NewsUCIPEM n. 740 – 10 febbraio 2019

NewsUCIPEM n. 740 – 10 febbraio 2019

Unione Consultori Italiani Prematrimoniali E Matrimoniali

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“Notiziario Ucipem” unica rivista ufficiale – registrata Tribunale Milano n. 116 del 25.2.1984

Supplemento on line. Direttore responsabile Maria Chiara Duranti. Direttore editoriale Giancarlo Marcone

News gratuite si propongono di riprendere dai media e inviare informazioni, di recente acquisizione, che siano d’interesse per gli operatori dei consultori familiari e quanti seguono nella società civile e nelle comunità ecclesiali le problematiche familiari e consultoriali.

Sono così strutturate:

ü  Notizie in breve per consulenti familiari, assistenti sociali, medici, legali, consulenti etici ed altri operatori, responsabili dell’Associazione o dell’Ente gestore con note della redazione {…ndr}.

ü  Link diretti e link per download a siti internet, per documentazione.

I testi, anche se il contenuto non è condiviso, vengono riprese nell’intento di offrire documenti ed opinioni di interesse consultoriale, che incidono sull’opinione pubblica.

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02 ABORTO VOLONTARIO                           Attacchi a chi aiuta la vita. Un pregiudizio vecchio e amaro.

02                                                                          Cosa consigliare a una donna dopo un aborto?

05 ADOZIONI                                                    La genitorialità non è un diritto, ma un dono.

05 ADOZIONE INTERNAZIONALE              ”Salviamo l’adozione. Basta con i pagamenti in contanti all’estero”

06 ASSEGNO DI SEPARAZIONE                  Più alto l’assegno a moglie e figli se muore il nonno.

07 CENTRO GIOVANI COPPIE                     Conferenze 2018-19 “Un progetto che si chiama desiderio”.

07 CENTRO INTERN. STUDI FAMIGLIA   Newsletter CISF – n. 6, 6 febbraio 2019.

09 CHIESA CATTOLICA                                  Sentieri interrotti e “dispositivo Ratzinger”: considerazioni.

11 CONFLITTUALITÀ                                      Libro spiega le “3 regole per litigare” ed essere una coppia felice.

12 CONSULENZA COPPIA E FAMIGLIA   Resocontidi Associazione Italiana Consulenti Coniugali e Familiari

12 CONSULTORI FAMILIARI                        Il consulente familiare nell’organico dei Consultori Socio-Educativi

13 CONSULTORI UCIPEM                            Mantova. Lions Club a fianco del Consultorio Ucipem.

14                                                       Padova. 4 iniziative per il 2019.

14                                                                          Pescara. CHOROS. Coppie che vivono la difficoltà di avere figli.

14                                                                          Roma 1 – via della Pigna 13°       Iniziative in corso.

14 DALLA NAVATA                                         5° Domenica del Tempo ordinarioAnno C – 10 febbraio 2019.

15                                                                          Rinunciare per il Signore significa fiorire riempie la vita

15 DIPARTIM. POLITICHE FAMIGLIA       Aumentano nell’UE i padri che usufruiscono del congedo paternità

16 EDUCAZIONE ALLA SESSUALITÀ         Educare alla sessualità, anche nella Chiesa.

16 ENTI TERZO SETTORE                               Ente del Terzo Settore nasce, o cambia statuto: il ruolo del notaio.

17 FAMIGLIA                                                    Cambia la composizione del nucleo familiare ai fini Isee.

18 FIDANZAMENTO                                       La promessa di matrimonio.

19 FIGLI                                                  Adolescenza e genitori separati.

21 FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI    Ancora emergenza-denatalità, mancano risposte politiche.

21                                                                          Riconoscere alle mamme un anno di contributi per ogni figlio.

22                                                                          Mamme lavoratrici e in affanno, nonni baluardo di welfare.

22 MATERNITÀ SURROGATA                     Utero in affitto: è legale in Italia?

24 PARLAMENTO                                            Senato della Repubblica–Commissione Giustizia–Affido dei minori.

24 PSICOLOGIA                                                               Cosa si può dire allo psicologo?

25 TRIBUNALI ECCLESIASTICI                     Inaugurazione degli anni giudiziari. Tribunale ecclesiastico siculo

27                                                                          Tribunale ecclesiastico regionale pugliese

27 VIOLENZA                                                    Famiglie ferite. Violenza assistita.

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ABORTO VOLONTARIO

Ostracismo e attacchi a chi aiuta la vita. Un pregiudizio vecchio e amaro

«Ha parlato male della legge 194\1978». Con questa accusa paradossale il presidente di Federvita Lombardia, Paolo Picco, non potrà partecipare stamattina al convegno sulle denatalità organizzato a Bergamo dal Consiglio delle donne, ente che fa riferimento al Comune. Mercoledì sera, in una riunione dal sapore di collettivo anni Settanta, le rappresentanti di questo consesso hanno votato sull’opportunità di concedere a Picco diritto di parola. Sedici no, quindici sì. D’un soffio han vinto le vetero-femministe. E quindi il Movimento per la vita dovrà tacere.

A questo punto anche il Cav del capoluogo bergamasco, tra l’altro uno degli organizzatori dell’evento, ha deciso di abbandonare la partita. Stamattina, si discutere quindi sul tema “Nascere a Bergamo“, ma l’associazione che con l’impegno dei suoi volontari ha permesso a 200mila bambini italiani di venire al mondo negli ultimi quarant’anni, non avrà l’opportunità di raccontare la propria esperienza. «Ha parlato male della 194». Non si tratta ora di entrare nel merito della colpa presunta di cui si sarebbe macchiato il presidente di Federvita Lombardia. Lui assicura di non aver mai espresso un giudizio pubblico sulla legge che 41 anni fa introdusse l’aborto. Ma se anche l’avesse fatto? La “194” non è un dogma di fede e neanche un principio costituzionale. E non sarebbe così stravagante che un volontario del Movimento per la vita, da trent’anni come Picco impegnato a dare una mano alle donne che, senza costrizione alcuna, cercano un modo per non spegnere la vita che hanno in grembo, valutasse criticamente una legge che non ha mai mantenuto quello che promette in positivo.

Su queste pagine abbiamo sottolineato centinaia e centinaia di volte come le garanzie sulla «procreazione cosciente e responsabile» e poi il riconoscimento del «valore sociale della maternità» siano rimasti vuoti enunciati del primo articolo della legge, mai accompagnati da interventi strutturali per sostenere davvero le donne intenzionate a non abortire ma, talvolta, indotte a farlo per disperazione, solitudine, ricatti, povertà economica e umana. Di quale terribile misfatto si macchiano i volontari che accolgono chi vive questo dramma straziante? Che ascoltano la disperazione di queste donne.

Che cercano di trovare soluzioni concrete per non aggiungere all’ingiustizia già grave della povertà e dell’abbandono, anche quella umanamente irrimediabile della soppressione di una vita innocente. Domanda che vorremmo girare anche ai consiglieri comunali di Modena, che l’altro ieri hanno bocciato una mozione che proponeva il sostegno alle associazioni che «aiutano le madri intenzionati a portare avanti la gravidanza».

E l’hanno fatto con il solito circo di proclami a difesa della 194, con striscioni inneggianti all’autodeterminazione della donna e con un farsesco accompagnamento di ragazze in costume rosso da ancelle della fiction ‘Handmaid’s tale’ [serie televisiva USA]. Come se la difesa della vita fosse scelta da esorcizzare con messinscena teatrale e non prassi almeno umanamente ragionevole, visto che evocare valori fondamentali potrebbe essere scambiato per ideologia oltranzista e intollerante.

Reazioni scomposte, richiami a presunti ‘diritti’ in pericolo, che si sono sollevati anche alcuni giorni fa a Milano, dove è stata oscurata una vela con parole di verità sull’aborto, e a Genova, dove in una mozione per la «salvaguardia della vita» presentata dalla maggioranza di centrodestra in Consiglio regionale, si è comunque infilato un emendamento per garantire «l’applicazione del principio di autodeterminazione della donna». Come se la possibilità di ‘autodeterminare’ il diritto di spegnere una vita fosse eticamente più significativo di chi, invece, intende ‘autodeterminare’ la volontà di mettere al mondo un bambino, anche in circostanze difficili e complicate, di abbandono e di marginalità.

Perché di questo si tratta. Se certe femministe fuori dalla storia e dalla realtà avessero la generosità di trascorrere qualche giorno in un Cav, vedrebbero che l’aborto non è mai gesto di liberazione da una soffocante oppressione sociale e antropologica, ma tragico esito di un percorso popolato soprattutto da donne povere, molto spesso immigrate, socialmente svantaggiate, svuotate di speranza e di risorse. Che umanità è quella di coloro che vogliono tacitare la voce di chi offre a queste persone conforto e aiuti?

Luciano Moia Avvenire 9 febbraio 2019

https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/un-pregiudizio-vecchio-e-amaro

 

Cosa consigliare a una donna dopo un aborto?

Associazioni no profit, psicologi, psicoterapeuti e ginecologi a confronto

per una sempre più mirata terapia del dolore materno post aborto.

Stanotte ho saputo che c’eri: una goccia di vita scappata dal nulla. […] sì c’eri. Esistevi. Mi si è fermato il cuore”. Questo l’incipit dell’ormai celebre “Lettera a un bambino mai nato” a firma di Oriana Fallaci. Un romanzo che, per ammissione della stessa autrice, si originò da una sorta di disobbedienza. Alla giornalista infatti sembra che non fosse stata commissionata un’opera biografica, quanto una vera e propria inchiesta su di un tema caldo ora come all’epoca in cui correvano gli anni ’70. Ma se l’esperienza vissuta dalla scrittrice si annovera tra i cosiddetti aborti spontanei, vale a dire tra le morti naturali dell’embrione o del feto prima che sia in grado di sopravvivere in modo autonomo, le interruzioni di gravidanza possono essere anche di carattere volontario, oltre che terapeutico. Una casistica dunque diversa quanto a fattori motivazionali, cause scatenanti e tempi di attuazione, ma con una sorta di K costante: l’evento morte. E se la fine vita avviene proprio all’interno del grembo materno deputato, per sua natura, a proteggere e a dare nutrimento, il “corto circuito” prima o poi è destinato ad accadere. Quasi scontato dire che il principale crocevia di tutto questo è la donna che quindi inevitabilmente nella fase post-abortiva si troverà, in un sol colpo, a fare i conti con la sua identità più intima legata alla sessualità, nonché alla maternità e moralità. Una triade di nodi esistenziali che forse non deve far sentire nessuno così sicuro di riuscire a rispondere alla domanda: cosa consigliare a una donna dopo l’aborto? Ed infatti è con un certo “timore reverenziale”, tanto per usare un’espressione cara al vocabolario giuridico, che approcceremo la questione che affianca la vicenda aborto alla vita della donna e non solo.

Normativa in materia di maternità e I.V.G. Forse non tutti hanno a mente che con il 22 maggio 2018 si è tagliato il “traguardo” dei quaranta anni dall’approvazione della L. n. 194\22 maggio 1978 [“Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”] che ha reso legale (non punibile a certe condizioni) l’interruzione volontaria della gravidanza con acronimo I.V.G., regolandone altresì gli svariati aspetti.

            Una normativa, per certi aspetti, fortemente voluta e anche molto controversa che ha dato risposte ad alcuni slogan di piazza sul genere di “L’utero è mio e me lo gestisco io”. Ma se l’evento, di per sé, non si presta a campanilismi di carattere geografico, ben altra cosa è quando si ha che fare con la legge. Infatti se in ambito U.E. la stragrande maggioranza degli stati si è nel tempo allineata alla posizione presa dalla Finlandia che per prima [L. 239 del 24.03.1970] ha riconosciuto la legalità delle pratiche abortive, sebbene a determinate e codificate condizioni, è pur vero che ciò non è vero ovunque.

            L’Irlanda ad esempio consente l’aborto solo in caso di pericolo per la vita della donna, mentre Malta ha opposto un deciso no alla legalizzazione dell’aborto. Infatti a Malta l’I.V.G. è vietata in ogni circostanza con pene per chi trasgredisce variabili da 18 mesi a 3 anni di carcere. Ma vi è di più, se ad infrangere la legge è il medico, si può arrivare fino ai 4 anni di carcere e all’ interdizione a vita dalla professione. Il che la dice lunga sull’estrema delicatezza della materia.

I.V.G. e aborto terapeutico: una diversità d’implicazioni per la donna. Seppur entrambi volontari, c’è una differenza sostanziale tra l’interruzione volontaria della gravidanza e l’aborto cosiddetto terapeutico o I.T.G. Se infatti la prima situazione ricade esclusivamente all’interno del primo trimestre di gravidanza, la seconda evenienza può verificarsi anche dopo i primi 90 giorni di gravidanza e solo in presenza di patologie gravi a tal punto da poter potenzialmente causare la morte della donna o anche patologie a carico suo o del nascituro (art.6, 7 L.194\1978). Con queste premesse, le diverse implicazioni che l’una e l’altra situazione possono comportare per la donna sono abbastanza intuitive.

            La decisione dell’aborto del primo trimestre ricade quasi esclusivamente sulla donna, anche se a tale riguardo non tutti sono poi così d’accordo, come si vedrà nei passaggi successivi, mentre la valutazione inerente all’aborto del secondo trimestre spetta agli specialisti del servizio ostetrico-ginecologico ospedaliero. Per cui i sensi di colpa e la vergogna che le donne dovranno fronteggiare nel caso dell’I.V.G. sono di una portata ben maggiore rispetto al caso dell’aborto terapeutico.

Il ruolo delle associazioni no profit e potere dell’ascolto. Stando alle confidenze raccolte dal personale che opera all’interno di associazioni no profit, sorte prevalentemente all’estero, per fornire supporto alle donne che hanno scelto di abortire, il punto di partenza è la capacità di ascoltare. Se infatti, come dice il detto, “tutti sentono, ma solo pochi sanno davvero ascoltare”, le operatrici di queste associazioni sono la “prova provata”, per usare una terminologia giuridica, che l’ascolto può fare la differenza, squarciando quel velo di silenzio misto a solitudine che avvolge le donne intenzionate a dare la morte al figlio che portano in grembo.

            “Molte di queste donne – è un’operatrice a dichiarare – vogliono parlare del bambino che hanno in grembo”. “Altre raccontano di come si prendano cura dei figli che già hanno, quasi ad assicurarsi di essere un buon genitore”. Dei veri e propri flussi di coscienza insomma che possono sgorgare prima dell’ingresso in sala operatoria o al termine della procedura abortiva, perché vale la pena rammentarlo, chi decide di ricorrere all’I.V.G. si trova spesso senza una rete di persone con cui condividere questo passaggio.

            Non è poi infrequente il caso in cui la decisione a cui la donna perviene è frutto anche di pressioni operate dal compagno di vita o dal gruppo familiare di appartenenza. Ma il fatto che alla base ci sia un atto di volontà della donna, fa sì che la stessa sia più in difficoltà nel confrontarsi apertamente, da qui l’importanza di poter contare su persone non direttamente coinvolte nel proprio vissuto.

Dare voce al dolore con la parola scritta e parlata. Una convinta supporter che si debba dar voce all’agonia psicologica conseguente all’aborto è la psicologa e psicoterapeuta statunitense Theresa Karminski Burke, autrice insieme a David C. Reardon del libro che in italiano suonerebbe come “Il dolore proibito: il dolore indicibile dell’aborto”. L’autrice è infatti dell’opinione che tanto la società, che i mezzi di comunicazione e gli stessi movimenti femminili, sottovalutino finanche ad ignorare o rifiutare il trauma spesso conseguente all’aborto. E’ sempre Burke a dichiarare in un’intervista [Aborto e depressione, in Zenit, 1.03.2006] come memorie e sentimenti connessi all’aborto possano restare in uno stato d’incubazione all’interno della donna per poi esplodere anche a distanza di anni.

            Non sono purtroppo infrequenti casi di stati depressivi, disturbi emotivi o comportamentali post aborto. Se a questo poi si aggiunge che l’aborto anche secondo Burke è spesso la scelta di qualche altra persona diversa dalla donna, il pressing da sostenere può davvero raggiungere livelli insostenibili di tristezza, angoscia, senso di colpa, vergogna e rabbia. Un “cocktail” davvero letale.

Il ruolo dei bimbi non nati all’interno delle “costellazioni familiari”. Restando sulla linea delle necessità di elaborazione dell’evento, un altro approccio che induce ad una profonda riflessione è quello prospettato da Bert Hellinger, psicologo e studioso di pedagogia, nonché “ideatore” delle cosiddette “costellazioni familiari”. Tale pratica affonda le sue radici all’interno della componente arcaica della struttura familiare. In estrema sintesi si può affermare che all’interno di qualsiasi sistema familiare esiste una sorta di coscienza del clan, per cui i torti fatti ai predecessori devono in qualche modo essere compensati dai successori in una sorta di ciclo dell’eterno ritorno. Per cui questa sorta di inconscio collettivo di tipo familistico non darà tregua fino a che non verrà dato all’escluso un posto e una memoria affettiva nel cuore.

