NewsUCIPEM n. 695 – 1 aprile 2018

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01 ADOZIONE Cercare i fratelli biologici si può, ma non è un’entrata a gamba tesa.

02 Il diritto dell’adottato di conoscere le proprie origini.

04 AFFIDAMENTO Affidamento dei figli: il ruolo del padre.

05 ASSEGNO DI MANTENIMENTOSeparazione: no alla ex giovane e laureata che non cerca lavoro.

05 ASSEGNO DIVORZILE Durata del matrimonio rilevante per la quantificazione dell’assegno

06 ASSISTENZA FAMILIARE Separazione, divorzio: dal 6 aprile in vigore il nuovo art. 570-bis c.p.

07 CENTRO INTERN. STUDI FAMIGLIA Newsletter CISF – N. 11, 28 marzo 2018

10 CHIESA CATTOLICA “Papa Francesco ci chiede un cambiamento di mente e cuore”.

10 CINQUE PER MILLE 5 2018: no domanda per gli enti iscritti nell’elenco permanente.

10 CONSULENTI COPPIA E FAMIGLIA Ecclesia Mater: in estate l’Alta formazione in consulenza familiare.

11 CONSULTORI FAMILIARI Roma. Al Quadraro. Impegno per accompagnare l’educazione.

12 CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM Padova. Saper leggere e confrontarsi con i “segni dei tempi”.

13 DALLA NAVATA Domenica di Pasqua – Anno B –1 aprile 2018.

14 Commento di E. Bianchi.

15 FRANCESCO VESCOVO DI ROMAUomini, mariti, padri: Francesco e la maschilità.

16 HUMANÆ VITÆ A 50 anni dall’Humanæ vitæ: con la gioia dell’amore.

17 MATERNITÀ Sono incinta e disoccupata: mi spetta qualcosa?

17 MISNATutori volontari. Ecco che cosa si aspetta da loro.

18 UCIPEM 25° Congresso a Castel San Pietro Terme BO

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ADOZIONE

Cercare i fratelli biologici si può, ma non è un’entrata a gamba tesa

Corte di Cassazione, prima sezione civile, sentenza n. 6963, 20 marzo 2018.

Una recente sentenza della Cassazione riconosce all’adottato adulto la possibilità di individuare i fratelli adottati da famiglie diverse, ma chiarisce: è un diritto da bilanciare. Ecco come.

Chi viene adottato, spesso, crescendo si interroga sulla propria identità. Sappiamo che da qualche tempo, grazie anche alle convenzioni internazionali e al diritto europeo, si può accedere a una procedura, riservatissima, che consente ad adottati adulti di conoscere l’identità dei propri genitori biologici, nell’ambito del diritto alla conoscenza delle proprie origini e alla costruzione della propria identità (o anche del diritto alla salute in alcuni casi per esempio patologie ereditarie), salvaguardando, però, il diritto contrario della madre che non abbia riconosciuto il figlio alla nascita di negare il consenso a rivelare l’identità in un secondo momento. Solo un tribunale, infatti, può contattare la madre nella massima riservatezza e verificare la sua decisione di mantenere o meno la segretezza.

Non si era parlato molto invece fin qui di un eventuale diritto analogo a conoscere l’identità dei propri fratelli biologici. Capita infatti, e capitava forse ancor più in passato, che fratelli venissero dati in adozione a famiglie diverse. Di recente ha fatto notizia il caso di fratelli adottati grandicelli in luoghi diversi d’Italia che si sono trovati e ricontattati da grandi autonomamente via facebook: un caso possibile perché quando sono stati separati erano abbastanza grandi da avere ricordi comuni.

Ora però il problema si pone in una sentenza della Cassazione civile depositata pochi giorni fa, in cui un adulto adottato da piccolo, dopo plurimi ricorsi respinti nei tribunali di merito, si è visto riconoscere un diritto analogo nei confronti dei fratelli adottati da altre famiglie. È forse la prima volta che il diritto si esprime così dettagliatamente sul tema della “fratellanza”, come elemento significativo alla costruzione della propria identità.

Si tratta di un diritto non assoluto, sia nel caso dei genitori sia nel caso dei fratelli: è chiaro, e i giudici lo precisano bene, che non si tratta mai di entrare a gamba tesa o di prepotenza nelle vite altrui. Si spiega anzi, che può esistere un diritto contrario delle persone a salvaguardare la costruzione dell’identità costruita a partire dall’adozione e dei nuovi legami, e che questo diritto va bilanciato con quello della persona che chiede di conoscere l’identità dei fratelli. Anche in questo caso la Corte di Cassazione individua una procedura protetta simile a quella prevista per la madre che non ha riconosciuto il figlio: un contatto riservato da parte del tribunale a cui il fratello interpellato può dire sì o no, senza che quell’eventuale no possa essere in alcun modo forzato o aggirato.

Elisa Chiari Famiglia cristiana on line 27 marzo 2018

www.famigliacristiana.it/articolo/diritto-alla-fratellanza-opportunita-e-limiti-nella-ricerca-dei-fratelli-biologici.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter+fc&utm_content=news&utm_campaign=fc1813

Il diritto dell’adottato di conoscere le proprie origini

Corte di Cassazione, prima sezione civile, sentenza n. 6963, 20 marzo 2018.

www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_29751_1.pdf

L’adottato ha diritto di conoscere le generalità dei propri fratelli biologici. Questo il principio primario che si ricava dalla recente sentenza della Cassazione (n. 6963/2018 sotto allegata), chiamata ad esprimersi sulla richiesta di un figlio adottivo che voleva conoscere le generalità delle sorelle biologiche.

Una sentenza che offre lo spunto per analizzare il delicato bilanciamento tra il diritto ai legami familiari e quello alla riservatezza, nella legislazione e nella giurisprudenza.

Il Tribunale per i minorenni e la Corte d’Appello rigettano l’istanza presentata da un soggetto adottato al fine di acquisire le generalità delle sorelle biologiche. A fondamento di tali reiezioni, si sostiene che il diritto di conoscere i legami familiari consista esclusivamente nella facoltà di accedere alle informazioni relative alle proprie origini, limitatamente all’identità dei genitori naturali.

Nel caso di specie, il diritto ad avere una relazione con le sorelle soccomberebbe rispetto al diritto alla riservatezza di queste ultime. In altri termini, un’istruttoria preventiva finalizzata all’acquisizione del consenso per l’accesso ai dati, minerebbe gli equilibri connessi allo stato di adottato delle sorelle oltre che agli stessi genitori adottivi.

Adozioni: le norme nazionali e sovranazionali di riferimento.

  • Artt. 7-8 Convenzione di New York

  • Art. 30 Convenzione dell’Aja

  • Art. 28 co 4 e 5 Legge 184/1983- Il diritto a conoscere le proprie origini

Il diritto a conoscere le proprie origini è un diritto della personalità, espressione essenziale del diritto all’identità personale. Lo sviluppo di una persona, sia nella propria individualità che nelle relazioni con gli altri, può dirsi realizzato solo se si è in grado di conoscere la propria identità, sia interiore che esteriore. Elementi essenziali dell’identità esteriore sono il nome e la discendenza giuridicamente rilevante. Il riconoscimento della discendenza biologica e, dunque, della parentela più prossima, è l’aspetto più delicato e dibattuto negli ultimi anni.

La questione sottoposta alla Cassazione attiene quanto disposto dall’art. 28 Legge 184/1983. La norma da ultimo richiamata prevede il diritto dell’adottato di conoscere le proprie origini e l’identità dei genitori naturali, senza alcun riferimento alla posizione dei parenti più prossimi come i fratelli biologici. Nello specifico, si distingue a seconda che il richiedente abbia conseguito o meno la maggiore età e altresì se abbia un’età inferiore o superiore ai 25 anni, prevedendo delle limitazioni per accedere alle relative informazioni. La norma disciplina sommariamente l’audizione delle persone interessate e prevede, nel suo ultimo comma, il diniego di accedere ai dati se il genitore biologico abbia manifestato la propria volontà di rimanere anonimo.

Quanto sinora illustrato permette di cogliere come la possibilità di ottenere informazioni relativamente ai fratelli biologici sia una questione strettamente connessa a quanto affrontato dalla giurisprudenza circa l’identità dei genitori naturali.

Il parto cosiddetto “anonimo” e il diritto della madre a rimanere sconosciuta. L’art. 28 ultimo comma della Legge sulle adozioni (184/1983) prevedeva, come anticipato, la prevalenza assoluta del diritto della madre a restare anonima rispetto al diritto del figlio di conoscerne l’identità.

Nel 2012 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, nel caso Godelli c. Italia, condannava quest’ultima dal momento che la norma in questione riconosceva una tutela esclusiva alla posizione della madre, precludendo così qualsiasi bilanciamento rispetto al diverso e, non meno importante, diritto del figlio di conoscere le proprie origini. E’ emerso dunque come il legislatore, riconoscendo esclusiva prevalenza alla posizione della madre, aveva svolto una valutazione ex ante, non consentendo alcun bilanciamento ex post.

Nel 2013 interveniva la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 276, dichiarando l’illegittimità della norma nella parte in cui non prevedeva la possibilità per il giudice di ascoltare, su richiesta del figlio, la madre che avesse dichiarato all’epoca del parto di non voler essere nominata. La finalità dell’interpello è di verificare se la volontà della madre sia rimasta quella di rimanere sconosciuta al proprio figlio o, invece, sia mutata.

Negli anni immediatamente successivi, il legislatore è rimasto inerte e la giurisprudenza si è divisa. Nello specifico, la giurisprudenza di merito ha talvolta ritenuto che la sentenza della Consulta fosse una pronuncia monito, escludendo così la possibilità di operare qualsiasi apprezzamento in concreto. Diversamente, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che la sentenza costituzionale fosse una pronuncia additiva di principio.

Optare per tale ultimo inquadramento comporta che la sentenza della Consulta costituisca un vincolo sia per il legislatore affinché intervenga, sia per lo stesso giudice al fine di garantire l’effettività della tutela. Questo percorso argomentativo è stato condiviso e fatto proprio dalle Sezioni Unite con la pronuncia n. 1946 dello scorso anno 2017.

www.questionegiustizia.it/doc/Sentenza_Cassazione_Civile_Sezioni_Unite_25_gennaio_2017_n_1946.pdf

Si è sostenuto infatti che il mancato intervento del legislatore non può ripercuotersi sul diritto del figlio a conoscere le proprie origini. La norma dichiarata incostituzionale cessa di avere efficacia, come noto, il giorno successivo alla pubblicazione della sentenza. La riserva della potestà legislativa in capo al Parlamento non esclude che il giudice possa esercitare il proprio potere, applicando norme e principi che, soprattutto se vincolanti, sono necessari e indispensabili.

Il diritto all’identità personale deve essere bilanciato con il diritto alla riservatezza. In altri termini, il bilanciamento non si attua riconoscendo in capo al giudice un margine di apprezzamento ma si ravvisa in un vero e proprio modulo procedimentale. In mancanza di un intervento legislativo ad hoc, le Sezioni Unite hanno affermato che il procedimento di interpello sarà quello previsto dallo stesso articolo 28 della Legge sulle adozioni, adattato al fine di garantire la riservatezza della madre.

L’importanza di questa sentenza deriva dal principio generale che ne deriva: il bilanciamento tra i diritti della personalità di cui si discute deve avvenire attraverso un procedimento riservato di interpello.

