli e parenti. Idealmente ci sono due tipi di ring, due sistemi di definizione dei confini di ciò che è lecito e ciò che non lo è: uno è oggettivo, per cui c’è già la legge che indica che certi comportamenti sono inaccettabili e penalmente perseguibili. Di questo non intendo parlare, lo diamo per scontato.
C’è però anche un ring di coppia, che si definisce in una relazione di intimità, di conoscenza dell’altro e dell’altra, perché non siamo tutti uguali (…).
Importante: il ring non è una gabbia ma un sistema di riferimento. Sarebbe presuntuoso e irrealizzabile pensare che neppure dopo la lettura di queste righe nelle vostre famiglie non si urlasse e non si offendesse più, anche se sarebbe auspicabile. Vi scapperà di sbagliare. Allora le regole non servono a nulla? Tutt’altro: le regole sono un orizzonte di riferimento. Servono per indicare la strada, soprattutto servono per indicare la strada quando si sbaglia, quando si sbaglia. È molto importante tenere a mente questo concetto: se – per errore – qualcuno esce dal ring che ha definito, può chiedere scusa e rientrare. Se invece il ring non c’è, non ci sono regole ed è facile e pericoloso scivolare verso il ‘tutto è permesso’. Vale in tutte le cose. Avere una direzione chiara verso la quale andare dà senso al cammino e anche agli errori. Pensare invece di non commettere mai errori o al contrario che posso commettere gli errori che voglio, sono entrambi atteggiamenti disumanizzanti. Quale potrebbe essere il vostro ring? Due lati a testa, provate a definirli Tagliate corto. È la regola più importante e se proprio dovete scegliere di applicarne una sola, applicate questa. Alcune ricerche hanno dimostrato che non ci sono differenze significative tra le coppie felici e quelle disfunzionali su molti aspetti del conflitto. Non ci sono differenze significative nel numero dei conflitti, nell’intensità e nei temi della contesa. C’è un’unica differenza significativa: il tempo.
Le coppie felici riescono ad aprire e chiudere la litigata in tempi brevi, in quelle disfunzionali la litigata non ha mai fine. Ore e giorni e notti di agonia. Ore e giorni e notti inutili, perché alla fine non si arriva ad un accordo ma allo sfinimento, e magari è già pronta un altro argomento da contendere.
Quanto stressano, quanto esauriscono le litigate lunghe? Quanta salute fisica e mentale se ne va? Quante occasioni perse per fare cose buone e belle?
Allora questa regola dovrebbe diventare un imperativo categorico, dove ci si può davvero dare una mano, perché c’è sempre chi ci arriva prima e chi dopo. C’è sempre chi – talvolta lui, talvolta lei – propone ‘dai finiamola qui’ ma poi c’è sempre quella parolina che fa riprendere il discorso. In certe coppie è come se ci fosse una vocina invisibile che sussurra all’orecchio dell’uno o dell’altra e che rende impossibile la chiusura (…). Allora l’accordo per voi potrebbe essere questo: il primo (o la prima) che desidera chiudere un conflitto che sta andando per le lunghe lo propone. L’altro (o l’altra) si sforzerà di assecondare questo desiderio. Se proprio non se la sente potrà dire con onestà “non mi sento ancora pronto, ma possiamo interrompere la discussione “. Magari non ci riuscirete tutte le volte, ma con un allenamento costante riuscirete in breve tempo a ridurre sensibilmente il tempo passato a litigare. Certo sono consigli pratici e magari qualcuno ha bisogno di qualcosa di più profondo, per trovare la motivazione a chiudere, proprio mentre si pensa di aver ragione.
A me aiuta molto se riesco a considerare che il mio è solo un punto di vista, non la verità. Recenti ricerche hanno confermato che siamo in genere molto clementi con i nostri difetti e poco con quelli degli altri, che giustifichiamo le nostre incongruenze e radiografiamo quelle degli altri (del coniuge nel nostro caso). Anche nella coppia, come nelle dispute politiche, caschiamo nel cosiddetto ‘realismo ingenuo’, la credenza di essere gli unici a vedere le cose ‘come stanno davvero’.
Tratto dal libro di Marco Scarmagnani “Tre regole per litigare. E altri consigli per una coppia felice”
Amici di Aiuto Famiglia 26 aprile 2019 www.aiutofamiglia.org/documenti/coppia/vince-chi-perde
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CITTÀ DEL VATICANO
Religione non significa devozionalismo o facile ed ingenuo pietismo
La libertà religiosa Per il bene di tutti. Approccio teologico alle sfide contemporanee
Nel Documento “La libertà religiosa per il bene di tutti. Approccio teologico alle sfide contemporanee” il linguaggio è chiaro, come chiara è l’impostazione. La difficoltà risiede nella complessità dell’argomento e nell’accezione del linguaggio quando venga collocato, secondo il documento stesso, non in una zona di confine in un qualche modo da superare ma sulla soglia della porta da cui osservare quanto accade per poter intervenire con la propria vita
La densità del Documento recentemente emanato dalla Commissione teologica internazionale, Sottocommissione libertà religiosa – risulta immediatamente al solo scorrere la successione dei sette capitoli in cui si articola. Non si può prescindere da un’accurata riflessione che, all’istante, denuncia come la fede non possa essere che riflessa e non tacciata di irrazionalità.
Il credente non è per il fatto di essere credente, isolato o avulso dal suo preciso contesto storico e sociale. La polis – non i partiti politici – è sempre stata una cura che ha richiamato le forze della Chiesa ad impegnarsi nei diversi ambiti in cui si declinava. Con rigore quindi il Documento rifiuta una postura che voglia dirsi neutrale, quasi vissuta fra le nuvole piuttosto che con i piedi ancorati saldamente nel presente: “La pretesa neutralità ideologica di una cultura politica che dichiara di volersi costruire sulla formazione di regole meramente procedurali di giustizia, rimuovendo ogni giustificazione etica e ogni ispirazione religiosa, mostra la tendenza ad elaborare una ideologia della neutralità che, di fatto, impone l’emarginazione, se non l’esclusione, dell’espressione religiosa dalla sfera pubblica. E quindi, dalla piena libertà di partecipazione alla formazione della cittadinanza democratica”.
Negare o imporre una partecipazione attiva in nome della religione in cui si crede, svilisce la stessa persona e la riduce ad un’ameba che si accontenta di sopravvivere invece di considerarla parte attiva e ricettiva del vivere politico. La riflessione teologica è uno scalpello che non risparmia neppure la selce. In realtà è riuscita a gettare luce su quelle ambiguità che portano l’etichetta del “ritorno della religione”. Segno irrispettoso e carente di limpidezza mentale.
“Questo cosiddetto ‘ritorno’, infatti, presenta anche aspetti di ‘regressione’ nei confronti dei valori personali e della convivenza democratica che stanno alla base della concezione umanistica dell’ordine politico e del legame sociale”.
Il confronto o anche solo il rapporto, se si vuole, con la tradizione passata getta un segnale inquietante: “Molti fenomeni associati alla nuova presenza del fattore religioso nella sfera politica e sociale appaiono del tutto eterogenei – se non contraddittori – rispetto alla tradizione autentica e allo sviluppo culturale delle grandi religioni storiche”.
Tuttavia, religione non significa devozionalismo o facile ed ingenuo pietismo. Al credente è richiesta una ricerca inesausta della verità e della trascendenza per dare vita ad una cultura che proprio oggi sappia accogliere stimoli e vivacità e sia in grado di sbriciolare i pregiudizi.
Non in forza di argomentazioni patetiche o apodittiche ma in forza di un impegno, sia intellettuale-riflessivo, sia pratico-concreto “capace di attivare la circolazione di una cultura adeguata della religione”. La cultura però deve essere creata, lavorata e intrisa di quella “dinamica dell’inculturazione del Vangelo che è un’immersione libera della Parola di Dio nelle culture per trasformarle dall’interno, illuminandole alla luce della rivelazione, in modo tale che anche la fede stessa si lasci interpellare dalle realtà storiche contingenti – interculturalità – come spunto per poter discernere significati più profondi della verità rivelata che deve, a sua volta, essere ricevuta nella cultura del contesto”.
Si tratta di accogliere “il filo conduttore – quello che scorre in tutto il Documento – ispirato all’utilità di tenere strettamente collegati, in chiave sia antropologica sia teologica, i principi personalistici, comunitari e cristiani della libertà religiosa di tutti”.
Gruppo di donne a lavoro
Grazie alla costituzione di un nuovo Comitato di Direzione, coordinato da Rita Pinci, l’inserto mensile dell’Osservatore Romano, nato sette anni fa, uscirà a maggio con un nuovo numero.
L’Osservatore Romano fa sapere che si è costituito il nuovo Comitato di Direzione di “Donne Chiesa Mondo” e che l’inserto mensile del quotidiano della Santa Sede uscirà regolarmente nel mese di maggio. A coordinare il Comitato, oltre a farne parte, è Rita Pinci giornalista, laureata in Sociologia, già corrispondente e poi vicedirettore de Il Messaggero, ma anche alla guida del magazine Specchio de La Stampa e poi con ruoli direttivi nei settimanali Panorama e Chi, oltre ad aver collaborato con l’Huffington Post Italia, con la Rai e con Tv 2000.
In una dichiarazione d’inizio incarico, la Pinci si dice sorpresa della scelta ricaduta su di lei da parte del direttore Andrea Monda. Sottolinea la “totale libertà” che è stata assicurata al Comitato di Direzione, convinta del bisogno che la Chiesa ha “dello sguardo e della voce delle donne che rappresentano più della metà dei fedeli.” “Mi viene chiesto di mettere la mia esperienza a disposizione di una comunità e di un giornale che ho letto sempre con interesse – afferma – e credo che per me sia una grande opportunità umana, prima che professionale, poter aderire a questo progetto”. Nello specificare il tipo di lavoro che il Comitato andrà ad affrontare parla di “collegialità” e di “spirito di condivisione dei diversi talenti e competenze delle donne che vi partecipano”.
I membri internazionali scelti per il Comitato sono, docenti universitarie come Francesca Bugliani Knox, Yvonne Dohna Schlobitten, Chiara Giaccardi, Shahrzad Houshmand Zadeh, Giorgia Salatiello e Amy-Jill Levine; Elena Buia Rutt, poetessa e traduttrice, già collaboratrice sulle pagine culturali de L’Osservatore Romano come Silvia Guidi, e Giulia Galeotti scrittrice e dal 2014 responsabile delle pagine culturali del quotidiano della Santa Sede. Completano il gruppo Carola Susani, scrittrice e insegnante, Valeria Pendenza, da 20 anni a L’Osservatore Romano, da 11 come archivista; Silvina Pérez giornalista e autrice televisiva alla guida dell’edizione spagnola del quotidiano vaticano e Marta Rodríguez Díaz che dal 2010 dirige l’Istituto di Studi Superiori sulla Donna dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum ed è responsabile dell’Ufficio donna del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita.
