UCIPEM Unione Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali
NewsUCIPEM n. 698 – 22 aprile 2018
Unione Consultori Italiani Prematrimoniali E Matrimoniali
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01 ADOZIONE AiBi- Adozione europea, è tempo di parlarne?
03 AFFIDAMENTO FIGLI La tutela dell’interesse del minore nell’affidamento dei figli.
04 ALIENAZIONE PARENTALE Alienazione parentale: come trattarla.
05 AMORIS LÆTITIA Kasper: di Amoris Lætitia è possibile parlare serenamente.
07 ASSEGNO DI MANTENIMENTOAssegno più alto se lui è un professionista con reddito elevato.
08 CENTRO INTERN. STUDI FAMIGLIA Newsletter CISF – n. 14, 18 aprile 2018.
10 CHIESA CATTOLICA Papa Francesco non è Celestino V
11 CINQUE PER MILLE Fisco: 5‰ per 49mila enti.
11 Importo in aumento di 11 milioni.
12 CO. ADOZIONI INTERNAZIONALI Incontro con rappresentati dell’Autorità Centrale dell’Etiopia.
12 CONSULENTI DI COPPIA E FAMIGLIAI Consultori Socio educativi della Regione Veneto.
13 CONSULTORI FAMILIARI Rubrica dei consultori familiari di ispirazione cristiana (
13Un convegno per celebrare i 40 anni di attività CFC cristiana
14 CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM Mantova. Etica, salute & famiglia. Anno XXII, n. 4, aprile 2018.
14Parma. Famiglia più. Incontri ed iniziative.
15 DALLA NAVATA 4° domenica di Pasqua – Anno B –22 aprile 2018
15Gesù, il pastore santo, bello e buono.Commento di E. Bianchi.
17 EUROPA Eurostat, in Italia un bimbo su tre nasce fuori dal matrimonio.
17 FEMMINILE Donne e religioni.
18 FISCO Verso il 730. Sgravi per i familiari: 3 milioni di italiani li perdono.
19 FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI De Palo: CFC un impegno che si svolge con concretezza e capillarità
19 GARANTE INFANZIA ADOLESCENZA Affido familiare.
20 GAUDETE ET EXSULTATE Enzo Bianchi: Gaudete et Exsultate aiuta il cammino ecumenico.
21 LUDOPATIA Ludopatia: una malattia da 100 miliardi di euro.
22 UCIPEM 25° Congresso a Castel San Pietro Terme BO
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ADOZIONE
AiBi- Adozione europea, è tempo di parlarne?
Fra i Paesi dell’Unione europea è possibile pensare a un’adozione europea, che in virtù della medesima cittadinanza europea possa essere vista come un po’ diversa da quella internazionale? L’avvocato Enrica Dato ne parlerà per AiBi ad EurAdopt: «innanzitutto significa modificare il concetto che crescere in una comunità dentro i confini nazionali per un bambino sia sicuramente meglio dell’adozione internazionale»
È possibile immaginare una adozione europea? Un’adozione cioè che si ponga un po’ a metà fra l’adozione nazionale e quella internazionale, per la comune cittadinanza europea? È questa la proposta che AiBi porterà a EuroAdopt, la XIII Conferenza Internazionale del network che riunisce 26 enti autorizzati alle adozione internazionali di 13 paesi europei, che si terrà a Milano il prossimo 24-25 maggio. A parlarne, per AiBi, sarà l’avvocato Enrica Dato in un intervento intitolato proprio «Adozioni tra Paesi Europei».
«Sembra banale parlare di una prospettiva europea nel campo dei diritti dell’infanzia, ma non lo è affatto. L’Europa è nata come mercato comune e solo di recente ha affermato di avere un interesse comune rispetto ai diritti della persona, in particolare solo dal dicembre 2009 con il Trattato di Lisbona fra gli obiettivi dell’Europa è stata inserita anche la promozione dei diritti dell’infanzia e della donna», è la premessa dell’avvocato. Significa che le leggi di riferimento in materia di protezione dell’infanzia, e quindi anche di adozione, continuano ad essere nazionali e che ogni Stato continua ad essere ed è sovrano. «L’auspicio è che possa esserci un interesse dell’Europa a garantire e non solo a promuovere i diritti dei bambini adottabili. Ecco perché proporre questo argomento è difficile. Fare dell’Europa un territorio unico e più omogeneo rispetto agli standard di protezione dell’infanzia è un tema che AiBi ha a cuore da parecchi anni, ma è la prima volta che entra in un convegno di questa portata».
L’avvocato non la sta prendendo da lontano: l’adozione europea, se mai arriverà, dovrà essere uno dei tasselli di un sistema di protezione dell’infanzia più omogeneo, mentre oggi «gli standard di protezione dei minori e tutto il funzionamento del sistema della protezione dell’infanzia, dall’affido famigliare alle strutture di accoglienza alle adozioni sono diverse e non solo tra un Paese e l’altro. Basti pensare all’Italia, da noi le strutture di accoglienza dei minori fuori famiglia rispondono a normative regionali. Questo per dire quanto il tema sia complesso», spiega l’avvocato.
L’adozione internazionale europea, a che punto si situerebbe? «Secondo il principio di sussidiarietà, l’adozione internazionale è l’ultimo gradino del sistema di protezione dell’infanzia, quello da attuare solo dopo che ogni altra strada si è rivelata impraticabile. Ma perché in Europa non si può tenere conto del fatto che siamo tutti cittadini europei? Perché non pensare che l’adozione da parte di una famiglia di un altro paese europeo non sia la stessa cosa che essere adottato da un cittadino extraeuropeo? Non è possibile che nel campo del commercio si sia un’Unione e nel campo dei diritti dell’infanzia no. La strada sarà lunga, credo fra l’altro che non si possa affrontare questo tema presentandosi con soluzioni già pronte, che sarebbero anche facilmente attaccabili proprio per la complessità della materia… un primo passo da compiere, tuttavia, è sicuramente quello della creazione di una banca dati europea dei minori adottabili. Se è vero che l’Europa ha una cultura unica, è doveroso cominciare a pensare all’Europa come un unico territorio e affrontare i problemi dell’infanzia come obiettivo comune; partire da una seria raccolta di dati e cominciare a collaborare fra associazioni ed enti, fare un lavoro di rete», afferma l’avvocato Dato.
Una domanda però sorge spontanea, dinanzi ad esempio al fatto che la Polonia ha da poco comunicato di voler restringere le adozioni internazionali, seguendo le orme della Romania: l’adozione internazionale in Europa ha ancora spazio? «La normativa italiana stessa prevede l’adozione internazionale anche in uscita, e il Portogallo è paese di accoglienza e paese d’uscita. Dobbiamo cominciare a pensare che in Europa la protezione dell’infanzia possa abbracciare anche l’adozione internazionale. Sarà certamente residua e sussidiaria, ma non si può non considerarla. C’è la necessità di ripensare la sussidiarietà tra le varie misure di protezione dell’infanzia all’interno dell’Unione Europea, per cui l’adozione internazionale – e nello specifico l’adozione europea – non debba necessariamente venire per ultima».
Se per un minore avere una famiglia è un bene e un diritto, «l’adozione internazionale deve venire dopo quella nazionale ma prima del restare in strutture deputate all’accoglienza temporanea, quindi senza stabilità, e non caratterizzate da rapporti analoghi a quelli familiari. È questa la novità. Le Guidelines for the Alternative Care of Children dell’Onu del 2010 hanno dichiarato finalmente che le famiglie stabili sono comunque preferibili ad altre soluzioni, sono pochi anni fa. E anche le Raccomandazioni della Commissione Europea del febbraio 2013 raccomandano un controllo adeguato per evitare il collocamento dei minori in istituzioni. Questo concetto non è pacifico, non ancora. Quando parliamo di adozioni dobbiamo ricordare che gli orfani sono una minoranza e che in molte situazioni, anche in Italia, capita che si accetti invece che il minore resti fuori da una famiglia anche là dove non c’è margine per il suo rientro nella famiglia d’origine. Queste valutazioni sono difficili e sofferte, ma ci sono professionisti esperti per farle e ci devono essere tempi entro cui devono essere fatte. Parlare di adozione europea quindi vuole essere innanzitutto questo, smantellare il concetto che crescere in una comunità dentro i confini nazionali per un bambino sia sicuramente meglio dell’adozione internazionale. E che almeno dentro l’Europa si arrivi a dire “pazienza se non c’è una famiglia nello stesso Paese, questo bambino avrà una famiglia nel Paese accanto, la cittadinanza è sempre la stessa, quella europea”».
Sara De Carli Vita newsletter 19 aprile 2018
www.vita.it/it/article/2018/04/17/adozione-europea-e-tempo-di-parlarne/146575
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AFFIDAMENTO DEI FIGLI
La tutela dell’interesse del minore nell’affidamento dei figli
Il principio di bigenitorialità, le valutazioni del giudice e i diritti e doveri dei genitori nell’affidamento condiviso e in quello esclusivo. In tema di separazione, le decisioni relative all’affidamento dei figli e gli altri provvedimenti riguardanti la prole devono essere adottati con esclusivo riferimento al loro interesse morale e materiale (v. art. 337-ter c.c.).
In particolare, dev’essere tutelato il diritto del minore a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, in ossequio al principio della bigenitorialità che ha ispirato la riforma del 2006 (L. 54/06) in materia di separazione e affido condiviso.
Per chiarezza espositiva, si rammenta che con la legge sopra citata fu modificato il testo dell’art. 155 c.c. e vennero introdotti gli artt. da 155-bis a sexies. Successivamente, con l’operazione di riordino disposta con D. Lgs. 154/13, il testo degli artt. da 155 a 155-sexies è stato trasposto, con alcune modificazioni, negli attuali artt. 337-ter e segg.
Principio della bigenitorialità e affidamento condiviso. La riforma del 2006 ha segnato una svolta sostanziale nella disciplina dell’affidamento, evidenziata anche da precise scelte lessicali. Infatti, mentre il testo ante-riforma dell’art. 155 c.c. faceva riferimento ai coniugi, il nuovo testo parla espressamente di genitori, così focalizzando l’attenzione dell’istituto sulla figura dei figli e sul concetto della responsabilità genitoriale, mutuato dall’art. 316 c.c.
La principale novità apportata dalla riforma si rinviene nel secondo comma dell’attuale art. 337-ter, dove è stabilito che il giudice deve valutare in via prioritaria la possibilità di affidare i figli minori ad entrambi i genitori (affidamento condiviso). Solo ove ciò non risulti rispondente all’interesse della prole, egli potrà affidare i figli ad uno solo dei genitori (affidamento esclusivo).
È evidente il cambio di prospettiva rispetto alla disciplina precedente alla riforma, che prevedeva come regola generale l’individuazione, da parte del giudice, del coniuge a cui affidare i figli. Oggi, invece, viene tutelato primariamente l’interesse del minore a ricevere educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi i genitori e a conservare rapporti con i rispettivi rami familiari.
Affidamento esclusivo: i poteri del genitore non affidatario. L’importanza del criterio della bigenitorialità non si esaurisce nella priorità riconosciuta all’affido condiviso. Infatti, anche se l’affidamento esclusivo postula che solo il genitore affidatario possa esercitare in concreto la responsabilità genitoriale (art. 337-quater, ult. comma), quest’ultima rimane prerogativa anche dell’altro genitore.
Per tale motivo, questi potrà partecipare, in posizione di parità rispetto all’altro genitore, alle decisioni di maggiore interesse per i figli, nel rispetto delle loro inclinazioni e aspirazioni. Inoltre, il genitore non affidatario dovrà continuare a vigilare sulla loro istruzione ed educazione e avrà la possibilità di ricorrere al giudice ogni qual volta ritenga che le decisioni dell’altro genitore siano pregiudizievoli per l’interesse della prole.
I fattori sottoposti alla valutazione del giudice. La valutazione relativa al tipo di affidamento da scegliere (condiviso o esclusivo) comporta una previsione da parte del giudice sull’idoneità di ciascuno dei coniugi a svolgere il proprio ruolo di genitore.
Di per sé, la conflittualità tra i genitori, insita in ogni contesto di separazione personale, non è di ostacolo alla scelta dell’affido condiviso, a meno che essa non sia talmente intollerabile per il minore da risultare per lui pregiudizievole. In tal caso, il giudice sarà costretto a optare per l’affidamento esclusivo.
A simile conclusione si perverrà, inoltre, ogni qual volta uno dei genitori riveli una inidoneità al ruolo, e ciò possa risultare di pregiudizio per il minore (art. 337-quater, primo comma).
In giurisprudenza, la scelta per l’affido esclusivo è spesso correlata a una situazione di conflittualità diretta tra il figlio e uno dei genitori o all’atteggiamento costantemente denigratorio di uno dei genitori nei confronti dell’altro, mirato a creare una distanza emotiva tra quest’ultimo e il minore.
In generale, qualunque sia la forma di affidamento scelta, il giudice è chiamato ad adottare provvedimenti che contengano condizioni e prescrizioni tese a prevenire future occasioni di conflitto tra i genitori, pregiudizievoli per la prole.
Affidamento e tutela dell’interesse del minore. Il favore per la bigenitorialità nella nuova disciplina è testimoniato dalla necessità di motivazione prevista per il provvedimento che disponga l’affidamento esclusivo (art.337-quater, primo comma), laddove l’affido congiunto non necessita di analoga incombenza (cfr., tra le altre, Cass. Civ. n. 12976/12).
In conclusione, può affermarsi che la tutela dell’interesse del minore è il criterio centrale che permea l’intera materia dell’affidamento. Ad esso, infatti, fanno riferimento anche le ulteriori disposizioni in tema di revisione dei provvedimenti del giudice (337-quinquies) e di assegnazione della casa familiare (337-sexies). Nella stessa ottica, infine, vanno considerati anche i provvedimenti temporanei e urgenti di cui all’art. 708 c.p.c.
