UCIPEM Unione Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali
NewsUCIPEM n. 719 –16 settembre 2018
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025 ABUSI SESSUALI Mancuso: la causa è il celibato. Melloni: sciocchezze progressiste.
03 AFFIDAMENTO con limitazione del diritto di visita in un luogo definito.
04 AFFIDAMENTO CONDIVISO Accordi tra coniugi successivi al divorzio: sono validi?
06 AFFIDAMENTO ESCLUSIVO Affidamento condiviso pregiudizievole nell’interesse del minore.
06 ASSEGNO MANTENIMENTO FIGLI Vale l’accordo dei coniugi?
07 Come ripartire le spese straordinarie.
08 Mantenimento maggiorato se il figlio va all’università.
08 ASSOCIAZIONI Convegno Associazione nazionale Famiglie numerose.
09 Figli sono adulti dotati di personalità più solide.
09 Anfn, fisco più equo che tenga conto dei carichi familiari.
09 CENTRO INTERN. STUDI FAMIGLIA Newsletter CISF – n. 28, 12 settembre 2018.
11 CENTRO ITALIANO DI SESSUOLOGIA Seminario sulle tematiche della Fecondazione Assistita.
12 COMM ADOZIONI INTERNAZIONALI Rimborso spese- Chiusura Enzo B.
12 CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM Mantova. Etica, salute & famiglia – settembre 2018.
12 Pescara. Si inaugura il servizio di consulenza psichiatrica.
13 DALLA NAVATA 24° Domenica – Anno B – 16 settembre 2018.
13 Commento di Enzo Bianchi.
14 DIRITTO DI FAMIGLIA Affido condiviso, la riforma che non convince le associazioni
16 Affido condiviso, la riforma che vuole pensare ai bambini
17 Bassi: “Leggi che non ascoltano il Paese reale producono disastri”.
18 DISCERNIMENTO Prudenza. Il discernimento retto, lento e sapiente.
18 Enzo Bianchi: “È il tempo del discernimento comunitario”.
19 DIVORZIO Dopo la separazione il divorzio è obbligatorio?
21 ENTI TERZO SETTORE Codice del terzo settore: decreto correttivo pubblicato in G. U.
22 Il codice del terzo settore è definitivo.
23 FORUM ASS. FAMILIARI La proposta del Forum: «Via gli 80 euro per darli alle famiglie»
23 Forum famiglie: Italia bloccata da politiche per lo 0,02% dei cittadini
24 Formazione alle nozze, non solo su conseguenze della separazione-
24 A Roma torna la ‘Settimana della Famiglia’, nove giorni di eventi.
25 FRANCESCO VESCOVO DI ROMA Convoca tutte le Conferenze episcopali su tema degli abusi.
25 “Rivoluzione della tenerezza ci salverà”.
25 La risposta è già chiara. La Chiesa, il Papa, la Parola di Dio.
26 Papa: in questi tempi sembra che satana ce l’abbia con i vescovi.
27 MISNA a Milano il seminario Ai.Bi. sui minori stranieri non accompagnati.
28 NATALITÀ Un Prontuario per i congedi di maternità e paternità.
28 NULLITÀ DEL MATRIMONIO Matrimonio indissolubile: se hai dei dubbi le nozze sono nulle.
29 PARLAMENTO Progetti di legge in materia di affido condiviso
31 SESSUOLOGIA Identità e appartenenza.
33 Come il potere ha costruito l’utile balla: Chiesa contraria al sesso.
34 UCIPEM La mediazione familiare e il consultorio
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ABUSI SESSUALI
Per Vito Mancuso la causa è il celibato. Alberto Melloni: “sciocchezze progressiste”
Il mito del celibato sacerdotale come causa della pedofilia. Ma il fenomeno è più diffuso in famiglia, negli ambiti educativi e sportivi. Un tema che mette in contrapposizione anche i due più noti opinionisti religiosi di “Repubblica”, Vito Mancuso e Alberto Melloni. Poi l’intervento di un seminarista di Barcellona.
La Chiesa cattolica sta vivendo nelle ultime settimane momenti convulsi a causa dello scandalo degli abusi commessi da diversi ecclesiastici e dall’occultamento dei loro superiori. Un fenomeno prettamente del passato, come ha dimostrato il report del Grand Jury della Pennsylvania, mentre dal 2002 si è progressivamente imposta una linea di tolleranza zero.
Tuttavia, gran parte degli organi d’informazione tratta la vicenda come scandalo d’attualità e puntuali arrivano gli opinionisti che indicano il problema nel celibato sacerdotale. Lo ha fatto recentemente perfino il teologo spretato Vito Mancuso, che ha parlato di «insostenibilità del voto di castità. È il principio di realtà che impone alla Chiesa di vivere il nuovo tempo decretando la rottura». Mancuso cade sempre nello stesso errore. Se i tempi cambiano, se gli uomini si indeboliscono allora è la Chiesa che deve sottomettersi al mondo, ai tempi, che corrono. Non solo come linguaggio, mutamento necessario e benemerito, ma come dottrina, con proposte più basse. Non è la Chiesa, seppur ferita e zoppicante, a dettare la rotta, la direzione, ma sono le voglie, i capricci, l’indebolita ragione dei moderni a battere il cammino. Il progresso è la verità a cui adeguarsi. Ed infatti questo approccio è il classico peccato mortale dei cosiddetti progressisti.
Ad affermarlo questa volta perfino lo storico della Chiesa, Alberto Melloni, anch’egli -come Mancuso– firma di punta del quotidiano più progressista sulla scena italiana, Repubblica. Solitamente viene incasellato come “cattolico adulto”, emancipatosi dalla dottrina sulle tematiche etiche, di sinistra. Tuttavia, scrivendo prima dell’intervento di Mancuso (suo amico e collega sullo stesso giornale), forse profetizzandolo, Melloni ha riflettuto sul recente report statunitense riguardante la pedofilia nel clero, commentando: «darà corda a quella destra anti-Francesco che vede ovunque la conseguenza di un lassismo morale imputato al concilio e al Papa che lo vive». Aggiungendo: «E che farà ritornare alla ribalta le sciocchezze progressiste sul celibato come “causa” di un delitto che, fuori e dentro i confini cattolici, è invece perpetrato soprattutto da eterosessuali praticanti».
A dimostrare quanto scritto da Melloni –ne avevamo già parlato– c’è la più grande indagine sulla pedofilia nella Chiesa, realizzata dal John Jay College of Criminal Justice di New York. In Italia, un’indagine del Parlamento italiano nel 2000 ha mostrato in modo evidente che l’80% dei casi di pedofilia avviene ad opera di un parente: genitori, nonni o zii (nel 47,3% delle violenze responsabile è il padre, nel 10,5% la madre, nell’11% entrambi, nel 9,8% gli zii, nel 9,5% i nonni, nell’8,9% i conviventi dei genitori). Da parte sua Telefono Azzurro ha rilevato ben 4 casi di violenza sui minori ogni giorno da parte di genitori, insegnanti e allenatori, mentre queste le parole dello psichiatra tedesco Manfred Lütz: «Tutte le professioni e le istituzioni che in qualche modo hanno a che fare con minori sono toccate dal fenomeno», ha commentato l’esperto. «Alcuni dicono che c’è un legame tra pedofilia e celibato. Scientificamente questa teoria non ha nessun fondamento. L’astinenza sessuale, in particolare, non provoca atti di abuso».
Recentemente in Spagna è intervenuto anche un seminarista dell’arcidiocesi di Barcellona, Iñigo de Alfonso Mustienes, che ha inviato una lettera ai direttori di El Periódico e di El País. L’abbiamo tradotta e la riportiamo qui: «Ho 32 anni e sono un seminarista a Barcellona. Prima del seminario ho studiato giurisprudenza e mi sono dedicato a questioni legali internazionali. In questi anni sono stati resi pubblici disgustosi atti di vescovi, sacerdoti e religiosi che hanno abusato di bambini ed adulti indifesi. Questi abusatori devono essere posti, come è già accaduto, davanti alle autorità giudiziarie. E, naturalmente, come anche viene fatto, devono essere espulsi dai ministeri che svolgono. È un errore pensare che abolendo il celibato o permettendo alle donne di essere ordinate, come alcuni pensano, il problema venga risolto. Ci sono molti più abusi e violenze domestiche in un matrimonio e nessuno pensa di introdurre il celibato opzionale tra gli sposi, che già esiste, secondo la libertà di ciascuno. Ho sentito la chiamata di Dio. Ho scelto liberamente di continuare ad accettare una decisione che so che non viene compresa. È una vita di amore e dedizione. Una vita in cui dobbiamo vedere, ed è per questo siamo formati, il popolo che ci è stato affidato attraverso la Chiesa come nostra vera moglie. Una vita di devozione che soltanto nella pietà e nell’arrendevolezza agli altri può funzionare».
Redazione Unione Cristiani Cattolici Razionali 11 settembre 2018
www.uccronline.it/2018/09/11/abusi-per-mancuso-la-causa-e-il-celibato-alberto-melloni-sciocchezze-progressiste
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AFFIDAMENTO
Affidamento con limitazione del diritto di visita in un luogo definito
Corte d’Appello di Venezia, Decreto n. 147, 28 luglio 2018
news.ilcaso.it/libreriaFile/63ec2-decreto-corte-d-appello-venezia.pdf
In materia di esercizio della responsabilità genitoriale, il giudice può stabilire che il padre possa e debba occupare un determinato immobile per esercitare il diritto di visita previsto in suo favore.
Libertà individuale come limite alle misure regolative della responsabilità genitoriale
Una recente decisione della Corte di Appello di Venezia è l’occasione per riproporre il tema dei rapporti tra misure giudiziali regolative della responsabilità genitoriale e tutela delle libertà individuali. Anticipando le conclusioni del breve scritto, occorre oggi fermamente affermare che la libertà individuale (di ciascun genitore) costituisce un limite invalicabile per le misure regolative dell’esercizio della responsabilità genitoriale.
In un caso di controversia genitoriale nel contesto di una coppia non fondata sul matrimonio, all’esito del giudizio di primo grado, il Tribunale per i Minorenni di Venezia affida la figlia di 8 anni a entrambi i genitori, collocandola presso il padre, nella residenza di quest’ultimo (in un immobile abitati da questi, seppur di proprietà della ex compagna). In sede di reclamo, la Corte di Appello veneziana modifica la decisione del giudice di prime cure, collocando la bambina presso la madre, nella residenza abituale di quest’ultima. La pronuncia ha natura condizionale in quanto avrà effetto dal momento in cui la madre avrò stipulato un contratto di locazione in loco. La Corte prescrive anche che il padre debba occupare l’immobile oggetto della locazione stipulata dalla ex compagna nei periodi in cui può stare con la figlia (“dispone che la minore …. abbia residenza prevalente presso la madre in …., solo dopo che quest’ultima abbia stipulato un contratto di locazione di appartamento nel medesimo Comune che il padre potrà e dovrà occupare nei periodi in cui starà con la figlia”). Il diritto di visita del padre è previsto dalla domenica sera fino al giovedì (e poi dal giovedì alla domenica è previsto per la madre).
Dalla lettura del provvedimento di secondo grado si desume che le misure adottate dalla Corte di Appello sono formalmente regolative della responsabilità genitoriale in quanto alla base dello statuto genitoriale è posto un pieno affidamento condiviso con tempi paritari. Siamo dunque nell’ambito delle misure previste dall’art. 337-ter c.c. e non anche sul terreno irrorato dagli articoli 330 e 333 c.c. Questa precisazione è importante perché importante è la distinzione tra “regolare” e “limitare”. Una misura regolativa è, per sua natura, uno strumento che non appone limiti ma che distribuisce, nella cornice del tempo e dello spazio, i compiti e le attribuzioni dei genitori. Se di limiti si tratta, allora approdiamo al versante delle misure limitative per le quali è imprescindibile una adeguata motivazione. Le limitazioni possono anche riguardare il diritto di visita e collocarsi sul versante dello spazio o del tempo: nel primo caso, si pensi allo “Spazio Neutro”, ove a un genitore è consentito di incontrare i figli solo in un luogo protetto o vigilato; nel secondo caso, si pensi al genitore a cui non venga consentito di avere i figli con sé anche per il pernottamento.
In questi casi, il giudice “limita” e non “regola” perché introduce un ostacolo al naturale e fisiologico svolgimento delle relazioni familiari: ciò fa nella certezza probatoria che sia necessario per il superiore interesse dei bambini coinvolti nel conflitto genitoriale. La differenza tra “limite” è “regola” è semplice perché si richiede all’interprete di guardare a ciò che normalmente avviene nelle relazioni familiare: e nella famiglia, è normale che i figli dormano con i genitori, che passino le vacanze con loro, che vivano momenti insieme a scuola. Questi sono i contenuti naturale della vita famiglia. Una cosa è ordinarli nella separazione; una cosa è limitarli per la separazione.
Sulla scorta di queste riflessioni si può allora, però, affermare che il provvedimento regolativo del diritto di visita del padre – come assunto nel provvedimento in esame – è, in realtà, limitativo. Al padre viene richiesto di occupare un determinato immobile in un determinato Comune in cui non vive per frequentare la figlia. Dall’esame del provvedimento non è dato conoscere in modo esatto le ragioni di questa scelta: la motivazione sorreggerebbe una facoltà ma non un dovere. L’interesse della minore a frequentare il padre solo in una determinata dimora e in un determinato ambito territoriale non è specificato nel provvedimento e quindi non è ricostruibile.
Interesse del bambino e diritti dell’adulto. Si è detto che l’interesse superiore del minore può giustificare misure che impongano limiti all’esercizio del diritto di visita, ad esempio stabilendo che gli incontri e le frequentazioni con il genitore avvengano in un determinato luogo; ma occorre ora aggiungere che queste misure devono sempre e comunque riguardare il bambino e non possono creare limiti alla libertà personale dei genitori. Valga un esempio ricorrente nella casistica giurisprudenziale.
Nei casi di conflitto sul trasferimento di residenza, sovente i giudici emettono pronunce condizionate stabilendo che “se il genitore collocatario sceglierà di trasferirsi in altra sede, non potrà portare i figli con sé, i quali avranno per l’effetto residenza prevalente presso l’altro genitore”. Sono i casi in cui il provvedimento giudiziale mette il genitore di fronte a una scelta ma non limita la sua libertà, indicando però (al contempo) quali siano le conseguenze nel prevalente interesse del figlio in base all’una o all’altra scelta. Diverso sapore avrebbe il provvedimento se il giudice vietasse al genitore di trasferirsi perché è preferibile per i figli che questi resti con loro: qui il bilanciamento tra libertà costituzionale dell’adulto e diritti costituzionali del bambino non è ben realizzato perché si sacrifica tutto e interamente un diritto in presenza di soluzioni alternative altrettanto adeguate. Questo terreno è stato di recente animato dalla recente pronuncia della Cassazione sulle prescrizioni genitoriali (Cass. n. 13506 del 2015) ove il Collegio di legittimità ha chiarito che “la prescrizione ai genitori di sottoporsi ad un percorso psicoterapeutico individuale e a un percorso di sostegno alla genitorialità da seguire insieme è lesiva del diritto alla libertà personale costituzionalmente garantito e alla disposizione che vieta l’imposizione, se non nei casi previsti dalla legge, di trattamenti sanitari”. La Suprema Corte è stata attenta a sollevare un problema di metodo nella gestione delle controversie familiari segnalando un limite al potere giudiziale di farsi carico dell’interesse superiore della persona di minore età: le libertà fondamentali dei genitori.
Il confine tra libertà individuale dell’adulto e interesse superiore del bambino non è certo sempre così chiaro: sovente provvedimenti regolativi/limitativi impattano comunque sulle libertà dei genitori. Qui però si sta discorrendo di situazioni giuridiche soggettive che vengono integralmente compromesse.
Riflettendo sulla misura adottata dalla Corte veneziana, l’ordine giudiziale rivolto al padre di “occupare” un immobile per i periodi di visita pare sacrificare in modo ingiustificato la libertà individuale del genitore, forsanche per una tecnica di redazione non chiarissima.
E’ attuale il dibattito attorno alla adeguatezza delle vigenti regole del diritto di famiglia: se esse siano in grado di garantire in modo pieno i diritti dei familiari e il superiore interesse del bambino, se non altro nel modo in cui sono applicate. Il cambiamento può essere una risorsa positiva ma sarà sempre difficile individuare un arsenale di regole “perfette” fintanto che non saranno i genitori in conflitto a “cambiare”; ciò perché – parafrasando il celebre monito di Gandhi – siamo noi stessi a dover in primo luogo essere il cambiamento che vorremmo vedere.
Giuseppe Buffone, Magistrato addetto al Ministero della Giustizia
blog.ilcaso.it/news_715/12-09-18/Liberta_individuale_come_limite_alle_misure_regolative_della_responsabilita_genitoriale
www.ilcaso.it/articoli/fam.php?id_cont=1046.php
Segnalazione dell’Avv. Silvia Berta. Redazione Il Caso 12 settembre 2018
http://news.ilcaso.it/news_5126?https://news.ilcaso.it/?utm_source=newsletter&utm_campaign=solo%20news&utm_medium=email
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AFFIDAMENTO CONDIVISO
Accordi tra coniugi successivi al divorzio: sono validi?
Corte di Cassazione, prima Sezione civile, Ordinanza n. 21178. 24 agosto 2018
news.avvocatoandreani.it/doc/cassazione-civile-sez-ordinanza-21178-del-2018-104650.html
Padre e madre possono derogare alla sentenza di separazione o divorzio accordandosi con messaggi inviati sul cellulare? Immaginiamo una coppia che, dopo 10 anni di matrimonio e la nascita di due bambini, decida di separarsi. Terminato il procedimento di separazione innanzi al tribunale, i due formalizzano anche il divorzio così come la legge consente di fare alle coppie per sciogliere definitivamente il rapporto di matrimonio. Nella sentenza di divorzio, il giudice ordina all’uomo di versare un assegno di mantenimento a favore dell’ex moglie (titolare di un lavoro part-time) e uno invece a favore dei figli; fissa poi la ripartizione percentuale delle spese straordinarie, le date e gli orari in cui il padre potrà/dovrà incontrare i bambini, la loro sistemazione per le feste e per le vacanze estive.
Gli ex coniugi inizialmente rispettano alla lettera le indicazioni fornite dal giudice ma, già dopo qualche mese, si scontrano con esigenze diverse che li portano ad accordarsi diversamente. Così capita che per due weekend di fila i minori stiano con la madre per poi stare dal padre gli altri due fine settimana; capita poi che quest’ultimo, non potendo talvolta incontrare i piccoli nel giorno indicato dal tribunale per sopraggiunti impegni di lavoro, slitti la visita a quello successivo, e così via. Tutte queste deroghe vengono condivise dai due genitori che mantengono tra loro un atteggiamento collaborativo in funzione dei figli e del loro benessere. Ma entrambi restano con il dubbio se siano o meno validi gli accordi tra coniugi successivi al divorzio. Dubbio che si rafforza nel momento in cui, un giorno, l’uomo confida all’ex moglie di avere un grosso problema economico e di non poter, per qualche mese, versare l’intera somma del mantenimento per i minori. La moglie lo rassicura a voce, dicendogli che potrà pagare la somma più in là. Anche in questo caso, però, il padre si interroga se una manifestazione di volontà di questo tipo, non convalidata dal giudice, possa avere valore o se, invece, possa costituire un giorno un’arma contro di lui. Cosa prevede la legge? Di tanto si sono occupati più volte i magistrati. Ecco cosa è stato detto a riguardo.
I genitori possono accordarsi sul mantenimento e sulle visite dei figli? Partiamo da un punto fermo: le condizioni di mantenimento e di visita dei figli non vengono stabilite dal tribunale nell’interesse dei genitori ma dei figli stessi. Difatti, qualora padre e madre raggiungano un accordo in sede di separazione e divorzio in merito all’assegno di mantenimento dei figli, tali intese sono comunque sottoposte al preventivo vaglio del giudice che deve valutare la congruità della somma destinata al mantenimento della prole. Né potrebbe essere diversamente visto che i minori non partecipano a un processo che decide (anche) del loro futuro. Per cui i loro interessi devono essere tutelati dal giudice. Sul punto ha già deciso la Cassazione proprio di recente-
Detto ciò, possiamo ben dire che i genitori possono sì trovare un accordo sul mantenimento e/o sui giorni e orari di visita dei figli, ma il tutto deve tenere conto dell’esclusivo interesse di questi ultimi in quanto soggetti deboli. Ad esempio, una madre non potrebbe mai rinunciare all’assegno di mantenimento per i figli da parte del padre né può autorizzare quest’ultimo a scomparire per sempre e non vedere più i bambini. Si tratta di obblighi inderogabili che neanche l’accordo delle parti può cambiare. Ecco perché, in caso di separazione consensuale, il magistrato deve sempre verificare il contenuto dell’accordo stretto dagli ex coniugi.
In sintesi: ben vengano gli accordi purché non ledano i figli.
I genitori possono modificare il contenuto della sentenza di divorzio o separazione? Ritorniamo all’esempio visto in apertura. Ai genitori è consentito, in un momento successivo all’emissione della sentenza di separazione o divorzio, accordarsi diversamente rispetto a quanto stabilito dal tribunale? La risposta varia a seconda che si parli di assegno di mantenimento o di giorni e orari di visita. Vediamo le singole ipotesi.