Vatican news 30 aprile 2019
www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2019-04/osservatore-romano-comitato-donne-chiesa-mondo.html
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CONSULTORI CATTOLICI
Torino. Punto familia. Coppie d’argento e Separazione
v Giovedì 16 maggio 2019 alle 18.30 ci sarà un incontro per le “coppie d’argento”. I giovani, e non solo loro, pensano che in una coppia rodata non ci siano più problemi, cioè che i due partner abbiano imparato e consolidato un proprio modo di star bene insieme, ma nella realtà le cose non stanno proprio così.
- Quando i figli sono adulti e, ancora in casa o già fuori, fanno una loro vita;
- Quando si diventa nonni;
- Quando la stagione lavorativa volge al termine o è già conclusa;
- Quando i genitori, molto anziani e acciaccati, sono bisognosi di cure; gli equilibri di coppia si modificano e possono sorgere molte domande:
- Ma noi due, adesso, che senso diamo al nostro stare insieme?
- Perché tanti battibecchi?
- La menopausa è solo femminile?
- Alla nostra età, dopo tanti anni insieme, possiamo ancora cambiare le nostre dinamiche?
- … e molte altre.
A queste coppie Punto Familia propone un percorso per confrontarsi in gruppo sulle problematiche e le dinamiche di coppia proprie degli anni d’argento, quando non si è più giovani ma si ha ancora voglia di mettersi in gioco e di cambiare quello che può essere cambiato per stare meglio insieme.
Il percorso prevede un primo incontro per mettere a fuoco interessi, bisogni e aspettative. Si costruirà così insieme un progetto più dettagliato, cucito sulla misura delle esigenze anche di orario dei partecipanti. Il focus sarà sulla relazione di coppia.
www.puntofamilia.it
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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM
Mantova. Il n. 3 di maggio di Etica, Salute & Famiglia
- Generazione Greta: insieme per salvare la terra Armando Savignano
- Il bambino, la sofferenza e la morte Aldo Basso, sacerdote e psicologo
- La solitudine dell’anziano Renato Bottura, geriatra
- Il futuro del nascere e il trapianto d’utero Gabrio Zacchè, ginecologo
- Svezzamento o alimentazione complementare Alessandra Venegoni, ostetrica
- Sul senso del riflettere Giuseppe Cesa, psicologo psichiatra
Milano 1 via Pietro Colletta 31. La casa news – aprile 2019
- Costruire relazioni nel cambiamento Alice Calori
- Pasqua in carcere dagli scritti di don Paolo Liggeri
- Le radici e le ali Beppe Sivelli
- Matrimonio: una scelta libera e consapevole Emanuela Colombo
- Anche le maestre vanno a scuola Mary Rapaccioli
- Appartenere e crescere Jolanda Cavassini
- Adozione, Internet e Social Network Daniela Sacchet
- Un nido quasi vuoto Ondina e Bruno
- Progetti di cooperazione internazionale Associazione Hogar Onlus
- Festa di Primavera Associazione Hogar Onlus
- Appuntamenti: corsi e gruppi e servizi
- www.istitutolacasa.it/pdf_sarat/rivistapdf_pdf_321906314.pdf
- Adozione internazionale: Bolivia, Cile, Colombia, Bulgaria. Corso pre-adozione, gruppo di lingua, adozione a scuola, gruppo adozione, internet, social network.
- Consultorio familiare: Gruppo di parola, genitori di pre e adolescenti a confronto, la trasgressività in adolescenza.
- DSA-disturbi specifici dell’apprendimento: Genitori e DSA, insegnanti e DSA.
Torino. Centro Consulenza Familiare. Collaborazione col Centro per le Relazioni e le Famiglie
Dal 2005 il Centro fa parte della Rete fra Consultori Familiari Privati e Centri d’Ascolto che raccoglie al suo interno 6 centri qualificati nella relazione di aiuto del singolo, alla coppia e della famiglia situati nel territorio di Torino. La Rete nasce per accogliere chiunque sia in situazione di disagio e bisogno, secondo i principi del primato della persona e nel rispetto delle scelte come espressione della libera coscienza personale. Gli scopi che ci si prefigge aderendo a questa realtà sono di accoglienza, sostegno, educazione, offerta quindi di strumenti e risorse alle famiglie perché mantengano o ritrovino relazioni interpersonali consoni al loro benessere.
Insieme con la Rete, il C.C.F. è presente anche all’interno del Centro Relazioni e Famiglie istituito dal Comune di Torino nel 2010, realizzato con il contributo della Regione Piemonte e del Fondo Nazionale delle Politiche per la Famiglia. www.ccf.ideasolidale.org/index.asp?IDCAT=2#.XNaWsKRS-FI
v Per la quarta volta negli ultimi tre anni, il Centro per le Relazioni e le Famiglie del Comune di Torino, in collaborazione con la Rete dei consultori del privato sociale, propone 4 incontri sugli aspetti giuridici, psicologici e relazionali collegati al tema della separazione.
- Normativa recente in materia di separazione e divorzio. Le disposizioni del giudice quando il conflitto coinvolge il minore.
- Normativa recente in materia di coppie conviventi. Le disposizioni del giudice quando il conflitto coinvolge il minore.
- Trasformazione dei legami familiari dopo la separazione e ricaduta sui figli e sugli adulti. Proposte di sostegno offerte dal Centro e dalla Rete: consulenza familiare ed educativa, laboratorio per separati, gruppi di parola per i figli.
- La mediazione familiare nella gestione del conflitto.
v Incontri per neo papà e bebè (0-12 mesi) a partire da sabato 4 maggio 2019, dalle ore 10.00 alle ore 12.00 Ciclo di incontri gratuiti rivolti ai neo papà e i loro bebè, per condividere le gioie e le fatiche dell’essere padre, per divertirsi col/la proprio/a cucciolo/a, per avere uno spazio di ascolto rivolto esclusivamente ai papà. Insieme affronteremo argomenti come:
- Congedi di paternità e parentali;
- La gravidanza e la nascita viste e vissute dai papà;
- La risposta dei padri ai bisogni del neonato e della nuova famiglia;
- I bisogni del papà: dov’è finita la mia ragazza?
- Sostegno alla mamma;
v Gruppo di ascolto e di parola per bambini della fascia 6 – 10 anni
Il Centro per le Relazioni e le Famiglie attiva a maggio un gruppo di ascolto e di parola per bambini/e della fascia 6 – 10 anni, figli/e di coppie separate. Sarà previsto un incontro preliminare a cui sono invitati sia i genitori del gruppo dei bambini/e iscritti/e, sia coloro che sono interessati e vogliono saperne di più.
Il Gruppo di Ascolto e di Parola permette ai bambini di:
- Affrontare temi importanti in un ambiente accogliente, per un tempo limitato, con la guida di due conduttrici
- Riconoscersi, confrontarsi e sostenersi in un gruppo tra pari
- Esprimere ciò che si vive attraverso la parola, il gioco, la scrittura, il disegno
- Chiarirsi le idee, sciogliere dubbi, comprendere i cambiamenti della vita familiare
- Mettere in parola sentimenti, paure, speranze e inquietudini
- Trovare modi per parlare con i genitori di ciò che sta succedendo.
L’attività del Gruppo di Ascolto e di Parola si realizza in quattro incontri di due ore a cadenza settimanale. Tre incontri sono dedicati solo ai figli mentre, nella seconda ora dell’ultimo incontro, sono attesi anche i genitori. Per la partecipazione è indispensabile il consenso di entrambi i genitori.
Le conduttrici del gruppo di parola sono educatrici professionali, assistenti sociali, psicologhe, operanti presso il Centro per le Relazioni e Famiglie, con formazione specifica per condurre gruppi di ascolto e di parola. www.comune.torino.it/relazioniefamiglie
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CONVIVENZA
I rapporti tra i conviventi
Famiglia è dove c’è amore e affetto reciproco, al di là dei riti e delle celebrazioni: se due persone si vogliono bene, tanto basta perché vi sia felicità. Tuttavia, per la legge non è proprio così semplice: se è sicuramente vero che al cuor non si comanda e che i sentimenti sono sempre liberi, è altrettanto vero che le istituzioni pretendono che l’unione sia in qualche modo formalizzata, altrimenti v’è il rischio di non vedersi riconosciuti importantissimi diritti. A lungo in Italia si è discusso del diritto del mero convivente di poter assistere la persona a cui si è sentimentalmente legata pur in assenza di vincolo coniugale; lo stesso dicasi per tutta una serie di diritti, quali la facoltà di succedere dopo la morte, di poter far visita in carcere, in ospedale, ecc. Oggi, in Italia, come sono regolati i rapporti tra i conviventi?
Fino al 2016, potevamo distinguere due tipi di unioni: quella basata sul matrimonio e la coppia di fatto. La prima era frutto di regolare sposalizio, nel rispetto delle leggi e della normativa del codice civile; la seconda, invece, si limitava a convivere sotto lo stesso tetto, senza alcuna regolamentazione giuridica. Nel 2016, con l’approvazione della nota legge Cirinnà [Legge n. 76/20 maggio 2016], accanto al matrimonio possiamo individuare almeno altre due istituzioni giuridicamente rilevanti: le unioni civili tra persone dello stesso sesso e la convivenza di fatto. Al di fuori di questi tre nuclei (matrimonio, unione civile e convivenza di fatto) riconosciuti dalla legge, resta la coppia di fatto, cioè la coppia che non ha aderito a nessun regime particolare.
www.gazzettaufficiale.it/atto/vediMenuHTML?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2016-05-21&atto.codiceRedazionale=16G00082&tipoSerie=serie_generale&tipoVigenza=originario
- Convivenza di fatto: cosa dice la legge? Quando parliamo di convivenza intendiamo riferirci a due persone che vivono insieme e che sono legate da un rapporto sentimentale. Orbene, l’ordinamento giuridico italiano disciplina esplicitamente la convivenza di fatto all’interno della nota Legge Cirinnà: per conviventi di fatto si intendono due persone maggiorenni (dello stesso o di diverso sesso) unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile.