Marco Sicolo Newsletter Giuridica Studio Cataldi 20 aprile 2018
www.studiocataldi.it/articoli/30081-la-tutela-dell-interesse-del-minore-nell-affidamento-dei-figli.asp
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ALIENAZIONE PARENTALE
Alienazione parentale: come trattarla
Refare (Reconnecting Family Relationships Program) è un nuovo programma di trattamento psicologico dei casi di alienazione parentale.
Da un punto di vista prettamente giuridico, l’Alienazione Parentale potrebbe essere definita come la violazione del diritto del figlio, da parte di uno dei due genitori, “di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo” con l’altro genitore e di “conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale” (art. 337-ter c.c.). Nella maggior parte dei Tribunali italiani questo genere di casi viene purtroppo ancora trattato in modo poco chiaro, soprattutto per quanto riguarda i provvedimenti da adottare a tutela del minore. Se gli interventi giudiziali da prevedere appaiono incerti, ciò che, invece, appare praticamente assente è un know-how relativo al post-provvedimento. Spenti i riflettori del contenzioso civile, quale sorte spetta al minore?
Refare program, cos’è? E’un trattamento sanitario di natura psicologica sviluppato ad hoc per i casi di Alienazione Parentale con l’obiettivo di ricostruire il legame affettivo tra il figlio e il genitore rifiutato. Nasce da un’idea degli scriventi, Marco Pingitore, Psicologo-Psicoterapeuta e Alessia Mirabelli, Psicologa.
Nel nostro Paese si fa troppo spesso uso dei c.d. “incontri protetti” che in realtà non si è mai compreso che tipologia di intervento siano, se sanitario, giudiziario o educativo. Questo genere di incontri, per come abbiamo imparato a conoscerli nel corso di questi ultimi anni, andrebbero radicalmente ristrutturati, ridefiniti e collocati all’interno di un ambito sanitario, poiché quando si effettua un intervento di recupero di relazioni affettive in cui è coinvolto un minore, non c’è altro intervento se non quello sanitario.
Il REFARE Program si pone l’obiettivo di riordinare questi “incontri protetti”, prima di tutto modificandone la definizione (“incontri congiunti”) e successivamente inserendoli in un programma di trattamento altamente strutturato e organizzato, prevedendo anche il supporto psicologico individuale sia per il genitore rifiutato che per il figlio. Almeno nelle fasi iniziali del trattamento, infatti, il genitore dominante non potrà esser coinvolto per via del suo comportamento deviante nei confronti del bambino, così da ridurre il rischio di provocare ulteriori danni alla salute del figlio e di compromettere l’efficacia del trattamento.
Il Programma, perciò, consisterà in un supporto psicologico per il genitore rifiutato in modo da individuare e potenziare le sue risorse interne. Considerare la presenza di possibili suoi timori connessi alla futura gestione del figlio; lavorare sulla ristrutturazione delle sue modalità di comunicazione con il figlio, nonché sulle difficoltà che incontrerà durante gli incontri con lo stesso. Il comportamento del genitore rifiutato, solitamente, è percepito dal figlio come remissivo, rassegnato e deresponsabilizzante, per cui, importante sarà anche un lavoro sulla sua assertività.
Il REFARE Program comprende, inoltre, il supporto psicologico per il figlio coinvolto in una disputa coniugale altamente conflittuale. Sarà dato ampio spazio alla ristrutturazione dei vissuti del bambino, nonché alla ristrutturazione dei significati non solo del rifiuto, ma di tutto l’iter giudiziale a cui è stato, suo malgrado, sottoposto. Il lavoro clinico sul bambino si concentrerà sulla sua angoscia abbandonica, sulla mancanza di ambivalenza che lo ha portato, necessariamente, a pensare in termini assolutistici (tutto buono o tutto cattivo) creando in lui una forte scissione interna, dannosa per il suo benessere psicofisico.
Infine, in parallelo al supporto psicologico per il figlio e per il genitore, per i quali sono previsti due Psicologi diversi del Team, si svolgeranno degli incontri congiunti in modo tale da iniziare a diminuirne la distanza fisica ed emotiva tra figlio e genitore che si ritroveranno dopo molto tempo l’uno accanto all’altro. Compito del team sarà quello di contenere le loro emozioni, facilitandone la comunicazione e le modalità interattive. In questa fase sarà previsto anche l’utilizzazione del gioco.
Affinché l’intervento possa essere efficace, sono stati previsti alcuni prerequisiti per l’avvio del programma.
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Innanzitutto, il contenzioso civile dovrà essere concluso e quindi il Tribunale avrà dovuto emettere il provvedimento che dovrà prevedere l’affidamento super esclusivo al genitore rifiutato e l’allontanamento del figlio dal genitore dominante. Il genitore affidatario non dovrà avere alcuna pendenza penale a suo carico, nonché aver subito condanne penali per reati commessi contro il figlio.
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Essendo indirizzato al genitore rifiutato e al figlio, il consenso informato sarà oggetto di scelta libera e consapevole da parte del genitore affidatario che lo presterà anche per il minore coinvolto. Ciò nonostante, il Team incaricato terrà comunque conto della volontà del minore di intraprendere il trattamento o di incontrare il genitore rifiutato, in considerazione anche all’età, alla sua maturità e al grado di rifiuto presente. Laddove ci fosse una completa indisponibilità da parte sua, sarà il Team stesso a prendere in considerazione l’opzione di non avviare il trattamento.
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L’esclusione del genitore dominante sarà prevista almeno nella fase iniziale del trattamento psicologico per via del suo forte ascendente nei confronti del minore. Un suo coinvolgimento, anche parziale, potrebbe vanificare l’intervento rendendo ancora più difficile il riavvicinamento del bambino con il genitore rifiutato.
Il REFARE è un trattamento psicologico del tutto privato, per cui non saranno previste sovvenzioni statali di alcun genere per cui il costo sarà interamente a carico del genitore affidatario.
Infine, qualora un membro del Team incaricato di svolgere il trattamento psicologico abbia preso parte al contenzioso civile si proverà preliminarmente alla sostituzione dello stesso per assicurare una totale di assenza di conflitto di interesse. Laddove non ci fosse questa possibilità, il programma REFARE non potrà essere avviato. www.marcopingitore.it/refare-program-alienazione-parentale/2203
Marco Pingitore e Alessia Mirabelli Newsletter Giuridica Studio Cataldi 20 aprile 2018
www.studiocataldi.it/articoli/30089-alienazione-parentale-come-trattarla.asp
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AMORIS LÆTITIA
Kasper: di Amoris Lætitia è possibile parlare serenamente
In un breve ma incisivo volumetto, il card. W. Kasper, a due anni dalla pubblicazione di AL, propone una lettura della Esortazione Apostolica pacata, amichevole, fraterna, aperta, serena. La portata del testo viene ricondotta ad una continuità dottrinale in un cambiamento di paradigma disciplinare. Marco Gallo ci offre qui una puntuale rilettura del testo, che ne valorizza i passaggi più rilevanti e ne illustra il procedimento argomentativo. Per stare nella “gioia” del magistero di Francesco, sembra dire Kasper, è fondamentale un approccio “freundlich”, amichevole, fraterno. Un testo che si stacca notevolmente dalla maggior parte degli interventi finora intervenuti nel dibattito. E sul quale avremo modo di ritornare, per valorizzarne ulteriormente alcuni snodi fondamentali. Grazie a M. Gallo per la recensione complessiva e accurata che qui ce ne offre. Andrea Grillo blog Come se non 16 aprile 2018
Su Amoris Lætitia si può ancora scrivere oggi in modo sereno, cordiale (freundlich)? In un libretto ordinato e dal tono disteso, uscito a quasi due anni dalla pubblicazione di AL, il cardinal Kasper offre il suo contributo prezioso alla recezione dell’esortazione apostolica (W. Kasper, Il messaggio di Amoris Lætitia. Una discussione fraterna, Queriniana, GdT 406, Brescia 2018). L’autore mostra di essere profondamente al corrente delle “querelles” in atto, ma assume una postura diversa, essenziale. Per cogliere, infatti, il centro di AL è indispensabile riguadagnarne lo specifico che è la gioia per una possibile sfida ricca di futuro, e non perderlo “per un’ostinata discussione limitata all’unica frase di una nota, che con la buona volontà si potrebbe comprendere correttamente” (p. 71).
Nella traduzione italiana, per Queriniana, si preferisce nel sottotitolo interpretare l’aggettivo “amichevole” dell’originale tedesco, rendendolo correttamente con il tema della fraternità: si può affrontare una disputa serena, perché è tipico della fraternità il confronto anche difficile in alcuni momenti storici di discernimento sinodale. Per questo, nella fraternità del processo in atto oggi, “non c’è alcuna ragione di allarmarsi particolarmente” (p. 17).
La struttura del discorso. La riflessione si struttura in cinque capitoletti che permettono di leggere tutto il processo, in cui AL è collocata dentro una chiara continuità con la tradizione ecclesiale.
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Nel primo capitolo si recupera una concezione viva di Tradizione ed ampia di magistero (Comunione in cammino di una chiesa in cammino).
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La stessa espressione (cammino) permette una brillante sintesi del magistero sul matrimonio di Papa Francesco nel secondo capitoletto (Matrimonio e famiglia come cammino, pastorale del matrimonio come accompagnamento).
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Con questa chiave, si riassume poi la lettura del sacramento del matrimonio contenuta in AL, nel terzo capitolo (Matrimonio e famiglia nel segno dell’alleanza di Dio con gli uomini).
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Al discusso capitolo VIII di AL è dedicato il n. 4 (Le situazioni dette irregolari).
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L’ultimo capitoletto di appena tre pagine (Spiritualità del “sempre di più” nel matrimonio e nella famiglia) rilancia la proposta di andare oltre la polemica, cogliendo AL per ciò che intende essere: un kairós di nuova gioia nella Chiesa, in continuità con i progetti dei predecessori di Francesco.
Riattivare la gioia di leggere AL. Le dispute sono utili, perché traducono passioni, legami, percezioni. In esse tuttavia, può succedere che si perda di vista ciò che aveva mosso i processi in precedenza. In particolare, per AL era stato accolto con gioia sin dall’inizio il suo linguaggio accessibile, incoraggiante, inclusivo – che le discussioni ora oscurano. Kasper riallaccia il discorso a partire dal cambio di paradigma scelto da Francesco per il Magistero. Il servizio magisteriale, prima di essere un ministero di insegnamento, è un “ministero dell’ascolto” (p. 12): prima di affermare, ha ascoltato (sondaggio pre-sinodale) ed intende conservare sempre questo primato dato all’ascolto della realtà, della Parola, delle storie inedite dei singoli e delle coppie. Se la Tradizione della Chiesa non si esprime solo nei documenti normalmente inaccessibili, essa è viva nella liturgia e nel fiuto dei fedeli (sensum fidelium): la “frattura” emersa tra dottrina della chiesa sul matrimonio e sulla famiglia e la vissuta convinzione di fede di un gran numero di cristiani ha spinto a una nuova parrhesía umile nella discussione dei due sinodi, avendo consapevolezza di trovarsi di fronte a un tema vitale per la chiesa e per il mondo. Il testo scritto dal Papa assume, senza ridurlo di un millimetro, quanto è emerso dai vescovi, tessendo una riflessione accessibile, ricca dal punto di vista spirituale (in particolare il capitolo IV di AL “il più bello di tutto lo scritto” p. 45), spendibile in campo pastorale. AL non si conclude, fa notare Kasper, con il capitolo sulle situazioni dette irregolari, ma con il capitolo IX, sulla spiritualità nel matrimonio e nella famiglia. Questo mostra senza dubbio che il testo ha a cuore il servizio alla tensione di tutti per andar oltre i limiti attuali, in uno stimolo costante, non in un’epoca di confitti fatali, ma di nuova gioia nella chiesa (p. 71).
Tommaso irrora AL. Se il lettore pone attenzione alle fonti dell’esortazione apostolica, non gli sarà difficile notare la massiccia presenza di Tommaso, della sua antropologia, in particolare della lettura tomista sul rapporto tra situazione e peccato. Proprio su questo crinale, Tommaso distingueva il giudizio della severità (severitas) dal giudizio della misericordia (misericordia): la prima guarda ad un’ideale astratto dell’uomo, mentre la misericordia alla condizione concreta, in cui la giustizia della legge non è negata, ma riletta a partire dall’asserto teologico dell’unicità di ogni persona (p. 30). La legge, della cui universalità e possibilità Tommaso ovviamente non dubita, non è mai applicata alla vita singolare per deduzione o logica, ma solo grazie all’esercizio pratico della virtù di prudenza, dono della misericordia di Dio, come coscienza della situazione (p. 61). In questo senso è Dignitatis humanæ, il documento conciliare sulla libertà religiosa, a trovare in AL lo sviluppo più chiaro proprio sulla scorta delle categorie tomiste. Il compito della chiesa è formare le coscienze, perché siano avvisate e possano scegliere, non sostituirsi ad esse. “Non si tratta di una novità, ma di un rinnovamento sulla base del ripensamento dell’originaria tradizione tomistica non limitata alle posizioni del neotomismo” (p. 67). La base teologica di AL si scopre quindi più classica del previsto.
Il vero cambiamento di paradigma non è sulla dottrina del matrimonio, ma sulla prassi ecclesiale. I capitoletti terzo e quarto del volume di Kasper mostrano con una certa efficacia come la lettura del sacramento del matrimonio non trovi in AL, né nel magistero di Francesco, nessun cambiamento rispetto al Concilio (foedus, alleanza p. 35) ed al Catechismo della Chiesa Cattolica. A mutare sono le prospettive, i paradigmi che si fanno funzionare rispetto al compito della teologia morale e della pratica ecclesiale. In essa la famiglia non è oggetto di cura, ma una delle forme ecclesiali (chiesa universale, locale, domestica) soggetto dell’evangelizzazione. L’essere umano a cui ci si rivolge non è mai un essere in generale (che non esiste), ma una persona in una concreta situazione esterna ed interna (p. 66), da rispettare nella sua dignità ogni volta unica.