Si può modificare l’assegno di mantenimento per i figli? Le condizioni che possono giustificare una riduzione o un aumento del mantenimento per i figli devono risiedere sempre in fattori sopravvenuti e non prevedibili al momento della sentenza che ha fissato l’ammontare dell’assegno. Quindi, ad esempio, la sopravvenuta disoccupazione della madre (che può portare a un aumento dell’importo) o del padre (che invece può comportare una diminuzione o addirittura la sospensione); una sopraggiunta malattia del figlio che richiede cure più costose o del padre che, per ciò, deve ridurre gli orari di lavoro, con conseguente diminuzione dei guadagni, ecc.
Se un genitore però è sempre libero di versare di più del mantenimento fissato dal giudice, anche senza l’autorizzazione del tribunale, non può però versare di meno di propria spontanea volontà. Al contrario deve sempre prima farsi autorizzare dal giudice, promuovendo un ricorso in tribunale contro l’altro coniuge, affinché il magistrato revochi il proprio precedente provvedimento sostituendolo con il nuovo importo.
Si possono modificare i giorni e gli orari di visita dei figli?
Diverso e più elastico è il discorso per quanto riguarda gli orari di visita dei bambini. Fermo restando che il padre deve essere sempre presente e rispettare il cosiddetto diritto alla «bigenitorialità» (consentendo cioè ai figli di vivere con entrambi i genitori), il padre e la madre possono di volta in volta raggiungere specifiche intese per modificare orari e giorni di visita. Sarà sempre utile fissarli per iscritto, con sms o con una chat Whats App. Proprio sull’uso degli strumenti telematici si è di recente espresso il tribunale di Treviso [sent. n. 1569/ 23 luglio 2018] autorizzando gli accordi dei genitori con tali nuove forme di comunicazione. Dunque, in questo caso, ben sono possibili le deroghe alla sentenza senza bisogno di ricorrere nuovamente al giudice.
Il genitore deve sempre favorire le visite tra i figli e l’altro genitore? Il genitore affidatario deve favorire il diritto di visita dell’altro genitore. Non può cioè assecondare i capricci del bambino che non vuol vedere il padre o inventare falsi impegni solo per non farli incontrare. Il genitore affidatario che con il suo comportamento ostacola o impedisce il regolare esercizio del diritto/dovere di visita dell’altro genitore nei confronti dei figli minori commette il reato di mancata esecuzione dolosa del provvedimento del giudice [Art. 388 co. 2 cod. pen.]. Lo ha ribadito di recente il tribunale di Frosinone [Sezione Penale, Sent. n. 261/9 marzo 2018] soffermandosi sul ruolo che il genitore affidatario assume nei confronti dei figli minori e sulle conseguenze negative che una condotta del genere può avere sulla psicologia di quest’ultimi. Il tribunale si sofferma sul delicato compito rivestito dal genitore affidatario in tale materia, sottolineando che «è di intuitiva evidenza il ruolo centrale» che questi assume «nel favorire gli incontri dei figli minori con l’altro genitore, e ciò a prescindere dall’osservanza burocratica del relativo obbligo imposto col provvedimento giurisdizionale». Un atteggiamento ostativo, infatti, «finisce col riflettersi negativamente sulla psicologia dei minori, indotti così a contrastare essi stessi gli incontri col genitore non affidatario, proprio perché non sensibilizzati ed educati al rapporto con costui dall’altro genitore».
Tribunale di Frosinone – Sezione penale – Sentenza 9 marzo 2018 n. 261
www.laleggepertutti.it/237243_accordi-tra-coniugi-successivi-al-divorzio-sono-validi
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AFFIDAMENTO ESCLUSIVO
Affidamento condiviso pregiudizievole nell’interesse del minore
Corte di Cassazione, prima Sezione civile, Sentenza n. 977, 17 gennaio 2017
La regola dell’affidamento condiviso dei figli è derogabile solo ove la sua applicazione risulti «pregiudizievole per l’interesse del minore», il che si verifica nell’ipotesi in cui il genitore non collocatario si sia reso totalmente inadempiente al diritto di visita perché residente all’estero, essendo tale comportamento indicativo dell’inidoneità ad affrontare quelle maggiori responsabilità che l’affido condiviso comporta anche a carico del genitore con il quale il figlio non coabiti stabilmente.
Il Caso.it – News 194, 10 settembre 2018 sentenza
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ASSEGNO DI MANTENIMENTO AI FIGLI
Assegno di mantenimento figli: vale l’accordo dei coniugi?
Corte di Cassazione, Prima Sezione civile, Ordinanza n. 21178, 24 agosto 2018.
news.avvocatoandreani.it/doc/cassazione-civile-sez-ordinanza-21178-del-2018-104650.html
Chi decide l’assegno di mantenimento per i figli in caso di separazione consensuale o giudiziale? I genitori sono liberi di quantificare l’importo che meglio credono?
Immaginiamo una coppia di coniugi che decide di separarsi. Da persone ragionevoli decidono di sedersi a un tavolo per trattare le condizioni del divorzio anche nel bene dei due figli nati dal matrimonio. Lui, un imprenditore, guadagna più di lei che invece ha un contratto di lavoro part time; così si rende disponibile a versare un assegno di mantenimento per i bambini di 700 euro al mese. All’ex moglie però non vuol dar nulla perché – sostiene – ha già un lavoro e un suo stipendio. A lei però la cosa non sta bene perché sa che l’assegno ai figli ha una data di scadenza (la loro indipendenza economica) mentre il mantenimento al coniuge potrebbe anche durare a vita. Così gli propone una soluzione diversa: 300 per lei e 400 per i figli. I due si mettono d’accordo in tal senso e, coi rispettivi avvocati, si presentano innanzi al tribunale per chiedere la convalida dell’accordo di separazione consensuale. Il giudice però non è convinto della bontà della soluzione: ritiene che due bambini – specie nel momento in cui diventano grandi – hanno bisogno di più di 400 euro al mese (200 a testa). Fra l’altro ci sono le condizioni di reddito dell’uomo per aumentare l’importo. Cosa può fare a riguardo? Quando vale l’accordo dei coniugi sull’assegno di mantenimento dei figli? La questione è stata decisa, di recente, dalla Cassazione.
Assegno di mantenimento dei figli: regole generali
Prima di stabilire qual è il valore di un eventuale accordo di separazione consensuale stretto da marito e moglie in merito all’assegno di mantenimento per i figli, ricordiamo i principi generali della materia.
Ai figli deve essere garantito lo stesso «tenore di vita» che avevano quando ancora i genitori erano sposati. A tal fine madre e padre sono chiamati a contribuire alle loro esigenze facendo fronte alle relative spese. Ma se il genitore convivente coi figli deve prendersi materialmente cura di loro, provvedendo ad acquistare il necessario giorno per giorno, l’altro invece vi provvede con un assegno di mantenimento mensile stabilito in modo forfettario dal giudice. In più è tenuto a partecipare, all’occorrenza, alle spese straordinarie secondo una percentuale definita dal tribunale (di solito il 50%). Spese che non devono essere concordate se sono contratte nell’esigenza dei ragazzi (si pensi a una visita dal medico, a una cura dentistica indispensabile, all’iscrizione all’università) e che vanno solo documentate. Vanno invece decise congiuntamente le spese per bisogni voluttuari (una gita scolastica, ecc.).
Il genitore non convivente coi figli deve versare l’assegno a quello convivente finché questi hanno meno di 18 anni. Con la maggiore età può bonificarlo direttamente ai figli a condizione però che siano questi a chiederlo; diversamente dovrà continuare a pagarlo all’ex.
L’assegno di mantenimento non dura a vita ma finché il figlio è capace di mantenersi da solo. Conta un’occupazione certa e stabile, anche se part-time. Lavori occasionali, in nero o stagionali, così come le borse di studio non hanno alcun rilievo.
Un figlio disoccupato, anche se maggiorenne, ha diritto ad essere mantenuto ma solo a condizione che l’assenza di lavoro dipende da cause a lui non imputabili. In questo gioca un ruolo fondamentale l’età: la presunzione infatti di incapacità viene via via attenuandosi con la crescita fino a ritenersi che un ragazzo di 35 anni è disoccupato per sua inerzia e pertanto non ha diritto più al mantenimento.
Se il figlio trova un lavoro perde il diritto al mantenimento ma il genitore non può sospenderne l’erogazione spontaneamente: deve prima farsi autorizzare dal giudice.
Il figlio che ha trovato occupazione e che pertanto ha perso il mantenimento non ha più diritto all’assegno se, poco dopo, per qualsiasi ragione, ritorna disoccupato. Difatti una volta cessato l’obbligo di mantenimento questo non rivive più e il genitore non ha più alcun obbligo. Il dovere dei genitori torna in vita solo se il figlio, per ragioni di solito collegate alla salute, versa in condizioni così disagiate da essere a rischio la sua stessa sopravvivenza; in tale ipotesi gli vanno versati solo gli alimenti che sono un importo inferiore al mantenimento e corrispondono allo stretto indispensabile per mangiare e abitare.
Assegno di mantenimento ai figli: chi lo stabilisce? A stabilire l’ammontare dell’assegno di mantenimento possono essere, in prima battuta, gli stessi genitori con un accordo di separazione consensuale. In caso di fallimento delle trattative, si va in causa e sarà il giudice a quantificarlo. Ciò non significa che madre e padre possono decidere in modo arbitrario a quanto ammonta l’assegno di mantenimento dei figli, né tanto meno possono decidere di escluderlo. Ad esempio, la madre non può rinunciare al mantenimento dei figli in cambio della proprietà della casa. Spetta sempre al tribunale valutare se la decisione dei genitori è conforme agli interessi del minore. E questo per tutelare l’infanzia e i soggetti comunque incapaci. Visto che questi ultimi non hanno alcuna voce in capitolo e non partecipano al processo di separazione, è il giudice che li tutela. Quest’ultimo dunque può benissimo discostarsi dall’importo del mantenimento proposto dai genitori se lo ritiene non idoneo a soddisfare le esigenze dei giovani. La Cassazione ha quindi affermato che «i provvedimenti relativi all’affidamento dei figli ed al contributo per il loro mantenimento, possono essere diversi rispetto alle domande delle parti o al loro accordo». Di conseguenza le domande delle parti in tema di «assegni in favore della prole» non possono essere, semplicemente, respinte – laddove vi sia una non completa dimostrazione dei fatti sui quali le stesse si fondano – ma, al giudice viene richiesto di operare, sempre, una «adeguata verifica delle condizioni patrimoniali dei genitori e delle esigenze di vita dei figli» verifica esperibile anche di ufficio.
La Legge per tutti 10 settembre 2018
www.laleggepertutti.it/236850_assegno-di-mantenimento-figli-vale-laccordo-dei-coniugi
Come ripartire le spese straordinarie
Corte di Cassazione, sesta Sezione civile, Ordinanza n. 21726, 6 settembre 2018
www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_31779_1.pdf
La ripartizione delle spese straordinarie per i figli è molto spesso fonte di litigi tra gli ex coniugi, che si appigliano ai più disparati elementi per evitare di farsi carico della quota di loro spettanza. Così è frequente, per i giudici, essere chiamati a confrontarsi con la problematica e a dover dettare le regole che disciplinano la gestione tra genitori di tale tipologia di costi.
Il rifiuto del rimborso. Nella maggior parte dei casi i dissidi hanno ad oggetto il rifiuto di un genitore di rimborsare all’altro le spese che non sono state prima concertate, tanto da rendere necessario l’intervento giudiziale che valuti una serie di fattori utili a determinare se effettivamente il rifiuto sia legittimo o no.
La valutazione del giudice
In particolare, per la Corte, il giudice deve verificare che le spese straordinarie contestate rispondano all’interesse del minore e, facendo ciò, deve valutare la commisurazione dell’entità della spesa rispetto alla sua utilità e la sostenibilità della stessa tenendo conto delle condizioni economiche dei genitori.
I precedenti giurisprudenziali. Tuttavia, già con la sentenza numero 16175/2015, ripresa in seguito dalla sentenza numero 4753/2017, i giudici avevano affermato che “non è configurabile a carico del coniuge affidatario o collocatario un obbligo di informazione e di concertazione preventiva con l’altro, in ordine alla determinazione delle spese straordinarie, compatibili con i mezzi economici di cui i genitori dispongono trattandosi di decisione “di maggiore interesse” per il figlio, e sussistendo, pertanto, a carico del coniuge non affidatario un obbligo di rimborso qualora non abbia tempestivamente addotto validi motivi di dissenso (cfr. Cass. civ. sezione 1, n. 19607 del 26 settembre 2011). Conseguentemente se le spese straordinarie concordate danno sicuramente diritto al rimborso, nel caso di mancata concertazione preventiva e di rifiuto di provvedere al rimborso della quota di spettanza da parte del coniuge che non le ha effettuate, dovrà, verificarsi in sede giudiziale … la rispondenza delle spese all’interesse del minore mediante la valutazione, riservata al giudice del merito, della commisurazione dell’entità della spesa rispetto all’utilità per il minore e della sostenibilità della spesa stessa rapportata alle condizioni economiche dei genitori”.
Valeria Zeppilli News Studio Cataldi 13 settembre 2018
www.studiocataldi.it/articoli/31779-divorzio-come-ripartire-le-spese-straordinarie.asp
Mantenimento maggiorato se il figlio va all’università
Corte di Cassazione, sesta sezione civile, ordinanza n. 21726, 6 settembre 2018
www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_31771_1.pdf
Assegno di mantenimento maggiorato se il figlio decide di intraprendere il percorso universitario che implica costi maggiori per libri, tasse e spostamenti. Inoltre, si rende necessario un intervento giudiziale, a prescindere dall’accordo non raggiunto tra i genitori in relazione alle spese mediche non riferibili al SSN, mancando i requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità del credito.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, respingendo il ricorso di un padre che aveva chiesto ridursi il proprio contributo per il mantenimento della prole.
Il giudice, invece, aveva deciso di aumentare di 200 euro l’esborso a carico del padre nei confronti della figlia e aveva confermato anche la condanna dell’uomo al pagamento, a titolo di rimborso, di una somma di oltre 3mila euro pari al 50% delle spese documentate.
Aumento del mantenimento se il figlio si iscrive all’Università. Per gli Ermellini è corretta l’elevazione (peraltro di lieve entità) del contributo per il mantenimento della figlia, dedica agli studi superiori, disposto dalla Corte d’Appello tenuto conto della sopravvenienza di nuove circostanze.
In particolare, l’aumento dell’esborso è avvenuto in considerazione “dell’incremento di spesa costituito dagli studi universitari intrapresi dalla figlia presso l’Università, per tasse scolastiche, libri, spese di viaggio”. Una motivazione del tutto congrua.
Lucia Izzo news Studio Cataldi 12 settembre 2018
www.studiocataldi.it/articoli/31771-mantenimento-maggiorato-se-il-figlio-va-all-universita.asp
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ASSOCIAZIONI
Convegno Associazione nazionale Famiglie numerose
https://www.famiglienumerose.org
Rimini, convegno su “educazione orizzontale nella famiglia numerosa”. 8 settembre 2018.
“Il tesoro nascosto: educazione orizzontale nella famiglia numerosa”. È questo il titolo del convegno che si aprirà questo pomeriggio, alle ore 15, all’interno del Palacongressi di Bellaria Igea Marina (Rimini). Organizzato dall’Associazione nazionale famiglie numerose vedrà la presenza anche dei vertici dell’European Large Families Confederation. Al centro del pomeriggio lo scambio di esperienze e il cercare interventi concreti circa il sostegno familiare in Italia e in Europa.
Il convegno è l’appuntamento principale dell’assemblea annuale dell’Anfn che ieri ha vissuto un prologo con la gita al parco giochi di Mirabilandia (Ravenna) e che si concluderà domani con l’elezione del nuovo direttivo.
Tornando al convegno odierno è la conclusione naturale di una ricerca iniziata nel 2017 in collaborazione con il Cisf (Centro italiano studi sulla famiglia) e l’Università Cattolica sull’importanza nell’educazione famigliare della relazione tra fratelli. Ci sarà spazio anche per la presentazione del libro “Big family” di Linda Pisani sull’esperienza delle grandi famiglie in Trentino. In chiusura verrà assegnata la borsa di studio di 500 euro alla tesi di Laurea vincitrice del bando Anfn “Perlafamiglia” 2017-2018. A consegnare il premio il presidente del Forum delle associazioni familiari Gigi de Palo e la consigliere regionale dell’Emilia Romagna Lia Montalti. Alle ore 21, lo spettacolo dell’intrattenitore Pierluigi Bartolomei dal titolo “I cinque linguaggi dell’amore”, ovvero oltre 200 edizioni di risate col cuore. All’assemblea sono presenti più di mille persone in rappresentanza di oltre 150 famiglie.
Agenzia SIR 8 settembre 2018
https://agensir.it/quotidiano/2018/9/8/famiglia-rimini-convegno-su-educazione-orizzontale-nella-famiglia-numerosa
Ricerca Anfn, figli di famiglie numerose sono adulti dotati di personalità più solide
Si sentono più incoraggiati, supportati, sostenuti emotivamente nelle proprie scelte rispetto ai figli unici. E sono destinati a divenire adulti dotati di personalità più solide, pro sociali, generose e responsabili. Merito anche dei fratelli maggiori, che supportano i genitori nella loro funzione educativa. Sono i figli cresciuti nelle famiglie numerose, secondo la fotografia che ne ha scattato la ricerca promossa dall’Associazione nazionale famiglie numerose (Anfn) e commissionata al Centro internazionale studi famiglia e all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. La ricerca, presentata oggi in anteprima nel corso del convegno dell’Anfn che si sta svolgendo a Bellaria Igea Marina (Rimini), è stata realizzata su un campione di figli con almeno tre fratelli e di figli unici originari di sei diversi regioni italiane, equamente distribuite tra nord, centro e sud. Le relazioni in famiglia sono quindi una ricchezza e avere fratelli e un’oggettiva risorsa, un vero e proprio capitale relazionale.
Come i genitori riescono ad essere presenti, come soddisfano i bisogni, come garantiscono le attenzioni necessarie per crescere in armonia, autonomia e allegria? Sono interrogativi che nelle famiglie numerose fanno giornalmente capolino, capaci di suscitare opinioni ed esperienze, timori e interrogativi. Queste domande hanno ispirato la ricerca iniziata nel 2017 sull’educazione orizzontale in famiglia. Dalla ricerca emerge che molti dei problemi sull’educazione dei figli nelle famiglie numerose, evaporano già all’asilo nido. I fratelli si prendono cura gli uni degli altri, i piccoli imparano dai grandi, nasce il desiderio di fare da soli di aiutare anche nelle piccole cose quotidiane: dal fare il letto, ad apparecchiare e sparecchiare la tavola, stendere e raccogliere i panni. La disponibilità ad insegnare al più piccolo il gestirsi nei giochi, nei piccoli problemi, nei piccoli conflitti. Le relazioni che si generano in famiglia, soprattutto quelle tre fratelli e le sorelle in modo particolare è singolare, perché la famiglia numerosa in quanto tale è un bene prezioso per la società.
Agenzia SIR 8 settembre 2018
https://agensir.it/quotidiano/2018/9/8/famiglia-ricerca-anfn-figli-di-famiglie-numerose-sono-adulti-dotati-di-personalita-piu-solide
Anfn, fisco più equo che tenga conto dei carichi familiari
Non chiedono regali e neppure favoritismi, vorrebbero solo che fosse riconosciuto il valore della famiglia e di chi investe sui figli. Perché i figli sono un bene di tutti, e non una scelta privata. Vanno in questa direzione la richiesta di un fisco più equo che tenga conto dei carichi familiari, il bonus pensionistico di tre anni di contributi figurativi (misure di questo genere stanno sorgendo anche in Polonia e Spagna) per ogni figlio alle madri lavoratrici, l’aumento degli assegni familiari, l’Iva agevolata per i prodotti per l’infanzia e una campagna condivisa con tutte le associazioni europee.
Sono alcune delle richieste emerse oggi da parte dell’Associazione nazionale famiglie numerose che a Bellaria Igea Marina (Rimini) sta vivendo il suo incontro annuale. “Chiediamo particolare attenzione alla Carta Famiglia – sottolinea Carlo Dionedei, vicepresidente uscente Anfn – si tratta di uno strumento che è già legge dello Stato, ma al momento è purtroppo solo un contenitore che ha bisogno di essere riempito di contenuti“. Il problema nasce nel non considerare la capacità contributiva della famiglia che è per forza legata alla sua composizione. “Da qui nascono l’ingiustizia sulle tariffe, l’inadeguatezza dell’Isee e il resto – spiega Paolo Nanni, coordinatore provinciale di Rimini per l’Anfn -. Siamo considerati spreconi, ma poi il consumo pro capite è più basso di una famiglia single. È un vero e proprio paradosso. Chi investe sui figli, investe sul futuro”. L’Italia oggi è uno dei Paesi europei che meno destina fondi per la famiglia (1.3% del Pil, contro il 2.1% della media Ue).