            Non è infatti infrequente il caso che partecipando agli incontri, il cosiddetto “costellatore” inviti il componente familiare che si rivolge per un consulto a mettere in scena il nodo esistenziale che intende risolvere, servendosi dei componenti del gruppo che dovranno incarnare i vari componenti del clan e se alle spalle della donna ci sono stati episodi abortivi, quei bambini mai nati ritrovano un proprio spazio.

            Pertanto, si può dire che se da un punto di vista strettamente pragmatico per molti l’aborto può ridursi ad un mero sistema “anticoncezionale”, per chi si occupa di psiche la domanda centrale è se anche l’anima viaggi sulla medesima linea. A quanto sembra, la risposta non potrà che essere negativa.

E’ giusto consigliare una nuova gravidanza dopo un aborto spontaneo? Stando a chi si occupa di sostenere la donna nella fase di elaborazione del lutto nel post-aborto, la risposta non potrà che essere negativa. Se infatti più o meno tutti abbiamo almeno una volta sentito parlare della “sindrome del nido vuoto” nella quale incorre la madre quando i figli, ormai cresciuti, abbandonano il tetto familiare, lasciandolo appunto vuoto, forse non è così scontata la conoscenza della sindrome del grembo vuoto. Un malessere quest’ultimo che affonda le sue radici nell’amigdala, sede delle emozioni. Per cui lo stress che si origina nella madre per la perdita di un figlio sarebbe in grado, secondo gli studiosi del settore, di alterare i neurotrasmettitori al punto da far registrare alla donna un vuoto che dal suo corpo si estenderà alla mente e al cuore, quale centro emozionale. Con tali premesse, sembra quasi scontato asserire che la ricerca di una gravidanza subito dopo un aborto spontaneo, non sarebbe la via maestra da seguire, essendo necessario un periodo di tempo per elaborare la perdita subita. Di altro avviso invece i ginecologi, spesso allineati nel consigliare la donna, con abortività alle spalle, di concepire subito un altro figlio. Due pesi e due misure dunque!

L’I.V.G. può considerarsi una malattia? Da un punto di vista strettamente giuslavoristico, la risposta deve essere affermativa. Vale a dire che l’interruzione di gravidanza durante i primi 180 giorni di gestazione va considerata come malattia determinata dalla gravidanza stessa. A chiarirlo è stato il Ministero del lavoro con un apposito interpello del 2008 (n. 32\19.08.2008) da parte del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro. Quanto poi all’onere della prova della cosiddetta “morbosità determinata da gravidanza “, deve ritenersi non necessaria l’esibizione al datore di lavoro di un certificato rilasciato da un medico specialista del servizio sanitario nazionale, essendo invece più che sufficiente un certificato rilasciato da un medico di base convenzionato.

Maria Teresa Biscarini                            La Legge per tutti           6 febbraio 2019

www.laleggepertutti.it/268953_cosa-consigliare-a-una-donna-dopo-un-aborto

ADOZIONI

“La genitorialità non è un diritto, ma un dono”.

La condanna delle associazioni campane alle politiche regionali sulla fecondazione assistita.

In una nota stampa si racchiude la protesta contro il governatore campano Vincenzo De Luca e la sua scelta di allocare risorse economiche pubbliche per finanziare fecondazione assistita eterologa e diagnosi generica prima dell’impianto

            Fecondazione. Quella artificiale porta 8 coppie su 10 a una cocente delusione. Il Movimento per la vita regione Campania, l’Associazione Progetto Famiglia, Ai.Bi Amici dei Bambini, MCL regione Campania, ACLI Campania, La Svolta Onlus, L’ Accademia della FAmiglia e il Forum delle Associazioni Familiari della Campania esprimono con fermezza la propria contrarietà per la decisione del governatore De Luca di allocare le già ridotte risorse economiche pubbliche per finanziare la fecondazione assistita eterologa e la diagnosi genetica dell’embrione prima dell’impianto.

            Tali tecniche risultano inaccettabili dal punto di vista etico perché ledono la dignità della donna e il diritto alla vita degli embrioni. Va fortemente condannata la selezione degli embrioni prima dell’impianto perché consiste in una deriva di carattere eugenetico che porta verso la selezione di una “persona perfetta” come ci ricordano gravi vicende della storia recente. La sanità in Campania vive mille difficoltà di vario genere con liste di attesa abnormi per l’accesso ai servizi di riabilitazione fisica e psicologica, per la mancanza di personale e di attrezzature adeguate e merita una visione complessiva sensibile alle priorità e ai valori etici.

            La paternità e la maternità non possono essere considerati un diritto ma un dono che può essere rappresentato dalla adozione o dall’affido delle migliaia di bambini abbandonati e adottabili. Nel mondo vi sono circa 140 milioni di bambini che aspettano una famiglia, e anche in Italia ci sono tanti minori fuori famiglia che si trovano in strutture di accoglienza, mentre potrebbero essere accolti in famiglie con il sostegno alle politiche dell’affido e dell’adozione.

            Ci auguriamo che ci sia un cambio di rotta incentivando economicamente ed organizzativamente l’istituzione dell’affido e delle adozioni. Ci appelliamo anche ai Consiglieri regionali per imprimere un’azione politica e sociale affinché questa norma venga rivista nell’ambito più ampio delle attività in favore delle famiglie e delle coppie senza figli.

News Ai. Bi. 6 febbraio 2019

www.aibi.it/ita/la-condanna-delle-associazioni-campane-alle-politiche-regionali-sulla-fecondazione-assistita

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ADOZIONI INTERNAZIONALI

Griffini (Ai.Bi.) ” Salviamo l’adozione. Basta con i pagamenti in contanti all’estero”

Marco Griffini (Ai.Bi.) “La piaga delle adozioni internazionali sono i pagamenti non trasparenti: perché alcuni enti costringono le coppie a pagare in contanti all’estero i propri referenti? “

Luca Chiaramella (Polaris) “Molte coppie sono costrette a partire con migliaia di euro infilati nelle mutande e nei calzini, da rifilare sul posto a consulenti e avvocati”

            “In Italia ci sono oltre 3700 famiglie in attesa di un bimbo dall’estero. Ma i costi per portarli a casa continuano a crescere. Per diventare genitori si possono arrivare a spendere 25-30 mila euro. Senza contare costi lunghissimi, l’assenza dei controlli e l’indifferenza della politica. Così avere un figlio è ormai un lusso per pochi.”

            Continua il dibattito sui piccoli numeri dell’adozione internazionale con il contributo di Panorama oggi (6 febbraio 2019) in edicola con la copertina “Il commercio delle adozioni” e l’approfondimento di Antonio Rossitto “Il business dell’adozione”.

            Monya Ferritti, Presidente del Coordinamento CARE e commissario CAI, rilancia l’urgenza di un sostegno economico per le famiglie adottive “L’adozione è diventata sempre più una cosa da ricchi. Dieci anni fa, negli stessi Paesi, si spendeva molto meno. E’ intollerabile che lo Stato non sostenga economicamente le famiglie. Chi ha reddito medio è costretto a enormi sacrifici. Oppure a rinunciare. Il sistema va completamente rivisto. A partire dal contratto firmato con l’ente che può sempre nascondere delle gabole. Un tema delicatissimo come questo non deve essere materia di codice civile”.

C’è molta sfiducia” – denuncia Luca Chiaramella, presidente dell’associazione familiare Polaris – “Oltre ai tempi d’attesa medi di tre anni, un’adozione ormai costa dai 20 mila ai 40 mila euro. E in molti casi le spese sono fumose. Molti sono costretti a partire con migliaia di euro infilati nelle mutande e nei calzini, da rifilare sul posto a consulenti e avvocati. Chi gli garantisce, poi, che i soldi non saranno usati per corrompere un giudice o un funzionario?”

            D’altra parte l’erogazione dei denari solo in modo tracciabile ed esclusivamente in Italia, anche per la parte riguardante l’estero, sono espressamente previsti nel testo dell’articolo 18 delle Linee Guida CAI come ricorda Marco Griffini, presidente di Ai.Bi.

            “E dove entrano in gioco i contanti, tutto è possibile: dalla corruzione al riciclaggio. Ma ci sono le linee guida della commissione: i pagamenti devono essere trasparenti e tracciabili. E devono trovare riscontro nei bilanci degli enti autorizzati, meglio se certificati da una società di revisione. Il settore delle adozioni internazionali esige controlli: continui e diffusi.” Solo sradicando definitivamente dal panorama dell’adozione internazionale in Italia il ‘tarlo’ dei pagamenti in contanti e, sovente, anche in nero si restituirà credibilità all’adozione internazionale e fiducia alle famiglie che vorrebbero scegliere l’adozione internazionale, ma finora sono rimaste ferme proprio per queste ‘voci’.

            Con il nuovo corso della CAI, sotto la gestione di Laura Laera, l’aspettativa di una stagione nuova anche sotto questo punto di vista è, ormai, molto più che una speranza: è l’ancora di salvezza delle adozioni internazionali possibile solo se ci sarà un concreto e indispensabile impegno della politica, delle istituzioni e degli enti adottivi che svolgono il delicato, complesso e necessario compito di mediatori e facilitatori verso l’incontro con il proprio figlio, come previsto per legge.

News Ai Bi.     6 febbraio 2019

www.aibi.it/ita/adozioni-internazionali-griffini-basta-pagamenti-in-contanti-allestero/

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ASSEGNO DI SEPARAZIONE

Più alto l’assegno a moglie e figli se muore il nonno

Corte di cassazione, sesta Sezione civile, ordinanza n. 3206, 4 febbraio 2019

www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_33457_1.pdf

Per la Cassazione, la morte sopravvenuta del padre della ex moglie giustifica l’aumento dell’assegno a carico dell’ex marito considerato l’aiuto economico elargito dal de cuius.

Con l’ordinanza n. 3206 la Cassazione ha respinto il ricorso di un ex marito, finalizzato a ottenere la diminuzione dell’assegno di mantenimento in favore della figlia e della ex moglie. Alla donna, una cinquantenne laureata, ma priva di ogni esperienza lavorativa alle spalle, è venuto a mancare il forte sostegno economico del padre, morto dopo la separazione.

Ragion per cui spetta al marito incrementare la misura dell’assegno per la moglie e per la figlia, nel frattempo dodicenne e con mutate esigenze di vita.

Una signora ricorreva in Tribunale per ottenere la modifica delle condizioni della separazione. Il tribunale accoglieva il ricorso disponendo, tra l’altro, l’obbligo a carico del marito di versare un assegno di mantenimento di 2.000 euro: 1.200 per la figlia e 800 per la ex moglie, oltre al 70% delle spese straordinarie per la minore.

            Proponeva appello il soccombente chiedendo, tra le altre cose, la revoca dell’assegno di mantenimento in favore della moglie e il ricalcolo dello stesso in favore della figlia nella misura di 300 euro più spese straordinarie.

            La Corte rigettava il ricorso visto che la morte del padre della donna aveva “determinato un rilevante mutamento delle sue condizioni economiche facendo venir meno il consistente aiuto economico in favore della figlia e della nipote, aiuto che aveva consentito sino ad allora alla donna di integrare il modesto importo dell’assegno previsto dalla separazione consensuale”.

La Corte infatti rilevava che, nonostante una laurea e 50 anni d’età ella non avesse alle spalle alcuna esperienza lavorativa. Riteneva inoltre non provata la circostanza dell’acquisto in corso di causa di un immobile e l’instaurazione di una stabile convivenza con un altro uomo. Valutata l’età della minore inoltre, il giudice di secondo grado riteneva legittima la richiesta di maggiori risorse economiche per la dodicenne.

            Ricorreva in Cassazione il marito e padre in quanto la corte “avrebbe errato nel ritenere la morte del padre un mutamento di fatto tale da giustificare un mutamento delle condizioni economiche concordate in sede di separazione consensuale trattandosi di un evento non eccezionale né imprevedibile.” La morte del nonno successiva alla separazione giustifica l’aumento del mantenimento

            La Cassazione ha ritenuto infondato il motivo del ricorso avanzato, ritenendo la morte del padre della ex moglie un elemento sopravvenuto rilevante ai fini della modifica dell’assegno di mantenimento in favore suo e della figlia minore. La morte infatti, circostanza sopravvenuta alla separazione, non era all’epoca prevedibile, tanto che non era stata oggetto di valutazione in quella sede.

Annamaria Villafrate            Studio Cataldi            5 febbraio 2019

www.studiocataldi.it/articoli/33457-separazione-piu-alto-l-assegno-a-moglie-e-figli-se-muore-il-nonno.asp

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CENTRO GIOVANI COPPIE

Conferenze 2018-19 “Un progetto che si chiama desiderio”

All’interno del ciclo, avrà luogo la Conferenza del 21 febbraio 2019 “Ti amo, ma non ti desidero. Sesso e passione nella coppia”          

È sempre vero che nel corso del matrimonio la curva della tensione erotica subisca un costante e progressivo decremento? Cosa tiene viva la passione e il desiderio nelle coppie di lunga durata?

Durante la serata verranno approfondite questioni riguardanti la comunicazione sessuale nella coppia, con riferimento al tema della patologia del desiderio. In un mondo in cui le proibizioni e i tabù sessuali sono sempre meno opprimenti, succede spesso che le coppie avrebbero la possibilità fisica e l’autorizzazione sociale a vivere la loro sessualità, ma siano bloccate da un’assenza quasi totale di desiderio. Succede che le richieste sessuali molte volte non vengono affrontate in modo sereno, ma si perdono in un silenzio di timida vergogna che porta i partner a nascondere le proprie aspettative per conformarsi al modo di vedere la sessualità dell’altro. La strada per far tenere viva una sessualità appagante nelle coppie è, all’opposto, quella del confronto e della differenziazione.

Relatrice: Teresa Arcelloni, psichiatra, psicoterapeuta, in modo particolare nella pratica sistemica della terapia di coppia. Responsabile del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura di Piacenza.

Giovedì 21 febbraio 2019 – ore 21 Piazza San Fedele, 4 – Milano Sala Ricci

 

Registrazione delle conferenze 2018-2019

Tempi affollati. Io, tu, la felicità       .                                   Franco Riva – filosofo

Desiderio di vita, progetto di coppia, sogno di Dio              Ina Siviglia – teologa

Analfabeti emotivi? Dare nome alle emozioni         Relatore:        Dante Ghezzi – psicologo psicoterapeuta

Non ti amo più. Che vuoi dire?                                            Silvano Petrosino – filosofo

www.centrogiovanicoppiesanfedele.it/category/registrazioni/conferenze-2018-2019

www.centrogiovanicoppiesanfedele.it

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CENTRO INTERNAZIONALE STUDI FAMIGLIA

                                                Newsletter CISF – n. 5, 06 febbraio 2019

“Mary did you know...” (Maria, lo sapevi…). Splendido video animato (quattro minuti), che rende con grande poesia le emozioni di una commovente canzone sulla grande storia di Maria (Mary), che accompagna la vita di Gesù non perché “sa” quello che succede, ma perché ha detto, da madre, un “sì” di totale affidamento.                  newsletter.sanpaolodigital.it/cisf/febbraio2019/5109/index.html

v  Musiche, parole e immagini che parlano direttamente al cuore, nella meraviglia di ogni maternità. “Mary did you know that your baby boy would one day walk on water?/Maria, lo sapevi che un giorno il tuo Bambino avrebbe camminato sull’acqua?”

http://newsletter.sanpaolodigital.it/cisf/attachments/newscisf0519_allegato1.pdf

Roma, 15-17 novembre 2019. 65a Conferenza Internazionale ICCFR. [Commissione internazionale sulle relazioni familiari e coppia].

https://translate.google.com/translate?hl=it&sl=en&u=https://iccfr.org/&prev=search

Famiglie e minori rifugiati e migranti. Proteggere la vita familiare nelle difficoltà (Refugee and migrant children and families. Preserving family life through hard challenges). In collaborazione con il CISF. “Accogliere, integrare e garantire un aiuto sociale ed economico ai rifugiati e ai migranti che fuggono da guerre, carestie o povertà, all’interno del proprio Paese o in un Paese straniero costituisce oggi una sfida pressante in ogni parte del mondo […] La Conferenza vedrà l’intervento di relatori esperti, provenienti da diverse parti del mondo, affiancati da una serie di workshop che permetteranno ai partecipanti di condividere le proprie esperienze e apprendere nuove competenze. Per questo, l’ICCFR desidera entrare in relazione con studenti, docenti ed operatori che conoscono i diversi risvolti del tema proposto, chiedendo loro – se interessati – di inviare una proposta di workshop. La proposta di workshop deve essere inviata con un abstract di non più di 200 parole che descriva sinteticamente la tematica che si intende presentare, corredata da un breve curriculum vitae del relatore/relatori e dagli estremi per essere contattati […]”. La proposta di workshop dovrà essere inviata via mail all’indirizzo opencall@iccfr.org entro il 30 giugno 2019.