L’esatta perimetrazione del diritto di conoscere le proprie origini e l’identità dei propri genitori

La Cassazione, con la sentenza in commento, si è altresì soffermata sull’interpretazione letterale di quanto previsto dall’art. 28 co 5 Legge cit. e, in particolare, sul significato da attribuire a “conoscere le proprie origini e l’identità dei genitori biologici”. Ci si è chiesti se tale formula rappresenti un’endiadi, trattandosi di due concetti coincidenti, oppure afferisca due differenti ambiti di informazione. In altri termini, ci si è chiesti se vi sia una specialità per specificazione, riferita ai soli genitori biologici oppure se si riconosce il diritto ad avere informazioni dell’intero nucleo familiare.

Il Collegio ritiene che un’interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata faccia propendere per la seconda opzione ermeneutica. Si ritiene che il diritto a conoscere la propria identità personale possa dirsi pienamente soddisfatto qualora le informazioni afferiscano l’intero nucleo familiare di origine. Si tratta di un’interpretazione necessaria anche considerando l’ipotesi in cui non sia possibile risalire ai genitori biologici.

Come operare il bilanciamento. Atteso che il diritto di conoscere le proprie origini afferisca accedere ad informazioni relative tanto ai genitori naturali quanto ai fratelli biologici, la Cassazione affronta la questione relativa alle modalità di bilanciamento degli interessi coinvolti. Ci si chiede se la posizione dei fratelli biologici possa essere equiparata a quella dei genitori naturali. La risposta è negativa.

Si nota come i fratelli e le sorelle naturali non siano intervenuti nelle scelte che abbiano portato ad essere anche loro adottati ed altresì come questi abbiano potuto acquisire un loro equilibrio di vita, esposto al rischio di mutamenti. Si sostiene che se l’adottato adulto detiene un diritto potestativo di conoscere l’identità dei propri genitori naturali, lo stesso non può dirsi in relazione ai propri fratelli biologici. Emerge un necessario e concreto bilanciamento tra i diritti coinvolti che in astratto possono apparire in contrasto.

La diversità di posizione tra i genitori ed i figli, viene ricondotta ad unità nelle modalità di operare un tale bilanciamento. Si deve sempre ricorrere ad un procedimento riservato di interpello, attenendosi a quanto previsto dalle succitate Sezioni Unite. L’adottato, seppur con riferimento ai propri fratelli naturali, chiede di aver accesso a dati sensibili e riservati, non comprimibili se non con il dissenso espresso da parte dei possessori delle relative informazioni.

Si evidenzia come non vi è la possibilità di manifestare un divieto espresso, a differenza di quanto previsto per la madre biologica. L’adottato richiedente e i fratelli naturali detengono posizioni soggettive di pari rango e sono portatori di diritti omogenei, senza alcuna predeterminazione normativa di graduazione.

Si tratta però di diritti omogenei ma diversi, che devono per ciò essere bilanciati mediante procedimenti di interpello. Questi ultimi sono quelli previsti dai numerosi protocolli elaborati dai Tribunali per i minorenni e ampiamente illustrati nella sentenza delle Sezioni Unite.

Dr Enrico Pattumelli Studiocataldi.it – Quotidiano giuridico 27 marzo 2018

www.studiocataldi.it/articoli/29751-il-diritto-dell-adottato-di-conoscere-le-proprie-origini.asp

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AFFIDAMENTO DEI FIGLI

Affidamento dei figli: il ruolo del padre

L’affido condiviso, il criterio della maternal preference e il diritto alla bigenitorialità. Prima della riforma del 1975 i figli, in caso di separazione, venivano affidati al padre in ossequio al modello di famiglia patriarcale dove il padre era ritenuto l’unico in grado di provvedere alla buona educazione ed istruzione dei figli, alla madre solo in caso di immoralità o poco affetto da parte del padre.

Con la riforma del diritto di famiglia (anno 1975), la famiglia subisce un’innovazione caratterizzata dall’introduzione del principio di eguaglianza morale e giuridica dei coniugi. In virtù di tale principio i coniugi hanno, infatti, gli stessi diritti, che dovrebbero esercitare congiuntamente e di comune accordo, e gli stessi reciproci doveri: alla fedeltà, all’assistenza, alla collaborazione e alla coabitazione. Tale parità tra i coniugi si riverbererà, con l’andar del tempo, anche sul ruolo genitoriale con l’introduzione dell’affido condiviso con L. 54/2006.

Si sa, in sede di separazione i figli sono affidati alla madre perché ritenuta genitore più idoneo ad occuparsi dell’educazione, del benessere dei figli. Pensarla così, un grosso errore!!!

Ogni genitore ha un ruolo fondamentale nella crescita ed educazione dei figli: la madre come genitore che dà affetto, fiducia, apre al dialogo, il padre come genitore che prende decisioni, responsabilizza.

La maternal preference. E’ proprio in sede di separazione che questi ruoli genitoriali vengono messi a dura prova. Infatti, i figli vengono affidati in modo automatico alla madre, applicando il criterio della “maternal preference” ed il padre che chiede che il figlio venga a lui affidato deve giustificare la sua richiesta. Con la L. 54/2006 che ha introdotto “l’affido condiviso” il ruolo educativo del padre è stato ritenuto dal Legislatore di notevole importanza nel progetto di crescita dei figli. Nonostante ciò, si continua a ritenere che il compito di crescere ed educare i figli sia proprio della madre (cosiddetta educazione maternizzata) perché il padre è sempre stato ed è ancora ritenuto genitore con ruolo impositivo, lontano da quel progetto educativo basato sull’attenzione, sul rispetto, sulla fiducia.

Se non sussistono gravi motivi, non è giusto escludere i padri dal progetto educativo del figlio determinando, così, uno squilibrio educazionale. Ciò, come ci racconta frequentemente la cronaca, determina situazioni di escalation di violenza fisica e psicologica che si concludono, spesso, nel modo più tragico.

E’ compito anche degli avvocati insistere, affinché nell’affidamento dei figli il criterio da seguire sia quello del superiore interesse del minore e non quello della “maternal preference” che si pone in contrasto con quella che è la ratio della legge sull’affido condiviso, ovvero maggiore responsabilizzazione dei genitori, separati o divorziati, i quali si impegnano a realizzare entrambi una linea comune nell’educazione del minore.

Ne discende, quindi, la necessità che ciascun genitore operi direttamente per la cura del figlio e coordini con l’altro le varie fasi del progetto educativo, esplicitando le mansioni che ognuno è disposto a svolgere d’intesa con l’altro e i compiti specifici in una condizione tendenzialmente paritaria. In questo modo al padre verrebbe riconosciuto il suo ruolo genitoriale latu sensu e non relegandolo a genitore di mero bancomat.

Magistratura, classe forense devono insistere affinché la legge sull’affido condiviso trovi piena applicazione in ossequio al principio di bigenitorialità inteso come diritto del minore ad avere nella sua vita la presenza costante di entrambi i genitori.

“La guerra contro il padre è in realtà una guerra contro i figli: il punto non è semplicemente il diritto dei padri o il diritto delle madri, ma il diritto dei figli ad avere due genitori che si occupino attivamente della loro vita”.

Avv. Luisa Camboni – Newsletter Giuridica Studio Cataldi 26 marzo 2018

www.studiocataldi.it/articoli/29713-affidamento-dei-figli-il-ruolo-del-padre.asp

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ASSEGNO DI MANTENIMENTO

Separazione: addio mantenimento alla ex giovane e laureata che non cerca lavoro

Corte di Cassazione, sesta sezione civile, ordinanza n. 6886, 20 marzo 2018.

www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_29714_1.pdf

Per la Cassazione se la ex giovane e istruita non si attiva per trovare un’occupazione non può imputarsi al coniuge la non conservazione del precedente tenore di vita. Dice addio al mantenimento la moglie separata, giovane, laureata e non affetta da malattie invalidanti che non dimostra di essersi adeguatamente attivata per ricercare un’occupazione lavorativa adeguata alle sue attitudini. Non può, infatti, imputarsi in tal caso all’ex la mancata conservazione del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.

Lo ha confermato la Cassazione, bocciando il ricorso della ex moglie separata che si era vista revocare dai giudici di merito l’assegno di mantenimento a lei versato dal coniuge. In particolare, la donna contesta l’operato della Corte d’Appello per aver posto a suo carico l’onere di dimostrare l’inadeguatezza dei suoi redditi a conservare il tenore di vita matrimoniale. Avrebbe dovuto, secondo la difesa, essere il marito a dimostrare di redditi adeguati. Ancora, sostiene la ricorrente, il giudice avrebbe omesso di considerare il suo sforzo nel tentare di trovare un lavoro, attuatosi mediante stage che si erano risolti senza esito positivo.

Censure che appaiono prive di fondamento secondo la Cassazione: la sentenza impugnata, infatti, pur riconoscendo un divario tra le capacità economiche delle parti, aveva ritenuto che lo stato di disoccupazione della donna (già accertato dal Tribunale) non fosse incolpevole e che, dunque, non fosse giustificata l’attribuzione di un assegno in mantenimento a suo favore. La ricorrente, secondo i giudici, non aveva dimostrato di essersi attivata per reperire un’occupazione lavorativa, tenuto conto della sua giovane età (circa 35 anni) e del titolo di studio di cui era in possesso (laurea), della mancanza di patologie invalidanti e del tempo (circa sei anni) trascorso dalla data del deposito del ricorso per separazione.

Trattasi per gli Ermellini di un plausibile accertamento di fatto non censurabile in sede di legittimità con il mezzo proposto e non scalfito da un ricorso in cui non sono stati indicati fatti decisivi il cui esame sia stato omesso dai giudici di merito.

Infondata, inoltre, appare la doglianza riguardante l’erronea applicazione della regola sull’onere prova. Se è vero, si legge nel provvedimento, “che nella separazione personale i redditi adeguati cui va rapportato, ai sensi dell’articolo 156 c.c., l’assegno di mantenimento a favore del coniuge sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio è anche vero che la prova della ricorrenza dei presupposti dell’assegno incombe su chi chiede il mantenimento e che tale prova ha ad oggetto anche l’incolpevolezza del coniuge richiedente, quando, come nella specie, sia accertato in fatto che, pur potendo, esso non si sia attivato doverosamente per reperire un’occupazione lavorativa retribuita confacente alle sue attitudini, con l’effetto di non poter porre a carico dell’altro coniuge le conseguenze della mancata conservazione del tenore di vita matrimoniale”. Il ricorso viene dunque integralmente respinto.

Lucia Izzo Studio Cataldi Newsletter Giuridica 26 marzo 2018

www.studiocataldi.it/articoli/29714-separazione-addio-mantenimento-alla-ex-giovane-e-laureata-che-non-cerca-lavoro.asp

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ASSEGNO DIVORZILE

Durata del matrimonio rilevante per la quantificazione dell’assegno

Corte di Cassazione, sesta sezione civile, ordinanza n. 7342, 23 marzo 2018.

www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_29720_1.pdf

Per la Corte di Cassazione corretto riconoscere l’esborso alla moglie non autosufficiente, poi quantificato tenendo conto implicitamente anche della durata del rapporto

L’assegno divorzile va riconosciuto alla ex laddove il giudice di merito valuti ed escluda la sua autosufficienza economica stante la sua limitata capacità e possibilità effettiva di lavoro personale e di reddito (non destinata a incrementarsi in futuro). Nei fattori considerati, invece, nella fase di determinazione dell’esborso, corretto il riferimento, seppur implicito, alla durata del matrimonio. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, ennesimo provvedimento che si inserisce nel solco tracciato dal revirement giurisprudenziale in materia di assegno divorzile.