Agenzia SIR 8 settembre 2018
https://agensir.it/quotidiano/2018/9/8/famiglia-anfn-fisco-piu-equo-che-tenga-conto-dei-carichi-familiari
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CENTRO INTERNAZIONALE STUDI FAMIGLIA
Newsletter CISF – n. 28, 12 settembre 2018
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Bellaria-Igea Marina: Il tesoro nascosto: il valore dell’educazione tra fratelli in famiglia. In occasione dell’assemblea dell’Associazione nazionale Famiglie Numerose (ANFN), il Cisf (nella persona del Direttore, Francesco Belletti) e il Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica di Milano (nella persona di Margherita Lanz, psicologa e docente presso il Dipartimento di Psicologia della stessa università) hanno presentato gli inediti risultati di una ricerca appena conclusa sul valore dell’educazione tra fratelli per la costruzione di personalità adulte. Tra i diversi strumenti di indagine utilizzati il più importante è stata la raccolta di 113 interviste in profondità a giovani tra i 20 e i 30 anni (60 figli di famiglie numerose, 53 figli unici), in sei Regioni di Italia (Lombardia, Veneto, Umbria, Lazio, Puglia, Sicilia). I risultati verranno pubblicati entro l’anno in un volume, a cura dell’Associazione Famiglie Numerose. Difficile dire in sintesi cosa è emerso dall’indagine: ma “tra i risultati due temi sono particolarmente interessanti:
a) in primo luogo è emerso che l’arrivo di ogni figlio si è rivelato per le famiglie una risorsa preziosa, e la presenza di tanti fratelli, anche per i giovani intervistati, è stata di fatto un aiuto in più (un vero e proprio capitale sociale e relazionale);
b) al di là delle fatiche, difficoltà, frizioni, gelosie (non a caso la parola “conflittuale” è stata la più gettonata nel definire la relazione tra fratelli), la sensazione più forte e più duratura della vita tra fratelli rimane allegria e gioia. In altre parole, tra fratelli si litiga, ma certamente la vita è più lieta”.
In occasione dell’assemblea sono state inoltre rinnovate le cariche direttive dell’Associazione (che, merita ricordarlo, sono affidate a coppie coniugali, non a persone singole, scelta tuttora poco diffusa, anche tra le associazioni più squisitamente familiari). Alla coppia Giuseppe e Raffaella Butturini, presidenti uscenti dopo sei anni e due mandati, subentra la coppia Mario ed Egle Sberna (tra i fondatori dell’associazione),
www.famiglienumerose.org/assemblea-elettiva-anfn-9-sttembre-2018
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Atene. Neos Kosmos Social House. Un progetto di accoglienza e solidarietà Italia Grecia (con la collaborazione di Caritas italiana e della Comunità Papa Giovanni XXIII), cui ho avuto l’onore di partecipare nelle fasi iniziali, frutto della richiesta di Papa Benedetto XVI di costruire “gemellaggi Italia Grecia”, per contrastare la grave crisi economica (e di speranza), durante l’Incontro Mondiale delle Famiglie di Milano 2012. Bello vedere, dopo anni, i semi che diventano fiori, frutti, alberi…. volti sorridenti….
www.agensir.it/mondo/2018/08/20/grecia-dalla-neos-kosmos-social-house-la-risposta-solidale-alla-crisi-la-persona-al-posto-delleuro
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I Senior oggi in Europa. Sentirsi utili per invecchiare bene. Sondaggio condotto dalla società di ricerca Ipsos per la Fondazione Korian per l’invecchiamento di qualità (Institut du Bien Vieillir Korian). “L’indagine ha messo a confronto i dati raccolti in Francia, Italia, Germania e Belgio attraverso le risposte di più di 8 mila intervistati. […] Rispetto alla media europea i nonni italiani dispensano più consigli a figli e nipoti (44% contro la media europea del 27%), si tengono aggiornati sulle innovazioni (39% contro il 42% europeo) e badano ai nipoti (35% contro il 28%). E non finisce qui: aiutano nel disbrigo delle incombenze domestiche (25% vs 15%), ospitano i familiari durante le vacanze (19% vs 17%), propongono e organizzano le riunioni di famiglia (22% vs 19%). I nostri anziani sono i più parsimoniosi d’Europa: il 54% riesce a risparmiare, seguito da tedeschi (47%), francesi (44%) e belgi (41%). Non a caso, il sondaggio rivela che gli over 65 del Belpaese sono molto più coinvolti nella vita della famiglia di appartenenza rispetto alla media europea: il 40% aiuta proprio economicamente i suoi figli o altri membri della famiglia, contro la media europea del 24%, molto più bassa”.
www.firstonline.info/anziani-ipsos-sentirsi-utili-per-invecchiare-bene
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Temi di bioetica a Singapore, un percorso formativo innovativo (on line) in bioetica. Il Progetto “Rassegna di casi in Bioetica di Singapore” (The Singapore Bioethics Casebook Project), realizzato presso la Yong Loo Lin School of Medicine della National University of Singapore è uno strumento online ad accesso gratuito per la formazione professionale su temi di bioetica per operatori della sanità e dell’assistenza. In questo sito si trovano dieci case studies didattici su “La cura degli anziani in una società che invecchia” (Caring for Older People in an Ageing Society). Per ogni caso viene offerta una documentazione integrativa di esperti, operatori, con link ad ulteriori fonti informative. Di grande interesse nel merito (per chi sa maneggiare materiali in inglese), ma anche come esempio di qualificata “formazione on line”
www.bioethicscasebook.sg/caring-for-older-people-in-an-ageing-society
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Dalle case editrici
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Carocci, La comunicazione di genere. Prospettive teoriche e buone pratiche, Capecchi S.
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San Paolo, La famiglia genera il mondo. Le catechesi del mercoledì, Papa Francesco
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Il Mulino, Nessuno è somaro. Storie di scolari, genitori e insegnanti, Stella G., Zoppello M.
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Grigoletto Luciano, Piccolo manuale di sopravvivenza per coppie, San Paolo, Cinisello B. 2018, pp. 157.
Questo volume è un vero manuale pratico sulle “trappole” della relazione di coppia: cosa si aspetta lei da lui, cosa si aspetta lui da lei e come mai entrambi sono tanto spesso delusi; perché quando lei parla vuole dire un’altra cosa, perché quando lui parla sta dicendo esattamente quella cosa; quali sono i bisogni di ciascuno rispetto ai sogni un po’ infantili del “principe azzurro” o della “moglie-che-ti-accudisce-come-la-mamma”; perché il conflitto, quando non lacera, fa diventare grandi; cosa possiamo fare perché l’altro sia felice. «Magari» scrive l’autore «conoscere l’altro per come è può essere uno degli aspetti meravigliosi e divertenti della straordinaria avventura che chiamiamo matrimonio». In una relazione che funziona, infatti, i due partner non smettono di essere individui separati, che hanno i loro bisogni, e desideri personali che, quasi certamente, non coincidono con quelli dell’altro. Diventa quindi necessario un processo continuo di mediazione e confronto, per evitare di commettere degli errori tali da compromettere la relazione stessa. Partendo dalla considerazione che «nessuno ci propone delle istruzioni efficaci per vivere una vita di coppia», l’autore – psicoterapeuta della coppia – con uno stile arguto e molto “esperienziale” in questo volume propone dei “consigli per principianti”, dei giochi di interazione e infine un vocabolario/bussola per orientarsi nel cammino della coppia.
http://newsletter.sanpaolodigital.it/cisf/attachments/newscisf2818_allegatolibri.pdf
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Save the date
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Nord Inverno demografico: L’allarme per una nazione a rischio di estinzione, promosso dal Forum delle associazioni familiari di Milano, Milano, 22 settembre 2018.
www.movimentovitamilano.it/wp-content/uploads/2018/09/FORUMmanifesto-INVERNO-DEMOGRAFICO.pdf
Movimento di popoli. Migrazioni, identità e tutele per i minori stranieri, 37° convegno nazionale AIMMF, Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia, Bologna 5-6 ottobre 2018.
www.convegnoaimmf.com/images//programma/Programma-AIMMF_luglio.pdf
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Centro Educare per il domani. Famiglia scuola società – Insieme per il futuro delle nuove generazioni, quarto convegno nazionale dell’Associazione “Articolo 26” – Famiglie e scuola insieme per educare, Todi, 15-16 settembre 2018.
http://comitatoarticolo26.it/educare-per-il-domani-todi-15-16-settembre
Parliamo di Alzheimer. La qualità della vita e i servizi sul territorio, evento promosso da Fondazione Korian e AIMA-Firenze, Firenze, 25 settembre 2018.
www.korian.it/?eventi=firenze-parliamo-alzheimer
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Sud Verso la Conferenza Regionale della Famiglia, conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa, promossa da Regione Puglia in collaborazione con il Forum delle associazioni familiari, Bari, 14 settembre 2018.
http://www.pariopportunita.regione.puglia.it/news-eventi/-/asset_publisher/bQ4g77Ldemy8/content/2018-settembre-verso-la-conferenza-regionale-della-famiglia?redirect=http%3A%2F%2Fwww.pariopportunita.regione.puglia.it%2Fnews-eventi%3Fp_p_id%3D101_INSTANCE_bQ4g77Ldemy8%26p_p_lifecycle%3D0%26p_p_state%3Dnormal%26p_p_mode%3Dview%26p_p_col_id%3Dcolumn-1%26p_p_col_pos%3D1%26p_p_col_count%3D3
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Estero Family and finance: a possible alliance?, incontro promosso da FAFCE (Federazione delle associazioni familiari cattoliche in Europa) e da Fondazione Sallux, Bruxelles, 16 ottobre 2018.
www.fafce.org/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=37&Itemid=128&lang=en
Iscrizione alle newsletterhttp://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/newsletter-cisf.aspx
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CENTRO ITALIANO DI SESSUOLOGIA
Seminario sulle tematiche della Fecondazione Assistita.
In occasione della Settimana del Benessere Sessuale indetta dalla FISS, il Centro Italiano di Sessuologia organizza un seminario dal titolo: “Sessualità, Infertilità ed Endometriosi: vivere la sessualità in un momento di crisi“.
Il Seminario si terrà il 6 ottobre 2018, dalle 9.30 alle 13.00 presso l’Aula Magna del Villaggio del Fanciullo, in Bologna, Via Scipione dal Ferro, 4.
La partecipazione è gratuita previa comunicazione alla mail cis@cisonline.net entro il 01/10/2018
Programmawww.cisonline.net/wp-content/uploads/2018/07/SBS2018-Depliant-vC-1.pdf
www.cisonline.net
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COMMISSIONE PER LE ADOZIONI INTERNAZIONALI
Rimborso spese- Chiusura Enzo B
Controlli sulle dichiarazioni presentate a corredo delle istanze di rimborso spese per adozioni 2012/2017. Il 16 luglio scorso è scaduto il termine per la presentazione delle istanze del rimborso delle spese adottive previsto dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 maggio 2018.
Le istanze pervenute sono poco più di 6.000.
L’esame delle domande è in corso; a tal proposito si informano le coppie adottive che la Segreteria Tecnica della CAI ha avviato la verifica della veridicità delle dichiarazioni contenute nelle richieste di rimborso. A riguardo si rammenta che ai sensi dell’art. 71 del D.P.R. 28/12/2000, n. 445 Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa “Le amministrazioni procedenti sono tenute ad effettuare idonei controlli, anche a campione, e in tutti i casi in cui sorgono fondati dubbi, sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive”
I controlli verranno effettuati chiedendo conferma scritta, alle amministrazioni interessate, della corrispondenza di quanto dichiarato con le risultanze dei registri da queste custoditi; per quanto, invece, riguarda le certificazioni attestanti le spese sostenute verrà chiesto alle coppie di produrre la documentazione comprovante la spesa dichiarata. I controlli riguarderanno il 10% delle istanze ammesse a contributo; il campione sarà individuato sottoponendo a controllo le prime e le ultime istanze (dividendo esattamente la percentuale da controllare) pervenute al protocollo. Saranno, invece, controllate tutte le dichiarazioni inerenti i redditi delle coppie attraverso l’Agenzia delle Entrate.
Una volta ultimata la fase dei controlli si provvederà all’erogazi.one dei rimborsi.
www.commissioneadozioni.it/it/notizie/2018/controlli–sulle-dichiarazioni-presentate-a-corredo-delle-istanze-di-rimborso-spese-per-adozioni-20122017-dpcm-3-maggio-2018.aspx
L’ente Enzo B di Torino ha comunicato un progetto di chiusura della propria attività che verrà sottoposto alla Commissione Adozioni Internazionali e che prevede soluzioni mirate ai singoli paesi al fine di definire il maggior numero di procedimenti in corso.
La Commissione si farà carico dei procedimenti che rimarranno pendenti e provvederà a convocare le coppie interessate.
www.commissioneadozioni.it/it/notizie/2018/ente-enzo-b.aspx
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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM
Mantova. Etica, salute & famiglia – settembre 2018
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Bimbi in provetta: Louise Brown e i suoi fratelli. Armando Savignano
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Vita umana, etica ed educazione Roberto Rezzaghi
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Gesù e i malati Paolo Gibelli
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A proposito della questione aborto in Argentina Gabrio Zacchè
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Braccia di mamma e papà: solo lì mi sento sicuro. Alessandra Venegoni, ostetrica
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Evoluzione femminile Giuseppe Cesa, psicologo
Il Consultorio offre da oltre trent’anni un insieme coordinato di servizi per i bisogni di salute e relazionali della persona, della coppia e della famiglia.
Adolescenti, Consulenze psicologiche e psicopedagogiche, Corsi pre-parto, post-parto e menopausa, Giovani coppie e famiglie, Gruppi di parola per genitori separati, di sostegno alle donne operate al seno, gruppo per insegnanti, parlarsi e ascoltarsi in famiglia. www.consultorioucipemmantova.it/consultorio
Pescara. Il consultorio inaugura il servizio di consulenza psichiatrica
Il consultorio Familiare UCIPEM offre il servizio di consulenza psichiatrica; è possibile accedere a tale servizio di consulenza sia in prima battuta come richiesta diretta, sia nel corso di altri tipi di precorsi che vengono svolti all’interno del Consultorio.
La presenza di una equipe ricca di figura professionali differenti permette il confronto e la possibilità di prendersi cura totalità della persona.
Per quanto riguarda la consulenza psichiatrica, lo specialista in questione provvederà ad ascoltare e valutare il problema, solitamente relativo a disagi afferenti all’area personale e psichica, e a predisporre un piano terapeutico farmacologico laddove necessario, o ad orientare verso un differente tipo di supporto terapeutico. www.ucipempescara.org/consulenze-psichiatriche
Altri servizi: centri di ascolto, consulenze di gruppo e individuali, ginecologiche, legali, corso pre parto, dedicato ai minori, mediazione familiare, percorsi di coppia, percorsi di gruppo e individuali, percorsi di psicoterapia. www.ucipempescara.org
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DALLA NAVATA
XXIV Domenica del Tempo ordinario- Anno B – 16 settembre 2018
Isaia, 50. 05 Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro.
Salmo 114. 01 Amo il Signore, perché ascolta il grido della mia preghiera.
Giacomo 02. 17 Così anche la fede; se non è seguita dalle opere, in se stessa e morta.
Marco 08. 31 E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.
Seguire Gesù Commento di Enzo Bianchi.
La pagina offertaci oggi dalla liturgia sta al centro del vangelo secondo Marco e ci svela l’identità di Gesù. Già le prime parole del vangelo proclamavano, come una sorta di titolo: “Inizio del Vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio” (Mc 1,1), ma ora questa confessione è fatta da un discepolo al centro della narrazione “vangelo”; e alla fine sarà fatta da uno che appartiene alle genti, il centurione romano che sotto la croce, vedendo il modo in cui Gesù spirava, disse: “Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!” (Mc 15,39).
Secondo Marco al cuore del ministero di predicazione e di azione di Gesù si colloca questo episodio decisivo. Con i suoi discepoli Gesù se ne va (letteralmente “esce”) dalla Galilea verso territori vicini alle sorgenti del Giordano, nei pressi della capitale di questa regione, la città costruita dal tetrarca Erode Filippo con il nome imperiale di Cesarea, città di Cesare. Questo uscire di Gesù dalla terra di Israele non è motivato dalla missione ma è un prendere le distanze dalle folle degli avversari, scribi e farisei, sempre più incalzanti nel contestare il suo messaggio e il suo comportamento.
Proprio in questo “ritiro” e “nel cammino” (en tê hodô)Gesù interroga i suoi discepoli ponendo loro domande riguardanti la percezione, le opinioni che la gente ha di lui. Ormai da tempo Gesù svolge la sua missione, molti sono gli ascoltatori del suo annuncio, molti lo acclamano come rabbi, come profeta o come carismatico capace di far arretrare Satana, e la sua fama ha raggiunto anche Gerusalemme, preoccupando l’autorità religiosa dei sacerdoti e degli scribi. Nello stesso tempo, però, sono apparsi avversari che lo calunniano, lo osteggiano e lo accusano di essere a servizio di Satana, non un uomo inviato da Dio (cf. Mc 3,22-30). Vi è dunque l’urgenza di una chiarificazione e Gesù ne prende l’iniziativa, interrogando i suoi discepoli.
Questi gli riferiscono che per alcuni egli è Giovanni il Battista ritornato in vita, per altri è Elia, per altri ancora uno dei profeti. Sì, per la gente che lo ha incontrato Gesù è un profeta, cioè un uomo inviato da Dio per annunciare la sua parola e compiere azioni nella potenza donata da Dio stesso ai suoi inviati. Ma a questo punto Gesù interroga di nuovi i suoi discepoli, li interroga tutti per conoscere la loro adesione: lo hanno seguito come maestro, lo ritengono un profeta, ma hanno compreso la sua vera identità? Poco prima Gesù li aveva rimproverati, chiedendo loro se erano privi di intelletto e per quale motivo non comprendevano, come se avessero un cuore indurito (cf. Mc 8,17-21). Ora cosa credono di Gesù? Sono interrogati tutti, ma risponde solo Pietro, il discepolo chiamato per primo (cf. Mc 1,16-17), e che Marco ricorderà come destinatario dell’annuncio pasquale alla fine del vangelo (cf. Mc 16,7). E dice: “Tu sei il Cristo!”, cioè il Messia, l’Unto.
Ecco il riconoscimento dell’identità vera di Gesù, che non a caso, prima di ogni altro attributo, sarà sempre chiamato Gesù Cristo. Gesù è il Messia, non solo un rabbi, non solo un profeta, ma l’Unto del Signore, colui che compie le promesse contenute nelle sante Scritture, colui che instaura il regno di Dio. Per la fede di Pietro questa una prima tappa, ma la sua confessione è frutto della rivelazione di Dio, come metterà in evidenza Matteo (cf. Mt 16,17).
Certamente nel vangelo secondo Marco questa confessione di fede è brevissima, e dopo di essa non si registra nessuna risposta di Gesù a Pietro ma solo l’ingiunzione di mantenere il segreto sull’identità autentica da lui proclamata. Perché? Perché le parole di Pietro esprimevano la verità su Gesù, ma necessitavano di essere assunte e ripetute non semplicemente come proclamazione messianica secondo le opinioni della gente e in senso politico, ma andavano accolte attraverso la visione di un Messia crocifisso, non nell’entusiasmo di un’acclamazione trionfalistica. Pietro stesso dovrà ancora fare del cammino “dietro” a Gesù e seguirlo fedelmente, per comprendere pienamente le sue stesse parole.
Ecco perché, senza soluzione di continuità, Gesù continua il dialogo con i suoi discepoli cominciando (érxato: Mc 8,31) un insegnamento inedito, non ancora ascoltato con chiarezza dai discepoli: “Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, essere messo a morte e, dopo tre giorni, risorgere”. Questo annuncio è una vera e propria didaskalía, un insegnamento nel quale è espressa innanzitutto una necessitas: “Il Figlio dell’uomo deve (deî)”. Perché “deve”? Certo, non è né una fatalità né un destino e neppure la volontà di un Dio che vorrebbe il sacrificio, le sofferenze di suo Figlio Gesù per placare la propria collera verso l’umanità peccatrice. Perché allora sta scritto “deve”? Perché c’è innanzitutto una necessitas umana: nel mondo il giusto può solo essere rigettato è perseguitato. È sempre accaduto così, a causa della malvagità degli empi che non sopportano il giusto, perché egli dà loro fastidio al solo vederlo, e dunque lo tolgono di mezzo. Nel libro della Sapienza, composto alle soglie del Nuovo Testamento, si denuncia con chiarezza questa necessitas umana (cf. Sap 1,16-2,20).
Ma c’è anche una necessitas divina che va compresa: se il giusto, nel nostro caso Gesù, vive conformemente alla volontà di Dio, il Padre suo, volontà espressa nelle sante Scritture, e lo fa nella libertà e per amore, allora la sua vita non può non conoscere la malvagità del mondo e dunque la passione e la morte. Questa la via di Gesù, che non sottostà ad alcun “destino” impostogli da un Dio perverso, né al “caso”, a un fallimento possibile all’uomo. Ciò che Gesù deve compiere fino alla fine è la volontà di Dio, cioè l’amore per gli uomini, la rinuncia a compiere il male anche per difendersi, la fedeltà una chiamata che contiene la promessa della vita più forte della morte.
Gesù crede che anche in quel cammino che ora compie risolutamente verso Gerusalemme, verso la passione e la morte inflittagli dagli avversari, Dio, il Padre suo, lo assisterà, lo sosterrà, lo farà rivivere. Siccome compie puntualmente la volontà del Signore, dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si rialzerà dalla morte (cf. Is 53,8-12). Se la necessitas passionis non viene compresa in questo modo, si dà a Dio l’immagine di un Padre perverso oppure si legge la fine di Gesù come una casualità possibile! Ne destino, né caso, ma un cammino nato da libertà e da amore, da parte di Gesù e anche da parte di Dio, che sceglie di rivelarsi all’umanità come un Dio rigettato e consegnato dalle mani dei malvagi alla croce. Gesù dunque insegna e legge il cammino che gli sta davanti e che si compie a Gerusalemme: passione, morte e resurrezione, non una tappa senza l’altra.
A questo annuncio, Pietro, prendendo Gesù in disparte, lo redarguisce, ma Gesù a sua volta lo rimprovera e gli chiede di ritornare al suo posto: “Passa dietro a me, Satana! Perché tu non scegli secondo Dio, ma secondo gli uomini”. Pietro, che ha confessato la vera identità di Gesù, subito dopo questo inedito insegnamento si fa ostacolo davanti a Gesù sulla via verso Gerusalemme. Sì, ogni credente può diventare un ostacolo per Gesù e quindi assumere l’atteggiamento di Satana, l’oppositore, colui che ostacola la volontà di Dio. Per questo va sempre ricordata la parola di Gesù, quella della chiamata: “Venite dietro a me” (Mc 1,17).