https://iccfr.org/iccfr-conference-2019-in-rome-italy-migrant-families-and-children/call-presenters-rome

Educazione digitale: corso on line

[https://agensir.it/chiesa/2019/01/30/educazione-digitale-primo-corso-mooc-della-cei-con-luniversita-cattolica-novita-in-sinergia-anche-con-tv2000

Il Cisf ha collaborato (con la stesura di una scheda tematica su “Relazioni familiari e reti digitali”, il tema del Rapporto Cisf 2017) alla preparazione del primo corso “MOOC” (Massive Open Online Course) sull’educazione digitale.

www.sanpaolostore.it/relazioni-familiari-nell-era-delle-reti-digitali-nuovo-rapporto-cisf-2017-9788892213289.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_06_02_2019&Referral=sito_cisf

Il corso online è gratuito e aperto a tutti, composto da 6 moduli rilasciati in 6 settimane (sul canale dell’Università Cattolica nella piattaforma Open Education), da lunedì 28 gennaio. Il corso è realizzato anche in collaborazione con TV200, che dedica, da venerdì 1 febbraio, sei puntate speciali di Attenti al lupo dedicate all’educazione digitale. Il corso MOOC e le sei puntate sono realizzate in collaborazione con l’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Conferenza Episcopale Italiana e l’Università Cattolica del Sacro Cuore.

www.youtube.com/watch?v=2YDPN0bHTyY&index=4&list=PL6AqvbxnE8H7j0YtErv4YohCRy2jTgn1Y

v  Il 5 febbraio è stato celebrato il Safer Internet Day, appuntamento che nel nostro Paese è occasione per lanciare un giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo (la seconda), denominata “Il Nodo Blu – le scuole unite contro il bullismo”.    www.generazioniconnesse.it/site/it/safer-internet-day

Francia: robot umanoidi nelle case di riposo per anziani. Il gruppo francese “Maison de la famille”, che gestisce 16 residenze per anziani non-autosufficienti, ha deciso di installare in ciascuna di esse un robot, per favorire l’interazione con i suoi ospiti. Il robot, chiamato Zora, ha sembianze umanoidi, e dovrebbe servire per attività di ginnastica dolce, canto, danza. Entusiasta la direttrice di “Maison de la famille”, Delphine Mainguy: «All’inizio, ero dubbiosa, poi ho visto una dimostrazione, e ho visto questo robot entrare immediatamente in relazione con persone anziane molto chiuse in se stesse». Ma, secondo alcuni, si potrebbero profilare dei problemi etici: entrare in relazione con qualcuno significa sviluppare empatia, attaccamento, tenerezza, e attendersi una risposta dello stesso ordine. Cosa che una macchina non potrà mai fare.

www.la-croix.com/JournalV2/Ehpad-humanoides-soulevent-debat-ethique-2019-02-01-1100999447

v  Di questo tema, e del più ampio nodo delle implicazioni etiche della diffusione della robotica nei vari ambiti di vita, si occuperà il workshop promosso dalla Pontificia Accademia della Vita, previsto il 25-26 febbraio 2019 a Roma, su “Roboetica. Persone, macchine e salute” (Roboethics. Persons, machines and health)        www.academyforlife.va/content/dam/pav/documenti%20pdf/2019/Program%20def.pdf

Unione Europea. Uno sguardo in avanti. Mutamento tecnologico e sociale nelle vite dei bambini e dei giovani europei (Looking forward: Technological and social change in the lives of European children and young people). Rapporto di ricerca

www.coface-eu.org/wp-content/uploads/2019/01/ICT-REPORT_2018_WEB.pdf

      Il Rapporto è realizzato da un’équipe coordinata dalla London School of Economics (LSE) per conto della European ICT Coalition for Children Online, un’organizzazione che raccoglie una serie di grandi società sul web (dai grandi gestori di social network fino alla BBC…), con l’obiettivo di rendere più facile e più diffuso l’uso delle tecnologie on line per le nuove generazioni. “[…] concentrandosi su uno scenario a tre-cinque anni agli esperti è stato chiesto di riflettere sul modo in cui le tecnologie digitali potranno impattare su bambini e famiglie, e sul ruolo che potranno giocare i sistemi educativi e l’industria per promuovere un cambiamento positivo” (Dalla prefazione del rapporto di ricerca).                                                                           www.ictcoalition.eu

La robotica è tra noi. Interessante articolo di Michela Trigari sulle molteplici opportunità che le nuove tecnologie possono offrire alle persone con disabilità e a chi li assiste, dalla robotica alla realtà virtuale, dalla telemedicina domiciliare alle ICT in senso lato – Disabile INAIL, luglio 2018, pp. 8-15

www.superabile.it/rivista-web/index?anno=2018&mese=07&pa

Nuove forme di azione volontaria da parte di persone anziane – e non solo… Kaumatua è una nuova piattaforma mediatica che da una parte raccoglie le domande di chi cerca aiuto, specificandone in dettaglio origine, motivi, tempi e modalità nei quali si articola il servizio richiesto, e dall’altra raccoglie l’iscrizione dell’anziano volontario che può ricercare, sfogliando il calendario pubblicato sul sito, le attività proposte; per facilitare la ricerca è possibile selezionarle per tipologia, fascia oraria, destinatari, ecc. utilizzando filtri specifici a disposizione.                                               www.kaumatua.org

Dalle case editrici

  • Effatà Ed., Come sigillo sul cuore. Ritrovarsi nel Sacramento del Matrimonio, Franco Salvatore.
  • FrancoAngeli, Quando un figlio si ammala. Momcilo Jankovic e una filosofia di cura per bambini e adolescenti, Scaccabarozzi Paola
  • Herbita Editrice, Ti racconto l’amore. Dialogo fra un prete e una psicologa, Mannelli Giusi, Ribaudo Giacomo
  • Cristini Carlo, Arrigoni Fabrizio, Fumagalli Marco, La qualità della comunicazione. Alla scoperta dell’anziano in difficoltà, Maggioli, Santarcangelo di Romagna (RN), 2018, pp. 168, € 20,00.

[…] il volume intende mettere al centro dell’attenzione la domanda: quale idea abbiamo della vecchiaia, della disabilità, della demenza? Questo nella convinzione che ciò che realmente pensiamo dell’età senile – e non solamente ciò che ammettiamo di pensare – influenza la nostra interazione con gli anziani, sani e malati, autosufficienti o disabili. Si può infatti imparare a comunicare in un modo più appropriato con le persone anziane in difficoltà, partendo dal riconoscere il proprio modo di comunicare, anche quello non verbale, e predisponendosi, se necessario, a modificarlo. Scopo del volume è quindi quello di mostrare come si possono apprendere il più correttamente possibile modalità relazionali e comunicative con le persone anziane che presentano problemi mentali e comportamentali […]

http://newsletter.sanpaolodigital.it/cisf/attachments/newscisf0519_allegatolibri.pdf

Save the date

  • Nord: Lavoro, lavoratori e lavoratrici ”smart”: una ricerca accademica ed evidenze aziendali, incontro di presentazione del quaderno della Fondazione Marco Vigorelli sullo smart working, Milano, 19 febbraio 2019.

www.marcovigorelli.org/wp-content/uploads/2018/12/locandina_BASSA_RISOLUZIONE.pdf

  • Nord: Vento del Cambiamento: L’Europa e il Movimento Globale Pro-Family, 13.o Congresso Mondiale delle famiglie, promosso da IOF (International Organization for the Family), Verona, 29-31 marzo 2019.                                                                     www.wcfverona.org/it/?mc_cid=3225a609aa
  • Centro: Cosa c’entra Dio con noi due? Incontro per coppie/sposi con “5pani2pesci”, promosso dal Servizio di Pastorale familiare diocesano, Rieti, 10 febbraio 2019.

www.chiesadirieti.it/wp-content/uploads/2019/02/10.02.2019-PF-Cosa-centra-Dio-con-noi-due-Locandina.pdf

  • Centro: Nati altrove, Convegno internazionale promosso dalla Fondazione Roma Sapienza – Giuseppe Ungaretti, Facoltà di Lettere e Filosofia, Roma, 6 febbraio 2019.

www.lettere.uniroma1.it/sites/default/files/Programma%20stampato.pdf

  • Sud: Discalculia: una sfida didattica possibile, convegno promosso da Accademia di Belle Arti di Napoli, Associazione D.S.A.-Dislessia un limite da superare e Mathesis (Società Italiana di Scienze matematiche e fisiche, soggetto qualificato per la formazione del personale della scuola), Napoli, 8-9 febbraio 2019.

www.mathesisnazionale.it/wp-content/uploads/2019/01/LOCANDINA_CONVEGNO_DISCALCULIA.pdf

  • Estero: Enfant en situation de précarité (Infanzia in condizioni di precarietà), incontro promosso dall’Istituto di Scienze della Famiglia dell’università Cattolica di Lione, Lione,26 marzo 2019.

www.ucly.fr/agenda-de-l-ucly/enfant-en-situation-de-precarite-214116.kjsp?RH=1438258331982

  • Estero: The Value of Unpaid Care and Domestic Work. Is Target 5.4 a Utopia?, incontro promosso da IFFD (International Federation for Family Development) presso le Nazioni Unite in collaborazione con diversi altri soggetti internazionali, con consegna del premio IFFD Family Awards, New York, 12 febbraio 2018.                                                                  www.familyperspective.org/act/act-0047-en.php

Iscrizione alla newsletter  http://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/newsletter-cisf.aspx

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CHIESA CATTOLICA

Sentieri interrotti e “dispositivo Ratzinger”: considerazioni sulle orme di M. Neri e R. Ferrone

A pochi giorni di distanza uno dall’altro, due articoli rispettivamente di Marcello Neri sulla rivista italiana SettimanaNews (www.settimananews.it/chiesa/chiesa-cattolica-sentieri-interrotti) e di Rita Ferrone sul blog americano PrayTell (www.praytellblog.com/index.php/2019/01/16/the-future-of-women-deacons-a-report-on-the-symposium/) sono intervenuti su questioni generali e particolari con una diagnosi molto simile. Discutendo sui “sentieri interrotti” della Chiesa contemporanea e sulle questioni intorno al “diaconato femminile”, questi due teologi elaborano una serie di riflessioni di grande interesse. Vorrei provare a mettere in luce alcuni aspetti di questi due testi, mettendoli in relazione con una “dinamica magisteriale” dalla quale dobbiamo tentare di uscire e che ho chiamato, in un mio precedente post, “dispositivo Ratzinger”. Ma inizio con il presentare brevemente i due ragionamenti. Poi li confronto con lo “stile magisteriale” degli ultimi 40 anni, per trarne infine alcune conclusioni intorno all’attuale condizione teologica e magisteriale.

  1. M. Neri e le occasioni perdute. L’analisi proposta dall’autore sulla crisi teologica della Chiesa cattolica può apparire molto, persino troppo severa. Egli tuttavia ha buon gioco nel riconoscere tutto ciò che la Chiesa avrebbe potuto essere, e non è stata. Ciò accade, oggi, quando leggiamo di rivalutazioni della “teologia della liberazione” o di riabilitazioni di teologi come Drewermann. Queste riabilitazioni tardive, rilette 30 anni dopo, esigono una diagnosi chiara: abbiamo buttato via possibilità di Chiesa che oggi diventano molto difficili, per non dire impossibili. Con la presunzione di un “sapere superiore” abbiamo tagliato il ramo su cui tutti sedevamo. Di qui l’istanza verso una grande riconciliazione, che sappia tener insieme ciò che invece, in questi ultimi 40, abbiamo facilmente contrapposto ed escluso. Aver fatto morire pezzi di Chiesa possibile rende oggi tutti responsabili di una minore libertà e di un impaccio maggiore, di fronte alla freschezza con cui lo Spirito soffia e dovrebbe essere ascoltato e corrisposto.
  2. R. Ferrone e le nuove possibilità. In un semplice resoconto di un Simposio tenuto negli USA e dedicato al “diaconato femminile”, R. Ferrone ricorda due elementi importanti, che possono integrare il testo di M. Neri. Entrambe vengono dall’intervento che P. Pottier, uno dei componenti della Commissione papale di studio sul diaconato femminile, ha svolto nel corso del Simposio. Da un lato egli ha ricordato che alle tre richieste dell’episcopato tedesco a papa Giovanni Paolo II per il diaconato femminile, si rispose drasticamente (ma evasivamente) ribadendo semplicemente che le donne “non potevano essere ordinate preti”; d’altra parte lo stesso Pottier proponeva una rilettura del rapporto tra “maschile e femminile” nell’ambito del ministero ecclesiale, basato non sul principio di “complementarietà”, ma su quello della “promozione”: il rapporto tra maschile e femminile non funziona sulla base delle “reciproche lacune”, bensì piuttosto sul potenziamento delle caratteristiche di ciascuno attraverso la presenza e la azione dell’altro.
  3. Il “dispositivo Ratzinger” come criterio di interpretazione. Ciò che entrambi gli autori segnalano, per quanto in ambiti disciplinari e in culture ecclesiali assai diverse, costituisce un problema comune alla Chiesa universale. Esso discende, io credo, da una semplificazione indebita del rapporto con la storia e da un irrigidimento dottrinale del rapporto con la pastorale. La radice di questo atteggiamento consiste in una “strategia” che J. Ratzinger ha introdotto nella Congregazione per la Dottrina della fede, a partire dagli anni ’80. Esso comporta una riduzione della autorità alla “rinuncia alla autorità”.  Si tratta di un luogo comune molto affascinante, che assume talvolta una notevole rilevanza nella esperienza ecclesiale e che il magistero può e deve utilizzare in passaggi complessi. Si traduce, formalmente, in una dichiarazione di “non possumus”, dalla quale deriva, però, non una perdita di potere, bensì una vera “blindatura” del potere.

Poiché ho già presentato in un post precedente questo modello di magistero (www.cittadellaeditrice.com/munera/il-dispositivo-ratzinger-una-delle-radici-dellattuale-paralisi-ecclesiale),

 mi limito qui a richiamarne il centro vitale in pochi punti qualificanti. Vorrei identificare con maggior chiarezza il cuore di tale argomentazione in un ragionamento artificioso – che per certi versi appare come una sorta di “sofisma” – e che non è difficile attribuire a J. Ratzinger, in una parabola temporale di almeno 35 anni, che va dal 1977 al 2013. Si tratta di un “dispositivo teorico” che realizza, mediante una indiscutibile finezza retorica, un risultato prestabilito: bloccare ogni cambiamento e far prevale, affettivamente prima che concettualmente, un primato dell’antico sul moderno. E’ un “dispositivo di blocco”, che blocca affettivamente, “per attaccamento”, ogni progetto di riforma. Eccone le caratteristiche:

  1. L’apporto di questo “modello di pensiero” è assai significativo poiché riguarda prima il Ratzinger Arcivescovo, poi il Ratzinger Prefetto e infine il Ratzinger papa: è cioè il frutto non del “primo Ratzinger”, libero da impegni pastorali, ma del “secondo e ultimo Ratzinger”, impegnato con responsabilità crescenti a livello diocesano e poi, ben presto, di Chiesa universale.
  2. Il cuore della argomentazione è il frutto non soltanto di una indiscutibile competenza teologica, ma anche della abdicazione alla ragione, in una forma piuttosto marcata, per dar spazio ad un “affetto”, o, ancora meglio, ad un “attachement”, ad una “attaccamento” irrinunciabile e assunto come auctoritas indiscutibile: la ratio cede ad una auctoritas affettivamente sovradeterminata, e per questo incontrollabile.
  3. Per tale motivo oso attribuire al ragionamento la qualificazione di “dispositivo”: esso non spiega razionalmente, ma avvalora retoricamente e impone giuridicamente una soluzione che non ha solide basi se non in un affetto. Ciò determina l’effetto di far “evaporare” ogni legittima istanza di cambiamento, che trasforma immediatamente, e direi quasi forzosamente, in una contraddizione con gli affetti più cari e perciò in una negazione e in una minaccia della tradizione.
  4. Funziona, infine o forse anzitutto, da supporto teorico perfetto, quasi da assioma indiscutibile, per affermare un assetto resistente e immobile della Chiesa, di fronte ad un mondo minaccioso ed infido, al quale la Chiesa non deve piegarsi. Recuperando temi e motivi dell’antimodernismo di un secolo prima, il “dispositivo” opera perfettamente da “blocco” contro il disegno riformatore del Concilio Vaticano II, percepito sempre meno come risorsa e sempre più come “deriva”.
  5. La traduzione della tradizione di papa Francesco. Se la Chiesa pensa che l’unico modo di essere fedele al Vangelo sia continuare in tutto e per tutto come prima – sia dottrinalmente sia disciplinarmente – si convincerà subito di dover restare assolutamente immobile per essere pienamente se stessa. Farà dell’immobilismo la sua ossessione. A questa tentazione Francesco ha voluto rispondere con una parola profetica, ripresa letteralmente dal Concilio Vaticano II, che vuole anzitutto persuadere la Chiesa e il mondo di due cose:
  • Che la fedeltà è mediata dal movimento, dalla conversione, dall’uscire per strada, non dalla stasi, dalla paura e dal chiudersi tra le mura;
  • Che per muoversi occorre riconoscersi la autorità di stare nella storia della Chiesa e della salvezza in modo partecipe e attivo, non come spettatori muti e passivi o come semplici “notai”.