Nella vicenda in esame, l’ex marito si era visto porre a suo carico l’assegno divorzile nei confronti della moglie (pur venendo meno il mantenimento nei confronti della figlia), decisione confermata anche in sede di appello e impugnata in Cassazione.

Tuttavia, gli Ermellini dichiarano inammissibile il ricorso, perché sostanzialmente diretto a contestare la valutazione di merito compiuta dal giudice a quo che, invece, appare conforme a quanto stabilito dalla giurisprudenza di legittimità in materia (sent. 11504/2017). In particolare, la Corte distrettuale ha dapprima (fase dell‘an debeatur) accertato la sussistenza o meno del diritto all’assegno a favore della donna con una valutazione conclusasi positivamente. Infatti, i giudici hanno ritenuto inadeguati i mezzi economici a disposizione della ex al fine di consentirle l’indipendenza o autosufficienza economica.

In particolare, si è sottolineata la sua limitata capacità e possibilità effettiva di lavoro personale e di reddito, non destinata a incrementarsi in futuro, la disponibilità di una casa di abitazione e la mancata fruizione di trattamenti pensionistici. Dati emersi dalle allegazioni della donna (gravando l’onere probatorio sulla parte richiedente l’esborso) e dal riscontro delle stesse attraverso accertamenti svolti dalla polizia tributaria nel corso del giudizio.

Riconosciuto il diritto all’assegno, i giudici sono poi passati alla determinazione in concreto della somma (fase del quantum debeatur) tenendo presenti una serie di criteri suggeriti dalla legge e dalla giurisprudenza. A tale scopo la Corte ha considerato il reddito mensile a disposizione dell’ex marito, il venir meno dell’obbligo contributivo mensile in favore della figlia, dell’onere su di lui gravante per il pagamento del canone mensile di locazione della sua abitazione, di un contenzioso esistente tra le parti avendo il marito chiesto alla moglie di restituirle la metà delle somme ricavate dalla vendita dell’abitazione familiare (destinate all’acquisto, intestato alla madre della donna, dell’appartamento in cui le due vivono insieme), e, implicitamente, della durata del matrimonio (quasi 27 anni al momento della omologazione della separazione consensuale).

Il giudice a quo ha, pertanto, ritenuto congrua la misura in euro 500 mensili dell’assegno divorzile disposto in primo grado al fine di sopperire alla condizione di non autosufficienza della ex moglie. Poiché il ricorrente non ha dedotto una concreta violazione dell’art. 5, comma 6, legge n. 898/1970 sia sotto il profilo dei criteri normativi e giurisprudenziali per l’accertamento del diritto all’assegno divorzile sia quanto a quelli relativi alla determinazione dell’ammontare dell’esborso, ne consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

Lucia Izzo Studio Cataldi Newsletter Giuridica 26 marzo 2018

www.studiocataldi.it/articoli/29720-divorzio-durata-del-matrimonio-rilevante-per-la-quantificazione-dell-assegno.asp

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ASSISTENZA FAMILIARE

Separazione e divorzio: dal 6 aprile 2018 in vigore il nuovo art. 570-bis c.p.

https://www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_29729_1.pdf

Il Decreto n. 21/2018 ha introdotto nel codice penale il nuovo art. 570-bis sulla violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o scioglimento del matrimonio. La violazione degli obblighi di assistenza familiare, anche qualora siano intervenuti il divorzio oppure la separazione, trova ufficialmente collocazione nel codice civile. È un effetto del decreto sulla riserva di codice in materia penale pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 23 marzo e destinato a entrare in vigore a partire dal prossimo 6 aprile.

Il decreto n. 21/2018 in primis, attua il principio della riserva di codice in materia penale, previsto da una delega della L. n. 103/2017, e inoltre va a inserire nel codice penale nuove fattispecie di reato, abrogando consequenzialmente previsioni analoghe presenti in altre leggi speciali.

Una di queste sarà proprio il nuovo articolo 570-bis che si occuperà della “Violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio”. La norma seguirà l’attuale art. 570 c.p., disposizione articolata e connotata da una spiccata ambiguità sotto il profilo della costituzionalità che ha portato più volte la giurisprudenza a interrogarsi sul suo contenuto.

Si ritiene che con tale disposizione il legislatore abbia inteso tutelare i rapporti interpersonali intercorrenti all’interno di una famiglia, in particolari quelli che impongono ai genitori-coniugi (ex artt. 143, 146 e 147 c.c.) doveri di assistenza e solidarietà, nonché obblighi c.d. di mantenimento e, nelle famiglie allargate, quelli legati all’obbligazione alimentare (art. 433 c.c.)

In particolare, l’art. 570 c.p. individua tre diverse ipotesi di reato che possono scaturire dall’inosservanza, coscienza e volontaria, dei diversi obblighi che scaturiscono dal matrimonio o dai rapporti di parentela.

In primis, si punisce con la reclusione fino a un anno o con la multa da 103 euro a 1032 euro “chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale o alla qualità di coniuge”.

Pene che rischia, congiuntamente, anche chi “malversa o dilapida i beni del figlio minore o del coniuge” e chi “fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa”.

La violazione degli obblighi di assistenza familiare, tuttavia, è disciplinata anche dall’art. 12-sexies Legge n. 898/1970 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), norma introdotta per fornire tutela ulteriore rispetto a quella prevista all’art. 570 c.p., punendo l’omesso versamento, da parte dell’obbligato, dell’assegno dovuto al coniuge divorziato in forza di un provvedimento giudiziario.

A questa si aggiunge il richiamo operato dall’art. 3 della legge n. 54/2006 (Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento) secondo cui, in caso di violazione degli obblighi di natura economica si applicherà il citato art. 12-sexies (sulle differenze tra art. 570 c.p. e art. 12-sexies legge divorzio leggi anche: Cassazione: reato non mantenere i figli indipendentemente dall’età).

Il nuovo art. 570-bis del codice penale. Il decreto n. 21/2018 interviene proprio su questo delineato assetto che ha affidato a leggi speciali alcune specificazioni in materia di violazione degli obblighi di assistenza familiare, operando dei richiami che sovente hanno portato a difficoltà interpretative e applicative provocate dalla necessità di coniugare la fattispecie di cui all’art. 570 c.p. con quelle che a tale norma facevano esplicito riferimento (in particolare relativamente alle varie tipologie di esborsi dovuti dal coniuge all’ex o ai figli).

Pertanto, il legislatore ha ufficialmente aggiunto al codice penale, dopo l’art. 570, il nuovo art. 570-bis che si occupa della “Violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio”. La norma stabilisce espressamente che le pene previste dall’articolo 570 si applicheranno anche al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero che violi gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli.

Quale conseguenza di ordine sistematico, stante il confluire di tali statuizioni nel codice civile, il decreto n. 21/2018 stabilisce l’abrogazione sia dell’art. 12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898 che dell’art. 3 della legge 8 febbraio 2006, n. 54.

Lucia Izzo Newsletter Giuridica Studio Cataldi 29 marzo 2018

www.studiocataldi.it/articoli/29729-separazione-e-divorzio-dal-6-aprile-in-vigore-il-nuovo-art-570-bis-cp.asp

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CENTRO INTERNAZIONALE DI STUDI SULLA FAMIGLIA

Newsletter CISF – N. 11, 28 marzo 2018

  • Rapporto CISF 2017 – il dibattito prosegue. Importante appuntamento a Milano, in Università cattolica, giovedì 12 aprile 2018. Si terrà una giornata di studio e confronto su Le relazioni familiari nell’era delle reti digitali, a partire dai dati e dalle riflessioni del Rapporto Cisf 2017.

http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/convegno-relazioni-familiari-reti-digitali-12-04-2018.pdf

Ospitato dall’Università Cattolica di Milano (Largo Gemelli -Cripta dell’Aula Magna, dalle 9.30 fino alle 18.00), l’incontro è promosso, oltre che dal Cisf, da Facoltà di Scienze della formazione, Dipartimento di Pedagogia, Corso di Laurea Magistrale in Media Education, dal Centro di Ateneo di Studi e Ricerche sulla Famiglia, dal Cremit (Centro di Ricerca sull’Educazione ai Media all’Informazione e alla Tecnologia) e da OssCom (Centro di ricerca sui media e la comunicazione).

Per info e iscrizioni: dip.pedagogia@unicatt.it oppure cisf@stpauls.it– partecipazione gratuita.

  • Un’intervista sul rapporto CISF. Martedì 27 marzo il Direttore Cisf (F. Belletti) è stato intervistato su Radio Marconi sui temi educativi collegati alla presenza del digitale nelle relazioni familiari. Ecco il link al servizio (15 minuti totali: l’intervista inizia al minuto 4,40′, ma è molto interessante anche la scheda introduttiva, nei minuti precedenti).

https://soundcloud.com/famigliacristiana/intervista-rilasciata-da-francesco-belletti-a-radio-marconi-sul-rapporto-cisf-2017/s-DvhSy

  • Spigolature dal rapporto CISF vivere on-life. Da “Introduzione al Nuovo Rapporto Cisf, punto 3. Il tema” (Pierpaolo Donati) “[…] Nella famiglia di oggi, il calore delle relazioni corporee, faccia-a-faccia, si mescola sempre più con le comunicazioni che avvengono con lo smartphone o attraverso Internet. I nuovi media sono certamente molto utili per le famiglie transnazionali e per i contatti fra chi va a risiedere lontano o emigra e chi è rimasto nei contesti di partenza. Un po’ diverso è il caso delle persone e delle famiglie stanziali che li usano nella loro vita ordinaria. In questo caso, le ICT assumono spesso il significato di un consumo, ossia di un sostituto di relazioni interpersonali, in atto o potenziali, e quale additivo di informazioni che altrimenti non ci sarebbero […]. Le statistiche dell’Istat confermano che in Italia vi è una crescente diffusione e utilizzazione delle ICT, ma la consapevolezza a riguardo di ciò che esse implicano, vuoi nell’accesso vuoi nelle conseguenze, è molto deficitaria […]” http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf1118_allegato1.pdf

  • Finlandia. Un progetto per promuovere contesti lavorativi amici della famiglia. The Family-Friendly Workplace Program www.perheystavallinentyopaikka.fi

Questo progetto è stato sviluppato negli ultimi due anni in Finlandia, e rilascia certificazioni alle aziende “family friendly” a cura di Väestöliitto, una importante associazione familiare finlandese (aderisce, insieme al Cisf anche all’ICCFR, network internazionale sulle relazioni familiari). [Una breve descrizione del progetto – in inglese – dal sito COFACE – altro network europeo tra associazioni familiari cui Väestöliitto aderisce].

www.coface-eu.org/work-life-balance/the-family-friendly-workplace-program-now-ready-for-employers-by-vaestoliitto-finland