Questo annuncio della passione, morte e resurrezione, Gesù lo rivolge poi a tutta la folla, che chiama e convoca al suo ascolto: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, smetta di conoscere solo se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. Il cammino di Gesù è il cammino di chi vuole seguirlo, cioè del discepolo, della discepola, ieri, oggi e domani. È la sequela di Gesù che fa un cristiano, una cristiana, è “perdere la vita per lui” che significa “salvarla”: la confessione di fede a parole non è sufficiente!
www.monasterodibose.it/preghiera/vangelo/12585-seguire-gesu
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DIRITTO DI FAMIGLIA
Affido condiviso, la riforma che non convince le associazioni
Coinvolge circa quattro milioni di genitori separati e 800mila minori. Ma da almeno un decennio mostra di non riuscire a realizzare gli obiettivi per cui era nata: assicurare ai figli vittime delle incomprensioni degli adulti quelle attenzioni educative e quella costante presenza di entrambe le figure genitoriali che, secondo tutti gli studi pedagogici, sono premesse irrinunciabili per garantire una crescita equilibrata e serena.
Ora, dopo tante analisi e tante promesse, sembra che la volontà di riformare la legge 54 del 2006 sull’affido sia sostenuta da tutte le forze della maggioranza: lunedì 10 settembre 2018 comincia in Commissione Giustizia del Senato l’iter della Riforma dell’affido condiviso. Tre i Ddl depositati in Commissione: due di Forza Italia (uno che ha come primo firmatario Antonio De Poli e cofirmataria Paola Binetti, e il secondo da Maria Alessandra Gallone) e uno di Lega-M5s, relatore Simone Pillon. Alle ore 17 il via ai lavori con la relazione dello stesso senatore Simone Pillon.
Il disegno di legge 735 per la riforma dell’istituto dell’affidamento condiviso, primo firmatario il senatore leghista Simone Pillon, intende dare applicazione ai punti specifici previsti dal contratto di governo e cioè favorire, si legge nella premessa, «la permanenza del figlio con tempi paritari tra i genitori, rivalutando anche il mantenimento in forma diretta senza alcun automatismo circa la corresponsione di un assegno di sostentamento e valutando l’introduzione di norme volte al contrasto del grave fenomeno dell’alienazione parentale».
Tutto bene quindi? Non proprio. Diverse associazioni che si occupano di figli di separati sottolineano incongruenze tra i principi enunciati – ineccepibili – e le modalità previste dalla legge per tradurli in prassi giuridica. Viene fatto notare che già la legge del 2006, fondata sul presupposto della «pari responsabilità educativa» e del coinvolgimento paritetico di entrambi i genitori, è risultata poi largamente disapplicata sia per la “resistenza passiva” – si dice – di larga parte della magistratura ancora legata al concetto della monogenitorialità, sia per le difficoltà di sgretolare una cultura che vorrebbe limitare i compiti di cura alla madre, lasciando il padre sullo sfondo come fornitore di risorse economiche. Da questo punto di vista il nuovo disegno non offrirebbe le garanzie adeguate per evitare il rischio di essere ancora una volta bypassato al momento dell’applicazione. E, a conferma che le perplessità non arriverebbero solo dell’associazionismo ma anche da parte della politica, si ricorda la presenza di altri disegni di legge sull’argomento depositati in questi giorni anche dal Movimento 5 Stelle (ma firmati trasversalmente anche da deputati appartenenti ad altri partiti) che avrebbero invece il merito di superare queste contraddizioni. Non si tratterebbe di una questione di schieramenti dunque, ma di contenuti. Il confronto è aperto.
Vittorio Vezzetti, pediatra, fondatore dell’associazione ‘Figli per sempre’, che da mesi collabora per la stesura del testo, assicura invece che si tratta di timori infondati: «Era assolutamente urgente – spiega – colmare l’attuale disparità tra le figure genitoriali dopo la separazione che relega l’Italia agli ultimi posti fra i Paesi occidentali in tema di bigenitorialità. Oggi in Italia l’affido paritetico riguarda solo il 3-4% dei minori e solitamente per un accordo fra le parti. L’affido materialmente condiviso riguarda circa il 5% dei casi, mentre l’affido cosiddetto materialmente esclusivo è la sorte che spetta a tutti gli altri minori italiani, quindi oltre il 90%». Si tratta cioè della forma di affido che, al di là della legge 54, è ancora modulato secondo la formula del genitore prevalente, quello di serie A, e del genitore secondario, che in 9 casi su 10 è il padre. «Il testo del disegno di legge – prosegue Vezzetti – prevede che ‘qualora uno dei genitori ne faccia richiesta e non sussistano oggettivi elementi ostativi, il giudice assicura con idoneo provvedimento il diritto del minore di trascorrere tempi paritetici in ragione della metà del proprio tempo, compresi i pernottamenti, con ciascuno dei genitori. Salvo diverso accordo tra le parti, deve in ogni caso essere garantita alla prole la permanenza di non meno di 12 giorni al mese, compresi i pernottamenti, presso il padre e presso la madre, salvo comprovato e motivato pericolo di pregiudizio per la salute psico-fisica del figlio minore’.
Un obiettivo che, in confronto con la situazione esistente, appare comunque importante». Ma proprio questo appare uno dei punti più contestati. «Per tanti anni – osserva Marino Maglietta, fondatore dell’associazione ‘Crescere insieme’ e uno dei padri della vecchia legge sull’affido condiviso – la magistratura ha fatto di tutto per tenere in piedi il sistema monogenitoriale. Ora serve un testo blindato che metta al riparo da interpretazioni maliziose. Per cui quando leggo nel testo del disegno che i tempi tra i genitori devono essere “paritetici” (cioè identici, ndr) ma due righe più sotto si dice che possono essere “equipollenti” (non necessariamente uguali, ndr) temo che si vada incontro a una grande confusione. E il magistrato sceglierà l’equipollenza, proprio come ora». Stesso discorso, sottolinea l’esperto, per l’indicazione del periodo minimo dei 12 giorni indicati come una “possibilità”. E anche questo appare un rischioso affidamento alla discrezionalità del giudice».
Annalisa Cattò, avvocato, mediatrice familiare e presidente dell’associazione ‘Figli con figli’, vorrebbe invece che venisse meglio definito l’aspetto dell’abitazione. «Oggi è difficile che un figlio si sente a casa propria in entrambe le case dei genitori separati. Ma questo – osserva Cattò – nel nuovo disegno di legge non è ben definito». E infine c’è la grande questione della mediazione familiare che il disegno di legge vorrebbe obbligatoria: «Non si può imporre un percorso a tutti perché – continua – esistono coppie che noi definiamo “non mediabili”, dove cioè la conflittualità è tale da risultare gestibile soltanto con percorsi specialistici e separati». Non solo, «pensare come si legge nell’articolato, che basti avere dieci cause di separazione aperte per improvvisarsi mediatori, significa ignorare la complessità e la delicatezza di questo ruolo. Per essere mediatori occorre almeno la frequenza triennale di una scuola di specializzazione».
I punti chiave del Ddl Lega-M5s (primo firmatario Simone Pillon)
L’assegno. Basta con la “quota”. Ma c’è una scappatoia. Il nuovo disegno di legge intende superare la vecchia logica dell’assegno passando alle spese dirette di mantenimento. Non è più il padre che, in 9 casi su 10, passa una quota alla famiglia e poi viene tenuto all’oscuro dell’utilizzo di quelle risorse, ma entrambi i genitori partecipano in base al loro reddito alle spese dirette per la cura e il mantenimento dei figli. C’è però il rischio che, al di là di quanto stabilito dalla Cassazione, la forma delle spese dirette venga accantonata sulla base di una possibilità prevista dal Ddl che parla di spese ordinarie (dirette) e straordinarie, e questo coinciderebbe con la vecchia prassi dell’assegno.
Il domicilio. Quale casa per i minori? Ruoli paritetici a rischio. I genitori possono decidere la residenza abituale del figlio fermo restando che la casa rimane al legittimo proprietario ma, se l’accordo non arriva, allora è il giudice a stabilire la residenza e a decidere chi deve rimanere nella casa familiare. Purtroppo nelle situazioni più conflittuali c’è il rischio che si riproponga la vecchia logica del genitore collocatario dimenticando l’impegno del ruolo paritetico. Anche in questo caso a farne le spese rischiano di essere ancora una volta i padri separati che dovranno abbandonare famiglia e casa. E così si perpetuano le ingiustizie.
La condotta. Genitori inadempienti. Sarà tolleranza zero. Il testo di legge risulta chiaro e innovativo invece sul punto delle gravi inadempienze di uno dei genitori («manipolazioni psichiche, atti che arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, nonché in caso di astensione ingiustificata dai compiti di cura di un genitore e comunque in ogni caso ove riscontrino accuse di abusi e violenze fisiche e psicologiche evidentemente false e infondate mosse contro uno dei genitori»): il giudice può valutare una modifica dei provvedimenti di affidamento oppure, nei casi più gravi, la decadenza della responsabilità genitoriale.
Luciano Moia Avvenire 9 settembre 2018
www.avvenire.it/attualita/pagine/affido-si-cerca-una-buona-riforma
Affido condiviso, la riforma che vuole pensare ai bambini
Al via l’iter del Ddl che punta ad attenuare la conflittualità fra genitori che si separano. Più mediazione familiare, tempi paritetici, stop a case famiglie e istituti, niente assegno ma pagamento diretto delle spese
È appena ai nastri di partenza, eppure ha già fatto discutere molto. C’è chi lo appoggia a spada tratta e c’è chi ne parla malissimo: la sua strada inizia il 10 settembre 2018 in Commissione Giustizia al Senato, dove parte l’iter del disegno di legge 735 sulla riforma dell’affido condiviso. Il tema, quello dell’affido dei figli di genitori separati o divorziati, è complesso e delicato, ma c’è una cosa che il primo firmatario del testo, il senatore della Lega Simone Pillon, capogruppo del Carroccio in Commissione Giustizia, tiene a rimarcare: «Qui non ci interessano i diritti dei padri e delle madri: qui stiamo pensando al miglior interesse dei bambini». I giornali ne hanno parlato assai, «a volte in maniera imprecisa, altre volte in malafede», dice Pillon, che in conferenza stampa al Senato si prende il tempo necessario per illustrare le priorità e i punti principali di un testo «sul quale ci confronteremo con ogni realtà, lieti di ascoltare tutti», anche se «non permetteremo a nessuno di buttare questo tema sul terreno di uno scontro ideologico». Ecco allora come il primo firmatario presenta il testo di legge.
«Il Ddl nasce dall’esigenza imprescindibile di fare in modo che il conflitto familiare non arrivi in tribunale, cercando di fare in modo che papà e mamme possano raggiungere un accordo sulla gestione dei minori prima di arrivare in tribunale», spiega Pillon. Poiché «genitori lo si è sempre», lo scopo è quello di ridurre la conflittualità, anche grazie all’intervento della mediazione familiare, che viene indicata come strada nel caso in cui i genitori non trovino un accordo in autonomia. La previsione (solo in caso di mancato accordo) è quella di un confronto con un mediatore familiare: completamente gratuito il primo incontro, basati su «rigide tariffe professionali prefissate dal ministero della Giustizia» gli eventuali incontri successivi. Il tutto con la nascita di un vero e proprio ordine professionale, quello dei mediatori familiari.
«Ci dicono – osserva Pillon – che così il costo per le famiglie aumenterà ma la mediazione se fatta da un esperto qualificato fa risparmiare tanto denaro perché evita la causa giudiziaria, che costa tanto in termini economici ma molto anche in termini umani proprio per i bambini, che nei vari passaggi processuali sono costretti a fare i conti con la conflittualità dei genitori». Il Ddl prevede poi la redazione di un «piano genitoriale» (o «piano educativo»), così come avviene in altri Paesi: si tratta di un documento scritto da entrambi i genitori in cui si descrive tutto ciò che riguarda l’educazione dei figli, i loro passaggi di vita, le scelte riguardanti la scolarità, la formazione, gli incontri: uno strumento in grado di aiutare l’incontro fra le volontà dei genitori, in modo che diventino condivise.
I costi che la crescita dei figli comporta saranno divisi proporzionalmente fra entrambi i genitori: non più dunque l’assegno di mantenimento per i figli («che già oggi la legge individua come strumento residuale, anche se è ancora molto utilizzato»), ma una suddivisione diretta e precisa dei costi, divisa per capitoli di spesa. Chi guadagna di più fra i due genitori avrà ancora il compito di contribuire maggiormente alle spese per i figli, ma potrà farlo «sapendo che tutto sarà speso proprio per il figlio, e non andrà a finire altrove. Non è una divisione fissa al 50%, come in molti hanno interpretato ma – precisa Pillon – è basata sull’oggettiva situazione dei due genitori». Con una precisazione: il Ddl non interviene sui rapporti esclusivi fra coniugi, quindi nulla dice sull’assegno di mantenimento al coniuge: «Qui parliamo solo dell’assegno per il mantenimento dei figli, per il resto non cambia niente».
C’è poi un quarto, e importante punto: quello della lotta all’alienazione o all’estraniazione, cioè a quel fenomeno che conduce al rifiuto genitoriale, quella situazione in cui padri o madri vengono per le più svariate ragioni rifiutati dai figli, «in alcuni casi a seguito di pressioni psicologiche sul minore, in altri casi perché essi sono stati imbevuti del veleno che padri e madri si sono lanciati a vicenda». Previste anche sanzioni per chi «strumentalizza i figli facendo la cosa peggiore che un genitore può fare a un figlio: distruggere l’altro genitore ai suoi occhi, rendendo il bambino orfano di genitore vivente».
Il disegno di legge spinge verso il principio dei “tempi paritetici”, per cui papà e mamma devono essere presenti paritariamente nella vita dei figli: «Le parti – dice Pillon – potranno sempre decidere di comune accordo di adattare i tempi alla loro situazione ma se non vi è accordo fra le parti la gestione sarà paritaria. Pertanto non sarà il giudice a dover decidere fra madre e padre e soprattutto il bambino non dovrà essere costretto a scegliere fra l’una e l’altro». Oggi formalmente l’affido è già condiviso nel 90% dei casi ma i tempi di frequentazione sono sbilanciati in modo sensibile verso uno dei genitori, e non per il frutto di una volontà comune. «Poniamo l’accento – afferma il capogruppo Lega in Commissione Giustizia – sul diritto dei bambini ad avere una mamma e un papà, anche se loro sono separati o divorziati: restituiamo i figli ai loro genitori».
Sparisce, fra gli altri punti, la possibilità per il giudice di indirizzare i bambini verso una casa famiglia, nel caso in cui i genitori non siano idonei: in tal caso il nuovo Ddl «prevede l’affidamento ai nonni, a nuclei familiari di parenti o se questo non fosse possibile a nuclei familiari del territorio, ma comunque non a istituti». In conclusione, «la legge non tocca i meccanismi conciliativi che sono presenti già oggi ma rafforza l’istituto della mediazione, con l’obiettivo di far sì che pur in presenza di una situazione dolorosa come la separazione dei genitori la vita del bambino cambi il meno possibile».
Redattore Sociale Romasette 11 settembre 2018
www.romasette.it/affido-condiviso-la-riforma-che-vuole-pensare-ai-bambini
Affido, Bassi: “Leggi che non ascoltano il Paese reale producono disastri”
“Il disegno di legge sull’affido condiviso, in esame in questi giorni al Senato, è mosso da principi condivisibili: consentire a entrambi i genitori di essere presenti nella vita dei figli, anche dopo una separazione, evitando di ridurre uno dei due in povertà. La proposta, tuttavia, appare gravemente fragile, perché crea un non meglio specificato diritto individuale alla genitorialità che rende i bambini oggetto dei diritti dei genitori. Tutto ciò potrebbe avere delle conseguenze imprevedibili, trasformando il significato stesso della genitorialità che da ‘dono al figlio’ diventa ‘diritto individuale al figlio’. Non solo: questo disegno di legge rischia di obbligare i bambini ad accettare la convivenza con famiglie allargate e unioni diverse, nonché, imponendo modelli genitoriali rigidi, danneggia il coniuge vulnerabile che ha deciso di investire la sua vita nella famiglia. In particolare, la maternità rischia di perdere tutele importanti. Le disposizioni proposte tolgono così al giudice ogni discrezionalità di giudizio e impongono a coppie che già sono in difficoltà per ragioni diversissime tra loro, un percorso pressoché obbligato e univoco, non tenendo conto dell’unicità che contraddistingue la relazione tra coniugi. Inoltre, il testo non elimina le incertezze nell’applicazione della legge che hanno vanificato l’efficacia della legge del 2006”: così Vincenzo Bassi, responsabile giuridico del Forum nazionale delle Associazioni Familiari.
“I proponenti – prosegue Bassi – anziché esautorarlo, avrebbero dovuto dare più fiducia al giudice nel suo ruolo, individuando semmai strumenti formativi per rendere le decisioni a favore del bambino piuttosto che contro un genitore. In questo caso, invece, si vorrebbe introdurre una procedura che crea nuove pretese da parte dei ‘contendenti’ e, quindi, produrrà ancora più litigi tra i coniugi. Uno scenario che il nostro Paese – in cui, secondo l’ISTAT, crescono separazioni e divorzi e i giovani non si sposano più – non può permettersi, soprattutto su un tema così delicato”.
“A tutto ciò si affianca un fatto ancora più grave: è mancato del tutto il dibattito nella società civile in fase di elaborazione del disegno di legge, pur essendo questa una materia su cui trovare un comune sentire in grado di unire e non dividere, come purtroppo sta accadendo. Per cominciare, si potrebbe partire da due spunti del Ddl al fine di responsabilizzare i genitori nei riguardi del vero ‘anello debole’ della questione, il bambino: l’elaborazione di un piano genitoriale concordato, che permetta al magistrato di conoscere i figli e le loro modalità di vita; la valorizzazione del genitore disponibile a stare molto tempo con il figlio. Il nostro auspicio è che i proponenti comprendano l’importanza della posta in gioco, iniziando a condividere l’iter legislativo su un tema tanto delicato. Le leggi sulla famiglia che non tengono conto delle voci che arrivano dal Paese reale sono destinate a produrre ulteriori disastri”, conclude Bassi.
Forum Associazioni Familiari Comunicato 12 settembre 2018
www.forumfamiglie.org/2018/09/12/affido-bassi-leggi-che-non-ascoltano-il-paese-reale-producono-disastri
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DISCERNIMENTO
Prudenza. Il discernimento retto, lento e sapiente
Parola derivata dal latino prudens – forma contratta di providens, participio presente di providere (prevedere) – è la capacità di operare un retto discernimento tra ciò che si deve e ciò che non si deve fare. Per San Tommaso la prudenza è la «retta norma dell’azione», sinonimo di accortezza e maturità. Da non confondere con la timidezza o la paura. La prudenza spesso è purtroppo intesa come freno alla felicità. Invece essa dispone a svolgere un compito e portare a compimento un’azione conoscendone bene e in maniera profonda le conseguenze, positive o negative.
Nonostante il comune apprezzamento riservato alle persone prudenti, queste non possono ritenersi al sicuro se non restando vigili ed esercitandosi continuamente in quella che è ritenuta una delle virtù cardinali e uno dei sette doni delle Spirito Santo. «Non c’è elogio che non si tributi alla prudenza – afferma François de La Rochefoucauld –. Eppure essa non è in grado di tutelarci dalla minima evenienza».
Nell’arte la Prudenza è rappresentata da una donna che si specchia. Non certo per vanità, ma per potersi guardare alle spalle e quindi per proteggersi da pericoli imprevisti. Esistono anche rappresentazioni artistiche della Prudenza nella versione maschile, nella figura di un uomo con tre volti: uno antico che volge il suo sguardo al passato, uno maturo attento al presente e uno giovane che proietta oltre il suo sguardo.
Ecco allora cos’è la prudenza: la disposizione mai pienamente compiuta ad essere fedeli al passato, attenti al presente e proiettati verso il futuro. La prudenza è discernimento retto, sapiente e lento. Utilizzo equilibrato ed armonico di sentimento, pensiero e volontà. É la virtù che ci aiuta a fare bene il Bene; ben lontana da atteggiamenti egoistici.
La cautela alla quale la prudenza rimanda non è chiusura verso l’altro. È piuttosto esserci in maniera consapevole nelle azioni che compiamo, è desiderio di vederci chiaro in tutto quello che pensiamo e che stiamo per fare, per non pentirci quando è troppo tardi. «Con la sapienza si costruisce la casa – si legge nel libro dei Proverbi – e con la prudenza la si rende salda».
La società attuale sembra procedere in direzione contraria alla prudenza: la fretta e l’efficientismo impediscono di prenderci il tempo necessario per riflettere e valutare rischi e prospettive delle nostre scelte; ci impediscono di scegliere le parole adatte per fare il proprio e l’altrui bene. La smania di arrivare ad ogni costo, di affermarsi in qualunque modo, ci costringono a dimenticarci della prudenza per apparire sempre pronti, lucidi, sicuri di noi, trascurando che «La prudenza è l’arte di sapere fino a che punto si può essere audaci» (Jean Cocteau).
Nunzio Galantino Il Sole 24 Ore 16 settembre 2018
www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt201809/180916galantino.pdf
Enzo Bianchi: “È il tempo del discernimento comunitario”
Enzo Bianchi, fondatore della comunità monastica di Bose, evidenzia come oggi “quest’operazione difficile e faticosa deve soprattutto estendersi anche alla vita ecclesiale, alle relazioni tra le Chiese e al tempo in cui viviamo”.