Tale considerazione trova più di una resistenza non soltanto nella inevitabile inerzia del modello da superare, ma anche in alcuni “luoghi comuni”, autorevolmente sostenuti.  Questo è uno dei punti chiave del “magistero negativo”, che la tradizione antica, medievale e moderna ha coltivato con attenzione e con cura. Si tratta, in ultima analisi, di una “autolimitazione del magistero”. Ma tale autolimitazione, che di per sé è a garanzia di “altro”, e che dunque dovrebbe arginare e ostacolare le forme della autoreferenzialità ecclesiale, è entrata con grande forza nella esperienza ecclesiale degli ultimi decenni, in particolare a partire dalla fine degli anni 70. E ha progressivamente escluso possibilità ecclesiali e semplificato o rimosso le questioni. Accettare che la storia abbia qualcosa da insegnare: questa è la speranza del Concilio Vaticano II. Nel disperare della storia è la tentazione più insidiosa del “dispositivo-Ratzinger”, che ancora pesa non poco sia sul nostro modo di considerare le questioni, sia sul nostro rifiuto di riconoscerci una vera autorità per decidere responsabilmente di esse.

Andrea Grillo blog: Come se non                 2 febbraio 2019

www.cittadellaeditrice.com/munera/sentieri-interrotti-e-dispositivo-ratzinger-considerazioni-sulle-orme-di-m-neri-e-r-ferrone

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CONFLITTUALITÀ

Un libro spiega le “3 regole per litigare” ed essere “una coppia felice”

Anche il litigio e il confronto può favorire la crescita di un rapporto. A patto che si abbiano gli strumenti adatti a gestire il conflitto. È quanto spiega il veronese Marco Scarmagnani nel suo nuovo libro dal titolo “3 regole per litigare”, che esce in libreria in questi giorni, alla vigilia della festa di san Valentino.

“Il conflitto è l’effetto di un disagio, non la sua causa – spiega Scarmagnani, che da anni è consulente familiare -. Cioè non siamo a disagio perché litighiamo, ma litighiamo perché siamo a disagio e non troviamo altro di meglio da fare”.

Che cosa oggi scatena un litigio all’interno della coppia? “Le coppie litigano perché divergono sull’educazione dei figli – prosegue l’autore –, perché faticano a gestire il rapporto con i suoceri, perché la sessualità talvolta è un campo minato. Litigano per il denaro.

In ultima analisi litigano perché l’uomo e la donna che compongono la coppia sono differenti, e due persone differenti non possono essere sempre d’accordo. L’alternativa, l’armonia ed il consenso perenni, teorizzati qualche decennio fa, sarebbero possibili solo se ci fosse il dominio di uno sull’altro, soluzione che non è certo l’aspirazione della coppia moderna”.

Il confronto – anche duro e serrato – all’interno di una coppia può avere risvolti positivi. Occorre solo saperlo gestire al meglio. “Tanto vale farsene una ragione – aggiunge Scarmagnani – ed imparare a gestire il conflitto in maniera costruttiva. Vale la pena rilanciare il rapporto dopo un allontanamento, dosare pazienza e perseveranza senza farsi schiacciare, puntare i piedi con amore

Agenzia SIR 7 febbraio 2019

www.agensir.info/quotidiano/2019/2/7/famiglia-e-matrimonio-un-libro-spiega-le-3-regole-per-litigare-ed-essere-una-coppia-felice/

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CONSULENZA COPPIA E FAMIGLIA

News dell’Associazione Italiana Consulenti Coniugali e Familiari

  • 09 febbraio 2019 Tutto su Trevi 2018.                 www.aiccef.it/it/news/tutto-su-trevi-2018.html

Assemblea dei soci 2018: interventi e relazione della Presidente Rita Roberto, a termine del suo mandato, dopo 9 anni di presidenza, dei Consiglieri e dei Revisori dei conti. Votazione per il rinnovo delle cariche sociale. Gli ospiti Susy, Alfredo la pedana sensoriale, la presentazione di Francesco Falaschi e la proiezione del suo film “Quanto basta” sulla sindrome di Asperger. La proclamazione degli eletti.

Consiglio Direttivo: Feretti Alfredo, Margiotta Patrizia, Monti Claudia, Hawker Sarah, Qualiano Maurizio, Roberto Rita, Rossi Raffaello, Siccardi Arianna, Sinigaglia Stefania.

Collegio dei revisori dei conti: Cornacchia Flavio, Latini Maria Grazia, Martinenghi Sergio.

Collegio dei Probiviri. D’Ambrosio Renata, Lombardi Barbara, Sandrucci Federico.

L’elezione di Stefania Sinigaglia, operatrice nel consultorio familiare di Napoli, per un triennio.

http://ilconsulente37.blogspot.com

La relazione di Falaschi e i resoconti dei laboratori                                       https://ilconsulente38.blogspot.com

  • 06 febbraio 2019. Iniziative delle Scuole di formazione in Consulenza familiare con le notizie ultimamente pervenute.                                                     http://ilconsulente24.blogspot.com
  • 07 febbraio 2019. È stato istituito presso il Ministero dello Sviluppo Economico MISE il Registro per la trasparenza al fine di regolamentare l’attività di rappresentanza dei portatori di interessi particolari. Il Registro si informa ai princìpi di pubblicità e di partecipazione, al fine di garantire la trasparenza dei processi decisionali, la conoscibilità dell’attività dei soggetti che influenzano tali processi e una più ampia base informativa sulla quale gli organi di indirizzo politico amministrativo possano fondare le proprie decisioni. (…)

Sono considerati portatori di interessi validi alla registrazione le organizzazioni che:

  • Hanno contatti con il MISE per rappresentare un interesse o una posizione;
  • Forniscono informazioni in consultazioni pubbliche, audizioni pubbliche o dibattiti organizzati dal MISE;
  • Partecipano a strutture gestite dal MISE, quali gruppi di esperti, comitati consultivi, gruppi di lavoro, comitati o forum, ecc.

http://registrotrasparenza.mise.gov.it/index.php

L’AICCeF è stata inserita nella categoria delle Imprese e associazioni di categoria, commerciali e professionisti. L’iscrizione è stata completata il 6 febbraio 2019 scorso.

www.aiccef.it/it/news/l-aiccef-si-iscrive-al-registro-della-trasparenza.html

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CONSULTORI FAMILIARI

Il consulente familiare nell’organico dei Consultori Socio-Educativi

Integrazione di NewsUCIPEM n. 738 – 27 gennaio 2019, pag. 16

La Regione Veneto finanzia gli ‘sportelli’ pubblici per famiglie, coppie, donne e minori

Giunta Regionale del Veneto, delibera Dgr n. 198 del 20 febbraio 2018

Con il presente atto si individuano le risorse da assegnare per gli anni 2017 (sulla base dei dati dell’attività 2016) e 2018 (sulla base dei dati dell’attività 2017) ai Consultori Familiari Socio Educativi e si provvede a modificare parzialmente un requisito minimo specifico già individuato con la Delibera di Giunta Regionale n. 1349/2017, relativamente agli standard minimi per l’unità d’offerta Consultorio Familiare Socio Educativo.                     Bur n. 26, 13 marzo 2018

La Regione del Veneto, allo scopo di realizzare il servizio di consulenza e di assistenza al singolo, alla coppia ed alla famiglia, in atto o in via di formazione, secondo le finalità indicate nell’art. 1 della Legge 29 luglio 1975 n. 405, ha disciplinato l’istituzione dei Consultori Familiari Pubblici e Privati nel proprio territorio, con la Legge Regionale 28 marzo 1977, n. 28.

            La medesima Legge ha disposto l’assegnazione di contributi ai Consultori Familiari Privati riconosciuti che non perseguano fini di lucro e che assicurino la gratuità delle prestazioni.

La Regione del Veneto, allo scopo di realizzare il servizio di consulenza e di assistenza al singolo, alla coppia ed alla famiglia, in atto o in via di formazione, secondo le finalità indicate nell’art. 1 della Legge 29 luglio 1975 n. 405, ha disciplinato l’istituzione dei Consultori Familiari Pubblici e Privati nel proprio territorio, con la Legge Regionale 28 marzo 1977, n. 28.

La medesima Legge ha disposto l’assegnazione di contributi ai Consultori Familiari Privati riconosciuti che non perseguano fini di lucro e che assicurino la gratuità delle prestazioni.           omissis

Il provvedimento regionale n. 1349 del 22 agosto 2017 ha approvato i requisiti per una nuova unità di offerta denominata Consultorio Familiare Socio Educativo che va ad integrare l’Allegato B della DGR n. 84/2007, contenente le unità di offerta non soggette ad autorizzazione all’esercizio ma che entrano a far parte del sistema dei servizi resi in quanto previsti dal Piano socio-sanitario regionale, per i quali l’erogazione del servizio è soggetta all’obbligo di comunicazione di avvio dell’attività, da presentare al Comune dove hanno sede, e per conoscenza alla Regione del Veneto – Direzione Servizi Sociali, dando evidenza al momento della comunicazione d’avvio del possesso dei requisiti di cui all’Allegato A del medesimo provvedimento.

Il Decreto Dirigenziale n.1 del 18 gennaio 2018 ha approvato l’elenco regionale dei 26 Consultori Familiari Socio Educativi [7 soci dell’UCIPEM] della Regione del Veneto ex DGR n. 1349 del 22 agosto 2017.     omissis

Come già sopra indicato il provvedimento regionale n. 1349 del 22 agosto 2017 ha approvato i requisiti per una nuova unità di offerta denominata Consultorio Familiare Socio Educativo che va ad integrare l’Allegato B della DGR n. 84/2007, successivamente in data 29 settembre 2017, è pervenuto da parte dell’Associazione Italiana Consulenti Coniugali e Familiari – A.I.C.C. e F. di Faenza (RA) un rilievo circa la figura del Consulente Familiare, non prevista all’interno dell’Allegato A della DGR n. 1349/2017, quale componente dell’Equipe operante nella unità d’offerta Consultorio Familiare Socio Educativo.

Tale richiesta è stata affrontata e discussa dal Gruppo di Lavoro rappresentativo delle strutture in argomento, già istituito con DDR n. 123 del 20 ottobre 2017 per l’individuazione degli standard minimi di cui all’Allegato A del summenzionato provvedimento regionale n. 1349/2017. Nell’incontro dell’11 gennaio 2018, tale Gruppo di Lavoro, visionato il materiale inviato dalla suddetta A.I.C.C. e F. in data 23 dicembre 2017 e vista la normativa vigente (D. Lgs. 6 novembre 2007, n. 206 e L. 14 gennaio 2013, n. 4) ha proposto di prevedere la figura del Consulente Familiare all’interno dell’Equipe quale terza figura professionale da individuare in ragione dei bisogni dell’utenza.

Pertanto l’allegato A della DGR n. 1349/2017, pag. 3, Requisiti Minimi Specifici, 3° capoverso è così sostituito: “Il Consultorio Familiare Socio-Educativo deve essere dotato di un gruppo di lavoro operante in equipe e composto da almeno tre operatori, due dei quali scelti tra psicologo (e/o psicoterapeuta), assistente sociale e educatore professionale e il terzo da una figura professionale tra le seguenti sottoelencate, sulla base dei bisogni dell’utenza:

  • Mediatore familiare
  • Consulente legale
  • Mediatore linguistico-culturale
  • Consulente familiare

Inoltre, il gruppo di lavoro può essere integrato da ostetrica o infermiere o assistente sanitaria o ginecologo per le attività di educazione socio sanitaria. Le figure professionali devono essere in possesso dei titoli di studio previsti dalla normativa vigente.”

https://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.aspx?id=364726

Segnalazione di Gabriella Tognon, consulente familiare, referente regionale del Veneto AICCeF, consultorio familiare Ucipem di Padova.

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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM

Mantova. Lions Club a fianco del Consultorio Ucipem

Tra i principali service di quest’anno c’è il sostegno al Centro di Consulenza Familiare – Consultorio Ucipem: il club contribuisce a un progetto rivolto alle scuole mantovane. Ospiti e relatori il dott. Gabrio Zacchè (presidente), l’avv. Andrea Gementi (direttore) e la dott.ssa Cinzia Chesio (psicologa/psicoterapeuta) che hanno trattato di affettività e sessualità; la dott. Debora Bussolotti ha affrontato invece il tema dei disturbi nei comportamenti alimentari nei giovani, tema di studio nazionale Lions.

Pochi sanno che i comportamenti di questo tipo, che interessano soprattutto adolescenti afflitte da anoressia e patologie correlate (i ragazzi sono solo il 5% dei soggetti coinvolti) sono la seconda causa di morte per le ragazze, dopo gli incidenti stradali. Si tratta di problematiche drammaticamente interconnesse e, con questo service, i Lions sono in prima linea per affrontare un disagio sempre più diffuso.

www.lionsclubmantovahost.it/2019/02/09/12-febbraio-il-consultorio-ucipem-su-affettivita-sessualita-e-disturbi-alimentari-nei-giovani

 

Padova. 4 iniziative per il 2019

Il Consultorio sta organizzando alcune iniziative con le seguenti tematiche

¨ Vita di coppia (incontri per coppie con progetto di vita a due),

¨ Nascita e oltre (incontri per neo-genitori),

¨ Ho un adolescente in casa e…(incontri per genitori di adolescenti),

¨ Improvvisamente soli (incontri per separati)

www.consultorioucipem.padova.it/index.php/iniziative-formative.html

                                                                                                                                                                                       

Pescara- CHOROS. Percorso per coppie che vivono la difficoltà di avere figli

Otto incontri a cadenza settimanale, il martedì ore 19-21 in un gruppo al massimo di 6 coppie.

Conduttori del percorso: Ines De Rosa e Domenico Francone (Consulenti Familiari)

Dal 19 febbraio al 9 aprile 2019

   Per l’iscrizione è necessario contattare la Segreteria del Consultorio per verificare che ci siano posti disponibili e successivamente procedere al pagamento del contributo (seguendo le indicazioni della segreteria)

info@ucipempescara.org      www.ucipempescara.org/choros

 

Roma 1 via della Pigna 13°   Iniziative in corso

¨ 23 febbraio 2019 ore 9-13                        Seminario Favole e Metafore

Sono strumenti utilissimi nella vita per far diventare le persone consapevoli del proprio sentire e del proprio modo di percepire il mondo. Contattare le emozioni ed imparare a gestirle consapevolmente.

www.centrolafamiglia.org/seminario-favole-metafore-strumenti-contattare-le-emozioni-ed-imparare-gestirle-consapevolmente

¨ 9 marzo 2019 ore 9-18,30-                       33° Seminario annuale di formazione permanente

  • Apertura del Seminario — Arianna Siccardi – coordinatrice
  • Introduzione e Presentazione al Seminario:Uscire da Sé verso Sé stessi”  – P. Alfredo Feretti
  • “Alla scoperta del noi che io sono” — Pietro Del Soldà – Filosofo, Scrittore e Conduttore Rai 3
  • Focalizzazione consulenziale sul tema del Seminario – Arianna Siccardi
  • Attivazione esperienziale
  • Laboratori nei gruppi

www.centrolafamiglia.org/wp-content/uploads/2019/02/33%C2%B0-Seminario-Volantino-Manifesto-def3.pdf

 

¨ 23 marzo 2019 ore 9-13,30                       Storia degli eventi critici e disegno delle relazioni familiari

Sono due strumenti che facilitano nel cliente la focalizzazione della propria storia.

