NewsUCIPEM n. 681 –24 dicembre 2017

NewsUCIPEM n. 681 –24 dicembre 2017

Unione Consultori Italiani Prematrimoniali E Matrimoniali

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Notiziario Ucipem” unica rivista ufficiale – registrata Tribunale Milano n. 116 del 25.2.1984

Supplemento on line. Direttore responsabile Maria Chiara Duranti. Direttore editoriale Giancarlo Marcone

“News” gratuite si propongono di riprendere dai media e inviare informazioni, di recente acquisizione, che siano d’interesse per gli operatori dei consultori familiari e quanti seguono nella società civile e nelle comunità ecclesiali le problematiche familiari e consultoriali. Sono così strutturate:

  • Notizie in breve per consulenti familiari, assistenti sociali, medici, legali, consulenti etici ed altri operatori, responsabili dell’Associazione o dell’Ente gestore con note della redazione {…ndr}.

  • Link diretti e link per download a siti internet, per documentazione.

I testi, anche se il contenuto non è condiviso, vengono riprese nell’intento di offrire documenti ed opinioni di interesse consultoriale, che incidono sull’opinione pubblica. La responsabilità delle opinioni riportate è dei singoli autori, il cui nominativo è riportato in calce ad ogni testo.

Il contenuto delle news è liberamente riproducibile citando la fonte.

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02 ADDEBITO Permane a entrambi con esclusione dell’assegno di mantenimento

03 ADOZIONI Pescara, progetto L’adozione reciproca, nelle aule le buone prassi.

03 ASSEGNO ALIMENTARE Chi paga gli alimenti in caso di separazione.

05 Chi paga alimenti in caso di divorzio.

05 CENTRO INTERN. STUDI FAMIGLIA Newsletter CISF – N. 47, 20 dicembre 2017.

07 CENTRO ITALIANO SESSUOLOGIA Notiziario del CIS – Numero 7 – dicembre 2017 – News OnLine.

08 CHIESA CATTOLICA Nessuno lo ascolta, quando difende vita e famiglia. E un motivo c’è

09 CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM Pescara. Tenerezza e Festa a Palazzo di città.

09 Trento. Libro sui 50anni di Consultorio familiare (1965-2015).

10 CORTE COSTITUZIONALE Maternità surrogata: è necessario valutare l’interesse del minore.

10 La sentenza. Maternità: oltre i dubbi, l’essenziale.

11 Maternità surrogata, offesa intollerabile alla donna.

12 Nicolussi: «Tra madre e figlio diritti sempre più fragili».

13 DALLA NAVATA IV Domenica d’Avvento – Anno B –24 dicembre 2017.

14Gesù, l’uomo che solo Dio poteva darci. Commento di E. Bianchi.

16 DIVORZIO Accordi di divorzio: guida con fac-simile.

17 FECONDAZIONE ASSISTITA Chi accetta l’eterologa non può revocare il consenso.

18 Nota alla sentenza della Corte di Cassazione.

19 FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI Newsletter del Forum n. 2, 21 dicembre 2017.

20 FRANCESCO VESCOVO DI ROMAFrancesco il legislatore. Diritto canonico e riforma della Chiesa.

20 La Teologia di Francesco, 11 teologi mostrano il suo insegnamento

21 GENITORIALITÀ Crescono i neo-papà che prendono il congedo: +27% nel 2016.

22 GIOVANI Anteprima del «Rapporto» dall’Osservatorio dell’Istituto Toniolo.

23 MINORI Ismu: in Italia aumentano i minori stranieri non accompagnati.

24 NON PROFIT Settore in espansione.

25 PARLAMENTO CD 2°Commis. Assegno divorzile. C4605.

25 PATROCINIO GRATUITO Gratuito patrocinio guida e fac-simile dell’istanza.

26 POLITICHE PER LA FAMIGLIA Denatalità. Duecento euro al mese a figlio: mossa del Friuli.

26 SEPARAZIONE Se il cliente non paga l’avvocato può sospendere la sua attività?

27 SESSUOLOGIA Quando si è fisicamente maturi per un rapporto sessuale?

28 Per la rettifica del sesso non serve l’intervento chirurgico.

29 UCIPEM Elezione del Presidente dr Francesco Lanatà.

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“Egli viene. E con Lui viene la gioia. Così entra nel mondo la gioia, attraverso un bambino che non ha niente. La gioia è fatta di niente, perché ogni uomo che viene al mondo viene a mani vuote. Cammina, lavora e soffre a mani vuote, muore e va di là a mani vuote”. Don Primo Mazzolari

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ADDEBITO

Permane ad entrambi i coniugi con conseguente esclusione di assegno di mantenimento.