“L’esigenza del discernimento si fa sempre più urgente. E se la Chiesa nel suo passato ha soprattutto meditato ed esperito il discernimento personale oggi è venuto il tempo soprattutto di ricercare ed esperire il discernimento comunitario, ecclesiale e, di conseguenza, sinodale”. Ne è convinto Enzo Bianchi, fondatore della comunità monastica di Bose, evidenziando come oggi “quest’operazione difficile e faticosa deve soprattutto estendersi anche alla vita ecclesiale, alle relazioni tra le Chiese e al tempo in cui viviamo”.
Fratel Enzo Bianchi, da dove nasce questa urgenza? E chi dovrebbe farsene carico prioritariamente?
C’è urgenza del discernimento, come sempre c’è stata in tutta la vicenda della Chiesa in questi duemila anni. Ma oggi c’è una novità. Ed è l’urgenza del discernimento comunitario. Noi per duemila anni abbiamo soprattutto cercato, parlato e meditato sul discernimento individuale, da Origene ai padri del deserto fino ad Ignazio da Loyola. Ma abbiamo tralasciato il discernimento comunitario ecclesiale. Oggi si impone e PapaFrancesco certamente insiste sul discernimento ma parla del discernimento ecclesiale, di tutta la Chiesa. Perché se la Chiesa deve fare un cammino sinodale, il discernimento è la condizione “sine qua non” per poter fare un cammino insieme. Altrimenti non ci sarebbe né convergenza né possibilità di arrivare poi a delle scelte ecclesiali.
Un discernimento che è urgente si estenda alla vita ecclesiale, alla relazioni tra Chiese.
Che sia urgente lo vediamo nella Chiesa cattolica perché, nella misura in cui si vuole che il Popolo di Dio diventi davvero una comunità di soggetti ecclesiali che abbiamo una piena soggettività di fede e di evangelizzazione, si impone questo discernimento. Ma lo si vede anche nei rapporti tra le Chiese. E anche, in questi giorni, la difficoltà che sta sorgendo tra Patriarcato di Costantinopoli e Chiesa russa riguardo le Chiesa in Ucraina richiede un’operazione di discernimento, ciò che non solo è secondo la volontà di Dio ma ciò che è secondo il bene comune. Ciò che è il bene della mia Chiesa ma anche quello dell’altra Chiesa. Si tratta di un cammino, per certi versi nuovo, ma che va assolutamente percorso. E con urgenza. Ne va di mezzo la presenza del cristianesimo e della Chiesa nel futuro dell’umanità e del mondo.
È da questa urgenza che, per esempio, nasce la scelta di Papa Francesco di indicare “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale” come tema della XV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi?
Dovremmo non pensare che tutto converge sui giovani e sulla vocazione. Perché allora si tradirebbe l’intenzione di Papa Francesco. Tutta la Chiesa va in discernimento. E tra i problemi che si pongono ci sono certamente la presenza dei giovani nella Chiesa – e che oggi sono la parte mancante – e i loro cammini delle differenti vocazioni che devono fare. Però il primo punto è il discernimento. Bisogna stare attenti, perché si mette molta enfasi sulla vocazione e sui giovani e si considera il discernimento come se fosse solo strumentale verso la scelta vocazionale. Il discernimento è un’operazione molto più ampia: sia che sia ecclesiale che personale, non sempre è in vista della vocazione ma è in vista del bene comune, in vista di ciò che Dio ci chiede, in vista dei segni dei tempi da decifrare, delle urgenze dei luoghi da assumere. È un discernimento molto più complesso quello cui ci chiede il Papa di riflettere e celebrare nel Sinodo.
Rispetto al discernimento, una figura chiave è quella del padre spirituale che sembra attraversare oggi un periodo di crisi. Come superare questa situazione? Il problema è che i credenti sottovalutano l’importanza del discernimento o che questo è un esercizio a cui non sono più allenati?
Credo che i fedeli non sono più abituati a fare discernimento. E poi, purtroppo, abbiamo avuto ahimè i direttori di coscienza che hanno lasciato dietro di sé un cattivo ricordo. Allora, oggi, riprendere la figura del padre spirituale – o meglio ancora, dell’accompagnatore spirituale – è diventata un’operazione difficile. Si ha paura di qualcuno che venga a spiare la nostra vita, che venga a costringere la nostra libertà. E, certamente, c’è una tentazione in molti padri spirituali di dire a chi si rivolge loro “a te a cui lo Spirito Santo dice nulla, io ti dico…” come se lo Spirito Santo parlasse solo a loro. Queste sono patologie di questo ministero, bisogna riflettere. Ma bisogna riprenderlo perché è un grande ministero di visionarietà: si tratta di suscitare domande, stimoli, ispirazioni. Non costringere, non imporre, non chiedere niente contro la propria libertà e contro la propria coscienza.
Singoli e comunità sembrano sempre meno interessanti ad una lettura della storia personale e collettiva. Perché ciò è avvenuto e come aiutarli a ritrovare il gusto di leggere i segni dei tempi?
Si tratta di aiutarli a capire l’importanza della comunione e della solidarietà con gli uomini e la storia.
Il problema è che oggi c’è un individualismo anche molto narcisista e tutto questo impedisce qualcosa che si deve fare insieme che è, certamente, anche il discernimento, lo sperare insieme, il preparare un futuro per il mondo e per la Chiesa insieme.
Come invertire la rotta?
È un processo di lunga educazione, ma bisogna avere il coraggio di dire no al narcisismo imperante e fare uscire le persone da se stesse in vista di un cammino di comunione e non egocentrico e semplicemente per il benessere di se stessi. Sono molto preoccupato anche della spiritualità cattolica dominante, che mi sembra un teismo vago, cattolico, antropologico e moraleggiante teso al benessere di sé. Questo non è più cristianesimo!
Nel cristianesimo al centro c’è Cristo, non il benessere di sé. Perché altrimenti gli uomini della Scrittura come Geremia sarebbero fuori da ogni possibilità di comunione con Dio e di essere veri uomini di Dio. Ma, oggi, la spiritualità di molti padri spirituali va in quel senso e non è più cristiana. Non ha più Cristo al centro, ma soprattutto il proprio benessere. Domina un narcisismo moralistico.
Alberto Baviera Agenzia SIR 12 settembre 2018
https://agensir.it/chiesa/2018/09/12/enzo-bianchi-e-il-tempo-del-discernimento-comunitario
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DIVORZIO
Dopo la separazione il divorzio è obbligatorio?
Dopo qualche anno di matrimonio, tu e tuo marito avete deciso di separarvi. Avete concordato le modalità del distacco fissando i termini del mantenimento e la divisione dei beni acquistati durante il matrimonio. Da allora è passato molto tempo e nessuno dei due si è fatto più vivo. I bonifici con l’assegno mensile arrivano con precisione e non ci sono state mai contestazioni sul punto. Sembra che la situazione, così come si è ormai consolidata, vada bene a entrambi. Ma la tua paura è che scadano i termini per divorziare. In verità non hai alcuna urgenza che ti spinga a farlo: non vuoi né risposarti (almeno per il momento), né convivi con un’altra persona che ti ha imposto di porre definitivamente fine al precedente matrimonio. Nell’inerzia e nel timore che un nuovo procedimento giudiziale possa rompere l’equilibrio precario che tu e il tuo ex vi siete tacitamente costruiti, sono così passati più di cinque anni. Ora ti chiedi se dopo la separazione il divorzio è obbligatorio?
Dopo quanto tempo il divorzio dalla separazione? La legge fissa un termine minimo entro cui la coppia può procedere al divorzio una volta compiuta la separazione. Questo termine varia a seconda del tipo di separazione. Pertanto, si può divorziare non prima che siano decorsi i seguenti termini:
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In caso di separazione consensuale avvenuta davanti al tribunale: 6 mesi dalla data di comparizione davanti al giudice;
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In caso di separazione consensuale con negoziazione assistita fatta dagli avvocati: 6 mesi dalla firma dell’accordo;
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In caso di separazione consensuale in Comune: 6 mesi dalla data di sottoscrizione dell’atto di separazione fatta innanzi all’ufficiale di stato civile;
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In caso di separazione giudiziale (ossia con la causa in tribunale): 1 anno dalla data della prima udienza davanti al Presidente per il tentativo di conciliazione e l’adozione dei provvedimenti provvisori (provvedimenti in materia di mantenimento e collocazione dei figli, che restano in vigore fino alla sentenza definitiva).
La legge non indica però un termine massimo. Quindi il divorzio può essere chiesto anche dopo molto tempo rispetto alle date appena indicate. Non esistono quindi limiti di tempo oltre cui la possibilità di chiedere il divorzio va in prescrizione o decade. Anche dopo numerosi anni di separazione la coppia può sempre chiedere il divorzio.
Quando non si può più chiedere il divorzio. La coppia separata che si riconcilia e ritorna a vivere insieme e ha di nuovo rapporti sessuali non può più divorziare, ma deve chiedere una nuova separazione. La riconciliazione, anche se avvenuta di fatto, ossia con comportamenti concludenti, fa perdere efficacia alla precedente separazione che va quindi ripetuta per poter divorziare.
In pratica la separazione non sempre è preludio dello scioglimento del matrimonio. I coniugi separati possono riconciliarsi in qualsiasi momento facendo cessare gli effetti della separazione, senza che sia necessario l’intervento del giudice.
La riconciliazione può avvenire sia durante la causa di separazione (in tal caso viene messa a verbale e il processo si estingue) o in un momento successivo. I coniugi possono riconciliarsi:
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Tacitamente, tenendo un comportamento non equivoco incompatibile con lo stato di separazione;
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Espressamente: dichiarando in un accordo scritto di volere riprendere la normale vita matrimoniale e ripristinarne tutti i doveri.
Se uno dei due coniugi separati chiede il divorzio dall’altro, quest’ultimo può bloccare la domanda dimostrando al giudice che è intervenuta nel frattempo la ricongiunzione. In tal modo obbligherà l’ex a chiedere un nuovo procedimento di separazione.
Per accertare l’avvenuta riconciliazione i coniugi devono avere tenuto un comportamento non equivoco incompatibile con lo stato di separazione. Il coniuge che vuole provare la riconciliazione deve quindi cercare di dimostrare che si sono verificati fatti quali l’aver ripreso la convivenza, l’avere ripreso i rapporti sessuali, lo svolgimento in comune di una vita sociale, frequentando parenti ed amici o trascorrendo le vacanze insieme (se ciò non avviene solo per il bene dei figli), che rispecchino la volontà non equivoca dei coniugi di ripristinare integralmente sia la convivenza materiale sia l’unione spirituale che è alla base della convivenza ed è caratteristica della vita coniugale. In particolare per provare la riconciliazione:
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È necessaria una ripresa concreta e durevole della convivenza coniugale e della comunione spirituale e materiale fra i coniugi: non è sufficiente una temporanea ripresa della coabitazione, magari a scopo sperimentale; saltuari ritorni del marito nel luogo di residenza della moglie;
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Non è sufficiente la nascita di un figlio in costanza di separazione;
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Non è sufficiente la coabitazione, proseguita fino a pochi mesi prima della domanda di divorzio;
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Non sono sufficienti comportamenti quali: visite giornaliere al coniuge separato bisognoso di cure o saltuari rapporti sessuali.
Il divorzio è obbligatorio dopo la separazione? Alla luce di quanto detto possiamo concludere che il divorzio non è obbligatorio e la coppia può restare “separata” a vita. La situazione può mutare in qualsiasi momento, da un lato con una riconciliazione (in tal caso la coppia non si considera più separata) o, dall’altro, con la richiesta di divorzio anche un giorno prima della morte.
Conviene più la separazione o il divorzio? Se la coppia non intende risposarsi, la separazione può essere vantaggiosa per una serie di fattori. Innanzitutto ciascuno dei due coniugi resta erede dell’altro; per cui se uno dei due muore l’altro ne acquista il patrimonio e, in assenza di figli, si considera erede universale. Se però c’è un testamento egli è erede legittimario: significa che ha diritto a una quota minima del patrimonio.
Ai fini del mantenimento, per chi paga conviene divorziare. Difatti se l’assegno di mantenimento (quello dopo la separazione) deve garantire lo stesso tenore di vita che l’ex aveva durante il matrimonio, questa funzione cessa con il divorzio. L’assegno divorzile (quello dopo il divorzio) mira solo a garantire l’indipendenza economica (tenendo tuttavia conto dell’eventuale contributo dato al ménage domestico dall’ex coniuge che, per badare a casa e figli, ha rinunciato alla carriera).
In più, se la coppia resta separata, in caso di morte di uno dei due, il coniuge superstite – anche se dovesse rinunciare all’eredità – ha diritto alla pensione di reversibilità. Per quanto infine riguarda il Tfr, al coniuge divorziato spetta il 40% del Tfr maturato dall’ex. Stesso diritto però non spetta a chi è solo separato.
La legge per tutti 11 settembre
www.laleggepertutti.it/237148_dopo-la-separazione-il-divorzio-e-obbligatorio
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ENTI TERZO SETTORE
Codice del terzo settore: decreto correttivo pubblicato in Gazzetta Ufficiale
D.Lgs n. 105, 03 agosto 2018 n. 105, contenente disposizioni integrative e correttive del Codice del Terzo Settore (D.Lgs n. 117, 3 luglio 2017). G.U. 10 settembre 2018 n. 210
in vigore da 11 settembre 2018
www.fiscoetasse.com/upload/Dlgs-del-03082018-105.pdf
www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2018-09-10&atto.codiceRedazionale=18G00131&elenco30giorni=false
Adeguamento statuti entro 24 mesi, e altre novità in vigore dall’11 settembre 2018, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto correttivo. (…)
Tra le principali modifiche e integrazioni previste dal decreto, si segnalano:
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La proroga da 18 a 24 mesi dei termini per adeguare gli statuti degli enti del Terzo settore al nuovo quadro normativo spostando così il termine al 3 agosto 2019 (rispetto a febbraio);
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La reintroduzione dell’esenzione dall’imposta di registro delle organizzazioni di volontariato (Odv) per gli atti costitutivi e per quelli connessi allo svolgimento delle attività (Art. 26)
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I chiarimenti sul sistema di rendicontazione da adottare per registrare le eventuali attività “diverse” da quelle di interesse generale svolte dagli enti non profit, in particolare il carattere secondario e strumentale di queste attività dovrà essere documentato nella relazione di missione, o in una annotazione in calce al rendiconto per cassa o nella nota integrativa al bilancio.
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Il rafforzamento della collaborazione tra Stato e Regioni (soprattutto in materia di utilizzazione del fondo di finanziamento di progetti e attività di interesse generale del Terzo settore);
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I chiarimenti sulla contemporanea iscrizione al registro delle persone giuridiche e al registro unico nazionale;
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indicazioni sul numero minimo di associati necessario per la permanenza di una associazione di promozione sociale o di una organizzazione di volontariato, ovvero se successivamente alla costituzione il numero degli associati diviene inferiore a quello stabilito nel comma 1 – Art. 35 D.Lgs 117/2017 (non inferiore a sette persone fisiche o a tre associazioni di promozione sociale), esso deve essere integrato entro un anno, trascorso il quale l’associazione di promozione sociale è’ cancellata dal Registro unico nazionale del Terzo settore se non formula richiesta di iscrizione in un’altra sezione del medesimo.
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La previsione che i privati che effettuano atti a titolo gratuito in trust o fondi speciali costituiti nell’ambito del Dopo di noi (legge 112/2016), beneficino del regime agevolato previsto per le erogazioni alle Odv (detrazione al 35%). Inoltre potranno continuare ad optare per la deduzione nel limite del 20% del reddito complessivo netto dichiarato (anziché il 10% previsto per le Odv).
Rassegna stampa Fisco e tasse 12 settembre 2018
www.fiscoetasse.com/upload/Dlgs-del-03082018-105.pdf
www.uneba.org/wp-content/uploads/2018/09/codice-terzo-settore-in-gazzetta.pdf
www.vita.it/it/article/2018/09/12/codice-del-terzo-settore-le-novita-del-correttivo-in-dieci-punti/148996
www.informazionefiscale.it/decreto-correttivo-codice-terzo-settore-testo-gazzetta-ufficiale-novita
Il codice del terzo settore è definitivo
E’ entrato finalmente in vigore il Decreto legislativo n. 105 del 3 agosto 2018, Disposizioni integrative e correttive al Dlgs n. 117/2017 (Codice del Terzo settore).
Dopo una lunga attesa abbiamo finalmente un testo definitivo del Codice del Terzo Settore, del quale, lo ricordiamo, si attendono ancora molti decreti attuativi, in particolare quello che renderà operativo il Registro unico del Terzo settore.
Si illustrano brevemente di seguito le principali modifiche ed integrazioni apportate dal decreto 105. Sicuramente essenziale per le organizzazioni coinvolte dalla Riforma è la proroga da 18 a 24 mesi del termine per adeguare gli statuti alle disposizioni del Codice, che è stato così posticipato al 3 agosto 2019.
Per quanto riguarda le disposizioni civilistiche, le modifiche rilevanti attengono ai seguenti aspetti:
• la precisazione, nell’art. 4, comma 1, che le attività di interesse generale devono essere svolte dagli Enti del Terzo settore “in via esclusiva o principale”;
• l’introduzione tra le attività di interesse generale, nell’ambito della lettera e) del comma 1 dell’art. 5 relativo alla salvaguardia dell’ambiente, della “tutela degli animali e prevenzione del randagismo, ai sensi della legge 14 agosto 1991, n. 281”;
• la riproposizione della seguente disposizione (già prevista dalla abrogata legge quadro sul volontariato): “I lavoratori subordinati che intendano svolgere attività di volontariato di un ente del terzo settore hanno diritto di usufruire delle forme di flessibilità di orario di lavoro o delle turnazioni previste dai contratti o dagli accordi collettivi, compatibilmente con l’organizzazione aziendale” (art. 17);
• il chiarimento nell’art. 22, con riferimento alla personalità giuridica, degli effetti dell’iscrizione al registro unico del Terzo settore ovverosia la sospensione dell’iscrizione nei registri delle persone giuridiche tenute da regioni e prefetture fintanto che sia mantenuta quella al RUNTS;
• l’introduzione all’art. 32 (Organizzazioni di volontariato) del seguente comma 1 bis: “Se successivamente alla costituzione il numero degli associati diviene inferiore a quello stabilito nel comma 1 [sette persone fisiche o tre organizzazioni di volontariato] esso deve essere integrato entro un anno, trascorso il quale l’organizzazione di volontariato è cancellata dal registro unico nazionale del terzo settore se non formula richiesta di iscrizione in un’altra sezione del medesimo”. Analoga previsione, mutatis mutandis, è stata introdotta nell’art. 35 per le associazioni di promozione sociale;
• la riformulazione dell’art. 38 sulle risorse degli enti filantropici nei seguenti termini: “Gli atti costitutivi degli enti filantropici indicano i principi ai quali essi devono attenersi in merito alla gestione del patrimonio, alla raccolta di fondi e risorse in genere, alla destinazione, alle modalità di erogazione di denaro, beni o servizi anche di investimento o servizi a sostegno di categorie di persone svantaggiate o di attività di interesse generale.
Tra le disposizioni contabili e fiscali segnaliamo quelle relative alle imposte sui redditi (art. 79), ai Social Lending (art. 78), la reintroduzione dell’esenzione dall’imposta di registro delle organizzazioni di volontariato per gli atti costitutivi e per quelli connessi allo svolgimento delle attività (art. 82) e i chiarimenti sul sistema di rendicontazione da adottare per registrare le eventuali attività diverse da quelle di interesse generale; in particolare il carattere secondario e strumentale di queste attività dovrà essere documentato nella relazione di missione o in una annotazione in calce al rendiconto per cassa o nella nota integrativa al bilancio (art. 13).
E ancora: l’estensione del regime fiscale previsto dall’art. 84 per le organizzazioni di volontariato agli enti filantropici derivanti dalla trasformazione di OdV.
Ulteriori disposizioni, infine, hanno avuto ad oggetto la composizione del Consiglio nazionale del Terzo settore e le sue attribuzioni, gli ambiti degli organismi territoriali di controllo, il Fondo per il finanziamento di progetti e attività di interesse generale nel terzo settore, i titoli di solidarietà,
In calce potete trovare il testo del Codice del Terzo settore aggiornato con le modifiche apportate dal decreto correttivo. Il documento, tratto dal sito www.normattiva.it evidenzia in neretto le disposizioni integrative e correttive apportate dal decreto 105.
Avv. Maddalena Tagliabue, Studio Sciumé Avvocati e Commercialisti-Fondazione Profit Non Profit
www.nonprofitonline.it/default.asp?id=466&id_n=7893&utm_campaign=Newsletter+Non+profit+on+line+14+settembre+2018&utm_medium=email&utm_source=CamoNewsletter
Testo del Codice del Terzo settore aggiornato con le modifiche apportate dal decreto correttivo (Decreto legislativo 3 agosto 2018 n. 105) 415,87 KB
www.nonprofitonline.it/detail.asp?c=1&p=0&id=4467
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FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI
La proposta del Forum: «Via gli 80 euro per darli alle famiglie»
Gigi De Palo, presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari: la manovra sta arrivando alla fase dei dettagli, la sensazione è che la famiglia stia scivolando in fondo alle priorità.