Si nota come AL rigetti totalmente definizioni nuove nella forma ideologica della teoria del gender (“in fondo si tratta di teorie neognostiche ostili al corpo” p. 38), pur riconoscendo che accanto alle forme ideologiche “ci sono forme delle ricerca gender da prendere sul serio, forme di ricerca che si interrogano sulle caratteristiche sociali e culturali del rapporto tra uomo e donna. AL quindi non può definire il matrimonio diversamente da ciò che la Parola offre, ma rimane aperta per continuare una seria riflessione. Anche il tema dell’indissolubilità è ricompreso nell’esortazione post-sinodale, con la stessa dinamica dell’allargamento dei contesti e non con la ripetizione del depositum. Se il vincolo matrimoniale è un dono, è la fedeltà la parola biblica nella quale si può ribadire il senso teologico della dottrina della chiesa. E della fecondità, tema aggravato “da parecchi conflitti interni alla chiesa” (p. 47), si ribadisce il legame intrinseco con il sacramento, in una argomentazione in cui si ha l’impressione che “anche il non detto dica qualcosa”.
Così avviene anche per i “tre criteri di discernimento” indicati per l’ascolto e l’accompagnamento delle coppie in nuova unione (pp. 55-61); neppure qui c’è un cambiamento di dottrina sacramentaria. La concezione cristiana di matrimonio non è mutata (AL 250 ss.): nel primo criterio di discernimento si va alla ricerca tuttavia di tutti gli elementi del matrimonio che, pur imperfetti, si possono trovare in queste situazioni. Nel secondo criterio si distingue il comandamento oggettivo e la dimensione soggettiva che per natura è propria dell’azione morale. In questo ambito è necessario chiedersi se la coscienza sapeva riconoscere la negazione del comandamento divino, se aveva deliberatamente deciso di trasgredirvi, ma mai si confonde una nuova unione con una forma ideale di relazione cristiana di coppia. Il terzo criterio è il principio tomista dell’applicazione prudenziale della norma generale nella situazione concreta: non si può concludere che ogni coppia in nuova unione debba essere reintrodotta alla vita sacramentale.
Rileggere la nota 351 alla luce del Decreto di Trento sull’eucaristia. Solo in un’ottica serena di continuità con la tradizione si può ben comprendere la famosa nota 351 del capitolo VIII di AL. Ha buon gioco Kasper a mostrare che se non fosse così, sarebbe stato incomprensibile voler parlare di questa eventualità in una nota. Riprendendo il filo del discorso, invece, risulta convincente il fatto che, non volendo creare una nuova casistica universale (AL 3 e 304), non si è impegnato il Magistero in una formulazione diversa, ma ciò che è affermato risulta la conseguenza dei principi che chiaramente sono esposti in tutto il capitolo VIII.
Occorre invece recuperare la dottrina eucaristica del Concilio di Trento. “L’inquietudine che è nata per questa nota è poco comprensibile in considerazione del Decreto del Concilio di Trento sull’eucaristia” (p.63). Trento (DH 1638) afferma infatti che l’Eucaristia è una medicina che libera dai peccati quotidiani e preserva dai peccati gravi. Al canone corrispondente (DH 1655) la questione è addirittura rafforzata. Se è così, in foro interno è quindi possibile discernere con il penitente di quale peccato si tratti, non solo in senso oggettivo, ma anche considerando quanto la coscienza fosse formata, l’intenzione, le condizioni. Se il peccato risulta quindi veniale, la persona può essere assolta e ammessa all’Eucaristia, che sarà medicina per un cammino di crescita. Non si tratta di una nuova casistica: nel discernimento non sempre emergerà una situazione in cui i sacramenti sono medicina, ma contraddizione, così come si è sempre affermato. Altre volte, invece, le condizioni appariranno compatibili con la pratica sacramentale. Francesco si muove così nella più schietta continuità con quanto affermava Familiaris Consortio 84, parlando dell’obbligo di discernere le situazioni, precisando ulteriormente i criteri per un accompagnamento pastorale. Ciò che Benedetto ha proseguito, era doveroso che fosse ulteriormente specificato, allargando i paradigmi, come detto, ad un compito ecclesiale sinodale mai ancora così chiaramente attivato.
Conclusione. Il lavoro di Kasper riporta utilmente lo sguardo su AL e non su ciò che ostinatamente da essa è nato. Amoris Lætitia è stata voluta come un testo capace di diffondere “un liberante messaggio sulla gioia dell’amore”. Con un gioco di specchi, si potrebbe dire che il libretto del Cardinale è certamente frutto di discernimento: più che sostenere la disputa che egli sarebbe certamente stato in grado di rilanciare, è parso necessario riguadagnare urgentemente il linguaggio fraterno, sereno, scelto da chi ha scritto il testo dell’Esortazione post-sinodale. Più del resto, una tale postura permetterà di non guastare tanti preziosi guadagni di AL, che da due anni già stanno agendo nella vita della Chiesa.
Marco Gallo 16 aprile 2018
www.cittadellaeditrice.com/munera/kasper-di-amoris-laetitia-e-possibile-parlare-serenamente-di-m-gallo
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ASSEGNO DI MANTENIMENTO
Separazione: assegno più alto alla ex se lui è un professionista con reddito elevato
Corte di Cassazione, prima sezione civile, ordinanza n. 9294, 16 aprile 2018.
www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_30060_1.pdf
Per la Cassazione sussiste una disparità reddituale e il diritto della moglie separata a mantenere il tenore di vita goduto durante la convivenza. È giustificato un assegno di mantenimento elevato stante l’elevata capacità reddituale dell’onerato, professionista con oltre vent’anni di esperienza, rispetto alla moglie separata, lavoratrice precaria.
Tanto ha confermato la Corte di Cassazione pronunciandosi sul ricorso dell’ex marito contro la decisione della Corte d’appello che aveva confermato la separazione tra i coniugi e l’assegno di mantenimento lui dovuto a favore della moglie pari a mille euro mensili. Una decisione che il giudice a quo aveva ritenuto giustificata stante la disparità reddituale esistente tra i due ex coniugi e stante il diritto della moglie separata a mantenere l’elevato tenore di vita goduto durante la convivenza.
Per l’uomo, tuttavia, la Corte territoriale avrebbe dovuto tenere conto di alcune circostanze che avrebbero portato a concludere per la sostanziale equivalenza del suo reddito con quello della moglie: tra queste, ad esempio, la drastica contrazione subita dai propri redditi a causa della perdita di un incarico presso un Ente pubblico, oltre che degli oneri su di lui gravanti dovuti al mantenimento di un altro figlio.
Ancora, il giudice non aveva verificato la sussistenza di una capacità reddituale in capo alla moglie, titolare di proventi idonei a mantenersi autonomamente e percettrice di reddito da lavoro dipendente, al punto da poter fruire di una donna delle pulizie, nonché assegnataria della casa familiare.
Per il ricorrente, il mantenimento del tenore di vita costituirebbe un obiettivo meramente tendenziale, da perseguirsi nei limiti consentiti dalle condizioni economiche dell’obbligato.
Separazione: non vengono meno gli obblighi di assistenza materiale. Il Collegio, invece, sottolinea che, nell’ambito della separazione personale, gli obblighi di assistenza materiale non vengono meno e trovano attuazione nel riconoscimento di un assegno di mantenimento in favore del coniuge, al quale non sia addebitabile la separazione, quando lo stesso versi in una posizione economica deteriore e non sia in grado, con i propri redditi, di mantenere un tenore di vita consentito dalle possibilità economiche di entrambi (cfr. Cass. n. 9915 del 2007; n. 12196 del 2017).
Pertanto, a differenza di quanto avviene in sede di divorzio, nella separazione (che “non elide, anzi presuppone, la permanenza del vincolo coniugale”) occorre, quindi, accertare il tenore di vita goduto durante il matrimonio, verificare se i mezzi economici a disposizione del coniuge gli permettano di conservarlo indipendentemente dalla percezione di detto assegno e, in caso di esito negativo, procedere alla valutazione comparativa dei mezzi economici a disposizione di ciascun coniuge al momento della separazione.
Tale accertamento, spiega la Cassazione, è riservato al giudice di merito, cui spetta, appunto, di valutare le risorse dei due coniugi al fine di stabilire se, valutato il tenore di vita goduto (alla cui conservazione l’assegno deve tendere), l’uno debba integrare i redditi dell’altro e in quale misura debba farlo, tenuto conto, beninteso, delle condizioni economiche del coniuge obbligato e dalle altre circostanze di cui all’art. 156, co. 2, del codice civile.
Per la valutazione delle condizioni economiche delle parti, spiegano gli Ermellini, è sufficiente un’attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali, in relazione alle quali sia possibile pervenire a fissare l’erogazione in favore di quello più debole di una somma corrispondente alle sue esigenze come sopra precisate (Cass. n. 13592/2006; n. 25618/2007).
Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha specificamente valutato i redditi del marito rilevando la sussistenza, “al di là di quanto formalmente dichiarato al fisco”, di una sua notevole capacità reddituale, tenuto conto non solo delle sue competenze professionali specifiche (commercialista con oltre 20 anni di anzianità di servizio), ma anche della cooperazione da lui prestata in favore di una società per l’organizzazione di corsi di formazione professionale.
La Corte ha tenuto, poi, conto del lavoro con la moglie, quale dipendente precaria, e ha ritenuto evidente la differenza reddituale, pur considerando il godimento della casa familiare da parte della stessa. La circostanza del dedotto aiuto di una domestica per alcune ore alla settimana non è affatto decisiva, specie ove si consideri che i redditi della moglie sono in atto integrati dell’assegno di mantenimento versato dal marito.
Lucia Izzo Newsletter Giuridica Studio Cataldi 20 aprile 2018
www.studiocataldi.it/articoli/30060-separazione-assegno-piu-alto-alla-ex-se-lui-e-un-professionista-con-reddito-elevato.asp
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CENTRO INTERNAZIONALE DI STUDI SULLA FAMIGLIA
Newsletter CISF – n. 14, 18 aprile 2018
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Vita familiare, reti digitali e smartphone in famiglia [guarda il video]. Ancora un filmato!) collegato ai temi lanciati dal Rapporto Cisf 2017, per mostrare, con il sorriso, una possibile strategia di contrasto all’iperconnessione. Perché sorridere fa bene, e anche riflettere (e anche un po’ di dieta dal digitale può fare apprezzare meglio il sapore delle cose.). https://vimeo.com/189345333
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Social media e video: educare a una corretta fruizione. Milano, 5 maggio 2018. Evento connesso alle nuove sfide del digitale, questo incontro formativo (con crediti formativi per giornalisti) è organizzato da diversi enti (Diocesi di Milano, Aiart, UCSI, Università Cattolica, Centro ambrosiano di documentazione e studi religiosi), e vedrà la presenza dell’Arcivescovo di Milano, Mons. Mario Delpini “Nel mondo digitale la relazione con gli schermi ha assunto un rilievo crescente. La nostra è una “società dello schermo”, dominato da contenuti visivi e audiovisivi fruiti in modo sempre più solitario e illimitato. I contenuti sono sempre a disposizione, visibili nel momento e nella quantità preferita. Sembra venir meno anche la relazione interpersonale assicurata dalla fruizione di programmi televisivi in famiglia. La sfida educativa oggi è recuperare le possibilità di condivisione e suggerire elementi critici di valutazione. È necessario aiutare genitori ed educatori a conoscere le storie e i contenuti più popolari, i meccanismi di coinvolgimento e i valori di riferimento, per favorire occasioni di confronto e di utilizzo del linguaggio visivo” (dalla Presentazione dell’evento).
http://www.chiesadimilano.it/ufficioperlecomunicazionisociali/files/2018/04/5maggio.pdf
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Ultimi arrivi dalle case editrici.
Confederazione Italiana dei Consultori Familiari di Ispirazione Cristiana, Il consultorio che serve. Accogliere ed accompagnare la famiglia (testo di Stefano Pasta), Ancora, Milano 2018, pp. 136, € 13,00.
Questo agile ma prezioso volume, presentato in occasione del 18.o convegno della Confederazione CFC (Roma, 14 aprile 2018, “Il futuro nelle nostre radici”), ripercorre la storia dei consultori di ispirazione cristiana nel nostro Paese, uno spazio ecclesiale e sociale decisivo, e forse negli anni troppo trascurato. Si riscopre così, attraverso una puntuale ricostruzione di date, volti, incontri e luoghi, l’azione profetica e innovativa di un piccolo gruppo di persone fermamente convinte che la famiglia fosse risorsa insostituibile per il benessere della persona, e che quindi le fragilità della famiglia dovessero essere sostenute, prevenute, curate, proprio per la cura della salute psico-relazionale delle persone, delle coppie, dei bambini. Questo gruppo di “innovatori sociali” si è poi progressivamente ampliato, fino ad avere oggi migliaia di operatori (spesso volontari), impegnati a sostegno di centinaia di migliaia di persone (quasi 200.000 in un solo anno a livello nazionale). Il tutto con un metodo che fin dall’inizio apparve innovativo e rivoluzionario, e che oggi sta lentamente diventando condiviso, sia in ambito sociale che in quello ecclesiale: accoglienza, ascolto non giudicante e accompagnamento (oggi si dice, un po’ più dottamente, empowerment). Ed è per questo che la copertina del volume riporta l’immagine del Buon Samaritano, nella splendida e drammatica interpretazione di Van Gogh. Un ultimo pregio del volume: la rassegna dello stato dell’arte dei consultori a livello locale, regione per regione, organizzata su “storia”, “presente” e soprattutto “futuro”. Perché oggi come agli inizi di questa storia, la sfida è grande, le difficoltà delle famiglie sono molte e mutate, e occorre rinnovare quella grande capacità di “gettare il cuore oltre l’ostacolo” e di spendersi per inventare qualcosa di nuovo, per farsi prossimo ad ogni famiglia, e quindi vicini al cuore di ogni persona del nostro tempo. (F. Belletti)
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Uscire dall’inverno demografico verso una nuova primavera delle nascite. Un comunicato della FAFCE (Federazione delle associazioni familiari cattoliche in Europa – 13 aprile 2018) [leggi il comunicato – in inglese]. Il Consiglio direttivo della FAFCE, riunitosi a Vienna, ha indicato in sei punti di urgenza le priorità per l’agenda europea: 1) aumentare la consapevolezza del problema del blocco delle nascite; 2) sviluppare politiche per la famiglia, luogo insostituibile per la nascita e la crescita delle nuove generazioni; 3) considerare le politiche familiari come politiche di sviluppo per il bene comune; 4) sostenere le giovani generazioni nel loro desiderio di natalità; 5) promuovere cure palliative e servizi domiciliari per difendere la dignità della vita fino alla sua fine naturale; 6) mettere la famiglia al centro delle politiche nazionali.