Corte di Cassazione, sesta sezione civile, ordinanza n. 30746, 21 dicembre 2017.

www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_28576_1.pdf

I giudici di legittimità ritengono inammissibile il ricorso da parte della moglie, volto all’ottenimento di assegno di mantenimento in seguito alla separazione. La donna impugnava la decisione della Corte territoriale che aveva confermato che la separazione era da ritenersi con addebito per entrambi i coniugi, senza pertanto prevedere alcun assegno di mantenimento. La Corte di Cassazione ritiene il ricorso meramente volto a contrapporre una valutazione di merito a quella determinata dalla Corte di Appello, senza incidere o provare a dimostrare il vizio di motivazione.

La censura della valutazione del giudice di merito è infatti possibile solo con la valutazione del presunto vizio di motivazione della decisione, che in questo caso non è dimostrato.

Osservatorio della famiglia 21 dicembre 2017

www.osservatoriofamiglia.it/contenuti/17507243/permane-addebito-della-separazione-ad-entrambi-i-coniugi-con-conseguente-esclusi.html

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ADOZIONI

Pescara. Progetto ‘L’adozione reciproca’, per diffondere le buone prassi delle Linee Guida nazionali.

Capofila dell’iniziativa è stato l’Istituto Alberghiero Ipssar ‘De Cecco’ di Pescara, che ha ospitato nei giorni scorsi il confronto tra gli insegnanti interessati e i referenti del progetto, che hanno delineato come è possibile garantire la qualità nel processo d’inclusione dei minori adottati nel mondo scolastico. Un sodalizio che mira a “stabilire un rapporto intenso e stretto tra famiglia e scuola”, come sottolineato da Antonella Mancaniello, direttrice scientifica del progetto.

Un’iniziativa importante e significativa, che probabilmente merita di essere ‘esportata’ anche a livello nazionale, in modo da poter offrire ai tanti operatori del mondo della scuola una ‘cassetta degli attrezzi’ ricca e adeguata per poter svolgere il loro ruolo di facilitatori dell’accoglienza e dell’inserimento nelle proprie classi dei minori adottati: è questo il ‘cuore’ del progetto ‘L’adozione reciproca’, promosso in Abruzzo e di cui l’Istituto Alberghiero e Turistico Ipssar ‘De Cecco’ di Pescara è capofila.

Ecco come lo ha raccontato, in un articolo, il sito web d’informazione pescarese CityRumors.

“Un progetto che mira a entrare in un mondo molto difficile, in cui occorre stabilire un rapporto intenso e stretto tra famiglia e scuola per la reale e concreta inclusione dei ragazzi, aiutandoli a superare eventuali gap e traumi. Il progetto si è concluso con l’ultimo step del percorso di formazione attraverso un momento di incontro con la dottoressa Antonella Mancaniello, direttrice scientifica del progetto e dirigente dell’Usr, la quale ha presentato una prima stesura delle Linee Guida Regionali sulle adozioni”, ha detto la dirigente dell’Istituto Alberghiero Ipssar ‘De Cecco’ di Pescara, Alessandra Di Pietro, che ha accolto nell’Aula Magna della propria sede il momento di confronto tra i 180 docenti interessati, con il coordinamento della docente Alessia Di Giovanni.

“L’iniziativa – ha spiegato la Dirigente Di Pietro – nasce dall’esigenza di mettere a disposizione dei docenti gli strumenti più adeguati per fronteggiare un fenomeno fortemente in crescita, visto che nelle nostre scuole c’è una presenza di minori adottati quantitativamente rilevante, soprattutto per quanto riguarda le adozioni internazionali, che pone delle evidenti difficoltà linguistiche ed esperienziali tra gli studenti”.