La sensazione è questa ma non voglio arrendermi. Mancano ancora due settimane alla Nota di aggiornamento del Def e 40 giorni al varo della manovra. E poi c’è tutto l’iter parlamentare. Dovremo spendere ogni ora, ogni minuto di questo tempo per spiegare che l’unico investimento essenziale per il Paese dal punto di vista economico, sociale e culturale è quello sulla famiglia. Non possiamo più accettare che l’anno giusto per la famiglia non è questo, ma quello che verrà.
Le ultime riunioni di governo hanno abbozzato misure economiche che hanno come beneficiario implicito, indiretto, le famiglie.
Beh qualsiasi misura economica va a cadere sulle famiglie, questo è ovvio. Anche uno sgravio alle partite Iva fa bene alla famiglia di quei professionisti. Così come la creazione di posti di lavoro. Il punto però è che siamo lontanissimi dal nodo decisivo, misure che dicano a un ragazzo o una ragazza di 26, 28, 30, 32 anni «guarda, resta qui, questo è il Paese in cui puoi realizzare i tuoi sogni più profondi: sposarti, avere bambini, mettere su casa…». I dati sull’emigrazione giovanile non dovrebbero far dormire chi governa.
Come si fa a lanciare un messaggio forte per la famiglia e la natalità?
Innanzitutto scegliendo. Lungi da me aizzare una guerra tra poveri, però a quanto si apprende sta per essere stanziata una somma tra i 4 e i 6 miliardi per mandare prima le persone in pensione. Per carità, legittimo, in alcuni casi anche sacrosanto, e poi anche questo in fondo beneficia il welfare familiare. Però ancora una volta si sceglie una generazione e lo si fa a discapito di un’altra. Ripeto: niente guerre tra poveri. Però in un Paese in cui galoppano l’invecchiamento e la denatalità mi sembra che si sia individuata una priorità più legata al consenso che alle urgenze oggettive. A questo punto almeno si provi a tenere le due cose insieme.
Mica è facile, dato per acquisito che l’Italia resterà nei margini di deficit concordati con l’Ue.
Secondo me si può. Ormai il tabù degli 80 euro è stato sfatato. In realtà noi lo abbiamo sfatato da un pezzo, quando sembrava un tema proibito proponemmo allo stesso Renzi di distribuire in modo diverso quei 10 miliardi. Anche il vostro giornale ha lanciato proposte per reinvestire gli 80 euro in un fisco formato-famiglia. Prendiamo quei soldi e mettiamoli sul fattore-famiglia, che consiste in una “no-tax area mobile” collegata al numero dei figli, con benefici su tutte le fasce di reddito ma in particolare per il ceto medio, che in Italia, anziché essere considerato come il motore del Paese, vive affacciato sul baratro dell’impoverimento. Insomma, vedo e leggo che nella maggioranza si parla di toccare il bonus-Renzi: lo si faccia per finanziare un intervento strutturale per la famiglia e non misure-spot.
Le misure annunciate in campagna elettorale, e anche dopo, sulla famiglia, sono molteplici: non è deluso?
Guardi alla gara delle promesse siamo abituati da anni, non mi scandalizza. Ricordo che molti leader politici hanno firmato o espresso interesse pubblicamente al nostro “Patto per la natalità”, che resta una proposta attraverso la quale noi vorremmo unire tutti, maggioranza e opposizione. Io credo che chi metterà mano al fisco formato-famiglia avrà il merito storico di aver cambiato davvero, e non per finta, le cose nel Paese. Il sogno è che lo si faccia insieme, con uno sforzo di coesione politica.
Verrebbe da chiedersi: perché la politica non vuole questa “medaglietta”?
Non per motivi ideologici, secondo me. Ma pragmatici. Le famiglie ce la fanno sempre, raschiano tutte le risorse, si aiutano, si arrangiano. La politica dice «questi ce la fanno da soli», e anziché premiarle sposta i soldi dove può imbattersi in proteste e rischi sociali più roboanti. Ma la crisi demografica è la più grande e silenziosa catastrofe sociale in atto. Purtroppo la politica si rapporta ad essa con il ciclo delle stagioni: in primavera si allarma e s’indigna, in estate ne parla sbadigliando, in autunno se ne dimentica e in inverno ci piange sopra.
Marco Iasevoli Avvenire 8 settembre 2018
www.avvenire.it/attualita/pagine/manovra-proposta-del-forum-delle-famiglie
Forum famiglie: Italia bloccata da politiche per lo 0,02% dei cittadini
Il presidente nazionale Gianluigi De Palo commenta i dati del rapporto Istat “Popolazione residente per stato civile” per l’anno 2018. «Non ci si sposa più: perché? L’Italia di oggi non è un Paese per famiglie»
Lo 0,02% dei residenti in Italia è unito civilmente. Il dato emerge dal rapporto Istat “civile “, relativo all’anno 2018. «In questo dato – osserva il presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari Gigi De Palo –sono comprese anche le trascrizioni di unioni civili costituite all’estero. Nel frattempo, sono diminuiti i matrimoni, il numero dei celibi sale dal 48,1% all’80,6%, le nubili passano dal 29,2% al 64,9%. Non ci si sposa più – prosegue De Palo -: perché? L’Italia di oggi non è un Paese per famiglie».
Per il presidente del Forum famiglie, «”bloccare” un Paese sulle unioni civili è una politica che non ha pagato. Chi voleva mettere su famiglia è stato trascurato e abbandonato. Chi, invece, è riuscito nell’impresa di sposarsi è stato condannato all’indigenza, a non arrivare fino alla fine del mese». E ancora: «Uno Stato che costringe le giovani coppie ad andare all’estero, perché qui non è possibile fare un figlio, è uno Stato che ha perso la sua dimensione umana».
Numeri, quelli del rapporto Istat, che De Palo definisce «una vera mannaia che colpisce chi deve fare i conti con la realtà quotidiana. Come Forum lo diciamo da tempo e adesso, forti di questi dati, abbiamo il dovere di ribadirlo: servono politiche fiscali che favoriscano le famiglie, da mettere in campo insieme, senza steccati o divisioni di campo – conclude -. Se fino a ieri erano necessarie, oggi sono obbligatorie».
Redazione online Romasette 7 settembre 2018
www.romasette.it/forum-famiglie-italia-bloccata-da-politiche-per-lo-002-dei-cittadini
Affido: De Palo “lavorare su formazione alle nozze, non solo sulle conseguenze della separazione”
“L’esperienza di chi ogni giorno è a contatto con mamme e papà che vivono sulla loro carne il dolore e le difficoltà della separazione conferma che più che intervenire sul ‘poi’ – quando ormai c’è poco da fare ed è più difficile portare aiuto, se non per limitare la conflittualità che si è creata – sarebbe urgente e importante che le istituzioni lavorassero per rilanciare il tema della formazione di chi ha scelto di sposarsi”.
Così il presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari, Gigi De Palo, rispetto al dibattito sulla riforma dell’affido familiare, in discussione in Senato. De Palo fa riferimento a “corsi laici per preparare le coppie a tutte le dinamiche che inevitabilmente si proporranno, nel tempo, nel corso del loro rapporto coniugale: dai litigi alla gestione temporale dei figli, al rapporto con suoceri, amici e conoscenti, alla declinazione del tempo libero e alle piccole o grandi scelte familiari, partendo anche dalla piena conoscenza e consapevolezza dei diritti e dei doveri che si assumono con il matrimonio. Una guida che intervenga prima dell’addio condiviso, per scongiurare il più possibile il dramma della separazione. Perché il matrimonio fa risparmiare e produce coesione sociale”.
“Non possiamo rassegnarci a uno sguardo puramente compassionevole da gettare sui figli che soffrono per i conflitti e le separazioni dei genitori, che peraltro producono pesanti costi economici e sociali non solo per i coniugi, ma pure per le comunità a cui la famiglia in crisi appartiene”, aggiunge De Palo, secondo cui “abbiamo il dovere di tornare a dare valore pieno alla centralità del minore in famiglia, una figura che nelle opzioni in discussione viene purtroppo dimenticata. E il miglior antidoto al fallimento matrimoniale è la formazione
Agenzia SIR 13 settembre 2018
A Roma torna la ‘Settimana della Famiglia’, nove giorni di eventi.
Al centro delle giornate momenti di riflessione sul presente e il futuro della famiglia, occasioni di condivisione della gioia di stare insieme genitori e figli, eventi e laboratori di formazione e approfondimento su bambini, adolescenti e genitori, incontri di preghiera per giovani e famiglie: un calendario ricco di temi innovativi per narrare la bellezza possibile della scelta familiare e adottiva
Manca sempre meno alla ‘Settimana della famiglia’, il grande evento-happening organizzato dal Forum delle Famiglie del Lazio, che torna a riempire di colori, voci, sogni e contenuti il cielo e svariate location di Roma. Il tema di questa edizione sarà ‘famigli@giovani’ e chiamerà a partecipare mamme, papà, figli, fidanzati, coppie e curiosi di ogni età: perché ognuno ha a che fare con la famiglia. L’iniziativa è in programma dal 6 al 14 ottobre: nove giorni di eventi per ascoltare la vita delle famiglie, adottive e non, con le gioie e le fatiche di ogni giorno. Spazi e luoghi che diventano laboratori per riflettere insieme e costruire il futuro.
Tra gli appuntamenti più interessanti, quello organizzato da Ai.Bi. Associazione Amici dei Bambini e in programma il 10 ottobre, alle ore 18, presso il Mercato Centrale (Via Giolitti, 36): la presentazione del libro di Francesca Mineo, mamma adottiva, ‘Adozione. Una famiglia che nasce’, una guida ai nonni per l’adozione.
Ma tra le tematiche che verranno approfondite anche il rapporto tra giovani, famiglie e la Rete, gli alti e bassi dell’intergenerazionalità, la piaga della denatalità, le possibilità per un fisco ‘a misura di famiglia’, il rapporto tra donne e impresa e tra famiglia e scuola – con l’evento ‘Centopiazze nel Lazio’, che vedrà coinvolti docenti, genitori e studenti in occasione della giornata mondiale dell’insegnante (6 ottobre); e, ancora, il cyberbullismo, i linguaggi dell’amore, il contrasto al gioco d’azzardo, l’economia familiare, l’educazione digitale. Ogni giornata si concluderà con un incontro di preghiera dedicato in modo particolare a giovani e famiglie. www.settimanadellafamiglia.it
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FRANCESCO VESCOVO DI ROMA
Papa convoca Conferenze episcopali di tutto il mondo su tema degli abusi
“Piena solidarietà” è stata rinnovata stamane al Papa dal Consiglio dei nove cardinali, in riferimento a quanto accaduto nelle ultime settimane. In una nota diffusa dalla Sala stampa, in chiusura del C9, è stata annunciata una riunione di Francesco con tutti i presidenti della Conferenze episcopali di tutto il mondo (113 membri) per parlare di abusi su minori e adulti dal 21 al 24 febbraio 2019. Il tema è “La protezione dei minori”.
“Rivoluzione della tenerezza ci salverà”
“La teologia non può essere astratta: se fosse astratta, sarebbe ideologia”. Lo ha detto, a braccio il Papa, ricevendo oggi in udienza, nella Sala Clementina, i partecipanti al Convegno “La teologia della tenerezza in Papa Francesco”, che avrà luogo ad Assisi dal 14 al 16 settembre 2018. “Oggi più che mai abbiamo bisogno di una rivoluzione della tenerezza: questo ci salverà!”, ha esclamato ancora a braccio al termine del discorso, in cui ha spiegato che la teologia “nasce da una conoscenza esistenziale, nasce dall’incontro col Verbo fatto carne!
La teologia è chiamata allora a comunicare la concretezza del Dio amore. E tenerezza è un buon ‘esistenziale concreto’, per tradurre ai nostri tempi l’affetto che il Signore nutre per noi”. “Oggi ci si concentra meno, rispetto al passato, sul concetto o sulla prassi e più sul ‘sentire’”, l’analisi di Francesco: “Può non piacere, ma è un dato di fatto: si parte da quello che si sente. La teologia non può certamente ridursi a sentimento, ma non può nemmeno ignorare che in molte parti del mondo l’approccio alle questioni vitali non inizia più dalle domande ultime o dalle esigenze sociali, ma da ciò che la persona avverte emotivamente. La teologia è interpellata ad accompagnare questa ricerca esistenziale, apportando la luce che viene dalla Parola di Dio. E una buona teologia della tenerezza può declinare la carità divina in questo senso. “La bellezza di sentirci amati da Dio e la bellezza di sentirci di amare in nome di Dio”: sono questi, per il Papa, i contenuti principali della teologia della tenerezza, che” ci svela, accanto al volto paterno, quello materno di Dio, di un Dio innamorato dell’uomo, che ci ama di un amore infinitamente più grande di quello che ha una madre per il proprio figlio”.
“Qualsiasi cosa accada, qualsiasi cosa facciamo, siamo certi che Dio è vicino, compassionevole, pronto a commuoversi per noi”, ha assicurato Francesco, secondo il quale “tenerezza è una parola benefica, è l’antidoto alla paura nei riguardi di Dio”. Sentirci amati, in questa prospettiva, significa “imparare a confidare in Dio”, per dare alla Chiesa una teologia “gustosa”, per “aiutarci a vivere una fede consapevole, ardente di amore e di speranza; per esortarci a piegare le ginocchia”, per “appassionarci di Dio e dell’uomo”. Di qui la necessità di “una teologia in cammino”, ha concluso il Papa: “Una teologia che esca dalle strettoie in cui talvolta si è rinchiusa e con dinamismo si rivolga a Dio, prendendo per mano l’uomo; una teologia non narcisistica, ma protesa al servizio della comunità; una teologia che non si accontenti di ripetere i paradigmi del passato, ma sia Parola incarnata. Certamente la Parola di Dio non muta, ma la carne che essa è chiamata ad assumere, questa sì, cambia in ogni epoca. C’è tanto lavoro, dunque, per la teologia e per la sua missione oggi: incarnare la Parola di Dio per la Chiesa e per l’uomo del terzo millennio”.
Agenzia SIR 13 settembre 2018 https://agensir.it/quotidiano
La risposta è già chiara. La Chiesa, il Papa, la Parola di Dio
Un anno prima della sua elezione, l’allora patriarca di Venezia, Albino Luciani, citava il cardinale Ratzinger in un’omelia nella quale parlava della vera comunione della Chiesa nella carità: «Pochi giorni fa mi sono congratulato con il cardinale Ratzinger, egli ha avuto il coraggio di proclamare alto che “il Signore va cercato là dov’è Pietro”. Ratzinger m’è parso in quell’occasione profeta giusto – affermava il futuro Giovanni Paolo I –, non tutti quelli che scrivono e parlano oggi hanno lo stesso coraggio; per voler andare dove vanno gli altri, alcuni di essi accettano solo con tagli e restrizioni il Credo pronunciato da Paolo VI alla chiusura dell’Anno della fede; criticano i documenti papali; parlano continuamente di comunione ecclesiale, mai però del Papa come punto necessario di riferimento per chi vuole essere nella comunione vera e santa della Chiesa. Altri, più che profeti – continuava Luciani – sembrano dei contrabbandieri; approfittano del posto che occupano, per lanciare calunnie e smerciare come dottrina della Chiesa quello che è, invece, loro pura opinione personale».
Queste mirate osservazioni che scaturiscono dalla saggezza antica di pensare cum Ecclesia e nella Chiesa hanno il pregio della cristallina lucidità che fa leggere il presente, seppure siano trascorsi da allora quarant’anni. Sono i corsi e ricorsi della storia che ci danno la cornice e la misura di quel che oggi accade nella Chiesa di Cristo. Con la differenza che mentre allora Luciani si riferiva perlopiù a fronde del dissenso che consapevolmente si collocavano ai margini dell’istituzione, oggi quei «contrabbandieri» ambiscono all’identificazione con l’ufficio dell’istituzione stessa e con l’aggravante che, rispetto ad allora, dispongono di ingenti risorse da investire anche nei mezzi di comunicazione impiegati nel seno stesso della Chiesa.
Da qui la confusione generata da coloro che pretendono di parlare a nome della Chiesa, ma intanto la mettono al loro servizio, come un dominio privato, un parco giochi per altri interessi. Spacciano come dogmi e Tradizione opinioni, pseudo-teologie e atteggiamenti ideologici, e pretendono di conferire alle loro arbitrarie parzialità il carattere di fede universale, mirando così a disorientare e avvelenare i pozzi del sensus fidei del popolo di Dio minando l’unità e la comunione nella Chiesa.
Ma essa tuttavia non potrà mai corrompersi e inaridire completamente a causa di costoro perché la sorgente della sua forza santificatrice non risiede nei suoi membri e di conseguenza non è schiava di nessuna epoca storica né si configura in nessuna realtà temporale e politica. Perché, come insegna il Catechismo, essa è il corpo di una realtà sacramentale fondata su un’unica roccia: la fede di Pietro, che è fede in Gesù Cristo vivente e operante. E nell’autorità di Pietro vede perciò il custode e il sostegno della propria fede, il centro dell’unità e il pegno della propria comunione, così che la sua fedeltà alla fede si concretizza in fedeltà a Pietro.
«Ubi Petrus, ibi Ecclesia» ripeteva sant’Ambrogio, e forse conviene ricordarlo anche oggi davanti alle contraffazioni fabbricate nelle fornaci di tempi inselvatichiti nei quali in tanti, nelle nostre antiche società cristiane, hanno perso la memoria di che cos’è la Chiesa e di quale sia la sua natura, mentre si moltiplicano i sintomi di un male che sembrano diffondersi come una crisi di nevrastenia collettiva, dove tutto diventa materia di denigrazione e riceve un’interpretazione sinistra arrivando persino a ritenere normale e lecito chiedere le dimissioni del Papa come fosse il capo di un’azienda o di un partito.
Si attende ora che «la Santa Sede» formuli «gli eventuali e necessari chiarimenti» a «fronte di quanto accaduto nelle ultime settimane», come annunciato lunedì dalla dichiarazione del Consiglio dei cardinali. Ma quel che rimane sempre salutare per non rimanere disorientati dai falsari della parola che assediano l’attuale stagione ecclesiale è seguire il magistero ordinario del Successore di Pietro.
Il Papa non è un personaggio. Nella sua predicazione ordinaria non parla di sé. È Cristo che indica, a lui si conforma, e come lui, appunto, «non parla di se stesso: usa la Parola di Dio», sempre, «anche quando vuol vincere il diavolo». Colui che trama per dividere e perdere. Perché in ultimo, nel mirino, sta proprio la Parola di Dio da mettere a tacere.
Stefania Falasca Avvenire 12 settembre 2018
www.avvenire.it/opinioni/pagine/la-risposta-gi-chiara
Santa Marta. Papa: in questi tempi sembra che satana ce l’abbia con i vescovi
Il vescovo sia uomo di preghiera, si senta scelto e sia vicino al popolo. Nell’omelia a Casa Santa Marta, Papa Francesco si sofferma su questi tre aspetti della figura del vescovo.
In questi tempi sembra che il Grande Accusatore ce l’abbia con i vescovi per creare scandalo. I vescovi devono quindi ricordare tre aspetti fondamentali: la loro forza è essere uomini di preghiera, avere l’umiltà di sapere di essere stati scelti da Dio e rimanere vicino al popolo.
Nell’omelia della Messa a Casa Santa Marta stamani il Papa riflette su questo ministero prendendo spunto dal Vangelo odierno di Luca (Lc 6,12-19). Nel brano proposto dalla Liturgia, Gesù infatti passa la notte pregando, poi è lui a scegliere i Dodici Apostoli – cioè i “primi vescovi” – e quindi scende in pianura e sta in mezzo al popolo che viene per ascoltarlo ed essere guarito da malattie.
Corsi per i vescovi. Francesco ha pensato di fare questa riflessione sulla elezione dei vescovi come Gesù l’ha fatta la prima volta, anche alla luce del fatto che in questo periodo a Roma si stanno facendo tre corsi per i vescovi: uno di aggiornamento per i presuli che hanno fatto 10 anni di episcopato – finito in questi giorni – uno per 74 vescovi che guidano le diocesi dei Territori di missione, che fanno dunque riferimento alla Congregazione di Propaganda Fidæ, ed uno con 130-140 vescovi che appartengono alla Congregazione dei Vescovi. Quindi nuovi vescovi: più di 200 in questi due corsi.
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Uomo di preghiera. Il primo aspetto fondamentale è essere uomini di preghiera. La preghiera è infatti “la consolazione che un vescovo ha nei momenti brutti”, nota il Papa, cioè sapere che “in questo momento Gesù prega per me”, “prega per tutti i vescovi”. In questa consapevolezza il vescovo trova quella “consolazione” e quella forza che lo porta a sua volta a pregare per se stesso e per il popolo di Dio. Questo è il suo primo compito. E che il vescovo sia un uomo di preghiera lo conferma anche San Pietro quando dice: “A noi, la preghiera e l’annuncio della Parola”. Non dice: “A noi, l’organizzazione dei piani pastorali …”, sottolinea Francesco.
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Uomo che si sente scelto ed è umile. Il secondo atteggiamento che il Papa sottolinea è che è Gesù a scegliere i Dodici e il vescovo fedele sa che non ha scelto lui: «Il vescovo che ama Gesù non è un arrampicatore che va avanti con la sua vocazione come fosse una funzione, forse guardando a un’altra possibilità di andare avanti e di andare su: no. Il vescovo si sente scelto. E ha proprio la certezza di essere stato scelto. E questo lo porta al dialogo con il Signore: “Tu hai scelto me, che sono poca cosa, che sono peccatore …”: ha l’umiltà. Perché lui, quando si sente scelto, sente lo sguardo di Gesù sulla propria esistenza e questo gli dà la forza».