- Conviventi di fatto: come si diventa? Perché la legge riconosca lo status di conviventi di fatto alle persone sopra indicate, occorre che la coppia formalizzi la propria unione. La convivenza di fatto tra persone può essere attestata da un’autocertificazione, redatta in carta libera e presentata al Comune di residenza, nella quale i conviventi dichiarano di convivere allo stesso indirizzo anagrafico. Il Comune, fatti gli opportuni accertamenti (riguardanti principalmente il requisito della stabile convivenza), rilascerà il certificato di residenza e stato di famiglia. Non vi è alcun obbligo per i conviventi di presentare la predetta autocertificazione, in quanto la convivenza può essere provata con ogni strumento, anche con dichiarazioni testimoniali.
- Quanti tipi di convivenza esistono? Alla convivenza di fatto appena descritta si affianca la mera convivenza tra persone che, pur legate da vincolo sentimentale e condividendo lo stesso tetto, hanno deciso di non comunicare nulla al proprio Comune di residenza. Per costoro è possibile utilizzare la denominazione di “coppia di fatto”, per la quale la legge non prevede nulla. In sintesi, possiamo dire che i rapporti tra i conviventi sono regolati diversamente a seconda del tipo di situazione giuridica che si viene a creare; avremo pertanto questo schema:
- Convivenza di fatto, che è quella che si crea dopo aver formalizzato la propria convivenza presso il Comune di residenza. Essa è regolata dalla Legge Cirinnà del 2016;
- Coppia di fatto, che, pur trovandosi materialmente nella stessa condizione dei conviventi di fatto, non ha registrato la propria unione.
Alle due situazioni prospettate corrispondono due differenti trattamenti giuridici: mentre la convivenza di fatto è espressamente disciplinata dalla legge, le coppie di fatto continuano a restare al di fuori di una cornice giuridica precisa, poiché per essa c’è solo la tutela approntata nel corso degli anni dalla giurisprudenza. In poche parole, alla coppia di fatto non può applicarsi né la disciplina dedicata alla convivenza di fatto, né tantomeno quella prevista per il matrimonio o per le unioni civili tra persone dello stesso sesso. Alla luce di ciò, vediamo quali sono i rapporti tra conviventi. Come detto, a partire dal 2016 la convivenza di fatto è un istituto giuridico pienamente riconosciuto: le coppie, indifferentemente omosessuali od eterosessuali, che convivono sotto lo stesso tetto possono decidere di recarsi presso il proprio Comune di residenza al fine di regolarizzare la propria unione.
- Quali sono i rapporti tra conviventi di fatto? È la Legge Cirinnà a stabilirlo: vediamo quali sono i diritti dei conviventi che hanno formalizzato la loro unione. Diritti nella convivenza di fatto: quali sono?
- Ai conviventi di fatto toccano gli stessi diritti spettanti al coniuge nei casi previsti dall’ordinamento penitenziario (in buona sostanza, si tratta del diritto di far visita al proprio convivente che sia detenuto);
- In caso di malattia o di ricovero, i conviventi di fatto hanno diritto reciproco di visita, di assistenza nonché di accesso alle informazioni personali (cartella clinica, ecc.);
- Ciascun convivente di fatto può designare l’altro quale suo rappresentante con poteri pieni o limitati in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e di volere, per le decisioni in materia di salute,
- Ovvero in caso di morte, per quanto riguarda la donazione di organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie;
- In caso di morte del proprietario della casa di comune residenza il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza, se superiore a due anni, e comunque non oltre i cinque anni. Ove nella stessa abitazione coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite, il medesimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni;
- Nei casi di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, il convivente di fatto ha facoltà di succedergli nel contratto;
- Nel caso in cui l’appartenenza ad un nucleo familiare costituisca titolo o causa di preferenza nelle graduatorie per l’assegnazione delle case popolari, di tale titolo o causa di preferenza possono godere, a parità di condizioni, i conviventi di fatto;
- Il convivente può essere nominato tutore, curatore o amministratore di sostegno, qualora il partner sia dichiarato interdetto o inabilitato;
- In caso di decesso del convivente di fatto, derivante da fatto illecito di un terzo (incidente stradale, ad esempio), nell’individuazione del danno risarcibile alla parte superstite si applicano i medesimi criteri individuati per il risarcimento del danno al coniuge superstite;
- I conviventi di fatto possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza.
- I rapporti delle coppie di fatto. Passiamo ora alle coppie di fatto, cioè alle coppie che, pur convivendo, non hanno registrato la propria condizione presso il Comune di residenza. Per le coppie di fatto la legge non prevede nulla: si tratta di un vuoto normativo che ora, alla luce della Legge Cirinnà, si giustifica in ragione dell’istituzionalizzazione delle convivenze di fatto. In altre parole, coloro che vivono assieme ma non vogliono essere conviventi di fatto secondo la legge, scelgono consapevolmente di continuare a vivere in un “limbo”, in una zona grigia non contemplata dall’ordinamento giuridico. Quanto appena detto, tuttavia, non significa che le coppie di fatto siano sfornite di diritti: al contrario, la giurisprudenza ha stabilito una serie di regole applicabili anche a coloro che hanno vissuto insieme legati da vincolo sentimentale.
- Diritti delle coppie di fatto: quali sono? Nonostante non siano esplicitamente riconosciute dalla legge, alle coppie di fatto è riconosciuta una tutela, seppur minima, dei propri diritti. In particolare:
- Al termine della relazione, il partner non può mandare via dalla propria abitazione l’altro senza un congruo preavviso. Secondo la giurisprudenza, il possesso del convivente non proprietario va tutelato, anche se la coppia non era sposata;
- Se l’abitazione in cui vive la coppia di fatto è presa in affitto, con la morte dell’uno, il convivente ha diritto di subentrare nel contratto fino alla sua naturale scadenza;
- Il partner che maltratta l’altro risponde ugualmente del reato di maltrattamenti in famiglia;
- I figli della coppia di fatto hanno la medesima tutela di tutti gli altri: pertanto, a loro spetta il mantenimento e ogni altro diritto previsto dalla legge;
- Se uno dei due partner muore a causa dell’illecito commesso da un terzo (pensa ad esempio a un incidente stradale o a un omicidio), il superstite ha diritto ad essere risarcito al pari di un coniuge, purché si tratti di una convivenza stabile e duratura;
- Alla fine della relazione, le somme elargite al partner per sostenere le spese della convivenza oppure come contributo al nucleo familiare di fatto creato, non possono essere restituite, in quanto esse si configurano come adempimento di un’obbligazione naturale, espressione della solidarietà tra due persone unite da un legame stabile e duraturo;
- Ai fini del rilascio del titolo di soggiorno rileva anche la convivenza stabile dello straniero che dimostri di trarre da tale tipo di rapporto mezzi leciti di sostentamento.
- Coppie di fatto: quali doveri non devono rispettare? Al di fuori di quanto illustrato nel precedente paragrafo, le coppie di fatto non hanno altri diritti né doveri reciproci. Di conseguenza, tra i partner che costituiscono una coppia di fatto non sussiste un dovere di fedeltà (proprio del matrimonio), né di contribuire al mantenimento a seguito si separazione.
Inoltre, alle coppie di fatto (ma anche ai conviventi di fatto) non spetta alcun diritto successorio (in pratica, non si diventa eredi l’uno dell’altro, come avviene tra marito e moglie), né il partner superstite può rivendicare pretese sulla pensione di reversibilità.
Mariano Acquaviva La legge per tutti…. 2 maggio 2019
www.laleggepertutti.it/280737_i-rapporti-tra-i-conviventi
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DALLA NAVATA
3° Domenica di Pasqua – Anno C – 5 maggio 2019
Atti Apostoli 05, 41. Essi allora se ne andarono via dal Sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù
Salmo 29,05. Cantate inni al Signore, o suoi fedeli, della sua santità celebrate il ricordo, perché la sua collera dura un istante, la sua bontà per tutta la vita.
Apocalisse 05, 12. L’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione.
Giovanni 21, 01. Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così:
Alla fine saremo tutti giudicati sull’amore
In riva al lago, una delle domande più alte ed esigenti di tutta la Bibbia: «Pietro, tu mi ami?». È commovente l’umanità del Risorto: implora amore, amore umano. Può andarsene, se è rassicurato di essere amato. Non chiede: Simone, hai capito il mio annuncio? Hai chiaro il senso della croce? Dice: lascio tutto all’amore, e non a progetti di qualsiasi tipo. Ora devo andare, e vi lascio con una domanda: ho suscitato amore in voi? In realtà, le domande di Gesù sono tre, ogni volta diverse, come tre tappe attraverso le quali si avvicina passo passo a Pietro, alla sua misura, al suo fragile entusiasmo.
Prima domanda: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gesù adopera il verbo dell’agàpe, il verbo dell’amore grande, del massimo possibile, del confronto vincente su tutto e su tutti. Pietro non risponde con precisione, evita sia il confronto con gli altri sia il verbo di Gesù: adotta il termine umile dell’amicizia, philéo. Non osa affermare che ama, tanto meno più degli altri, un velo d’ombra sulle sue parole: certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene, ti sono amico!
Seconda domanda: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Non importano più i confronti con gli altri, ognuno ha la sua misura. Ma c’è amore, amore vero per me? E Pietro risponde affidandosi ancora al nostro verbo sommesso, quello più rassicurante, più umano, più vicino, che conosciamo bene; si aggrappa all’amicizia e dice: Signore, io ti sono amico, lo sai!
Terza domanda: Gesù riduce ancora le sue esigenze e si avvicina al cuore di Pietro. Il Creatore si fa a immagine della creatura e prende lui a impiegare i nostri verbi: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene, mi sei amico?». L’affetto almeno, se l’amore è troppo; l’amicizia almeno, se l’amore ti mette paura. «Pietro, un po’ di affetto posso averlo da te?».
Gesù dimostra il suo amore abbassando ogni volta le sue attese, dimenticando lo sfolgorio dell’agàpe, ponendosi a livello della sua creatura: l’amore vero mette il tu prima dell’io, si mette ai piedi dell’amato. Pietro sente il pianto salirgli in gola: vede Dio mendicante d’amore, Dio delle briciole, cui basta così poco, con la sincerità del cuore.
