UCIPEM Unione Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali
NewsUCIPEM n. 723 – 14 ottobre 2018
Unione Consultori Italiani Prematrimoniali E Matrimoniali
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“Notiziario Ucipem” unica rivista ufficiale – registrata Tribunale Milano n. 116 del 25.2.1984
Supplemento on line. Direttore responsabile Maria Chiara Duranti. Direttore editoriale Giancarlo Marcone
News gratuite si propongono di riprendere dai media e inviare informazioni, di recente acquisizione, che siano d’interesse per gli operatori dei consultori familiari e quanti seguono nella società civile e nelle comunità ecclesiali le problematiche familiari e consultoriali.
Sono così strutturate:
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Notizie in breve per consulenti familiari, assistenti sociali, medici, legali, consulenti etici ed altri operatori, responsabili dell’Associazione o dell’Ente gestore con note della redazione {…ndr}.
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02 ABORTO VOLONTARIO Le parole del Papa e la cultura dei “diritti insaziabili”.
03 ACCOGLIENZA Corridoi umanitari per minori stranieri non accompagnati.
03 AFFIDO CONDIVISO La scelta della residenza abituale è fondamentale x l’equilibrio dei minori
04 Accesso a genitore per ridurre i contrasti genitoriali pregiudizievoli
04 ASSEGNO MANTENIMENTO FIGLI Esenzione di responsabilità per il genitore di figli non matrimoniali
05 CENTRO INTERN. STUDI FAMIGLIA Newsletter CISF – N. 32, 10 ottobre 2018.
07 CHIESA CATTOLICA Tra i segni dei tempi, donna nello spazio pubblico, anche ecclesiale
09 I veri nemici di Francesco.
10 “Al Concilio mise troppi freni su lotta alla povertà e guerra”
11 COMM.ADOZIONI INTERNAZIONALI Famiglie aspiranti all’adozione di minori bielorussi.
11 COMUNIONE DEI BENI Casa acquistata dal marito è anche della moglie?
13 CONSULTORI UCIPEM Mantova. Etica Salute & Famiglia-ottobre 2018
13 Milano. “Genitori oggi”
15Taranto. Scuola Pugliese di Formazione alla Consulenza Familiare
17 DALLA NAVATA28° Domenica – Anno B –14 ottobre 2018.
17 Beati gli insoddisfatti, se diventano cercatori di tesori
18 DIRITTO DI FAMIGLIA Diritto di famiglia, spiragli di riforma in antitesi al Ddl Pillon
19 Ddl Pillon, una proposta da fermare!
22 «Il Ddl Pillon annulla le differenze tra mamme e papà».
23 L’ affido “paritario” alla luce della giurisprudenza.
24 DISCERNIMENTO Il discernimento? È capire la volontà di Dio.
26 ENTI TERZO SETTORE Fisco, onlus, ex Ipab, norme mancanti: le incertezze nella Riforma.
27 Privacy, registro dei trattamenti: le istruzioni del Garante.
28 FEMMINILITÀ I 14 tipi di donna. L’altro volto della Bibbia
29 5FESTIVAL DELLA FAMIGLIA Trento. Settima Edizione. Anno 2018.
30 FILIAZIONE Riconoscimento del figlio naturale.
30 FRANCESCO VESCOVO DI ROMA «Interrompere la gravidanza significa farne fuori uno».
31 OMOFILIAPastorale LGBT. Il sogno di don David diventa “Tenda” di Gionata.
32 SINODO DEI VESCOVI SUI GIOVANIAbusi, Scicluna: Piango con le vittime vogliose di giustizia.
33La domanda: «Dateci una liturgia più bella e partecipata».
33Populismi e totalitarismi possono distruggere l’Europa.
34Il cardinale Marx: «Più donne nella Chiesa nei ruoli che contano»
35 VIOLENZA Rapporti sessuali x affermare la propria supremazia, condannato.
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ABORTO VOLONTARIO
Le parole del Papa e la cultura dei «diritti insaziabili»
«In ogni vita fragile e minacciata, Cristo ci sta cercando». È questa forse, nel discorso pronunciato durante l’udienza generale dal Papa sul quinto comandamento «Non uccidere», la frase che più ci interpella, a cui dobbiamo dare risposta. Una risposta che non riguarda solo il singolo ma l’intera comunità, stimolando tutti a interrogarsi su quanto la società in cui viviamo sappia far crescere relazioni davvero umane, come avrebbe detto Sciascia.
Ed è facile scoprire come la domanda di protezione e rispetto per la vita vada subito a sbattere contro il muro dei diritti.
Ogni desiderio deve ormai trasformarsi in diritto esigibile, irrigidito in una norma. Sono i famosi ‘diritti insaziabili’, che sembrano anche inarrestabili, poiché nessuno pare avere intenzione di cambiare rotta. In questi giorni si è molto parlato, ancora una volta, della legge sull’aborto.
Una tema da sempre lacerante e divisivo, che scatena immediatamente prese di posizione ideologiche, utili per rimarcare l’appartenenza a uno schieramento ma non per compiere una seria verifica, come già avevamo proposto dalle colonne di Avvenire oltre dieci anni fa. Un tagliando alla 194\1978, chiedevamo allora. In concreto, un esame serio e argomentato, dopo tanti anni di applicazione della legge; una richiesta banale, dato che la cultura, i comportamenti, le tendenze, cambiano, e il legislatore ne deve prendere atto, intervenendo per modificare dove serve.
Oggi di anni dal suo varo ne sono passati quaranta, ma la legge sull’interruzione di gravidanza resta un totem intoccabile, a destra come a sinistra. Nessuno vuole andare oltre lo sventolio di qualche bandiera pro o contro. Basta vedere come dati di fatto documentatissimi siano tranquillamente ignorati. Ad esempio, l’obiezione di coscienza: i periodici attacchi a questa libertà fondamentale, anche da sedi europee, non tengono conto delle informazioni fornite con dovizia di dettagli dalla relazione annuale al Parlamento sulla 194, da cui risulta che il carico di lavoro per i medici che fanno gli aborti sia di 1,6 interventi a settimana.
Non si può invocare la famosa critica di Trilussa, secondo cui la statistica fa la media tra chi mangia due polli e chi non ne mangia nessuno: i dati, raccolti dalle regioni in ogni Asl ci dicono che le percentuali sono piuttosto omogenee.
Eppure gli obiettori sono costantemente accusati di essere troppi e di impedire l’accesso all’Ivg. Oppure, basta vedere l’insistenza con cui si propongono come ‘politiche di prevenzione’ la diffusione della contraccezione chimica e l’educazione sessuale, quando i Paesi che sono in testa alle classifiche europee per entrambe le cose, come Svezia o Inghilterra, sono anche quelli con il più alto tasso di abortività. Fake news sull’aborto? Si tratta in realtà di convinzioni ideologiche così diffuse e radicate che i dati di fatto fanno fatica a emergere. E si potrebbe continuare.
Penso alla prima parte della legge, quella sulla prevenzione (l’articolo 2 afferma che i consultori dovrebbero «contribuire a far superare le cause che inducono la donna all’interruzione di gravidanza»), che è stata applicata in sostanza solo dai Centri di aiuto alla vita e dal volontariato cattolico. Invece di riconoscere la generosità con cui spesso i volontari hanno aiutato le donne e le famiglie in difficoltà, li si accusa di essere contro le donne e i loro diritti (vedi la polemica scatenata dalla mozione di Verona).
Penso anche alle «condizioni economiche», previste dalla legge come una ragione valida per eliminare una vita.
Assurdo che un welfare degno di questo nome non sappia intervenire per sostenere quelle donne che il figlio lo vorrebbero, ma hanno gravi problemi economici e lavorativi. Insomma, è possibile che di tutto questo si possa discutere non accademicamente né ideologicamente, ma con la seria possibilità di intervenire su una legge vecchia, che di un tagliando avrebbe sicuramente bisogno? Temo, purtroppo, che non sia ancora possibile, e che le leggi che hanno ferito la vita e la famiglia siano destinate a restare lì, indiscutibili e intoccabili, al di là di ogni dato e di ogni argomento ragionevole.
Eugenia Roccella Avvenire 11 ottobre 2018
www.avvenire.it/opinioni/pagine/pi-maternit-meno-aborti-possiamo-parlarne
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ACCOGLIENZA
Corridoi umanitari per minori stranieri non accompagnati
Il Ministro dell’Interno, Salvini annuncia “Sto lavorando con alcune comunità cattoliche per riaprire corridoi umanitari che possano portare in Italia in aereo, non sui barconi, decine di donne e bambini in fuga dalla guerra “. Nel frattempo Griffini (Ai.Bi.) presenta ad alcuni esponenti istituzionali della maggioranza di governo il proprio progetto di corridoi umanitari per i minori stranieri non accompagnati.
“Migranti. Libia e corridoi umanitari, segnali di svolta dal governo italiano” titola l’articolo pubblicato oggi 10 ottobre 2018 da Avvenire sulle dichiarazioni del ministro dell’Interno, Salvini, e del ministro degli Esteri, Moavero Milanesi.
www.avvenire.it/attualita/pagine/libia-e-corridoi-umanitari-moavero
“In senso stretto e giuridico, la Libia non può essere considerata porto sicuro, e come tale infatti viene trattata dalle varie navi che effettuano dei salvataggi” ha dichiarato il ministro degli Esteri Enzo MoaveroMilanesi nel corso di una conferenza stampa alla Farnesina.
Intanto da Lione – dov’è in corso il vertice del «G6» (Italia, Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Polonia, più Marocco) sul terrorismo internazionale – arriva anche l’annuncio del ministro dell’Interno Matteo Salvini di voler “riaprire corridoi umanitari che possano portare in Italia in aereo, non sui barconi, decine di donne e bambini in fuga dalla guerra. Sto lavorando con alcune comunità cattoliche e conto di accogliere a Fiumicino, già in questo mese di ottobre, persone che meritano di essere aiutate”.
Salvini farebbe riferimento ad un’evacuazione umanitaria di 75-100 richiedenti asilo (fra cui numerose donne, vittime di abusi, e bambini) fatti uscire dai centri di detenzione libici, in collaborazione con i funzionari dell’Acnur che potrebbero arrivare nei prossimi giorni, a spese dello Stato, ed essere affidati all’accoglienza di comunità cattoliche.
Il sistema dei corridoi umanitari è al centro anche della proposta di Amici dei Bambini (illustrata in questi giorni ad esponenti istituzionali della maggioranza di Governo) per superare l’emergenza dei minori stranieri non accompagnati e far decollare finalmente l’affido in famiglia, come previsto dalla legge Zampa.
Secondo Marco Griffini, presidente di Ai.Bi. “Bisogna individuare già lì, nei territori in cui si trovano i campi profughi, i minori che possono essere accolti e che giungerebbero in Italia in modo sicuro, senza rischiare la vita in mare, per poi essere affidati a famiglie preparate, senza lasciarli per mesi e mesi in prima accoglienza. Le famiglie disponibili ci sono. Già nel 2013, all’indomani del tragico naufragio di Lampedusa, Ai.Bi. aveva lanciato un appello all’accoglienza all’invito di Papa Francesco, ricevendo la disponibilità di oltre 2.200 famiglie.”
Quattro le fasi essenziali del progetto di “corridoi umanitari per minori stranieri non accompagnati” proposto da Ai.Bi.:
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Individuare i minori stranieri non accompagnati nei campi profughi africani aventi i requisiti per essere accolti in Italia e fare per loro una formazione;
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Trasferimento accompagnato e protetto in Italia;
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Accoglienza dei minori non accompagnati in famiglie italiane opportunamente individuate e formate in applicazione della legge Zampa;
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Accompagnamento individualizzato del minore e della famiglia affidataria nel post-accoglienza, attraverso l’esperienza di operatori specializzati.
“Se avrà successo, questo modello potrebbe essere utilizzato per tante altre emergenze, per un’accoglienza tempestiva che dia ai minori le tutele a cui hanno diritto, per il tempo necessario, prima di rientrare “.
E questa è un’altra ragione per cui varrebbe la pena – dice Griffini – mettere in piedi questo strumento, ora i tempi sono maturi.
News Ai. Bi. 10 ottobre 2018
www.aibi.it/ita/immigrazione-regole-corridoi-umanitari-salvini-aibi
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AFFIDO CONDIVISO
La scelta in ordine alla residenza abituale è fondamentale per l’equilibrio dei minori.
Tribunale di Roma, 18 agosto 2018
Nella fase presidenziale del giudizio di separazione le parti formulavano contrapposte istanze di collocamento prevalente dei figli, rappresentando la madre la sua esigenza di trasferimento per motivi di lavoro all’estero ed il padre la sua volontà di mantenere la frequentazione quotidiana dei figli e la necessità di non sradicarli dal tessuto relazionale famigliare.
La scelta delle residenza abituale è fondamentale per l’equilibrio dei minori. In mancanza di diverso accordo fra i genitori, per il legislatore la conservazione dell’habitat domestico costituisce un valore da tutelare.
A tale criterio può derogarsi solo ove sussistano comprovate ragioni di ordine economico o di salute, tali da garantire una migliore tutela dell’interesse dei minori.
A fronte di un situazione che vede, nella fattispecie in esame, un consolidato equilibrio raggiunto dai figli, il trasferimento costituisce un’incognita, rispetto alla quale non si profila alcuna insuperabile necessità.
Il Tribunale rigetta quindi la domanda di trasferimento della residenza abituale dei figli
Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia 12 ottobre 2018
www.osservatoriofamiglia.it/contenuti/17507768/la-scelta-in-ordine-alla-residenza-abituale-%C3%A8-fondamentale-per-l-equilibrio-dei-.html
Limitazioni all’accesso al genitore per ridurre i contrasti genitoriali pregiudizievoli per la figlia.
Corte di Cassazione, prima Sezione civile, ordinanza n. 22219, 12 settembre 2018 www.studiofronzonidemattia.it/wp-content/uploads/2018/09/Cassazione-Civile-12.09.2018-22219.pdf
Giudizio di separazione, sia in I sia in II grado i giudici di merito avrebbero applicato il regime di affido condiviso come se fosse un affido esclusivo. Il padre poteva vedere la figlia un solo giorno alla settimana, in tal modo con lesione del diritto del minore a ricevere cure, educazione e istruzione con paritaria presenza di entrambi i genitori.
Per la Corte, attiene poi ai poteri del giudice di merito fornire una concreta regolazione del regime di visita, secondo modalità che non sono sindacabili, nelle loro specifiche articolazioni, in sede di giudizio di legittimità.
Nel caso di specie la corte territoriale aveva provveduto a stabilire in maniera rigida tempi e modalità di frequentazione fra il padre e la figlia per sedare il continuo contrasto esistente fra i genitori ed evitare che la bambina fosse costretta a difendersi dai loro conflitti.
Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia 12 ottobre 2018
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ASSEGNO DI MANTENIMENTO PER I FIGLI
Esenzione di responsabilità per il genitore di figli non matrimoniali
Corte d’Appello Trento, ordinanza 21 Settembre 2018.
Questione di legittimità costituzionale. Introduzione del nuovo art. 570-bis c.p.
I virtù del diritto vivente anteriore alla entrata in vigore delle modifiche introdotte dal D. Lgs n. 103 del 2017 (con cui è stato inserito il nuovo art. 570-bis c.p.c.), il reato di omesso versamento dell’assegno periodico per il mantenimento, educazione e istruzione dei figli, previsto dell’art.12-sexies Legge 1 dicembre 1970, n. 898 (richiamato dall’art. 3 della Legge 8 febbraio 2006 n. 54), è configurabile non solo nel caso di separazione dei genitori coniugati, ovvero di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, ma anche in quello di violazione degli obblighi di natura economica derivanti dalla cessazione del rapporto di convivenza.
La cennata legge n. 103 del 2017 ha però abrogato i menzionati riferimenti normativi e inserito il già citato art. 570-bis c.p. ove si prevede che “Le pene previste dall’articolo 570 si applicano al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero vìola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli”.
Per effetto della nuova norma, sono stati esclusi dalla punizione penale le omissioni di obblighi economici disposti, in sede giudiziaria, in favore di figli nati fuori del matrimonio, alla luce della testuale individuazione del soggetto attivo del reato di nuova formulazione, che è il coniuge. Conseguentemente, il genitore di figli avuti con persona non unita in matrimonio va ora esente da ogni responsabilità penale in caso di sua sottrazione agli obblighi di mantenimento della prole, né è possibile alcuna interpretazione costituzionalmente orientata della norma in questione, nella parte censurata, contrariamente a quanto era possibile effettuare rispetto alla previgente formulazione dell’art. 3 della legge n. 54/2006, per il chiaro tenore letterale della stessa.
Risulta, dunque, essere stata operata dal Legislatore delegato una abrogazione, non solo formale e funzionale alla realizzazione della riserva di codice, ma sostanziale di una parte della previgente previsione incriminatrice. E’ da escludersi che siffatto potere fosse attribuito dalla Legge delega, in considerazione dell’inequivocabile mandato di (mero) trasferimento nell’unicità organica del codice penale di fattispecie criminose disseminate in leggi speciali.
Ne consegue che è rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale relativamente agli articoli 2 comma 1 lettera c) e 7 comma 1 lettere b) e o) della decreto legislativo 1° marzo 2018 n. 21 nella parte in cui è abrogata la previsione incriminatrice della violazione degli obblighi di assistenza familiare da parte del genitore non coniugato, per contrasto con gli artt. 25 e 76 della Costituzione.
Giuseppe Buffone, magistrato
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20596 -. 10 o/10/2018
Ordinanza http://divorzio.ilcaso.it/sentenze/ultime/20596/divorzio
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CENTRO INTERNAZIONALE STUDI FAMIGLIA
Newsletter CISF – N. 32, 10 ottobre 2018
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Tra fratelli: la bellezza dell’accoglienza. Meno di tre minuti che sorprendono e commuovono per verità, serenità e gioia, in un’intervista a due fratellini davvero speciali [video, in inglese, con sottotitoli in italiano]. www.facebook.com/psicologia.applicata/videos/1932125120410063
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Cesena: un percorso diocesano su famiglia, lavoro e festa. Nella diocesi di Cesena è iniziato lunedì 8 ottobre 2018 un ciclo di seminari di studio, in orario serale, sul tema “Educare alla vita buona del Vangelo nel lavoro e nella festa” (titolo anche del documento di Orientamenti pastorali della diocesi per il 2018-2019), promosso congiuntamente da Ufficio famiglia, Pastorale sociale e del lavoro e Caritas. Nella prima serata, dedicata a “Il lavoro risorsa e sfida per la famiglia” il Direttore Cisf (F. Belletti) ha sottolineato che “lavoro e famiglia possono essere ambiti di vita alleati e non ostili l’uno all’altro, soprattutto perché costituiscono una dimensione irrinunciabile della personalità umana, ed entrambi gli ambiti esigono e alimentano nelle persone alcuni valori fondativi, come la libertà, la responsabilità e la generatività”. Il percorso prosegue lunedì 22 ottobre 2018 (Famiglia e lavoro via per la santità), e lunedì 5 novembre 2018 (Vivere il lavoro e la festa con stili di vita solidali). A chiudere il tema, domenica 11 novembre 2018, il XXXI convegno della famiglia, dedicato a “Famiglia, festa, lavoro: tre doni di Dio”.
www.corrierecesenate.it/Diocesi/Lavoro-e-festa.-Educare-alla-vita-buona
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Nuove famiglie e nuovi anziani: La generazione sandwich: genitori di genitori anziani e di figli adulti. II Cisf collabora alla realizzazione del percorso informativo-formativo, promosso a Milano dall’Associazione OEFFE (Orientamento Familiare) in collaborazione con il Municipio 3 del Comune di Milano. www.oeffe.it
Il percorso à articolato su tre incontri (19 ottobre, 26 ottobre, 23 novembre 2018) e prevede interventi di esperti, visione di un film e un confronto su esperienze concrete
http://newsletter.sanpaolodigital.it/cisf/attachments/newscisf3218_allegato1.pdf
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Sustainable development in the European Union. Monitoring report on progress towards the Sustainable Development Goals in an EU Context (Lo sviluppo sostenibile nell’Unione Europea. Rapporto di monitoraggio sullo stato di avanzamento degli Obiettivi per lo sviluppo Sostenibile nel contesto europeo). Rapporto 2018. Elaborato da Eurostat, questo corposo documento [358 pagine, in inglese], contiene una puntuale ricognizione di molteplici e dettagliati indicatori quantitativi (con prospetti comparativi per i Paesi UE) sul grado di perseguimento dei 17 obiettivi 2030 per lo Sviluppo Sostenibile individuati dalle Nazioni Unite.
https://ec.europa.eu/eurostat/documents/3217494/9237449/KS-01-18-656-EN-N.pdf/2b2a096b-3bd6-4939-8ef3-11cfc14b9329
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Associazione aiuto famiglia. Al via l’undicesima campagna nazionale di promozione dell’armonia nella coppia “Dall’io al noi”. “A partire da lunedì 1 ottobre e fino alla fine di novembre le coppie avranno la possibilità di conoscersi meglio e fare una sorta di “controllo” su quello che è il loro rapporto, beneficiando altresì di una consulenza psicologica gratuita. Tale possibilità è rivolta a tre diversi livelli relazionali: alle coppie che a scopo preventivo e senza evidenti problematiche vogliono migliorare il proprio rapporto; a coppie che sentono la necessità di ravvivare la propria relazione; a coloro che ormai vivono con il partner in maniera conflittuale e con marcati segnali di sofferenza”.
www.aiutofamiglia.org/campagna
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Milano: un progetto di housing sociale “dementia friendly”. Il 12 settembre presso la sede del Comune di Milano è stata presentata Grace, la nuova struttura di Ageing Community e habitat terapeutici per l’Alzheimer costituita nell’ambito del “Borgo Sostenibile” di Figino, che in questi anni è cresciuto grazie a Fondazione Housing Sociale. Realizzato dalla Cooperativa Sociale Genera Onlus, Grace è un progetto che mette insieme servizi socio sanitari altamente qualificati e flessibili – pensati per rispondere ai bisogni delle persone fragili e delle loro famiglie – con spazi per coworking, residenze per anziani e appartamenti per persone che necessitano di accoglienze temporanee di diverso tipo. Ma anche un’area ad hoc dedicata alla ricerca. L’obiettivo è sperimentare un nuovo mix abitativo e intergenerazionale che tenga in considerazione le esigenze delle persone non autosufficienti. Un primo, piccolo quartiere “Dementia Friendly” dove le persone con decadimento cognitivo e affette da Alzheimer, ospiti del locale Centro Diurno Integrato, potranno trascorrere le proprie giornate partecipando non solo alle attività di un servizio specializzato ma anche alla via quotidiana di quartiere: un caffè al bar, la lettura di un libro nella Biblioteca Sociale, quattro chiacchiere su una panchina, guardare i bambini giocare nel parco, dare consigli a chi coltiva gli orti del borgo.
www.fhs.it/progetti/residenze/borgo-sostenibile
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Case editrici
Marzotto Costanza, Separazione. Sempre al tuo fianco, San Paolo, Cinisello Balsamo 2018, pp. 160, € 14,00. Separazione (e divorzio) oggi sono tra le situazioni familiari più frequenti a cui i nonni si trovano ad assistere: come affrontare le difficoltà di un figlio o di una figlia che si dibattono tra i cocci di un matrimonio fallito, e come salvaguardare il benessere dei nipoti e la relazione con loro? A queste gravi domande offre una risposta Costanza Marzotto, psicologa dell’Università Cattolica di Milano, mediatrice familiare coinvolta nell’esperienza dei “Gruppi di parola per figli di genitori separati”. Con la voce dei diretti interessati e un ampio sguardo psicologico e sociale, il libro si propone come un piccolo strumento che accompagna i nonni a orientarsi nella complessa riorganizzazione familiare e ad affrontare le proprie emozioni, per restare sempre un porto sicuro per i nipoti.