  • Premio anello debole 2018. Capodarco. “Con il premio L’anello debole la Comunità di Capodarco assegna un riconoscimento ai migliori audio e video cortometraggi giornalistici (inchieste, reportage, documentari), ai migliori video cortometraggi di fiction, e ai migliori “web-doc” a forte contenuto sociale e/o ambientale, realizzati con qualsiasi tecnica (animazione compresa).[…] Le 4 sezioni a cui è possibile partecipare sono: a) audiocortometraggi (inchieste, reportage, documentari, podcast); b) videocortometraggi della realtà (inchieste, reportage, documentari);c) videocortometraggi di fiction; d) videocortissimi […]”.Le iscrizioni al premio dovranno essere inviate entro lunedì 9 aprile 2018.

http://capodarcolaltrofestival.it/edizione-2018/bando-2018.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_28_03_2018

  • Un video per avere informazioni su un interessante convegno. Il (mal) funzionamento della giustizia nelle “separazioni” genitori/figli – nonni/nipoti” video interviste ai relatori e ad alcune testimoni (persone separate, nonni/nonne privati dell’accesso ai propri nipoti a seguito della separazione dei propri figli/e), da un convegno tenutosi a Firenze il 23 novembre 2017. [guarda il video – 15 minuti].

www.aracne.tv/video/il-mal-funzionamento-della-giustizia-nelle-separazioni-genitori-figli-nonni-nipoti.html?s=fbmicso&e=237

  • Francesca Mineo, Adozione. Una famiglia che nasce, San Paolo, Cinisello B. (MI), 2018, pp. 127

Il frontespizio di questo agile ma incisivo volume recita: “Guida pratica per nuovi nonni”. L’attesa di un bambino adottivo, desiderato e amato prima ancora di essere conosciuto, rappresenta infatti una rivoluzione non solo per i futuri genitori, ma anche per i nonni. Questo libro intende quindi essere una guida autorevole – a loro rivolta – ma anche un simpatico diario di viaggio, che comincia con l’annuncio dell’adozione fino all’arrivo (spesso da un altro continente) e alla conoscenza del nipotino. L’autrice – giornalista e mamma adottiva lei stessa – ricostruisce il percorso adottivo rivolgendo particolare attenzione proprio alla ri-nascita della famiglia, dai primi passi del percorso adottivo fino all’arrivo del bambino, focalizzando l’attenzione sull’immancabile e fondamentale figura dei nonni. Questi ultimi hanno infatti un grande ruolo di sostegno dei figli nella scelta adottiva, e al contempo devono a loro volta imparare a gestire il proprio bagaglio emotivo di domande, costruendo la relazione con i neo-arrivati nipoti. Nulla è scontato: ci saranno tempi lunghi come nella “gravidanza degli elefanti”, interrogativi, dubbi e tanta voglia di essere una vera risorsa per la nuova famiglia che nasce. «Questo libro ha il merito di camminare in una terra incognita, di affrontare un argomento rimosso o liquidato con un sorriso, come se non fosse cruciale. Personalmente invece ritengo che la questione dei nonni sia molto importante nella nostra società, in particolare in un Paese come l’Italia, che fa troppi pochi figli, e in cui adottare è particolarmente complicato» (dalla prefazione di Aldo Cazzullo)

  • Specializzarsi per la famiglia.

  • Corso di Alta Formazione in Consulenza familiare con specializzazione pastorale, promosso da Pontificia Università Lateranense Ecclesia Mater, Istituto Superiore di Scienze Religiose, Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia della Conferenza Episcopale Italiana, in collaborazione con CFC (Confederazione italiana Consultori Familiari di ispirazione Cristiana). “Il corso si sviluppa in due settimane intensive per tre estati consecutive. A questo periodo intensivo e residenziale, si aggiungono due week-end ogni anno dislocati sul territorio (nord, centro e sud Italia)”. Il primo anno si terrà a Madonna di Campiglio (TN) dall’8 al 21 luglio 2018.

http://famiglia.chiesacattolica.it/wp-content/uploads/sites/23/2018/02/22/ALTA-FORMAZIONE-web.pdf

  • Consulenti della Coppia e della Famiglia. La società di formazione, consulenza ed editoria Sperling s.r.l. in collaborazione e con il patrocinio di AICCeF propone un nuovo Corso triennale di formazione per Consulenti della Coppia e della Famiglia, che si svolgerà a Milano e inizierà il prossimo settembre 2018. Colloqui di ammissione: sabato 07 aprile e 23 giugno 2018, c/o E-Network, corso di Porta Romana 46 Milano (orari da definire).

www.grupposperling.it/userdata/formazione/FGS-0001/Consulenza-alla-coppia-e-alla-famiglia-AICCeF.pdf

  • Save the date

www.animazionesociale.it/wp-content/uploads/2018/02/Programma-Convegno.pdf

www.ucipem.com/it/index.php?option=com_content&view=article&id=621;xxv-congresso-nazionale-ucipem-bologna&catid=9&Itemid=136

http://www.istitutogp2.it/public/Sacramenti%20e%20Agire-Locandina%20(2018.02.19)%20ESECUTIVO.pdf

www.ami-avvocati.it/wp-content/uploads/2018/03/REGGIO-CALABRIA_13-14_04_DEF.pdf

http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf1118_allegato2.jpg

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CHIESA CATTOLICA

Card. Bassetti, “Papa Francesco ci chiede un cambiamento di mente e cuore”.

“Abbiamo un Papa che si prende cura della povera gente e non si limita al protocollo. Un pontificato profetico di cui riusciremo a cogliere i frutti autentici fra alcuni anni, quando il cambiamento di epoca evocato da Francesco sarà una vera realtà”. E questo sguardo “non può dimenticare i poveri e la povertà, che ha vissuto sulla sua pelle”. Lo ha affermato il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, presentando all’Università Cattolica di Milano il libro “Francesco. Il Papa americano” (Vita Pensiero) scritto da Silvina Pérez e Lucetta Scaraffia. Secondo quanto riferito da Avvenire, Bassetti ha spiegato che “leggendo il libro si può comprendere il reiterato invito del Papa a una conversione pastorale, che in molti sembrano non capire, ma che ci chiede un cambiamento di mente e cuore, non di modificare completamente la pastorale”.

Ma c’è chi sembra “non capire il cambiamento, la riforma che Papa Francesco ci chiede”. Per il cardinale, “non è secondario il fatto che Bergoglio sia nato e cresciuto nel continente americano, quello latino. È uno sguardo sugli ultimi. E bisogna ricordare che quando il Papa parla di scarti non fa un discorso moralistico o sociologico, ma evangelico”. “Conosce i problemi del Sud del mondo – ha aggiunto – riesce a vedere – e far vedere – gli ‘invisibili’”. Il suo è uno “sguardo innovativo in una pastorale concreta

Agenzia SIR 27 marzo 2018

https://agensir.it/quotidiano/2018/3/26/papa-francesco-card-bassetti-ci-chiede-un-cambiamento-di-mente-e-cuore-il-suo-e-un-pontificato-profetico/

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CINQUE PER MILLE

5 per mille 2018: nessuna domanda per gli enti iscritti nell’elenco permanente

L’Agenzia delle Entrate ha provveduto ad aggiornare l’elenco permanente degli enti iscritti al 5‰ per il 2018, distinto per tipologia di enti del volontariato, della ricerca scientifica e dell’Università, della ricerca sanitaria e le associazioni sportive dilettantistiche, che comprende gli enti regolarmente iscritti nel 2017, nonché quelli già presenti nel primo elenco permanente pubblicato lo scorso anno e comprensivo degli iscritti 2016.

www.agenziaentrate.gov.it/wps/content/Nsilib/Nsi/Archivio/Archivio+5permille/Elenco+permanente+degli+iscritti/?page=archivio

Gli enti che sono presenti nell’elenco permanente degli iscritti 2018 non sono tenuti a trasmettere nuovamente la domanda telematica di iscrizione al 5‰ e a inviare la dichiarazione sostitutiva alla competente amministrazione. Questa semplificazione delle procedure è dovuta alla nuova modalità di iscrizione, in vigore già dall’anno scorso che ha previsto l’istituzione dell’apposito elenco che deve essere aggiornato, integrato e pubblicato sul sito dell’Agenzia delle Entrate entro il 31 marzo di ciascun anno.

Resta l’obbligo di presentare una nuova dichiarazione sostitutiva solo nel caso in cui il rappresentante legale sia cambiato rispetto a quello che aveva firmato la dichiarazione sostitutiva precedentemente inviata (per il 2016 e/o per il 2017).

Eventuali errori o variazioni presenti nell’elenco permanente degli iscritti pubblicato oggi sul sito dell’Agenzia potranno essere segnalati entro il 21 maggio. L’elenco permanente corretto sarà pubblicato nuovamente entro il 25 maggio.

Nuove iscrizioni 2018. Nulla cambia per gli enti che richiedono per la prima volta l’accesso al beneficio e per quelli che non sono inseriti nell’elenco permanente, per loro l’iscrizione passerà, infatti, per le regole ordinarie (Dpcm 23 aprile 2010). In particolare, gli enti del volontariato e le associazioni sportive dilettantistiche possono iscriversi a partire dal 30 marzo e fino al 7 maggio 2018, trasmettendo all’Agenzia delle entrate l’istanza telematica.

Successivamente dovranno inviare la dichiarazione sostitutiva entro il 2 luglio (termine prorogato in quanto il 30 giugno cade di sabato) alla competente Direzione regionale dell’Agenzia dagli enti del volontariato e all’ufficio del Coni nel cui ambito territoriale si trova la rispettiva sede legale dalle associazioni sportive dilettantistiche. (…)

Fonte: Agenzia delle Entrate Fisco e Tasse 30 marzo 2018

https://www.fiscoetasse.com/rassegna-stampa/24909-5-per-mille-2018-nessuna-domanda-per-gli-enti-iscritti-nell-elenco-permanente.html

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CONSULENTI DELLA COPPIA E DELLA FAMIGLIA

Ecclesia Mater: in estate l’Alta formazione in consulenza familiare

Il corso si sviluppa in due settimane intensive per tre estati consecutive. A questo periodo si aggiungono due weekend ogni anno dislocati sul territorio nazionale. L’approccio multidisciplinare.

Prenderà il via il prossimo 8 luglio 2018 il nuovo Corso di Alta Formazione in consulenza familiare con specializzazione pastorale, organizzato dalla Cei e dalla Confederazione consultori con l’Istituto Ecclesia Mater. La prima parte (a Madonna di Campiglio) vedrà coinvolti famiglie, sacerdoti, seminaristi e religiosi in un nuovo percorso di formazione rivolgendosi a coloro che, sotto la guida dei propri pastori, desiderano mettersi al servizio di una Chiesa in uscita.

Il corso si sviluppa in due settimane intensive per tre estati consecutive. A questo periodo si aggiungono due weekend ogni anno dislocati sul territorio nazionale. L’intero progetto del corso è scaricabile online. Il percorso formativo si avvarrà (e questa è la novità) di docenti autorevoli provenienti da varie facoltà accademiche del territorio italiano, con un approccio multidisciplinare di eccellenza, integrato con pratiche di consulenza familiare.

Il conseguimento dell’attestato del corso richiederà di raggiungere 120 crediti formativi così distribuiti: 40 laboratori, 30 tesi finale, 10 Afe: attività formative elettive, cioè partecipazione a convegni di rilievo (fra i quali i convegni nazionali dell’Ufficio famiglia della Cei) e organizzazione di eventi qualificati sul territorio; 40 lezioni frontali, webinar interattivi e video, per un totale di circa 300 ore di lezione.