Tre gli obiettivi del progetto: diffondere le linee guida nazionali, elaborare le linee guida regionali e formare i Docenti Referenti per le adozioni di ciascun Istituto abruzzese, che dovranno supportare i colleghi e svolgere una funzione di raccordo con tutti gli altri soggetti che seguono il minore nella post-adozione.

http://didatticainclusiva.loescher.it/linee-guida-per-l-accoglienza-e-l-integrazione-degli-alunni-stranieri.n2967

http://didatticainclusiva.loescher.it/files/2534

“Il progetto ‘L’Adozione reciproca’ – ha ricordato la dirigente Mancaniello – è iniziato il 21 marzo 2017 scorso, con un convegno organizzato dall’Ipssar ‘De Cecco’ che ha coinvolto oltre al mondo della scuola, anche i magistrati del Tribunale dei Minori, psicologi e le équipe territoriali di Montesilvano e Pescara, ed è poi proseguito con i Laboratori di idee e buone prassi svolti nell’Aula Magna del ‘De Cecco’, anche in videoconferenza con le sedi di Chieti, Teramo e L’Aquila; prezioso il coinvolgimento dei funzionari degli Uffici Scolastici delle quattro province, ossia Clara Evangelista, Rossella Mosca, Maria De Dominicis, Roberta Patricelli, Aldo Ruggeri e Giordano Di Pancrazio, che hanno svolto le funzioni di Tutor e coordinamento”.

“L’obiettivo finale dell’iniziativa per la scuola – ha aggiunto la dirigente Di Pietro – è quello di garantire la qualità del processo di inclusione dei minori adottati con la realizzazione di Protocolli d’Accoglienza e di Progetti Inclusivi adeguati ai singoli contesti e capaci di garantire sempre il benessere e la valorizzazione delle specificità. Dopo l’evento odierno, è chiaro che saranno necessari ulteriori momenti di approfondimento e di aggiornamento per i docenti referenti perché il problema delle adozioni nelle scuole è tanto rilevante in funzione dell’aumento dei minori adottati che si iscrivono”.

News Ai. Bi. 21 dicembre 2017

www.aibi.it/ita/adozione-pescara-180-docenti-di-140-istituti-coinvolti-nel-progetto-ladozione-reciproca-per-diffondere-nelle-aule-le-buone-prassi-delle-linee-guida-nazionali-sulladozione

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ASSEGNO ALIMENTARE

Chi paga gli alimenti in caso di separazione

Dalla separazione dei coniugi può sorgere anche il diritto per uno dei due all’assegno alimentare. Cos’è l’assegno alimentare, e chi deve pagare gli alimenti?

Il diritto di famiglia è uno degli ambiti del diritto civile più sentiti dai cittadini, in quanto tocca da vicino questioni molto importanti riguardanti la formazione sociale principale sulla quale si basa il nostro ordinamento, tutelata dalla costituzione italiana: la famiglia. Le questioni che quindi hanno ad oggetto i minori, gli aspetti personali ed economici dei nuclei familiari e naturalmente, sempre più di frequente, le separazioni e i divorzi sono di grande interesse per la collettività. La giurisprudenza stessa è di continuo chiamata a decidere in materia di separazione e divorzio, e una delle problematiche più trattate e in costante evoluzione riguarda le conseguenze economiche derivanti dalle separazioni coniugali e dal divorzio. Ci si riferisce, chiaramente, all’assegno di mantenimento, che spesso viene chiamato da molti anche col solo termine di alimenti. Non è raro infatti sentire qualcuno affermare che deve versare gli alimenti all’ex coniuge, ma in realtà questo termine è improprio. Cerchiamo quindi di fare chiarezza e vediamo, davvero, chi paga gli alimenti in caso di separazione.

Alimenti e mantenimento: definizioni. Sostenere di versare al proprio ex coniuge gli alimenti, nel caso in cui il giudice abbia disposto la corresponsione di un assegno di mantenimento mensile, non è corretto. Nel nostro ordinamento, infatti, si distingue fra l’assegno di mantenimento e l’assegno alimentare, che sono due elargizioni economiche differenti, basate su presupposti ben diversi. Nel linguaggio comune, in genere, si afferma di dover pagare gli alimenti al proprio ex coniuge, o di ricevere gli alimenti, ma in realtà si sta corrispondendo (o si sta ricevendo) l’assegno di mantenimento. Bisogna inoltre considerare che anche l’assegno di divorzio è un’ulteriore tipologia a parte, con differenti funzioni e finalità.

Cosa significa assegno di mantenimento. L’assegno di mantenimento consiste in un versamento mensile che viene concesso dal giudice della separazione a vantaggio del coniuge economicamente più debole. In materia c’è stato da poco un importante cambio di orientamento della giurisprudenza di legittimità, per quanto riguarda il criterio del tenore di vita avuto dai coniugi durante il matrimonio, che aveva costituito da sempre il metodo di valutazione della somma da corrispondere. La situazione adesso è invece cambiata, in quanto all’ex coniuge non potrà più essere attribuito alcun sostegno economico nel caso in cui sia economicamente autosufficiente.