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Non rimane distante dal popolo. Infine, come Gesù nel Vangelo odierno, il vescovo scende in un luogo pianeggiante per essere vicino al popolo e non si allontana: «Il vescovo che non rimane distante dal popolo, che non usa atteggiamenti che lo portano a essere distante dal popolo; il vescovo tocca il popolo e si lascia toccare dal popolo. Non va a cercare rifugio dai potenti, dalle élite: no. Saranno le élite a criticare il vescovo; il popolo ha questo atteggiamento di amore verso il vescovo, e ha questa – come fosse – questa unzione speciale: conferma il vescovo nella vocazione».
Il Grande Accusatore vuole scandalizzare il popolo. Più volte dunque il Papa ribadisce che la forza del vescovo è proprio essere “uomo di preghiera”, “uomo che si sente scelto da Dio” e “uomo in mezzo al popolo”:
«Questo fa bene ricordarlo, in questi tempi in cui sembra che il Grande Accusatore si sia sciolto e ce l’abbia con i vescovi. E vero, ci sono, tutti siamo peccatori, noi vescovi. Cerca di svelare i peccati, che si vedano, per scandalizzare il popolo. Il Grande Accusatore che, come lui stesso dice a Dio nel primo capitolo del Libro di Giobbe, “gira per il mondo cercando come accusare”. La forza del vescovo contro il Grande Accusatore è la preghiera, quella di Gesù su di lui e quella propria; e l’umiltà di sentirsi scelto e rimanere vicino al popolo di Dio, senza andare verso una vita aristocratica che gli toglie questa unzione. Preghiamo, oggi, per i nostri vescovi: per me, per questi che sono qui davanti e per tutti i vescovi del mondo».
Debora Donnini – Vatican News martedì 11 settembre 2018
www.avvenire.it/papa/pagine/santa-marta-11-settembre-2018
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MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI
A Milano il seminario Ai.Bi. sui MISNA
In Olanda, tutte le spese di accoglienza per l’immigrazione sono a carico dello Stato (nessun onere a carico dei Comuni), che ha delegato a ‘Nidos’ la gestione totale del servizio. “Accogliamo 4.800 minori stranieri di cui 1.500 in famiglie affidatarie grazie alle risorse economiche messe a disposizione dal Governo olandese” ha evidenziato nel corso del seminario organizzato da Ai. Bi., Peter Van de Pol, dirigente della ONG olandese. In tal modo, si superano le difficoltà e si riescono a trovare famiglie affidatarie che poi possono essere seguite in modo ottimale.
L’intervento mette il dito sulla piaga del disallineamento tra i vari Paesi europei sul fronte dell’accoglienza. Griffini (Ai.Bi.): “In Italia abbiamo 13.151 MISNA, secondo i dati disponibili al 30 giugno di quest’anno, siamo pieni di minori stranieri non accompagnati nei centri di accoglienza – la maggior parte in Sicilia – ma sono pochissimi quelli dati in affidamento familiare, solo 517.
A Milano, durante i lavori del seminario organizzato da Ai.Bi. Associazione Amici dei Bambini sull’accoglienza familiare dei minori stranieri non accompagnati, che vede la presenza di operatori pubblici e privati qualificati, è possibile toccare con mano l’assoluta mancanza di coordinamento – a livello europeo – sul tema dell’immigrazione, specialmente quella dei minori.
Per questo, Griffini propone l’organizzazione di una conferenza europea fra Stati e ONG per tentare di risolvere anomalie e disallineamento sull’accoglienza quali quella oggi riportata da Van de Pol. Anche in Italia, peraltro, le risorse di accoglienza ci sarebbero, come spiegato da Stefano Scarpelli, membro dell’ufficio dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, secondo il quale “circa 5mila cittadini italiani hanno chiesto di diventare tutori, di cui 1.500, una volta formati, sono stati comunicati e registrati ai relativi Tribunali per i Minorenni. Ma al momento non è chiaro quanti, effettivamente, siano stati incaricati”.
Nel corso dell’appuntamento ha parlato anche Cristina Maggia, presidente del Tribunale per i Minorenni di Brescia, che è entrata con decisione sul tema dei Tutori dei minori stranieri non accompagnati. “I MISNA non sono bambini, ma ragazzi ‘adultizzati’, che arrivano in Italia per cercare un lavoro e mandare i soldi casa. Per questo, il Tutore non deve rappresentare una sorta di para-famiglia, ma dovrebbe essere piuttosto un amico adulto capace di accompagnare questi ragazzi ben oltre i provvedimenti del Tribunale.
News Ai. Bi. 13 settembre 2018 www.aibi.it/ita/immigrazione-milano-seminario-aibi-msna
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NATALITÀ
Un Prontuario per i congedidi maternità e paternità
Un ‘prontuario’ agile e concreto fornito per fare chiarezza nell’ambito dei permessi e dei (pochi) servizi che al momento vengono messi a disposizione di coppie che sono diventate da poco mamme e papà.
Congedo di maternità e di paternità, indennità di maternità, flessibilità nelle opzioni con cui fruirne, ma anche i limiti di operatività lavorativa a 2 mesi dalla data presunta del parto o nei 3 mesi successivi; e, ancora, l’obbligo di astensione dal lavoro per 4 giorni entro i 5 mesi dalla nascita per i neo-padri
La nascita di una nuova vita è un evento di gioia che coinvolge, in modo diretto ed emotivo, i genitori e i parenti più vicini del bimbo o bimba venuto/a alla luce in una famiglia. Ma la notizia di un nuovo nato è un evento importante anche per la società in cui la famiglia vive, che – non a caso – di norma è chiamata a tutelare e incoraggiare questa scelta. In Italia, notoriamente, il sistema dei bonus e del sostegno alla natalità, negli ultimi anni, è andato via via perdendo ‘pezzi’ importanti, nonché fondi significativi per poter garantire i servizi necessari e favorire le nuove nascite.
In ogni caso, esistono ancora alcune opzioni utili che cercano di garantire le neo-mamme e i neo-papà lavoratori, quantomeno subito dopo il lieto evento. Tra queste, innanzitutto il congedo di maternità: il periodo durante il quale le donne in gravidanza per legge non possono lavorare. È infatti vietato far svolgere attività lavorativa a donne in gravidanza o durante i 2 mesi precedenti alla data presunta del parto, salvo flessibilità o se il parto avviene oltre la data presunta, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva o durante i 3 mesi dopo il parto, anche in questo caso salvo flessibilità o durante i giorni non goduti prima del parto, se lo stesso avviene in data anticipata. Le lavoratrici, in ogni caso, possono smettere di lavorare anche a partire dal mese precedente alla data presunta del parto e fino ai 4 mesi successivi alla nascita del bimbo (flessibilità del congedo di maternità), se il medico specialista del SSN e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestano, nel corso del 7mo mese di gravidanza, che tale scelta non danneggia la salute della mamma e del nascituro che si appresta a entrare in famiglia.
Il periodo di congedo obbligatorio di maternità dà alla lavoratrice il diritto a un’indennità pari all’80% della retribuzione, salvo integrazioni previste dalla contrattazione collettiva. Per ottenerla, è necessario trasmettere all’Inps e/o al datore di lavoro la domanda corredata da certificato medico di gravidanza indicante la data presunta del parto o dichiarazione sostitutiva del certificato di nascita (entro 30 giorni dall’evento).
Anche i papà hanno uno strumento per poter ‘gestire’ i primi giorni di paternità: il congedo di paternità, ovvero il diritto ad astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla mamma lavoratrice in caso di morte, grave infermità o abbandono del figlio da parte della madre, così come nel caso di affidamento esclusivo del bambino al padre. Non solo: i neo-padri hanno l’obbligo di astenersi dal lavoro per 4 giorni, anche continuativi, entro i primi 5 mesi dalla nascita o dall’adozione del figlio, avvenute nel 2018. Nell’anno in corso, inoltre, il padre può astenersi dal lavoro per un ulteriore giorno, in sostituzione al congedo di maternità della madre. La retribuzione, in questo caso, è erogata per intero, anche se la comunicazione al datore di lavoro va fatta con un preavviso di almeno 15 giorni.
News AI. Bi. Fonte: Avvenire 11 settembre 2018
www.aibi.it/ita/famiglia-congedi-di-maternita-e-paternita-ecco-tutte-le-regole-per-i-neo-genitori
▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬NULLITÀ DEL MATRIMONIO
Matrimonio indissolubile: se hai dei dubbi le nozze sono nulle
Corte di Cassazione, prima sezione civile, ordinanza n. 22218, 12 settembre 2018
Ammettere la possibilità di divorzio in partenza: matrimonio nullo per il tribunale ecclesiastico e per quello italiano. Chi crede nel divorzio non può credere nel matrimonio. Una cosa è sapere che, in casi di estrema conflittualità con il coniuge, ci si può sempre separare, un’altra invece è darlo per scontato sin dall’inizio. E in quest’ultimo caso non si può dire che il “sì” prestato sull’altare fosse serio. Non si affronta un matrimonio pensando che ci si può “disinnamorare” anche a breve. Come dire: non si firma un contratto preparandosi già a fare causa alla controparte. Ecco perché la chiesa cattolica considera motivo di nullità del matrimonio il non credere nella «indissolubilità» del matrimonio stesso. Può sembrare ortodosso e probabilmente una facile scappatoia per chi si vuol risposare una seconda volta in chiesa (il lupo perde il pelo…). Di fatto lo è: molte coppie usano questo espediente per cancellare tutto ciò che è stato in precedenza. Certo, nessuno dei due coniugi potrà chiedere l’assegno di mantenimento all’altro se la sentenza di nullità del matrimonio, prima pronunciata dal tribunale ecclesiastico, viene convalidata dal tribunale civile italiano (così come la procedura impone). Ma un eventuale diniego di questo tipo non ha quasi mai ragion d’essere se non per le coppie che hanno convissuto da almeno tre anni. Forse siamo andati troppo veloci, ma se ti sei perso in tutte queste parole non ti preoccupare: ci ritorneremo a breve. Il tutto però è servito per sintetizzare il pensiero di una recente ordinanza della Cassazione secondo cui se hai dubbi sul matrimonio indissolubile, le nozze sono nulle.
Non solo: anche se è già intervenuta una sentenza di divorzio si può sempre chiedere la nullità del matrimonio. Ma procediamo con ordine. Un esempio farà al caso nostro e farà comprendere quale forte impatto pratico ha una sentenza del genere sulla generalità delle coppie.
Immaginiamo una persona che, prossima all’altare, faccia capire alla futura moglie di non considerare il matrimonio indissolubile. L’uomo dice spesso frasi come “speriamo che duri”; “se non dovessimo trovarci bene possiamo sempre separarci”; “tutto è possibile, anche non amarsi più dopo un po’”. Nonostante questo spirito poco vocato al matrimonio – che appare palese anche agli amici – va in chiesa e dice sì alla fatidica domanda del prete. Succede però che, dopo non più di un anno, l’uomo dica alla moglie che non l’ama più e che si vuol separare. Lei gli rimprovera il fatto che sin dall’inizio lui non era convinto di sposarsi e, così, procede davanti al tribunale per chiedere la separazione. Ottenuta la separazione, e un assegno di mantenimento, agisce poi per ottenere il divorzio. Il tribunale conferma il divorzio, scioglie il matrimonio e convalida anche l’importo dell’assegno mensile a carico dell’uomo.
Ma il marito non ci sta e, di fronte all’obbligo di pagare un mantenimento troppo elevato alla moglie a fronte di un matrimonio durato poco tempo, si rivolge alla Sacra Rota per far dichiarare nullo il matrimonio. Ottiene la sentenza perché, secondo il diritto canonico, il fatto di essere saliti sull’altare per niente convinti dell’indissolubilità del matrimonio è una causa di nullità del matrimonio stesso. La sua domanda viene accolta grazie anche alle parole di alcuni testimoni secondo cui, prima delle nozze, «l’uomo aveva esternato alla futura moglie la volontà di escludere l’indissolubilità» del loro vincolo matrimoniale. Che i testimoni siano amici dell’uomo o meno ha poca importanza se i giudici li hanno ritenuti attendibili.
Ma la sentenza del tribunale ecclesiastico – così dispone la legge – ha valore solo per la chiesa se non viene convalidata dal tribunale italiano e in particolare dalla Corte d’Appello. L’uomo così compie il secondo passo necessario a far cancellare il mantenimento: si rivolge al giudice nazionale per chiedere la ratifica della sentenza del tribunale ecclesiastico. E l’ottiene. Secondo la Cassazione infatti, intanto si può convalidare una sentenza ecclesiastica in quanto la coppia non abbia già convissuto almeno 3 anni. In assenza della prova che si fosse tra i coniugi instaurato un vero consorzio familiare ed affettivo, da cui desumere un superamento implicito della causa originaria di invalidità delle nozze, la sentenza rotale va convalidata anche dopo molti anni, nonostante nel frattempo sia intervenuto il divorzio.
Su questo fronte viene chiarito che la sentenza di divorzio ha presupposti diversi da quelli della domanda di nullità del matrimonio concordatario, investendo il matrimonio-rapporto e non l’atto con cui è stato costituito il vincolo tra i coniugi. Di conseguenza, «la decisione resa dai giudici in sede di divorzio, una volta passata in giudicato, non può bloccare la successiva delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio.
Per quanto concerne poi la posizione dell’uomo sulla «indissolubilità delle nozze», è emersa, grazie alle dichiarazioni di alcuni testimoni, «la prova» che egli abbia fatto conoscere alla futura coniuge la propria opinione. Definitiva perciò la «nullità del matrimonio», con buona pace della donna.
Ordinanza
www.laleggepertutti.it/237902_matrimonio-indissolubile-se-hai-dei-dubbi-le-nozze-sono-nulle
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Progetti di legge in materia di affido condiviso
Senato 2° Commissione Giustizia, in sede redigente
Il procedimento in sede redigente è un ibrido previsto indirettamente dall’articolo 72 della Costituzione, dove la commissione delibera sul testo articolo per articolo, mentre l’Assemblea soltanto per votazione finale.
Articolo 72 Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale. Il regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l’urgenza. (…)
www.senato.it/1025?sezione=127&articolo_numero_articolo=72
Per quanto vi sia una votazione finale da parte del plenum dell’assemblea, si considera questo tipo di procedimento affine a quello in sede legislativa o deliberante, e dunque assoggettato agli stessi poteri di richiamo previsti per quest’ultima. Alla commissione vengono fatte confluire più proposte di legge che questa valuterà e poi con queste la commissione formerà un’unica proposta di legge la quale sarà poi posta al giudizio della camera stessa.
(045) Antonio De Poli e altri – Disposizioni in materia di tutela dei minori nell’ambito della famiglia e nei procedimenti di separazione personale dei coniugi (5 articoli)
www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01067115.pdf
(735) Simone Pillon ed altri. – Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità (23 articoli)
www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01071882.pdf
(768) Maria Alessandra Gallone ed altri. – Modifiche al codice civile e al codice di procedura civile in materia di affidamento condiviso dei figli e di mediazione familiare (14 articoli)
www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01074423.pdf
10 settembre 2018. Discussione congiunta e rinvio
Il relatore, senatore Simone Pillon (Lega), procede all’illustrazione dei disegni di legge nn. 45 e connessi in materia di riforma della disciplina dell’affido condiviso. Premette come il disegno di legge n. 735 si proponga di dare attuazione al contratto di governo stipulato dalla maggioranza parlamentare, nella parte in cui, con riguardo al diritto di famiglia, prevede l’adozione di modifiche legislative volte ad assicurare una progressiva degiurisdizionalizzazione, così da rimettere al centro la famiglia e i genitori.
Passando al merito, evidenzia che il disegno di legge si compone di 24 articoli. In particolare gli articoli da 1 a 5 introducono, nel diritto di famiglia, procedure di ADR (conciliazione, mediazione e coordinazione genitoriale) finalizzate a restituire la responsabilità decisionale ai genitori stessi, aiutandoli e sostenendoli quando, a causa delle difficoltà di dialogo, essi non sono in grado di mantenere un canale comunicativo nel superiore interesse del minore. Si tratta di procedure, la cui introduzione nelle legislazioni nazionali è auspicata proprio dalla Risoluzione europea UE 2079/2015 sull’uguaglianza e la corresponsabilità paternale. (…)
L’articolo 1 istituisce l’albo professionale dei mediatori familiari. La disciplina relativa alla funzione di mediatore è demandata ad un successivo regolamento da adottarsi entro 4 messi dalla data di entrata in vigore della legge. L’articolo indica una serie di principi (tra i quali si prevedono in modo preciso i titoli di studio, le specializzazioni e i percorsi di formazione necessari all’espletamento del ruolo di mediatore familiare), ai quali deve attenersi il Governo nell’adozione del Regolamento.
In Italia la mediazione familiare non è una professione regolamentata, non esiste cioè un organo istituzionale vigilante (come un Albo o un Ordine professionale) né dei requisiti minimi definiti dallo Stato per poterla esercitare. Solitamente viene praticata da figure professionali già strutturate – quali avvocati, psicologi, assistenti sociali. (…)
Tali elenchi (regionali) sono stati dichiarati illegittimi dalla Corte costituzionale, con la sentenza 131/2010, in quanto “in contrasto con il principio fondamentale in materia di regolamento delle professioni, in base al quale spetta esclusivamente allo Stato l’individuazione delle figure professionali con i e relativi profili e titoli abilitanti”. https://it.wikipedia.org/wiki/Mediazione_familiare
L’articolo 7 modifica l’articolo 706 del codice procedura civile, prevedendo per le coppie con figli come obbligatoria la mediazione al fine di aiutare le parti a trovare un accordo nell’interesse dei minori.
L’articolo 8 interviene sull’articolo 708 del codice procedura civile, stabilendo che all’udienza di comparizione il presidente, nel caso di mancata conciliazione, debba informare le parti della possibilità di avvalersi della mediazione familiare (obbligatoria – come detto- in presenza di figli minori).
L’articolo 12 modifica l’articolo 337-quater del codice civile prevedendo che il giudice possa disporre l’affidamento dei figli a uno solo dei genitori qualora ritenga che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore, garantendo sempre il diritto del minore alla bigenitorialità. La disposizione si propone più in generale l’obiettivo di contrastare il fenomeno dell’alienazione genitoriale: nelle situazioni di crisi familiare il diritto del minore ad avere entrambi i genitori finisce frequentemente violato con la concreta esclusione di uno dei genitori (il più delle volte il padre) dalla vita dei figli e con il contestuale eccessivo rafforzamento del ruolo dell’altro genitore.
Il relatore procede con l’illustrazione del disegno di legge n. 45, che reca disposizioni in materia di tutela dei minori nell’ambito della famiglia e nei procedimenti di separazione personale dei coniugi. Il provvedimento si propone di completare la riforma in materia di affido condiviso nell’ottica di un pieno rafforzamento del principio della bigenitorialità. Nel merito la proposta si compone di 5 articoli.
L’articolo 1 (similmente all’articolo 7 del disegno di legge n. 735) modifica l’articolo 706 del codice di procedura civile, relativo alla domanda di separazione personale. Si prevede, nell’ambito della presentazione della domanda di separazione personale, l’inserimento della documentazione dello svolgimento di un percorso, intrapreso da ambedue i genitori, attestante l’effettivo e concreto tentativo di riconciliazione, la presa di coscienza dei problemi scaturenti dalla separazione e l’elaborazione di modalità di sostegno per i figli.
L’articolo 2 affronta la questione relativa alla fissazione della residenza di cui all’articolo 145 del codice civile. La disposizione prevede in caso di affidamento condiviso la fissazione della residenza anagrafica dei figli minori presso entrambi i genitori. Nei casi di disaccordo in ordine alla residenza, compete al giudice decidere con provvedimento non impugnabile la soluzione che ritiene più adeguata alle esigenze dei figli minori, privilegiando il luogo dove sono sempre vissuti.
L’articolo 3, integrando l’articolo 368 del codice penale, prevede la sospensione della potestà genitoriale in caso di calunnia da parte di un genitore o di un soggetto esercente la stessa a danno dell’altro.
L’articolo 4, modificando l’articolo 570 del codice penale, oltre a riaffermare il concetto che l’educazione dei figli costituisce un diritto ma anche e soprattutto un dovere, estende le sanzioni previste per il genitore che si sottrae agli obblighi di assistenza, cura ed educazione dei figli minori anche a quello che attua comportamenti tali da privarli dell’apporto educativo dell’altra figura genitoriale. La disposizione introduce poi la possibilità per il giudice di irrogare la sanzione del lavoro di pubblica utilità previsto dalla normativa vigente quale competenza del giudice di pace, al fine di consentire l’individuazione di sanzioni che abbiano una funzione educativa nei confronti del genitore che si è sottratto agli obblighi di assistenza.
Sulla legislazione penale e in particolare sul reato di maltrattamenti interviene infine anche l’articolo 5. Tale disposizione, oltre ad ampliare l’ambito di applicazione della fattispecie delittuosa, disciplinata dall’articolo 572 del codice penale, prevede, limitatamente ai casi di minore gravità, la possibilità per il giudice di irrogare la pena del lavoro di pubblica utilità. (…)
Il relatore procede poi con l’illustrazione del disegno di legge n. 768, che reca modifiche al codice civile e a quello di rito in materia di affidamento condiviso dei figli e di mediazione familiare. Il provvedimento, che si propone di correggere le modalità di applicazione della legge 8 febbraio 2006, n. 54, sull’affido condiviso (i cui limiti sono peraltro rilevati – come sottolineato – anche nella relazione del disegno di legge n. 735), si compone di 14 articoli.