Occorrerà quindi effettuare regolarmente gli esami richiesti per il conseguimento dei relativi crediti formativi. Per iscriversi è necessario avere la presentazione del vescovo della propria Chiesa locale, o direttore dell’Ufficio per la pastorale della famiglia diocesano, o del presidente nazionale dell’associazione ecclesiale di riferimento.

Coloro che, al termine del percorso, avranno acquisito i 120 crediti formativi, superando gli esami e avendo discusso la dissertazione finale, conseguiranno l’attestato di frequenza al corso e, se in possesso di laurea triennale o magistrale, conseguiranno il Master di I o II livello con riconoscimento canonico. L’iniziativa organizzata dalla Cei e dalla Confederazione consultori con l’Istituto Ecclesia Mater. Apertura in luglio sulle Dolomiti.

Redazione online Roma Sette 28 marzo 2018

www.romasette.it/ecclesia-mater-in-estate-lalta-formazione-in-consulenza-familiare

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CONSULTORI FAMILIARI

Roma. Al Quadraro. Sostenere la genitorialità, impegno per accompagnare l’educazione

L’importanza di creare spazi in cui papà e mamme possano riflettere e confrontarsi, essere confermati in ciò che fanno di buono. Essenziale prendersi cura di sé. Nella società odierna, tra ritmi estremamente veloci, relazioni liquide, sempre maggiore stress, comunicazione rapidissima, bullismo e cyberbullismo, esplosioni emotive molto frequenti e relativismo dei valori, sembra sempre più difficile svolgere il compito di essere un “buon genitore”. Sapendo che non esiste alcuna ricetta per essere “genitori perfetti”, oggi risulta molto importante creare spazi in cui i genitori possano fermarsi a pensare e sentire, confrontarsi ed essere confermati in ciò che fanno di buono.

Ad oggi i genitori hanno estremamente bisogno di sviluppare metodi di problem solving al fine di affrontare le sfide che la nostra società e cultura pongono loro davanti, costruendo contemporaneamente la loro autostima – credenze relative a ciò che sono e non sono – e la loro autoefficacia – credenze relative a ciò che sanno e non sanno fare -.

È importante quindi comunicare ai genitori che, se manifestano un atteggiamento positivo ed accogliente verso sé e verso gli altri, al di là dei possibili errori educativi commessi, crescono figli sani (R. Mastromarino), come la loro natura intrinseca vuole. Negli spazi orientati al lavoro sulla genitorialità, risulta di fondamentale importanza informare i genitori e promuovere consapevolezza riguardo ai bisogni che i figli sperimentano nelle diverse fasi evolutive e le varie funzioni genitoriali richieste nei diversi momenti di vita del ciclo familiare.

L’educazione dei figli implica che essi imparino ad usare il proprio pensiero, le proprie emozioni ed il proprio comportamento in modo da poter essere responsabili di sé e poter affrontare positivamente le problematiche diverse che ogni vita, a modo suo, propone. I genitori necessitano di prendere contatto con i propri bisogni, sia individuali che coniugali, e di poter rispondere ad essi, per come riescono, al fine di ricaricare le batterie e così riuscire a portare a termine il loro difficile compito di genitori. Il prendersi cura di sé per un genitore è necessario quanto il respirare l’ossigeno per ogni essere umano; i genitori che sanno prendersi degli spazi per sé sono capaci di avere buona cura dei loro bambini ed offrono loro un modello valido, che per loro sarà molto utile nella propria crescita e nella futura genitorialità.

Oltre alle pesanti fatiche, la genitorialità offre l’importante opportunità di risperimentare con i propri figli i diversi cicli di vita che ogni genitore ha vissuto da piccolo (P. Levin), potendo tornare su importanti tematiche e bisogni non pienamente soddisfatti con le risorse che ogni genitore ha sviluppato con la sua crescita, e di conseguenza poter rivedere e rielaborare tematiche e poter rispondere in modo più completo ai propri bisogni. Corsi e spazi d’incontro per genitori sono ottime realtà per costruire una rete di sostegno tra i genitori, per promuovere lo sviluppo di relazioni sane e positive ed incrementare benessere senza la necessità di ricorrere agli specialisti del settore.

Nel nostro consultorio, quando ci vengono fatte richieste specifiche, attiviamo degli incontri o dei percorsi per genitori costruiti specificatamente per ogni gruppo che si costituisce. In questi anni sono stati attivati diversi corsi su tematiche specifiche come: i rischi dell’educazione, le regole, l’autostima dei figli, la cura di sé come genitori, la comunicazione efficace, la gestione dei conflitti in famiglia. Prendersi cura dei genitori significa spesso lavorare nel campo della prevenzione e della promozione delle risorse, con la possibilità di rilevare quando i genitori hanno bisogno un aiuto specialistico, potendo intervenire prontamente su orizzonti di rischio.

“Non lasciamoli soli” allora significa, nella società e cultura di oggi, accompagnare i genitori nel realizzare il progetto intrinseco della famiglia, e cioè la generatività. Quindi sostenere i genitori e la famiglia oggi si declina nel «donare – citando Bombardieri – parole vere, sguardi amorevoli, richiami fermi e gesti di attenzione. Significa aiutare con motivazione e professionalità, sapendo che la famiglia resta il campo base da cui i figli partono per la propria crescita ed evoluzione».

Raffaele Mastromarino, psicoterapeuta, Andrea Vignoli, dottore in Scienze psicologiche

RomaSette 28 marzo 2018

www.romasette.it/sostenere-la-genitorialita-impegno-per-accompagnare-leducazione

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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM

Padova. Saper leggere e confrontarsi con i “segni dei tempi”: un impegno di laicità

estratto da un articolo del prof. Paolo Benciolini

(…) Ma prima, anche come redazione, desideriamo introdurre una considerazione di ordine più generale.

Il ruolo dei laici e la loro responsabilità. Il dibattito sui temi del fine-vita ci ha fatto ritornare alla stagione che abbiamo vissuto una decina di anni fa, in relazione alle vicende di Piergiorgio Welby ed Eluana Englaro. Ma chi c’era non può dimenticare le ancor più forti contrapposizioni ai tempi dei referendum sul divorzio e, successivamente sulla legge che aveva introdotto l’interruzione volontaria della gravidanza. Per questo sento ora l’esigenza di rileggere quanto quelle vicende avessero già allora stimolato riflessioni ed iniziative che, certamente in modi poco appariscenti e in ambiti circoscritti, avevano trovato spazio anche nelle stesse comunità ecclesiali. La speranza era di riuscire a trovare una chiesa più aperta ad assumere un atteggiamento di accompagnamento rispettoso della complessità di ogni singola esperienza.

Ci trovavamo, allora, negli anni immediatamente successivi alla conclusione del Concilio Vaticano II. La già richiamata Costituzione Pastorale “Gaudium et Spes” sollecitava i laici ad “assumere la propria responsabilità” perché ad essi spettano, anche se non esclusivamente, gli impegni e le attività temporali” rispettando “le leggi proprie di ciascuna disciplina”. E ammonendoli: ”non pensino che i loro pastori siano sempre esperti a tal punto che ad ogni nuovo problema che sorge, ma anche a quelli gravi, essi possano avere pronta una soluzione concreta “ (GS n. 43).

“Divorzio” e “aborto”: temi che hanno sollecitato una preziosa riflessione dei credenti. Quale lettura dei “segni dei tempi “proponeva l’attenzione alle realtà esperienziali che venivano espresse (anche) dalle richieste di divorzio?

I problemi e le difficoltà di relazione connessi alla vita coniugale e famigliare avevano, fin dalla fine della guerra, suggerito iniziative di affiancamento ed aiuto (come il consultorio fondato a Milano da don Paolo Liggeri nel 1948), ma già alla fine degli anni 60 veniva realizzato il collegamento tra numerosi consultori familiari sorti spontaneamente in diverse realtà ecclesiali e totalmente affidati alla laicità dei rispettivi responsabili ed operatori (laici, presbiteri o religiosi che fossero).

Una attenta riflessione comune (alla quale anche Giannino Piana aveva dato il suo contributo) aveva aiutato a fare chiarezza sulla metodologia della relazione di consulenza e sul rispetto della dignità e delle scelte conclusive delle persone che al consultorio si rivolgevano.

Non si può dimenticare che solo dopo l’introduzione della normativa nazionale (1975) e di quelle regionali sui consultori, la CEI si accorgeva dell’importanza di tali organismi e suggeriva l’istituzione nelle diocesi di consultori che si preoccupava di definire “di sicura ispirazione cattolica”, distinguendoli, con tale aggettivazione, da quelli pur già operanti in diverse realtà ecclesiali.

Con l’introduzione della normativa sull’interruzione volontaria della gravidanza (maggio 1978) si apriva un capitolo nuovo per l’attività dei consultori, comprendente – secondo le specifiche indicazioni della legge – sia la prevenzione delle gravidanze indesiderate sia le procedure per una eventuale richiesta di ivg da parte della donna.

Tali previsioni apparivano a molti incompatibili con le caratteristiche dei consultori sorti nell’ambito ecclesiale, sia in ordine alla contraccezione sia in ordine al colloquio con la donna previsto per la redazione del “documento” necessario per potersi rivolgersi alle strutture ospedaliere ove realizzare l’ivg. Nuovamente, quale lettura di questi “segni” si proponeva allora ad una riflessione delle realtà che stanno dietro alla richiesta di aborto?

Anche in questo caso l’esperienza di non pochi consultori espressi negli anni da comunità ecclesiali registrava scelte operative che attribuivano importanza prioritaria alla relazione con la donna (e, ove possibile, con la coppia), altrimenti spesso condannata ad una solitudine a volte drammatica, destinata a prolungarsi anche a distanza di anni.

Assai significativa risultava la tempestiva decisione della Regione Veneto (agosto 1978) di considerare la procedura del colloquio e del rilascio del “documento” (in consultorio o con il medico “di sua fiducia”) come prezioso momento di aiuto della donna ad una riflessione più attenta e che poteva proseguire anche dopo l’eventuale evento abortivo. Per tale motivo la partecipazione a questi interventi veniva dichiarata pienamente compatibile anche con l’eventuale “obiezione di coscienza” dell’operatore, dovendosi solo garantire, oltre alla competenza professionale, la correttezza della relazione e il rispetto della donna. Una decisione sollecitata proprio dalle riflessioni sviluppatesi in alcuni ambiti consultoriali di estrazione ecclesiale.

E’ solo il caso di ricordare come una scelta analoga, avviata in Germania dai consultori cattolici, avesse trovato la strada sbarrata da decisi interventi della gerarchia.

“Divorzio” e “aborto”: solo prodotti di un’azione del Maligno o temi che sollecitano una preziosa riflessione offerta ai credenti per confrontarsi con i problemi di cui essi sono espressione? Questioni di fine vita: quale dialogo con i nostri pastori? E ora, dietro le controverse questioni del fine-vita, emerge il timore dell’“eutanasia”.

Nuovamente siamo interrogati a comprendere quale significato assuma l’attuale discussione nell’ottica dei “segni dei tempi”. L’invito del Concilio è chiaro: anche in questo caso occorre leggere (molto incisivamente, “scrutare”) le realtà complesse, spesso drammatiche, che interpellano gli uomini sul “senso della vita (presente e futura)” e comprendere il mondo in cui viviamo.