Dal punto di vista della funzione e della finalità, l’assegno di mantenimento è in concreto la rappresentazione e conseguenza pratica del dovere di solidarietà morale e materiale che per legge ricade sui coniugi; poiché la separazione non scioglie definitivamente il vincolo matrimoniale (come al contrario accade col divorzio), questo dovere di solidarietà non viene a mancare con la separazione, e pertanto sussiste il dovere di contribuzione anche economica. Per poter beneficiare dell’assegno di mantenimento, al coniuge destinatario non deve essere stata addebitata la separazione.

L’assegno di mantenimento va inoltre tenuto distinto dall’assegno divorzile, in quanto le due tipologie hanno funzioni diverse. L’assegno di mantenimento conseguente alla separazione serve a evitare i mutamenti radicali che sono conseguenza della separazione del nucleo familiare, mentre l’assegno divorzile si fonda sulla rottura definitiva del rapporto coniugale. Entrambi gli assegni sono, a loro volta, diversi dall’assegno alimentare.

Assegno alimentare: cos’è e chi ne ha diritto. La disciplina dell’assegno alimentare è conseguenza diretta dei principi fondamentali e generali che regolano il diritto di famiglia, in quanto la famiglia è la principale formazione sociale nella quale ogni persona esprime la propria personalità, e deve essere basata sul reciproco rispetto e solidarietà, anche nei casi in cui il nucleo familiare originario venga meno a seguito di separazione prima e divorzio poi.

L’assegno alimentare consiste in un’elargizione economica che viene fatta da un soggetto, che vi è obbligato per legge, ad un’altra persona, in presenza di determinati presupposti che sono previsti dalla normativa civilistica [Art. 433 e seguenti codice civile]. Per avere diritto all’assegno alimentare, occorre che il destinatario dell’assegno sia in uno stato di bisogno e sia inoltre impossibilitato a provvedere in autonomia al proprio mantenimento. Può quindi benissimo accadere che questa situazione di bisogno si verifichi anche a seguito della separazione, con la disgregazione del nucleo familiare, qualora uno dei due coniugi si trovi in uno stato di estrema necessità, tale da non permettergli di far fronte, in autonomia, alle più elementari esigenze di vita.

Sarà quindi il coniuge che è in possesso di un reddito, magari anche minimo, oppure di una rendita, o comunque che ha delle entrate sufficienti, a dover far fronte – nei limiti delle sue stesse possibilità, e considerato il caso concreto, sul quale il giudice baserà la sua decisione – al versamento dell’assegno alimentare per l’altro coniuge in stato di bisogno, fino a quando non sarà stato possibile per quest’ultimo trovare un’occupazione che gli permetta di non essere più in stato di bisogno. L’assegno alimentare infatti non è un obbligo a vita: quando si può cambiare l’importo dell’assegno alimentare?

Assegno alimentare: modificabilità successiva. Un aspetto da non tralasciare per quanto riguarda la durata e l’entità dell’assegno alimentare riguarda la sua modificabilità. Come avviene per tutti i provvedimenti emanati dal giudice in materia di separazione personale dei coniugi, infatti, le decisioni prese in sede di separazione sono modificabili nelle ipotesi di giustificato motivo o nei casi in cui ci sia stata una modifica, intervenuta nel corso del tempo, delle condizioni di fatto successive rispetto a quelle che sussistevano in concreto al momento della separazione. Si pensi al deterioramento delle condizioni economiche di chi era tenuto a corrispondere l’assegno alimentare, o viceversa al miglioramento della situazione finanziaria del beneficiario dell’assegno alimentare. Data la funzione assistenziale dell’assegno alimentare, volta quindi a garantire un supporto minimo al destinatario che altrimenti non avrebbe mezzi per sopravvivere, è chiaro come la situazione di fatto vada rivalutata qualora le effettive condizioni di vita del beneficiario siano cambiate in meglio, o viceversa se la situazione economico-finanziaria di chi paga l’assegno alimentare ha avuto un peggioramento che lo metta, a sua volta, in difficoltà.

Chiara Pezza la legge per tutti 18 dicembre 2017

www.laleggepertutti.it/187772_chi-paga-gli-alimenti-in-caso-di-separazione

 

Chi paga alimenti in caso di divorzio

L’assegno alimentare è diverso sia dall’assegno di mantenimento che dall’assegno di divorzio: chi paga gli alimenti in caso di divorzio?