Quando interroga Pietro, Gesù interroga me. E l’argomento è l’amore. Non è la perfezione che lui cerca in me, ma l’autenticità. Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore (Giovanni della Croce). E quando questa si aprirà sul giorno senza tramonto, il Signore ancora una volta ci chiederà soltanto: mi vuoi bene? E se anche l’avrò tradito per mille volte, lui per mille volte mi chiederà: mi vuoi bene? E non dovrò fare altro che rispondere, per mille volte: sì, ti voglio bene. E piangeremo insieme di gioia
Padre Ermes Ronchi, OSM
www.qumran2.net/parolenuove/commenti.php?mostra_id=45760
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FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI
La denuncia del Forum: ogni anno un miliardo in meno per la famiglia
È tornata alla ribalta la questione degli assegni familiari (Anf, assegni al nucleo familiare). È di due giorni fa il video delle Iene, programma tv di Mediaset, che ha preso spunto dalla denuncia del presidente del Forum delle associazioni familiari, Gigi De Palo. Gli assegni destinati ai nuclei risultano dal 2013 più bassi di quanto dovrebbero essere e ogni mese mancherebbe circa il 20%. In bilancio è scomparso circa un miliardo di euro l’anno: ben sei miliardi e 163 milioni di euro in sei anni.
Dopo il servizio delle Iene, con i “silenzi” dell’ex presidente Tito Boeri e le promesse del suo successore Pasquale Tridico, sono ancora parecchie le critiche lanciate contro l’Inps e contro la gestione dei governi passati in merito al nodo “famiglia”. Il nuovo presidente dell’istituto di previdenza ha spiegato così l’anomalia sollevata da De Palo: «C’è sempre la differenza di un miliardo: quello che può succedere è che in alcuni capitoli di spesa ci sia maggiore liquidità e venga travasato su altro per un periodo e per una certa esigenza. Capisco il punto, questa sarà anche la mia missione: se c’è un ammanco di questo tipo, è sicuramente qualcosa che l’istituto dovrà vedere. Mi impegnerò a fare chiarezza su questo: se c’è questa differenza, mi impegno su questo».
Poi, sull’annosa proposta di allargare il diritto anche agli autonomi: «Io penso che bisognerebbe fare distribuzione al di là della categoria, guardando sicuramente al reddito». Tutto è nato dalla denuncia del presidente del Forum delle Famiglie: «In Italia non si fanno più figli e le famiglie sono abbandonate, intanto ogni anno l’Inps fa sparire circa un miliardo di euro destinati a loro», dice De Palo. Del tema se ne era occupato anche Avvenire già nel 2016. I deputati Mario Sberna e Gian Luigi Gigli (all’epoca del gruppo parlamentare Democrazia solidale-Centro democratico), durante un question time in aula rivolto all’allora ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti, avevano denunciato e chiesto il motivo della «mancata distribuzione di un miliardo di euro l’anno per gli assegni familiari». I contributi vengono infatti prelevati ogni mese dalla ‘busta- paga’ dei lavoratori e destinati a un Fondo nazionale (per un totale di 6,3 miliardi di euro), ma gli stessi dati Inps 2013-2014 confermavano che un miliardo non è stato ancora distribuito.
Sberna e Gigli avevano chiesto al ministro Poletti la restituzione di «quanto impropriamente trattenuto a danno dei bambini, senza aspettare la prossima manovra: pure la mancata fruizione degli assegni a danno dei figli dei lavoratori autonomi è iniqua e assurda tanto quanto la sospensione della loro corresponsione al compimento del diciottesimo anno d’età». Una richiesta ancora oggi disattesa. Intanto, quest’anno sono cambiate anche le regole per ottenere l’Anf, che riguarda quasi tre milioni di lavoratori italiani. Entro fine giugno, infatti, dovranno presentare la domanda per l’assegno al nucleo familiare, ma stavolta non potranno farlo riempiendo un modulo cartaceo in azienda, come è avvenuto finora.
Le uniche possibilità per continuare a percepire in ‘busta- paga’ la somma, legata a reddito e numerosità della famiglia, sono munirsi di credenziali dell’istituto con dispositivo Pin (o Spid) e accedere alla procedura sul sito, oppure in alternativa rivolgersi a un patronato. La decisione, annunciata dall’Inps con una circolare a fine marzo, è passata finora piuttosto in sordina, ma coinvolgerà nelle prossime settimane tutti i circa 2,8 milioni di dipendenti (esclusi quelli dell’agricoltura) che attualmente percepiscono questa forma di sostegno al reddito.
Maurizio Carucci Avvenire venerdì 3 maggio 2019
www.avvenire.it/attualita/pagine/famiglie-scippo-continuo
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MATRIMONIO
Guida
Il matrimonio, in diritto, è l’atto con il quale due persone di sesso diverso formalizzano la loro volontà di realizzare una comunione di vita spirituale e materiale. Tale comunione si attua attraverso la convivenza, il rispetto, l’assistenza e la ricerca di un indirizzo di vita comune.
Il matrimonio può essere inteso in una duplice accezione: come rapporto e come atto.
Il matrimonio come rapporto è l’insieme dei diritti e degli obblighi che legano tra loro i coniugi. Il codice civile, in particolare, fa discendere dal matrimonio, in capo ai coniugi, l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione. Il marito e la moglie sono poi tenuti a contribuire ai bisogni della famiglia in relazione alle proprie sostanze e alle proprie capacità di lavoro professionale o casalingo.
Matrimonio come atto. La maggior parte delle numerose norme che il codice civile dedica al matrimonio, tuttavia, riguarda il matrimonio come atto. Ci si riferisce al consenso che due persone si scambiano con la celebrazione del matrimonio e che dà origine a una famiglia legittima. L’atto di matrimonio non può essere sottoposto a termine o a condizione.
Tipi di atto matrimoniale. I tipi di atto matrimoniale riconosciuti dal nostro ordinamento come produttivi di effetti giuridici sono due:
- Il matrimonio civile, che viene celebrato dinanzi all’ufficiale di stato civile,
- Il matrimonio concordatario, che viene celebrato davanti a un ministro del culto cattolico e poi trascritto nei registri di stato civile.
È anche possibile celebrare un matrimonio civile dinanzi all’ufficiale di stato civile e, successivamente, un matrimonio canonico dinanzi al ministro del culto cattolico.
Matrimonio: chi non può contrarlo. Il matrimonio è subordinato a specifiche condizioni.
Per contrarlo, infatti, è necessario:
- Aver compiuto 18 anni (o 16 anni se c’è l’autorizzazione del tribunale)
- Non essere vincolato da precedenti nozze
- Non essere interdetto per infermità di mente.
La donna che è stata già sposata, poi, non può risposarsi prima che siano decorsi 300 giorni dallo scioglimento o dall’annullamento del precedente matrimonio o dalla cessazione dei suoi effetti civili, al fine di evitare incertezze sulla paternità di un eventuale figlio. Se tale divieto è violato, tuttavia, l’unica conseguenza è un’ammenda.
Divieto di contrarre matrimonio. Vi sono poi degli impedimenti che ostacolano la celebrazione del matrimonio solo tra alcuni soggetti. Si tratta, in particolare, del divieto di contrarre matrimonio tra coloro che sono legati da un vincolo di sangue o familiare (come l’adozione o l’affinità), salvo le eventuali autorizzazioni del giudice. Inoltre non è possibile contrarre matrimonio tra due persone una delle quali ha subito una condanna per omicidio (consumato o tentato) del coniuge dell’altra.
La promessa di matrimonio. I futuri coniugi possono impegnarsi reciprocamente a contrarre matrimonio con la promessa di matrimonio, la quale, tuttavia, non li obbliga né a contrarlo né a eseguire ciò che si fosse convenuto per il caso di non adempimento. Tuttavia, se il matrimonio non è poi celebrato, il promittente può chiedere la restituzione dei doni fatti a causa della promessa.
Inoltre, in caso di promessa di matrimonio, fatta vicendevolmente per atto pubblico o scrittura privata o risultante dalla richiesta di pubblicazione, il promittente che rifiuti senza giusto motivo di eseguirla è obbligato a risarcire il danno cagionato all’altra parte per le spese che ha fatto e le obbligazioni che ha contratto a causa della promessa. Il risarcimento spetta anche a chi rifiutato il matrimonio per giusto motivo derivante da colpa dell’altro.
Le pubblicazioni di matrimonio. La celebrazione del matrimonio deve essere preceduta dalla pubblicazione nei Comuni di residenza degli sposi e il matrimonio non può essere celebrato prima del quarto giorno dopo che la pubblicazione sia compiuta. Quest’ultima, poi, si considera non avvenuta se il matrimonio non è celebrato nei 180 giorni successivi. In alcune ipotesi, in presenza di gravi motivi, il termine della pubblicazione può essere ridotto e, per cause gravissime, tale adempimento può anche essere omesso. Serve in ogni caso l’autorizzazione del tribunale.
Opposizioni al matrimonio. Se sussiste una causa che osta alla celebrazione del matrimonio, i genitori o, in loro mancanza, gli ascendenti e i collaterali entro il terzo grado degli sposi possono fare opposizione, il cui diritto compete anche al tutore o al curatore, se uno degli sposi è soggetto a tutela o a cura, e al coniuge della persona che vuole contrarre un altro matrimonio.
Celebrazione del matrimonio civile. Il matrimonio civile deve essere celebrato nel Comune in cui è stata fatta la richiesta di pubblicazione, in forma pubblica, dinanzi all’ufficiale civile e in presenza di due testimoni.
Il matrimonio celebrato davanti a un apparente ufficiale di stato civile si considera valido se questo ne esercitava pubblicamente le funzioni, a meno che entrambi gli sposi non sapevano che il celebrante non aveva tale qualità.
Matrimonio concordatario. Le disposizioni del codice civile sulla celebrazione del matrimonio riguardano solo il rito civile. Il matrimonio concordatario, infatti, trova la sua disciplina nel concordato con la Santa Sede. Esso deve essere preceduto dalle pubblicazioni e va poi trascritto nei registri dello stato civile.
La celebrazione avviene secondo il rito religioso, ma deve concludersi con la lettura degli articoli del codice civile che riguardano i diritti e i doveri dei coniugi.
Matrimonio invalido. Il matrimonio si considera invalido quando è celebrato in violazione dei requisiti previsti per la celebrazione (ad esempio da chi era già sposato) e quando il consenso allo stesso sia stato estorto con violenza o sia stato determinato da timore di eccezionale gravità derivante da cause esterne allo sposo o sia stato dato per errore sull’identità fisica dell’altro coniuge o su determinate sue qualità personali, predeterminate dal codice civile.
È altresì invalido il matrimonio simulato, ovverosia nel caso in cui gli sposi hanno convenuto di non instaurare alcuna comunione di vita coniugale ma si sono sposati solo per conseguire una certa utilità di carattere accessorio (come ad esempio la cittadinanza).