Animeranno il seminario la dott.ssa Sara Capriolo, Psicologa, Consulente familiare e la dott.ssa. Chiara Narracci, Sociologa, Scrittrice, Consulente e Mediatore familiare.

www.centrolafamiglia.org/storia-degli-eventi-critici-disegno-delle-relazioni-familiari-2019

www.centrolafamiglia.org/category/prossimi-appuntamenti

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DALLA NAVATA

5° Domenica del Tempo ordinario – Anno C – 10 febbraio 2019

Isaia                  06, 07. Egli mi toccò la bocca e disse: «Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato».

Salmo              137, 02. Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà: hai reso la tua promessa più grande del tuo nome. Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto, hai accresciuto in me la forza

1Corinzi         15, 11. Dunque, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto.

Luca               05, 09. Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

 

Rinunciare per il Signore significa fiorire riempie la vita

La nostra vita si mette in cammino, avanza, cammina, corre dietro a un desiderio forte che nasce da una assenza o da un vuoto che chiedono di essere colmati. Che cosa mancava ai quattro pescatori del lago per convincerli ad abbandonare barche e reti e a mettersi in cammino dietro a quello sconosciuto, senza neppure domandarsi dove li avrebbe condotti?

Avevano il lavoro e la salute, una casa, una famiglia, la fede, tutto il necessario per vivere, eppure qualcosa mancava. E non era un’etica migliore, non un sistema di pensiero più evoluto. Mancava un sogno. Gesù è il custode dei sogni dell’umanità: ha sognato per tutti cieli nuovi e terra nuova.

I pescatori sapevano a memoria la mappa delle rotte del lago, del quotidiano piccolo cabotaggio tra Betsaida, Cafarnao e Magdala, dietro agli spostamenti dei pesci. Ma sentivano in sé il morso del più, il richiamo di una vita dal respiro più ampio. Gesù offre loro la mappa del mondo, anzi un altro mondo possibile; offre un’altra navigazione: quella che porta al cuore dell’umanità «vi farò pescatori di uomini», li tirerete fuori dal fondo dove credono di vivere e non vivono, li raccoglierete per la vita, e mostrerete loro che sono fatti per un altro respiro, un’altra luce, un altro orizzonte. Sarete nella vita donatori di più vita.

Gesù si rivolge per tre volte a Simone:

  1. Lo pregò di scostarsi da riva: lo prega, chiede un favore, lui è il Signore che non si impone mai, non invade le vite;
  2. Getta le reti: Simone dentro di sé forse voleva solo ritornare a riva e riposare, ma qualcosa gli fa dire: va bene, sulla tua parola getterò le reti. Che cosa spinge Pietro a fidarsi? Non ci sono discorsi sulla barca, solo sguardi, ma per Gesù guardare una persona e amarla erano la stessa cosa. Simone si sente amato.
  3. Non temere, tu sarai: ed è il futuro che si apre; Gesù vede me oltre me, vede primavere nei nostri inverni e futuro che già germoglia.

E le reti si riempiono. Simone davanti al prodigio si sente stordito: Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore. Gesù risponde con una reazione bellissima che m’incanta: non nega questo, ma lui non si lascia impressionare dai difetti di nessuno, dentro il presente lui crea futuro. E abbandonate le barche cariche del loro piccolo tesoro, proprio nel momento in cui avrebbe più senso restare, seguono il Maestro verso un altro mare. Sono i “futuri di cuore”. Vanno dietro a lui e vanno verso l’uomo, quella doppia direzione che sola conduce al cuore della vita.

Chi come loro lo ha fatto, ha sperimentato che Dio riempie le reti, riempie la vita, moltiplica libertà, coraggio, fecondità, non ruba niente e dona tutto. Che rinunciare per lui è uguale a fiorire.

padre Ermes Ronchi

www.qumran2.net/parolenuove/commenti.php?mostra_id=45101

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DIPARTIMENTO PER LE POLITICHE DELLA FAMIGLIA

Aumenta nell’UE il numero di padri che usufruiscono del congedo di paternità

            Il numero di padri che usufruiscono del congedo di paternità è in aumento nella maggior parte dei paesi dell’Unione europea rispetto all’ultimo decennio. Tuttavia, i padri continuano a beneficiarne principalmente nel periodo immediatamente successivo alla nascita del figlio, senza quindi usufruire interamente del loro diritto.

            Nel contesto dei negoziati in corso a livello UE sull’adozione di un pacchetto di misure sull’equilibrio tra vita professionale e vita privata per famiglie e caregiver, la Commissione europea ha richiesto ad Eurofound di fornire un aggiornamento sulle attuali legislazioni nazionali riguardanti la paternità ed il congedo parentale per i padri.

            Il rapporto illustra le diverse statistiche nazionali attualmente disponibili circa il numero di congedi familiari usufruiti dai padri nel tempo, con particolare riferimento all’area UE28 e la Norvegia, sulla base delle informazioni raccolte dalla rete dei corrispondenti di Eurofound.

            Inoltre, il rapporto offre una panoramica comparativa delle caratteristiche principali delle varie legislazioni nazionali in materia di congedo parentale per i padri, comprese informazioni sulla durata, la compensazione economica, i requisiti ed il numero di beneficiari.

Dipartimento per le Politiche della Famiglia           8 febbraio 2019

http://www.politichefamiglia.it/it/notizie/notizie/notizie/eurofound-aumenta-nellunione-europea-il-numero-di-padri-che-usufruiscono-del-congedo-di-paternita

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EDUCAZIONE ALLA SESSUALITÀ

Educare alla sessualità, anche nella Chiesa

«Io penso che nelle scuole bisogna fare educazione sessuale». Non è un’affermazione di Emma Bonino o di qualche radicale, ma la risposta di papa Francesco alla domanda di un giornalista, durante la conferenza stampa nel viaggio di ritorno da Panama, dove aveva partecipato alla Giornata Mondiale della Gioventù. E ha continuato: «Il sesso è un dono di Dio, non è un mostro, è il dono di Dio per amare. Bisogna offrire un’educazione sessuale oggettiva, come è, senza colonizzazioni ideologiche».

            Nel mondo i giovani che ricevono un’adeguata educazione sessuale sono una esigua minoranza. Questo comporta, come si legge in un rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità dello scorso anno, «un aumento di gravidanze indesiderate, di malattie trasmesse sessualmente, di episodi di abusi sessuali e di discriminazioni basate sull’orientamento sessuale». Mentre l’introduzione dell’educazione sessuale potrebbe «avere un impatto positivo sulle attitudini e sui valori condivisi, sulle dinamiche delle relazioni personali, contribuendo così alla prevenzione di abusi e al rafforzamento di relazioni consensuali e reciprocamente rispettose del partner».

            Nel 2013 un rapporto dell’Unione Europea ha tracciato la mappa dei propri Stati rispetto all’insegnamento dell’educazione sessuale: l’Italia è uno dei sei Paesi dove questo insegnamento non fa parte dei programmi scolastici; anzi in Italia una legge sull’educazione sessuale non la si è mai approvata. Siamo in compagnia di Bulgaria, Cipro, Lituania, Polonia, Spagna e Romania. In tutto il resto della UE, spesso a partire dalla scuola dell’infanzia, bambini e ragazzi “studiano” l’educazione sessuale esattamente come si fa con le altre materie. La Svezia l’ha resa obbligatoria a scuola nel 1955! Di educazione sessuale da promuovere nelle scuole aveva già parlato l’attuale pontefice nell’Amoris lætitia. In tanti altri documenti ufficiali della Chiesa si è trattato l’argomento, a partire dal Concilio Vaticano II che, nella dichiarazione Gravissimum Educationis, auspica un rinnovamento ecclesiale che interpreti le dinamiche della società moderna: «Pertanto, i fanciulli ed i giovani, debbono anche ricevere, man mano che cresce la loro età, una positiva e prudente educazione sessuale». Anche Giovanni Paolo II nell’Esortazione Apostolica Familiaris Consortio afferma: «L’educazione all’amore come dono di sé costituisce anche la premessa indispensabile per i genitori chiamati ad offrire ai figli una chiara e delicata educazione sessuale». E Benedetto XVI, attraverso una lettera alla città e alla diocesi di Roma, è ritornato sull’urgenza di offrire ai ragazzi una “indispensabile educazione sessuale, in famiglia e a scuola».

            Ha scritto Alex Corlazzoli sul Fatto Quotidiano: «A svegliare l’opinione pubblica su questo tema anziché pensarci la politica ci pensa il papa. Tutto è lasciato alla famosa autonomia delle scuole. Una sorta di ‘paravento’ che porta a risultati nefasti: pochi si preoccupano di organizzare lezioni di educazione sessuale. Resta la Rete. Restano i siti pornografici». In realtà la risposta di papa Francesco ha fatto solo un po’ di rumore che, purtroppo, subito si è spento. Paga l’ambiguità con la quale il Vaticano ha trattato l’argomento finora. Ad esempio nel 2011, in un discorso al corpo diplomatico, lo stesso Benedetto XVI della lettera citata definiva l’educazione sessuale «una minaccia alla libertà religiosa delle famiglie». E non risulta che nelle scuole cattoliche, almeno non nella maggioranza di quelle italiane, si proponga una educazione sessuale «oggettiva, come è, senza colonizzazioni ideologiche». Per non parlare della concezione opaca, negativa e impura del sesso che la Chiesa ha imposto per secoli, e non solo ai propri fedeli, tanto che oggi la visione del “sesso come dono di Dio”, proposta dal papa, fa fatica ad essere accettata e vissuta proprio da tanti cattolici, molti dei quali, presi da una sorta di talebanesimo all’occidentale, criticano e si oppongono a papa Francesco, impegnandosi per un ritorno a una sorta di concezione medievale del sesso, senza preoccuparsi delle conseguenze nefaste che già abbiamo sperimentato in passato e che questi cattolici-talebani vorrebbero perpetuare “per tutti i secoli dei secoli!”. Il resto dei cattolici, come sempre, tace!

            Forse su un dato si può essere tutti d’accordo: l’educazione sessuale è un tema che, purtroppo, scandalizza e divide i cattolici. Ancora!

            Vitaliano Della Sala, parroco a Mercogliano (AV) e vicedirettore della Caritas diocesana di Avellino 

Adista Notizie n. 5, 9 febbraio 2019             www.adista.it/articolo/60675

{L’UCIPEM, già dai primi anni ha iniziato con i suoi consultori familiari a promuovere e svolgere attività di educazione all’affettività e alla sessualità nelle scuole e nei gruppi giovanili. Aveva trattato la tematica nel 2° congresso a Mantova nel 1971. Giorgio Rifelli e Odilla Veronesi del consultorio di Bologna, diretto da Sergio Cammelli, avevano pubblicato già nel 1969 libri in merito.}

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ENTI del TERZO SETTORE

Un Ente del Terzo Settore nasce, o cambia statuto: il ruolo del notaio

Creo un nuovo ente del Terzo Settore, oppure modifico lo statuto di un ente esistente, secondo le indicazioni del nuovo Codice del Terzo Settore: cosa deve fare il notaio? quali controlli deve fare?

 

Lo spiegano le slide del notaio Emanuele De Micheli presentate al convegno “Riforma del Terzo Settore, istruzioni per l’uso” di Uneba Veneto, Adoa e Università di Verona – Dipartimento di Economia, svoltosi a Verona il 1 febbraio 2019.

Entro il 3 agosto 2019 gli enti del Terzo Settore devono adeguare i propri statuti al Codice del Terzo Settore. Ma come deve avvenire l’adeguamento? Cosa deve esserci scritto nello statuto? Slide “Le nuove regole civilistiche negli enti non profit” di Enrica Favaro.

            Uneba 5 febbraio 2019

www.uneba.org/un-ente-del-terzo-settore-nasce-o-cambia-statuto-il-ruolo-del-notaio

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FAMIGLIA

Cambia la composizione del nucleo familiare ai fini Isee e del reddito di cittadinanza

            Quali sono i componenti del nucleo familiare? I figli mantenuti dai genitori fanno parte del nucleo anche se non sono conviventi? Ed i coniugi separati? I genitori non conviventi? Due coinquilini non aventi nessun legame fanno parte della stessa famiglia anagrafica?

            In merito ai componenti del nucleo familiare, le situazioni particolari che possono verificarsi sono davvero numerose. Bisogna tener presente, però, che la composizione del nucleo familiare non è unica, ma varia a seconda della normativa di riferimento: un conto, difatti, sono i componenti della famiglia anagrafica, un conto i componenti della famiglia ai fini della dichiarazione Isee [Indicatore della Situazione Economica Equivalente].

L’introduzione del reddito di cittadinanza [Decreto-Legge 28 gennaio 2019, n. 4], poi, ha cambiato, in parte, la composizione del nucleo familiare ai fini Isee, per quanto riguarda i coniugi separati, divorziati ed i figli maggiorenni non conviventi.                                www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2019/01/28/19G00008/sg

Facciamo allora il punto sulla composizione del nucleo familiare: nuove regole per il reddito di cittadinanza, chi fa parte della famiglia anagrafica, chi fa parte della famiglia per la dichiarazione Isee.

www.money.it/reddito-cittadinanza-2019

Chi fa parte della famiglia anagrafica? Per capire chi fa parte del nucleo familiare con le nuove regole del reddito di cittadinanza, bisogna prima capire chi sono i componenti della famiglia anagrafica.

            La famiglia anagrafica è un insieme di persone, conviventi, legate da un vincolo di matrimonio, di parentela, di affinità, di tutela o semplicemente affettivo.

            Quindi, in parole semplici, per far parte della famiglia anagrafica bisogna essere:

  • Conviventi;
  • Legati da un vincolo familiare o affettivo.

Nello stato di famiglia, che è un certificato che rilascia il Comune, compaiono tutti i componenti della famiglia anagrafica.

Posso togliere il coinquilino dalla famiglia anagrafica? Nella stessa abitazione è possibile avere due stati di famiglia, quando non esiste nessuno dei vincoli elencati tra le persone conviventi: è il caso, ad esempio, dei coinquilini. In quest’ipotesi, è dunque possibile ottenere due stati di famiglia nella stessa dimora, semplicemente dichiarandolo in Comune.

Chi fa parte del nucleo familiare Isee? La dichiarazione Isee è un documento nel quale sono indicati redditi e patrimonio di tutti i componenti della famiglia, che serve per stabilire la situazione economica, reddituale e patrimoniale del nucleo: si tratta di una dichiarazione fondamentale per ricevere determinate agevolazioni e prestazioni, tra cui il reddito di cittadinanza.

            Ma chi fa parte della famiglia Isee? Non sempre la composizione del nucleo familiare Isee coincide con quella della famiglia anagrafica. Normalmente, per la dichiarazione Isee la famiglia è considerata composta dal dichiarante, dai componenti della famiglia anagrafica e dai soggetti fiscalmente a carico, anche se non conviventi.

            Le situazioni particolari che possono verificarsi, comunque, sono numerose; riportiamo qui le più comuni, assieme all’indicazione, per ogni situazione, dei familiari facenti parte del nucleo Isee:

  • Genitori conviventi e non sposati: in questo caso, si considerano parte di un unico nucleo familiare ai fini Isee; il genitore dichiarante deve indicare il convivente nella dichiarazione Isee come “altra persona nel nucleo”;
  • Genitori non sposati né conviventi: in questo caso, pur non facendo parte della stessa famiglia anagrafica, il genitore che non convive deve essere inserito nello stesso nucleo ai fini Isee, ad eccezione delle seguenti ipotesi:
    • risulta sposato con una persona diversa dall’altro genitore;
    • risulta avere figli con una persona diversa dall’altro genitore;
    • è obbligato, con provvedimento dell’autorità giudiziaria, al versamento di assegni periodici destinati al mantenimento dei figli;
    • è stato escluso dalla potestà sui figli o è stato allontanato dalla residenza familiare;
    • è stato accertato estraneo in termini di rapporti affettivi ed economici, in sede giurisdizionale o dalla pubblica autorità competente in materia di servizi sociali;
    • se il genitore del figlio minore non convivente è sposato o ha figli con un’altra persona (avendo quindi formato un altro nucleo familiare), bisogna presentare un modulo particolare nella dichiarazione Dsu [Dichiarazione Sostitutiva Unica,], l’Isee minorenni, che tiene conto della sua situazione economica, considerando, però, la scala di equivalenza dell’altro nucleo, integrando l’Isee del nucleo del figlio minorenne con una componente aggiuntiva; nelle altre ipotesi, il genitore non rientra nella famiglia del figlio e quindi non rientra nel calcolo dell’Isee minorenni, pertanto basta presentare l’Isee ordinario;
    • coniugi che vivono in una diversa residenza: marito e moglie sono comunque considerati facenti parte dello stesso nucleo, anche se risultano in una diversa famiglia anagrafica, poiché non risiedono nello stesso posto; devono prendere, come riferimento per l’Isee, la famiglia anagrafica di uno dei due, di comune accordo, oppure l’ultima residenza avuta in comune;
    • coniugi separati ma conviventi: valgono le stesse regole dei conviventi non sposati;
    • coniugi separati e non conviventi: se separati legalmente, e non di fatto, marito e moglie non fanno più parte dello stesso nucleo.
    • figli che convivono con i nonni: se sono fiscalmente a carico dei genitori, i figli fanno parte del nucleo dei genitori; se non a carico del padre o della madre, entrano nel nucleo familiare dei nonni;
    • figli maggiorenni non conviventi con i genitori e a loro carico ai fini Irpef: se non sono coniugati e non hanno figli, fanno parte del nucleo familiare dei genitori; nel caso in cui i genitori appartengano a nuclei familiari distinti, il figlio maggiorenne, se a carico di entrambi, fa parte del nucleo familiare di uno dei genitori, da lui identificato.