www.fafce.org/index.php?option=com_content&view=article&id=471:fafce-board-resolution-for-a-demographic-spring&catid=37:events&Itemid=237&lang=en
Amoris Lætitia: prosegue l’impegno dei vescovi sulla sua attuazione in Italia. Lo scorso 8 aprile i vescovi lombardi hanno pubblicato una Lettera ai sacerdoti, alle famiglie, alle comunità, intitolata “Camminiamo, famiglie!” per esprimersi sulla ricezione dell’esortazione apostolica Amoris Lætitia nel contesto della loro regione. Questo uno dei passi più significativi: «Chiamati ad operare un discernimento spirituale serio, non frettoloso né irrigidito nella presunta applicazione di norme e casistiche, comprendiamo talune ragioni di difficoltà e il possibile disagio di alcuni, ma vogliamo testimoniarvi la serenità e la comunione che viviamo tra noi Vescovi, anche su questo tema. Affinare l’arte del discernimento, confidando nella grazia e nella Chiesa, significa non ridurre mai la questione ad un Sì o un No immediati, e tanto meno generali, per offrire piuttosto concrete opportunità di crescita nella fede, di verifica attenta della vicenda esistenziale, di cammino verso l’esperienza piena della vita in Cristo. Infatti, crediamo che l’invito a discernere, accompagnare, integrare le situazioni di fragilità, da un lato corrisponde alla migliore tradizione di carità pastorale dei ministri della Chiesa, dall’altro sviluppa ulteriormente le felici intuizioni di Familiaris Consortio e pone un compito di aggiornamento e dialogo per saper rispondere in modo adeguato alle nuove sfide che si presentano, arricchendo quanto l’insegnamento teologico e pastorale ha progressivamente acquisito nel cammino postconciliare».
www.diocesibg.it/home_page/notizie/00004355_Camminiamo__famiglie___Lettera_dei_Vescovi_Lombardi_ai_sacerdoti__alle_famiglie__alle_comunita.html
Il documento della Conferenza Episcopale Lombarda è stata preceduto da quelli di altre Conference episcopali regionali:
Piemonte www.diocesinovara.it/wp-content/uploads/2018/01/IL-SIGNORE-E-VICINO.pdf
Sicilia www.chiesedisicilia.org/cesi/allegati/5928/Orientamenti%20Pastorali%20Amoris%20Laetitia%20def.pdf
Campania www.conferenzaepiscopalecampana.it/wp-content/uploads/2017/03/LineeGuidaCEC.pdf
Emilia Romagna
www.imola.chiesacattolica.it/home_diocesi/news/00000474_Indicazioni_sul_capitolo_VIII_dell_Amoris_Laetitia.html
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Save the date –
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Nord Comuni family friendly: le politiche comunali per il benessere della famiglia, Nona Convention dei Comuni family-friendly, promosso dall’Agenzia per la famiglia, Provincia Autonoma di Trento in collaborazione con il Distretto famiglia e la Comunità di Primiero, Fiera Di Primiero (TN), 24 aprile 2018.
www.primiero.tn.it/Comunicazione/Notizie/News/9-Convention-Comuni-Amici-della-famiglia-a-Primiero-il-24-aprile
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Centro Sessodipendenza: dodici passi per salvarsi. Come aiutare chi è affetto da un atteggiamento sessuale compulsivo, incontro-testimonianza promosso dall’associazione “Puri di cuore” in collaborazione con gli uffici di Pastorale Familiare, Pastorale Giovanile, Pastorale Universitaria e il Centro di formazione pastorale della diocesi di Perugia, Perugia, 26 aprile 2018.
http://diocesi.perugia.it/wp-content/uploads/2014/08/Locandina-26-aprile-2018-SESSODIPENDENZA-DODICI-PASSI-PER-SALVARSI.pdf
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Centro XXII Giornata bambini vittime della violenza, promossa dall’Associazione METER, Roma, 16 maggio 2018. http://cds.redattoresociale.it/File/Allegato/570903.pdf
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Sud Primo convegno Scuola “Senza Zaino” per i genitori, incontro promosso dall’Istituto Comprensivo Giovanni XXIII in collaborazione con la rete “Senza Zaino – per una Scuola di comunità”, Acireale (CT), 5 maggio 2018.
www.icgiovanni23acireale.it/images/convegno_PR_13-4.pdf
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Estero Generation Z – wie Zukunft. Junge Erwachsene, wie sie leben, lieben und woran sie leiden (Generazione Z – F in italiano – come Futuro. Giovani adulti, come vivono, come amano e per cosa soffrono), www.berufsverband-efl-beratung.at/documents/Tagungseinladung2018.pdf
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convegno interdisciplinare promosso dal Berufsverband Diplomierter Ehe-, Familien- und LebensberaterInnen Österreichs (Federazione professionale austriaca dei consulenti per la vita, la coppia e la famiglia), Salisburgo, 27-29 aprile 2018.www.berufsverband-efl-beratung.at/index.php
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CHIESA CATTOLICA
Papa Francesco non è Celestino V
L’ambiziosa assemblea antipapista che si è tenuta sabato 6 aprile 2018 a Roma ha mostrato tutta la debolezza della fazione che sta cercando di dividere la Chiesa: una sala della periferia romana, cento presenze, due cardinali, due vescovi, un diacono e Marcello Pera; l’atto di accusa contro il pontificato francescano consacrato nella “declaratio” finale (ma in realtà da tempo pronta per l’uso) riguardava unicamente la ben nota controversia sull’eucarestia ai divorziati risposati a cui l’Amoris Lætitia post-sinodale ha aperto la strada attraverso il discernimento e la cura pastorale. Tuttavia la sostanza teologica del pronunciamento romano è gravissima, perché attraverso la dissertazione del cardinale Burke è giunto fino alla proposta della destituzione del papa mediante il ricorso – singolare per un canonista – al “diritto naturale”, ai Vangeli e alla tradizione.
Ora però, pur nella debolezza dell’iniziativa, che un piccolo gruppo di dissidenti frustrati possa giungere ad affiggere tali tesi non lontano dalla porta di San Pietro, dimostra anche la vulnerabilità del papato bergogliano. Vulnerabilità in forza del Vangelo: perché se il papa ancora si incoronasse col triregno, vestisse la mozzetta rossa imperiale e come controfigura di Dio fosse padrone di angeli, potrebbe muovere le sue schiere, mobilitare l’Azione Cattolica, i baschi verdi, i Comitati Civici e i Legionari di Cristo, per avere ragione dei suoi avversari; ma non ha schiere, e non vuole neanche difendersi perché sa che chi difende la propria vita la perde. E anche i cattolici “progressisti” continuano a rincorrere le riforme a cui hanno sempre pensato, certo importanti, ma non si accorgono che intanto è accaduto un fatto ben più importante, è cambiata la predicazione di Dio, è scomparso il Giano bifronte che salva e distrugge, “affascinante e terribile” e c’è solo il Dio che ama e perdona. Continuano a guardare il loro dito, e non si accorgono che è cambiata la faccia della luna, perché riflette un nuovo sole. Come hanno ricordato sia Francesco che il patriarca Bartolomeo, gli antichi padri dicevano che la Chiesa è il “mysterium lunae”, perché non riluce di luce propria, ma rifrange la luce di Dio. C’è un’altra luce oggi nella Chiesa, e perciò preme per irrompere nel mondo che ancora avviluppato nel vecchio buio corre alla guerra. Tutta la Chiesa, clero e popolo, dovrebbe difendere e seguire da presso il pastore, perché questa volta è lui che ha avuto il fiuto della strada, che va avanti alle pecore, e invece gran parte di questa Chiesa, vescovi clero e popolo, non fa nemmeno l’unica cosa che lui sempre chiede, che è quella di pregare per lui.
In ogni caso, il raduno sedizioso di sabato 6 aprile ha avuto almeno il merito di far vedere perché i conservatori ce l’hanno con papa Francesco e quale Chiesa vorrebbero e rimpiangono. Vorrebbero una Chiesa dove non fosse lecita la libertà del cristiano, dove fosse bandito il discernimento, esclusa l’autorità della coscienza, e ogni scelta etica fosse eteronoma rispetto alla persona, scritta in un prontuario e da adottare con un clic: questo è infatti l’anatema scagliato su Amoris Lætitia contro la libertà del cristiano e dell’uomo, ben al di là della questione dei divorziati. Vorrebbero una Chiesa dove non fosse lecito ai vescovi chiedere l’opinione dei fedeli, come si è fatto prima dell’ultimo Sinodo, dovendo la fede del popolo esprimersi solo attraverso mobilitazioni mirate, come le marce per la vita, o le petizioni o le catene umane sui principi non negoziabili: l’ha detto il cardinale Brandmüller.
Vorrebbero una Chiesa dove i coniugi reduci da un primo matrimonio non riuscito o fallito, dovrebbero impostare la loro unione in forma asessuata e vivere nell’attesa impaziente della morte del primo coniuge, unico evento capace di sciogliere il vincolo; sarebbe così la morte la “buona notizia” del Vangelo per loro: è questa la sostanza della “declaratio” del cardinale Burke.
Vorrebbero una Chiesa il cui messaggio fosse la salvezza, che è una cosa spirituale, ma non la liberazione, che sarebbe una cosa mondana. E questa è la cosa più anticristiana di tutte, che con molta ingenuità e grossezza è stata proclamata dall’ex presidente del Senato Marcello Pera, come se non ci fosse stata l’incarnazione, come se Gesù non avesse annunciato la liberazione dei prigionieri e il riscatto dei poveri, come se la critica della modernità al cristianesimo non fosse stata, con Hegel, di “disperdere i tesori nei cieli” e, con Marx, di fare della religione l’oppio e l’alienazione dei popoli.
Questa è la proposta dei nuovi, vecchissimi campioni dell’ortodossia: una Chiesa che non è di tutti e tanto meno dei poveri. Ma sembra più una patetica riesumazione del passato che una proposta per l’oggi, perché né il cardinale Burke è un cardinale Caetani che può fare fuori un papa, né papa Francesco è un Celestino V sceso dal Morione con la sua immensa pietà ma povero di teologia e timoroso della Curia.
Raniero La Valle MicroMega 16 aprile 2018
http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/?p=24801
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CINQUE PER MILLE
Fisco: 5‰ per 49mila enti.
Sono disponibili online gli elenchi per la destinazione del 5‰ con i numeri relativi alle preferenze espresse dai contribuenti nella propria dichiarazione dei redditi. Le liste degli ammessi e degli esclusi, insieme agli importi attribuiti agli enti che hanno chiesto di accedere al beneficio, sono consultabili sul sito dell’Agenzia delle Entrate, nella sezione “5 per mille”.
Gli elenchi pubblicati sul sito delle Entrate sono suddivisi in base alle categorie ammesse: enti del volontariato, ricerca scientifica, ricerca sanitaria, Comuni e associazioni sportive dilettantistiche. In totale, la platea dei beneficiari è di 48.966 enti. In testa, il mondo del volontariato, con 40.742 enti; a seguire le associazioni sportive dilettantistiche (7.698), gli enti impegnati nella ricerca scientifica (418) e quelli che operano nel settore della sanità (108). Presenti anche i Comuni (in tutto 8.096) ai quali, per il 2016, sono destinati 15,2 milioni di euro.
Comunicato stampa Roma 13 aprile 2018
Importo in aumento di 11 milioni
Buone notizie dagli ultimi dati del 5‰: nulla di esaltante ma almeno si vede tornare a crescere di 131mila unità il numero delle preferenze complessive rispetto a quello dello scorso anno, certo una piccola crescita che, unita all’aumento delle dichiarazioni presentate, attenuano il successo ma che in sé resta. L’ottimo risultato si evidenzia anche sull’importo, si passa infatti dai 480 milioni del 2015 ai 491 del 2016, con un incremento di 50 centesimi della donazione media che raggiunge quasi i 30 euro. Insomma anche su questi dati possiamo leggere il generale miglioramento economico che sta avendo riflesso anche sul 5‰.
Continua invece lo spostamento delle preferenze verso il proprio territorio. La crescita è spalmata su tutte le regioni, ma Lazio e Lombardia, dove sono insediate le grandi organizzazioni, crescono meno rispetto a regioni come Veneto, Trentino, Piemonte ma anche Calabria e Sardegna. Queste ultime sono ancora fanalino di coda per importi proporzionati agli abitanti ma vedono comunque crescere il numero di preferenze, in Sardegna di circa il 10%.
Guardando l’andamento dei singoli settori, Comuni e Ricerca Scientifica perdono un po’ di preferenze rispetto allo scorso anno mentre Onlus, Ricerca Sanitaria e Associazioni Sportive crescono.
Nelle Onlus continua la forte concentrazione di preferenze delle grandi organizzazioni, le prime 20 prendono il 26% del totale e alle restanti (oltre 40mila) va il resto.
Tra le prime 20 potremmo dire che le organizzazioni tradizionali perdono, alcune in forma considerevole, mentre quelle innovative riescono a conquistare nuove preferenze.
Gli enti impegnati nella sanità la fanno da padrone, in particolare in relazione agli ambiti Cancro e Infanzia.
Nelle Onlus aumenta ancora il numero degli enti beneficiari, che ora raggiunge la quota di 40.742 unità con un incremento di oltre 1.500 organizzazioni in più rispetto al 2015; a queste si aggiungono altre 3.000 organizzazioni escluse, per un totale di quasi 44.000 enti.