Cosa significa, oggi, dinnanzi ad esperienze di dolore, di sofferenza, di perdita patologica della memoria, di malattie ad andamento progressivamente disumanizzante, “conoscere e comprendere il mondo in cui viviamo nonché le sue attese, le sue aspirazioni e la sua indole spesso drammatiche” (GS, n.4)? Quale responsabilità verso i nostri pastori scaturisce dal vivere come professionisti della salute (ma anche come familiari) nella realtà quotidiana di ogni situazione di fine-vita o anche solo di una vita che andrà progressivamente spegnendosi?

A distanza di giusti cinquant’anni, papa Francesco, nella Laudato Si’ (n.61) ribadisce che “su molte questioni concrete la Chiesa non ha motivo di proporre una parola definitiva e capisce che deve ascoltare e promuovere il dibattito onesto fra gli scienziati”. Dove nel termine “scienziati” ritengo vadano compresi tutti coloro che, per la loro professione e competenza, si occupano della vita di uomini e donne e sono in grado di portarle all’attenzione della “Chiesa”.

E’ dunque richiesta una lettura laicamente responsabile delle concrete realtà che connotano anche le esperienze di coloro che si avviano verso la fine della vita. Realtà diverse tra loro per le differenti storie di malattia ma anche per il vissuto personale e il contesto umano e sociale che le caratterizza.

(…)

pag. 19 http://rivista-matrimonio.org/images/filespdf/Matrimonio_2017_4.pdf

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DALLA NAVATA

Domenica di Pasqua. Risurrezione del Signore – Anno B –1 aprile 2018

Atti 10, 40 ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.

Salmo 117, 23 Questo è stato fatto dal Signore: una meraviglia ai nostri occhi.

Colossési 03, 04 Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.

Marco 16, 08 Esse uscirono e fuggirono via dal sepolcro, perché erano piene di spavento e di stupore. E non dissero niente a nessuno, perché erano impaurite.

 

Non abbiate paura! Gesù è risorto!

 

Commento di Enzo Bianchi, priore emerito nel convento di Bose (BI)

Da tre giorni seguiamo Gesù nella sua passione, morte e sepoltura, e ora siamo posti davanti all’indicibile, all’umanamente impossibile, a un evento che appare incredibile al mondo. Un evento davanti al quale ciascuno di noi nella santa notte di Pasqua sente il cuore oscillare tra adesione al racconto ascoltato e dubbio, tra fede e incredulità. Ma questa nostra condizione non è diversa da quella dei discepoli e delle discepole in quel terzo giorno dopo la morte di Gesù. Perché la morte è la morte, è la fine concreta della vita, delle relazioni, degli sguardi, degli affetti: quando uno muore, muore interamente e tutto muore con lui.

Il vangelo secondo Marco, più degli altri, ci mette davanti la morte di Gesù come morte fallimentare, enigma che anche per Gesù è diventato faticosamente mistero. La morte di Gesù è apparsa la smentita di tutto quello che egli aveva detto e fatto. Predicava la venuta del regno di Dio: e ora dov’era questo regno, dov’era apparso? Aveva guarito e liberato alcune persone: ma ora malati, prigionieri, disgraziati continuavano a esserlo come prima. Aveva amato degli uomini e delle donne, li aveva resi una comunità: e ora se n’erano tutti fuggiti, e quella baracca di comunità appariva caduta a pezzi.

Il giorno successivo al sabato è stato per quegli uomini e per quelle donne un’aporia, un vuoto, uno spazio in cui non si trovavano più i fili del senso e del significato di ciò che avevano vissuto. E per alcuni di loro – Pietro, il discepolo amato, Maria di Magdala – era avvenuta la fine di una vicenda di adesione, di convivenza piena di amore. Quel sabato, che noi chiamiamo sabato santo, appariva per loro un inferno nel quale la potenza del male, del daimónion e del diábolos sembrava regnare ancora, anzi sembrava essere stata capace di spegnere ogni speranza. È stato un sabato di silenzio estremo. Nulla da dire, per l’evangelista nulla da raccontare: quell’evento della morte e sepoltura di Gesù faceva terminare una vita? No, la vita autentica che avevano vissuto, tra fatiche, contraddizioni e inadempienze, era stata una vita condivisa con Gesù, piena di senso: una vita in cui l’amore vissuto non poteva spegnersi!

Quando quel sabato è passato, nelle ore dopo il tramonto Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e Salome, alcune donne discepole, vanno a comprare oli, balsamo, profumi per ungere il corpo cadavere di Gesù deposto nella tomba. Maria di Magdala aveva accompagnato il corpo morto di Gesù dalla croce alla tomba e aveva osservato bene quell’antro. Ora, al mattino presto, le donne discepole tornano alla tomba quando il sole si è alzato. Quale sole si è alzato? Il sole che era spuntato dall’alto e aveva visitato il suo popolo (cf. Lc 1,78)? È “il sole di giustizia” (Ml 3,20) che si è già alzato? I pensieri di queste donne vanno alla pietra, la grande pietra messa come porta, come custodia all’antro, ma ormai vicino alla tomba vedono la pietra già rotolata via. La tomba dunque è aperta! Come? Da chi? Ed ecco, le donne “videro un giovane, seduto alla destra, vestito d’una veste bianca, e furono colte da stupore” (Mc 16,5).

Pensavano di vedere il cadavere, e invece vedono un giovane. Pensavano di vedere un lenzuolo che avvolgeva il morto, e invece vedono un vivente vestito di bianco. Pensavano di vedere un morto disteso a terra, e invece vedono un uomo seduto alla destra: alla destra di chi? Qualcuno ha posto questo giovane alla sua destra, dicendogli: “Siedi alla mia destra” (Sal 110,1). Le donne sono sorprese, alla lettera “sono colte da stupore” (exethambéthesan). Marco conosce un ricco vocabolario per parlare dello spavento: in pochi versetti usa almeno quattro termini per descriverlo. Qui, per l’appunto, registra spavento-stupore. Subito dopo il giovane parla alle donne ripetendo lo stesso verbo: “Non siate spaventate, stupite!”. Poi continua: “Voi cercate Gesù il Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui!” (Mc 16,6). Ecco la voce dell’interprete apparso, la voce del messaggero di Dio, la voce di colui che legge a voce alta ciò che le donne vedono senza saper esprimere. È una voce che viene da Dio, è la voce del Signore seduto alla destra di Dio, è la voce di chi ormai è stato tolto, come in un’ascensione verso il cielo, dalla mano di Dio che l’ha preso con sé e l’ha reso vivente per sempre.

La voce invita innanzitutto a non spaventarsi, a non avere paura. Noi abbiamo paura, anzi siamo tentati dalla paura: infatti, la maggior parte delle paure ce le inventiamo e nascono dalla nostra immaginazione, nutrita da noi stessi. È significativo che il primo nostro sentimento, testimoniato e confessato dalla Bibbia nell’in-principio, sia la paura di Dio. Alla domanda di Dio: “Adamo, dove sei?”, l’uomo risponde: “Ho ascoltato il tuo passo e ho avuto paura!” (cf. Gen 3,9-10). Paura di Dio, e pensate quanti sforzi per predicare un Dio che incutesse paura; quante azioni, anche da parte della chiesa, per imporre un Dio che facesse paura agli uomini e alle donne…

Vi è poi la paura gli uni degli altri, a cominciare dalla vita familiare, nella quale, appaiono, nascono e poi crescono, innestandosi per sempre, delle paure: a volte motivate, a volte create da noi stessi per giustificare le nostre vigliaccherie, le nostre incapacità di essere responsabili. Non dimentichiamolo: la paura è sempre contro la responsabilità e nasce dalla mancanza dell’esercizio della coscienza, della vita interiore. E così paura della vita, del futuro, della terra… Si ricordi, al riguardo, un passo decisivo della Lettera agli Ebrei, quello in cui l’autore dice che “per paura della morte, noi uomini e donne siamo alienati, soggetti a schiavitù per tutta la vita” (cf. Eb 2,15), dunque indotti al male, al peccato. E sovente queste paure portano all’arroganza che cerca solo di nasconderle. Ecco perché la voce dell’interprete della tomba vuota dice alle donne: “Non abbiate paura!”. È la condizione necessaria per vivere, per vivere con gli altri discepoli e discepole; e così, vivendo insieme, poter credere e sperare.

Poter credere l’indicibile: il crocifisso nella vergogna e nell’infamia, è alla destra del Padre, è vivente è stato rialzato dalla morte! Ne dà testimonianza il luogo della deposizione, che ormai è un non-luogo. Proprio Maria di Magdala, che il venerdì sera “stava a guardare dove Gesù veniva deposto” (cf. Mc 15,47), ora vede il vuoto. Sì, è venuta l’ora in cui lo Sposo è stato tolto (cf. Mc 2,20), come aveva detto Gesù. È venuta l’ora in cui il Nazareno, il Crocifisso, è stato rialzato dalla tomba, è stato risuscitato da Dio e ormai vive in Dio come risorto da morte. È venuta l’ora, per Maria e le altre donne, di andare dai discepoli, specialmente da Pietro, per dire loro che Gesù li precede in Galilea: là lo vedranno tutti, le discepole e i discepoli, come Gesù aveva promesso (cf. Mc 16,7). Tutti devono andare semplicemente dietro a Gesù (opíso mou: Mc 1,17; 8,33.34), tutti devono seguire Gesù (cf. Mc 1,18; 2,14-15, ecc.), perché egli cammina davanti, apre la strada. Basta stargli dietro: fino alla croce, ma anche fino alla destra del Padre!

Ed ecco la conclusione del vangelo secondo Marco: un finale deludente, tanto che forse in seguito si è pensato di aggiungervi almeno tre finali diversi, in tre diversi manoscritti (cf. Mc 16,9-20). Ma la conclusione originaria è la seguente: le donne “uscirono e fuggirono via dal sepolcro, perché erano tremanti e fuori di sé. E non dissero niente a nessuno, perché avevano paura (ephoboûnto gár)” (Mc 16,8). Paura, tremore, ékstasis, stupore! Difficile spiegare questo finale e constatare la paura? Sì, possiamo dire poco…

Ma questo versetto è più per noi che per le donne discepole: noi abbiamo paura della resurrezione di Gesù? Ne siamo stupiti? Abbiamo timore, il santo timore di Dio, nell’annunciarla? Se abbiamo questo timore, certo non cadiamo nell’arroganza di chi supplisce alla propria debolezza di fede gridando la resurrezione di Gesù. Pensiamo a noi, alla nostra chiesa: c’è chi ha talmente paura da non dirsi ciò che è, un discepolo di Gesù; e c’è chi è arrogante e vorrebbe imporre agli altri una fede che egli non sa portare. Interroghiamoci dunque sulla nostra fede nella resurrezione di Gesù e accogliamo la parola: “Non temete, non abbiate paura! Gesù il Nazareno, il Crocifisso, è risorto!”.

http://www.monasterodibose.it/preghiera/vangelo/12200-gesu-risorto

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FRANCESCO VESCOVO DI ROMA

Uomini, mariti, padri: Francesco e la maschilità

In questi cinque anni il papa ha lentamente proposto un nuovo modello maschile, e sembra suggerire alla Chiesa come ormai non basti più che gli uomini parlino delle donne, dei loro diritti, del loro ruolo: dovrebbero iniziare a parlare di sé stessi e capire come gettare via la maschera patriarcale.