Divorzi e separazioni sono ormai all’ordine del giorno, e la disciplina di legge che regolamenta la materia è in costante evoluzione, non soltanto dal punto di vista legislativo ma anche per quanto riguarda le sentenze, sia dei T56ribunali che della Corte di cassazione. Trattandosi di un ambito molto delicato, nel quale vengono trattate questioni personali e patrimoniali di grande interesse per le parti coinvolte (si pensi all’affidamento dei figli, alle questioni legate alla casa coniugale), occorre essere precisi quando si parla di alimenti ed essere informati su cosa spetta in sede di divorzio e a chi può essere corrisposto l’assegno divorzile e l’assegno alimentare. I due assegni, infatti, non sono la stessa cosa, in quanto assolvono funzioni diverse e si fondano su presupposti differenti.

Conseguenze patrimoniali del divorzio: assegno divorzile. L’assegno divorzile ha come presupposto l’inadeguatezza dei mezzi economici della persona che ne beneficerà, e che erano sempre stati parametrati dalla giurisprudenza in relazione al tenore di vita mantenuto durante gli anni del matrimonio ormai giunto al termine. L’istituto ha lo stesso fondamento dell’assegno di mantenimento riconosciuto in sede di separazione, ma naturalmente presuppone la cessazione del vincolo matrimoniale e di tutti i suoi effetti in capo ai coniugi. La situazione attuale è tuttavia stata fortemente modificata da una sentenza della Corte di cassazione di quest’anno [n. 11504, 10 maggio 2017], che ha stabilito come l’ammontare dell’assegno divorzile debba ora invece fondarsi sull’accertamento dell’indipendenza economica del coniuge che vorrebbe ottenere l’assegno divorzile: se quest’ultimo ha raggiunto questa indipendenza, o in ogni caso è perfettamente in grado di farlo (per età, formazione ed esperienze pregresse), allora non sarà possibile riconoscergli – riconoscerle il diritto all’assegno divorzile.

Il presupposto dell’assegno divorzile quindi riguarda una situazione economica particolare e di sicura problematicità, ma non integra una difficoltà praticamente assoluta di uno dei due coniugi di far fronte alla vita quotidiana. In questa sostanziale ma primaria diversità consiste invece la differenza con l’assegno alimentare.

Conseguenze patrimoniali del divorzio: assegno alimentare. Gli alimenti, infatti, sono una prestazione a carattere patrimoniale che consiste nel versamento di una somma di denaro, fatta da un soggetto obbligato – individuato per legge – a un beneficiario che si trova in stato di bisogno, e non può pertanto provvedere al proprio mantenimento da solo. L’assegno alimentare è quindi una forma di assistenza economica nei confronti di un soggetto che versa in una situazione di debolezza finanziaria, e che dunque, date le finalità e i presupposti ai quali è condizionato, ha un carattere strettamente personale. L’obbligo di corrispondere l’assegno alimentare sorge inoltre solo a carico di determinati soggetti previsti per legge, tra i quali il codice civile individua anche il coniuge separato (oltre a figli, genitori, ascendenti prossimi come i nonni e gli adottanti, gli affini e i fratelli e sorelle). L’ammontare della somma è determinato in proporzione allo stato bisogno del destinatario e delle sue condizioni economiche, ma tiene conto anche della situazione finanziaria di chi è obbligato a versare l’assegno [Art. 438 e seguenti codice civile]. La cifra da corrispondere non deve superare quanto sia effettivamente necessario per la sopravvivenza dell’alimentando, della cui posizione sociale bisogna altresì tenere conto.

Chiara Pezza la legge per tutti 20 dicembre 2017

www.laleggepertutti.it/187835_chi-paga-alimenti-in-caso-di-divorzio

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CENTRO INTERNAZIONALE DI STUDI SULLA FAMIGLIA

Newsletter CISF – N. 47, 20 dicembre 2017

  • All’inizio c’è la relazione. Il paradigma relazionale come interfaccia tra le scienze teologiche, filosofiche e sociali. Questo video può essere considerato come un “regalo di fine anno”, e presenta una originale illustrazione della “sociologia relazionale”, teoria ideata da Pierpaolo Donati. Parole, segni e immagini spiegano con grande chiarezza e semplicità concetti complessi, che confermano che “senza relazione non c’è identità. Cinque minuti che davvero vale la pena di passare davanti al video.

www.youtube.com/watch?v=kPSKt8gyKNU

  • Il nuovo rapporto CISF 2017 è già in libreria, pronto per i lettori più tempestivi.

http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf4317_indice_rapporto_cisf_2017.pdf

Il Cisf realizzerà una presentazione dei principali contenuti del Rapporto con il Patrocinio dell’AGCOM (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni), L’evento si svolgerà presso la Sala Angrisani (nella sede centrale AGCOM), in Via Isonzo, 21/b, a Roma, giovedì 25 gennaio 2018, dalle 10.00 alle 17.30. Seguiranno ulteriori info per partecipazione e programma.