Continua con una certa costanza la presenza di organizzazioni che non raccolgono alcuna preferenza, quest’anno sono 1.245; di queste son circa 300 che da più di 5 anni continuano ad iscriversi senza prendere una preferenza.
Mario Consorti Vita newsletter 19 aprile 2018
www.vita.it/it/article/2018/04/17/5-per-mille-importo-in-aumento-di-11-milioni/146586
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COMMISSIONE ADOZIONI INTERNAZIONALI
Incontro con rappresentati dell’Autorità Centrale dell’Etiopia.
La Commissione per le Adozioni Internazionali, rappresentata dalla Vice Presidente, dott.ssa Laura Laera, ha incontrato nella giornata del 17 aprile 2018, presso la sede del CNEL, la delegazione dell’Etiopia in visita in Italia composta da Ms. Bizunesh Meseret Tegegne, Vice Ministro del MOWA, Mr Kibri Hailu Abay, dirigente del MOWA, Ms Almaz Gebeyaw Tefera e Ms Tsion Getachew Mengesha, rappresentanti del Ministero degli Affari Esteri etiope.
L’incontro ha consentito di chiarire alcuni aspetti delle procedure adottive e, in particolare, di delineare il futuro delle adozioni internazionali nel Paese all’indomani dell’emanazione della nuova normativa ed alla luce della consolidata collaborazione instaurata tra i due Stati.
Il soggiorno in Italia della delegazione prevederà nei prossimi giorni la visita domiciliare a due famiglie che hanno adottato minori etiopi ed un incontro presso l’Ambasciata con una rappresentanza delle coppie che hanno concluso il loro iter adottivo in Etiopia.
Comunicato stampa 18 aprile 2018
www.commissioneadozioni.it/it/notizie/2018/comunicato-incontro-con-rappresentati-dell%E2%80%99autorita-centrale-dell%E2%80%99etiopia.aspx
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CONSULENTI DELLA COPPIA E DELLA FAMIGLIA
I Consultori Socio educativi della Regione Veneto
La Regione Veneto, a fine 2017, ha attivato una procedura di trasformazione dei Consultori privati, operanti sul territorio, in entità denominate Consultori Familiari Socio Educativi, in cui deve essere privilegiato l’aspetto della relazione d’aiuto non sanitaria. I rappresentanti dei Consultori e delle Associazioni professionali sono stati chiamati ad un tavolo paritetico con la Regione per stabilire i termini operativi, finanziari e organizzativi di questa riforma.
In un primo tempo la figura del Consulente Familiare non era stata prevista nell’elenco dei professionisti che potevano far parte dell’equipe operativa dei Consultori. Ma dopo le energiche precisazioni della referente regionale Gabriella Tognon e l’intervento della Presidente dell’AICCeF presso l’Assessorato regionale competente l’equivoco è stato chiarito.
Recentemente la Giunta regionale del Veneto ha emanato, in data 20/23 febbraio 2018, la Delibera conclusiva della riorganizzazione dei Consultori veneti, prevedendo nella composizione dell’equipe, tra le figure professionali previste, quella del Consulente familiare.
www.aiccef.it/downloads/files/2018%20REGIONE%20VENETO%20DGR%20n.%20198_2018%20%20decreto%20consultori.pdf
Associazione Italiana Consulenti Coniugali e Familiari 21 aprile 2018
http://www.aiccef.it/it/news/i-consultori-socio-educativi-della-regione-veneto.html
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CONSULTORI FAMILIARI
Rubrica dei consultori familiari di ispirazione cristiana
La Confederazione Italiana dei Consultori familiari di Ispirazione Cristiana è nata nel 1978
Scaricabile la Mappa dei consultori 2017-2019
http://www.cfc-italia.it/cfc/materiale/MappaConsCFC2017web.pdf
Si presenta come uno strumento importante per fare memoria delle radici e per cogliere i frutti preziosi di un servizio destinato a promuovere e sostenere, la famiglia. E’ stata realizzata in occasione del quarantesimo anniversario della Confederazione per far conoscere l’articolazione dei consultori familiari che in questi quarant’anni hanno impreziosito territorio nazionale.
Al fine di facilitarne il reperimento e la fruizione da parte delle famiglie, i consultori familiari sono indicati su base regionale e rappresentati secondo le rispettive Federazioni regionali.
La Rubrica dei consultori familiari è anche un importante strumento di lavoro intento a favorire lo scambio di esperienze e la comunicazione tra i vari Organi della Confederazione, le Federazioni regionali e i Consultori familiari presenti sul territorio nazionale.
Nella prima parte è riportato lo Statuto approvato dall’Assemblea della Confederazione il 1° ottobre 2016. Esso introduce la non reiterabilità delle cariche oltre i due mandati triennali consecutivi ed opera una semplificazione negli organi statutari riconosciuti nell’Assemblea confederale dei soci (le Federazioni regionali) e nel Consiglio.
Alle consolidate commissioni scientifica e giuridica si è aggiunta la commissione organizzativa in vista delle importanti trasformazioni che interessano gli enti del terzo settore. Inoltre la presentazione di tutti i consultori operanti nelle 17 Federazioni regionali si propone di favorire il lavoro di rete, il contatto tra gli operatori, la diffusione di iniziative ed esperienze.
A tale scopo stati inseriti anche gli indirizzi dei Consultori familiari aderenti all’UCIPEM, con la quale si è sviluppata una crescente e promettente collaborazione.
Si tratta infine di uno strumento di lavoro che ci si augura possa essere un utile riferimento: per tutti gli operatori che si occupano della famiglia a vari livelli; per gli uffici diocesani, in particolare quelli di pastorale familiare, per le diverse organizzazioni del Forum delle Associazioni Familiari e per le parrocchie che vi possono trovare riferimenti sicuri e luoghi di aiuto competente per le famiglie; per la comunità civile, gli enti locali, i servizi del territorio e del terzo settore (cooperative, organizzazioni di volontariato, associazioni) che possono contare su servizi efficaci e di prossimità a sostegno della famiglia; per le famiglie stesse che possono trovare più facilmente luoghi ospitali in cui essere accolte, ascoltate ed aiutate da operatori qualificati.
G. Bosoni 17 aprile 2018 www.cfc-italia.it/cfc
Un convegno per celebrare i 40 anni di attività Consultori di ispirazione cristiana
Mons. Galantino, “guardare al futuro senza distogliere lo sguardo dalle ferite delle famiglie”
“Guardare al futuro tenendo i piedi per terra e leggendo la Parola di Dio nell’oggi della storia, senza distogliere lo sguardo dalle fragilità e dalle ferite vissute e sofferte nelle nostre famiglie”. È l’invito del segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, rivolto in apertura del XVIII convegno nazionale della Confederazione dei consultori di ispirazione cristiana oggi a Roma presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Il presule, citando Amoris lætitia, ha sottolineato come “la gioia dell’amore nella famiglia non elude né dimentica le ferite, le crisi, le difficoltà e i cambiamenti strutturali, non solo sociali ed economici, che le famiglie concrete vivono e sperimentano nell’oggi della storia”. L’augurio espresso da mons. Galantino è che “il vostro cammino proceda in sintonia con quello di tutta la Chiesa chiamata a generare un processo di conversione della comunità cristiana in chiave missionaria”. Quindi, l’incoraggiamento a “immaginarsi come coloro che sono il segno concreto di una Chiesa che porta la freschezza del Vangelo in luoghi che, talvolta, sono divenuti aridi per ‘una desertificazione spirituale’”, ha aggiunto citando Evangelii Gaudium. Un impegno possibile con la “testimonianza nella semplicità di una Chiesa capace di ‘prendere l’iniziativa, coinvolgersi, accompagnare, fruttificare e festeggiare’”. Facendo ancora riferimento all’esortazione apostolica di Papa Francesco, il segretario generale della Cei ha auspicato “un nuovo sguardo” e ha evidenziato che è importante per “attivare processi segnati da un’accoglienza sincera, da un accompagnamento discreto, da una capacità di discernimento intelligente e da una delicata e coraggiosa inclusione della fragilità”. Compiti che “la Chiesa continua ad affidarvi e servizio che la vita delle famiglie si attende”.
Agenzia SIR 14 aprile 2018
Don Gentili (Cei), “perché i nostri consultori divengano la locanda dell’amore ferito occorre gettare ponti tra parrocchia e consultorio”.
Prende l’avvio dalla Parabola del Buon Samaritano l’intervento di don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale familiare della Conferenza episcopale italiana, al XVIII Convegno nazionale della Confederazione dei consultori di ispirazione cristiana in svolgimento oggi a Roma.
Don Gentili ricorda che “Gesù è cresciuto nella bottega del falegname di Nazareth e ha appreso cosa significhi il sudore della fronte di un papà e di una mamma che con sacrificio fanno crescere i propri figli”. E citando San Giovanni Paolo II – “la famiglia è la prima interna scuola di lavoro per ogni uomo” – il direttore dell’Ufficio per la pastorale familiare Cei sottolinea che “come diceva il Santo Padre ai fidanzati anche le relazioni, in particolare quelle coniugali e familiari, sono ‘un lavoro di tutti i giorni, un lavoro artigianale, un lavoro di oreficeria, perché il marito ha il compito di fare più donna la moglie e la moglie ha il compito di fare più uomo il marito’”.
Tornando al riferimento evangelico e alla domanda del dottore della legge (“Chi è il mio prossimo?”), don Gentili spiega che questi “cerca una regola che gli risolva l’inquietudine di chi vive l’amore; perché chi davvero cerca l’amore non si sente mai compiuto, non si sente mai in regola”. Per questo, “chi vive nella ricerca dell’amore e non si accontenta di rispettare esteriormente i precetti, ha uno sguardo di misericordia autentica per le situazioni cosiddette irregolari, perché si sente misericordiato anche lui”.
“Quanti fidanzati e quante famiglie vivono depredate dai briganti di questo tempo e attendono la cura amorevole di chi ha incontrato Gesù?”, si chiede don Gentili. “La questione allora è farsi prossimo esprimendo la fraternità universale dei Figli di Dio – prosegue -: si è tanto più figli quanto più si somiglia al Padre celeste. Soprattutto non bisogna aver paura di lasciarsi inquietare dalla Parola di Dio; occorre fare entrare questa lama a doppio taglio, questa lama benefica fino al cuore, senza difendersi di fronte alle domande che scaturiscono da questa lampada”.
In conclusione, raccomanda don Paolo Gentili, “perché i nostri consultori divengano la locanda dell’amore ferito occorre gettare ponti tra parrocchia e consultorio. Uno di questi ponti è il nuovo investimento formativo che stiamo facendo, mettendo tantissime forze in campo nel percorso dell’Alta Formazione per offrire ai fidanzati, ai coniugi, alle famiglie ferite, ‘vino nuovo in otri nuovi’”.
Agenzia SIR 14 aprile 2018
https://agensir.it/quotidiano/2018/4/14/consultori-di-ispirazione-cristiana-don-gentili-cei-perche-i-nostri-consultori-divengano-la-locanda-dellamore-ferito-occorre-gettare-ponti-tra-parrocchia-e-consultorio
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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM
Mantova. Etica, salute & famiglia. Anno XXII, n. 4, aprile 2018
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Giornata mondiale della salute. Aspetti etico-sociali. Armando Savignano
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Per un mondo pacificato Anna Orlandi Pincella
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Febbraio 2018: missione Congo e Burundi Luigi Molani
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Bioetica ed educazione Anna Orlandi Pincella
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La dismenorrea: impariamo a conoscerla Alessandra Venegoni, ostetrica
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e tutto l’amore diventa odio e per fortuna spesso non succede Giuseppe Cesa, psicologo
Parma. Famiglia più. Incontri ed iniziative
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L’amore per noi stessi e gli altri: egoismo e libertà. Incontro con Francesca Cenci, autrice di “Io mi amo. Come imparare ad amare sé stessi ed essere felici”. Conversa con l’autrice Cristina Del Monte, vicepresidente dell’Associazione.
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Cantiere comunicazione. Gruppo aperto permanentemente
www.famigliapiu.it
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DALLA NAVATA
4° Domenica di Pasqua. – Anno B – 22 aprile 2018
Atti 04, 12 «In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati».
Salmo 117, 09 Rendete grazie al Signore, perché è buono, perché il suo amore è per sempre.
1Giovanni 03, 02 Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.
Giovanni 10, 16 E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Gesù, il pastore santo, bello e buono. Commento di Enzo Bianchi, priore emerito nel convento di Bose (BI)
Nei brani evangelici che la chiesa (dopo quelli delle manifestazioni del Risorto) ci propone per il tempo pasquale, sempre tratti dal quarto vangelo, è il Gesù Cristo risorto che parla alla sua comunità, rivelando la sua identità più profonda, identità che viene da Dio suo Padre. Il Signore vivente per sempre è più che mai autorizzato a presentarsi con il Nome stesso di Dio: “Io sono” (Egó eimi). Quando Mosè aveva chiesto a Dio che gli parlava dal roveto ardente di rivelargli il suo Nome, Dio aveva risposto: “Io sono” (Es 3,14), Nome ineffabile, nome indicibile inscritto nel tetragramma JHWH.
Il Cristo vivente si rivela dunque come “Io sono”, e specifica: “Io sono il pane della vita” (Gv 6,35); “Io sono la luce del mondo” (Gv 8,12); “Io sono la porta delle pecore” (Gv 10,7); “Io sono la resurrezione e la vita” (Gv 11,25); “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14,6); “Io sono la vite” (Gv 15,5). Nel nostro brano, dopo essersi presentato come la porta dell’ovile, Gesù dichiara per due volte: “Io sono il pastore buono e bello” (kalós), riassumendo in sé l’immagine di tutti i pastori donati da Dio al suo popolo (Mosè, David, i profeti), ma anche l’immagine di Dio stesso, invocato e lodato come “Pastore di Israele” (Sal 80,2), dei credenti in lui.