Spesso si attribuisce al papa il merito di aver rilanciato, nei cinque anni di pontificato appena compiuti, il dibattito sul ruolo della donna nella società e nella Chiesa. Se resta innegabile questo suo contributo, molto più originale mi pare l’impulso dato da Francesco alla messa in discussione, non tanto e non solo degli stereotipi femminili, quanto di quelli maschili.

Un nuovo modello maschile. Il papa che ha una devozione particolare per san Giuseppe, tanto da tenere nella sua stanza una statuetta che lo raffigura dormiente, ha lentamente proposto, dal 2013 a oggi, un nuovo modello maschile, in antitesi con l’immagine logorata dell’uomo potente, dominatore, vincente. Misericordia, tenerezza, silenzio, capacità di ascolto, dialogo, accoglienza, riconoscimento delle proprie fragilità, sono tutte categorie evangeliche generalmente considerate “femminili” che Bergoglio addita a tutto il popolo di Dio, spiazzando – se ci si pensa – soprattutto un’ermeneutica maschilista del cattolicesimo.

In questo senso anche gran parte delle resistenze al suo magistero possono essere lette come reviviscenza di quello che lui chiama “machismo” anche nella cultura cristiana. La Lettera che chiudeva l’Anno santo della misericordia proponeva – non a caso – come icone due donne evangeliche – l’adultera di Giovanni 8 e la peccatrice di Luca 23 – viste in contrapposizione con i dottori della legge, i lapidatori e il fariseo: modelli maschili incapaci di comprendere la misericordia di Dio. Non è difficile ritrovare questa difficoltà a concepire e accogliere la radicalità evangelica nei principali detrattori del pontificato di Francesco.

Rimettersi in discussione: riflettere sull’identità maschile. Il papa sembra cioè suggerire alla Chiesa come ormai non basti più che gli uomini parlino delle donne, dei loro diritti, del loro ruolo; dovrebbero forse iniziare a parlare di loro stessi. Ci si è interrogati sull’identità femminile, sull’apporto femminile alla società e alla cultura, sulla maternità, ma un’analoga riflessione non è ancora stata fatta sul maschile. Semplicemente perché fino ad ora quest’ultimo è stato considerato la norma, la regola, mentre il femminile era solo una differenza a una complementarità non rigida e predeterminata nel rapporto uomo donna, possiamo oggi andare oltre la ridefinizione del femminile per provare a chiederci come l’uomo possa davvero gettare via la maschera patriarcale e ritrovare la propria libertà. Solo così si potrà superare la crisi d’identità del maschio, marito, padre – ma anche religioso, sacerdote – a cui stiamo assistendo.

In una lettera indirizzata alla scrittrice spagnola María Teresa Compte Grau, il 2 marzo 2018, Francesco ha sollecitato esplicitamente una rinnovata ricerca antropologica per andare sempre più a fondo non solo nell’identità femminile, ma anche in quella maschile. Vengono in mente alcune sorprendenti parole del numero 286 dell’Amoris lætitia, documento frettolosamente ridotto da alcuni a un lasciapassare eucaristico per i divorziati risposati, ma in realtà pieno di ben altri spunti innovativi. Qui il papa delinea un’inedita figura paterna dedita anche a compiti domestici e alla cura dei figli, per adattarsi alla condizione lavorativa femminile, e aggiunge che questi “sani” interscambi con la moglie non rendono certo il padre meno maschile. Di nuovo, si delinea un archetipo di padre simile a quella della Santa Famiglia, addirittura capace di vincere l’orgoglio e farsi carico, nel silenzio e nell’obbedienza, di una paternità che non è sua, per sostenere e curare la sposa e il figlio, senza pretendere nulla per sé. Il tutto in piena libertà e realizzandosi pienamente fino alla santità, oltre ogni pettegolezzo e luogo comune.

È probabilmente necessario ripartire da una profonda alleanza uomo-donna per realizzare una rilettura comune del maschile e del femminile. Forse, come ha affermato la teologa Marinella Perroni, prima o poi ci sarà un papa che scriverà la “Viri dignitatem”, e proporrà come oggetto di discussione e riflessione l’identità maschile. Allora potremmo dire che è davvero iniziata una nuova epoca.

Fabio Colagrande Newsletter Il Regno – 30 marzo 2018

www.ilregno.it/regno-delle-donne/blog/uomini-mariti-padri-francesco-e-la-maschilita-fabio-colagrande?www.ilregno.it?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=Att1806

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HUMANÆ VITÆ

A 50 anni dall’Humanæ vitæ: con la gioia dell’amore

Humanæ vitæ approda alle case, alle famiglie, alle coppie nel luglio 1968 esibendo il suo stile disarmato. Disarmato nell’interrogarsi sulla vita e sulla felicità degli uomini toccate così da vicino, nel munus gravissimum di trasmettere la vita, dal «recente evolversi della società» (n. 1); disarmato nel desiderio di restituire la grandezza dell’amore coniugale e nel riconoscere che «gli uomini del nostro tempo sono particolarmente in grado» (n. 12) di comprenderlo nel suo senso di mutuo e vero amore ordinato all’altissima vocazione dell’uomo alla generazione; disarmato, ancora, nell’ingaggiare la «paternità responsabile» in «un ordine morale chiamato oggettivo» (n. 10), in quanto ordine stabilito da Dio di cui la retta coscienza è vera interprete e la Chiesa custode.

Si percepisce come un’insita vulnerabilità nella domanda profondamente teologica che percorre l’enciclica: la teologia rischia di mostrarsi debole perché «cede» all’attualità o perché non riesce a interpretarla correttamente?

Come sappiamo, la reazione all’enciclica fu scatenata, nei pro e nei contro, agguerritamente imbricata pressoché su un unico tema, la contraccezione, via via diventata, già nel Concilio, il punctum saliens dell’irta questione della sessualità nel suo valore e significato nella e per la vita di fede.

In mezzo a tanto clamore si può dire che l’Humanæ vitæ sia stata uno dei pochissimi documenti pontifici che ha raggiunto direttamente il popolo sul quale irrompeva un vorticoso cambiamento sociale e soffiava l’aria nuova immessa dal Concilio, che della categoria «popolo di Dio» ha fatto il significante per dire la Chiesa.

Tante, dunque, sono le ragioni che fanno dell’Humanæ vitæ un documento capitale, di cui val la pena celebrare l’anniversario dei 50 anni, che in questo tempo cadono rallegràti dall’esortazione apostolica Amoris lætitia, frutto di due Sinodi. Per intenderci: l’«allegria» di cui parliamo ha la forma disegnata da quelle antiche parole che ci ricordano come «nutre la mente solo ciò che la rallegra» [Agostino d’Ippona, Confessioni, XIII, 27, 42].

Da questo livello ci fa piombare su ben altro selciato la platea sconfinata di siti, blog, social ecc. dove opinionisti travestiti da sfegatati combattenti per un «qualcosa» impunemente chiamato «verità», o «vera dottrina», o amenità del genere, spara alla testa – rectius «mente» – a colpi di cecchino… Confidando che gli spari siano a salve, come in realtà succede, è necessario, unde laetatur, continuare nel compito di pensare e di «metterci il cuore» su questioni come generazione e famiglia, poiché la posta in gioco è veramente alta: si tratta di affetti, legami, sessualità, corpi.

Amoris lætitia e Humanæ vitæ: storie parallele. Nel raccoglierla, l’Humanæ vitæ scruta il munus gravissimum di generare la vita non rinunciando ad ascoltare l’eco lontano, oggi muto, dell’accordo – un tempo posto come possibile – tra etica e felicità, unitamente agli altri grandi dimenticati della morale: i fini, ai quali Paolo VI àncora i principi dottrinali. Siamo in quella linea sapienziale [Maurizio Chiodi, «Rileggere Humanæ vitæ (1968) a partire da Amoris lætitia (2016)»] che salvaguarda il nesso inscindibile tra sessualità, sponsalità e generazione. Ed è questo che, riscoperto nella prospettiva aperta dall’ Amoris lætitia, presidia la «norma» dal rischio di soccombere alla patologia sillogistico-deduttiva della valutazione morale che, illusa della propria efficienza «applicativa», si richiude funestamente in sé stessa vantandosi anche di saper costruire virtuosismi canonici quando c’è da salvare il salvabile.

L’Amoris lætitia raccoglie e sviluppa l’antropologia fondamentale dell’Humanæ vitæ, mostrandola attraverso l’impareggiabile inno alla carità di 1Cor 13 e sottolineando la preziosità del dono fatto ai genitori di «scegliere il nome col quale Dio chiama ogni suo figlio per l’eternità» (Amoris lætitia, n. 166). Notiamo per inciso come un simile programma, lungi dal mantenere elementi essenziali della coniugalità e della generazione in uno spazio tanto meticolosamente circoscritto quanto, alla fine, non del tutto scomodo, proietta sposi e famiglie in una storia di testimonianza e di donazione molto impegnativa e, nel tempo, tutt’altro che garantita.

In conclusione vorrei riservare un brevissimo accenno ai rapporti tra teologia e magistero, la cui autorevolezza, anche nel momento in cui statuisce in modo definitivo, non si colloca né sopra, né fuori, ma dentro la Chiesa, poiché «è nella vita di comunione della Chiesa che il magistero esercita il suo fondamentale ministero di vigilanza». [Commissione teologica internazionale, Il sensus fidei nella vita della Chiesa, §74 e §77, 25.8.2014]

Bianca Maggi Newsletter Il Regno – 30 marzo 2018

www.ilregno.it/moralia/blog/a-50-anni-dallhumanae-vitae-con-la-gioia-dellamore-bianca-maggi?www.ilregno.it?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=Att1806

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MATERNITÀ

Sono incinta e disoccupata: mi spetta qualcosa?

La lavoratrice che si ritrova priva di occupazione durante la gravidanza ha diritto all’indennità di maternità?

L’indennità di maternità, nella generalità dei casi, spetta se è in essere un valido rapporto di lavoro all’inizio del periodo di astensione per gravidanza, mentre non è normalmente richiesto un requisito minimo contributivo o di anzianità assicurativa. Ci sono però dei casi in cui alla lavoratrice incinta e disoccupata spetta qualcosa anche se il rapporto di lavoro è già cessato o sospeso: vediamo quali.

  1. Lavoratrice incinta in cassa integrazione

  2. Lavoratrice incinta in aspettativa non retribuita

  3. Lavoratrice incinta e disoccupata

  4. Lavoratrice incinta in disoccupazione

  5. Lavoratrice in maternità licenziata

  6. Anticipazione della maternità per la lavoratrice disoccupata

  7. Che cosa spetta alla lavoratrice incinta e disoccupata

  8. Si può chiedere l’indennità di maternità in ritardo

Noemi Secci La Legge per tutti 1 aprile 2018

www.laleggepertutti.it/199564_sono-incinta-e-disoccupata-mi-spetta-qualcosa

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MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI

Tutori volontari. Ecco che cosa si aspetta da loro un minore straniero non accompagnato

Oltre e al di là delle previsioni comprese nelle linee guida che hanno fatto da corollario alla legge 47/2017, ecco che cosa scrivono i ragazzi del Care Leavers Network ai loro futuri ‘tutori’ e a quanti stanno pensando di diventarlo.

http://garanteinfanzia.org/news/nuovo-ruolo-l%E2%80%99autorit%C3%A0-garante-l%E2%80%99infanzia-e-l%E2%80%99adolescenza-pronte-le-linee-guida-la-selezione-la

La presenza, l’ascolto, la conoscenza, il sostegno nelle decisioni importanti prima ancora dell’incentivo a coltivare interessi, abilità e a sbrigare tutte le questioni pratiche della vita: sono questi i bisogni emersi nel ‘Messaggio per i futuri tutori volontari’ lanciato dalla rete di ragazzi e ragazze stranieri tra i 16 e i 25 anni che si trovano (o sono stati) fuori famiglia in Italia.