Matrimonio putativo. L’articolo 128 del codice civile si occupa di disciplinare il matrimonio putativo.
In particolare, tale norma prevede che se i coniugi hanno contratto il matrimonio nullo in buona fede o hanno dato il consenso allo stesso a seguito di violenza o di timore di eccezionale gravità derivante da cause esterne, gli effetti del matrimonio valido si producono nei loro confronti sino alla sentenza che pronuncia la nullità. Se tali condizioni si verificano per uno solo dei coniugi, tali effetti valgono solo nei suoi confronti.
In ogni caso, il matrimonio nullo rispetto ai figli ha sempre gli effetti del matrimonio valido. Ciò vale anche quando il matrimonio dichiarato nullo sia stato contratto in mala fede da entrambi i coniugi: esso ha gli effetti del matrimonio valido rispetto ai figli nati o concepiti durante lo stesso a meno che la nullità non consegua a incesto.
Scioglimento del matrimonio. Il matrimonio si scioglie con la morte di uno dei coniugi o negli altri casi previsti dalla legge, tra i quali il divorzio, che ne determina la cessazione degli effetti civili. Il divorzio deve comunque essere sempre preceduto dalla separazione personale dei coniugi
Valeria Zeppilli Studio Cataldi 2 maggio 2018
www.studiocataldi.it/articoli/34443-il-matrimonio.asp
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MINORI
Sulla scelta della scuola il minore deve essere ascoltato.
Corte di Cassazione, prima Sezione civile, ordinanza n. 10776, 17 aprile 2019
www.studiolegalejaccheri.it/2019/04/29/sulla-scelta-della-scuola-il-minore-deve-essere-ascoltato
Il ricorrente lamenta che quanto alla scelta della scuola il giudice del merito non avrebbe tenuto conto dei desiderata del figlio.
Obbligo di ascolto del minore di almeno 12 anni – e anche di età inferiore, purché dotato di capacità di discernimento. Trattasi di modalità di esercizio del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano. Elemento di importanza fondamentale nella valutazione del suo interesse. Solo ove il giudice ritenga l’esame manifestamente superfluo o in contrasto con il suo interesse può ometterlo, ma deve motivare specificamente le ragioni.
Con decreto emesso ai sensi dell’art. 337 bis c.c. del 1/12 giugno 2017, il Tribunale di Vicenza accoglieva parzialmente le istanze di B.V. nei confronti di Z.A. e per l’effetto disponeva l’affidamento condiviso dei due figli minori con collocamento prevalente presso la madre e regolamentazione dei contatti con il padre, imponendo a quest’ultimo il contributo mensile di mantenimento di Euro 150 per ciascun figlio annualmente rivalutabili in base agli indici Istat, oltre al 50% delle spese straordinarie. Il Tribunale accoglieva altresì l’istanza materna di iscrizione del figlio N. alla scuola secondaria del Comune di residenza (omissis) Ordinanza http://www.studiolegalejaccheri.it/author/elena
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NASCITA
Responsabilità medica: padre risarcito per la nascita indesiderata
Corte di Cassazione, terza Sezione civile, sentenza n. 10812, 18 aprile 2019
www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_34352_1.pdf
Quando si pensa alle ipotesi di responsabilità medica, si deve considerare che le stesse si possono configurare non solo nei confronti dei pazienti, ma anche nei confronti di soggetti terzi cui si estendono gli effetti protettivi del contratto stipulato dai pazienti stessi con la struttura sanitaria.
L’esempio lampante è rappresentato dal padre, che può essere risarcito per il danno da nascita indesiderata anche quando il contratto avente a oggetto la prestazione di cure finalizzate a garantire il corretto decorso della gravidanza sia stato stipulato solo tra la gestante e la struttura sanitaria.
Proprio di una simile ipotesi si è di recente occupata la Corte di cassazione che, nel decretare il diritto al risarcimento del padre, ha chiarito anche molteplici altri principi fondamentali nell’ambito della responsabilità medica per il danno da nascita indesiderata. Tra di essi, in particolare, quello relativo alla rilevanza da attribuire a un pregresso fattore naturale, che non sia legato alla condotta colposa del sanitario da un nesso di interdipendenza causale.
Con riferimento a questo, più nel dettaglio, i giudici hanno precisato che se il pregresso fattore naturale non imputabile è privo di interdipendenza funzionale con la condotta colposa del sanitario ma è dotato di efficacia concausale nella determinazione di un’unica e complessa situazione patologica, “ad esso non può attribuirsi rilievo sul piano della ricostruzione della struttura dell’illecito, e in particolare dell’elemento del nesso di causalità tra tale condotta e l’evento dannoso, appartenendo ad una serie causale del tutto autonoma rispetto a quella in cui quest’ultima si inserisce”.
Pertanto, al pregresso fattore naturale “può assegnarsi rilevanza unicamente sul piano della determinazione equitativa del danno, e conseguentemente pervenirsi … alla delimitazione del quantum del risarcimento dovuto dal responsabile”.
Avv. Valeria Zeppilli Newsletter Giuridica 29 aprile 2019
www.studiocataldi.it/articoli/34352-responsabilita-medica-padre-risarcito-per-la-nascita-indesiderata.asp
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OMOFILIA
La Chiesa cattolica e i gay. Percorsi di fede nella diversità. Come pensarli
L’amore omosessuale, la liceità morale degli atti, il problema della differenza sessuale, l’esigenza di “inventare” un nuovo approccio pastorale. Tanti gli aspetti toccati da Damiano Migliorini, giovane studioso cattolico che sul tema ha però già scritto e pubblicato molto. Le sue riflessioni, su cui si può certamente anche dissentire, non sono né conclusioni definitive né verità di fede, ma spunti per discutere su questioni troppo lasciate sullo sfondo che attendono di essere sviluppate con serenità e senza pregiudizi, avendo a cuore soprattutto il bene delle persone.
L’approccio tradizionale afferma che i gesti affettivi delle persone omosessuali sarebbero eticamente negativi in quanto svuotati del valore della differenza. Posizione da mantenere o da rivedere?
È una questione che richiederà sempre più studio e una chiarificazione concettuale. Quale “differenza”? In che senso essa viene “negata”? Quando è un “valore”? Provo ad abbozzare alcuni spunti per la discussione. La differenza sessuale (dimorfismo) è indispensabile per la procreazione e fa parte del disegno di Dio perché rende possibile una delle forme di comunione umana. Quest’ultima è il valore che ogni tipo di coppia, conformemente alla propria natura, dovrebbe esprimere. Quella sessuale non è infatti l’unica “differenza” che lo rende possibile: ogni persona è diversa da ogni altra, e ogni amore – anche omosessuale – è incontro faticoso, gioioso e misterioso, con un\una totalmente altro\a.
In questo incontro – che implica tutte le dimensioni della persona, corporeità compresa – può accadere il misterioso momento della trasformazione in una caro. Le persone rinascono nella coppia, per grazia di Dio (non sono più due semplici “io”, ma un “noi”): l’amore di coppia determina l’apertura a una nuova dimensione di vita per i soggetti (ed è dunque “generativo”, li ricrea). Anche l’amore omosessuale non esclude una relazione positiva con l’altro sesso e non nega l’importanza della differenza. La coppia omosessuale opera forse una negazione “simbolica”, ma non “materiale”, né “valoriale” (cioè non implica la cancellazione del dimorfismo). Una negazione “simbolica” perché si nega la pretesa che solo la coppia eterosessuale sia portatrice di bellezza relazionale e affettiva.
Anche il celibato, però, è una negazione “innocua” di questo tipo, giacché attesta i molteplici modi di realizzarsi affettivamente e cristianamente. Ugualmente, riconoscere la complessità della natura, l’esistenza de facto di numerose positive identità sessuali e le loro costellazioni affettive, non equivale a negare il dimorfismo biologico o la positività dell’eterosessualità. Significa apprezzare la varietà della creazione, riconoscere i valori propri di più esperienze umane, facendole splendere tutte maggiormente.
Sullo sfondo rimane quella definizione del Catechismo a proposito di una condizione “moralmente disordinata”. Si tratta di una posizione insuperabile?
Per rispondere è necessario scomporre il problema nelle sue articolazioni. Una riguarda l’autorità dottrinale del Catechismo (o dei documenti di cui è sintesi): esprime una verità immutabile, anche nella formulazione linguistica? È una questione dibattuta, visto che i catechismi non sono rimasti immutati. Inoltre, è consapevolezza comune che, su certi temi, la Tradizione richiede una sapiente ermeneutica. Si tratta anche di comprendere perché il magistero abbia assunto una certa posizione, in base a quali presupposti filosofici, scientifici, esegetici. Ed eventualmente correggere alcuni termini (o interpretarli in modo nuovo), in base alle nuove evidenze.
Detto questo, entriamo nel concetto contenuto nei documenti. L’omosessualità è una condizione “moralmente disordinata”, si sostiene, per gli atti non riproduttivi – quindi “incompleti” – a cui conduce (sulla mancanza della “differenza” abbiamo già detto). Nel ragionamento manca però una considerazione adeguata sull’omosessualità come condizione esistenziale strutturale. Essa è una variante sana e stabile della psiche umana che porta ad amare integralmente un’altra persona: a questa condizione, per alcuni individui naturale, corrispondono alcuni atti corporei oggettivamente adatti e congruenti alla necessità d’esprimere quell’amore, cioè il valore della comunione.
Se si approfondisce il significato dell’omosessualità, allora, potrebbe emergere che essa (e i relativi atti) corrisponde a un ordine diverso – proprio di una natura individuale– prima sconosciuto e non per forza negativo. Una foresta appare disordinata finché non scopriamo il suo ordine e quindi la sua bellezza. Ci sono pertanto gli estremi per un aggiornamento, pur mantenendo vivo lo spirito profondo della Tradizione.
Il problema rimane sempre quello della liceità degli atti omosessuali?
Prima o poi si arriva sempre alla questione degli atti, che riguarda la dottrina dell’”inscindibilità” dei fini “procreativo” e “unitivo” per ogni atto sessuale (dottrina infallibile, secondo alcuni). Cosa dire, allora, circa gli atti omosessuali, biologicamente non procreativi? La teologia sta esplorando alcuni percorsi, da alcuni decenni. Una via è quella d’intendere “procreativo” in senso ampio, come “generatività” (che dunque renderebbe completi anche gli atti biologicamente non fecondi).