Chi fa parte del nucleo familiare per il reddito di cittadinanza? Ai fini del reddito di cittadinanza, la composizione del nucleo familiare è la stessa valida ai fini Isee.

            Il decreto in materia di reddito di cittadinanza e pensioni, però, ha parzialmente modificato le regole che riguardano la composizione del nucleo familiare ai fini Isee.

Nucleo familiare Isee: nuove regole. In particolare, a partire dall’entrata in vigore del decreto [1], cioè dal 29 gennaio 2019, ai fini del reddito di cittadinanza e delle altre prestazioni agevolate:

  • I coniugi fanno parte dello stesso nucleo familiare anche a seguito di separazione o divorzio, qualora continuino a risiedere nella stessa abitazione;
  • Il figlio maggiorenne non convivente con i genitori fa parte del nucleo familiare dei genitori esclusivamente quando è di età inferiore a 26 anni, è nella condizione di essere a loro carico a fini Irpef, non è coniugato e non ha figli.

Noemi Secci    La legge per tutti       6 febbraio 2019

www.laleggepertutti.it/273621_nucleo-familiare-nuove-regole

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FIDANZAMENTO

La promessa di matrimonio

La promessa di matrimonio (detta sponsali) è una dichiarazione resa dai futuri sposi per portare a conoscenza di terzi il serio proposito di contrarre matrimonio.

Pur trattandosi di un istituto di origine arcaica, il codice civile ne disciplina ancora oggi le conseguenze giuridiche precisando all’art. 79 del codice civile che “la promessa di matrimonio non obbliga a contrarlo né ad eseguire ciò che si fosse convenuto per il caso di non adempimento”.

La dichiarazione contenuta nella promessa non può avere carattere vincolante, poiché la libertà matrimoniale (scegliere di sposarsi o meno) rappresenta nel nostro ordinamento un diritto fondamentale della persona, quindi la volontà di contrarre matrimonio deve rimanere libera, spontanea e non coartata.

  1. Tipologie di promessa di matrimonio. Si possono rintracciare due tipologie di promessa matrimoniale, la promessa di matrimonio semplice e la promessa solenne, cui sono legati effetti e conseguenze differenti nel caso in cui alle stesse non seguano le nozze.

Promessa di matrimonio semplice. La promessa semplice (cd. Fidanzamento ufficiale) è un atto, anche unilaterale, privo di particolari forme o requisiti con il quale si manifesta la volontà di unirsi in matrimonio. Questo tipo di impegno si qualifica pertanto come mero fatto sociale dal quale sorge in capo ai futuri coniugi unicamente un dovere di tipo morale a contrarre matrimonio.

Promessa di matrimonio solenne. L’art. 81 del codice civile disciplina invece la promessa solenne di matrimonio che può effettuarsi in due modalità:

  1. Con un impegno assunto vicendevolmente da persone di maggiore età, o dal minore ammesso a contrarre matrimonio, espresso in forma scritta (atto pubblico o scrittura privata);
  2. Con la richiesta di pubblicazione di matrimonio secondo le modalità previste dall’art. 93 c.c.

Effetti e conseguenze della promessa di matrimonio. Pur non obbligando i nubendi a contrarre matrimonio, la scelta dell’uno o dell’altro tipo di promessa non è indifferente dal punto di vista giuridico patrimoniale.

Restituzione dei doni. Se alla promessa semplice non fa seguito il matrimonio, il codice civile all’art. 80 prevede che il promittente possa chiedere la restituzione dei doni fatti a causa della promessa, proponendo domanda entro un anno dal giorno del rifiuto di celebrare il matrimonio o della morte di uno dei promittenti. I doni da restituirsi sono quelle attribuzioni a titolo gratuito, valide ed efficaci, evidentemente giustificate dal fidanzamento/futuro matrimonio (es. anello di fidanzamento).

Risarcimento danni per spese sostenute. La promessa solenne ha conseguenze patrimoniali più ampie poiché, oltre all’obbligo di restituzione, obbliga chi rifiuta il matrimonio a risarcire all’altra parte il danno per le spese fatte e per le obbligazioni contratte a causa della promessa (ad es. abito da sposa, bomboniere, preparativi per la cerimonia, ricevimento, anticipo sull’affitto della casa degli sposi, ecc.).

La domanda di risarcimento può essere proposta dalla parte che non ha impedito il matrimonio entro un anno dal giorno del rifiuto.

Il giusto motivo che esclude il risarcimento. Il codice fa salva la possibilità della parte che rifiuta il matrimonio di provare che il suo comportamento sia legato ad un “giusto motivo” che esclude il risarcimento. Si ritiene che i giusti motivi di rifiuto siano quelli previsti dall’art. 122, III comma, codice civile, che giustificano l’impugnazione del matrimonio, oppure generalmente i fatti che se fossero stati conosciuti o si fossero verificati prima della promessa avrebbero impedito all’interessato di prestarla (es. infedeltà, precedenti riprovevoli, tendenza al gioco o al bere, ecc.).

            Lucia Izzo      Studio Cataldi                        5 febbraio 2019

www.studiocataldi.it/articoli/18597-la-promessa-di-matrimonio.asp

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FIGLI

Adolescenza e genitori separati

Correvano gli anni ’70 e sugli schermi americani faceva la sua comparsa un film diventato “cult”: “Kramer contro Kramer”. La storia è quella di una sofferta separazione coniugale e dell’impatto che si produce sui figli in caso di contese tra madre e padre. A distanza di circa quarant’anni dalla sua prima apparizione sugli schermi, la vicenda resta sempre di schiacciante attualità. Perché è vero che con il matrimonio i coniugi si scelgono, ma per reggere nel tempo, la coppia ha bisogno di ritornare a scegliersi quotidianamente, nonostante tutto e tutti. E se questo rinnovo del cosiddetto “patto coniugale” non dovesse accadere, scontato ma vero, i primi a soffrirne saranno i figli, grandi o piccoli che siano. È pur vero che costringere i figli ad assistere inermi alle schermaglie dei genitori non è certo una soluzione migliore rispetto alla separazione. Una vicenda quindi quella che ha a che fare con la crisi di coppia che, da qualsiasi angolazione la si guardi, non soddisferà mai pienamente. Resta comunque inteso che la questione adolescenza e genitori separati costituisce una prospettiva altrettanto significativa da prendere con le pinze. Perché se già l’età dell’adolescenza è una fase della vita critica di per sé, la simultanea separazione dei genitori potrebbe innescare ulteriori e pericolosi corti circuiti. Ma è bene ricordare che non è quasi mai tutto perduto e uno spiraglio di luce potrebbe apparire quando e dove meno ce lo si aspetta. Per saperne di più, continua a seguirci!

La Carta dei diritti dei figli nella separazione dei genitori. Forse non tutti sono a conoscenza di quanto avvenuto in data 2 ottobre 2018, presso la sede dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza (A.G.I.A.) a Roma. In tale contesto è infatti stato reso pubblico il testo definitivo che reca il nome di “Carta dei diritti dei figli nella separazione dei genitori”.

www.garanteinfanzia.org/landing2/diritti-dei-figli-nelle-separazioni.html

            Insomma una sorta di dieci comandamenti che, seppur ispirati alla Convenzione ONU [Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (Convention on the Rigths of the Child), approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989] hanno un quid tutto speciale, forse unico nella storia. Se infatti la promotrice di tale significativo passaggio, è la stessa Autorità garante di cui sopra, il pool di esperti che ha preso parte alla storica stesura ha un che di eccezionale.

Un pool di “esperti” under 18: sogno o realtà? La realtà può superare la fantasia e questo è quanto accaduto in sede di stesura della Carta dell’A.G.I.A. di cui sopra. Infatti la consulta più giovane dell’A.G.I.A. è stata costituita da ragazzi addirittura under 17. Quale, verrebbe da chiedersi, la loro esperienza maturata, vista la giovanissima età? L’età dell’adolescenza non è quella per lo più additata come “critica”, “difficile” o in gergo più giovanile “sfigata”? E allora cosa sarà saltato in mente a questa Autorità garante? La risposta è presto data.

            In perfetta par condicio di genere (vale a dire nove maschi e nove femmine), è stata operata una selezione di ragazzi provenienti dalle più svariate realtà, quali: scuole secondarie di primo e secondo grado, oratori, rappresentanze studentesche, nonché gruppi sportivi e scout. Un “pout-pourri” umano insomma che, stando a quanto dichiarato dalla stessa garante, Filomena Albano, avrebbe ricoperto un ruolo preponderante in fase di stesura del testo che ovviamente si è avvalso anche di un team più “attempato” di professionisti di ambito psicologico, giuridico e socio-pedagogico.

Diritto ad amare ed essere amati. Il diritto all’amore, declinato sia in forma attiva che passiva, è quello che è stato posto in cima al decalogo della Carta [art. 1]. Una “prova provata” si direbbe in gergo giuridico a dimostrazione dello “zampino” dei ragazzi nella stesura della Carta. Quale adulto si sarebbe mai sognato di operare questa vera e propria rivoluzione copernicana dal mondo del fare e quello del sentire? I ragazzi con questo incipit hanno inteso parlare chiaro e i diritti che ne sono seguiti a cascata sono un’ulteriore conferma. Infatti il testo recita testualmente che i figli hanno il diritto di:

  • Essere liberi di continuare a voler bene ad entrambi i genitori;
  • Manifestare il loro amore senza paura di ferire o di offendere l’uno o l’altro;
  • Conservare intatti i loro affetti;
  • Restare uniti ai fratelli;
  • Mantenere inalterata la relazione con i nonni;
  • Continuare a frequentare i parenti di entrambi i rami genitoriali e gli amici.

E comunque, a dirla con il finale dell’art.1: “l’amore non si misura con il tempo, ma con la cura e l’attenzione”. Alla faccia dell’età! “Chi ha orecchi per intendere, intenda!”: come si dice spesso nei Vangeli.

Diritto a vivere la propria età. Un altro pugno nello stomaco potrebbe simbolicamente essere inferto scorrendo il secondo articolo della Carta. Infatti subito dopo il diritto all’amore, viene il “diritto a non essere trattati come adulti” [art. 3]. Il che a voler leggere tra le righe, lascia intendere il peso che, magari involontariamente, ma comunque fattivamente, i genitori in crisi tendono a porre sulle spalle dei loro figli. “I figli – prosegue il testo – hanno il diritto di non essere trattati come adulti, di non diventare i confidenti o gli amici dei loro genitori”.

            Per dirla con Lorenzo il Magnifico: “quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia, chi vuol esser lieto sia, di doman non v’è certezza” [Trionfo di Bacco e Arianna”].

            Genitori in ascolto, cercate di non bruciare le tappe dell’età dei figli; piuttosto cercate delle persone che possano sostenere voi, nell’affrontare i vari passaggi che qualsiasi separazione porta con sé.

            Una rapida occhiata agli sguardi troppo adulti dei bambini dei territori di guerra, dissuaderà, con buoni margini di probabilità, chiunque dal continuare a coinvolgere i ragazzi nelle guerre, più o meno civili, all’interno delle aule di tribunale.

Se, con buona approssimazione, chiunque ha prima o poi, sentito parlare di legge sulla trasparenza nella pubblica amministrazione, forse nessuno si è mai trovato davanti ad un dettato che reclama “pari” diritto di trasparenza in famiglia.

            Come sarà ormai chiaramente intuibile, anche qui il merito va riconosciuto al giovane pool, grazie al quale sono rifluiti nella Carta, di cui sopra, i seguenti testuali diritti dei figli di genitori in fase di separazione:

  • Di essere arrabbiati;
  • Di essere tristi;
  • Di stare male;
  • Di avere paura;
  • Di avere incertezze.

Una rivendicazione dunque di diritti alla trasparenza emotiva, senza se e senza ma, dove è bandita pure qualsiasi esternazione pseudo tranquillizzante del tipo “va tutto bene”. Della serie “Ma voi adulti credete davvero che noi figli siamo completamente fessi? Non propinateci la storiella del “Va tutto bene” quando si vede benissimo che non è così. Insomma una gran lezione di vita che dovrebbe far riflettere chiunque, ma specialmente chi quotidianamente si confronta con queste vicende, come tribunali, ordini professionali, associazioni e agenzie educative, a cui la Carta ha cominciato ad essere inviata.

Ebbene sì! Tra i diritti menzionati nella Carta trova spazio peraltro quasi “in cima alla classifica” pure il diritto alla spensieratezza e alla leggerezza [art. 2]. Diritti che la mente geniale di Robin Williams avrebbe sicuramente applaudito, vista la svolta che riuscì ad imprimere alla trama del film “Mrs Doubtfire”. Sembra infatti che in origine la storia dovesse modellarsi su un padre perdente che faceva di tutto per riunirsi ai figli dopo la separazione dalla moglie.

            La realtà dei fatti, grazie sembra alle sue improvvisazioni, ha mostrato invece un padre ingegnoso che, pur di restare vicino ai tre figli, si traveste da attempata tata british che ne combinerà varie ed eventuali in cucina e non solo. Se è vero che il comico è l’altra faccia del tragico, forse i ragazzi del pool della “Carta” di cui sopra ci hanno visto giusto, nel rivendicare il loro diritto alla leggerezza e chissà che a chiunque si trovi a vivere con i drammi di una separazione, il destino non conceda in sorte una vulcanica tata stile Mrs Doubtfire!

Maria Teresa Biscarini         La Legge per tutti      5 febbraio 2019

www.laleggepertutti.it/271170_adolescenza-e-genitori-separati

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FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI

Ancora emergenza-denatalità, mancano risposte politiche

“Il nostro Paese continua la propria ripida discesa verso l’annichilimento: anche nel 2018 abbiamo perso 9mila nascite rispetto al minimo assoluto già fatto registrare nel 2017. Il saldo tra nati e morti, nell’anno appena concluso, è negativo per 187mila unità. Numeri angoscianti che, incredibilmente, lasciano indifferente la politica. Ma veramente si crede che le politiche familiari adottate anche dall’attuale Governo possano dare risposte all’inverno demografico? Pensioni, lavoro, servizi sociali, sistema sanitario, tutto ciò su cui si regge la vita del Paese rischiano di scomparire. E il prossimo anno, in assenza di interventi strutturali, la situazione sarà ancora peggiore”: commenta così i dati del Report sugli indicatori demografici, appena reso pubblico dall’Istat, il presidente nazionale del Forum delle Associazioni familiari, Gigi De Palo.

“A che cosa servono questi dati se il ‘bollettino di guerra’ non diventa azione politica? Urge un Patto per la natalità che metta insieme tutto il sistema-Paese. Dalle banche alle imprese, dalle associazioni al mondo dei media, fino ad arrivare alla politica, senza distinzione di schieramenti. Un Patto che metta finalmente al centro dell’agenda politica, economica e istituzionale le misure strutturali necessarie per rilanciare la natalità. Siamo già in enorme ritardo, i nostri giovani sembrano rassegnati a realizzare i loro sogni all’estero. Davvero vogliamo questo?“, conclude De Palo.

Comunicato stampa               7 febbraio 2019

www.forumfamiglie.org/2019/02/07/istat-de-palo-ancora-emergenza-denatalita-mancano-risposte-politiche

 

De Palo: Riconoscere alle mamme un anno di contributi per ogni figlio

“Riguardo al tema delle pensioni, rilanciamo l’urgenza che l’opzione ‘donna’ venga modificata in opzione ‘mamma’, riconoscendo alle mamme lavoratrici contributi figurativi di almeno un anno per ogni figlio, da tenere in considerazione ai fini di una loro uscita anticipata dal lavoro.

Soprattutto, chiediamo al Governo il coraggio di dare un segnale forte al Paese, eliminando la discriminazione con cui chi ha messo al mondo uno o più figli è costretto a vivere, oggi, il percorso pensionistico in Italia. Da più parti si parla di necessità di sconfiggere l’inverno demografico e di ridare impulso alla natalità, ma nei provvedimenti serve la concretezza”: è quanto dichiara il presidente nazionale del Forum delle Associazioni familiari, Gigi De Palo, in merito al provvedimento sull’uscita anticipata dal mondo del lavoro varato dall’esecutivo.