Più nel dettaglio l’articolo 1 reca – similmente all’articolo 11 del disegno di legge n. 735 – una serie di modifiche all’articolo 337-ter del codice civile, volte a riaffermare il principio della bigenitorialità nella gestione dei figli in caso di separazione. La disposizione, nello statuire il diritto del minore al mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo con ambedue i genitori, prevede precisi obblighi temporali di permanenza presso ciascun genitore. Analogamente al disegno di legge n. 735 si sancisce come forma principale di mantenimento della prole, il mantenimento diretto, che dovrà essere stabilito ogniqualvolta sia chiesto, anche da un genitore solo, rimettendo al giudice la divisione degli oneri economici, ove non concordata.
L’articolo 6 completa l’introduzione del doppio domicilio, modificando l’articolo 45 del codice civile.
L’articolo 7 modifica l’articolo 316 del codice civile, riprendendo la definizione di responsabilità genitoriale più largamente accettata a livello internazionale ed eliminando il riferimento al concetto di residenza abituale.
L’articolo 11 introduce nel codice civile e disciplina la mediazione familiare. Tale disciplina “ricalca” in parte (con previsioni ben più sintetiche) quanto previsto dal disegno di legge n. 735 (riguardo a esempio gli aspetti relativi all’obbligo di riservatezza).
Il relatore propone di svolgere una serie di audizioni che coinvolgano esperti della materia, associazioni di genitori, associazioni professionali al fine di consentire con spirito partecipativo la definizione di un testo che affermi, senza pregiudizi ideologici, l’obiettivo del miglior interesse del minore.
La Commissione conviene pertanto di svolgere un ciclo di audizioni.
http://senato.it/japp/bgt/showdoc/18/SommComm/0/1074452/index.html?part=doc_dc-sedetit_isr-ddlbl_nimdacmdegdb
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SESSUOLOGIA
Identità e appartenenza
Il rapporto tra identità e appartenenza è fondamentale nel quadro dell’esistenza e della convivenza umana. Se l’appartenenza costituisce uno dei presupposti fondamentali dell’identità – contribuisce a “produrre” identità –, è vero anche l’opposto: l’identità struttura l’appartenenza attorno a un nucleo comune e generatore. Non si dà identità senza appartenenza, né appartenenza senza identità.
Tuttavia, il rapporto tra identità e appartenenza è oggi divenuto problematico: viviamo un tempo di identità fragili e di appartenenze esasperate. Le appartenenze sembrano spesso un illusorio sostegno esterno a carenze interne, una sorta di surrogato di una strutturazione interiore venuta meno. Ma, a cascata, sono fragili anche le identità collettive, a tutti i livelli: è difficile oggi dare risposte sicure, e magari condivise, a domande quali «chi sono io?», «chi siamo noi?».
In un simile contesto epocale, ogni apertura all’altro da sé – tanto più se “diverso” da sé – assume i tratti di una minaccia: aprirsi può significare dissolvere, perdere, smarrire definitivamente un’identità già fragile. In questo senso, l’appartenenza e la chiusura nella cerchia dei simili offrono rassicurazione e sostegno.
Si tratta di una dinamica osservabile in tanti ambiti e a tanti livelli della vita sociale. Ma che ne è, in particolare, delle appartenenze di genere? Laddove le identità personali faticano ad affermarsi e a strutturarsi, le appartenenze offrono normalmente confini rassicuranti.
Il problema è che le appartenenze di genere sembrano oggi condividere il destino di tutte le appartenenze: pur essendo esasperate, non contribuiscono più a produrre identità, ma solo surrogati di identità.
Secondo alcune teorie, l’appartenenza di genere non starebbe a monte dell’identità – come uno dei suoi presupposti fondamentali – ma a valle: essa costituirebbe cioè l’esito di una scelta libera e consapevole da parte di identità che si sono costituite a monte degli schemi di genere. Né gli schemi di genere sarebbero riducibili all’alternativa maschile/femminile, essendo possibile una libera scelta tra molte varianti. In questo modo, per un verso, all’identità è accordato un primato sull’appartenenza (l’identità personale sceglie liberamente a quale genere appartenere), ma, per un altro verso, si presuppone un’identità già data e priva di presupposti (l’appartenenza di genere è dunque irrilevante per l’identità personale).
Si accorda dunque un’enfasi al polo dell’identità – intesa come centro propulsore della libertà – a scapito del polo dell’appartenenza, ma si tratta di un’identità che si regge su se stessa, priva di presupposti e di debiti e gravata del peso di una scelta responsabile. E dunque, inevitabilmente, fragile.
Indipendentemente dalle teorie oggi in campo – le quali sono molte e molto varie –, sembra innegabile un dato epocale: sono venuti meno i moduli culturali del maschile e del femminile. Tramontato il cosiddetto assetto patriarcale – che comportava una riconoscibilità non solo biologica del maschile e del femminile, ma anche una differenziazione sociale dei ruoli e delle simboliche costitutive di ciascun genere –, fatica a emergere un paradigma alternativo. A cinquant’anni di distanza dalla rivoluzione culturale del ‘68, si fatica a vedere emergere una pars construens che porti a compimento la pars destruens allora avviata.
La giusta e auspicabile emancipazione femminile sembra essere avvenuta in gran parte attraverso una interiorizzazione degli schemi di potere che erano propri del modello patriarcale: non dunque attraverso un superamento di quegli schemi, ma attraverso una progressiva conquista femminile di forme di esercizio del potere che non sono mai state rimesse veramente in questione.
Il risultato è che pochi individui oggi potrebbero riconoscersi a proprio agio negli stereotipi tradizionali del maschile e del femminile. Poche donne si riconoscerebbero nella figura tradizionale della madre e della moglie dedita esclusivamente agli affetti e alla cura delle relazioni familiari, allo stesso modo in cui pochi uomini si troverebbero a proprio agio nella figura del maschio comandante in capo e dedito esclusivamente alle vicende pubbliche. Anche perché le forme dell’organizzazione economica delle nostre società, complesse e neo-liberiste, rendono difficile che “l’uomo di casa” possa da solo assicurare il sostentamento economico della famiglia, e impongono che entrambi i partner lavorino. Probabilmente, in questo ambito, l’organizzazione economica ha un’incidenza culturale maggiore di quanto non abbia qualsiasi teoria.
Anche quando si tende a ritornare a schemi tradizionali, si ha l’impressione di trovarsi di fronte a caricature, se non a vere e proprie forme di sopruso e di disperazione, per le quali il femminile viene incarnato nella figura della sottomissione, mentre il maschile prende le forme del maschilismo e del dominio, se non della vera e propria violenza di genere.
Rispetto a schemi tradizionali divenuti opprimenti e invivibili, si è così fatta strada la ricerca di vie alternative, dettate dalla necessità – per gli individui – di non dover sottostare a modelli vissuti come mortificanti. Di qui, il tema, ampio e complesso, del gender
Le appartenenze tradizionali e indisponibili – legate a elementi biologici non scelti – non sono più ritenute sufficienti a strutturare le identità e si ritiene che occorra dunque trovare nuove appartenenze, che lascino maggiore spazio di respiro e di libera e creativa interpretazione delle identità. Le forme tradizionali sono infatti avvertite come eccessivamente costringenti, al punto che per molti dei nostri contemporanei è divenuto difficile riconoscersi nelle alternative tradizionali maschile/femminile, eterosessualità/omosessualità.
Come reazione e in opposizione a siffatta tendenza epocale, si è spesso andati nella direzione di affermare l’indisponibilità degli elementi naturali e biologici rispetto a ogni possibile scelta del soggetto. Tradizionalmente il pensiero cattolico si è mosso in questa direzione: la categoria classica di legge naturale ha costituito il paradigma e l’emblema di tale gesto.
Si tratta di una strategia che tuttavia non sembra in grado di dare piena risposta agli interrogativi e alle angosce epocali che stanno alla base della ricerca di appartenenze che siano di sostegno alle identità. È dunque possibile una soluzione alternativa? Una soluzione che non cada né nell’oppressione di un genere rivestito di moduli culturali oggi non più credibili (e avvertiti come invivibili), né nel disfacimento di ogni possibile appartenenza di genere che stia a monte delle identità?
Se una simile soluzione è possibile, ci pare si tratti di una soluzione che accetta la sfida lanciata da chi oggi difende la costruzione culturale anche delle evidenze biologiche, per riconoscere che alcuni moduli culturali potrebbero oggi rendere invivibili quelle evidenze.
Invece di opporre le ragioni di una pura natura in sé all’arbitrio della libera scelta, si tratta di rivisitare la lettura culturale degli elementi naturali, al fine di renderli maggiormente vivibili e umanizzanti, ossia maggiormente capaci di contribuire a strutturare identità mature e compiute. Tale rivisitazione culturale sarebbe tuttavia inefficace se si limitasse a un ripensamento intellettuale di alcune nozioni: ovvero all’opera di alcuni pensatori isolati. Nell’essere umano non esiste un momento di pura natura, dato che ogni elemento naturale è sempre culturalmente istituito. D’altro canto, la cultura non è mai semplicemente il frutto dell’opera degli intellettuali, ma è sempre un’opera comune, che investe intere generazioni.
La rivisitazione culturale di cui parliamo dovrebbe dunque minare gli aspetti dogmatici che alcune sovrastrutture culturali hanno assunto, al fine di consentire l’esercizio di una più libera appropriazione culturale degli elementi naturali senza creare nuove gabbie ideologiche.
Munera –n. 2\2018 Dossier: Maschile e femminile. Editoriale
pag. 7 www.cittadellaeditrice.com/munera/wp-content/uploads/2018-2_Munera_07-10_Editoriale.pdf
Ecco come il potere ha costruito l’utile balla della Chiesa contraria al sesso
Non c’è luogo comune più diffuso: “la Chiesa è contro il sesso”. Ma, a guardar bene la storia, il pregiudizio non regge. Anzi, si scopre che si tratta di una bugia ben costruita lungo i secoli, fino ad arrivare all’Ottocento che sferrò l’attacco definitivo che dura ancora oggi.
Sesso e Chiesa. Sembra un ossimoro. Una contraddizione in termini. Ci si potrebbe chiedere, a giusto titolo, se esista una “questione cattolica” del sesso. A tal proposito circolano facili slogan che imputano al cattolicesimo di istillare nelle coscienze l’idea di una radicale antitesi tra corpo e spirito, fino a vedere nell’esercizio della sessualità né più né meno che un antivangelo.
È cosa nota: non c’è forse luogo comune più ostinato e diffuso di quello della pretesa “sessuofobia” cattolica. La Chiesa? Odia il sesso, sicuro. Il cattolico? Uno svalorizzatore professionale del sesso. Tanto la domanda quanto la (sconfortante) risposta, tutto viene ricompreso, senza un barlume d’incertezza, sotto il grigio, piatto manto dell’ovvietà. «Bisogna ripensare i luoghi comuni – diceva Unamuno – per liberarli dal loro maleficio». È impegno urgente, anzi prioritario: ridare un’anima agli spazi – i luoghi comuni appunto – della conversazione quotidiana, bonificandoli dalle verità avvelenate della propaganda.
Qualche anno fa contro questa vulgata oltremodo scipita è insorta Costanza Miriano. La scrittrice perugina nella sua generosa lotta contro i falsi miti del progresso ha avuto facile gioco a ricordare che i cattolici, lungi dal demonizzare il sesso, in definitiva lo fanno – o almeno dovrebbero farlo – anche meglio (dalle sue parole ha tratto ispirazione una spiritosa linea di t-shirt dove campeggia il motto “catholics do it better”). La presunta ostilità cattolica nei riguardi del sesso, infatti, è un pregiudizio che non regge ad un’analisi storica approfondita come quella contenuta nel volume di Lucetta Scaraffia e Margherita Pelaja:Due in una carne. Chiesa e sessualità nella storia (Laterza, 2008). È un testo prezioso, che evidenzia come la Chiesa, rifiutando di collocare il sesso in una sorta di no moral’s land, abbia sempre mantenuto, almeno in linea teorica, una concezione complessivamente positiva dell’atto sessuale.
Non si dà una corporeità eticamente neutra, predica la fede cristiana. La mistica della carne rilanciata ai giorni nostri da Fabrice Hadjadj affonda le proprie radici nelle profondità della rivelazione biblica. Il corpo non appartiene alla sola sfera naturale, poiché con l’incarnazione del Verbo è divenuto, come dice san Paolo, il tempio dello Spirito Santo. Il cristianesimo, ricorda con forza Xavier Lacroix, è la religione dell’incarnazione. «La salvezza cristiana passa attraverso il corpo», è l’inaudita sentenza che inchioda, una volta per tutte, le seduzioni del dualismo. La speranza cristiana non attende soltanto l’immortalità dell’anima, ma la resurrezione della carne. E così il corpo, che costituisce parte integrante della persona umana, non può essere scisso dalla sua natura spirituale. «Se la carne è immagine di Dio», scrive Scaraffia, «anch’essa può divenire strumento di salvezza».
L’importanza in termini simbolici e spirituali dell’atto sessuale trova riscontro nel suo frequente e disinvolto impiego, almeno fino alla prima metà del XVI secolo, nei campi dell’arte, della liturgia, della mistica e della teologia. Non serve che pensare alla definizione ambrosiana della Chiesa come “casta et meretrix” o alle narrazioni che attestano il culmine della vita mistica nel cosiddetto “matrimonio spirituale”. Celebri mistiche come Angela da Foligno, Caterina da Siena e Teresa d’Avila non esitano, nei loro scritti, a ricorrere a simboli e metafore sessuali per designare l’incontro dell’anima con Cristo-Sposo. La via seguita dalla mistica cattolica è quella di una “sensualizzazione del sacro” che contempla la trasposizione dell’amore fisico su un piano superiore, spirituale, e che non va confusa con la sacralizzazione della sessualità praticata dalle correnti gnostiche e dionisiaco-tantriche.
A partire dagli anni della Riforma, con l’insorgere delle accuse di materialismo e superstizione lanciate dai protestanti, l’uso metaforico della sessualità viene progressivamente tradotto dalla Chiesa di Roma su un piano più astratto. La satira grossolana e divertita dei lussuriosi costumi ecclesiastici, che farà le fortune di un Rabelais, è da considerarsi schietta eredità medievale. La raffigurazione del clero cattolico come casta voluttuosa e lasciva, un’immagine che peraltro non ha retto ad indagini sociologiche serie, è uno dei temi classici di una plurisecolare propaganda anticlericale. L’immaginario dell’ecclesiastico rapace e sessualmente avido prende forma fra tardo Medioevo e Rinascimento. Il protestantesimo anglosassone non fa che raccogliere questa eredità servendosi di pesanti allusioni sessuali in funzione anticattolica. Nel periodo illuministico prenderà definitivamente piede una copiosa letteratura pornografica ambientata in seminari e conventi (si pensi solo a La Religieuse di Diderot o ai romanzi di Sade).
È nell’Ottocento, con l’avanzare del secolarismo, che comincia a imporsi nella società occidentali una nuova moralità sessuale di ispirazione laica, talora con venature utopistiche ed eugenetiche. La nuova etica ripropone, anche se rovesciata di segno, la separazione di corpo e spirito predicata dall’eresia gnostica. Essa, dopo aver elevato la sessualità a parametro esclusivo dell’umano benessere, assegna una preminenza assoluta al corpo e contesta radicalmente la morale cristiana riconoscendo nella scienza l’unica istanza accreditata a parlare di sesso.
Non si tratta più di contestare la morale sessuale della Chiesa, bensì di negare la legittimità stessa del suo discorso. I cattolici, in società, sono invitati alla discrezione. Se possibile tacciano, per favore. Non si impiccino delle cose del sesso.
Emiliano Fumaneri
www.pepeonline.it/ecco-come-il-potere-ha-costruito-lutile-balla-della-chiesa-contraria-al-sesso
Pubblicato da Aleteia 11 settembre 2018
https://it.aleteia.org/2018/09/11/moralita-cristiana-incarnazione-sessualita/?utm_campaign=NL_it&utm_source=daily_newsletter&utm_medium=mail&utm_content=NL_it
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UNIONE CONSULTORI ITALIANI PREMATRIMONIALE E MATRIMONIALI
La mediazione familiare e il consultorio
I conflitti della separazione e la tutela dei figli. Il ruolo di un consultorio familiare.
Si sta sviluppando anche in Italia l’esperienza della “mediazione familiare”, la cui finalità è di sostenere le coppie che si trovino in fase di separazione (o anche ormai divorziate) specie se connotate da situazioni conflittuali, nella loro insostituibile funzione genitoriale nei confronti dei figli. Al di là dei casi più gravi (ma non certo rari) in cui i figli divengono strumento di gestione e alimentazione del conflitto, è comunque necessario che le difficoltà nella relazione di coppia non turbino il rapporto affettivo-educativo che i figli hanno diritto di vedere conservato nei loro confronti da entrambi i genitori (meglio se in un impegno comune di reciproca alleanza).
Per consentire una corretta e competente opera di mediazione, occorre un’adeguata formazione che è proposta oggi da diverse scuole, caratterizzate, com’è naturale, per metodologia e procedure differenti, ma la cui validità va verificata nella capacità di assicurare agli operatori che le frequentano non solo le conoscenze tecniche, ma anche esperienze di tirocinio opportunamente verificate in supervisione.
Le questioni che si pongono all’attenzione dei mediatori familiari non solo peraltro facilmente separabili da altri problemi relazionali, a cominciare, appunto, da quelli che si sviluppano all’interno della coppia. E’ questo l’ambito proprio dei la cui legge istitutiva risale al 1975, ma che già prima erano sorti, per iniziative spontanee, in diverse aree del Paese. L’UCIPEM, la cui sigla (Unione dei Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali) rispecchia la terminologia di quell’epoca, raccogliendo nel 1968 un gruppo di tali consultori, ha da sempre cercato di individuare competenze professionali adeguate alle esigenze dei potenziali utenti. E’ stata così individuata e promossa la figura del consulente familiare e valorizzati altri ruoli di consulenza come quelli del legale e del pedagogista.
Nella nuova attenzione alle crescenti problematiche della relazione genitoriale, i consultori UCIPEM assicurano il coordinamento tra i mediatori familiari e le altre figure professionali, secondo la tipica (ed indispensabile) metodologia del lavoro interdisciplinare. Perché l’attenzione ai problemi delle relazioni difficili all’interno della coppia può implicare il coinvolgimento del mediatore così come, nel corso di una mediazione familiare, non raramente emerge l’esigenza di una presa in carico della coppia o delle singole persone che la costituivano (e che continuano ad essere i genitori).
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Consultorio d Padova. Mediazione familiare
La mediazione familiare è un processo nel quale un terzo equidistante e qualificato aiuta la coppia ad elaborare la separazione e a riorganizzarsi come genitori per continuare ad essere protagonisti delle proprie scelte riguardo ai figli.
La mediazione è:
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Un servizio offerto alla coppia che si separa, affinché sia possibile riuscire a rimanere entrambi genitori al di là della rottura coniugale
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Uno spazio di incontro confidenziale offerto in un ambiente neutrale, con la presenza di mediatori esperti e con la garanzia della più assoluta riservatezza
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Un aiuto a comunicare senza litigare, nonostante il conflitto, con la possibilità di affrontare gli argomenti scelti dai due genitori, con l’obiettivo concreto di trovare degli accordi costruttivi e personalizzati che tengano conto dei bisogni di ognuno
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Un lavoro motivato dall’affetto verso i figli e dal riconoscimento dei loro bisogni.
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Non è una consulenza di coppia (che eventualmente la precede). La mediazione si attiva solo quando i coniugi hanno deciso di separarsi e/o in funzione della separazione.
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Non è una terapia, ma un intervento delimitato nel tempo (circa una decina di incontri, ciascuno della durata massima di due ore) e circoscritto su obiettivi concordati e predefiniti: accordi funzionali e soddisfacenti per la gestione della nuova vita con i figli (una eventuale terapia personale si potrà affiancare o, preferibilmente, effettuarsi dopo).
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Non è una consulenza alla famiglia in genere ma si attiva per problemi connessi con la separazione e il divorzio (anche se alle volte vi possono essere consulenze alla famiglia che utilizzano modalità e tecniche della mediazione)
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Non è una forma di assistenza legale in quanto la verifica e la definizione giuridica degli accordi rimangono di pertinenza degli avvocati.
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Non è una consulenza tecnica per il giudice e non fornisce informazioni di alcun genere ai magistrati o agli avvocati.
Chi è il mediatore.
E’ un professionista con formazione specifica, esperto nella gestione dei conflitti. E’ equidistante, non dà giudizi, non fornisce risposte, ma facilita la comunicazione nella coppia perché siano i genitori stessi, nella loro autonomia decisionale e quali esercenti la potestà sui figli, a individuare gli accordi possibili.
La mediazione e l’attività dell’avvocato non sono in concorrenza, ma sono in rapporto di collaborazione:
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Il mediatore si fa carico degli aspetti emotivi e relazionali delle persone per aiutarle a trovare degli accordi condivisi sui figli;
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L’avvocato normalmente interviene dopo la mediazione orientando le parti sulle questioni relative alla procedura della separazione o su altri aspetti giuridici, in particolare economico-patrimoniali e redige il ricorso per la separazione o definisce il procedimento, tenendo conto degli accordi presi dai genitori e accompagnandoli nel procedimento giudiziario.
www.consultorioucipem.padova.it/index.php/mediazione.html
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La Mediazione Familiare – Cenni storici dr Francesca S. Frangipane
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Consulenza e mediazione familiare: due differenti ambiti d’azione a sostegno della famiglia
Debora Rigamonti
www.ucipem.com/it/index.php?option=com_content&view=article&id=292:consulenza-e-mediazione-familiare-due-differenti-ambiti-d-azione-a-sostegno-della-famiglia&catid=85&Itemid=232
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