L’altra è riconoscere i casi in cui i due fini non sono volutamente (per scelta consapevole dei partner) bensì naturalmente separati: nell’atto d’amore omosessuale uno dei fini non c’è “per natura”, data la natura individuale dei partner. Si potrebbe però obiettare che le coppie omosessuali dovrebbero vivere l’astinenza, perché lo specifico degli atti sessuali (la loro forma), in quanto atti corporei, è la potenzialità procreativa: a un atto corporeo, cioè, dovrebbe corrispondere – almeno in potenza – un “frutto” corporeo.
Dato che l’amore tra due persone dello stesso sesso produce solo un frutto spirituale (il fine unitivo, la mutua cura) – prosegue l’obiezione – l’atto sessuale non è consentito perché manchevole di un aspetto essenziale. È tuttavia un ragionamento che nasconde un dualismo problematico. In realtà, infatti, alcuni frutti spirituali (come l’amore di coppia) richiedono atti corporei conseguenti.
Se dunque verifichiamo l’esistenza di un amore omosessuale, potremmo concludere che la natura lo consente e gli atti sessuali conseguenti sono necessari e hanno un loro ordine\perfezione naturale (sono atti in cui natural- mente non c’è il fine procreativo). Un’ulteriore ipotesi, di alcuni autori, è che vi sia integrazione (corpo-psiche) proprio dove l’atto corrisponde alla complementarietà olistica (psico-affettiva e corporea, non solo genitale). Gli atti sessuali sono veramente umani (personali, buoni) quando sono integrati con il Sé completo. Penso siano tutte ipotesi che meritino di essere discusse.
È d’accordo con l’approccio teologico che sollecita al superamento della legge morale naturale? E come ci si dovrebbe muovere?
No, non sono d’accordo. La legge naturale è utile per fondare un’etica universale. Alcuni oggi vorrebbero abbandonarla, forse a causa di un suo fraintendimento. Dopo la Veritatis Splendor, in teologia morale fondamentale, sono state però sviscerate le sue potenzialità. Tale “legge” è legata alla conoscenza di ciò che è naturale o razionale, implica un continuo aggiornamento, in base all’accesso progressivo al dato naturale. Vale per essa il principio secondo cui la realtà è superiore all’idea: la realtà va indagata per come è, non per come vorremmo che fosse. Una fenomenologia (del corpo, dei gesti) e antropologia adeguate partono da qui.
Sull’omosessualità, solo oggi iniziamo ad apprezzare aspetti determinanti: le persone Lgbt sono “sane” sotto tutti i punti di vista e il loro orientamento le porta a innamorarsi integralmente di un’altra persona (nell’interezza corporeo-spirituale). La natura quindi contempla orientamenti sessuali diversi che consentono alla persona di fiorire.
Le evidenze scientifiche mostrano altre inclinazioni “naturali” – legate all’orientamento sessuale – che ci permettono di aggiornare le implicazioni etiche della legge naturale, senza archiviarla. L’uomo è un “corpo spirituale”: il corpo è inserito in una rete di relazioni che strutturano un suo aspetto, la psiche, generando vari orientamenti affettivi che determinano un modo naturale individuale d’espressione corporea negli atti. L’orientamento sessuale è cioè una struttura psichica profonda determinata dall’avventura esistenziale corporeo-relaziona- le. Questa complessa avventura determina la natura individuale della persona (“Socrate”) conforme a quella universale (“umanità”) e dunque la diversificazione del desiderio di un amore sano e personale.
Gli atti sono conformi all’amore che le persone naturalmente vivono: la natura umana inclina ad atti diversi, conformi alle perfezioni naturali personali. Non è, evidentemente, un approccio basato solo sulla “qualità delle relazioni”, bensì è sostenuto da una comprensione dei dinamismi profondi dei nostri corpi (intesi come totalità degli aspetti della persona).
La Chiesa ha avviato un difficile e complesso percorso per dare concretezza all’invito di papa Francesco a proposito della necessità di accompagnare le persone omosessuali “a realizzare pienamente la volontà di Dio nella loro vita”, nel rispetto della dignità di ciascuno ed evitando ogni marchio di ingiusta discriminazione. Quali criteri si dovrebbero seguire in questo percorso di sviluppo pastorale?
“Difficile e complesso”, sì: spesso non ci si rende conto dello sforzo che il popolo di Dio sta facendo per trovare un nuovo modo di accompagnare queste persone. E forse ci si scorda di ringraziare lo Spirito Santo per averlo innescato in tutti noi. Comunque, non parlerei di “criteri” ma di “buone pratiche”, in attesa dell’elaborazione teologica. Le indicazioni di James Martin (nel libro Un ponte da costruire) sono sagge. In generale vale quanto scritto nell’Evangelii Gaudium (EG, 127-129): un accompagnamento da persona a persona che passa per l’”incontro” e l’”ascolto”.
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/apost_exhortations/documents/papa-francesco_esortazione-ap_20131124_evangelii-gaudium.html
Vorrei ricordare un pensiero del Papa, adattandolo: il dialogo è un bene che consiste nelle persone stesse che si donano in esso (EG, 142). Il dialogo è un fine, non solo un mezzo. Poi, certo, ci vuole “cautela”. Ai sacerdoti a volte si rivolgono persone fragili, incapaci di accogliere in pienezza la dottrina ufficiale. Qui è necessario dare tempo (EG, 171), facendo percepire loro d’essere amate, non giudicate. Se vivono una relazione che ritengono positiva, nella logica della legge di gradualità è incauto suggerire subito d’interromperla, magari facendole cadere nella promiscuità. Insomma, pur a “dottrina invariata”, ci sono molti modi per proporla. La verità può essere proposta con un abbraccio o con una pugnalata: sta ai pastori decidere quale modalità usare, consapevoli delle conseguenze sull’anima che è loro affidata.
Un appunto però è necessario: le nostre comunità cristiane non possono fermarsi agli auspici di accoglienza. Devono intraprendere percorsi di formazione per la rimozione dei pregiudizi. Questo è concreto, ed è il minimo, oltre che un obbligo morale indicato dal magistero, di recente in Amoris Lætitia e nel documento finale del Sinodo dei Giovani (n. 150).
È d’accordo con chi sostiene che questa pastorale dev’essere “in cammino”, non sulla testa delle persone omosessuali, ma insieme a loro, apprendendo con loro, offrendo un dialogo mai scontato, mai concluso, in cui tutti ci si mette radicalmente in gioco?
Sì. Ad oggi non esistono “soluzioni” facili, né pastorali né teologiche. È una situazione inedita, dal punto di vista ecclesiale, scientifico e teologico. Siamo tutti in fase d’apprendimento, e quindi è indispensabile il dialogo. Ma quali sono i confini di quel “radicalmente”? Ci sono alcuni aspetti irrinunciabili della proposta cristiana sulla sessualità? Forse non esiste una risposta definitiva: quando ci s’incontra davvero non si può stabilire a priori la linea di confine.
Affidarsi all’altro è qualcosa di artigianale, ci ricorda Francesco (EG, 244). Tuttavia, la verità deve restare come orizzonte del cammino. Si tratta di cercare l’essenziale (ciò che “profuma di Vangelo”: EG, 39). Cristianamente, ciò consiste nell’affidarsi all’azione dello Spirito imprevedibile (EG, 22): è Lui a guidarci nel processo di apprendimento, di creatività teologica e pastorale (EG, 33). Sarà Lui a indicarci i passi da compiere, le certezze da abbandonare o da mantenere (EG, 131).
Noi mettiamoci in gioco, ponendo al servizio dell’incontro la riflessione teologica, esperienziale, affettiva. Superiamo le paure di essere invasi, e riscopriamo la “mistica di vivere insieme” (EG, 87-88). Nella franchezza e libertà chiesta da Francesco. La sintesi arriverà, nei luoghi, modalità e tempi opportuni (“il tempo è superiore allo spazio”: EG, 222-225). Il teologo dev’essere libero nella ricerca, ma umile nell’accettare che il complesso momento decisionale spetta alla Chiesa.
Esiste una specificità della persona omosessuale di cui pastorale e teologia dovrebbero tenere conto? E ritiene che questa unicità possa tradursi in un aspetto da valorizzare anche in ambito ecclesiale?
Vedo con diffidenza gli essenzialismi che rischiano di rinchiudere le persone all’interno di stereotipi. Esistono molti modi (tanti quante sono le persone!) di essere uomo, donna, etero, omo, trans. Forse omo e transessuali possono essere segno visibile (tra molti altri), nella comunità, della prodigiosa grazia di Dio nell’ambito del corpo e della sessualità. Dio permette all’ essere umano di amarne un altro in diversi modi (nel celibato, nell’unione etero o omosessuale), di fiorire, a partire dalla condizione esistenziale data (l’orientamento, l’identità di genere etc.). Come per tutte le diversità – di colore della pelle, di culture, d’abilità motorie o psichiche – le minoranze sessuali rendono presente il mistero della volontà di Dio sulla creazione: sembra che il suo piano generale per l’universo sia quello di educarci continuamente all’incontro fraterno.
Le diversità non sono un inconveniente da “tollerare”, ma disvelano il senso profondo del cosmo. Tutto è volto alla comunione, ed essa è piena nella massima diversità possibile.
Ogni diversità ci ricorda sia il piano di Dio, sia la nostra intima essenza di cristiani (l’obbligo morale alla comunione con il fratello), la nostra identità teologale, imago Trinitatis. Per questo la diversità va valorizzata all’interno delle comunità come benedizione: è Dio che viene ancora in mezzo a noi per ricordarci chi siamo.
Intervista di Luciano Moia a Damiano Migliorini pubblicata su Noi famiglia & vita, supplemento mensile allegato ad Avvenire del 28 aprile 2019, pp.34-37
Gionata 30 aprile 2019
www.gionata.org/la-chiesa-cattolica-e-i-gay-percorsi-di-fede-nella-diversita-come-pensarli
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PARLAMENTO
Camera Deputati. Commissione Giustizia (II). Assegno divorzile
Pdl 506. Alessia Morani, (avvocato civilista). Modifiche all’articolo 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, in materia di assegno spettante a seguito di scioglimento del matrimonio o dell’unione civile.
http://documenti.camera.it/leg18/pdl/pdf/leg.18.pdl.camera.506.18PDL0010090.pdf
Presentata il 12 aprile 2018, assegnata 10 luglio 2018, relatore Alessia Morani
Parere delle Commissioni: I Affari Costituzionali, XI Lavoro e XII Affari sociali
Esame in Commissione iniziato il 31 gennaio 2019
Iter www.camera.it/leg18/126?tab=4&leg=18&idDocumento=506&sede=&tipo=
30 aprile 2019. Discussione e votazione degli emendamenti. (…) Francesca Businarolo, presidente, avverte che, essendo concluso l’esame delle proposte emendative, il testo del provvedimento, come risultante dagli emendamenti approvati, sarà trasmesso alle Commissioni competenti per il parere.