“Così com’è ‘quota 100’ penalizza le mamme lavoratrici, ovvero le cittadine che hanno dovuto fare maggiormente ricorso al part-time o hanno rinunciato del tutto a percorsi di carriera per poter crescere i figli e, di conseguenza, adesso hanno una minore contribuzione a fini pensionistici, da cui deriva per loro una penalizzazione nella pensione. È tempo di riconoscere il contributo demografico e l’apporto sociale offerti al Paese da quelle 25mila mamme che, secondo i dati dell’Ispettorato nazionale del lavoro, ogni anno rinunciano al posto per poter assistere i propri bambini, costrette da situazioni di inconciliabilità tra lavoro e famiglia o per la carenza e i costi elevati dei posti nei nidi”, conclude De Palo.

Comunicato stampa               5 febbraio 2019

www.forumfamiglie.org/2019/02/05/pensioni-de-paloriconoscere-alle-mamme-un-anno-di-contributi-per-ogni-figlio

Forum Lazio, “mamme lavoratrici e in affanno, nonni baluardo di welfare”

                Under 40, mediamente con due figli sotto gli 11 anni, laureate, lavoratrici non per scelta ma per necessità: è l’identikit delle mamme di Roma che emerge dal sondaggio on line “Essere mamme a Roma”. A promuoverlo, il Forum delle associazioni familiari del Lazio, che lo ha presentato stamani in occasione del Congresso del Forum, che ha eletto la nuova presidente Alessandra Balsamo.

Al sondaggio hanno risposto oltre 1000 mamme, la maggior parte lavoratrici (88,3%), con un lavoro dipendente a tempo indeterminato (56,7%), che dichiarano di dover lavorare per esigenze economiche (51,6%). Oltre metà di loro (51,8%) ha avuto problemi sul lavoro a causa dei figli, per permessi, malattie, visite mediche o riunioni a scuola; alta la percentuale di chi lamenta la mancanza di strumenti per la conciliazione famiglia-lavoro, come flessibilità, benefit, asilo aziendale, servizi, all’interno dei posti di lavoro (82,1%).

Le mamme romane, costrette a trascorrere 2 ore al giorno in macchina con i figli (40,5%) e una per andare al lavoro (34,3%), possono godere di papà collaborativi (71,2%), che “condividono il lavoro di cura per visite mediche, colloqui con gli insegnanti, accompagnamento dei figli nelle attività ludico- sportive, ma anche spesa e pulizie”.

I nonni restano un “baluardo di welfare”: il 48% delle mamme romane può contare su di loro quando non ci sono. Alla domanda su cosa abbia impedito di avere più figli, la maggior parte risponde motivi economici (31,5%)

Agenzia SIR    9 febbraio 2010

http://m.agensir.it/quotidiano/2019/2/9/famiglia-forum-lazio-mamme-lavoratrici-e-in-affanno-nonni-baluardo-di-welfare

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MATERNITÀ SURROGATA

Utero in affitto: è legale in Italia?

Corte di cassazione, sesta Sezione penale, sentenza n. 2173, 17 gennaio 2019

www.google.com/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=3&ved=2ahUKEwiV-PLSrMLgAhUSCewKHYTJD_0QFjACegQICBAC&url=http%3A%2F%2Fwww.dirittifondamentali.it%2Fmedia%2F2948%2Fcass-pen-2173-del-2019.pdf&usg=AOvVaw0pKqQqBq6RTYYjXb03WJPr

Maternità surrogata: non è possibile dare il proprio figlio neonato ad altri. L’utero in affitto costituisce reato per violazione delle norme sull’adozione.

            Immagina che una coppia si metta d’accordo con un’altra affinché quest’ultima conceda alla prima il proprio neonato non appena partorito. Il tutto con la complicità del ginecologo che, dietro compenso di una somma di denaro, promette di alterare lo stato di nascita del piccolo, in modo che risulti figlio naturale della coppia richiedente. Un accordo di questo tipo, volto a superare le trafile burocratiche dell’adozione e ottenere l’affidamento di un bambino sin dalla sua tenera età, si può considerare lecito? Quali sono le conseguenze per il ginecologo e quali quelle per i quattro genitori se tra questi non c’è stato alcuno scambio di denaro e, quindi, nessun lucro? L’utero in affitto è legale in Italia? La risposta è stata fornita dalla Cassazione con una recente sentenza.

Utero in affitto: rischi. Le coppie che decidono di adottare devono seguire una procedura lunga e complessa che ha lo scopo di garantire l’interesse del minore a vivere in una famiglia adeguata alle sue caratteristiche e necessità. L’interesse dei coniugi di costituire una famiglia diventa pertanto secondario rispetto all’interesse e al benessere del minore. In generale l’adozione di minori è riservata a una coppia unita in matrimonio e può riguardare un minore (italiano o straniero) dichiarato adottabile dal tribunale per i minorenni italiano (c.d. adozione nazionale) oppure un minore straniero dichiarato adottabile dall’autorità di uno Stato estero (c.d. adozione internazionale). In entrambi i casi le procedure sono molto complesse e richiedono tempi assai lunghi. Questa però non è una scusa per travalicare gli iter previsti dalla normativa e concordare l’utero in affitto.

            Nella sentenza in commento la Corte ha ribadito la centralità e l’importanza della norma che regola la disciplina sulle adozioni nel tutelare il diritto dei minori e così reprimere ogni condotta volta a superare la centralità della sua figura, rispetto ai desideri degli adulti. Dunque, no all’utero in affitto. Si tratta di un comportamento che, ancor oggi, con o senza fine di lucro, costituisce reato, quello di affidamento illegale di minore. In particolare, la legge punisce [Art. 12, co. 6, Legge n. 40/19 febbraio 2004] chiunque, in violazione delle norme di legge sull’adozione, affida a terzi in modo definitivo un minore, oppure lo avvia all’estero perché sia definitivamente affidato. La sanzione è la reclusione da uno a tre anni.

Maternità surrogata: cos’è? Dire «maternità surrogata» o «utero in affitto» è la stessa cosa. La nostra legge vieta il contratto detto di maternità surrogata: si tratta di un accordo concluso da una coppia sterile (o anche da un single) con una donna, con o senza corrispettivo con cui si prevede che:

  • La donna si obbliga (con il consenso del proprio marito, se coniugata) a farsi fecondare artificialmente dal componente maschio della coppia committente, da un terzo o anche, per via naturale da suo marito (si parla in questi casi di madre in senso genetico e gestazionale) o a ricevere l’impianto di embrione non suo (si parla di «maternità portante» o di «gestazione per altri») e a condurre a termine la gravidanza;
  • Il bambino nato, subito dopo il parto, deve essere consegnato alla coppia committente;
  • La madre che ha condotto a termine la gestazione viene esclusa definitivamente dalla vita del nascituro.

Come detto, la legge punisce chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la surrogazione di maternità con la reclusione da 3 mesi a 2 anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro.

Quando scatta il reato? Il reato di affidamento illegale di un minore non richiede la promessa di un compenso economico come corrispettivo della consegna del minore stesso, essendo tale compenso previsto solo come condizione di punibilità per colui che riceve il minore in illecito affidamento. Quindi «solo per chi riceve il minore in illecito affidamento, con il carattere della definitività e quindi della tendenziale stabilità, la norma richiede ai fini della integrazione del reato che vi sia stato il pagamento di un corrispettivo economico o di altra utilità; tale elemento non è invece necessario per l’integrazione del delitto previsto per colui che ceda il minore o comunque si ingerisca nella sua consegna».

            In buona sostanza, il corrispettivo di danaro non è condizione del reato per colui che ceda il minore o comunque si ingerisca nella sua consegna, essendo previsto anche un aggravamento della pena nel caso in cui il fatto sia commesso dal genitore. Lo scopo della legge è evidente: «chi affida illegittimamente il minore viola sempre l’interesse del minore ad un affidamento nel rispetto di tutte le condizioni poste dalla norma a sua tutela». Il nostro Paese prevede la primaria tutela di ogni figlio a godere della propria madre, con un aggravamento della pena se a provvedere alla sua “cessione” sia stata la genitrice, e questo anche in assenza di un corrispettivo economico.

Maternità surrogata negli altri Stati. L’utero in affitto è altresì illegale in Germania, Austria, Estonia, Islanda, Bulgaria, Danimarca, Finlandia, Francia, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria. In altri Paesi è invece lecito seppur sottoposto a condizioni (ad esempio: Grecia, Gran Bretagna, Olanda, Albania, Polonia, Russia, Stati Uniti e Ucraina). In altri ancora è tollerata e quindi priva di una regolamentazione esplicita (ciò accade ad esempio in Belgio e Repubblica Ceca).

Turismo procreativo. Al fine di superare i divieti della nostra normativa, molti cittadini italiani (o coppie di cui uno solo è italiano) si sono recati in Stati esteri ove l’utero in affitto è legale per concludere un contratto di maternità surrogata (cosiddetto turismo procreativo). Quando il bambino nasce, la nascita viene registrata dall’ufficiale di Stato civile dello Stato estero che rilascia ai genitori/contraenti italiani un atto di nascita che attesta che il bambino è loro figlio. I genitori successivamente, prima di tornare in Italia, devono chiedere attraverso il Consolato o l’Ambasciata la trascrizione di tale atto nei registri dello Stato civile italiano (infatti se l’atto di nascita non risulta trascritto nei registri dello Stato civile italiano lo status di figlio non può essere riconosciuto). 

            Alla maternità surrogata all’estero ricorrono anche coppie eterosessuali e omosessuali che non possono adottare un figlio per mancanza dei requisiti.

            Sulla validità di tale procedura una volta che la coppia fa ritorno in Italia, la nostra legge non dispone nulla, ma non mancano sentenze della giurisprudenza che hanno ritenuto tale intento un raggiro alla legge, con conseguente applicazione del reato di alterazione di stato civile [Corte di cassazione, prima Sezione civile, sentenza n. 2401, 11 novembre 2014           www.miolegale.it/sentenze/cassazione-civile-sez-i-24001-2014].

Di recente però l’indirizzo della giurisprudenza è mutato e si è ritenuto che i genitori che chiedono la trascrizione in Italia del figlio nato all’estero da un utero in affitto non rendono alcuna dichiarazione mendace né contraffanno o alterano l’atto di nascita [Corte Cassazione, quinta sezione penale, sentenza n. 13525, 5 aprile 2016]

www.giurisprudenzapenale.com/2016/05/06/delitto-alterazione-civile-un-minore-nato-maternita-surrogata-allestero

            La legge per tutti       5 febbraio 2019

www.laleggepertutti.it/273517_utero-in-affitto-e-legale-in-italia

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PARLAMENTO

Senato della Repubblica – Commissione Giustizia – Affido dei minori

5 febbraio 2019. L’Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei Gruppi, ha svolto alcune audizioni informali di Associazioni, professori ed esperti nell’ambito dell’esame dei Disegni di legge nn. 45, 118, 735, 768 e 837, in materia di affido di minori.

www.senato.it/leg/18/BGT/Schede/Ddliter/comm/50388_comm.htm

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PSICOLOGIA

Cosa si può dire allo psicologo?

Puoi confessare di aver commesso un reato? Quando lo psicologo è tenuto a denunciarti?

Lo psicologo è un professionista che si occupa della salute della psiche dei propri pazienti: il suo compito è quello di curare o prevenire le patologie psicologiche, cioè quei disturbi che possono essere curati senza l’assunzione di famaci. Secondo la legge lo psicologo è un professionista sanitario a tutti gli effetti, sebbene, a differenza di un laureato in medicina, non possa prescrivere in alcun modo l’assunzione di farmaci. Lo psicologo, quindi, lavora con strumenti diversi, che si sostanziano nel dialogo con il paziente volto a far emergere le cause del problema che lo affligge. Per tale ragione, è fondamentale parlare apertamente con il proprio psicologo, confidandogli anche gli aspetti più intimi e nascosti di sé: solo così il professionista potrà risalire alle patologie della psiche e risolverle. Lo psicologo è tenuto al segreto professionale, nel senso che non può rivelare a terzi ciò che gli è stato detto dal proprio assistito. Attenzione, però: ciò non significa che posso dire tutto allo psicologo; o meglio, che posso dirgli tutto impunemente.

Devi sapere che lo psicologo, in qualità di professionista sanitario, ovvero di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio (qualora ricopra anche questa veste) è obbligato a denunciare i fatti costituenti reato di cui ha notizia a causa del proprio servizio. Se confessi di aver commesso un reato allo psicologo, quindi, corri il rischio di essere denunciato.

Cosa si può dire allo psicologo? Allo psicologo si può dire tutto ciò che possa essere utile per la propria guarigione: poiché egli opera solamente attraverso l’ascolto, il dialogo e la comprensione, è fondamentale che egli sia messo al corrente di quante più informazioni possibili. Devi però sapere che lo psicologo, nell’esercizio della sua professione, è obbligato per legge a denunciare all’autorità giudiziaria i reati di cui ha avuto conoscenza grazie al proprio lavoro; talvolta, poi, è obbligato addirittura a denunciare il proprio paziente! Hai compreso bene: se confessi al tuo psicologo di aver commesso un reato perseguibile d’ufficio, rischi di essere denunciato.

Psicologo: quando è obbligato alla denuncia? Nel nostro ordinamento giuridico non sussiste (se non in ipotesi eccezionali) un obbligo di denuncia in capo ai semplici cittadini: ciò significa che, se assisti ad una rapina o ad una violenza, non sei tenuto a segnalare l’accaduto ai carabinieri o alla polizia. Al contrario, i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio sono obbligati a fare denuncia all’autorità giudiziaria ogni volta che apprendono che sia stato commesso un crimine procedibile d’ufficio. In pratica, questo significa che se un notaio, un sindaco, un infermiere o un insegnante, durante il proprio servizio (o anche al di fuori di esso, se si tratta di appartenente alle forze dell’ordine), assiste o viene a conoscenza di un reato che non è procedibile a querela di parte, deve farne immediatamente denuncia.

Ebbene, lo psicologo, nel momento in cui presta il suo servizio in un ospedale oppure in un’altra struttura sanitaria pubblica, ovvero opera in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale, è equiparato in tutto e per tutto ad un pubblico ufficiale e, pertanto, è tenuto a denunciare i crimini di cui viene a conoscenza.

Posso dire allo psicologo di aver commesso un reato? Se vai dallo psicologo e questo assume la veste di pubblico ufficiale perché è dipendente dell’ospedale, di altra struttura sanitaria pubblica oppure perché è convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale, egli sarà obbligato a denunciare ogni fatto costituente reato di cui avrà conoscenza durante il suo lavoro: se venisse meno a tale dovere, incorrerebbe nel delitto di omessa denuncia di reato [Art. 361 cod. pen.].

E allora: posso dire allo psicologo di aver commesso un reato? Puoi farlo, ma sappi che, se ricorrono le circostanze di cui sopra, egli potrà venir meno al suo obbligo di riservatezza e denunciarti. Questo significa che se confessi al tuo psicologo di aver fatto una rapina o di spacciare droga per vivere, questi potrà denunciarti. Occorre, però, che il reato sia procedibile d’ufficio: pertanto, non potrà denunciarti se ammetti di aver commesso un furtarello, di aver percosso un’altra persona e nemmeno di aver fatto violenza sessuale, poiché si tratta di reato procedibile a querela di parte.

Quando posso confessare un reato allo psicologo? Se lo psicologo esercita privatamente presso il proprio studio o presso quello di altri colleghi, egli non sarà equiparabile al pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio; tuttavia, poiché egli resta comunque un professionista sanitario, sarà comunque obbligato a fare referto e a segnalarlo all’autorità giudiziaria ogni volta che presti la sua opera ad un caso che presenta i connotati del reato. Secondo la legge, non solo il pubblico ufficiale e l’incaricato di pubblico servizio sono tenuti a fare denuncia, ma anche tutti coloro che possono essere definiti professionisti sanitari (medici, infermieri, farmacisti, psicologi, ecc.), quando prestano la loro opera in casi che presentano i connotati del reato: così, il medico di pronto soccorso che cura una persona che presenta una ferita di arma da fuoco dovrà farne segnalazione all’autorità competente; ugualmente se presta la sua assistenza ad una persona che ha causato un incidente a causa del suo stato di ebbrezza. Il professionista sanitario che si sottrae a questo obbligo incorre nel reato di omissione di referto [Art. 365 cod. pen.].

L’obbligo che grava su questi soggetti viene meno nel caso in cui il reato sia perseguibile a querela e, soprattutto, se la denuncia esporrebbe a procedimento penale il proprio assistito. Questo significa che, se confessi al tuo psicologo di essere uno spacciatore, un rapinatore o di aver usato violenza contro altre persone, questi non potrà denunciarti, in quanto ti esporrebbe ad indagini da parte dell’autorità inquirente.