  • Il Rapporto Cisf su Famiglia Cristiana. Come la rete cambia la nostra vita. (n 51, 17 dicembre 2017)

www.famigliacristiana.it/articolo/come-la-rete-cambia-la-nostra-vita.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_20_12_2017

  • Il Rapporto Cisf su Avvenire. Anche Avvenire ha dedicato un ampio servizio al Rapporto Cisf, giovedì 14 dicembre 2017.

www.avvenire.it/attualita/pagine/gli-errori-dei-genitori-con-i-figli-iperconnessi

E’ possibile ordinare on line il Nuovo Rapporto Cisf 2017, “Le relazioni familiari nell’era delle reti digitali“; sul sito www.sanpaolostore.it.

  • Cosa succede se si offre sostegno economico all’allattamento al seno. I dati di una ricerca clinica dalla Gran Bretagna (Effect of Financial Incentives on Breastfeeding. A Cluster Randomized Clinical Trial). L’offerta di voucher monetari per le madri che scelgono di allattare al seno ha fatto crescere del 20% questa pratica, in un Paese (la Gran Bretagna) che ha il tasso di allattamento al seno tra i più bassi del mondo, per una pratica di alimentazione che è universalmente riconosciuta capace di dare maggiore protezione da infezioni, malattie, ecc.

http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf4717_allegato2.pdf

  • Qualche notizia sulla condizione degli anziani. ‘RiskER’, ecco l’algoritmo che riconosce e previene le fragilità degli anziani. Per identificare la fragilità dell’anziano, all’interno del progetto Sunfrail, è stato elaborato l’algoritmo “RiskER”, sviluppato dall’Agenzia sanitaria e sociale dell’Emilia-Romagna con la Jefferson University di Philadelfia (Usa): una procedura statistica che, combinando oltre 500 variabili demografiche e di salute, permette di intervenire in modo precoce per predire, quindi ridurre, il rischio di ammalarsi e di essere ricoverati in ospedale. “L’algoritmo RiskER su cui si basa il progetto permette di calcolare il livello di fragilità nella salute di una persona, incrociando variabili demografiche (età, sesso, residenza per zona altimetrica), morbilità (ad esempio, presenza di una o più patologie croniche, altre condizioni cliniche), gravità delle condizioni cliniche, consumo di farmaci e appropriatezza nella terapia”.

www.regione.emilia-romagna.it/notizie/2017/novembre/risker-ecco-l-algoritmo-che-riconosce-e-previene-le-fragilita-degli-anziani

  • Bene il sostegno ai caregiver familiari, ma attenzione all’intero sistema delle cure per gli anziani. Una breve ma stimolante riflessione di Marco Trabucchi per la Fondazione Leonardo, che sottolinea tre fattori: il crescente dato demografico-epidemiologico (un numero crescente di anziani, con maggiori bisogni socio-sanitari); il prevedibile calo delle possibilità di cura da parte delle famiglie; l’oggettivo problema dei costi dei servizi residenziali.

http://www.fondazioneleonardo.it/adminpage/v6/scheda/id/6177

Sui caregiver leggi anche il commento del Direttore Cisf (Francesco Belletti)

www.famigliacristiana.it/articolo/la-famiglia-che-cura-bastera-una-legge-per-sostenerla.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_20_12_2017

  • Cambia l’altro volto della cura familiare. La presenza delle badanti. Due notizie, con dati aggiornati, che cambiano qualche rappresentazione stereotipata, da Redattore Sociale. Badanti in calo: -145 mila negli ultimi 5 anni. Ma ce ne sarà sempre più bisogno.

http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/559143/Badanti-in-calo-145-mila-negli-ultimi-5-anni-Ma-ce-ne-sara-sempre-piu-bisogno

Badanti in calo. “Peso maggiore sulle famiglie, avremo più anziani soli”

www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/559178/Badanti-in-calo-Peso-maggiore-sulle-famiglie-avremo-piu-anziani-soli?UA-11580724-2

  • Dalle case editrici

http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf4717_allegatolibri.pdf

  • Alpes, Adolescenze e famiglie, Baldassarre M.