Emendamenti approvati
www.camera.it/leg18/824?tipo=A&anno=2019&mese=04&giorno=30&view=&commissione=02#data.20190430.com02.allegati.all00020
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SEPARAZIONE
Necessario l’ascolto del figlio
Corte di Cassazione, prima Sezione civile, sentenza n. 10774, 17 aprile 2019
https://associazioneforenseemilioconte.it/wp-content/uploads/Cass.-civ.-sez.-I%5E-sentenza-n%C2%B010774-del-17-aprile-2019.pdf
L’audizione del minore è determinante per decidere sulla collocazione e sulle modalità di frequentazione. La sentenza emessa dalla Cassazione, affronta il delicato tema dell’ascolto del minore nei procedimenti che lo riguardano. In proposito, l’art. 315 bis, comma 3 del Codice civile – Diritti e doveri del figlio, stabilisce che Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.
La vicenda processuale: il Tribunale, in sede di separazione, affidava in via esclusiva il figlio minore (nato nel 2006) al padre, collocandolo presso di lui, e addebitando la separazione alla madre, la quale aveva abbandonato la casa coniugale portando con sé il bambino.
La Corte d’Appello riformava però la sentenza, disponendo l’affidamento del minore al Comune e il collocamento presso l’abitazione materna. Il padre del minore ricorreva in Cassazione.
Nel decidere sull’impugnazione, la Cassazione ricorda innanzitutto il proprio orientamento (espresso nella recente ordinanza n. 12957/2018), secondo cui, in tema di separazione personale tra i coniugi, ove si assumano provvedimenti in ordine alla convivenza dei figli con uno dei genitori, l’audizione del minore infradodicenne, capace di discernimento, costituisce adempimento previsto a pena di nullità.
In relazione a tale doveroso adempimento, secondo la giurisprudenza in esame, incombe sul giudice un obbligo di specifica e circostanziata motivazione, tanto più necessaria quanto più l’età del minore si approssima a quella dei dodici anni, oltre la quale subentra l’obbligo legale dell’ascolto.
Questo rigoroso obbligo di motivazione va assolto non solo laddove il giudice ritenga il minore infradodicenne incapace di discernimento ovvero l’esame manifestamente superfluo o in contrasto con l’interesse del minore, ma anche qualora il giudice opti, in luogo dell’ascolto diretto, per un ascolto effettuato nel corso di indagini peritali o demandato ad un esperto al di fuori di detto incarico, atteso che l’ascolto diretto del giudice dà spazio alla partecipazione attiva del minore al procedimento che lo riguarda, mentre la consulenza è indagine che prende in considerazione una serie di fattori quali, in primo luogo, la personalità, la capacità di accudimento e di educazione dei genitori, la relazione in essere con il figlio.
Nel caso oggetto della pronuncia in commento – rileva la Suprema Corte – il minore non era mai stato ascoltato né dal Giudice, né da persona da questi incaricata, né dal C.T.U. nominato nel giudizio di primo grado. La mancata audizione del minore ha costituito, secondo la Corte, una sicura violazione dei suoi diritti. Pertanto, concludono i giudici di legittimità, “appare determinante sentire il minore… al fine di meglio valutare le ragioni delle parti e stabilire quale debba essere la collocazione del minore e le modalità di frequentazione con l’altro genitore”.
La Suprema Corte ha dunque accolto il ricorso, rinviando ad altra sezione della Corte d’Appello competente per l’ulteriore corso del giudizio.
Redazione Giuridica Brocardi 2 maggio 2019
www.brocardi.it/notizie-giuridiche/separazione-necessario-ascolto-figlio/1938.html?utm_source=Brocardo+Giorno&utm_medium=email&utm_content=news_big_famiglia&utm_campaign=2019-05-03
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Sessualità incontro all’altro/a tra natura e cultura
Potremmo cominciare col definire la sessualità umana come la sintesi perfetta di natura e cultura, come un nodo, o un complesso di nodi, nella rete che queste due variabili intrecciano da sempre nella espressione di ogni valenza umana. E allora, tra la componente di espressione pulsionale e quella inscritta nella reciprocità relazionale secondo i modelli definiti dal contesto culturale, non ci sono cesure, ma una continuità di sottili sfumati passaggi.
Come ogni fenomeno biologico, la sessualità umana ha un inizio, un’acme e una conclusione. Avvicinandoci però a descrivere l’arcata energetica che questa attivazione comporta, ci accorgiamo subito di come e quanto agiscano le altre determinanti, quelle ascrivibili alla cognizione, al contesto sociale e valoriale che definisce implicitamente riti, ruoli e funzioni di ogni espressione umana, alla costruzione di significato che ogni esperienza umana richiede all sue autrici e ai suoi autori.
Quindi, anche limitandoci al mero terreno dell’espressione della sessualità genitale adulta, incontriamo subito queste altre variabili, inestricabilmente intrecciate col dato biologico di due corpi che si uniscono intimamente.
Disponibilità, desiderio, eccitazione. L’attività sessuale umana non comincia infatti col desiderio, ma necessita di una premessa. Ha bisogno che la persona ospiti dentro di sé, nel corpo ma più ancora nella psiche, prima di tutto un interesse di base per la sessualità. Ha bisogno di disporre di un certo spazio interiore per questa energia, di non essere la psiche troppo stanca né occupata da altre emozioni difficili, come la paura, o il risentimento, o l’umiliazione, o un sentimento di inutilità e di sconfitta. C’è bisogno di aver fatto pace col proprio corpo, con la propria disponibilità al contatto fisico, c’è bisogno di nutrire una certa fiducia nell’altro/a che si avvicina. Prima ancora di sentir nascere dentro di sé il desiderio, la persona può essere o non essere interessata al sesso.
Solo se è interessata, solo se ha spazio nella mente per questa attivazione, allora si potrà lasciar arrivare il desiderio. Avviene che si prenda coscienza di una tensione, di uno slancio verso l’altro, sconosciuto o conosciuto, o anche soltanto immaginato. Può nascere dal di dentro, da una suggestione interiore, da un ricordo, da una sensazione corporea rievocata, oppure da uno stimolo esterno, come uno sguardo, un contatto, una voce, una parola, un invito, un gesto, una seduzione agita o ricevuta. Al desiderio sessuale si associano pulsioni, attivate dagli ormoni sessuali o da elementi esterni, e insieme ad essi pensieri e attività fantasmatica, cioè un lavoro dell’immaginario. A questo punto la fase del desiderio può essere sviluppata, oppure frenata, fino a potere essere anche interrotta. La persona stessa, con la sua intenzionalità consapevole o con le sue vibrazioni inconsce, può agire da catalizzatore dell’alchimia del desiderio, o viceversa rallentare o arrestare l’energia pulsionale che si è attivata.
Anche elementi dell’ambiente possono svolgere questa funzione, e la risposta individuale a questi elementi può essere molto variabile. Uno stimolo esterno, un gesto del partner, un assetto dell’ambiente in cui avviene l’incontro, possono a loro volta inibire o sostenere il desiderio.
A questo punto il corpo, se la crescita del desiderio è proseguita, comincia ad entrare nella fase dell’eccitazione. Compaiono le manifestazioni fisiologiche più forti, una maggiore sensibilità della pelle, movimenti anche involontari di avvicinamento e apertura del corpo al contatto, e soprattutto cominciano la lubrificazione della vagina, l’erezione del pene.
Plateau, orgasmo, risoluzione ed elaborazione. Il corpo è pronto per un contatto più intimo, e da qui cominciano i contatti corporei più intensi e diretti, e infine può avvenire la penetrazione e le altre forme di attivazione genitale. L’eccitazione continua a crescere, sostenuta dall’intimità corporea e dalle sensazioni di piacere che aumentano man mano, e si arriva alla fase di plateau, nella quale l’eccitazione si fissa a un livello forte, la tensione neuro-muscolare è elevata e il corpo si prepara all’orgasmo. Se la liberazione energetica dell’orgasmo viene posticipata, la tensione può mantenersi più a lungo, fino a quando si rilascia nella reazione orgasmica: è un’esperienza che è nello stesso tempo fisica e psichica; la componente fisica è una liberazione forte e potente di energia, che viene avvertita in forma di onda o di vibrazione o di acuta e prolungata sensazione di piacere sia localmente che, talvolta, in tutto il corpo. La componente psichica è una sensazione di temporaneo intenso dissolvimento dei confini dell’io, un’esperienza di fusione e allentamento rapido del controllo, che i francesi chiamano poeticamente la petite mort.
All’orgasmo segue la fase di risoluzione. È una tappa di cambiamento fisiologico, durante la quale l’energia dell’eccitazione scende, il tono muscolare si rilassa, il cuore e il respiro vanno rallentando, e gli organi sessuali ritrovano la loro condizione iniziale. Strettamente contiguo alla fase precedente o comunque dopo un breve tempo, segue poi il periodo refrattario. Può durare da qualche minuto a parecchie ore. È un passaggio che ha una durata molto variabile, più presente presso gli uomini, e la sua durata è correlata con l’età, oltre che col sesso. In questa fase il corpo riposa, la mente è distesa, recettiva alle sfumature emotive, mentre l’eccitazione si trasforma in ricerca di tenerezza o di relax.
Infine arriva un passaggio di elaborazione psichica. È una tappa importante, che spesso viene bypassata o trascurata; è il momento in cui la persona assimila l’esperienza, ne registra l’eco nel corpo e nella psiche, trae conclusioni, o decisioni per il futuro. Si colloca alla fine del ciclo, ma può prodursi lungo ogni altra fase del processo, per poter scegliere di procedere avanti o fermarsi. Se guardiamo alla sessualità genitale adulta come un ciclo che si muove verso l’acme del contatto e da esso ridiscende verso il ritiro, le esperienze sessuali condivise rivelano il loro valore simbolico di veicoli della relazione e del legame intimo, come eccedenze di senso agite al fine di creare, alimentare o ricreare il legame affettivo col sostegno dell’energia erotica, come atti intenzionali di presenza capaci di invitare ed ospitare l’alterità.