Psicologo: quando può violare il segreto professionale? Di conseguenza, alla domanda «posso dire tutto allo psicologo?» si può rispondere positivamente, consapevoli però degli obblighi di denuncia che incombono su questo professionista. Possiamo perciò così sintetizzare:

  • Se lo psicologo assume la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio, egli è tenuto a denunciare ogni reato procedibile d’ufficio di cui ha conoscenza: ciò significa che potrà denunciare sia te, nel caso in cui tu gli confessi di aver compiuto un reato, sia qualsiasi altra persona di cui gli avrai parlato e al quale sia riconducibile un crimine (ad esempio, se gli hai detto che il tuo vicino spaccia, oppure ruba, ecc.);
  • Se lo psicologo è solo un professionista sanitario, non potrà denunciare te, ma solamente altre persone nel caso in cui dalla sua assistenza emerga che un delitto procedibile d’ufficio è stato commesso (ad esempio, se dici al tuo psicologo che da bambino hai subito violenze, egli dovrà farne denuncia).

Mariano Acquaviva                                      La legge per tutti                   8 febbraio 2019

www.laleggepertutti.it/273638_posso-dire-tutto-allo-psicologo

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                                                       TRIBUNALI ECCLESIASTICI

Inaugurazione degli anni giudiziari. Tribunale ecclesiastico siculo

Arcivescovo Lorefice: il processo di nullità parte integrante della pastorale matrimoniale e familiare

Il Tribunale ecclesiastico deve essere un luogo e un tempo per coniugare armoniosamente gli aspetti strettamente formali e tecnico-giuridici del processo con la dimensione pastorale del diritto, per discernere con saggezza la verità del vincolo sacro del matrimonio. Non bisogna dimenticare che il processo di nullità del matrimonio è parte integrante della pastorale matrimoniale e familiare. Prima di iniziare il processo vero e proprio, si faccia di tutto per aiutare i coniugi a riconciliarsi e solo dopo l’esito negativo si può loro consigliare di procedere, attraverso la via giudiziaria, per verificare la validità o meno del loro matrimonio fallito”. Così mons. Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo e moderatore del Tribunale ecclesiastico interdiocesano siculo, nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. “Quello svolto dal Tribunale ecclesiastico – ha detto il presule – è un vero e proprio servizio ecclesiale, una missione che si innesta pienamente nell’ambito della sollecitudine pastorale della Chiesa per il bene dei coniugi e delle loro famiglie”.

Mons. Lorefice ha insistito sulla necessità dell’aggiornamento permanente degli operatori dei Tribunali ecclesiastici, per studiare e approfondire non solo gli aspetti strettamente giuridici, ma anche quelli antropologici, teologici, spirituali e pastorali, per fare in modo che il Tribunale diventi un luogo di incontro tra misericordia, che bisogna sempre avere nei confronti delle persone e delle loro storie, e verità, in riferimento all’unità e indissolubilità del sacramento del matrimonio. Mentre si deve fare di tutto per evitare la freddezza e il distacco nel trattare le persone che si rivolgono al Tribunale ecclesiastico – ha aggiunto – occorre nello stesso tempo non lasciarsi trascinare, in nome di una malintesa sollecitudine pastorale, dal mero sentimentalismo e da una pseudo compassione a discapito della verità sul matrimonio. Come ha detto Papa Francesco, “dietro ogni pratica, ogni posizione, ogni causa, ci sono persone che attendono giustizia”. Al Tribunale interdiocesano siculo fanno riferimento 14 delle 18 diocesi di Sicilia.

Agenzia SIR                                   8 gennaio 2019

https://agensir.it/quotidiano/2019/1/8/tribunale-ecclesiastico-siculo-mons-lorefice-moderatore-il-processo-di-nullita-parte-integrante-della-pastorale-matrimoniale-e-familiare

 

Legname. I giovani d’oggi hanno paura degli impegni stabili e definitivi

Come consuetudine, inaugurando l’anno giudiziale del Tribunale ecclesiastico interdiocesano siculo, il vicario giudiziale, mons. Antonino Legname, ha presentato i dati relativi all’anno precedente. Confrontando i capi di nullità nelle cause introdotte nell’anno appena trascorso emerge che

·         Al primo posto c’è l’esclusione dell’indissolubilità del vincolo. Per mons. Legname,questo significa che, in una società liquida come quella di oggi, tanti nostri giovani non si sposano con la volontà di celebrare un matrimonio indissolubile e per tutta la vita. I giovani d’oggi, come ha detto più volte Papa Francesco, hanno paura degli impegni stabili e definitivi”.

·         Al secondo posto si colloca il capo dell’esclusione della prole. “Tanti – continua il vicario giudiziale – si sposano con la determinazione di non volere figli dal loro matrimonio. Papa Francesco ha usato parole dure quando ha detto che ci sono coppie di sposi che invece dei figli preferiscono adottare e coccolare cani e gatti”.

·         Altri ancora si sposano senza essere consapevoli degli impegni che assumono con il matrimonio. “Sono in forte aumento le richieste di nullità per problemi di natura psichica o psichiatrica. Alcune sono legate a disturbi ‘nuovi’, come ad esempio la ludopatia”.

Nel corso della cerimonia, con la prolusione su “Il Magistero di Papa Francesco nei discorsi alla Rota” di mons. Filippo Iannone, presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, il vicario giudiziale ha ribadito che “occorre un serio discernimento per evitare che i fidanzati arrivino al matrimonio con superficialità, per convenienze sociali o per impulsi emotivi, senza la capacità e la responsabilità di onorare gli impegni del matrimonio che celebrano”.

Parlando, poi, della gratuità delle cause di nullità matrimoniale, mons. Legname ha detto: “Purtroppo, ancora circolano fake news in merito ai costi delle cause, anche per questo motivo tante persone rinunciano ad iniziare il procedimento canonico per verificare la validità del loro matrimonio fallito. Ogni persona che ha contratto le nozze nella Chiesa cattolica, in caso di fallimento, ha il diritto di conoscere la verità sulla validità del matrimonio celebrato; la mancanza di disponibilità economiche non deve mai costituire una limitazione nell’esercizio di un tale diritto”.

Nella sede del Tribunale ecclesiastico siculo, a Palermo, un patrono stabile, Rosalia Mazzola, svolge consulenza gratuita. “Ovviamente si dà precedenza a chi non ha disponibilità economiche o a casi pastoralmente delicati: chi è in grado di sostenere il costo di una causa – dice – può scegliere un libero professionista tra gli iscritti all’albo dello stesso Tribunale”. Su approvazione del vicario giudiziale, il patrono stabile offre anche la rappresentanza in giudizio.

                                                       Agenzia SIR       8 gennaio 2019

https://agensir.it/quotidiano/2019/1/8/tribunale-ecclesiastico-siculo-mons-legname-vicario-giudiziale-i-giovani-doggi-hanno-paura-degli-impegni-stabili-e-definitivi

 

Iannone. “In Europa le leggi tentano di ridefinire la famiglia d’accordo con l’ideologia di moda”

 “È oggi più che mai importante esaminare quale sia la volontà reale di coloro che chiedono di sposarsi in Chiesa”. È l’appello che mons. Filippo Iannone, presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, ha lanciato ieri sera, inaugurando a Palermo l’anno giudiziario del Tribunale ecclesiastico interdiocesano siculo. Nella sua prolusione su “Il Magistero di Papa Francesco nei discorsi alla Rota”, ha sottolineato che “l’invito di Papa Francesco a una conversione pastorale delle strutture ecclesiali si dovrebbe tradurre in una più attenta valutazione della situazione delle singole persone, aiutandole ad accettare il disegno divino sulla famiglia insito nei loro cuori”. Parlando agli operatori del Tribunale ecclesiastico di 14 delle 18 diocesi siciliane, ai vescovi della Conferenza episcopale siciliana intervenuti alla inaugurazione e alle autorità civili e militari presenti, mons. Iannone ha detto: “Sappiamo che fin dall’inizio del suo pontificato Papa Francesco ha espresso come priorità pastorale la preoccupazione per la famiglia, cosciente del suo ruolo fondamentale nella Chiesa, invitando a riscoprirla come soggetto imprescindibile per la nuova evangelizzazione”. “Questo impegno – ha proseguito – si è fatto palese nella convocazione di due assemblee sinodali su questo argomento e nella pubblicazione dell’esortazione apostolica Amoris Lætitia. Anche la riforma del processo di nullità del matrimonio canonico mediante i due Motu propri Mitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et misericors Iesus, rispettivamente riguardanti il codice latino e quello delle chiese orientali, va collocata in questo contesto”.

Infine, ha aggiunto mons. Iannone, “possiamo ritenere che anche i suoi discorsi alla Rota arricchiscono di contributi il processo iniziato per rinnovare la pastorale sulla famiglia”. All’origine di questa preoccupazione del Santo Padre c’è la situazione di crisi che sta soffrendo istituzione matrimoniale e familiare. “Oggi, specie in Occidente – ha detto il relatore -, si vive sotto una specie di tirannia dell’artificialità, nella quale le leggi tentano di ridefinire la famiglia d’accordo con l’ideologia di moda, a prescindere dal suo fondamento antropologico, cioè, il naturale legame tra amore, sessualità, accoglienza della vita umana e impegno matrimoniale”.   Agenzia SIR 9 gennaio 2019

https://agensir.it/quotidiano/2019/1/9/tribunale-ecclesiastico-siculo-mons-iannone-pont-consiglio-testi-legislativi-in-europa-le-leggi-tentano-di-ridefinire-la-famiglia-daccordo-con-lideologia-di-moda

 

Tribunale ecclesiastico regionale pugliese

Sono state 210 le cause di nullità matrimoniale introdotte nel Tribunale ecclesiastico regionale pugliese nel 2018 contro le 261 dell’anno precedente. Lieve riduzione anche per quelle decise. Sono state 252 contro le 264 del 2017. I dati sono stati resi noti stamani durante la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario del Tribunale. “Il numero di cause introdotte (210), inferiore rispetto allo scorso anno (261), è dovuto soprattutto al fatto che nell’ultimo quadrimestre, dei tre patroni stabili ne è stato operativo solo uno, in quanto una ha lasciato il servizio e l’altra era in maternità – ha segnalato don Pasquale Larocca, vicario giudiziale del Tribunale -. Ciò spiega anche la lieve flessione delle cause decise. Per l’anno in corso la Conferenza episcopale regionale ha deciso l’immissione in organico del terzo patrono stabile”. Il vicario ha spiegato, inoltre, che “la riforma pontificia ha ampiamente soddisfatto le attese circa una giustizia più celere ed efficace, attraverso un sensibile snellimento delle procedure. I tempi processuali si sono notevolmente ridotti e un processo celebrato con rito ordinario, nelle migliori condizioni, viene evaso in meno di un anno”.

                                                       Agenzia SIR       9 febbraio 2019

https://agensir.it/quotidiano/2019/2/9/tribunale-ecclesiastico-regionale-pugliese-nel-2018-cause-introdotte-in-calo-don-larocca-vicario-con-la-riforma-giustizia-piu-celere

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VIOLENZA

Famiglie ferite. Violenza assistita.

Save the children: “In 5 anni 427 mila minori coinvolti”.

Lanciata oggi a Bari una campagna di Save the children contro la violenza assistita di cui in 5 anni sono stati vittime 427mila bambini mentre sono quasi un milione e mezzo le mamme oggetto di maltrattamenti in famiglia, ma oltre la metà non denuncia. Entro febbraio aprirà per loro anche uno spazio di ascolto, orientamento e sostegno.                                                                               www.savethechildren.it

In soli 5 anni in Italia 427mila minori hanno vissuto situazioni di violenza domestica commesse nei confronti delle proprie mamme, quasi sempre per mano del padre o del nuovo compagno della donna. Una piaga, quella della violenza assistita, che nel nostro Paese non riesce ad emergere perché ancora poco conosciuta e spesso sottovalutata. In Italia più di 1 donna su 10, tra quelle che hanno subito una qualche forma di violenza nella loro vita (6,7 milioni) ha temuto per la propria vita o quella dei propri figli e in quasi la metà dei casi i loro bambini hanno assistito in prima persona ai maltrattamenti. Una percentuale che supera la soglia del 50% al nord-ovest, al nord-est e al sud, mentre in più di 1 caso su 10 (12,7%) le donne dichiarano che i propri bambini sono stati a loro volta vittime dirette dei soprusi per mano dei propri padri.

A denunciare un fenomeno per lo più sommerso che ha però conseguenze devastanti sulla vita di migliaia di minori, è Save the Children che oggi ha inaugurato a Bari l’evento “Abbattiamo il muro del silenzio – La stanza di Alessandro”, con il patrocinio dell’Assessorato a Welfare, accoglienza e pari opportunità del Comune e dell’Università degli studi di Bari Aldo Moro. Si tratta di un’installazione “immersiva” visitabile fino al 7 febbraio presso l’Ateneo.

 “La casa dovrebbe rappresentare il luogo più sicuro per ogni bambino dove crescere e sentirsi protetto”, ha affermato Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the Children, intervenuta all’inaugurazione presso l’Aula magna “Aldo Cossu” dell’Università. “Purtroppo – ha aggiunto – spesso non è così e proprio tra le pareti domestiche i bambini sono costretti a vivere in un perpetuo stato di ansia e angoscia. Assistere alla violenza nei confronti di un genitore può causare dei traumi profondissimi nei minori. Depressione, attacchi di panico, difficoltà nella socializzazione e nel percorso di studi, atti di aggressività sono solo alcune delle conseguenze più dirette di chi è vittima di violenza assistita. Una piaga che in Italia continua ad essere sottovalutata”. Per questo è fondamentale sensibilizzare sul tema della violenza assistita e attivare reti di prevenzione e protezione.

Secondo il dossierdi Save the Children, sono più di 1,4 milioni le mamme vittime di violenza domestica in Italia. Tra queste, più di 1 su 3 è stata vittima di violenza durante la gravidanza. A sottolineare quanto il fenomeno rimanga ancora sommerso, l’Organizzazione evidenzia che ben 550.000 donne vittime di violenza domestica non hanno denunciato i loro aggressori o non si sono rivolte a figure specializzate. Nel 57% dei casi, infatti, le violenze subite vengono ancora considerate come “qualcosa di sbagliato” e non un reato da denunciare.

Eppure, ha avvertito Francesca Bottalico, assessore al Welfare del Comune di Bari, “la violenza di genere, in particolare quella che si consuma tra le mura domestiche, rappresenta un fenomeno molto complesso, dagli effetti spesso dannosi non solo per la donna ma anche per i figli”. La campagna “Abbattiamo il muro del silenzio”, intende quindi “accendere i riflettori su un fenomeno che rischia di passare in secondo piano ma che, invece, assume pari, se non maggiore importanza, in quanto si riversa sui minori provocando danni a livello comportamentale, psicologico, fisico, cognitivo e sociale con la compromissione dei processi di sviluppo” e spesso “tutto questo dolore finisce per innescare una spirale di nuova violenza una volta divenuti adulti”. È quindi fondamentale investire su formazione e consapevolezza degli adulti per tutelare l’infanzia.

Il Centro per l’apprendimento permanente (Cap) dell’Università di Bari, “fin dalla sua costituzione ha messo al centro le dinamiche di ascolto e le storie di vita delle persone, bambini, donne e uomini che vivono relazioni spesso difficili con il contesto sociale di riferimento”, ha spiegato la presidente Fausta Scardigno, convinta che l’iniziativa avviata oggi sia “un’occasione importante che il Cap vuole condividere con i suoi utenti e la sua rete di attori per rimettere al centro il vissuto umano e le storie e le esperienze emotive di chi vive un’esperienza traumatica”.

L’evento di sensibilizzazione odierno rappresenta anche l’occasione di lancio del primo “Punto di ascolto” all’interno di uno “Spazio mamme” realizzato da Save the Children, in collaborazione con l’associazione “Mamma Happy” per dare alle mamme, soprattutto a quelle in condizione di fragilità, l’opportunità di confrontarsi con personale esperto, sui temi della genitorialità e ricevere orientamento e supporto personalizzato nella costruzione di percorsi di autonomia e di fuoriuscita da ogni forma di disagio. Lo spazio sarà aperto entro il mese di febbraio, con accesso gratuito a cadenza settimanale.

Giovanna Pasqualin Traversa          Agenzia SIR   5 febbraio 2019

            https://agensir.it/italia/2019/02/05/violenza-assistita-save-the-children-in-5-anni-427-mila-minori-coinvolti-al-via-la-campagna-abbattere-il-muro-del-silenzio

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