Un messaggio forte, che attraversa in qualche modo le linee guida approntate dopo la promulgazione della legge 47/2017, fortemente voluta da Ai.Bi. Associazione Amici dei Bambini e grazie alla quale è stata istituita la figura del tutore volontario per i minori stranieri non accompagnati: è quello lanciato dal Care Leavers Network Italia, la rete di ragazzi e ragazze di età compresa tra i 16 e i 25 anni che vivono o hanno vissuto un periodo della loro vita fuori famiglia (casa famiglia, comunità di accoglienza, affido).

I giovani che hanno sperimentato queste circostanze particolari mostrano di avere le idee chiare; per questo, hanno voluto renderle esplicite. E attraverso un articolo di Vita.it vengono indicate nel dettaglio le priorità che loro richiedono a un buon tutore volontario. Si tratta di ragazzi che hanno aderito al Network in questione e che hanno pensato di ‘suggerire’ ai loro potenziali futuri ‘accompagnatori’ nel percorso della vita i punti ritenuti più importanti.

Ecco il ‘Messaggio per i futuri tutori volontari’ reso pubblico dal Network: “Spesso non sappiamo chi è un tutore e cosa fa, perché nessuno ce lo spiega. In generale per un ragazzo in vista della fine del percorso in comunità, è importante coltivare interessi, raccogliere strumenti e abilità. Per questo le persone adulte attorno a noi ci possono supportare e incentivarci in questo. È importante costruire punti di riferimento, legami significativi con persone esterne alla struttura, che non siano educatori; i tutori volontari potrebbero accompagnarci in questa fase delicata, per non farci provare una sgradevole sensazione di abbandono. Al tempo stesso questa figura ci potrebbe aiutare nell’intraprendere un percorso di indipendenza fatto anche di gesti concreti: andare ad aprire un conto corrente, ricerca lavoro, ricerca di una casa o semplicemente sapere che lui è presente. In generale ci piacerebbe aumentare le occasioni di confronto e inserimento positivo nella società per integrarci, potendo usufruire di alcuni strumenti integrativi tra cui borse di studio per fini scolastici, educativi, sportivi e culturali. Un aspetto molto importante per noi ragazzi stranieri non accompagnati riguarda la possibilità di ottenere i documenti necessari e in tempi il più possibile rapidi, ricevendo le informazioni giuste per capire come averli e a chi rivolgerci. Infine crediamo che un tutore per prendere decisioni importanti debba conoscere noi ragazzi e le nostre situazioni. Se non ci conosce, se non ci ha mai ascoltati davvero, non può prendere delle decisioni sul nostro futuro. Deve fidarsi di chi ci conosce bene, è importante che parli e cooperi con gli altri attori della squadra di aiuto. In sintesi vi chiediamo ascolto, di aiutarci a essere protagonisti e cittadini attivi, di aiutarci nella delicata fase di passaggio alla maggiore età, di favorire la nostra integrazione, di essere punti di riferimento significativi per noi accompagnandoci nella sfida di diventare grandi“.

Questo contenuto è stato rilanciato prima di tutti dalla Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza del Piemonte, Rita Turino, la quale ha puntualizzato che potrebbe essere “cosa utile sia a coloro che stanno per essere nominati tutori sia a chi sta ancora riflettendo o si sta interessando per decidere se fare o meno domanda“.

Fonte: Vita.it news Ai. Bi. 29 marzo 2018

www.aibi.it/ita/tutori-volontari-ecco-che-cosa-si-aspetta-da-loro-un-minore-straniero-non-accompagnato

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UNIONE CONSULTORI ITALIANI PREMATRIMONIALE E MATRIMONIALI

25° Congresso a Castel San Pietro Terme BO

Nel 50° della sua fondazione, è programmato il 25° Congresso Nazionale dell’Ucipem, che si svolgerà a Castel San Pietro Terme presso il Centro Congressi Artemide, da venerdì 4 a domenica 6 maggio 2018.

Il Congresso ha come tema: Una storia proiettata nel futuro. Il buon seminatore.

Il Consultorio familiare Ucipem dai bisogni attuali della famiglia agli scenari futuri.

Quali possono essere gli scenari futuri della famiglia e delle relazioni umane? Quali risposte i nostri consultori potranno e dovranno dare alle persone e alla società e quali cambiamenti dovranno affrontare per poter dare queste risposte? Saranno questi i temi del XXV Congresso Nazionale dell’UCIPEM. Le risposte verranno da studiosi e soprattutto dagli operatori dei nostri consultori, che vivendo quotidianamente in prima linee le sofferenze e i disagi delle famiglie sono in grado di coglierne le possibili evoluzioni future.

venerdì 4 maggio ore 14,00

  • Accoglienza e Registrazione

  • Presentazione del congresso Francesco Lanatà, presidente UCIPEM

  • Le nostre origini: “Il buon seme”. Introduce e coordina Chiara Camber

  • Alice Calori ricorda Don Paolo Liggeri e Sergio Cammelli.

  • Intervista a Don Paolo Liggeri.

  • Paolo Benciolini: La nascita dell’UCIPEM e il contesto sociale.

  • Luisa Solero: la legge 405/1975.

  • Rosalba Fanelli ricorda p. Luciano Cupia.

  • Con gli occhi dei presidenti: Beppe Sivelli e Gabriela Moschioni.

  • Interviste registrate a p. Domenico Correra SJ, Giancarlo Marcone, p. Michelangelo Maglie SJ, Duccia Rossi, Anita De Meo, don Charles Vella.

  • Interventi dall’aula

  • UCIPEM e società oggi: Introduce Luca Proli

  • Edoardo Polidori: Genitori e figli di fronte alle droghe.

 

  • ore 21,00 Cineforum: con la proiezione del film La felicità umana di Maurizio Zaccaro

 

sabato 5 maggio ore 9,00

  • Tavola Rotonda: Professionalità in rete al servizio del territorio. Introduce Gabriela Moschioni.

  • Elisabetta Gualmini, vicepresidente Regione Emilia Romagna Il principio di sussidiarietà nel rapporto pubblico – privato.

  • Emanuela Elmo (UCIPEM Bologna): La riforma del terzo settore.

  • Gigi De Palo (Presidente Forum delle Associazioni Familiari): Il Forum e la sua rete.

  • don Edoardo Algeri (Presidente C.F.C.): UCIPEM e CFC – Un cammino insieme.

  • Rita Roberto (Presidente AICCeF): La legge 4/2013 oggi.

  • don Ermanno D’Onofrio (CISPEeF): Le scuole per consulenti familiari.

  • p. Tommaso Guadagno SJ (UCIPEM Napoli) Professionalità e amore nella consulenza.

  • Letture Magistrali su: “La famiglia tra bisogni attuali e scenari futuri” Introduce Giancarlo Odini

  • Matteo Lancini: Abbiamo bisogno di adulti autorevoli: Aiutare gli adolescenti a diventare adulti.

  • 15,00 World Cafè: Il Consultorio dai bisogni attuali agli scenari futuri della famiglia.

  • Introduce don Cristiano Marcucci Coordina Raffaella Moioli

www.dors.it/page.php?idarticolo=1161

  • 21,30 Serata conviviale con il coro gospel VOCAL LIVE

 

domenica 6 maggio ore 9,00

  • Consultorio e Famiglia: possibili scenari futuri (riflessioni sui risultati del World Cafè)

Chiara Camber e Luca Proli

  • Interventi dalla platea

  • Conclusioni. Francesco Lanatà

  • Questionario di apprendimento

Sono stati richiesti i crediti formativi per le seguenti professioni: Assistenti sociali, Avvocati, Consulenti familiari, Infermieri professionali, Insegnanti, Medici, Ostetriche, Psicologi.

  •  

  • Sede Del Congresso. Hotel Castello – Centro Congressi Artemide

  • Viale delle Terme, 1010/b – 40024 Castel San Pietro Terme (BO) ITALY – tel.39 051 943509

  • info@hotelcastello.com

  • Come raggiungere l’Hotel Castello:

  • 5 minuti dalla fermata degli autobus di linea urbani ed extra urbani provenienti da Bologna

  • 3 Km dalla stazione ferroviaria di Castel San Pietro Terme (treni ogni 30-40 minuti)

  • 4 Km dal Casello Autostradale di Castel San Pietro Terme sulla A14 Bologna-Ancona

  • 34 Km dall’aeroporto G. Marconi di Bologna.

  • Quota di iscrizione: Euro 50 per le iscrizioni effettuate entro il 10 aprile 2018. Euro 60 dal giorno 11 aprile in poi.

  • Le iscrizioni devono essere effettuate dopo il pagamento della quota di iscrizione, sul sito UCIPEM NAZIONALE entro il 30 aprile 2018. Sarà ritenuta valida l’attestazione dell’avvenuto pagamento che dovrà essere effettuato tramite bonifico bancario intestato all’ U.C.I.P.E.M. codice IBAN: IT19D0335901600100000015560

  • Sulla causale è necessario scrivere: XXV CONGRESSO NAZIONALE UCIPEM, nome e cognome, consultorio di provenienza, nominativi di eventuali accompagnatori non iscritti al congresso.

  • La quota di iscrizione da diritto alla partecipazione alle sessioni, al kit congressuale, ai coffe break e ai crediti formativi se richiesti.

  • La quota di iscrizione non comprende i costi delle camere in hotel, il pranzo di sabato e le cene di venerdì e sabato che vanno pagati a parte, direttamente all’hotel Castello.

  •  

Prenotazione camere esclusivamente all’hotel Castello: tel. 051.943509, specificando di essere congressisti UCIPEM anche tramite info@hotelcastello.comwww.hotelcastello.com

  • Costi del soggiorno: camera singola € 51,00 – camera doppia € 56,00iva inclusa. Le tariffe sono da considerarsi a camera, a notte, con prima colazione a buffet.

Qualora il numero degli iscritti dovesse superare la capacità dell’Hotel Castello, sarà disponibile l’Hotel Anusca posto nelle immediate vicinanze a prezzi superiori di soli 4 euro. Le prenotazioni saranno comunque gestite dall’Hotel Castello.

Alla tariffa su indicata bisogna aggiungere l’imposta di soggiorno di € 2,00 a persona a notte.

Pasti: Cena del venerdì: € 23,00 IVA inclusa. Pranzo del sabato: € 19,00 IVA inclusa. Cena del sabato: € 26,00 IVA inclusa. Nota bene: Eventuali allergie alimentari o intolleranze dei partecipanti dovranno essere comunicate per iscritto a alla accettazione dell’hotel prima dell’evento.

 

www.ucipem.com/it/index.php?option=com_content&view=article&id=621;xxv-congresso-nazionale-ucipem-bologna&catid=9&Itemid=136

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Il titolare dei trattamenti è Unione Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali Onlus – 20135 Milano-via S. Lattuada, 14. Il responsabile è il dr Giancarlo Marcone, via Favero 3-10015-Ivrea

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