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Specializzarsi per la famiglia. Corso di Perfezionamento “Significare il Corpo: limite, incontro e risorsa”. Roma, promosso da ISSA (Istituto di Studi Superiori sulla Donna) della Università Pontificia Regina Apostolorum. “Il corso inizia approfondendo i fondamenti dell’identità sessuale della persona e della differenza sessuale fra l’uomo e la donna da un punto di vista interdisciplinare. Affrontando una panoramica di come viene colto e presentato il corpo nella cultura odierna lasciandoci interpellare dalle domande che ci pone la realtà: quale il rapporto fra corpo e identità? come viene colta questa realtà dai mass media? dalla letteratura? dalla tecnologia? che ne dice la Sacra Scrittura? Il secondo modulo propone i modi in cui una simbolica dei corpi illumina il rapporto tra gli uomini e le donne nei diversi ambiti della vita familiare, sociale e culturale. Questo rapporto si esprime in diversi modelli di reciprocità che vengono affrontati e approfonditi durante il percorso”. Iscrizioni entro il 12 febbraio 2019. Lezioni dal 19 maggio al 28 maggio 2019
www.upra.org/wp-content/uploads/2018/09/flyer_SIGNIFICARE-IL-CORPO_BASSA-1-002.pdf
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Save the date
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Nord Humanae Vitæ: un faro per l’amore vero, evento promosso da Arcidiocesi di Genova e diverse altre associazioni familiari, Genova, 13 ottobre 2018.
www.confederazionemetodinaturali.it/userfiles/News/files/Locandina_HV_un_faro_per_l_amore_vero.pdf
La persona con demenza è solo un malato? Convegno con lavoro in piccoli gruppi basato sull’ApproccioCapacitante®, promosso da Gruppo Anchise (crediti ECM per tutte le professioni sanitarie, richiesto per gli assistenti sociali), Milano, 27 ottobre 2018. www.formalzheimer.it
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CentroGenerazioni a confronto. Invecchiamento attivo e mondo del lavoro, organizzato dalla Commissione Informazione e Lavoro del CNEL, Roma, 24 ottobre 2018.
http://newsletter.sanpaolodigital.it/cisf/attachments/newscisf3218_allegato2.pdf
Un cuore largo. La provocazione del figlio unico, incontro promosso dalla Cattedra Gaudium et spes del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II, Roma, 18 ottobre 2018.
www.istitutogp2.it/public/Cuore%20Largo-Locandina%20(2018.09.13).pdf
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Sud Messa alla prova del processo minorile. Obiettivi di reinserimento sociale, evento formativo (con crediti formativi per avvocati e assistenti sociali) promosso da AIMMF (Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e la Famiglia), Potenza, 26 ottobre 2018.
www.ami-avvocati.it/wp-content/uploads/2018/09/Screenshot_20180930-112734.png
Scegliere, provocare, connettersi. Le sfide del volontariato nella società dello scontento, convegno e assemblea nazionale di CVSnet (rete nazionale dei centri di servizio per il volontariato, Matera, 11-14 ottobre 2018.
www.csvnet.it/images/CSVnet/Eventi_calendario/Programma_Conferenza2018.pdf
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Estero Transforming UK Midwifery: Developing Maternity Services to Promote Quality, Choice and Stability (Trasformare l’ostetricia nel Regno Unito: sviluppare i servizi per la maternità per promuovere qualità, scelta e stabilità), incontro promosso da Public Policy Exchange, Londra, 6 novembre 2018. www.publicpolicyexchange.co.uk/media/events/flyers/IK06-PPE_flyer.pdf
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CHIESA CATTOLICA
Tra i segni dei tempi, la donna nello spazio pubblico, anche ecclesiale
Un grande testo, di Giovanni XXIII, nella Enciclica “Pacem in terris” (11 aprile 1963), inaugura una nuova considerazione delle “cose moderne” nell’ambito del discorso ecclesiale. Rileggerlo integralmente, durante questi giorni sinodali, può fare molto bene. Ecco il testo dei paragrafi 21-25 di Pacem in terris, che hanno come titolo generale “Segni dei tempi”:
§ 21. Tre fenomeni caratterizzano l’epoca moderna. Anzitutto l’ascesa economico-sociale delle classi lavoratrici. Nelle prime fasi del loro movimento di ascesa i lavoratori concentravano la loro azione nel rivendicare diritti a contenuto soprattutto economico-sociale; la estendevano quindi ai diritti di natura politica; e infine al diritto di partecipare in forme e gradi adeguati ai beni della cultura. Ed oggi, in tutte le comunità nazionali, nei lavoratori è vividamente operante l’esigenza di essere considerati e trattati non mai come esseri privi di intelligenza e di libertà, in balia dell’altrui arbitrio, ma sempre come soggetti o persone in tutti i settori della convivenza, e cioè nei settori economico-sociali, in quelli della cultura e in quelli della vita pubblica.
§ 22. In secondo luogo viene un fatto a tutti noto, e cioè l’ingresso della donna nella vita pubblica: più accentuatamente, forse, nei popoli di civiltà cristiana; più lentamente, ma sempre su larga scala, tra le genti di altre tradizioni o civiltà. Nella donna, infatti, diviene sempre più chiara e operante la coscienza della propria dignità. Sa di non poter permettere di essere considerata e trattata come strumento; esige di essere considerata come persona, tanto nell’ambito della vita domestica che in quello della vita pubblica.
§ 23. Infine la famiglia umana, nei confronti di un passato recente, presenta una configurazione sociale-politica profondamente trasformata. Non più popoli dominatori e popoli dominati: tutti i popoli si sono costituiti o si stanno costituendo in comunità politiche indipendenti.
§ 24. Gli esseri umani, in tutti i paesi e in tutti i continenti, o sono cittadini di uno stato autonomo e indipendente, o stanno per esserlo; nessuno ama sentirsi suddito di poteri politici provenienti dal di fuori della propria comunità umana o gruppo etnico. In moltissimi esseri umani si va così dissolvendo il complesso di inferiorità protrattosi per secoli e millenni; mentre in altri si attenua e tende a scomparire il rispettivo complesso di superiorità, derivante dal privilegio economico-sociale o dal sesso o dalla posizione politica.
Al contrario è diffusa assai largamente la convinzione che tutti gli uomini sono uguali per dignità naturale. Per cui le discriminazioni razziali non trovano più alcuna giustificazione, almeno sul piano della ragione e della dottrina; ciò rappresenta una pietra miliare sulla via che conduce all’instaurazione di una convivenza umana informata ai principi sopra esposti. Quando, infatti, negli esseri umani affiora la coscienza dei loro diritti, in quella coscienza non può non sorgere l’avvertimento dei rispettivi doveri: nei soggetti che ne sono titolari, del dovere di far valere i diritti come esigenza ed espressione della loro dignità; e in tutti gli altri esseri umani, del dovere di riconoscere gli stessi diritti e di rispettarli.
25. E quando i rapporti della convivenza si pongono in termini di diritti e di doveri, gli esseri umani si aprono sul mondo dei valori spirituali, e comprendono che cosa sia la verità, la giustizia, l’amore, la libertà; e diventano consapevoli di appartenere a quel mondo. Ma sono pure sulla via che li porta a conoscere meglio il vero Dio, trascendente e personale; e ad assumere il rapporto fra se stessi e Dio a solido fondamento e a criterio supremo della loro vita: di quella che vivono nell’intimità di se stessi e di quella che vivono in relazione con gli altri.
http:/w2.vatican.va/content/john-xxiii/it/encyclicals/documents/hf_j-xxiii_enc_11041963_pacem.html
Nuovo respiro, nel guardare al lavoro, alla condizione femminile e alla indipendenza politica, appare sull’orizzonte ecclesiale il giorno 11 aprile del 1963, nello stesso anno in cui il Concilio Vaticano II, iniziato da qualche mese, si struttura e prende forma.
Con la nozione di “segni dei tempi” si inaugura un nuovo sguardo sulla realtà, uscendo dalla diffidenza e dal pregiudizio del mala tempora currunt: ma i “tempi nuovi” e le “res novae” sono anche occasioni di crescita ecclesiale, di ricomprensione e di aggiornamento. Ciò che unifica i “tria signa” è una inedita rilevanza del “diritto dei soggetti”: i lavoratori, le donne e i popoli hanno scoperto di avere diritti che gli altri debbono imparare a riconoscere e a valorizzare. E la Chiesa è implicata in tutto questo e inizia a svoltare, ossia ad uscire da una comprensione che assolutizza la autorità e che si apre al riconoscimento della libertà: libertà del lavoro, libertà della donna e libertà dei popoli. Si apre, diremo così, alla “società aperta”, alla “società secolare”, alla “società differenziata”.
La donna come “res nova” e la Riforma della Chiesa. E’ molto interessante che rispetto al soggetto femminile, il testo di PT 22 dica la novità con queste parole: “l’ingresso della donna nella vita pubblica”, che poi illustra in questo modo: “Nella donna, infatti, diviene sempre più chiara e operante la coscienza della propria dignità. Sa di non poter permettere di essere considerata e trattata come strumento; esige di essere considerata come persona, tanto nell’ambito della vita domestica che in quello della vita pubblica.” (PT 22)
E’ evidente come questo “segno” – a differenza di quello che ha per soggetti i lavoratori e i popoli – comporta una maggiore difficoltà, potremmo dire è un “segno dei tempi” che ha richiesto e tuttora richiede “tempi più lunghi”. Forse ciò può essere spiegato per il fatto che il tema “donna” non solo acquisisce una nuova rilevanza pubblica, ma deve depurarsi da una cattura storica sul piano esclusivamente privato. Ciò non vale certamente per il lavoro e per la identità nazionale. Che pertanto hanno solo “metà strada” da fare. Per questo il cammino di “riconoscimento dell’ingresso della donna nella sfera pubblica” è avvenuto significativamente per la Chiesa “ad extra”, ma fatica tanto ad essere elaborato “ad intra”, dove si rimane molto spesso ancorati ad una logica sostanzialmente privata, che nega alla donna l’esercizio di una vera autorità.
Potremmo dire che oggi i “segni dei tempi” esigono non soltanto un “nuovo sguardo sul mondo”, ma “una nuova comprensione che la Chiesa ha di se stessa”: una nuova intelligenza di sé, quella intelligenza che Paolo VI aveva compreso, meditando i testi del suo predecessore, solo qualche mese dopo la pubblicazione di questo testo, nella solenne apertura della II sessione del Concilio Vaticano II, alla fine del mese di settembre. Un discorso che, nelle intenzioni dello stesso Paolo VI, aveva non solo la funzione di aprire la seconda sessione del Concilio, ma anche di annunciare i contenuti fondamentali del suo pontificato, allora ai suoi primi passi. Eccone un passo decisivo:
«E’ venuta l’ora, a noi sembra, in cui la verità circa la Chiesa di Cristo deve essere esplorata, ordinata ed espressa, non forse con quelle solenni enunciazioni che si chiamano definizioni dogmatiche, ma con quelle dichiarazioni con le quali la Chiesa con più esplicito ed autorevole magistero dichiara ciò che essa pensa di sé». Paolo VI, 29 settembre 1963 (Apertura II Sessione Concilio Vaticano II)
Anche i “segni dei tempi” diventano principio di Riforma della Chiesa, purché la Chiesa non si difenda dalla realtà, dando credito non ai profeti, ma ai profeti di sventura, e restando fissata a concezioni e dottrine fondate su convenzioni antiche e anche assai radicate, ma incapaci di cogliere le novità della storia come “passaggio dello Spirito”. L’ingresso della donna in ambito pubblico non è semplicemente uno “spettacolo meraviglioso”, ma implica una profonda trasformazione nel modo con cui la Chiesa vive e pratica la autorità.
I giovani e i segni dei tempi. Anche nel Sinodo sui giovani, i segni dei tempi devono diventare non solo “sguardo e ascolto rinnovato”, ma nuova intelligenza che la Chiesa ha di se stessa. Sulla questione “femminile” un piccolo esercizio della memoria dovrebbe far capire quale grande posta sia in gioco. Si pensi solo a che cosa era – per così dire – la “pastorale giovanile” fino a 60 anni fa: una rigorosa distinzione tra la “educazione dei giovani” ed “educazione delle giovani”. Questo riproduceva all’interno della Chiesa le convinzioni di una società che divideva accuratamente vita maschile e vita femminile, non solo in privato. Vi è stata, per decenni, una Azione cattolica femminile, diversa da quella maschile, e una Gioventù femminile di Azione Cattolica, dal 1918 al 1969. Con il riconoscimento del “segno dei tempi”, è cessata anche la ragione di una differenziazione strutturale tra maschile e femminile. Così è avvenuto in moltissimi settori della società e delle associazioni ecclesiali. Restano ancora Lupetti e Coccinelle, ma secondo logiche in grande trasformazione.
Questo evidentemente non è senza rischi: di cadere in una forma di eguaglianza che può diventare omologazione o differenza perduta. Ma ciò non di meno, ciò che oggi diviene essenziale è la acquisizione ecclesiale di questo “ingresso femminile nella vita pubblica”. Su questo piano, le resistenze, mentali e procedurali, sono ancora molto forti, direi viscerali. E’ come se si volesse “smarcare” la Chiesa, nella sua autocomprensione e nella sua disciplina, da questo “segno dei tempi”. Come se l’ingresso della donna nella vita pubblica, riconosciuto ed apprezzato fuori, dovesse lasciare immune la Chiesa da questa ricchezza nuova, che potrà essere pienamente sperimentata e vissuta solo se diventerà possibile e concreto esercizio di autorità. I segni dei tempi sono realmente tali se diventano principi di riforma della Chiesa, per il modo con cui essa considera e tratta la donna, il lavoro e i popoli.
I giovani, di cui il Sinodo si occupa con ammirevole zelo, portano sul corpo le tracce evidenti di questi segni dei tempi. Sono il frutto di un mondo che ragiona ed opera secondo queste novità. La Chiesa può leggervi, di riflesso, la storia di una crescita e di una riforma di sé. In un certo senso, nel racconto dei giovani e nella loro esperienza, essa è costretta a riconoscere che “de te fabula narratur”: questa è proprio una buona notizia, purché non la si lasci nella astrattezza di una buona, ma sterile intenzione.
Andrea Grillo blog Come se non 10 ottobre 2018
I veri nemici di Francesco
Papa Francesco sta orientando la Chiesa verso quei luoghi che il mondo non vuole vedere, compresi quelli che stanno dentro al Vaticano. Combatte la cultura dello scarto, critica le ingiustizie provocate dal capitalismo e ne indica i principali responsabili, parla di decolonizzazione nei Paesi periferici, combatte la corruzione del Vaticano e la pedofilia dei sacerdoti, è intervenuto per la pace in Siria, ha riconosciuto lo Stato palestinese, ha denunciato il traffico di droga e la violenza quando ha visitato il Messico, ha interpellato l’Unione europea perché si assuma responsabilità nella crisi migratoria, ha sostenuto il dialogo tra Usa e Cuba, la pace in Colombia, ha messo a rischio la propria vita recandosi in zone di guerra in Africa, e tanti altri esempi si possono fare di un papato come se ne sono visti pochi nella storia. Tutto questo ha un costo politico, un costo alto, perché intralciare gli interessi dei più potenti non è un compito facile.
Ci addolora che alcuni, che si dicono credenti, non capiscano il profondo bisogno di rinnovamento di cui ha bisogno la Chiesa di fronte alle attuali sfide nel mondo. I primi passi li fece papa Giovanni XXIII quando disse: «Voglio spalancare le finestre della Chiesa affinché noi possiamo vedere che cosa succede fuori e il mondo possa vedere che cosa succede all’interno della Chiesa». E fu così che aprì il Concilio Ecumenico Vaticano II, dando un nuovo impulso di speranza alla Chiesa cattolica. Vennero poi gli incontri dell’episcopato latinoamericano di Medellín, Puebla, Santo Domingo e Aparecida, con il principio dell’opzione preferenziale per i poveri. Francesco affronta le sfide vissute dall’umanità ma al contempo deve sopportare i continui attacchi, le ingiurie e le menzogne provenienti da gruppi di vescovi e cardinali a lui contrari, che mettono in discussione la sua azione pastorale. La promozione mediatica ottenuta dalle dichiarazioni infondate dell’ex nunzio Viganò dimostra una campagna denigratoria che suscita profonda preoccupazione nei cristiani di tutto il mondo. Vogliamo tutti che si chiariscano e si sanzionino i casi aberranti di pedofilia e per questo la domanda che in tanti ci facciamo è: perché danno la colpa al nuovo Papa, che sta facendo tutto quello che può per riconoscere e combattere gli abusi sessuali dentro e fuori dalla Chiesa, come non era mai avvenuto in precedenza?
Non posso tacere di fronte a tanta ingiustizia e all’odio che si manifesta contro il pontefice rinnegando tutto il suo operato di Pastore custode della casa comune e del popolo di Dio, di Pastore che non nasconde le ombre della storia, che chiede perdono a nome della Chiesa e cerca riparazione facendo suo il dolore profondo del male fatto ai popoli indigeni durante la conquista europea, nella complicità con le dittature latinoamericane e nei casi di abuso sessuale. Per questo, fatto inedito, ha creato una Commissione pontificia per la protezione dei minori, ha rimosso diversi sacerdoti con alte posizioni gerarchiche, ha convocato un sinodo dei giovani e a febbraio 2019 riunirà i presidenti delle Conferenze episcopali del mondo con l’obiettivo di sradicare gli abusi sessuali. La sua politica l’ha espressa con enorme chiarezza: «Le ferite non vanno mai prescritte» e «non scompaiono mai», dunque dobbiamo dire «mai più alla cultura dell’abuso».
Il reverendo Luther King, mio collega nel Nobel, diceva: «La tragedia principale non è l’oppressione e la crudeltà dei cattivi, ma il silenzio dei buoni». Francesco ci propone un progetto: un dialogo interreligioso per la cura della casa comune e il rispetto della dignità umana. Per questo la Laudato si’ è la prima enciclica papale rivolta a tutta l’umanità, non solo ai cristiani. Non restiamo in silenzio. Facciamo quello che ci chiede: preghiamo per lui. E se qualcuno non può pregare ma è d’accordo con questo progetto umanista, può fare quello che egli chiese in Bolivia di fronte ai movimenti popolari: «Vi chiedo, con rispetto, di pensare a me e di mandarmi vibrazioni positive».