La sessualità, inquadrata nella sua valenza di esperienza di contatto, ci permette di collegarci profondamente ad un altro essere umano, di metterci in presa diretta con la vita, per far circolare la nostra energia all’interno di un sistema vivente, per rompere la solitudine dell’individualità, per far parte della catena, trasmettere presenza viva, sentire che non siamo soli, ma possiamo appartenere profondamente, col corpo, col cuore, col cervello, con lo spirito. In questa ottica, l’esperienza del contatto nella sessualità è un salto misterioso oltre il nostro confine, è testimonianza attiva del nostro desiderio di legame.
Profonda, rispettosa, intensa intimità. Da queste premesse, le difficoltà sessuali possono essere osservate come interruzioni inadeguate del ciclo, oppure come incapacità a interromperlo, o come degli «scarti» e delle difficoltà di sintonizzazione tra i cicli dei due partner. Il ciclo di contatto della sessualità, nelle tappe che abbiamo appena descritto, non deve essere necessariamente terminato. Non necessariamente ogni desiderio deve culminare in un atto sessuale, non necessariamente ogni eccitazione deve culminare nell’orgasmo, e meno che mai ogni seduzione che viene messa in atto deve automaticamente diventare disponibilità sessuale dell’altro/a. La sessualità genitale adulta è prima di tutto arte dell’invito, arte dell’offerta, della ricerca di una possibile intensa sintonia con la persona dell’altro/a, non solo coi suoi genitali e non solo nell’intimità dei corpi, che peraltro non avrebbe luogo se non nell’incontro della disponibilità reciproca, del desiderio reciproco, dell’eccitazione reciproca, dell’avvicinamento l’uno all’altro.
È gratificante poter terminare il ciclo in modo soddisfacente, ma è fondamentale anche riconoscere quando è meglio che venga fermato, se non vogliamo o non possiamo, se l’altro non vuole o non può. La nostra salute sessuale si misura sulla capacità di sintonizzarci adeguatamente con l’altro/a lungo tutto il ciclo, e le nostre problematiche sessuali si misurano sia con l’incapacità di compiere il ciclo, sia con l’incapacità di fermarlo.
Saper interrompere un ciclo che non sta più diventando fonte di benessere e gioia profonda, per noi o per l’altro, è altrettanto importante che compierlo.
Non ogni passaggio di eccitazione deve di-ventare una attività sessuale con una persona. Siamo natura pulsionale, ma siamo anche cultura e relazione e incontro e progetto e dialogo, siamo energia vitale che irrompe e siamo trepida attesa del permesso dell’altro/a, siamo affettività accessibile e vulnerabile nello stesso istante in cui siamo anche un corpo massimamente egocentrico nella sua attivazione abitata dagli ormoni. Incontrarsi nella sessualità genitale adulta è l’atto più intimo che un essere umano possa sperimentare, il gesto più potente per uscire dai propri confini e sentire davvero cosa sia essere insieme fino alle viscere.
Forse è per questo che nella sua reale estensione fa un po’ paura, e forse è per questo che viene facilmente attraversato piuttosto nella versione ridotta, scissa, più rassicurante, paradossalmente più controllabile, fatta di pulsioni e ormoni eccitati. Forse è per questo che viene svilito a strumento indiretto di potere e dominio sull’altro/a anziché disporsi a viverlo nella sua forma originale estrema, quella dell’accedere all’intimità dell’altro/a e all’altro/a rendere accessibile la propria intimità più profonda, anima e corpo.
Rosella De Leonibus Rocca n. 7 1 maggio 2019
www.rocca.cittadella.org/rocca/allegati/429/DELEONIBUS.pdf
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UNIONE CONSULTORI ITALIANI PREMATRIMONIALE E MATRIMONIALI
La solitudine dell’anziano.
Nel mese di febbraio 2019 la Fondazione Mazzali di Mantova ha organizzato una Mostra Fotografica itinerante sul tema della “Solitudine dell’anziano”. La Mostra è stata allestita dall’Associazione Italiana di Psicogeriatria, di cui è presidente il Prof. Marco Trabucchi, che ha introdotto l’evento.
La bellissima relazione ha sottolineato soprattutto l’aspetto negativo della solitudine per la persona anziana (e non solo), pure spesso affetta da malattie invalidanti.
Essa si configura come un evento antropologico-esistenziale che diventa, nel corso del tempo, un problema biologico-clinico. La solitudine è molto frequentemente una vera e propria causa di malattie: senso di abbandono, isolamento, emarginazione, tutte realtà che diventano spesso anticamera della depressione (30% di probabilità in più per chi vive solo). Essa di regola impone una forte riduzione del cammino e delle relazioni sociali. L’anziano fragile pian piano perde forza nelle gambe, è più esposto così alle cadute, mangia poco e male, si trascura, magari non assume con regolarità i farmaci… La solitudine quindi innesca un circolo vizioso che coinvolge la mente, la forza muscolare, la voglia di uscire e relazionare, la voglia di nutrirsi correttamente. Tutto ciò incide spessissimo anche sulla sfera cognitiva (perdita progressiva di memoria, maggior disorientamento temporo-spaziale, apatia…) evidenziando forme di demenza che prima erano silenti (circa il 27% in più di probabilità per chi vive solo di procurarsi e ammalarsi di demenza!). La solitudine in ogni caso fa vivere 3 anni e mezzo in meno, e corrisponde anche all’aver fumato 15-20 sigarette al giorno per una vita intera.
Al contrario “l’amore conta più del colesterolo”, ”mangiare insieme è più salutare dell’astenersi dal vino”, ”l’amore salva la vita”, ”le relazioni e le reti amicali combattono la malattia”. Queste frasi, apparentemente sloganistiche pronunciate da un eminente clinico e scienziato, ci fanno comprendere quanto sia possibile e doveroso combattere il più possibile la solitudine dell’anziano.
Un dato: più del 30% di anziani ultra 65enni oggi in Italia vive solo. Ci si rende conto a questo punto di quale grande sfida si trovano di fronte le società ricche dell’Occidente (questo trend è estensibile alla maggioranza dei Paesi Europei).
Per concludere vorrei sottolineare che la ”Cura” delle persone anziane e ammalate ha bisogno anche di arte e bellezza, perché la Cura vera e globale è un’arte da coltivare insieme e da regalare a chi soffre.
Renato Bottura, geriatra Mantova
ucipem.com/it/index.php?option=com_content&view=article&id=774:la-solitudine-dell-anziano&catid=10&Itemid=163
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VIOLENZA
Violenza sessuale: sussiste anche se la moglie accetta il rapporto
Corte di Cassazione, terza sezione penale, sentenza n. 17676. 29 aprile 2019
www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_34440_1.pdf
La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un ex marito condannato per i reati di maltrattamenti e violenza sessuale nei confronti della moglie. La Corte precisa infatti che in un clima familiare caratterizzato dalla prevaricazione del marito nei confronti della moglie non è pensabile che il consenso della donna ad avere rapporti sessuali sia frutto di una libera “autodeterminazione”. Ragione per la quale deve essere confermata la condanna per il reato di violenza sessuale.
La Corte d’appello conferma la sentenza di primo grado contenente la condanna dell’imputato per i reati di cui agli artt. 572 c.p. (maltrattamenti contro familiari o conviventi) e 609 bis (violenza sessuale) nei confronti della moglie convivente.
Ricorre in Cassazione il marito adducendo “l’illogicità della sentenza impugnata che dopo aver dato atto di un clima estremamente conflittuale all’interno della coppia, dovuto per lo più all’abuso di alcool da parte dell’imputato e a motivazioni di ordine economiche avendo costui perso il lavoro, conclude apoditticamente ritenendo sussistente il reato di maltrattamenti.” Per il marito, poiché il rapporto era estremamente conflittuale, tanto da addivenire a una separazione giudiziale, nessuna condotta di prevaricazione di fatto gli era attribuibile, né dal punto di vista della condotta che dell’elemento psicologico, non essendo affatto presente la volontà di umiliare consapevolmente la moglie.
Egli contesta altresì la condanna per violenza sessuale, stante l’assenza di consapevolezza del dissenso della moglie ad intrattenere con lui rapporti sessuali. L’ex marito rileva infatti la condotta ambigua della moglie, che mai ha dichiarato di aver subito violenze sessuali, ammettendo al contrario di essere stata accondiscendente alle sue richieste.
La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso dell’imputato. Per comprendere la motivazione del provvedimento relativamente al reato di violenza sessuale occorre premettere che, in relazione al reato di maltrattamenti gli Ermellini precisano che: “Non basta evocare il clima di aperta conflittualità all’interno della coppia per elidere la connotazione molesta e persecutoria della condotta tipica che presuppone una chiara prevaricazione posta in essere dall’aggressore nei confronti della vittima all’interno del consesso familiare, che proprio perché sistematica, da qui l’abitualità richiesta dalla norma incriminatrice, va a ledere l’integrità psichica, prima ancora che fisica, del soggetto passivo, traducendosi in un sistema di vita che, in ragione delle continue umiliazioni, violenze, atti offensivi della dignità e della libertà della persona e del clima di paura conseguentemente instauratosi, rende dolorosa la stessa relazione familiare.”
Stesse considerazioni per le contestazioni relative al reato di violenza sessuale. Per la Cassazione infatti il reato di violenza sessuale richiede la costrizione della vittima, che sussiste in presenza di qualsiasi forma di costringimento sia fisico che psichico capace d’incidere sull’altrui libertà di autodeterminarsi. Condotta che si configura anche attraverso l’intimidazione psicologica capace di provocare la coazione della vittima a subire atti sessuali, senza che rilevi il rapporto coniugale esistente con l’imputato. Questo perché all’interno di una relazione matrimoniale o di convivenza non è contemplato un diritto ad avere rapporti sessuali, né tanto meno la pretesa di imporlo o di esigerlo senza il consenso dell’altro.
Il concetto d’intimidazione rimanda a una compressione della volontà e della capacità di reazione della vittima. Nel caso di specie è irrilevante che la moglie acconsentisse ai rapporti sessuali con il marito. Il clima perdurante di sopraffazione dell’imputato sulla moglie infatti fanno ribadire alla Corte che “ai fini della configurabilità del reato di violenza sessuale, non ha valore scriminante il fatto che la donna non si opponga palesemente ai rapporti sessuali e li subisca quando è provato che l’autore, per le violenze e le minacce precedenti poste ripetutamente in essere nei confronti della vittima, aveva la consapevolezza del rifiuto implicito della stessa agli atti sessuali.
Annamaria Villafrate Studio Cataldi 1 maggio 2019
www.studiocataldi.it/articoli/34440-violenza-sessuale-sussiste-anche-se-la-moglie-accetta-il-rapporto.asp
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