  • Vita e Pensiero, Welfare responsabile, Cesareo V. (a cura di)

  • FrancoAngeli, “Se mi togliete il gioco divento matto”. Una ricerca sul gioco d’azzardo a Bologna, Colozzi I., Landuzzi C., Panebianco D.

  • Fondazione Museo storico del Trentino, Quadri di famiglia. Cinquant’anni di Consultorio familiare UCIPEM a Trento (1965-2015), Ronchini M.

  • EDB, Il segreto di una vita felice. Itinerario per coppie con il libro di Tobia, Sartor P., Noceti S.

  • Pigozzi Laura, Mio figlio mi adora. Figli in ostaggio e genitori modello, Nottetempo, Milano, 2016, pp. 196, € 14,00 […] L’autrice, psicanalista lacaniana, con questo testo acuto e provocatorio in cui fa ricorso sia a casi concreti tratti dalla sua professione, sia ad un vasto spettro di riferimenti che vanno dalla Bibbia alla psicoanalisi, dalla letteratura al cinema, dalla giurisprudenza alla cronaca, intende esplicitamente infrangere la retorica asfittica della famiglia all’inclusive. Mostrando piuttosto come la vera filiazione è aver ricevuto dai propri genitori la possibilità di lasciarli, se è vero – come dice Hannah Arendt in una delle citazioni posta in esergo – che “gli uomini sono nati per incominciare”. http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf4717_allegatolibri.pdf

  • Save the date – dall’Italia e dall’estero

  • Nord Famiglie datori di lavoro e welfare. Ruolo economico e politiche per la famiglia in Italia e in Europa, presentazione della ricerca DOMINA realizzata in collaborazione con la Fondazione Moressa, promossa da DOMINA (Associazione Nazionale Famiglie Datori di Lavoro Domestico), Venezia, 11 gennaio 2018.

www.fondazioneleonemoressa.org/newsite/wp-content/uploads/2017/12/Convegno-DOMINA-Venezia-2018.pdf

  • La natura dell’umana generazione, presentazione del n. 29 di Studi Interdisciplinari sulla famiglia (a cura di Eugenia Scabini e Giovanna Rossi, organizzata dal Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica, Milano, 23 gennaio 2018.

http://centridiateneo.unicatt.it/famiglia-Umana_generazione_loc_DEF.pdf

  • Centro Palliative Care: everywhere & by Everyone. Palliative care in every region. Palliative care in every religion or belief (Cure palliative: dovunque, per chiunque. Cure palliative in ogni regione. Cure palliative in ogni religione o credo), congresso internazionale promosso dalla Pontificia Accademia della Vita, Roma, 28 febbraio-1 marzo 2018.

www.academyforlife.va/content/dam/pav/documenti%20pdf/Programma_PalliativeCare28febbraio_1marzo.pdf

  • Sud Individuo, famiglia, comunità, convegno promosso da Università degli Studi Aldo Moro, Ordine degli Avvocati di Bari, Universo Studenti, con crediti universitari per studenti, Bari, 12 gennaio 2018.

http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf4717_allegato4.pdf

  • Estero Measuring the Effectiveness of Children’s Rights (Misurare la reale efficacia dei diritti dei bambini), conferenza internazionale promossa da The National Commission on the Rights of the Child (Belgium) e da ChildONEurope, Bruxelles, 9 febbraio 2018.

https://ncrk-cnde.be/en/projects/international-conference-measuring-the-effectiveness-of-children-s-rights/conference-programme

Iscrizione alle newsletter http://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/newsletter-cisf.apx

Con tutti i linkhttp://newsletter.sanpaolodigital.it/cisf/dicembre2017/5060/index.html

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CENTRO ITALIANO SESSUOLOGIA

Notiziario del CIS – Numero 7 – dicembre 2017 – News OnLine

  • Intervista a Vincenzo Cappelletti, storico del pensiero scientifico.

  • Quanto è importante il sesso in una coppia? Maria Teresa Fossati.

  • Carlomagno, poligamo e incestuoso. Nunzia Melchiorre.

  • Disforie di genere. Supporto al percorso di transizione. Margherita Graglia.

  • XXX Convegno Nazionale CIS Malattia la sfida dell’eros: qualità della vita sessuale nell’insorgenza di una malattia. Maria Cristina Florini.