Adolfo Maria Pérez Esquivel pacifista argentino, vincitore del premio Nobel per la Pace nel 1980, per le denunce contro gli abusi della dittatura militare argentina negli anni settanta del XX secolo.
Traduzione di Luis E. Moriones La Repubblica 14 ottobre 2018
https://rep.repubblica.it/pwa/commento/2018/10/13/news/i_veri_nemici_di_francesco_papa_umanista-208895050
www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt201810/181014perezesquivel.pdf
“Al Concilio mise troppi freni su lotta alla povertà e guerra”
Intervista a Luigi Bettazzi,
«In questa giornata di un sole che inesorabilmente tramonta». Il 13 maggio 1978, in San Giovanni in Laterano, pregando per Aldo Moro, «uomo buono, mite, saggio, innocente ed amico», Paolo VI vaticinava il suo prossimo addio, il 6 agosto. Quarant’anni dopo, oggi, sarà santo. Era durato tre lustri il pontificato di Giovanni Battista Montini, «una greve tiara», come lo ricapitolerà Arturo Carlo Jemolo. Suprema prova, condurre in porto il Vaticano II. Monsignor Luigi Bettazzi, 95 anni il 26 novembre, già presidente di Pax Christi, già vescovo di Ivrea, è l’ultimo testimone italiano del Concilio, l’ultimo presule vivente fra quelli che vi parteciparono.
Fu Montini a nominarla vescovo.
«Non avendone avuto il tempo Angelo Giuseppe Roncalli. I malevoli diranno: “Preferì morire piuttosto di fare vescovo Bettazzi”».
Montini santo a quarant’anni dalla morte. Roncalli ha dovuto attenderne cinquantuno. E dire che Lei ne propose la canonizzazione conciliare.
«Ma Montini non fu d’accordo. Avrebbe dovuto elevare agli altari anche Pio XII. Il che non lo convinceva».
Sono ormai una consuetudine i Papi santi.
«Se ne rammaricava, il protestante frère Roger, priore di Taizè. Invano supplicò: “Non fate santo Giovanni XXIII. Diventerebbe vostro. Mentre adesso è di tutti”».
Montini e il Concilio. Non peccò di eccessiva prudenza?
«Mirava a contenere le minoranze, per non vanificare la rivoluzione conciliare. Sull’ecumenismo, per esempio. Corresse il testo dei Padri: “I fratelli separati possono incontrare Cristo” divenne “I fratelli separati possono cercare Cristo”. Chi cerca non necessariamente incontra.».
Altri esempi di prudenza?
«Montini avocò a sé tre questioni: il celibato, la pillola, la Chiesa dei poveri». Il celibato è rimasto, nonostante Montini, nel 1949, avesse dichiarato a Indro Montanelli: «Ci sono, transigibili, anche certi problemi di regolamentazione del Clero: il celibato…». «Non escludo il superamento del celibato. Distinguendo: da un lato i viri probati, sacerdoti ammogliati, che governano le parrocchie; dall’altro, celibi, gli evangelizzatori, che fondano comunità, che ruminano e trasmettono la Parola».
La pillola. La contestata enciclica «Humanae vitae».
«Superata. Non si può concepire la sessualità solo in funzione della procreazione. La pastorale va accordata con la dottrina. Asseriva Papa Giovanni: “La verità non cambia, siamo noi che, via via, giungiamo a comprenderla meglio”».
La Chiesa dei poveri.
«Un traguardo a cui ci ha condotto Francesco. Montini paventava, formulando a chiare lettere la scelta privilegiata dei poveri, di esporre politicamente la Chiesa, rischiando un parallelo con il comunismo».
Montini e la guerra. Nella «Gaudium et spes» non si osa formulare una condanna totale…
«Su sollecitazione anche di Giuseppe Dossetti la condanna accomuna come guerra totale la guerra atomica, la guerra biologica, la guerra chimica. Manifestando l’impegno affinché si possa interdire, un giorno, “del tutto, qualsiasi ricorso alla guerra”. Ricordo l’accorato intervento di Francis Joseph Spellman [arcivescovo di New York]: “I nostri giovani muoiono in Vietnam per difendere la civiltà cristiana”».
Dossetti, il perito «conciliare» di Giacomo Lercaro.Lercaro lo avrebbe voluto come successore…
«Di diverso parere Montini. Smise i panni del diplomatico con Lercaro: “Abbiamo fatto fin troppo mandando Michele Pellegrino a Torino”». [Dal 1941 era titolare della cattedra di Letteratura Cristiana Antica all’Università di Torino]
Lercaro, di cui Lei è stato vescovo ausiliare, che cadde in disgrazia dopo l’omelia del 1° gennaio 1968 contro i bombardamenti in Vietnam. Al punto che fu rimosso dalla cattedra di San Petronio.
«Un’operazione della Curia romana. Lercaro chiese spiegazioni. Montini non nascose il disagio: “Non saprei che dire…”. Cercando di attenuare la sofferenza del cardinale, artefice della riforma liturgica, lo nominò legato al congresso eucaristico di Bogotà».
Karol Wojtyla la bacchettò per la lettera a Enrico Berlinguer. Montini?
«Da lui interpellato, gli avevo comunicato il mio dissenso circa alcuni vescovi venuti da fuori che contraddicevano la linea di Pellegrino. Mi folgorò: “Li ha indicati lo stesso vescovo che mi ha persuaso a scegliere Pellegrino. E comunque: la prossima volta staremo attenti a non mandare in Piemonte un vescovo ausiliare di Bologna”».
Montini, al funerale di Moro, affermato che «la nostra carne risorgerà», auspica: «Oh! che la nostra fede pareggi fin d’ora questa promessa realtà». La Chiesa, circa la Resurrezione, non soffre di amnesie?
«Non ora. Francesco è il Papa della gioia. E quindi del terzo giorno».
Bruno Quaranta Albiano d’Ivrea La Stampa 14 ottobre 2018
www.lastampa.it/2018/10/14/italia/monsignor-bettazzi-su-povert-e-guerra-paolo-vi-mise-troppi-freni-al-concilio-WViVlxttFw6UUB1d0dKLfP/premium.html
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COMMISSIONE ADOZIONI INTERNAZIONALI
Famiglie aspiranti all’adozione di minori bielorussi.
In data 1 ottobre 2018, la Commissione ha consegnato, in ottemperanza all’articolo 9 del Protocollo d’intesa Italia-Bielorussia, sottoscritto a Minsk il 30 novembre 2017, la nuova lista di famiglie aspiranti all’adozione di un totale di 175 minori bielorussi, corredata della lettera di garanzia a firma del Presidente del Consiglio dei Ministri Prof. Giuseppe Conte.
Come previsto dal Protocollo, l’Ambasciata della Repubblica di Belarus consegnerà la lista al Centro nazionale per le adozioni di Minsk il quale, ottemperando agli artt. 10,11 e 12 del citato protocollo dovrà restituire, nei tempi previsti, l’elenco contenente i nominativi dei minori il cui stato di adottabilità sia stato accertato.
L’auspicio è che si possa giungere in tempi brevi e, comunque, nel rispetto delle tempistiche dettate dal Protocollo, all’espletamento delle relative procedure
Comunicato 10 ottobre 2018
www.commissioneadozioni.it/it/notizie/2018/consegnata-la-lista-dei-minori-bielorussi.aspx
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COMUNIONE DEI BENI
Casa acquistata dal marito è anche della moglie?
Quali diritti puoi vantare sull’immobile acquistato dal coniuge in costanza di matrimonio?
Quando c’è amore tra due persone, nessuno pensa mai al patrimonio di uno o dell’altro. Ma non in tutti i matrimoni il sentimento permane (in alcuni non è mai esistito) e, quindi, il coniuge distaccato non può far altro che pensare a degli aspetti che prima erano di secondaria importanza. Di certo, se stai leggendo questo articolo, sei interessata a capire se un domani, in caso di separazione dal tuo partner potresti vantare un qualche diritto sugli acquisti compiuti da quest’ultimo durante il matrimonio o se, viceversa, quei beni rimangano nella sfera economica esclusiva del tuo coniuge. In questa sede, dopo aver esaminato la disciplina codicistica patrimoniale del matrimonio, ci soffermeremo su quello che rientra e quello che, invece, rimane fuori dal connubio matrimoniale, per poi rispondere alla domanda che ti stai ponendo in materia di comunione: casa acquistata dal marito è anche della moglie?
In cosa consiste la comunione dei beni? Con il termine comunione dei beni si suole indicare un accordo tra i due coniugi con il quale si stabilisce che i propri beni formeranno dal momento del matrimonio patrimonio comune, con stessi diritti e obblighi nascenti in capo a marito e moglie. Un tempo, la comunione legale doveva essere preventivamente scelta dai contraenti in matrimonio; in mancanza, il regime che si instaurava era quello della separazione dei beni. Con la riforma del diritto di famiglia, avvenuta nell’oramai lontano 1975, il legislatore ha deciso di impostare, come regola generale, quella della comunione dei beni per tutti i coniugi che non avessero scelto a quale regime aderire.
Pertanto, nel caso in cui non volessi aderire a questo speciale regime, comportante la miscela patrimoniale tra te e il tuo coniuge, occorrerà preliminarmente indicare al sacerdote, nel caso di matrimonio concordatario, o all’ufficiale di stato civile, in caso di matrimonio laico, il diverso regime della separazione dei beni coniugali.
Cosa rientra nella comunione dei beni? Secondo quanto stabilito dal legislatore [Art. 177, cod. civ.], costituiscono oggetto della comunione:
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Gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali;
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I frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione;
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I proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati;
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Le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio.
Diversamente, qualora si tratti di aziende appartenenti ad uno dei coniugi anteriormente al matrimonio ma gestite da entrambi, la comunione concernerà solo gli utili e gli incrementi.
Cosa non rientra nella comunione dei beni? Ma proprio tutti i beni rientrano nel regime di commistione patrimoniale? La risposta è negativa. Il nostro codice civile ha, infatti, specificato quali sono i beni che non costituiscono oggetto della comunione e che, quindi, devono essere considerati beni personali del coniuge [Art. 179, cod. civ.]. L’elenco comprende:
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I beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento;
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I beni acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione, quando nell’atto di liberalità o nel testamento non è specificato che essi sono attribuiti alla comunione;
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I beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori;
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I beni che servono all’esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di un’azienda facente parte della comunione;
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I beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa;
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I beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o col loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato all’atto dell’acquisto.
Inoltre, non cade in comunione legale la casa che, promessa in vendita a persona coniugata in regime di comunione legale, sia coattivamente trasferita a causa dell’inadempimento del promittente venditore, al promissario acquirente, con sentenza passata in giudicato dopo che tra quest’ultimo e il coniuge era stata pronunciata la separazione. Infatti, in questo caso, la comunione legale fra i coniugi riguarda gli acquisti, cioè gli atti implicanti l’effettivo trasferimento della proprietà, non quindi i diritti di credito sorti dal contratto concluso da uno dei coniugi, i quali, per la loro stessa natura relativa e personale, pur se strumentali all’acquisizione di un immobile, non sono suscettibili di cadere in comunione [Cassazione civile, sez. II, 03/06/2016, n. 11504].
La casa acquistata dal marito entrerà nel patrimonio della moglie? Da quanto espresso dal legislatore, secondo cui gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali, ricadono all’interno della comunione legale, l’immobile acquistato dal marito in costanza di matrimonio non potrà che soggiacere agli effetti di tale regime patrimoniale, a meno che questi non venga considerato un bene esclusivamente personale del singolo coniuge.
Stessa fine faranno gli immobili acquistati per usucapione da uno solo dei coniugi, durante il matrimonio, in vigenza del regime patrimoniale della comunione legale: questi entreranno a fare parte della comunione stessa, non distinguendo il codice tra gli acquisti a titolo originario e quelli a titolo derivativo [Cassazione civile, sez. II, 11/08/2016, n. 17033].
Tra l’altro, nel calderone dei beni ricadenti in comunione, dovremo far rientrare anche il denaro personale impiegato per l’acquisto di immobile, poiché all’atto dello scioglimento del regime patrimoniale (una volta intervenuta la separazione), l’attivo ed il passivo devono essere ripartiti in quote uguali indipendentemente dalla misura della partecipazione di ciascuno dei coniugi [Cassazione civile, sez. I, 09/11/2012, n. 19454]. Pertanto, in caso di insorgenza di controversie in merito alla comunione di una casa acquistata dal marito, e dichiarata come bene personale, la moglie non acquirente potrà successivamente proporre domanda di accertamento della comunione legale del bene in contestazione.
Cosa può fare il coniuge acquirente per evitare questo? A spiegare come fare per evitare tale conseguenza, non sempre gradita a chi ha impiegato anni di sacrifici e risparmi per l’acquisto di un immobile che, un domani, potrebbe essere condiviso con una persona non facente più parte della propria famiglia, è lo stesso legislatore, di concerto con la Suprema Corte di Cassazione.
Il codice stabilisce, infatti, che l’acquisto di una casa effettuato dopo il matrimonio è escluso dalla comunione quando tale esclusione risulti dall’atto di acquisto, se di esso sia stato parte anche l’altro coniuge [Art. 179, cod. civ.].
Infatti, la dichiarazione resa dal coniuge non acquirente in ordine alla natura personale di un immobile acquistato ha portata confessoria sulla provenienza del denaro a tal fine utilizzato [Cassazione civile, sez. VI, 18/11/2016, n. 23565], trattandosi di una dichiarazione avente natura ricognitiva e portata confessoria dei presupposti di fatto già esistenti per l’esclusione del bene dalla comunione.
Stesso discorso andrà fatto per l’immobile acquistato dal marito in comunione legale, con denaro pervenutogli in eredità dai genitori e depositato su conto corrente bancario cointestato al coniuge. Anche qui, l’immobile non cadrà in comunione legale se la moglie, costituitasi avanti al notaio scelto per la vendita, dovesse dichiarare esplicitamente, ovvero non contestare, la natura personale del bene.
Salvatore Cirilla La legge per tutti 11 ottobre 2018
www.laleggepertutti.it/240927_comunione-casa-acquistata-dal-marito-e-anche-della-moglie
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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM
Mantova Etica Salute & Famiglia – ottobre 2018
L’invecchiamento attivo e la solidarietà tra le generazioni Armando Savignano
Nonni Anna Orlandi Pincella
Bioetica in classe Chiara Leoni e Franca Moras
https://bioeticaliceoscarpa.altervista.org/progetto_bioetica
La prossimità del medico di famiglia Chiara Baraldi
Prepariamoci al travaglio! Alessandra Venegoni, ostetrica
Su “il fallo di reazione” Giuseppe Cesa, psicologo
www.consultorioucipemmantova.it/consultorio/index.php/pubblicazioni/etica-salute-famiglia/137-etica-salute-famiglia-ottobre-2018
Milano. “Genitori oggi”
Il Centro di Aiuto alla Vita Mangiagalli, da quando vi ho scritto l’ultima volta, ha sempre tenuto aperte le porte per tutte quelle persone indecise sulla sorte della propria gravidanza o che, avendo accettato la vita, hanno potuto continuare il loro percorso di sostegno alla gestazione mese dopo mese.
Solo in agosto, quando in genere gli altri servizi cittadini hanno chiuso i battenti, sono arrivate 35 donne che abbiamo incontrato per la prima volta e alle quali è stato offerto il nostro aiuto, spesso anche economico. Tutti sono stati ascoltati e accolti e per ciascuno è stato stilato un progetto di aiuto che alleviasse le loro grandi preoccupazioni. Abbiamo seguito, logisticamente da lontano ma moralmente da vicino, situazioni anche molto gravi che, fortunatamente, siamo riusciti a sostenere perché potessero concludersi nel modo migliore.
Naturalmente in questo periodo estivo non abbiamo organizzato eventi pubblici, mentre abbiamo continuato a incontrarci come équipe degli operatori e come Consiglio Direttivo. Grande continuità hanno avuto gli incontri del Gruppo 18+ di cui ancora non siete stati ufficialmente informati.
Si tratta di una iniziativa partita lo scorso settembre in modo informale e che man mano si è rinforzata; ne fanno parte 26 persone che, mettendo a disposizione la propria professionalità e conoscenze, si impegneranno ad aiutare le nostre mamme che hanno finito il percorso dei 18 mesi, con noi condiviso fino al compimento dell’anno di vita del bambino.
Non si tratterà di fare solo donazioni ma di sostenerle nella formazione al lavoro, di intraprendere nuovi percorsi istituzionali per ottenere piccoli alloggi e, per le più intraprendenti e volitive, di fornire la possibilità di microcrediti che permetterebbero loro di iniziare un’attività imprenditoriale.
In questi mesi abbiamo conosciuto nuove realtà che hanno deciso di collaborare con noi per la riuscita di progetti consolidati e di altri sperimentali. Sabato 22 settembre 2018, ad esempio, ha mosso i primi passi il Gruppo per la formazione-lavoro condotto dalle nostre operatrici Antonella e Raffaella insieme all’Istituto ISMO (centro specialistico di ricerca e intervento per la gestione e per lo sviluppo delle risorse umane nelle realtà organizzative). Dopo un incontro preliminare con le operatrici del CAV, per una rivisitazione della situazione familiare in vista di un possibile nuovo inserimento lavorativo e dopo un primo lavoro di gruppo a scopo motivazionale condotto dall’amico Josè Valdivia, le mamme candidate parteciperanno a 6 meeting che tratteranno i seguenti argomenti:
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Primo e secondo incontro: Bilancio critico del passato e del presente: capacità, competenze, apprendimenti, cambiamento, valori personali, fattori motivanti nella vita e nel lavoro, fattori di soddisfazione e insoddisfazione, vincoli conciliativi, aree critiche, aree di miglioramento.
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Terzo incontro: Le dimensioni della motivazione nel lavoro e rafforzamento dell’autostima.
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Quarto incontro: Il mondo organizzativo: ruoli professionali, competenze richieste e cultura organizzativa. Diritti e doveri.
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Quinto incontro: La ricerca attiva del lavoro: tecniche e metodi. Come affrontare un colloquio di selezione. Sesto incontro: Elaborazione guidata del proprio progetto professionale
A questo punto, ricevuta la formazione corretta, le nostre mamme potranno essere indirizzate a Odile, cara amica, che ha importato dagli Stati Uniti il modello “Dress for Success” e che le accoglierà per completare la loro preparazione, simulando anche dei colloqui di lavoro.
Particolarmente attivo e intraprendente, l’amico Spiro ha preso molto a cuore il futuro lavorativo delle nostre mamme, ha presentato l’impegno del CAV a vari dirigenti della Vorwerk Folletto che accetteranno di buon grado di conoscere le utenti del Gruppo formazione-lavoro per valutare possibili opportunità di occupazione.
Soemia, altra cara amica del gruppo, sta organizzando con i Rotariani una dolce vendita natalizia fatta di panettoni e confezioni speciali di cioccolato prodotti da Tancredi Alemagna, che lascerà a noi metà del ricavato.
In contemporanea, ciascun membro del nuovo gruppo 18+ promuoverà il lavoro del CAV nei vari ambiti in cui opera (Rotary, comunicazione, stampa, marketing, ecc…).
Sempre con grande piacere comunichiamo le nostre cifre preziose: fino ad oggi i bambini nati sono 21.874 e ci stiamo facendo carico di 2.626 donne. Un bel numero e un grande impegno!
Per loro, è sempre forte il desiderio di migliorare i servizi offerti. Così vi voglio descrivere il nuovo Tempo per l’allattamento attraverso le parole di Anna, la più giovane delle nostre ostetriche. “Desideriamo dedicare più tempo e attenzione alle mamme dopo il parto per promuovere e rafforzare la maternità creando un luogo di confronto con professionisti e tra le mamme. Ci ritroveremo nella palestra dove sarà possibile passare molto tempo, il proprio tempo, accomodati a terra con il bambino, pesare i neonati monitorando la loro crescita, avviare correttamente l’allattamento al seno e discutere riguardo le tematiche legate alla maternità, tra cui: dubbi, preoccupazioni e gestione pratica del bambino nelle varie fasi del puerperio (contenimento, sonno e pianto del neonato, ciuccio, fascia …)”.
E adesso divertiamoci: il 26 novembre 2018, al Teatro S. Babila, Peppino di Capri canterà per noi. Sarà un bel modo per stare insieme ricordando anche i 34 anni del nostro impegno al Centro di Aiuto alla Vita Mangiagalli e per raccogliere tanti fondi che permettano a numerose donne di accettare la vita del proprio figlio anche in condizioni molto difficili.
Di solito, a questo punto, mi piace raccontare una storia vissuta con emozione, perché una piccola vita stava per essere rifiutata. Le donne ricorrono all’interruzione di gravidanza per numerosi motivi: mi sento sola, il padre del bambino se n’è andato, la mia famiglia non si vuole prendere cura di me in questa situazione, non ho una casa, non ho un lavoro, non mi sento in grado di fare la madre, non sono pratica di bambini, ho paura.