Gesù aveva evocato più volte l’immagine del pastore e del gregge da lui pascolato (cf. Mt 9,36; 10,6; 15,24, ecc.), ma ora con questa rivelazione parla di se stesso, si proclama Messia e Inviato da Dio per condurre l’umanità alla vita piena, “venuto perché tutti abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). Il buon pastore è l’opposto del pastore salariato, che fa questo mestiere solo perché pagato, che guarda alla ricompensa per il lavoro, ma che in verità non ama le pecore: queste non gli appartengono, non sono destinatarie del suo amore e non contano nulla per lui. Lo dimostra il fatto che, quando arriva il lupo, egli abbandona le pecore e fugge via: vuole salvare se stesso, non le pecore a lui affidate! Chi è il pastore mercenario o salariato? È un funzionario, è colui che svolge il compito per il salario che riceve o semplicemente perché l’essere pastore è ritenuto un onore che gli provoca riconoscimento e gli dona anche gloria. Ma lo si deve dire: il pastore salariato è facilmente riconoscibile nel quotidiano, perché sta lontano dalle pecore e non le ama. A lui basta governarle!
Al contrario, l’amore del buon pastore per le sue pecore causa addirittura il suo esporre, il suo deporre la vita per la loro salvezza. Non solo egli spende la vita stando in mezzo alle pecore, guidando il gregge, conducendolo in pascoli dove gli sia possibile sfamarsi; ma può anche accadere che la minaccia per la vita del gregge diventi minaccia per la vita stessa del pastore. È questo il momento in cui il buon pastore si rivela. Questa solidarietà, questo amore sono però possibili solo se il pastore non solo non è un salariato, ma se conosce le sue pecore di una conoscenza particolare che lo porta a discernere e a riconoscere l’identità di ciascuna di esse: una conoscenza penetrativa che è generata dalla prossimità, dall’assidua custodia del gregge.
Sì, la prima qualità del pastore autentico è la vicinanza alle pecore: sta con loro notte e giorno, nei deserti e nei prati, sotto il sole e sotto la pioggia. Papa Francesco ha parlato di “prossimità della cucina”, cioè dello stare là dove “si cucinano” le cose decisive, quelle che contano per ogni pecora, per ogni gregge; ha parlato di pastore che deve avere addosso “l’odore delle pecore”. Immagini forti, che indicano l’urgenza che i pastori non stiano al di sopra né ai margini, ma “in mezzo”, in piena solidarietà con le pecore.
Gesù cerca di spiegare questa comunione reciproca evocando addirittura la conoscenza tra sé e il Padre, che lo ha inviato e del quale cerca di realizzare giorno dopo giorno la volontà: “Io conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre”. Vi è in queste parole di Gesù l’essenza della cura pastorale: una reciproca conoscenza penetrativa tra pastore e pecore. Non solo il pastore conosce le pecore una per una, in una relazione personale e in un vincolo d’amore, ma anche le pecore conoscono il pastore, la sua vita, il suo comportamento, i suoi sentimenti, le sue ansie e le sue gioie, perché il pastore è loro vicino, prossimo. Le pecore non conoscono solo la voce del pastore che ascoltano quando le richiama, ma conoscono anche la sua presenza, a volte silenziosa, ma che sempre dà loro sicurezza e pace.
Tale conoscenza-comunione è certamente quella vissuta da Gesù nei suoi giorni terreni, all’interno della sua comunità, con i suoi discepoli e le sue discepole; ma è anche una comunione che trascende i tempi, in quanto sarà vissuta nella storia tra il Risorto e quanti egli attirerà a sé, chiamandoli da altri ovili. Venuto per tutti, non solo per Israele, e volendo portare tutti alla pienezza della vita, Gesù è consumato dal desiderio che vi sia un solo gregge sotto un solo pastore e che tutti i figli di Dio dispersi siano radunati (cf. Gv 11,52). Proprio nell’evento della croce si manifesterà la gloria di Gesù come gloria di chi ha amato fino alla morte e allora, innalzato da terra, egli attirerà tutti a sé (cf. Gv 12,32) e darà inizio al raduno delle genti attorno a sé, fino al compimento escatologico, quando “l’Agnello sarà il loro pastore” (Ap 7,17). Gesù non è un pastore come i pastori di Israele, ma proprio perché è “la luce del mondo” (Gv 8,12) e “il Salvatore del mondo” (Gv 4,42) – avendo Dio amato il mondo (cf. Gv 3,16) –, egli è anche il pastore di tutta l’umanità, come Dio è stato confessato e testimoniato.
Dopo questa auto-rivelazione, ecco altre parole con cui Gesù esprime la sua intimità, la sua comunione con Dio: “Per questo il Padre mi ama: perché io depongo la mia vita, per riceverla di nuovo”. Perché il Padre ama Gesù? Perché Gesù realizza la sua volontà, quella volontà che è amore fino al dono della vita. In Gesù c’è questo amore “fino all’estremo” (eis télos: Gv 13,1), fino al dono della vita appunto, e c’è la fede di poterla riceverla di nuovo dal Padre. Si faccia qui attenzione alla traduzione, che può compromettere il senso delle parole di Gesù. Gesù non dice: “Il Padre mi ama perché offro la mia vita per riprenderla di nuovo”, ma “per riceverla di nuovo” (il verbo lambáno nel quarto vangelo significa sempre “ricevere” non “riprendere”). L’offrire la vita da parte di Gesù sta nello spazio della fede, non dell’assicurazione anticipata! Il comando del Padre è che lui spenda, offra la vita; e la promessa del Padre è che così potrà riceverla, perché “chi perde la sua vita la ritroverà, ma chi vuole salvarla la perderà” (cf. Mc 8,35 e par.; Gv 12,25). Nessuno prende la vita a Gesù, nessuno gliela ruba, e la sua morte non è né un destino (una necessità) né un caso (gli è andata male…): no, il suo è un dono fatto nella libertà e per amore, un dono di cui egli è stato consapevole lungo tutta la sua vita, dicendo ogni giorno il suo “sì” all’amore.
Nelle parole di Gesù, il Padre appare come l’origine e la fine di tutta la sua attività: da lui viene il comando, che è nient’altro che comando di amare, vissuto da Gesù nel suo discendere quale Parola fatta carne (cf. Gv 1,14) e nella sua vita umana nel mondo. E la morte di Gesù non è solo il termine dell’esodo da questo mondo, ma è un atto compiuto (“È compiuto!”: Gv 19,30), il termine ultimo del suo vivere l’amore all’estremo. Gesù dà la sua vita fino a morire, ma non con il desiderio di recuperare la vita come premio, di riprenderla come un tesoro che gli spetta o come un merito per l’offerta di sé, bensì nella consapevolezza che il Padre gliela dona e che lui l’accoglierà perché “l’amore basta all’amore” (Bernardo di Clairvaux). Gesù non ha dato la sua vita per ragioni religiose, sacre, misteriche, ma perché quando si ama si è capaci di dare per gli amati tutto se stessi, tutto ciò che si è.
Sulla tomba di un cristiano della fine del II secolo, un certo Abercio, si legge questa iscrizione: “Sono il discepolo di un pastore santo che ha occhi grandi; il suo sguardo raggiunge tutti”. Sì, Gesù è il pastore santo, buono e bello, con occhi grandi, che raggiungono tutti, anche noi oggi. E da questi occhi noi ci sentiamo protetti e guidati.
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EUROPA
Eurostat, in Italia un bimbo su tre nasce fuori dal matrimonio
Un tempo erano una rarità, quasi un’eccezione, ora rappresentano quasi un terzo del totale. Nel 2016 i bambini italiani nati fuori dal matrimonio rappresentano il 28% del totale. A svelarlo sono i dati pubblicati da Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione europea, nel suo bollettino “Are more babies born inside or outside marriage?”, “Sono più i bambini nati dentro o fuori il matrimonio?”.
Si tratta di un trend in forte crescita. Basti pensare che solo nel 2000 nel nostro Paese la percentuale dei bimbi raggiungeva il 9,7%, un dato quasi triplicato in 16 anni.
Le medie più alte in Europa – In Europa invece il Paese con il più alto tasso di bambini nati fuori dal vincolo nuziale è la Francia. Oltralpe rappresentano più della metà, per la precisione sono il 59,7% di tutti i fiocchi azzurri e rosa del 2016. In generale sono 8 i Paesi con un tasso di bimbi nati fuori dal matrimonio superiore al 50%. Si tratta, oltre alla Francia, di Bulgaria e Slovenia (entrambe a con il 58,6%), Estonia (56,1%), Svezia (54,9%), Danimarca (54%), Portogallo (52,8%) e Paesi Bassi (50,4%).
Le medie più basse – In cima alla classifica la Grecia, il Paese europeo con la più bassa percentuale. Nel paese ellenico meno di un bambino su dieci nasce fuori dal matrimonio (9,4%). Basse percentuali si registrano anche in Croazia (18,9%), a Cipro (19,1%) e in Polonia (25%).
La crescita – Un dato significativo riguarda la crescita del numero di bambini nati fuori dal vincolo nuziale dal 2000 al 2016. L’area geografica europea che ha visto il maggiore incremento è quella mediterranea. Cipro, ad esempio, è passato da una media del 2,3% a una del 19,1%. La percentuale è triplicata invece a Malta (dal 10,6% al 31,8%) e, appunto, in Italia (dal 9,7% al 28%), mentre è aumentata di due volte e mezzo in Spagna (dal 17,7% al 45,9%), Grecia (dal 4% al 9,4%) e in un altro stato membro dell’Europa del Sud, il Portogallo (dal 22,2% al 52,8%).
Tra il 2000 e il 2016 il tasso è invece rimasto pressoché stabile nel Nord Europa (in Svezia, Finlandia e Danimarca), nelle isole britanniche (Regno Unito e Irlanda) e nei Paesi baltici (Lettonia, Estonia e Lituania).
Mario Di Ciommo Repubblica on line 20 Aprile 2018
www.repubblica.it/economia/diritti-e-consumi/famiglia/2018/04/20/news/italia_bambini_nati_fuori_dal_matrimonio_uno_su_tre_eurostat_europa-194146016/?ref=RHPPBT-BH-I0-C4-P3-S1.4-T1
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IL FEMMINILE
Donne e religioni
“Il femminile nelle religioni e nelle culture rappresenta un potenziale di pace, di accoglienza, di Misericordia. Purtroppo gli uomini religiosi, in tutte le religioni e lungo la storia, hanno dominato la scena. È forse giunto il tempo che le donne siano più presenti e attive e riescano a contribuire affinché diminuisca ‘il maschilismo’ religioso che ha segnato in modo negativo il comportamento religioso”.
La cultura dell’incontro è la specificità del genio femminile. La donna favorisce il dialogo, crea ponti, è attenta ai bisogni primari delle persone. Per questo è seme di pace anche nei contesti più difficili del pianeta, attraversati da violenza e conflitto.
Di questo si è parlato a Roma ad una tavola rotonda promossa dal Pisai, il Pontificio Istituto di Studi Arabi e d’Islamistica, e dall’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo della Cei, dal titolo “Donne di fede per la pace”. Hanno preso la parola e hanno raccontato la loro storia alcune donne che fanno parte del network internazionale “Women of Faith for Peace”. Sono ebree, musulmane, cristiane.
“La donna trasmette la vita per la vita e non per dare morte”, ha esordito Lia Beltrami, portavoce del gruppo. Ciascuna delle donne presenti all’incontro è promotrice di iniziative che sostengono percorsi di incontro e dialogo. “Non possiamo cambiare i nostri governi, né i nostri politici”, dice Adina Bar Shalom, ebrea, israeliana, “ma possiamo cambiare il nostro cuore e possiamo cambiare il nostro futuro attraverso i nostri figli, educandoli a non uccidere ma a rispettare sempre la vita, a scegliere la via della pace e non quella dell’odio”.
Le fa eco Nuha Farran (Israele, cristiana). “I cristiani non giudicano. Vogliamo cambiare il mondo? Cominciamo a cambiare noi stessi”. Avvocato, Nuha si occupa di diritti umani. Per il suo lavoro ha ricevuto minacce che l’hanno costretta a lasciare Gerusalemme per andare a vivere ad Haifa. La sua storia – sottolinea Beltrami – è la dimostrazione del fatto che “queste donne pagano a un prezzo anche molto alto la loro scelta e il loro impegno per il dialogo e la pace”.
Ad ascoltare queste storie, in prima fila è seduto Adnane Mokrani, teologo musulmano, professore di studi islamici e di relazioni islamo-cristiane presso il Pisai e la Pontificia Università Gregoriana a Roma.
Quale ruolo intravede oggi per le donne?
Penso che il femminile nell’essere umano, nelle religioni e nelle culture rappresenti un potenziale di pace, di accoglienza, di Misericordia. Purtroppo gli uomini nelle religioni, in tutte le religioni e lungo la storia, hanno dominato la scena. È forse giunto il tempo che le donne siano più presenti e attive e riescano a contribuire affinché diminuisca “il maschilismo” religioso che ha segnato in modo negativo il comportamento religioso. La loro presenza nel mondo è un seme di speranza, altrimenti non c’è futuro per l’umanità.
Qui al Pisai abbiamo ascoltato storie di donne che hanno scelto di promuovere iniziative di pace nei contesti, spesso difficili, in cui vivono. D’altronde, dietro un uomo che muore, sia esso palestinese o israeliano, ebrei, musulmano o cristiano, c’è sempre una donna e una madre che piange. Che impressione ha avuto?
Mi viene in mente la figura di Maria come madre sofferente. La madre che vive ed è presente alla morte del figlio, fa una esperienza durissima. È doloroso e tremendo anche per il padre ma forse la madre ha una forza nascosta che si manifesta nei momenti più difficili.
Oggi stiamo vivendo tempi difficili. È il momento delle donne?
È la speranza delle donne.
In che senso?