Tempo fa ho cercato di dire tutto questo in un modo più personale e forse un po’ poetico. Io ho un sogno. Vorrei che la Vita diventasse il primo valore in cui credere. Senza la Vita nulla di tutto quanto amiamo e vorremmo trasmettere sarebbe possibile. Vorrei che le donne sperassero, anelassero la maternità. Vorrei che questa non fosse ostacolata da pregiudizi e antichi retaggi. Vorrei che le madri delle madri più giovani accogliessero con amore le figlie gravide di nuove vite. Ho il sogno dell’utopia per cui le nascite fossero vissute come una luce nella propria vita, che si illuminasse il tunnel così buio dell’indifferenza, dell’individualismo, dell’egocentrismo. Io sogno tanti bambini che ci accompagnino nel percorso della vita, che le strade della nostra città siano sempre risonanti dell’ilarità serena dei bambini, dei loro giochi, dei loro scherzi. Ho il sogno di poter accogliere in libertà le madri senza tetto, diseredate e disconosciute dalla famiglia. Ho il sogno di non dover dipendere dal denaro per stringere una mano che chiede aiuto per la vita che porta in grembo. Ho il sogno che i bambini tornino a riempire e colorare la nostra società così come i piccoli fiori di campo in primavera ci regalano bellezza spontanea. Ho il sogno di non dimenticare mai – e che NESSUNO dimentichi – il profumo di bimbo di cui la nostra anima è intrisa. Io ho un sogno: che un girotondo di mani allacciate tra loro renda possibile la Vita. Io sogno che la solidarietà si inveri nella nostra intera esistenza.
Quanto vale vita di un bambino? Possiamo dormire tranquilli sapendo che 7 donne su 10 ogni giorno in Mangiagalli rinunciano alla maternità per problemi economici? Perché non hanno lavoro, non hanno aiuti, non hanno casa! “E’ una scelta terribile per loro, che dopo lascia una grande sofferenza – dice Paola Bonzi-. Inutile sbraitare contro la 194 se poi non aiutiamo concretamente queste mamme!”
Paola Bonzi Foglio di informazione per Soci e Sostenitori – n. 105-ottobre 2018
Legge 22 maggio 1978, n. 194 Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza.
Articolo 5. Il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall’incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la donna e con il padre del concepito, (…) le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto.
Articolo 4. Per l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975 numero 405, o a una struttura socio-sanitaria a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia
Il consultorio non pubblico agisce tramite il medico
http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_normativa_845_allegato.pd
Taranto. Scuola Pugliese di Formazione alla Consulenza Familiare
Giornata di Studio su “La Famiglia nascente: supporto clinico e di Consulenza Familiare”
25 novembre 2018 – Sala “Chaplin” dell’Associazione onlus “Il Focolare – A. Petrecca”
Diploma di consulente della coppia e della famiglia
La Scuola, riconosciuta dall’AICCeF (Associazione Italiana Consulenti Coniugali e Familiari) nel 2005, si propone di formare la figura professionale del “Consulente della Coppia e della Famiglia “.
Il Consulente della coppia e della famiglia è il professionista socio educativo che:
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Attua percorsi centrati su atteggiamenti e tecniche di accoglienza, ascolto e auto ascolto che valorizzino la persona nella totalità delle sue componenti;
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Si avvale di metodologie specifiche che agevolano i singoli, la coppia e il nucleo familiare nelle dinamiche relazionali a mobilitare le risorse interne ed esterne per le soluzioni possibili;
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Si integra, ove occorra, con altri specialisti;
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Agisce nel rispetto delle convinzioni etiche delle persone e favorisce in esse la maturazione che le renda capaci di scelte autonome e responsabili;
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È tenuto al segreto professionale;
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È disciplinato dalla Legge 14/01/2013 n. 4 (Disposizioni in materia di professioni non organizzate)
Il Consulente della Coppia e della Famiglia (CF) è un professionista che si prepara, con un percorso di durata triennale ed un periodo di apprendistato e tirocinio, ad essere l’operatore socio educativo che accoglie l’utente che espone una problematica individuale, di coppia o familiare. Ha il compito di ascoltare, guidare, sostenere l’utente in un cammino di crescita e di discernimento personale. È importante sottolineare che il CF aiuta ed educa l’utente nella comprensione dei suoi bisogni per condurlo ad una scelta consapevole ed autonoma.
La figura professionale del CF nasce a Malta nel 1948 e si diffonde presto anche in Italia, dove i bisogni della famiglia non sono stati da meno. La Scuola Pugliese di Formazione alla Consulenza Familiare di Taranto è una delle Scuole riconosciute dall’AICCeF.
L’A.I.C.C.e F. (Associazione Italiana Consulenti Coniugali e Familiari), fondata il 5 febbraio del 1977, è l’Associazione professionale che tutela i Consulenti della Coppia e della Famiglia.
Essa conserva ed aggiorna l’Elenco di coloro che ritiene qualificati all’esercizio della professione di Consulente della Coppia e della Famiglia.
L’AICCeF si propone di:
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Tutelare la professionalità del Consulente Familiare;
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Promuovere lo studio dei problemi relativi alla Consulenza Coniugale e Familiare;
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Preparare all’esercizio della consulenza alla persona, alla coppia ed al nucleo familiare e promuovere l’aggiornamento degli iscritti;
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Instaurare e mantenere contatti con organismi nazionali e internazionali del settore;
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Realizzare ricerche, studi e pubblicazioni inerenti all’attività di consulenza.
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Il Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE) ha iscritto l’AICCeF nell’elenco delle Associazioni professionali che rilasciano ai propri soci l’Attestazione di Qualità.
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Il Ministero della Giustizia ha iscritto l’AICCeF nell’elenco delle Associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale delle professioni non regolamentate, con Decreto Ministeriale del 5 settembre 2013.
Le Scuole di Formazione si impegnano a condividere i principi e i valori dello Statuto dell’AICCeF e a preparare il futuro Consulente Familiare a prendersi cura del benessere della persona attuando percorsi di relazione d’aiuto, con impostazione socio-educativa, e tecniche di accoglienza che valorizzino la persona nella totalità delle sue componenti.
Le Scuole di Formazione seguono linee comuni, concordate con l’Aiccef, nell’ammissione degli allievi, nell’espletamento della formazione teorica ed esperienziale nonché nei criteri valutativi, pur mantenendo una certa autonomia nella scelta dei contenuti dei corsi, nella didattica e nei tempi di attuazione.
I Corsi triennali di formazione in Consulenza Familiare, istituiti dalle Scuole di Formazione, sono aderenti al programma sancito dall’art. 4 dello Statuto dell’AICCeF e non possono avere una durata inferiore a 600 (seicento) ore complessive. Il percorso di formazione persegue i seguenti obiettivi:
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Attivare e favorire processi di crescita personale e in gruppo;
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Approfondire la metodologia della consulenza;
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Stimolare i processi di ricerca nell’ambito del territorio in cui ciascuno opera, per conoscerne le realtà e rendere possibile l’organizzazione di un servizio professionalmente valido;
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Perfezionare la propria preparazione e l’aggiornamento attraverso l’approfondimento di conoscenze teoriche su temi che si riferiscono alla persona, alla famiglia e alla coppia, nella molteplicità degli apparati scientifici e culturali;
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Prendere coscienza della propria realtà e delle difficoltà vissute;
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Acquisire la fiducia nelle risorse personali;
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Migliorare la capacità di pensare;
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Saper comunicare con gli altri in modo aperto ed alla pari;
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Individuare i bisogni espressi (verbalizzati) e non espressi (non verbalizzati);
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Saper accettare gli altri e saperne coglierne i sentimenti;
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Saper comunicare i propri sentimenti con autenticità;
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Imparare la comunicazione nelle sue varie espressioni: verbale, non verbale, corporea.
Al Corso possono accedere coloro che siano in possesso di uno dei seguenti titoli: Laurea, Laurea di 1° livello, Diploma di scuola media superiore di durata quinquennale
Il Corso è articolato in tre anni (600 ore). Le lezioni del Corso ed i T-Group si tengono nella sede dell’Associazione di Volontariato onlus” Il Focolare – A. Petrecca “, ubicata alla Via Plateja, 142 in Taranto.
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Il Consulente deve conoscere teoricamente e funzionalmente le diverse metodologie di consulenza familiare, nonché la loro applicazione all’individuo e al gruppo
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Il futuro Consulente dovrà acquisire, inoltre, nozioni giuridiche, psicologiche, antropologiche, sociologiche, sessuologiche ed etiche.
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È indispensabile che il Consulente conosca i diversi sistemi di valori (religiosi, filosofici, antropologici, …) adottati dalle diverse categorie di persone, nelle diverse situazioni e contesti sociali in cui egli lavorerà, per comprendere il loro modo di influire differenziato sui comportamenti dei singoli, con il chiaro scopo di mettersi nella condizione di capire il “mondo” ed il contesto dell’utente, senza assumere atteggiamenti valutativi o svalutativi.
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Accanto a queste conoscenze di natura teoriche, il Consulente deve acquisire una conoscenza funzionale delle principali tecniche del colloquio e delle relazioni di gruppo, per una profonda e reale comprensione dell’utente.
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Il piano formativo è completato dall’addestramento al lavoro in équipe.
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Le competenze professionali delineate implicano che il consulente impari a prendere coscienza, a verbalizzare, ad acquisire padronanza dei suoi atti, del suo comportamento, delle sue idee e soprattutto dei suoi desideri ed affetti.
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Questa consapevolezza di sé gli permetterà di conservare, di fronte ai suoi utenti, una neutralità empatica, di manifestare loro la più grande attenzione, di porsi con atteggiamento libero e di utilizzare nel modo migliore la propria soggettività, il cui impatto è del resto inevitabile in ogni relazione di aiuto.
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Il metodo più funzionale, al fine di raggiungere questo risultato è quello di impegnare il futuro consulente in una relazione di aiuto didattica, in cui egli occuperà la posizione dell’utente e in cui la metodologia sarà, nei limiti del possibile, quella che verrà adottata in seguito nella consulenza familiare.
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Questo metodo permette di raggiungere due scopi:
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L’acquisizione di una indispensabile conoscenza di sé, particolarmente quella dell’immagine che viene offerta agli altri e del grado di coinvolgimento personale in una relazione intersoggettiva.
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L’addestramento in termini essenziali alla consulenza familiare (la quale non può essere appresa unicamente tramite lezioni, letture e studio). La metodologia della consulenza familiare viene così trasmessa da un conduttore, che costituirà per i futuri consulenti una sorta di specchio.
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Il T-Group si rivela uno strumento particolarmente adatto per la formazione approfondita e rapida nel quadro degli approcci autocentrati; è integrato da incontri più strutturati in cui viene ripreso ed analizzato quanto nel gruppo è stato occasione di difficoltà o non è stato preso adeguatamente in considerazione.
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Il gruppo di addestramento, o T-Group, è un’esperienza, condotta da un trainer riconosciuto dall’AICCeF, di apprendimento per implicazione diretta, attraverso la quale i partecipanti acquisiscono una maggiore sensibilità ai fenomeni di gruppo ed una più accurata percezione di sé e degli altri. L’addestramento avviene attraverso una formazione ottenuta tramite il passaggio di informazioni esperienziali, ossia vivendo nel gruppo le esperienze di cui si acquisiscono i concetti.
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La modalità di interazione del T-Group fa sì che i partecipanti, messi di fronte alle osservazioni sul proprio modo di reagire agli altri, arrivino a conoscere meglio il proprio stile interpersonale, le loro risposte agli altri, nonché l’evoluzione e il comportamento del gruppo in generale. Tutto ciò può avvenire attraverso una partecipazione aperta ed un confronto con gli altri in un clima democratico ed alla presenza di un trainer che non dirige, ma asseconda e facilita le libere comunicazioni.
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L’assenza di struttura, tipica del T-Group, ma anche un certo clima da ”isolotto culturale“, contribuiscono a favorire nei partecipanti un abbandono delle convenzioni e un desiderio di ristrutturare il proprio modo di rapportarsi. Col tempo il gruppo sviluppa una sua cultura ed un suo linguaggio, assieme a delle norme che dovrà rispettare.
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Si comprende pertanto perché il T-Group costituisce la parte centrale della formazione del Consulente che impara a conoscersi nella relazione interpersonale, affina le capacità dell’ascolto e le conoscenze metodologiche.
Il neo diplomato Consulente, che intende intraprendere un percorso di tirocinio secondo le direttive dell’AICCeF (in vigore dall’ 1/1/2017) può espletare lo stesso presso l’Associazione “Il Focolare – A. Petrecca”, in convenzione con l’AICCeF.
Ulteriori info in https://ilfocolare.it/?page_id=47https://ilfocolare.it/?page_id=180
https://ilfocolare.it/
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DALLA NAVATA
XXVIII Domenica del Tempo ordinario- Anno B – 14 ottobre 2018
Sapienza 07.07. Pregai e mi fu elargita la prudenza, implorai e venne in me lo spirito di sapienza. La preferii a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto.
Salmo 89. 17. Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio: rendi salda per noi l’opera delle nostre mani, l’opera delle nostre mani rendi salda.
Ebrei 04. 13. Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto
Marco 10. 26. Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
Beati gli insoddisfatti, se diventano cercatori di tesori
Gesù uscito sulla strada, e vuol dire: Gesù libero maestro, aperto a tutti gli incontri, a chiunque incroci il suo cammino o lo attenda alla svolta del sentiero. Maestro che insegna l’arte dell’incontro.
Ed ecco un tale, uno senza nome, gli corre incontro: come uno che ha fretta, fretta di vivere. Come faccio per ricevere la vita eterna? Termine che non indica la vita senza fine, ma la vita stessa dell’Eterno Gesù risponde elencando cinque comandamenti e un precetto (non frodare) che non riguardano Dio, ma le persone; non come hai creduto, ma come hai amato. Questi trasmettono vita, la vita di Dio che è amore.
Maestro, però tutto questo io l’ho già fatto, da sempre. E non mi ha riempito la vita. Vive quella beatitudine dimenticata e generativa che dice: “Beati gli insoddisfatti, perché diventeranno cercatori di tesori”.
Ora fa anche una esperienza da brivido, sente su di sé lo sguardo di Gesù, incrocia i suoi occhi amanti, può naufragarvi dentro: Gesù fissò lo sguardo su di lui e lo amò. E se io dovessi continuare il racconto direi: adesso gli va dietro, adesso subisce l’incantamento del Signore, non resiste a quegli occhi. Invece la conclusione del racconto va nella direzione che non ti aspetti: Una cosa ti manca, va’, vendi, dona ai poveri. Sarai felice se farai felice qualcuno; fai felici altri se vuoi essere felice.
E poi segui me: capovolgere la vita. Le bilance della felicità pesano sui loro piatti la valuta più pregiata dell’esistenza, che sta nel dare e nel ricevere amore. Il maestro buono non ha come obiettivo inculcare la povertà in quell’uomo ricco e senza nome, ma riempire la sua vita di volti e di nomi.
E se ne andò triste perché aveva molti beni.
Nel Vangelo molti altri ricchi si sono incontrati con Gesù: Zaccheo, Levi, Lazzaro, Susanna, Giovanna. Che cosa hanno di diverso questi ricchi che Gesù amava, sui quali con il suo gruppo si appoggiava? Hanno saputo creare comunione: Zaccheo e Levi riempiono le loro case di commensali; Susanna e Giovanna assistono i dodici con i loro beni (Luca 8,3). Le regole del Vangelo sul denaro si possono ridurre a due soltanto: a) non accumulare, b) quello che hai, ce l’hai per condividerlo. Non porre la tua sicurezza nell’accumulo, ma nella condivisione.
Seguire Cristo non è un discorso di sacrifici, ma di moltiplicazione: lasciare tutto ma per avere tutto. Infatti il Vangelo continua: Pietro allora prese a dirgli: Signore, ecco noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito, cosa avremo in cambio? Avrai in cambio cento volte tanto, avrai cento fratelli e un cuore moltiplicato. Non rinuncia, se non della zavorra che impedisce il volo, il Vangelo è addizione di vita.
Ermes Ronchi padre Ermes Ronchi OSM
www.qumran2.net/parolenuove/commenti.php?mostra_id=44132
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DIRITTO DI FAMIGLIA
Diritto di famiglia, spiragli di riforma in antitesi al Ddl Pillon
http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01071882.pdf
Si è tenuto nella prima settimana di ottobre a Catania il XXXIV Congresso Nazionale Forense che ha riunito i vertici dell’avvocatura. Per fare il punto su quali siano le questioni maggiormente sentite dall’esercito di legali che vivono i nostri tribunali ogni giorno, può bastare una prima disamina sulle mozioni presentate. Per un totale di oltre 200, sono 141 quelle infine ammesse al voto. Divisi per materie, a ricalcare i temi scelti per riempire di contenuto l’evento dell’anno, ci sono gli argomenti più cari ai professionisti. Tra questi, le riflessioni sull’organizzazione, sulla natura giuridica dell’ordine forense e il capitolo sempre spinoso e attualissimo dei compensi e della fiscalità. (…)
Di grande attualità il dibattito sulla gestione della crisi nelle relazioni familiari e tutela dei minori, di cui si sono occupate le mozioni numero 115, 152 e 158, proposte rispettivamente da AIAF (Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori), CAMMINO (Camera Nazionale Avvocati per la persona, le relazioni familiari e i minorenni) e ONDiF (Osservatorio Nazionale sul diritto di famiglia).
La prima è chiara nel segnare il passo. Si rifà al dibattito dell’ultimo periodo, apertosi attorno al Ddl Pillon. All’esito delle operazioni di voto, un attimo prima di comunicarne l’approvazione agli oltre settecento presenti, il delegato addetto a dirigere lo spoglio non ha remore a definire le istanze contenute in quella mozione come in antitesi rispetto al disegno di legge fermo in Commissione giustizia al Senato. In nome del rispetto del “migliore interesse” del figlio, la platea di avvocati che ha affollato il complesso attorno al cinquecentesco Monastero dei Benedettini conclude dunque che non si può rinunciare all’individuazione di soluzioni specifiche. L’implicazione è importante. Siamo dentro al dibattito sulla bigenitorialità e, a bocce ferme, si conviene che sia il giudice a decidere. A quello spetterà di dire se sussistano e quali siano le possibilità di una concreta e puntuale attuazione della genitorialità paritetica. Ma c’è di più. Occorre, secondo gli avvocati della famiglia, che quelle possibilità concrete siano costruite in funzione della situazione di ciascun minore interessato. Quello che viene fuori dai tavoli è l’esigenza che non si apra a nessun automatismo, insomma. Bisogna capire che su quel terreno va riconosciuto e mantenuto al giudice il potere discrezionale, garante di una valutazione il più vicino possibile al reale superiore interesse del bambino.
Questo, peraltro, è ciò che accade da tempo negli ordinamenti europei i quali non prevedono soluzioni automatiche. Una diversa ottica finirebbe per incidere in negativo sulla reale tutela dei diritti, facendo alzare il livello dello scontro sulla esecuzione concreta di quegli automatismi. Questo dicono, in soldoni, le riflessioni dei giuristi che con la successiva mozione – la n. 159 – si propongono «di promuovere nelle più opportune sedi parlamentari e governative iniziative affinché venga introdotto, nei provvedimenti che riguardano le relazioni dei figli minorenni e il loro affidamento, l’obbligo di motivazione specifica, rifuggendo da soluzioni standard identiche per tutti». L’obbligo di motivare in maniera circostanziata si fa qui strumento, dunque, suggerito per arginare la (pur necessaria) discrezionalità del giudicante.
E poi, da quelle espressioni di voto, qualche altro punto fermo il congresso ce lo consegna. Frantumazione dei riti, delle competenze e dei giudici, vengono individuate tra le maggiori criticità del nostro diritto di famiglia.
I documenti elaborati a Catania quest’anno fotografano un sistema che non riesce ad andare al ritmo della cronaca, specie quando si tratta di nera. Si deve dare atto che i tecnici si preoccupano, nella sede ufficiale che li impegna, di trovare soluzioni per contenere il fenomeno della violenza di genere, il numero dei femminicidi (se ne conta uno ogni tre giorni). Lo scopo è quello di farlo puntando il faro sulle difficoltà che incontra la vittima. E allora gli avvocati chiedono ad esempio che i vertici riuniti facciano propria l’esigenza di estendere una serie di condizioni, volte a rendere meno gravoso l’accesso alla giustizia.
Si auspica un intervento in materia di patrocinio a spese dello Stato, con l’obiettivo di permettere che lo si apra alle vittime al di là dei limiti di reddito anche nei processi civili, come già accade in quelli penali; si propone di arrivare all’esonero dal pagamento del contributo unificato, così da agevolare anche quelle donne in condizioni economiche precarie, nei procedimenti in cui si agisca per ottenere il risarcimento dei danni derivanti dalla violenza domestica o di genere che siano già stati accertati dai giudici con una sentenza passata in giudicato dunque non più impugnabile; si ragiona sull’eliminazione o sull’allungamento almeno a un anno del termine di accesso al Fondo per le vittime di reati intenzionalmente violenti (istituito nel 2016 ed esteso ai casi di violenza contro le donne con legge n. 4 del 2018), da estendere anche ai figli e orfani della vittima.
Quello che il Congresso nazionale forense quest’anno pare avere espresso è uno spiraglio di riforma del diritto di famiglia, nella versione pensata dai tecnici. Che il legislatore tenga effettivamente conto di questi sforzi, qualificati, al momento della produzione normativa dovrebbe essere, con buona pace della politica, l’augurio di tutti.
Maria Concetta Tringali Micromega n.6\2018 8 ottobre 2018
http://temi.repubblica.it/micromega-online/diritto-di-famiglia-spiragli-di-riforma-in-antitesi-al-ddl-pillon
Ddl Pillon, una proposta da fermare!
La proposta di legge n. 735 “Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità” firmata dal senatore leghista Simone Pillon è un pericolo per l’attuale assetto legislativo che permette al Giudice la ricerca del giusto equilibrio degli interessi di tutti i membri della famiglia in crisi, nel rispetto del preminente interesse morale e materiale dei figli minori di età.
E’ una proposta ideologica, confusa, che muta in modo radicale la prospettiva sino ad oggi adottata e abbraccia una visione stereotipata delle soluzioni da scegliere nei confronti dei bambini come se fossero beni da dividere in occasione della separazione assieme ai beni mobili, i conti, i titoli, le automobili, senza considerare minimamente la realtà in cui i bambini hanno vissuto e le caratteristiche sociali relazionali economiche di ogni famiglia.
Se fino alla riforma del 2006 si poteva parlare di uno squilibrio legislativo che emarginava il giusto ruolo dei padri nella cura ed educazione dei figli, con questa proposta di legge la situazione viene ribaltata e si impongono soluzioni obbligatorie che non sono aderenti alla nostra realtà sociale, che favoriscono il genitore più forte economicamente, che inaspriscono e allargano il conflitto all’interno della famiglia coinvolgendo i nonni e i figli maggiorenni, che allungano i tempi delle decisioni, che non tutelano i minori e le donne vittime di violenza.
Non c’è una sola tra le molte novità proposte che sia condivisibile. I punti indicati come qualificanti sono in realtà ritenuti allarmanti da tutti gli operatori giuridici che si occupano di diritto di famiglia, che non siano stabilmente e funzionalmente collegati con qualche associazione di padri separati, per l’esito che potrebbero avere nella vita dei soggetti più deboli.
Il principio dell’interesse del minore. Il principio dell’esclusivo interesse morale e materiale della prole che sino ad oggi è stato il cardine, libero da vincoli, di ogni decisione da parte dell’Autorità Giudiziaria, con la proposta di legge del senatore Pillon è condizionato, a richiesta di uno dei due genitori, al “diritto del minore di trascorrere tempi paritetici o equipollenti” con ciascuno dei genitori, indipendentemente dal vissuto del minore. Si stabilisce, quindi, in concreto che per interesse del minore si deve intendere sempre e comunque che il figlio, indipendentemente dall’età e dalla relazione che ha con i genitori, debba obbligatoriamente trascorrere metà del suo tempo con un genitore e metà con l’altro, sottraendo al giudicante quella discrezionalità che gli permetteva di esaminare ogni fattispecie e decidere sulla base dei dati di realtà offerti dalle parti.
Solo nel caso in cui il minore abbia subito violenza, abusi sessuali, trascuratezza ovvero il genitore non sia disponibile o non abbia spazi adeguati sarà possibile per il giudice derogare alla suddivisione dei tempi paritari. Un elenco tassativo che omette situazioni di pregiudizio quali ad esempio i maltrattamenti, le malattie psichiatriche, l’uso di sostanze stupefacenti, l’uso di alcol, le precedenti condotte abbandoniche.
Di fatto una diversa previsione di tempi è, quindi, ritenuta possibile solo in alcuni casi gravissimi e circoscritti che impongono una limitazione ovvero la decadenza dalla responsabilità genitoriale, oppure quando uno dei due genitori non sia disponibile o non possa accogliere il figlio in una casa.
La rigidità della norma impedisce di valutare le diverse situazioni in base all’età del minore, alla relazione che il figlio ha con i genitori, o all’apporto che ciascun genitore ha avuto nella cura del figlio quando la famiglia era unita, se mai è stata unita. Non occorre essere specialisti in psicologia per sapere che un bimbo molto piccolo ha maggiormente bisogno della madre di uno grandicello, ed è dato comune, confermato purtroppo dalle statistiche, che ancora oggi la maggior parte dei padri italiani delegano totalmente alla madre le funzioni di cura del minore.
Le statistiche dicono che i padri italiani dedicano ai figli circa 38 minuti al giorno, normalmente per attività ludiche o di aiuto allo studio, piazzandosi all’ultimo posto in Europa, mentre le madri destinano quasi cinque ore ed il loro tempo è dedicato a tutti gli aspetti della vita del figlio. Sempre le statistiche ci dicono che solo il 6,9% dei padri italiani accedono ai congedi parentali contro il 69% dei padri svedesi. L’organizzazione della vita quotidiana della donna si rivoluziona con la nascita di un figlio, quella dei padri di norma no.
A dispetto, quindi, di una nuova concezione della paternità molto pubblicizzata dai media e dell’aumento del lavoro delle donne la partecipazione dei padri alle cure e all’educazione dei figli, nella stragrande maggioranza dei casi, non si è molto modificata rispetto a 20 anni fa.
Orbene questi semplici dati impongono qualche riflessione. Nella divisione del tempo che ogni bambino figlio di genitori separati dovrà trascorrere con ciascun genitore si devono tenere in considerazione molti dati e aspetti della sua vita.
Così come un padre che ha sempre contribuito alla cura del figlio non dovrebbe mai essere relegato a un tempo marginale della sua vita, non è neppure immaginabile pensare di dividere il tempo di un bambino al 50% tra i due genitori se uno dei due non l’ha mai accudito e magari non ha neppure il tempo di farlo quotidianamente [lavoro a turni, a distanza, in trasferta, straordinario] con la conseguenza che il bambino verrebbe affidato ad un terzo (baby-sitter, nonni o nuovo/a compagno/a).
La soppressione dell’assegno di mantenimento e l’introduzione del mantenimento diretto. A questa divisione paritetica del tempo consegue, ovviamente, il mantenimento diretto del minore da parte di ciascun genitore, con suddivisione più o meno paritaria delle spese straordinarie. Purtroppo appare più che mai evidente che questa proposta di divisione al 50% del tempo è funzionale alla soppressione dell’assegno di mantenimento per il figlio e dell’assegnazione della casa coniugale al genitore collocatario, così come richiesto da anni dalle associazioni dei padri separati.
L’esperienza insegna che troppe volte i bambini sono oggetto di conflitto proprio per questioni economiche, perché uno dei due genitori non intende partecipare adeguatamente al loro mantenimento e spesso anzi si sottrae ai suoi doveri con espedienti vari. Sottrarsi al mantenimento dei figli o del coniuge più debole, peraltro, non sarà più considerato reato, perché la proposta del senatore Pillon prevede l’abrogazione dell’art. 570 bis cod. pen. che punisce la violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio.
Il meccanismo volto a disciplinare il mantenimento diretto da parte dei genitori ideato nella proposta di legge è alquanto confuso, di difficilissima attuazione e soprattutto, in caso di inadempimento, impossibile da far applicare.
Le parti dovranno offrire al giudice il loro piano genitoriale nel quale indicare tra l’altro i luoghi abitualmente frequentati dai figli, scuola, attività extrascolastiche, frequentazioni parentali e amicali, vacanze, nonché la misura e la modalità con cui ciascun genitore deve provvedere al loro mantenimento. Il Giudice conseguentemente dovrà attribuire a carico di ciascun genitore specifici capitoli di spesa “sulla base del costo medio dei beni e servizi per i figli, individuato su base locale in ragione del costo medio della vita come calcolato dall’ISTAT”.
Ovviamente le spese per l’abitazione non sono più comprese tra quelle da prendere in considerazione dato che i figli starebbero con mamma e papà al 50%.
Un eventuale assegno è previsto straordinariamente in casi limitatissimi e per un tempo determinato e comunque il Giudice dovrebbe indicare “quali iniziative devono essere intraprese dalle parti per giungere al mantenimento diretto della prole, indicando infine i termini entro i quali la corresponsione di assegno periodico residuale verrà a cessare”.
E’ incomprensibile ed iniquo il riferimento al costo medio della vita come calcolato dall’ISTAT, dato che ci sono persone che hanno un reddito al di sotto della media e altre molto al di sopra. C’è il disoccupato che vive di espedienti e il manager o il libero professionista che ha un reddito annuale di qualche centinaia di migliaia di euro. Tutto viene appiattito come se non ci fosse alcuna differenza tra famiglia e famiglia.
Non si comprende che cosa accade se uno dei due genitori non provvede al pagamento dei propri capitoli di spesa, o provveda parzialmente, o provveda acquistando prodotti di scarsissima qualità che si deteriorano in tempi non congrui con conseguente necessità di ulteriori spese.
Non solo non sarà più possibile denunciare penalmente la parte inadempiente, ma neppure si potrà chiedere il pagamento diretto da parte del datore di lavoro ex art. 316 bis cod. civ. non essendo determinata la somma mensile da pagare. La procedura per il recupero del credito sarà più complessa, perché in assenza di un importo determinato nel titolo occorrerà avvalersi della procedura di ingiunzione per ottenere un titolo con una somma certa, e solo successivamente procedere con la notifica del precetto e il pignoramento.
L’alienazione genitoriale. Una delle parti più inquietanti della proposta di legge riguarda però i casi in cui un bambino rifiuti un genitore, fenomeno individuato e denominato da alcuni esperti come “alienazione genitoriale”, ma contestato da altri. A prescindere dalla discussione accademica e giuridica sull’esistenza o meno dell’alienazione genitoriale, occorre riconoscere che vi sono situazioni in cui i figli rifiutano la presenza di un genitore. Tema delicatissimo, dalle mille sfaccettature.
Un figlio può, infatti, rifiutare una figura genitoriale per molti motivi: perché ha subito pesanti condizionamenti psicologici da uno dei due genitori, oppure perché ha vissuti di disagio, di violenza o di maltrattamento, o, ancora, perché quel genitore non è capace di relazionarsi adeguatamente con la prole, oppure perché nel conflitto troppo acceso semplicemente si schiera con uno dei genitori.
Sono casi delicatissimi che devono essere trattati con l’aiuto di diverse professionalità: psicologi, psichiatri, educatori, operatori del servizio sociale. Deve essere infatti, in primo luogo, compreso il motivo della resistenza di un figlio rispetto ad un genitore, perché solo dopo un adeguato accertamento si potranno mettere in atto gli aiuti necessari nei confronti del figlio e dei genitori per il superamento della criticità individuate.
E’ chiaro che l’approccio sarà diverso nei casi in cui si sono verificati condizionamenti psicologici da quelli in cui si è in presenza di un uomo violento e vendicativo. Le cronache di violenze familiari avrebbero dovuto essere di monito al legislatore ed invece qui viene proposta una soluzione standardizzata in cui al bambino, più o meno grandicello, che rifiuta un genitore, senza neppure accertarne il motivo, può essere cambiata la residenza e affidato al genitore rifiutato o a una struttura specializzata.
Questa soluzione può avere un senso in alcuni marginalissimi casi, ma certo non può essere individuata come la soluzione modello da adottare sempre e a prescindere da accertamenti rigorosi sulle cause del disagio e sulle soluzioni nel rispetto dei bisogni del minore, e mi riferisco a tutte quelle situazioni, non poche, in cui vengono accertati maltrattamenti, violenze o abusi e che terminano, o dovrebbero terminare, con una interruzione definitiva degli incontri con il genitore “inadeguato”.
Invece la legge di fatto parte dall’assunto che in tutti i casi in cui un bambino rifiuti una figura genitoriale sia responsabilità dell’altro genitore e che tutte le denunce di maltrattamenti o violenza domestica siano false.
La legittimazione ad intervenire nel giudizio dei nonni. La proposta di legge tende, inoltre, ad ampliare i conflitti orizzontalmente introducendo nel giudizio altri attori quali i nonni. I nonni, infatti, saranno legittimati ad intervenire volontariamente nelle procedure di affidamento promosse dai genitori per far valere le loro istanze. Questa novità è quanto mai inopportuna per più ordini di motivi.
La loro presenza processuale non può che amplificare il conflitto, rendere più complessa e lenta la procedura che, invece, necessita di celerità.
Le istanze dei nonni (che sono quattro), tra l’altro, potrebbero essere diverse e contrapposte tra loro, il che determinerebbe il caos.
I figli maggiorenni. I figli maggiorenni non indipendenti economicamente dovranno adire l’Autorità Giudiziaria per ottenere un assegno periodico a carico di entrambi i genitori. Quindi, sino a 17 anni e undici mesi i ragazzi saranno obbligati a spostarsi, facendo attenzione ai tempi di permanenza, tra le case dei due genitori, i quali provvederanno direttamente al loro mantenimento per capitoli di spesa: uno dei genitori si farà carico dei vestiti, l’altro delle scarpe, uno dei libri, l’altro dello sport, uno del cellulare, l’altro dell’abbonamento autobus e il figlio quando sarà da un genitore potrà andare al cinema e a teatro, dall’altro no, oppure potrà trascorrere i fine settimana in montagna e al mare e con l’altro no, con uno potrà permettersi vacanze costose, con l’altro sarà costretto a restare in città. A 18 anni il/la ragazzo/a, finalmente potrà decidere la sua prevalente collocazione, ma pur non avendo la disponibilità economica per rivolgersi ad un avvocato (avrà diritto al patrocinio a spese dello stato?), dovrà rivolgersi al giudice per chiedere un assegno a entrambi i genitori (assegno che prima era precluso) con il quale verosimilmente dovrà pagare pagarsi gli studi e tutto il resto. L’assegno diventa una obbligazione solidale dei due genitori che dovranno contribuire nella medesima misura anche se uno dei due è disoccupato e l’altro milionario, anche se il figlio abita stabilmente e prevalentemente con uno e non con l’altro.
L’assegno non è più previsto sino all’indipendenza economica, ma solo sino al venticinquesimo anno di età, dopodiché cessa qualsiasi obbligo di mantenimento da parte dei genitori, e quindi i figli di genitori separati, per legge, non avranno il diritto di accedere a professioni che richiedono tempi di studio e di tirocinio prolungati quali ad esempio la magistratura, l’avvocatura, il notariato.
La soppressione dell’assegnazione della casa familiare. Anche l’istituto dell’assegnazione della casa familiare viene radicalmente modificato. In caso di proprietà esclusiva di un genitore o di comproprietà tra le parti il giudice potrà stabilire che i figli possano mantenere la residenza con l’altro genitore nella casa familiare, ma questi dovrà versare un canone di locazione computato in base ai prezzi di mercato.
E comunque questi non potrà continuare ad abitare nella casa familiare di proprietà dell’altro genitore nel caso in cui conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio.
L’interesse del minore a continuare a vivere nella stessa casa passa in assoluto secondo piano, in un’ottica che vede prevalere gli interessi economici di una parte.
La mediazione obbligatoria. Dal punto di vista processuale questa proposta di legge adotta soluzioni che allungheranno i tempi e aumenteranno i costi. Introduce la mediazione obbligatoria che viene articolatamente disciplinata nei primi articoli.
La mediazione diventa condizione di procedibilità e quindi le parti, prima di promuovere un giudizio, devono necessariamente rivolgersi ad un mediatore familiare, con allungamento dei tempi.
Viene ignorato che la mediazione è inapplicabile ai sensi dell’art. 48 della Convenzione Istanbul ratificata dall’Italia in tutti i casi in cui una delle due parti subisce violenza fisica, sessuale, economica, psicologica.
Alla mediazione le parti devono essere obbligatoriamente assistite dai rispettivi legali a pena di nullità della procedura e dell’accordo stesso. Ciò significa che i costi legali, in caso di fallimento della mediazione, aumenteranno, e non di poco. Oltre al mediatore dovranno essere pagati anche gli avvocati e quindi ogni procedura costerà al cittadino qualche migliaio di euro in più.
Anche in questo caso non è dato comprendere se le persone non abbienti possano chiedere di essere ammesse al Patrocinio a spese dello Stato e in questo caso da chi sarà pagato e con quali modalità il mediatore.
È peraltro noto che la mediazione familiare, utile in molti casi, deve essere voluta dalle parti, e non imposta. Una mediazione obbligatoria non sortisce alcun effetto nelle coppie molto conflittuali che necessitano invece di provvedimenti celeri, da parte dell’Autorità Giudiziaria, che disciplinino le relazioni tra genitori e figli e i doveri di mantenimento. Quindi costi in più e tempi maggiori per tutte le coppie conflittuali.
In Italia, fortunatamente, la stragrande maggioranza delle coppie riesce a raggiungere un accordo e le statistiche confermano infatti che più dell’82% delle coppie si separa consensualmente. Nel 2014 è stata introdotta anche la legge sulla negoziazione assistita che favorisce questo trend, affidando agli avvocati il compito di aiutare i coniugi a trovare soluzioni per la loro vita futura.
La strada per sostenere i genitori a superare la conflittualità è quella di specializzare sempre più l’avvocatura che si occupa di diritto di famiglia, favorendo soluzioni alternative al giudizio che deve restare per i soli casi in cui è impossibile raggiungere un accordo, e dove però l’autorità giudiziaria deve avere la possibilità/dovere di intervenire in tempi molto rapidi a tutela dei minori che si trovano schiacciati nel conflitto genitoriale.
Modifiche procedurali. Anche la proposta di autorizzare il reclamo immediato contro i provvedimenti del Giudice Istruttore di fatto inciderà sui tempi di giustizia, rendendo la procedura più lenta e faticosa, con un continuo passaggio fra un grado e l’altro, prima del provvedimento definitivo comunque impugnabile.
Neppure condivisibile la proposta di autorizzare l’assunzione dei mezzi di prova avanti al Presidente prima dell’emanazione dei provvedimenti provvisori. Se infatti può essere utile in talune specifiche circostanze procedere con una CTU psicologica sulla relazione genitori e figli e sulla capacità genitoriale, non è dato comprendere che senso abbia anticipare tutta l’istruttoria prima dei provvedimenti presidenziali che perderebbero la loro funzione di dirimere nell’immediatezza e provvisoriamente la controversia tra i due genitori in attesa dell’accertamento istruttorio.
Queste sono alcune delle numerose criticità della proposta del senatore Pillon che si presenta come altamente ideologica, schierata a difesa del genitore più forte economicamente e quindi iniqua, che impone una visione di parte e trascura la realtà sociale in cui inciderà la normativa, che ignora l’interesse dei minori di età divisi per legge in due come se la loro identità e i loro bisogni non esistessero o fossero comunque per tutti uguali, che aumenta i costi e allunga i tempi di giustizia.
Avv. Assunta Confente – Foro di Torino, fondatrice della Camera Minorile di Torino
www.noidonne.org/articoli/ddl-pillon-una-proposta-da-fermare-15264.php
Affido condiviso. «Il Ddl Pillon annulla le differenze tra mamme e papà»
Il disegno di legge Pillon sull’affido condiviso va profondamente modificato, presenta preoccupanti criticità etiche, rischia di acuire la sofferenza delle famiglie, è riferito a una condizione di vita astratta, pretende di annullare le diversità ontologiche tra padre e madre. È una bocciatura severa quella che arriva dal convegno organizzato dal Forum delle associazioni familiari sul Ddl 735 che punta a riformare la legge 54 del 2006 sull’affido condiviso.
Vincenzo Bassi, responsabile giuridico del Forumdelle Associazioni Familiari, ha fatto notare come non esista il diritto soggettivo individuale all’essere genitore, come non esiste il diritto soggettivo individuale a educare il proprio figlio. «Esiste invece – ha spiegato – la responsabilità genitoriale da esercitare da parte dei genitori unitamente nel rispetto della differenza dei ruoli di papà e mamma». Il disegno di legge invece va in direzione opposta. Secondo Bassi sono almeno quattro i punti critici: il progetto definisce a priori il superiore interesse del bambino; attribuisce al singolo genitore pretese sul minore; elimina le differenze tra padre e madre; marginalizza il giudice e non lo aiuta nell’esercizio delle sue funzioni.
Temi affrontati anche da Alberto Gambino, presidente di “Scienza & Vita“, giurista, secondo cui l’astrattezza del Ddl rischia di rendere ancora più acuta la sofferenza della separazione. «È come se si pretendesse di risolvere con un algoritmo i problemi dell’esistenza umana». Assuntina Morresi, del Comitato nazionale di bioetica, ha sottolineato l’errore di obbligare un giudice, secondo quanto scritto nel Ddl, a spingere un minore verso l’altro genitore quando c’è il sospetto di alienazione parentale. «Questa pretesa – ha spiegato – contraddice il principio del consenso informato a cui anche i minori hanno diritto».