Oggi vediamo dei segni. Stanno aumentando le teologhe donne e si sta diffondendo anche un tipo di femminismo religioso. È in atto un processo per liberare la religione dal peso della storia e dal patriarcalismo. È un processo benefico che sta rendendo la religione più umana, più aperta, più dialogante. Vorrei però sottolineare che anche gli uomini hanno nel loro cuore una dimensione femminile. Il femminile non si trova solo nelle donne. È presente anche negli uomini quando e se riescono ad essere teneri, misericordiosi e aperti.
Perché allora l’uomo religioso fa così fatica ad aprire le porte alle donne? È una fatica che si avverte in tutte le tradizioni religiose.
Forse teme di perdere l’autorità e il potere, il monopolio dell’interpretazione. Si, è vero. C’è questa tendenza al conservatorismo maschilista che tende ad escludere le donne.
Che cosa perde una religione se lascia da parte le donne?
Perde la parte più bella di Dio. Nei nomi divini che l’Islam dà a Dio, ci sono i nomi della maestà e della bellezza. I nomi della bellezza sono i nomi femminili di Dio. E sono i più importanti e precedono i nomi della maestà perché la Misericordia di Dio è più grande. La Misericordia è mite. Non cerca di alzare la voce ma è presente, attiva, lavora, spesso in silenzio. Proprio come quando le donne agiscono, non fanno rumore.
Maria Chiara Biagioni Agenzia SIR 17 aprile 2018
https://agensir.it/mondo/2018/04/17/genio-femminile-adnane-mokrani-teologo-musulmano-se-le-religioni-escludono-le-donne-perdono-la-parte-piu-bella-di-dio
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FISCO
Verso il 730. Sgravi per i familiari: 3 milioni di italiani li perdono
La Fondazione dei commercialisti: oltre 750mila contribuenti perdono interamente questi sconti e 2,36 milioni riescono a sfruttarli in parte. Altri 4,5 milioni penalizzati su altre agevolazioni.
Il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Massimo Miani, va dritto al cuore del problema: è appena partita la stagione della dichiarazione dei redditi precompilata che vede nuove detrazioni fiscali affiancarsi a quelle già esistenti, ma rimane, immutato, «il nodo non affrontato» degli incapienti. «È logico – afferma Miani – che le detrazioni concesse per i redditi di lavoro abbiano, al massimo, il compito di azzerare l’imposta dovuta. Ma il vero tema è quello dei carichi di famiglia. È qui che invitiamo tutti a una riflessione: non ha senso e non è ragionevole che non venga utilizzato uno sgravio, uno dei pochi, concesso dallo Stato per chi si sobbarca l’onere di metter su famiglia».
I dati, brutali, parlano di agevolazioni Irpef che vengono in qualche modo ‘negate’ a 3,12 milioni di contribuenti italiani incapienti, come vengono definiti coloro che hanno un reddito troppo basso e per questo non riescono a usufruire, in tutto o in parte, delle detrazioni per i familiari a carico. In soldoni, sono ben 7,25 miliardi di euro che, pur spettanti, non vengono fruiti dalle famiglie e restano nelle casse dello Stato.
A riportare la luce su questo fenomeno eternamente trascurato dalla politica nazionale, che non è mai riuscita a darvi una soluzione duratura ed efficace, sono questa volta i commercialisti, attraverso gli esiti di un’elaborazione della loro Fondazione nazionale, sulla base dei dati forniti dal Dipartimento delle Finanze del Mef (ministero dell’Economia) sulle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2017 e nel 2016.
Il dato complessivo attesta che gli incapienti in Italia sono oggi 7 milioni e 730mila, sul totale di 40,9 milioni di contribuenti censiti ai fini dell’imposta sul reddito delle persone (il 44,3% dei quali, stando a un precedente studio dei commercialisti, già oggi versa un’Irpef inferiore al 15% – il livello della flat tax leghista – sul reddito dichiarato). Un numero, il loro, che si ricava semplicemente dalla differenza fra quanti si vedono calcolare un’Irpef ‘lorda’ (prima, quindi, di applicarvi le detrazioni) e quanti si ritrovano invece a pagare un’Irpef netta. In particolare, sul totale di 3,12 milioni che perdono questo beneficio economico risaltano gli oltre 750mila contribuenti che vantano un singolare, poco invidiabile primato: per incapienza dell’imposta, non sfruttano nemmeno un euro di detrazione dall’Irpef non solo per i numerosi sconti riconosciuti per oneri e spese di vario genere, ma anche per quelli destinati a chi ha familiari a carico. Nel contempo, 2 milioni e 360mila contribuenti, sempre per incapienza dell’imposta, non ottengono neppure un euro di sconto dall’Irpef per le detrazioni su spese e oneri, ma riescono almeno «a sfruttare, sia pure solo in parte, quelle previste a favore dei familiari». I restanti 4,61 milioni d’italiani, invece, godono per intero degli sconti sui ‘carichi familiari’, oltre a quelli collegati alla tipologia del reddito da lavoro dipendente (o da pensione o lavoro autonomo), limitando così il loro essere incapienti soltanto a una parte minima delle detrazioni loro spettanti.
In ogni caso, secondo il presidente Miani «sarebbe opportuno concentrare l’aiuto sul ‘fattore famiglia’ sul versante dei trasferimenti, come per il meccanismo degli assegni al nucleo familiare, piuttosto che su quello delle detrazioni d’imposta. Si eviterebbe così che questi aiuti si perdano e si farebbe in modo di garantire comunque un loro utilizzo a vantaggio delle famiglie italiane».
Si tratta di una mole che ‘impatta’ anche per il suo valore economico. Il totale delle detrazioni che spetterebbero agli italiani sull’imposta lorda è di 67,5 miliardi (al loro interno ci sono i 12,62 miliardi riconosciuti per i familiari). Di questi, però, 7,25 miliardi alla fine non sono utilizzati dalle famiglie italiane. In tempi di Rei e di lotta alla povertà, un ‘gruzzolo’ niente male.
Eugenio Fatigante Avvenire 18 aprile 2018
www.avvenire.it/economia/pagine/sgravi-per-i-familiari-la-beffa-3-milioni-ditaliani-li-perdono
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FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI
De Palo: CFC “un impegno che si svolge con concretezza e capillarità”
“Tanti auguri! 40 anni sono un bel traguardo!”, ha esordito con auguri affettuosi Gigi De Palo, presidente del Forum delle associazioni familiari intervenendo al XVIII Convegno nazionaledei Consultori di ispirazione cristiana in svolgimento a Roma presso l’Università cattolica del Sacro Cuore. De Palo, nel ricordare che anche il Forum quest’anno celebra un anniversario “25 anni”, ha ringraziato “dell’amicizia” don Edoardo Algeri, presidente della Cfc e Leo Nestola, delegato permanente al Forum.
Il presidente del Forum ha poi posto l’accento sull’impegno dei consultori che va oltre “l’astrazione” ma anzi è colmo di “concretezza”, laddove è “importante lavorare sia sulla fase preventiva costitutiva del rapporto di coppia sia in fase di sostegno nel passaggio dei cicli di vita e delle crisi evolutive della famiglia”.
De Palo ha rilevato la ricchezza di possibilità di intervento derivante “dalla capillarità” dei presidi sul territorio e ne ha evidenziato la fondamentale opera di “sussidiarietà” svolta nei confronti delle donne e delle famiglie.
Agenzia SIR 14 aprile 2018
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GARANTE PER L’INFANZIA E L’ADOLESCENZA
Affido familiare
Il primo incontro a Roma dell’organismo di consultazione dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza (Agia) ha sancito anche un nuovo ruolo dell’ente, che per l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, Filomena Albano, “vorremmo diventasse sempre più organo di supporto dell’azione dell’Autorità e interlocutore di riferimento da coinvolgere su specifiche questioni, anche estemporanee e non preventivabili”
Per Cristina Riccardi, “Ai.Bi. si farà portavoce dei bisogni di tutti i bambini temporaneamente allontanati dalla famiglia d’origine” e lo farà, insieme con gli altri membri nominati “oltre gli aspetti strettamente istituzionali”
Prima riunione della Consulta nazionale delle associazioni e delle organizzazioni, che si è appena insediata nella sua nuova composizione e si occuperà tra i vari temi anche dell’affido familiare. Nuovo anche il ruolo dell’organismo di consultazione dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza (Agia) che, come ha spiegato in apertura dei lavori la Garante Filomena Albano, “vorremmo diventasse sempre più organo di supporto dell’azione dell’Autorità e interlocutore di riferimento da coinvolgere su specifiche questioni, anche estemporanee e non preventivabili, così da valorizzare il tesoro di esperienze e di conoscenze di cui ciascun componente è portatore e il ruolo stesso della Consulta, quale strumento di partecipazione della società civile”.
Un organo di consulenza a tutti gli effetti, a cui l’Autorità garante potrà chiedere di esprimere pareri ed effettuare analisi, che sarà operativo fino al prossimo 31 dicembre 2018. Lo specifica una nota dell’Agia.
All’interno dell’organismo entra anche Cristina Riccardi di Ai.Bi. Associazione Amici dei Bambini, come membro designato dal Tavolo Nazionale Affido. Una novità significativa, che vede Amici dei Bambini poter offrire il proprio contributo, insieme agli altri componenti designati dal medesimo Tavolo (4), oltre a quelli indicati dal Coordinamento Gruppo CRC (4) e dal PIDIDA (4) e, infine da quanti sono stati indicati dall’Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia (2) e dal Coordinamento Nazionale Comunità per i Minori (2).
“La Consulta – sottolinea Riccardi – rappresenta un tavolo molto importante di condivisione tra chi ha un ruolo di indirizzo delle politiche e chi ogni giorno lavora con e per i minori. Ai.Bi., in rappresentanza del Tavolo Nazionale Affido con altre tre organizzazioni, si farà portavoce dei bisogni di tutti i bambini temporaneamente allontanati dalla famiglia d’origine. La dott.ssa Albano ha chiesto ad ognuno di noi lo specifico ambito di esperienza, per creare una vero luogo di consultazione che vada oltre gli aspetti strettamente istituzionali, ma possa essere una forza in grado di agire anche sulle estemporaneità: una svolta importante per il ruolo di questa Consulta”.
Due i temi che l’organismo sarà chiamato ad approfondire nel corso dell’anno: inclusione e partecipazione dei minorenni migranti di seconda generazione – in particolare dal punto di vista delle bambine e delle ragazze – e il diritto al gioco e allo sport dei bambini con disabilità. Per studiare ed esaminare le due tematiche individuate, nei prossimi giorni saranno costituiti due gruppi di lavoro, composti da rappresentanti delle associazioni e delle organizzazioni riunite all’interno della Consulta e integrati con esperti designati dall’Autorità garante.
News Ai. Bi. 20 aprile 2018
www.aibi.it/ita/infanzia-insediata-nuova-consulta-nazionale
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GAUDETE ET EXSULTATE
Enzo Bianchi: Gaudete et Exsultate aiuta il cammino ecumenico
Intervista al fondatore della Comunità monastica di Bose sull’importanza, anche per l’ecumenismo, dell’Esortazione apostolica di Papa Francesco sulla chiamata universale alla santità
Un documento che può aiutare l’ecumenismo, perché pone al centro la domanda essenziale per tutti i cristiani, quella sulla santità. Enzo Bianchi, sottolinea così – in un’intervista a Vatican News – il significato profondo dell’Esortazione apostolica Gaudete et Exsultate. Per il fondatore della Comunità Monastica di Bose, grande merito del documento di Papa Francesco è quello di farsi comprendere da tutti su un tema così decisivo come la chiamata universale alla santità.
R. – Mi sembra importante che Papa Francesco abbia posto ai cristiani la domanda essenziale e cioè se loro hanno davanti a sé come obiettivo la santità, non come qualcosa da acquistare, ma come dono che il Signore vuole fare ai cristiani attraverso la vita battesimale e poi attraverso tutta la vita cristiana di sequela. E in questo, mi sembra che la novità di questa Esortazione è che il Papa parla della “santità della porta accanto”, usa questa formula, per parlare della santità di tanti sconosciuti, di tanti cristiani quotidiani che non sono molto visibili, non si impongono per grandi azioni eroiche ma che quotidianamente a caro prezzo della carità vivono il Vangelo e lo vivono concretamente.
Possiamo dire che anche su questo tema, la “santità della porta accanto”, Francesco si richiama fortemente al Concilio Vaticano II, alla Lumen Gentium in particolare?
R.- Certamente là è il fondamento laddove si dice la “universale chiamata alla santità”, perché la santità non è riservata a quelli che un tempo venivano canonizzati e soltanto loro che erano i religiosi, i monaci o il clero. No, la santità è veramente quotidiana, è qualcosa che tutti i cristiani possono ottenere da Dio come dono, certo collaborando con la loro disponibilità alla sequela di Cristo. E il Papa ricorda questo in una maniera che è comprensibile da tutti! Non è un trattato sulla Santità. Non sono delle parole difficili da comprendere. Le può comprendere un cristiano dell’Africa, come un cristiano dell’Europa come un campesinos. Tutti possono capire questa chiamata alla santità questo dono che Dio fa e lo fa attraverso la vita quotidiana nell’amore. Perché poi, quello che Francesco mette in evidenza è che se è una santità senza amore, senza questa partecipazione a quelle che sono le sofferenze, i dolori del mondo, allora questa è una santità astratta, che rischia di essere da manuale ma che non è la santità cristiana.
Le Beatitudini sono il cuore dell’Esortazione di Papa Francesco. Come farle diventare vita quotidiana?
R. – Basta ricordare che le Beatitudini non sono quel che si dice normalmente, un dire la beatitudine, la felicità di persone eroiche. E’ invece la felicità di quelle persone che ogni giorno fanno la loro battaglia, combattono per essere poveri anche nel cuore, per essere miti nei rapporti con gli altri, per essere uomini di pace all’interno delle loro famiglie e delle situazioni umane. Quelli che sono perseguitati e che non minacciano vendetta e che continuano a mantenere uno spirito che è quello davvero di Cristo povero. Le Beatitudini sono quelle che proclamano che Gesù Cristo è il Beato per eccellenza: Lui è il povero per eccellenza, Lui è il mite! Quindi, il cristiano attraverso le Beatitudini ha un cammino di conformazione a Cristo che non trova certamente così sintetizzato in altre pagine del Vangelo o della Scrittura.