Morresi ha contestato l’esistenza di un “diritto alle relazionalità”, come indicato dal progetto di legge, e ha a sua volta indicato il rischio di considerare i genitori intercambiabili. Com’è noto il disegno di legge prevede “tempi paritetici” per la permanenza del bambino presso ciascun genitore. Infine la psicologa giuridica Chiara Griffini (Associazione Giovanni XXIII) ha invitato a «guardare ai figli non solo come soggetti alle storie familiari ma come membri attivi del sistema, in tal senso è richiesto a loro di fare qualcosa a favore dei legami tenendo conto dell’età, del genere, della collocazione fraterna».
Luciano Moia Avvenire 10 ottobre 2018
www.avvenire.it/attualita/pagine/affido-condiviso-ddl-da-modificare
L’ affido “paritario” alla luce della giurisprudenza
Il disegno di legge proposto dal Senatore Pillon ha suscitato molti dibattiti e, soprattutto, ha creato una guerra tra madri e padri. Questa “guerra”, tuttavia, ha avuto come unico merito quello di far emergere il clima di accesa conflittualità che chi “lavora” ogni giorno con questa materia conosce bene e che, purtroppo, porta a dimenticare come in gioco, nella crisi genitoriale, ci sia la vita di un bambino che dovrà diventare un adulto forte e responsabile.
La riforma della filiazione del 2013 ha posto al centro il diritto di ogni bambino a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori sottolineando come, per realizzare detta finalità, il giudice debba adottare provvedimenti che abbiano come “luce guida” l’interesse morale e materiale dei minori (art. 337 ter, c.c.). Il problema nei conflitti genitoriali è stato quello di passare da questa “astratta” previsione legislativa (molto elegante), all’individuazione del contenuto concreto della responsabilità genitoriale, con specifico riferimento alla ripartizione dei tempi e dei compiti di cura fra i due genitori che, pur avendo deciso di dividere le loro strade, continuano a essere tali.
La giurisprudenza maggioritaria ha finito per tradurre la previsione legislativa “astratta” del diritto del bambino ad un rapporto continuativo con entrambi i genitori, con quella “concreta” del genitore “collocatario” in via prevalente (ossia la madre, nella quasi totalità dei casi), un istituto, quest’ultimo, di esclusiva origine giurisprudenziale e che non è previsto da alcun norma di legge.
È evidente che questa previsione del genitore collocatario, ossia della madre “collocataria” (per la maggior parte), è stata, in molti casi, senz’altro ragionevole. Infatti, di regola, è proprio la madre il genitore più assiduo nella cura della prole, mentre il padre è maggiormente impegnato lavorativamente, o, magari, ha lasciato la famiglia che si era creato per rifarsi una vita e non ha la volontà e l’interesse di prendersi cura del precedente figlio con una frequentazione paritaria.
Ma non tutti i casi della realtà rispondono a questo schema semplicistico. Ed è così che si assistite in tribunale a durissime battaglie, portate avanti da padri che sono, di fatto, estromessi dalla vita dei figli, pur avendo la volontà, la disponibilità e il tempo per prendersene cura. E, alle volte, le madri non hanno remore nell’usare anche mezzi poco “corretti” per ottenere un collocamento prevalente del figlio presso di loro.
La giurisprudenza italiana sull’affido paritario. In uno dei casi, per esempio, analizzato dal Tribunale di Salerno, decreto 18 aprile 2017 la madre aveva domandato l’affidamento condiviso del figlio con il suo ex compagno, ma, tuttavia, proponendo al giudice un calendario di frequentazione padre- figlio estremamente ridotto (20% del tempo per gli incontri padre-figlio) e chiedendo, altresì, che ogni incontro del figlio avvenisse sotto la sua costante e vigile presenza. La madre, inoltre, aveva sostenuto che il figlio per raggiungere la casa del padre (con un viaggio di 30 km) accusava forti malesseri, che la casa dell’ex compagno era maltenuta e insalubre e che il padre era “intrinsecamente idoneo a curare il figlio anche temporaneamente”. Di tutte queste affermazioni non aveva portato alcuna prova. Ma intanto la battaglia legale è iniziata e proseguita. In questo caso, poi, anche la nonna materna si era “alleata” in questa battaglia, querelando il padre del minore, per potere sostenere l’inidoneità genitoriale di quest’ultimo. Il padre, dal suo canto, chiedeva di avere un rapporto equilibrato con il figlio e sosteneva che l’atteggiamento materno aveva comportato una grave lesione del diritto alla bigenitorialità.
Il Tribunale di Salerno, allineandosi ad altre pronunce di merito (T. di Roma 20.1.2015, n. 1310; Corte d’appello di Bologna, 14.4.2016, n. 625) ha respinto le richieste materne, valutando l’infondatezza di tutte le accuse rivolte contro l’ex compagno, sottolineando:
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L’importanza di valutare, in primis, la possibilità di suddividere, a seguito della crisi tra genitori, i tempi di permanenza dei figli con quest’ultimi in modo paritario (shared custody), almeno tutte le volte in cui i genitori abbiano capacità genitoriali omogenee e quando il concreto interesse del minore sia quello a godere di una frequentazione paritaria dei genitori;
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Che far coincidere l’interesse morale e materiale del minore, sempre e comunque, in una residenza abituale “appare riduttivo” e contraddetto dai casi in cui i genitori, ad esempio, trovano l’accordo per una suddivisione paritetica dei tempi con il figlio;
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Che, in ogni caso, può essere fissata la residenza abituale del minore anche se i tempi di permanenza di quest’ultimo con i genitori sono suddivisi in modo paritario;
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Che condividere esperienze di vita costituisce elemento essenziale della relazione genitore – figlio e, attribuire un tempo minimo di frequentazione del figlio con il padre “vuol dire allontanare un genitore di fatto dalla quotidianità del bambino con effetti irrimediabili sulla relazione genitoriale e sulla crescita psicologica del minore”.
Ebbene questo principio della suddivisione paritetica dei tempi di frequentazione (shared custody) è stato da ultimo sottolineato e riaffermato anche dal Tribunale di Parma con decreto del 14 maggio 2018, il quale ha fatto riferimento sia alle indicazione della comunità degli psicologi, sia ai moniti del Consiglio d’Europa.
In particolare, il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi con audizione in Senato dell’8 novembre 2011 già aveva evidenziato come “il coinvolgimento paterno ha influenze positive sullo sviluppo della prole” e la Risoluzione adottata dal Consiglio d’Europa n. 12 del 2015 ha incoraggiato gli Stati membri ad applicare il principio della shared residence (ossia tempi più o meno uguali di frequentazione dei figli con il padre e la madre), purché si tenga conto dell’interesse del minore.
È evidente come il modello “astratto” di affidamento condiviso proposto dal legislatore non si sia attuato, nel concreto, nella sua pienezza. E inoltre non è più accettabile continuare a coinvolgere i minori in una guerra (fatta di risentimenti personali) tra i genitori in crisi nel loro rapporto.
Il disegno di legge Pillon, forse, potrebbe essere una buona occasione per rimeditare una legge che è troppo astratta e costringe il più delle volte anche i minori nel tunnel giudiziario (con espletamento di lunghe consulenze tecniche).
Il tempo paritario, certo, dovrà essere sempre valutato tenendo conto due elementi fondamentali: il caso concreto; il preminente interesse del minore.
Sotto questo profilo imporre un numero di giorni minimi di frequenza significa riproporre quei modelli standardizzati che si dovrebbero evitare e significa, inoltre, non tener conto delle specificità del caso concreto.
Tuttavia, mettere al centro l’interesse del minore a trascorrere tempi paritetici con i genitori è saggio, purché si facciano sempre salve le peculiarità del caso concreto e si consideri in quale modo possa essere meglio salvaguardato l’interesse del figlio minore.
Prevedere, inoltre, un percorso di mediazione prima di arrivare alle aule giudiziarie, potrebbe essere, soprattutto in materia familiare, uno sforzo che salvaguarda i minori, avviando un metodo di risoluzione del conflitto più vicino alle famiglie e capace di arrivare a soluzioni ad hoc per ogni diverso contesto familiare.
Valentina Finotti Persona&Danno 10 ottobre 2018
www.personaedanno.it/articolo/l-affido-paritario-alla-luce-della-giurisprudenza
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DISCERNIMENTO
Il discernimento? È capire la volontà di Dio
«Non ho mai tralasciato la meditazione su questo tema così decisivo». Lo scrive Enzo Bianchi nel libro “L’arte di scegliere. Il discernimento”, oggi in uscita per le Edizioni San Paolo (pagine 162, 16 euro).
Un volume in cui il fondatore della comunità monastica di Bose riflette su un termine, un concetto, oggi caduto un po’ nell’oblio ma tornato di stretta attualità grazie al magistero di papa Francesco che l’ha voluto inserire anche nel titolo del Sinodo dei giovani. Una scelta quanto mai significativa perché – scrive Bianchi – «è indispensabile tornare a esercitarsi in quest’arte così essenziale per la vita cristiana e non, offrendo anche utili e preziosi consigli affinché la nostra esistenza, nonostante i limiti e le fragilità, giunga a compimento e sia un “amen” sincero e convinto alla volontà del Signore». Di seguito l’introduzione di Enzo Bianchi che apre il libro.
Agli orecchi dei più, e in particolare a quelli delle nuove generazioni cristiane, il termine “discernimento” risulta ermetico. E infatti una parola caduta nell’oblio, ma che recentemente appare spesso nell’insegnamento di papa Francesco. Proprio Francesco ha scelto come tema per il prossimo Sinodo ordinario dei vescovi (ottobre 2018) il discernimento, indicandolo come operazione urgente nella vita della Chiesa e soprattutto nel processo vocazionale, riguardante in modo particolare i cristiani che nella loro età giovanile approdano a una forma di presenza specifica nella chiesa e nel mondo. Lo stesso Francesco nella sua Esortazione apostolica postsinodale Amoris lætitia (19 marzo 2016) ha riservato ampio spazio al tema del discernimento in relazione alla vita familiare, dedicando tra l’altro un intero capitolo, l’ottavo, al tema dell’accompagnare, discernere e integrare le fragilità. E significativa questa affermazione chiara e netta del Papa: «Oggi la chiesa ha bisogno di crescere nel discernimento, nella capacita di discernere».
In verità nella vita monastica e nella spiritualità loyoliana (da cui il Papa proviene) il termine “discernimento” è sempre stato presente e a esso sono stati dedicati studi e ricerche in vista di una sua comprensione e di un’attualizzazione di questo dono dello Spirito, di questo carisma che i padri del deserto giudicavano il più necessario per camminare nella sequela di Cristo verso il regno di Dio.
Un anziano disse: «Migliore di tutte le virtù è il discernimento». Fu chiesto a un anziano: «Qual è l’opera del monaco?». Rispose: «Il discernimento».
Io stesso nel 1975 dedicai al discernimento una prima riflessione, pubblicata dalla Federazione Italiana Esercizi Spirituali, e quattro anni dopo mi impegnai in uno studio più approfondito del tema. In seguito sono tornato sovente su tale argomento nelle catechesi monastiche rivolte alla mia comunità e si può dire che non ho mai tralasciato la meditazione su questo tema così decisivo.
Il discernimento è un dono tra i doni dello Spirito santo fatti al credente ma, in via preliminare, non si deve mai dimenticare che il dono per eccellenza, la cosa buona tra le cose buone (cf. Lc 11,13), è lo Spirito santo stesso. Non si confondano dunque i doni con il Dono e si faccia discernimento, si riconosca che in verità lo Spirito è «il dono settiforme» (inno Veni Creator Spiritus), la fonte di tutti i doni. Chiarito questo primum essenziale, occorre chiedersi: come si può definire il discernimento?
Quanto all’etimologia, “discernimento” deriva dal verbo latino discernere, composto di cernere (vedere chiaro, distinguere) preceduto da dis (tra): dunque, discernere significa “vedere chiaro tra”, osservare con molta attenzione, scegliere separando. Il discernimento è un’operazione, un processo di conoscenza, che si attua attraverso un’osservazione vigilante e una sperimentazione attenta, al fine di orientarci nella nostra vita, sempre segnata dai limiti e dalla non conoscenza.
Come tale, è un’operazione che compete a ogni uomo e a ogni donna per vivere con consapevolezza, per essere responsabile, per esercitare la coscienza. Quando sperimentiamo la fatica della scelta, il dubbio, l’incertezza, oppure cerchiamo un orientamento nella vita quotidiana o nelle grandi decisioni da prendere, noi dobbiamo fare discernimento.
Nel cristiano, poi, radicandosi su questa dimensione prettamente umana, il discernimento si manifesta come sinergia tra il proprio spirito e lo Spirito santo, il Soffio della vita interiore spirituale e della vita comunitaria cristiana: «lo Spirito attesta al nostro spirito» (Rm 8,16). Il discernimento cristiano non è riducibile a un metodo e a una tecnica di introspezione, di maggiore conoscenza di se, ma è un itinerario che richiede l’intervento di un dono dello Spirito, di un’azione della grazia. Si, ascoltare lo Spirito, ascoltare la voce di Dio che parla nel cuore umano, nella creazione e negli eventi della storia, richiede di riconoscere innanzitutto questa voce tra tante voci, nella consapevolezza che la voce di Dio non si impone, non comanda, ma suggerisce e propone, anche con un sottile silenzio (cf. 1Re 19,12).
All’interno della grande tradizione cristiana, una definizione del discernimento molto chiara e sintetica e, nel contempo, articolata, è quella di Giovanni Climaco (metto in evidenza i termini greci, che ci torneranno utili nel prosieguo): Il discernimento (diakrisis), nei principianti, è una sovraconoscenza (epignosis) autentica di se stessi; in coloro che sono a metà del cammino, è un senso spirituale che distingue (verbo diakrino) infallibilmente il bene autentico da quello naturale e dal suo contrario; nelle persone spiritualmente mature, è una scienza infusa per divina illuminazione, che è in grado di illuminare con il proprio lume anche ciò che negli altri rimane coperto dalle tenebre. Forse, più in generale, si definisce ed è discernimento (diakrisis) la comprensione sicura della volontà di Dio in ogni tempo, luogo e circostanza, che è presente solo in chi e puro nel cuore, nel corpo e nella parola. Il discernimento (diakrisis) è una coscienza immacolata e una sensibilità pura. Chi possiede il dono del discernimento (diakritikos) fa ritrovare la salute e distrugge la malattia.
E il teologo Giuseppe Angelini fa eco: Il discernimento può essere definito, in primissima approssimazione, come la qualità dell’animo che consente di riconoscere in ogni circostanza quello che conviene fare; e consente, prima ancora, di scorgere in ogni circostanza che conviene fare qualcosa, che si può e si deve prendere una decisione, che insomma le diverse situazioni in cui ci veniamo via via a trovare ci riguardano, ci interpellano, ci invitano a prendere parte, non ci respingono invece nella situazione troppo comoda (ma anche, sotto altro profilo, troppo scomoda) di coloro che sono sempre e soltanto spettatori.
Proseguendo il ragionamento di questi due autori, possiamo definire il discernimento come quel processo che ogni essere umano deve compiere nel duro mestiere di vivere, nelle diverse situazioni con cui si trova a confrontarsi, per fare una scelta, prendere una decisione, esprimere qui e ora un giudizio con consapevolezza. Il discernimento riguarda veramente ogni essere umano, nel suo specifico hic et nunc, ed è essenziale a ogni cristiano per vedere, conoscere, sentire, giudicare e operare in conformità alla parola di Dio.
Enzo Bianchi Avvenire 10 ottobre 2018
www.monasterodibose.it/fondatore/articoli/articoli-su-quotidiani/12636-il-discernimento-e-capire-la-volonta-di-dio
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ENTI TERZO SETTORE
Fisco, onlus, ex Ipab, norme mancanti: le incertezze nella Riforma del Terzo Settore
Con l’emanazione dei decreti correttivi al Codice del Terzo Settore e al decreto sull’impresa sociale si è concluso il lungo e complesso iter della riforma del Terzo Settore avviato con la legge delega 106 del 2016. Restano tuttavia ancora in sospeso numerosi atti.
Inoltre non sono operative due determinanti norme: quella relativa all’istituzione del Registro unico nazionale, che ha un lungo e complesso iter che coinvolge Governo e Regioni; e quelle che riguardano il nuovo trattamento tributario, soggetto all’approvazione dell’Unione Europea.
Il quadro non è ancora chiaro e le decine di migliaia di enti interessati vivono nella massima incertezza. La stessa mancata attuazione della delega per la riforma delle fondazioni, associazioni e altre istituzioni di cui al Libro I, Titolo II, del Codice Civile ha fortemente condizionato il quadro generale.
Riguardo al trattamento tributario non possiamo non confermare le nostre perplessità sull’indifferenza del legislatore rispetto all’area dei destinatari delle iniziative di Terzo Settore: si è abbandonata la scelta prioritaria in favore delle categorie più disagiate (che caratterizzava la disciplina delle Onlus) per adottare una linea che considera sullo stesso piano tutte le attività di interesse generale chiunque ne sia destinatario ed a prescindere dalle loro finalità sociali.
La stessa abolizione delle Onlus, non prevista dalla legge delega 106/2016 che si limitava al loro riordino, appare viziata da incostituzionalità per eccesso di delega e crea seri problemi per l’importanza che questi enti hanno assunto dall’approvazione della legge 460/1997 nella assistenza e tutela delle categorie più disagiate.
Colpisce anche la decisione del nuovo Governo (Conte), che ha eliminato dallo schema di decreto correttivo approvato dal precedente Governo (Gentiloni) la norma che consentiva a gran parte delle onlus di assumere la qualifica di impresa sociale: si tratta di tutte le ex IPAB, trasformatesi in associazioni e fondazioni di diritto privato. Questi enti, in relazione al grado di presenza nei propri organi deliberanti di componenti di designazione pubblica, sono escluse dal decreto sulle imprese sociali.
Né si comprende il motivo che ha condotto il Governo Conte a ignorare i pareri delle competenti Commissioni parlamentari (sede in cui era intervenuta anche Uneba) sul decreto correttivo del Codice circa le modalità di devoluzione del patrimonio nei casi di associazioni o fondazioni costituite da enti religiosi, impedendo di fatto a questi di istituire enti di terzo settore.
Uneba è sempre stata favorevole alla Riforma del Terzo Settore e ne ha accompagnato e sostenuto le ragioni, fin dalle prime Linee guida governative, alla discussione parlamentare, al complesso iter dei decreti attuativi e di quelli correttivi e integrativi; e intende continuare in questa linea di leale e trasparente sostegno.
Ma Uneba chiede anche che vengano rapidamente emanati gli atti che impediscono la piena applicazione della Riforma e che le rappresentanze del Terzo Settore vengano effettivamente coinvolte nei diversi passaggi. E questo vale particolarmente per i settori socioassistenziali, sociosanitari e socioeducativi nei quali un costruttivo rapporto con il potere esecutivo e con la pubblica amministrazione, in tutti i loro livelli centrali e locali, è di vitale importanza per lo sviluppo della comunità.
Comunicato stampa UNEBA nazionale 1 ottobre 2018
www.uneba.org/fisco-onlus-ex-ipab-norme-mancanti-le-incertezze-nella-riforma-del-terzo-settore
Privacy, registro dei trattamenti: le istruzioni del Garante. Modello semplificato per le PMI
Registro dei trattamenti: il Garante Privacy ha pubblicato le istruzioni relative all’obbligo introdotto dal GDPR [General Data Protection Regulation (Regolamento generale sulla protezione dei dati)].
www.privacyitalia.eu/wp-content/uploads/2017/10/GDPR_Italiano_PDF.pdf
Nel comunicato dell’8 ottobre 2018 il modello semplificato per le Piccole Medie Imprese.
Registro dei trattamenti privacy: arrivano le istruzioni dell’Autorità Garante in merito ad uno degli obblighi e novità introdotti con il GDPR. Il Registro dei trattamenti (RGPD) è obbligatorio “su carta” soltanto per le imprese con più di 250 dipendenti, ma secondo quanto previsto dal GDPR e secondo le istruzioni fornite dal Garante per la Privacy, si tratta di uno degli adempimenti fondamentali per tutte le imprese e le organizzazioni.
Oltre a fornire le indicazioni sulla tenuta del registro delle attività di trattamento, con il comunicato stampa dell’8 ottobre 2018 viene presentato anche il modello in versione semplificata rivolto alle PMI (beneficiarie di alcune misure di semplificazione previste dal Decreto legislativo n. 101/2018- Entrata in vigore del provvedimento: 19/09/2018).
http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2018/09/04/18G00129/sg
Cos’è il registro dei trattamenti? Si tratta di un documento contenente le principali informazioni relative alle operazioni di trattamento di dati rilevanti ai fini della privacy da un’impresa, un’associazione, un esercizio commerciale o un libero professionista. A doverlo compilare è il titolare e il responsabile del trattamento e il RGDP, previsto dall’articolo 30 del GDPR [Registri delle attività di trattamento], è uno degli elementi di accountability [responsabilità incondizionata, formale o non] in quanto rappresenta elemento idoneo a fornire le informazioni sui trattamenti effettuati, sui possibili rischi e sulle valutazioni effettuate.
Un documento che assume quindi particolare importanza e che il Garante Privacy suggerisce di compilare a tutte le imprese, anche quelle più piccole, per le quali è tuttavia messo a disposizione un modello di registro dei trattamenti semplificato.
Di seguito tutte le istruzioni su uno degli adempimenti privacy [privatezza, riservatezza] più importanti.
Registro dei trattamenti privacy: istruzioni e soggetti obbligati. Secondo le istruzioni pubblicate sul sito dell’Autorità Garante della Privacy e redatte sulla base delle novità introdotte dal GDPR, il registro dei trattamenti dovrà essere compilato in forma scritta, in modalità cartacea ed elettronica.
L’obbligo di redigere il Registro – RGDP – riguarda i seguenti soggetti privati:
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Le imprese o le organizzazioni con almeno 250 dipendenti;
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Qualunque titolare o responsabile (incluse imprese o organizzazioni con meno di 250 dipendenti) che effettui trattamenti che possano presentare un rischio – anche non elevato – per i diritti e le libertà dell’interessato;
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Qualunque titolare o responsabile (incluse imprese o organizzazioni con meno di 250 dipendenti) che effettui trattamenti non occasionali;
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Qualunque titolare o responsabile (incluse imprese o organizzazioni con meno di 250 dipendenti) che effettui trattamenti delle categorie particolari di dati di cui all’articolo 9, paragrafo 1 RGPD, o di dati personali relativi a condanne penali e a reati di cui all’articolo 10 RGPD.
È quindi chiaro che sono obbligati a tenere e redigere il registro dei trattamenti dei dati personali buona parte di imprese e professionisti. Ad esempio, il RGPD è obbligatorio per negozi, uffici o artigiani (bar, ristoranti) con almeno un dipendente, così come per chi tratta dati sanitari dei propri clienti (come parrucchieri, estetisti, ottici, tatuatori ecc.).
L’obbligo riguarda anche i liberi professionisti, come commercialisti, notai, avvocati, farmacisti o medici in generale, che trattano dati sanitari o “sensibili”.
Nelle istruzioni pubblicate dall’Autorità Garante è specificato inoltre che anche le associazioni, le fondazioni o i comitati sono obbligati a redigere il registro dei trattamenti ai fini del rispetto del GDPR qualora trattino categorie particolari di dati.
Si tratta ad esempio di associazioni che si occupano di soggetti vulnerabili (disabili, ex detenuti, ecc..) o associazioni che perseguono finalità di contrasto alle discriminazioni di genere, razziale, basate sull’orientamento religioso, sessuale o politico, così come le associazioni sportive che trattano dati sanitari o i partiti e sindacati.
Per le imprese e le organizzazioni con meno di 250 dipendenti sono previste misure di semplificazione e il Garante Privacy ha pubblicato un modello di registro dei trattamenti appositamente dedicato.
Registro dei trattamenti privacy, modello semplificato per le PMI. Così come chiarito nelle istruzioni pubblicate dal Garante, le imprese e organizzazioni con meno di 250 dipendenti obbligate alla tenuta del registro potranno beneficiare di alcune misure di semplificazione. In tal caso l’obbligo di redazione del registro riguarderà soltanto le specifiche attività di trattamento sopra individuate (es. ove il trattamento delle categorie particolari di dati si riferisca a quelli inerenti un solo lavoratore dipendente, il registro potrà essere predisposto e mantenuto esclusivamente con riferimento a tale limitata tipologia di trattamento).
Per semplificare il rispetto degli adempimenti previsti dal GDPR alle PMI, il Garante Privacy ha pubblicato l’8 ottobre 2018 due modelli relativi al registro semplificato per il responsabile del trattamento e per il titolare:
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Modello registro semplificato attività di trattamento del responsabile per le PMI
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Modello di registro semplificato attività di trattamento del titolare per PMI
www.informazionefiscale.it/IMG/pdf/modello_di_registro_semplificato_delle_attivita_di_trattamento_del_titolare_per_pmi.pdf
Testo integrale Redazione Informazione Fiscale 9 ottobre 2018
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FEMMINILITÀ
I 14 tipi di donna. L’altro volto della Bibbia
Saggia o guerriera? Artista o straniera? Regina o selvaggia? Sono alcune delle tipologie di donne che, prendendo spunto dalla Bibbia, il noto teologo tedesco Anselm Grün ha scelto di proporre nel suo ultimo libro, scritto assieme alla sorella Linda Jarosch. Regina e selvaggia. Donna vivi quello che sei! è il titolo del volume (San Paolo, pagine 190, euro 12,00), a indicare due degli archetipi della femminilità che esprimono efficacemente le caratteristiche fondamentali della donna, di colei che vuole avere un ruolo nella società e al contempo essere libera e non farsi ingabbiare in nessuno schema. Come si capisce affrontando la lettura del volume, in realtà i due autori non hanno voluto formulare degli aut aut, né inseguire mode o tendenze, ma delineare alcune immagini dell’essere donna oggi al fine di aiutare le donne stesse a comprendere la loro essenza, mettendole in contatto col potenziale che già si trova nella loro anima.
Il libro è nato da un confronto fra i due: il primo è un monaco benedettino e notissimo autore, non solo in Germania, ma in tutto il mondo, di opere di spiritualità che sono divenute veri e propri best seller; la seconda è una consulente aziendale che tiene corsi e seminari presso varie imprese. E il libro stesso si dipana con le loro riflessioni intervallate, tenendo conto delle acquisizioni portate negli ultimi decenni dal femminismo, ma anche senza rigettare le differenze fra uomo e donna, che portano pienezza e ricchezza.
Sono 14 le sfumature della femminilità che Anselm e Linda presentano e che incarnano in figure precise della Bibbia.
La regina è ben rappresentata da Ester, la ragazza ebrea che riesce a convincere il re dei Persiani Artaserse a prenderla in sposa e a vincere gli intrighi del dignitario reale Aman, salvando il suo popolo dalla distruzione. La sua vicenda ha ispirato i poeti Max Brod e Fritz Hochwalder, che hanno trasposto la storia nel Novecento segnato dalla persecuzione degli ebrei. La regina qui incarna in ogni donna il desiderio di grandezza, il rispetto della sua dignità e la forza che le fa vincere ogni disistima di sé. Fino all’accettazione del proprio corpo anche se non corrisponde ai modelli vincenti: «Criticare il corpo degli altri – annota al riguardo Linda Jarosch – è fra le offese più profonde che si possono fare. Col nostro corpo esprimiamo anche la nostra sensibilità più intima, i nostri sentimenti, la storia della nostra vita». Essere regina significa avere grandezza interiore e consapevolezza della propria unicità, essere in armonia con se stessa e poter così irradiare energia positiva.
L’immagine della selvaggia corrisponde a Tamar, la cananea, accolta dall’evangelista Matteo nell’albero genealogico di Gesù. Il racconto biblico in questo caso rinuncia a ogni intento moralizzante e descrive i puri fatti facendo emergere la forza di Tamar che non si lascia intrappolare e in nome della vita si mette in gioco per ottenere giustizia. Thomas Mann l’esalta nel romanzo Giuseppe e i suoi fratelli e la chiama «la decisa»: colei che con l’aiuto della sua femminilità non vuole essere ripudiata e, rimasta vedova, vuole continuare a dare la vita. Così accadrà e diverrà madre di due gemelli. L’archetipo della selvaggia qui rappresenta la libertà: Tamar di fronte ai soprusi del suocero non sopporta passivamente ma prende l’iniziativa e alla fine i fatti le danno ragione. Essere selvaggia significa avere fiducia più nella propria voce interiore che nelle voci provenienti dall’esterno, saper lottare per i propri diritti. «La selvaggia – scrive ancora Linda – percepisce il proprio fuoco interiore, sa di avere dentro di sé qualcosa di indomito. Ma la sua forza è sempre al servizio della vita e non vive la propria femminilità contro l’uomo». Conosce bene i propri lati distruttivi, l’odio, l’ira, la malignità, ma sa superarli.
Il volume passa in rassegna altre 12 tipologie, fra cui Deborala giudice e Anna la saggia,Giuditta la guerriera e Miriamla profetessa, sino alle sorelle Marta e Maria, «l’ospite e l’artista». Senza dimenticare Eva, la madre, l’archetipo femminile per eccellenza di fronte al quale molte donne oggi, ad esempio le single, reagiscono in modo allergico perché hanno paura di restare prigioniere di un’immagine che non sentono propria. Grün spiega bene come in realtà anche le donne single possono ispirarsi al modello di Eva: «Il modo in cui si comportano sul lavoro, in cui trattano le persone, può avere qualcosa di materno ed essere al servizio della vita». Così Maria, la madre di Gesù, uscendo da cliché eccessivamente dolciastri, raffigura colei che trasforma la vita. La sua immagine esemplare di madre che protegge il figlio e non evita la sofferenza, ma la porta e la trasforma, può condurre le donne a riconoscere le propria capacità di trasformazione, per mettere in movimento molti processi di cambiamento: nei figli, nel partner, nell’azienda, nella società, nella politica e nella Chiesa. E poi Maria Maddalena, «colei che ama con passione»: Grün delinea il suo personaggio guardandosi bene dal cadere nell’errore che spesso l’ha identificata con la peccatrice che lava i piedi a Gesù con i capelli. Lei invece è stata sanata dal demonio e diviene una delle più fedeli discepole, tanto da essere la prima a incontrarlo dopo la resurrezione. Qui è la donna che ama e che illumina gli altri.
Ancora, Agar, la donna abbandonata ma che riesce a curare le proprie ferite e divenire madre, ritrovando la sua dignità. E poi la moglie di Abramo e rivale di Agar,Sara, che qui incarna «colei che ride»: la donna che non con superficialità ma con leggerezza e cordialità sa sdrammatizzare le situazioni. Mentre Debora, la giudice, diventa l’emblema delle donne che assumono un ruolo di responsabilità nella vita sociale e politica. «La donna – spiega Grün dirige in modo diverso rispetto all’uomo. Se quest’ultimo pensa solo al risultato, a lei premono anche le relazioni». Rut la straniera, Lidia la sacerdotessa e Miriam la profetessa consentono di evidenziare lo scarso ruolo che ancor oggi, nonostante gli sforzi compiuti sotto Giovanni Paolo II e Francesco, riveste la donna nella Chiesa, che «è stata per lungo tempo – annota il monaco – una Chiesa di uomini nonostante siano per lo più le donne ad andare in chiesa e a impegnarsi in modo volontario». A sua volta Jarosch, quasi ripetendo quanto scritto da Lucetta Scaraffia sull’ultimo numero di ‘Donne Chiesa mondo’, supplemento mensile dell’Osservatore romano, non può fare a meno di sottolineare come «sempre più donne avvertono di non riuscire ad andare avanti nella Chiesa col proprio essere donna, di doversi adeguare totalmente al maschile», mentre «non vorrebbero togliere nulla al maschile, ma aggiungervi il femminile per vivere un di più nella comunione».
Giustamente il volume ricorda quanto scritto sulla questione dalla filosofa tedesca, discepola di Romano Guardini, Hanna-Barbara Gerl, che a Bassano il prossimo 9 novembre 2018 riceverà il premio per la Cultura cattolica. Citando il maestro, ricorda che quando fu proclamato il dogma dell’Assunzione di Maria al cielo, nel 1950, nel suo diario lo definì «un appello al potere della femminilità santa», aggiungendo: «Il mondo va in rovina nel maschile, letteralmente. Qui la Chiesa risponde al bisogno più profondo dell’umanità oggi».
Roberto RighettoAvvenire 9 ottobre 2018
www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt201810/181009righetto.pdf
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FESTIVAL DELLA FAMIGLIA
Settima Edizione anno 2018
L’Agenzia per la famiglia, natalità e politiche giovanili viene istituita nel 2011 Trento, poco dopo l’approvazione della legge provinciale n.1 “Sistema integrato delle politiche strutturali per la promozione del benessere familiare e della natalità”. All’ente fanno capo azioni di coordinamento e di implementazione di politiche che favoriscono il benessere delle famiglie e dei giovani trentini dal sostegno alla natalità fino alla transizione all’età adulta www.trentinofamiglia.it
Da lunedì 3 a domenica 9 dicembre 2018 a Trento Festival della famiglia 2018. La kermesse giunta alla settima edizione dibatterà sul tema: “Qualità della vita e competitività territoriale: uno sguardo internazionale”, attraverso un ventaglio di eventi diffusi nel capoluogo trentino promossi da partner locali ed europei. La manifestazione è coordinata dall’Agenzia provinciale per la famiglia, la natalità e le politiche giovanili con il patrocinio del Dipartimento per le politiche familiari della Presidenza del Consiglio dei Ministri. L’evento inaugurale di apertura si terrà lunedì 3 dicembre, ad ore 14.00, presso il Teatro sociale di Trento: è obbligatoria l’iscrizione a questo evento
Il Festival della famiglia esce dai confini nazionali per attivare lo scambio di buone pratiche con Organizzazioni internazionali attive nel campo delle politiche familiari. Questa settima edizione della kermesse approfondirà in particolare il binomio tra la competitività dei territori e la loro capacità di affrontare la concorrenza del mercato valorizzando il capitale sociale e il protagonismo delle famiglie. La competitività del territorio è determinata dall’azione combinata e contemporanea di un mix di fattori tutti essenziali: comunità, imprese, famiglie, istituzioni, coesione sociale, benessere, competenze scientifiche, cultura e ambiente. Accanto ai fattori economici la qualità della vita rappresenta una componente importante dell’attrattività di un territorio perché richiama individui e imprese generando capitale per lo sviluppo.
Un tema che si presta ad essere interpretato e codificato attraverso diverse lenti di lettura e quindi l’Agenzia per la famiglia ha messo in campo una squadra di partner locali ed internazionali che, a vario titolo e ruolo, hanno re-interpretato il tema del Festival in base alle loro specifiche competenze: IFFD (International Federation Family Development), OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development),TSM-Trento School of Management, Centro Servizi culturali S. Chiara/Catalyst-Start.tip, Euregio/Gect, Fondazione Franco Demarchi, Agenzia di Sviluppo Regionale del Vorarlberg eGen, Agenzia del lavoro, Azienda Provinciale Servizi Sanitari/Regions for Health Network e World Health Organisation, ICRW (International Center for Research on Women), Servizio Europa provinciale, The Family Business Unit, Elfac (European Large Families Confederation), Il Trentino dei bambini.
Lo spazio alle famiglie sarà dedicato nella giornata di domenica 9 dicembre con eventi diffusi in tutta la città di Trento organizzati in collaborazione con “Il Trentino dei Bambini”. Realtà pubbliche e private organizzeranno laboratori creativi e didattici capaci di coinvolgere i bambini e i genitori, ospitandoli gratuitamente nelle loro sedi. Fascia di riferimento: da pochi mesi fino ai 12 anni. Elenco delle attività e modalità di prenotazione saranno pubblicati sul sito www.iltrentinodeibambini.it
www.trentinofamiglia.itwww.festivaldellafamiglia.eu
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FILIAZIONE
Riconoscimento del figlio naturale
Corte di Cassazione, seconda Sezione civile, Sentenza n. 22729, 25 settembre 2018
Il riconoscimento del figlio naturale si fa nell’atto di nascita (o in atto autentico successivo o posteriore), con la conseguenza che la dichiarazione della madre nell’atto di nascita implica riconoscimento della filiazione naturale, senza necessità di un ulteriore atto formale di riconoscimento.
Il Caso.it, Sezione giurisprudenza, 20612 – 13 ottobre 2018
Testo sentenza http://divorzio.ilcaso.it/sentenze/ultime/20612/divorzio
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FRANCESCO VESCOVO DI ROMA
«Interrompere la gravidanza significa farne fuori uno»
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2018/documents/papa-francesco_20181010_udienza-generale.html
«Si potrebbe dire che tutto il male operato nel mondo si riassume in questo: il disprezzo per la vita», ha detto il Papa durante l’udienza generale del mercoledì condannando guerre, cultura dello scarto e varie forme di sfruttamento. «Un approccio contraddittorio consente anche la soppressione della vita umana nel grembo materno in nome della salvaguardia di altri diritti», ha poi aggiunto. «Ma io vi domando: è giusto affittare un sicario per risolvere un problema?»
«Un approccio contraddittorio consente anche la soppressione della vita umana nel grembo materno in nome della salvaguardia di altri diritti». Lo ha denunciato il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi 10 ottobre 2018, dedicata al quinto comandamento. «Ma come può essere terapeutico, civile, o semplicemente umano un atto che sopprime la vita innocente e inerme nel suo sbocciare?», si è chiesto Francesco, che poi si è rivolto a braccio ai 26 mila fedeli presenti in piazza San Pietro: «Io vi domando: è giusto fare fuori una vita umana per risolvere un problema? Cosa pensate voi? È giusto o no? È giusto affittare un sicario per risolvere un problema? Non si può, non è giusto fare fuori un essere umano, perché piccolo, per risolvere un problema: è come affittare un sicario per risolvere un problema», ha proseguito a braccio, seguito da un coro di “no” in risposta dalla piazza, come riportato dall’agenzia di stampa Sir. .
«Non uccidere è un comandamento divino che conferma la sacralità della vita umana, come dono di Dio, che nessuno, in nessuna circostanza, ha il diritto di togliere o manipolare o disprezzare», ha anche affermato Jorge Mario Bergoglio, «Uccidere è un peccato contro Dio, che è il Signore della vita, contro noi stessi e contro il prossimo», ha ricordato Francesco salutando in particolare i pellegrini provenienti dall’Egitto, dal Libano e dal Medio Oriente.
«Vale la pena di accogliere ogni vita perché ogni uomo vale il sangue di Cristo stesso. Non si può disprezzare ciò che Dio ha tanto amato!», ha esclamato il Papa, che ha concluso l’udienza di oggi con un preciso ed esigente imperativo: «Dobbiamo dire agli uomini e alle donne del mondo: non disprezzate la vita! La vita altrui, ma anche la propria, perché anche per essa vale il comando: “Non uccidere”». «A tanti giovani va detto: non disprezzare la tua esistenza! Smetti di rifiutare l’opera di Dio! Tu sei un’opera di Dio!”, ha detto Francesco, che poi ha aggiunto a braccio, rivolgendosi idealmente ai giovani, a cui è dedicato il Sinodo in corso in Vaticano: “Non vi rovinate, non vi disprezzate con le dipendenze che ti rovineranno e ti porteranno alla morte!».
«Nessuno misuri la vita secondo gli inganni di questo mondo, ma ognuno accolga sé stesso e gli altri in nome del Padre che ci ha creati”, la consegna: «Lui è amante della vita». «È bello questo», ha sottolineato ancora fuori testo: «Lo diciamo tutti insieme? Dio è amante della vita!». E la folla in piazza ha ripetuto questa frase, insieme a lui, per tre volte. “E noi tutti gli siamo così cari, che ha inviato il suo Figlio per noi”, ha concluso il Papa: “Dio infatti – dice il Vangelo – ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna».
www.famigliacristiana.it/articolo/il-papa-sull-aborto-interrompere-la-gravidanza-significa-farne-fuori-uno.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter+fc&utm_content=primopiano&utm_campaign=fc1841
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OMOFILIA
Pastorale LGBT. Il sogno di don David diventa “Tenda” di Gionata
«La Chiesa a volte si è fatta rinchiudere in piccole cose, in piccoli precetti. La cosa più importante è invece il primo annuncio: “Gesù Cristo ti ha salvato!”. E i ministri della Chiesa devono innanzitutto essere ministri di misericordia». (Papa Francesco, Avvenire, 19 settembre 2013).
Queste parole le aveva lette bene don David Esposito, Un prete dal viso simpatico e dalla battuta pronta ed arguta. Orgogliosamente parroco, o per dirla a modo suo “curato di montagna” della piccola frazione di Illice, nella diocesi di Fermo, sulle montagne marchigiane. Gli erano ritornate in mente quando era stato ricoverato in un Centro di Riabilitazione dove, dopo due anni di lotta contro un devastante tumore, nonostante non potesse più camminare, mangiare e respirare autonomamente, seppur costretto su una sedia a rotelle, non cessava mai di celebrare la messa domenicale, nel reparto dove era ricoverato. Seppur confinato tra quelle anguste mura, continuava a desiderare e a sognare una Chiesa immersa nel nostro tempo, che sapesse avere parole di misericordia e di accoglienza per chi si era sentito allontanato, o era stato respinto perché divorziato, separato o perché omosessuale.
Ricorda Francesca Di Marino, che lo ha assistito per tutto il lungo calvario della sua malattia, che «fu in quei mesi che don David, curiosando su internet scoprì il Progetto Gionata su fede e omosessualità (www.gionata.org) e ne rimase molto colpito». Da allora non faceva che ripeterle: «Trova questi ragazzi, digli che stanno facendo tanto e aiutali» a fare ciò che già fanno, ma nella realtà.