Un documento come questo può aiutare il cammino ecumenico?
R.- Forzatamente, perché io sono convinto che l’ecumenismo si nutre certamente di relazioni tra le Chiese ma, come diceva un grande ecumenista all’inizio del secolo scorso, l’ecumenismo è quel cammino che si deve fare all’interno di una ruota: dal cerchio verso il centro! Se i cristiani, dalle varie Chiese vanno verso il centro che è Gesù Cristo, sempre più conformi a Lui, si sentiranno sempre più vicini come i raggi della ruota sono percorsi che portano ad avvicinare quelli che stanno sul cerchio sempre più al centro. E più vicini troveranno più unità, più comunione.
Alessandro Gisotti – Vatican news 17 aprile 2018
www.vaticannews.va/it/papa/news/2018-04/enzo-bianchi-gaudete-exsultate-aiuta-ecumenismo.html
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LUDOPATIA
Ludopatia: una malattia da 100 miliardi di euro
Anziani, disoccupati, ma anche lavoratori e studenti. È questo il mondo del gioco d’azzardo, una delle peggiori piaghe sociali che affligge milioni di famiglie italiane. Il commento di Patrizia Saraceno, membro dell’Osservatorio per il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo e vicepresidente del Centro Italiano di Solidarietà don Mario Picchi (CeIS)
Sempre più italiani sfidano la sorte e, sperando in un futuro migliore, investono i loro risparmi nel gioco d’azzardo. Un’abitudine che però rischia di diventare una malattia che distrugge intere famiglie. Il problema è legato soprattutto alla facilità di accesso al gioco, considerata una pratica lecita. “Giocare d’azzardo è semplice come andare a comprare il pane al forno”. È l’allarme di Patrizia Saraceno, membro dell’Osservatorio per il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo e vicepresidente del Centro Italiano di Solidarietà don Mario Picchi.
I numeri di un fenomeno in crescita. Nel 2017, stando ai dati ufficiali dei Monopoli di Stato rielaborati da Maurizio Fiasco, Presidente dell’Associazione per lo studio del gioco d’azzardo, gli italiani hanno speso complessivamente 101,85 miliardi di euro. Un aumento del 6% rispetto al 2016 e del 142% sul 2007. Con una spesa pro capite, tra i cittadini con più di 18 anni, di 1.697 euro.
Le provincie dove si gioca di più. Prato si aggiudica la maglia nera con una quota pro capite pari a 3.796 euro. Seguita poi da Teramo e Pescara dove la quota pro capite si aggira intorno ai 2.400 euro. All’ultimo posto le provincie di Cagliari, Trento ed Enna, qui la spesa ammonta tra i 1.000 -1500 euro.
Lo Stato continua a favorire il gioco, incassando però sempre meno. I soldi giocati nel 2017 sfondano il tetto dei 100 miliardi di euro. Gli incassi dell’erario, però, sono crollati di un terzo in sette anni. Su 26.931.571.772 di euro investiti l’anno scorso coi giochi, ne restano allo Stato solo 304.673.167. L’erario ricava solo l’1,13% dai giochi online. Una somma irrisoria rispetto a quella investiti dai giocatori.
La piaga del gioco illegale. I dati diffusi dal Ministero prendono in considerazione solo i giochi legali. Per comprendere l’entità del fenomeno non si deve dimenticare il gioco illegale gestito dalle mafie. Si tratta di una percentuale pari al 20%. La presenza di gioco sommerso è più evidente al Sud, dove i malavitosi distribuiscono e installano i propri apparecchi, sostituendosi allo Stato e all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, come è stato evidenziato da numerose inchieste condotte nel corso degli anni.
Il dramma della ludopatia: una malattia simile alla tossicodipendenza. Dietro il gioco d’azzardo si nasconde l’inferno delle dipendenze patologiche che causano la perdita del lavoro e della dignità, rovinando intere famiglie. “Dal lavoro del CeIS è emerso come la ludopatia sia molto simile alla tossicodipendenza. Parlando con le persone abbiamo evidenziato come loro, mentre giocano, annullano tutto quello che hanno intorno. La stessa patologia si riscontra nei tossico dipendenti “spiega Patrizia Saraceno.
Le persone che presentano forme di ludopatia in Italia, secondo un’indagine del giornale L’Espresso, sono circa 790.000. Di queste, il 50% è disoccupato. A rischio patologia sono invece 1.750.000 italiani. Un dramma che pesa anche sullo Stato perché per ogni giocatore patologico grave, il costo annuale delle cure a carico dello Stato raggiunge i 38 mila euro.
L’identikit del giocatore. Secondo Patrizia Saraceno, “non esiste un vero identikit del giocatore. Quella del gioco d’azzardo è una dipendenza trasversale che riguarda uomini, donne e giovani di ogni ceto sociale: dal disoccupato alla persona più abbiente. Però c’è un aspetto che accomuna tutti, ed è il motivo che spinge a giocare: l’illusione di sistemarsi per tutta la vita. Anche il riscatto sociale è una ragione che spinge le persone più bisognose ad avvicinarsi al gioco. Infine – prosegue Saraceno – soprattutto tra i giovani, bisogna evidenziare il fatto che spesso il gioco viene considerato un’attività normale. Molti ragazzi vedono i loro genitori giocare abitualmente e così iniziano anche loro”.
L’allarme tra i giovani. In Italia il 58,1% dei ragazzi gioca d’azzardo. Secondo una ricerca curata dall’Istituto di fisiologia clinica del Cnr, l’8 % dei giovani che gioca ha già comportamenti problematici. Dati che trovano conferma anche nell’attività svolta dal CeIS. “Come onlus svolgiamo molto lavoro di prevenzione tra i giovani. Relazionandoci con loro abbiamo notato come si sia abbassata l’età in cui i ragazzi si avvicinano al gioco: all’inizio della nostra attività lavoravamo nelle scuole superiori, ora abbiamo iniziato anche con i ragazzi di quinta elementare” spiega la vicepresidente.
L’aiuto del CeIS e l’intervento dello Stato. Il CeIS attua una serie di interventi diversificati che riguardano sia l’ambito lavorativo che quello familiare. “Noi interveniamo soprattutto attraverso la psicoterapia attivandoci su diversi fronti: quello personale e quello familiare. I percorsi che vengono intrapresi coinvolgono anche la famiglia del giocatore perché la ludopatia è un problema che coinvolge tutto il nucleo, si pensi ad esempio ai debiti di gioco. Inoltre c’è anche il problema delle difficoltà di comunicazione tra il giocatore e la sua famiglia” illustra Patrizia Saraceno sottolineando come quello della riabilitazione sia un processo lungo e difficile per via del fatto che il gioco d’azzardo è lecito. “Anche l’attività dell’Osservatorio – conclude – si sviluppa con dei piani diversificati che prestano maggiore attenzione alla prevenzione, attività che si rivolge soprattutto ai più giovani.
Luisa Urbani –Vatican news 17 aprile 2018
www.vaticannews.va/it/mondo/news/2018-04/ludopatia-malattia-cento-miliardi-euro.html
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UNIONE CONSULTORI ITALIANI PREMATRIMONIALE E MATRIMONIALI
25° Congresso a Castel San Pietro Terme BO
Nel 50° della sua fondazione, è programmato il 25° Congresso Nazionale dell’Ucipem, che si svolgerà a Castel San Pietro Terme presso il Centro Congressi Artemide, da venerdì 4 a domenica 6 maggio 2018.
Il Congresso ha come tema: Una storia proiettata nel futuro. Il buon seminatore.
Il Consultorio familiare Ucipem dai bisogni attuali della famiglia agli scenari futuri.
Quali possono essere gli scenari futuri della famiglia e delle relazioni umane? Quali risposte i nostri consultori potranno e dovranno dare alle persone e alla società e quali cambiamenti dovranno affrontare per poter dare queste risposte? Saranno questi i temi del XXV Congresso Nazionale dell’UCIPEM. Le risposte verranno da studiosi e soprattutto dagli operatori dei nostri consultori, che vivendo quotidianamente in prima linee le sofferenze e i disagi delle famiglie sono in grado di coglierne le possibili evoluzioni future.
venerdì 4 maggio ore 14,00
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Accoglienza e Registrazione
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Presentazione del congresso Francesco Lanatà, presidente UCIPEM
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Le nostre origini: “Il buon seme”. Introduce e coordina Chiara Camber
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Alice Calori ricorda Don Paolo Liggeri e Sergio Cammelli.
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Intervista a Don Paolo Liggeri.
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Paolo Benciolini: La nascita dell’UCIPEM e il contesto sociale.
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Luisa Solero: la legge 405/1975.
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Rosalba Fanelli ricorda p. Luciano Cupia.
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Con gli occhi dei presidenti: Beppe Sivelli e Gabriela Moschioni.
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Interviste registrate a p. Domenico Correra SJ, Giancarlo Marcone, p. Michelangelo Maglie SJ, Duccia Rossi, Anita De Meo, don Charles Vella.
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Interventi dall’aula
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UCIPEM e società oggi: Introduce Luca Proli
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Edoardo Polidori: Genitori e figli di fronte alle droghe.
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ore 21,00 Cineforum: con la proiezione del film La felicità umana di Maurizio Zaccaro
sabato 5 maggio ore 9,00
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Tavola Rotonda: Professionalità in rete al servizio del territorio. Introduce Gabriela Moschioni.
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Elisabetta Gualmini, vicepresidente Regione Emilia Romagna Il principio di sussidiarietà nel rapporto pubblico – privato.
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Emanuela Elmo (UCIPEM Bologna): La riforma del terzo settore.
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Gigi De Palo (Presidente Forum delle Associazioni Familiari): Il Forum e la sua rete.
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don Edoardo Algeri (Presidente C.F.C.): UCIPEM e CFC – Un cammino insieme.
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Rita Roberto (Presidente AICCeF): La legge 4/2013 oggi.
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don Ermanno D’Onofrio (CISPEeF): Le scuole per consulenti familiari.
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p. Tommaso Guadagno SJ (UCIPEM Napoli) Professionalità e amore nella consulenza.
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Letture Magistrali su: “La famiglia tra bisogni attuali e scenari futuri” Introduce Giancarlo Odini
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Matteo Lancini: Abbiamo bisogno di adulti autorevoli: Aiutare gli adolescenti a diventare adulti.
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15,00 World Cafè: Il Consultorio dai bisogni attuali agli scenari futuri della famiglia.
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Introduce don Cristiano Marcucci Coordina Raffaella Moioli
www.dors.it/page.php?idarticolo=1161
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21,30 Serata conviviale con il coro gospel VOCAL LIVE
domenica 6 maggio ore 9,00
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Consultorio e Famiglia: possibili scenari futuri (riflessioni sui risultati del World Cafè)
Chiara Camber e Luca Proli
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Interventi dalla platea
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Conclusioni. Francesco Lanatà
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Questionario di apprendimento
Sono stati richiesti i crediti formativi per le seguenti professioni: Assistenti sociali, Avvocati, Consulenti familiari, Infermieri professionali, Insegnanti, Medici, Ostetriche, Psicologi.
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Sede Del Congresso. Hotel Castello – Centro Congressi Artemide
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Viale delle Terme, 1010/b – 40024 Castel San Pietro Terme (BO) ITALY – tel.39 051 943509
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Come raggiungere l’Hotel Castello:
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5 minuti dalla fermata degli autobus di linea urbani ed extra urbani provenienti da Bologna
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3 Km dalla stazione ferroviaria di Castel San Pietro Terme (treni ogni 30-40 minuti)
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4 Km dal Casello Autostradale di Castel San Pietro Terme sulla A14 Bologna-Ancona
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34 Km dall’aeroporto G. Marconi di Bologna.
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Quota di iscrizione: Euro 50
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Le iscrizioni devono essere effettuate dopo il pagamento della quota di iscrizione, sul sito UCIPEM NAZIONALE entro il 30 aprile 2018. Sarà ritenuta valida l’attestazione dell’avvenuto pagamento che dovrà essere effettuato tramite bonifico bancario intestato all’ U.C.I.P.E.M. codice IBAN: IT19D0335901600100000015560
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Sulla causale è necessario scrivere: XXV CONGRESSO NAZIONALE UCIPEM, nome e cognome, consultorio di provenienza, nominativi di eventuali accompagnatori non iscritti al congresso.
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La quota di iscrizione da diritto alla partecipazione alle sessioni, al kit congressuale, ai coffe break e ai crediti formativi se richiesti.
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La quota di iscrizione non comprende i costi delle camere in hotel, il pranzo di sabato e le cene di venerdì e sabato che vanno pagati a parte, direttamente all’hotel Castello.
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Prenotazione camere esclusivamente all’hotel Castello: tel. 051.943509, specificando di essere congressisti UCIPEM anche tramite info@hotelcastello.comwww.hotelcastello.com
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Costi del soggiorno: camera singola € 51,00 – camera doppia € 56,00iva inclusa. Le tariffe sono da considerarsi a camera, a notte, con prima colazione a buffet.
Qualora il numero degli iscritti dovesse superare la capacità dell’Hotel Castello, sarà disponibile l’Hotel Anusca posto nelle immediate vicinanze a prezzi superiori di soli 4 euro. Le prenotazioni saranno comunque gestite dall’Hotel Castello.
Alla tariffa su indicata bisogna aggiungere l’imposta di soggiorno di € 2,00 a persona a notte.
Pasti: Cena del venerdì: € 23,00 IVA inclusa. Pranzo del sabato: € 19,00 IVA inclusa. Cena del sabato: € 26,00 IVA inclusa. Nota bene: Eventuali allergie alimentari o intolleranze dei partecipanti dovranno essere comunicate per iscritto a alla accettazione dell’hotel prima dell’evento.
www.ucipem.com/it/index.php?option=com_content&view=article&id=621:xxv-congresso-nazionale-ucipem-bologna&catid=9&Itemid=136
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