Don David, racconta Francesca, nel suo ministero aveva conosciuto delle persone omosessuali e i loro genitori, ed aveva scoperto di non sapere bene cosa dire o come fare per accompagnarli, forse aveva fatto anche degli sbagli, per la sua inesperienza. Anche per questo era giunto alla conclusione che bisognava fare qualcosa di concreto perché le persone omosessuali e i loro genitori non si sentissero più estranei nella loro Chiesa.
Perciò chiese a Francesca di trovare i volontari del Progetto Gionata, per chiedergli di realizzare nella realtà quello che già facevano da tempo nel web, ovvero «aiutare le persone omosessuali, i loro genitori e i pastori della Chiesa a costruire un ponte a due vie, fatto di dialogo e ascolto reciproco».
Quando Francesca trasmise ai volontari di Gionata la sollecitazione di don David, rimasero davvero smarriti e confusi da quelle parole. Si chiedevano che senso “avesse cominciare questo nuovo cammino”. Ma Francesca, come la vedova importuna della parabola evangelica (Lc 18, 1-8), non cessò mai di bussare perché prendessero sul serio le parole di don David.
Ma cosa può fare una piccola associazione cristiana per aiutare le nostre comunità a riflettere su questi temi? Come può favorire il dialogo tra i cristiani LGBT (lesbiche, gay, bisex e trans), i loro genitori e gli operatori pastorali? Come può contribuire nella Chiesa a far conoscere le esperienze di pastorale inclusiva, in corso, con le persone LGBT e i loro genitori? Scrivono i volontari del Progetto Gionata: «In questi mesi ne abbiamo discusso tanto tra noi, anche con l’aiuto di tanti amici, genitori, preti e religiose. Abbiamo compreso che forse non c’è un’unica risposta… ma questa strada vale la pena di essere percorsa con l’aiuto di tutti coloro che, nella nostra Chiesa, credono nell’importanza di questo cammino». Così è nata la La Tenda di Gionata, ed il cammino del Progetto Gionata si è fatto tenda “che accoglie” e va nel mondo per essere una realtà di servizio (diakonía) impegnata nell’accoglienza, nella formazione e nell’informazione dei cristiani LGBT, dei loro familiari e degli operatori pastorali, affinché le nostre comunità cristiane siano «sempre più santuari di accoglienza e sostegno verso le persone LGBT e verso ogni persona colpita da discriminazione» e possano realizzare fino in fondo quanto afferma la Gaudium et spes, quando osserva che: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo».
Intanto grazie al sostegno di don David, che è salito tra le braccia del Padre il 31 marzo 2017, ha visto la luce il libretto di testimonianze di 38 pagine intitolato Genitori fortunati. Vivere da credenti l’omosessualità dei figli, che in questi giorni viene distribuito gratuitamente sia come e-book e disponibile anche in versione cartacea. www.gionata.org/genitori-fortunati-vivere-da-credenti-lomosessualita-dei-figli
Scrive nella prefazione al volume don Gian Luca Carrega, direttore dell’Ufficio per la Pastorale della Cultura della diocesi di Torino – che su mandato ricevuto del suo arcivescovo si occupa anche delle attività pastorali per le persone LGBT e i loro familiari – come ci sia «molto di profetico nelle pagine di questo libretto. E come letteratura profetica andrebbe letto, dove i segni rimandano a realtà più grandi. E la vita scorre copiosa nelle parole di questi genitori che non hanno rinunciato al loro ruolo in momenti complessi del loro cammino familiare. Quella dei genitori di figli LGBT è una pressante richiesta di ascolto alla società civile e alla Chiesa perché si accorgano della loro esistenza e non li trattino come estranei. È una richiesta di dialogo, non l’imposizione di un modo di pensare. La denuncia dell’isolamento ecclesiale nel momento della (loro) prova fa rabbrividire e ci fa interrogare profondamente sul senso del nostro essere Chiesa. Un testo che vuol essere un ponte di testimonianze che, come desiderava don David, sarà lanciato come un messaggio in una bottiglia nel mare, quanto mai agitato, della nostra Chiesa. Per questo gli amici marchigiani di don David e i volontari dell’associazione La Tenda di Gionata, la sera di venerdì 5 ottobre 2018, lo hanno distribuito personalmente agli oltre 180 partecipanti al Forum dei Cristiani LGBT, tenutosi nella Casa dei padri Somaschi di Albano Laziale. Perché ognuno di loro sentisse che sono amati ed ascoltati, perché è tempo di costruire insieme nella Chiesa cattolica quei ponti di “misericordia” e di accoglienza che, sino all’ultimo, don David ha continuato a desiderare, ben conscio che «i ministri della Chiesa devono innanzitutto essere ministri di misericordia». (Papa
Francesco, Avvenire, 19 settembre 2013)
Innocenzo Pontillo, volontario del Progetto Gionata su fede e omosessualità.
Adista – Segni nuovi – n. 35, 13 ottobre 2018
www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt201810/181010pontillo.pdf
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SINODO DEI VESCOVI SUI GIOVANI
Abusi, Scicluna: «Piango con le vittime che vogliono giustizia»
Alle vittime degli abusi sessuali la Chiesa deve accostarsi innanzitutto con il pianto e il silenzio. E poi con un grande desiderio di verità e di giustizia. Lo ha detto l’arcivescovo di Malta, Charles Scicluna nell’odierno briefing sui lavori del Sinodo sui giovani. Il presule che ha grande esperienza in materia di indagini sui casi di abusi (anche per il suo precedente incarico presso la Congregazione per la dottrina della fede) ha risposto alle domande dei giornalisti precisando che a volte la giustizia ecclesiastica “è troppo lenta” e Papa Francesco “ne soffre”. Ma al riguardo ha anche aggiunto che la Chiesa deve “cooperare con le autorità civili” e “responsabilizzare” maggiormente i vescovi.
Molte delle questioni connesse tuttavia esulano dai fini del Sinodo e verranno trattate invece nell’incontro del Papa con i presidenti delle Conferenze episcopali di tutto il mondo, in programma a febbraio, ha rimarcato lo stesso arcivescovo, che “vergogna e umiliazione ci faranno diventare più umili”.
Ciò non significa che il tema degli abusi non venga trattato nel corso dei lavori sinodali. Un tema presente sia nel dibattito in aula, sia nei circoli minori in corso, ha detto il vescovo ausiliare di Lione, Emmanuel Gobilliard, presente anch’egli al briefing insieme con lo scrittore Thomas Leoncini. Naturalmente non si parla solo di questo, ha aggiunto, ma anche e soprattutto della trasmissione della fede, dei migranti, della presenza e del ruolo delle donne nella Chiesa, di come rispondere alle domande che i giovani pongono alla Chiesa, dei problemi della sessualità in genere e dei rapporti tra le generazioni.
Gobilliard ha ricordato a tal proposito una frase di Giovanni XXIII citata durante il dibattito: “Ricordate ai giovani che il mondo esisteva prima che loro nascessero e agli adulti che esisterà anche dopo che essi non ci saranno più”. Più in generale sta nascendo – ha detto il vescovo francese un nuovo modello di pastorale giovanile fondato sulla relazione interpersonale. E riguardo al tema della sessualità omosessuale o transgender ha ricordato: “Non dobbiamo considerare i giovani come aggettivi, in virtù di alcune piccole identità, ma come sostantivi, cioè come persone, nella consapevolezza che ogni persona, noi compresi, ha bisogno di essere salvata da Cristo“.
Mimmo Muolo Avvenire 8 ottobre 2018
www.avvenire.it/chiesa/pagine/sinodo-08-10-2018
La domanda dei giovani: «Dateci una liturgia più bella e partecipata»
Il cardinale Gracias ha riferito che la domanda dei ragazzi «è stata una vera sorpresa» per lui: «Affinché attraverso la liturgia possiamo fare esperienza di Dio»
Emergono dal Sinodo due richieste alla Chiesa di tutto il mondo. Da una parte quella di offrire al clero, ai religiosi e alle religiose, ma anche ai formatori in genere, “una nuova educazione sul corpo, sull’affettività e sulla sessualità”. Dall’altro lato, e sono gli stessi giovani presenti nell’Assise sinodale ad averla formulata durante i lavori, quella di una liturgia migliore. “Dateci una liturgia più bella e partecipata – ha riferito così il cardinale Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay, la domanda dei ragazzi, aggiungendo che “è stata una vera sorpresa” per lui -, affinché attraverso la liturgia possiamo fare esperienza di Dio”.
Le due richieste sono emerse nel corso della conferenza stampa sull’andamento dei lavori, in una giornata in cui sono state distribuite anche le relazioni dei 14 circoli minori (quattro di lingua inglese, tre di lingua francese, uno tedesco, due spagnoli, tre italiani e uno portoghese).
Secondo il cardinale Désiré Tsarahazana, presidente della Conferenza episcopale del Madagascar, dal Sinodo viene innanzitutto “un appello alla conversione personale”. “In sostanza l’appello a tutti i battezzati affinché abbiano una vita più coerente con la fede”.
Questa è anche la chiave per affrontare in maniera decisiva la questione degli abusi e in generale della sessualità, un tema che è stato affrontato largamente nel corso dei lavori. Il cardinale africano ha poi annunciato, rispondendo a una domanda, che il Papa si recherà in Madagascar nel 2019, possibilità che il portavoce vaticano Greg Burke, presente alla conferenza stampa non ha confermato, anche se, ha detto, “viene studiata con cura”. Allo stesso modo Burke non ha confermato un eventuale viaggio in Nord Corea, su invito del presidente nord coreano. “Aspettiamo che l’invito arrivi, poi si vedrà”, ha detto.
Per il resto i lavori del Sinodo stanno confermando il clima gioioso in cui si svolgono e il fatto che i giovani amano la Chiesa (lo ha detto il cardinale canadese Gérald Cyprien Lacroix). Una Chiesa “plurale, inclusiva e capace di camminare insieme con loro”, ha aggiunto l’uditrice suor Nathalie Becquart.
Tutte indicazioni che si ritrovano anche nelle relazioni dei circoli minori, insieme all’invito ad accompagnare le nuove generazioni sull’esempio di Gesù nei confronti dei discepoli di Emmaus (Circolo italiano A). Nella relazione del circolo italiano C questo invito diventa anche appello “a usare il web senza farsi usare”, o “rifiuto della cultura dell’omologazione, definita spesso cultura del faraone”.
Temi come quello della famiglia (tradizionale, allargata, convivenze, nuove forme di unione) si affacciano spesso nelle relazioni, insieme alla domanda su come porsi pastoralmente di fronte a queste realtà. Anche le migrazioni ricorrono spesso nei resoconti del dibattito, come fenomeno epocale da affrontare sotto diversi profili, non ultimo quello dell’integrazione delle seconde generazioni, spesso relegate alla marginalità della “cultura dello scarto”.
Mimmo Muolo Avvenire 9 ottobre 2018
www.avvenire.it/chiesa/pagine/sinodo-09-10-2018
Populismi e totalitarismi possono distruggere l’Europa
Il Sinodo dei vescovi non ha parlato molto di politica, ma di totalitarismi e populismi sì. Mettendo in guardia dagli uni e dagli altri. L’arcivescovo di Lussemburgo, Jean-Claude Hollerich, rispondendo alla domanda di un giornalista, nell’odierno briefing sull’andamento dei lavori, ha detto: «Come vescovo europeo, sono molto preoccupato per i totalitarismi e i populismi, che potrebbero distruggere la costruzione europea che abbiamo».
Il presule, che è anche presidente della Commissione delle conferenze episcopali della Comunità europea (Comece), ha fatto notare che l’attuale assetto dell’Europa «si può anche criticare, ma finora ci ha garantito la pace ed è stata causa di pace in tutto il mondo». In ogni totalitarismo, ha proseguito Hollerich, «c’è sempre un certo egoismo: ci si preoccupa della felicità solo dei propri cittadini, degli altri non ci si cura». Ma «se noi, come Chiesa, ci concentriamo sui più deboli, sui più emarginati, stiamo facendo prevenzione contro il populismo». L’intervento ha preso spunto da ciò che ha riferito il prefetto del Dicastero vaticano per la comunicazione, Paolo Ruffini, a proposito degli interventi della mattinata. Alcuni padri sinodali, aveva sottolineato Ruffini, hanno definito «totalitarismi camuffati» quelli dell’era post-moderna, accennando anche a una sorta di «Dio google».
Secondo il cardinale Carlos Aguiar Retes, arcivescovo di Città del Messico, si è parlato di un «totalitarismo nuovo» che è quello dell’«anonimato nelle reti, che viene manipolato e genera ideologie in modo nascosto». Le «prime vittime» di questa forma inedita di totalitarismo, ha fatto notare il cardinale, sono proprio i giovani, alcuni dei quali «arrivano perfino a suicidarsi in base alle istruzioni in rete». Oltre alle forme nuove, ha detto Retes, «esistono altri totalitarismi che ci sono sempre stati e che continueranno ad apparire nella storia dell’umanità». Ecco, dunque l’importanza di una «educazione integrale, soprattutto dei giovani, per costruire una società basata su relazioni fraterne e solidali».
Lo stesso cardinale messicano ha poi risposto a una domanda sull’aborto, anche in seguito alla forte denuncia di papa Francesco, durante l’udienza generale. «Il diritto che si vuole attribuire alla donna di interrompere una gravidanza deve sottostare al diritto di tutti che è il diritto alla vita», ha detto.
Nel corso dei lavori è intervenuto anche il Papa, ma il prefetto Ruffini, rispondendo a una domanda, non ha voluto rivelarne il contenuto, perché Francesco vuole applicata anche a sé la regola che le idee espresse non vengono attribuite a chi le ha formulate, ma in generale all’assemblea sinodale. Sempre Ruffini ha precisato che i due vescovi cinesi presenti ai lavori andranno via prima della fine del Sinodo, ma questo era ampiamente previsto, in quanto avvertiti della possibilità di recarsi a Roma solo pochi giorni prima della partenza non hanno potuto spostare tutti gli impegni diocesani previsti da tempo.
Infine sono stati resi noti ieri i nomi dei componenti la Commissione che dovrà redigere il messaggio finale. Per l’Europa è presente l’arcivescovo di Chieti-Vasto, Bruno Forte. Per l’Africa è stato eletto il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale; per l’America il cardinale Carlos Auiar Retes, arcivescovo di Città del Messico; per l’Asia il cardinale Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay, presidente della Conferenza Episcopale; per l’Oceania monsignor Peter Andrew Comensoli, arcivescovo di Melbourne (Australia).
Il Papa ha poi integrato gli eletti con Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo Maggiore di Kiev e capo del Sinodo della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina; padre Alexandre Awi Mello, segretario del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita; don Eduardo Gonzalo Redondo, responsabile della Pastorale Vocazionale (Cuba). Fanno parte della Commissione anche il relatore generale del Sinodo sui giovani, cardinale Sèrgio da Rocha, arcivescovo di Brasìlia, presidente della Conferenza Episcopale (Brasile); i segretari speciali padre Giacomo Costa, gesuita, direttore della Rivista “Aggiornamenti Sociali”; don Rossano Sala, salesiano, professore di Pastorale Giovanile presso la Pontificia Università Salesiana e Direttore della Rivista “Note di Pastorale Giovanile”; e il segretario generale del Sinodo cardinale Lorenzo Baldisseri.
Mimmo Muolo Avvenire 9 ottobre 2018
www.avvenire.it/chiesa/pagine/brief-syn
Il cardinale Marx: «Più donne nella Chiesa nei ruoli che contano»
La sofferenza dei cristiani perseguitati, gli abusi, il ruolo della donne nella Chiesa. Sono alcuni dei temi che stanno suscitando maggiore dibattito durante il Sinodo dei giovani, in corso in Vaticano.
Particolarmente applaudita, e commovente, la testimonianza di un giovane dentista iracheno, Sala Al-Abbia, 26enne membro della Chiesa caldea che partecipa all’Assemblea come uditore. «La sfida principale che devono fronteggiare i giovani in Iraq è la pace e la stabilità e il loro diritto a vivere con dignità». E a conferma della sua riflessione, Al-Abbia ha elencato le cifre di un vero e proprio martirio: più di 1.224 cristiani uccisi, metà dei quali ragazzi. E questo senza contare l’assassinio di padre Ragheed e del vescovo Raho, le azioni terroristiche e i rapimenti durante l’invasione della piana di Mosul e Ninive da parte del Daesh che hanno portato all’espulsione di 120mila cristiani una sola notte. In questo contesto, ha fatto notare Al-Abbia, i giovani pensano che «l’unica soluzione sia l’emigrazione, a causa della quale il numero dei cristiani iracheni è passato da un milione e mezzo nel 2003 a 400mila negli anni più recenti».
Sulla presenza femminile si è concentrato invece il cardinale Reinhard Marx, presidente dei vescovi tedeschi secondo cui «bisogna superare l’impressione che quando si tratta di potere, la Chiesa in definitiva sia una comunità di maschi». È giunto il momento di cambiare rotta. E a suggello di questo proposito Marx ha citato il caso della Germania dove dal 2013 i vescovi hanno deciso di «aumentare significativamente la proporzione di donne nei ruoli di responsabilità che nella Chiesa sono accessibili a tutti i laici», di approfondire sul piano pastorale e teologico «la partecipazione femminile» e infine di «promuovere una pastorale attenta alla differenza di genere nella teologia e nella pratica». «Le donne in posizioni di responsabilità – osserva Marx – hanno un ruolo decisivo nello spezzare i circoli clericali chiusi».
Intanto sono destinate a far discutere, dentro e fuori il Sinodo, le dichiarazioni del nuovo superiore dei lefebvriani, l’italiano Davide Pagliarani che ribadisce il rifiuto di accettare il Vaticano II «come un Concilio simile agli altri». Noi – sottolinea il Superiore generale della Fraternità San Pio X sul sito ufficiale della comunità – «ne mettiamo in discussione l’autorità». Il Concilio – aggiunge – «veicola uno spirito, una dottrina, un modo di concepire la Chiesa che costituiscono un ostacolo alla santificazione delle anime e i cui risultati drammatici sono sotto gli occhi di tutti gli uomini intellettualmente onesti, di tutte le persone di buona volontà».
Redazione Catholica venerdì 12 ottobre 2018
www.avvenire.it/chiesa/pagine/sinodo-giovani-cardinale-marx
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VIOLENZA
Rapporti sessuali per affermare la propria supremazia, marito condannato
Corte di Cassazione, sesta Sezione penale, sentenza n. 29255, 5 aprile 2018
Inizialmente l’uomo, marito della persona offesa, era stato imputato per i reati di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e mancato adempimento degli obblighi di assistenza familiare. La condanna però riguardava solo il reato di maltrattamenti in famiglia.
In particolare il Tribunale, assolvendo l’imputato dal reato di violenza sessuale, aveva ritenuto che l’uomo avesse costretto la moglie ad avere rapporti sessuali unicamente per affermare la propria supremazia e umiliarla, condotta che veniva ritenuta sussumibile nel reato di cui all’art. 572 cod. pen.
Per il resto la vicenda si caratterizzata per ripetute ingiurie da parte dell’imputato, intollerabili e continue manifestazioni di disprezzo nei confronti della moglie, lesioni cagionate alla stessa mentre le imponeva di avere rapporti sessuali.
La Corte di cassazione ha ricordato, inoltre, che per ritenere sussistente il dolo del reato di maltrattamenti in famiglia “non è necessario che l’agente abbia perseguito particolari finalità né il proposito di infliggere alla vittima sofferenze fisiche o morali senza plausibile motivo, essendo invece sufficiente il dolo generico cioè la coscienza e volontà di sottoporre il soggetto passivo a tali sofferenze in modo continuo ed abituale”; pertanto non è richiesto “un comportamento vessatorio continuo ed ininterrotto; essendo l’elemento unificatore dei singoli episodi costituito da un dolo unitario, e pressoché programmatico, che abbraccia e fonde le diverse azioni; esso consiste nell’inclinazione della volontà ad una condotta oppressiva e prevaricatrice che, nella reiterazione dei maltrattamenti, si va via via realizzando e confermando, in modo che il colpevole accetta di compiere le singole sopraffazioni con la consapevolezza di persistere in una attività illecita, posta in essere già altre volte”. È dunque sufficiente “una condotta abituale che si estrinseca con più atti, delittuosi o no, che determinano sofferenze fisiche o morali, realizzati in momenti successivi ma collegati da un nesso di abitualità ed avvinti nel loro svolgimento dall’unica intenzione criminosa di ledere l’integrità fisica o il patrimonio morale del soggetto passivo, cioè, in sintesi, di infliggere abitualmente tali sofferenze.
Reato abituale per eccellenza, come il reato di atti persecutori (stalking), il reato di maltrattamenti in famiglia è ontologicamente incompatibile con l’ipotesi della particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.).
Annalisa Gasparre Persona&Danno 10 ottobre 2018
www.personaedanno.it/articolo/rapporti-sessuali-per-affermare-la-propria-supremazia-marito-condannato-cass-pen-29255-18
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