  • Diana e il Complesso di Diana. Giuliana Proietti

  • Il primo stage di supervisione 2018 condotto dal dr Tiziano Tagliavini si terrà il 2-3 febbraio2018.

  • Marie Bonaparte. Giuliana Proietti.

  • L’omosessualità si sviluppa nel grembo materno? Uno studio che farà discutere. Walter La Gatta.

file:///D:/Documenti/Dropbox/Gianchi%20UCIPEM%20news/SESSUOLOGIANews_Online_7.pdf

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CHIESA CATTOLICA

Nessuno lo ascolta, quando difende vita e famiglia. E un motivo c’è

Una volta, in visita a Torino, ha detto a una platea di giovani: “Siate casti, siate casti”. E quasi se n’è scusato: “Perdonatemi se vi dico una cosa che non vi aspettavate”.

Papa Francesco è anche questo. Un papa che a tratti torna all’antico e ridice i precetti della Chiesa di sempre. Come non abortire. O per dirla con le sue parole agli stessi giovani di Torino: non “uccidere i bambini prima che nascano”.

La grande stampa minimizza o tace, quando Francesco si distacca dall’immagine sua dominante, di pontefice permissivo sulle materie che fino a pochi anni fa la Chiesa definiva “non negoziabili”.

Eppure sono fin troppe, almeno un centinaio, le volte in cui se n’è distaccato, anche in circostanze solenni come ad esempio a Strasburgo davanti al parlamento europeo, quando condannò la logica dello “scarto”, dell’eliminazione di tutte le vite umane che non sono più funzionali, “come nel caso dei malati, dei malati terminali, degli anziani abbandonati e senza cura”. È quella che lui usa definire “eutanasia nascosta”.

Ma fu come non l’avesse detto. Il suo discorso a Strasburgo fu salutato da applausi scroscianti da tutti i banchi dell’emiciclo, e tranquillamente archiviato.

È andata così anche a metà novembre, quando Francesco ha riesumato addirittura un monito di Pio XII per ribadire la condanna dell’eutanasia, anche qui con i media che invece hanno interpretato le sue parole come un'”apertura”. Una settimana dopo, in due omelie consecutive a Santa Marta, il papa se l’è presa inoltre con la “colonizzazione ideologica” che pretende di cancellare la differenza tra i sessi. Un anno fa, mentre era in Georgia, addirittura la bollò come “una guerra mondiale per distruggere il matrimonio”.

Anche queste sue ripetute sfuriate sono scivolate via come acqua sul marmo. Ignorate.

La stampa avrà le sue colpe, ma è davvero paradossale che ciò accada a un papa come Jorge Mario Bergoglio, la cui padronanza nell’utilizzo dei media è ritenuta imbattibile. A meno di ipotizzare che sia lui il primo a volere che questi suoi interventi non abbiano risonanza e soprattutto non intacchino la sua fama di pontefice al passo con i tempi.

Un fatto è certo: l’epico scontro frontale tra un Giovanni Paolo II e la modernità, o tra un Benedetto XVI e la “dittatura del relativismo”, è qualcosa che papa Francesco non vuole in alcun modo rinverdire. È ben lieto che il suo pontificato sia letto alla luce tranquillizzante del “chi sono io per giudicare?”, e che di conseguenza ogni sua parola detta o scritta su questi temi divisivi non sia mai presa per definitiva e definitoria, ma si offra inerme, plasmabile, all’arbitrio di ciascuno.

A produrre questo risultato è anche l’abilità di Bergoglio a compiere gesti di impatto mediatico incomparabilmente più forte delle parole. Quando due anni fa, al termine della sua visita negli Stati Uniti, diede udienza calorosissima a un suo amico argentino, Yayo Grassi, accompagnato dal suo “coniuge” indonesiano Iwan Bagus, bastò questo a consacrare l’immagine di Francesco aperto ai matrimoni omosessuali, nonostante ogni sua parola in contrario.

E viceversa, quando folle imponenti, cattoliche e non, scendono in piazza in difesa del matrimonio tra uomo e donna e contro le teorie del “gender”, come è avvenuto a Parigi con le “Manif pour tous” o a Roma con il “Family Day”, il papa si guarda bene dal dire una sola parola a loro sostegno. Né tanto meno dal protestare contro le vittorie del fronte avverso. Quando nel maggio del 2015 in Irlanda vinse il “sì” al matrimonio omosessuale, Francesco lasciò al cardinale Pietro Parolin, il segretario di Stato, l’onere di definire quel risultato “una sconfitta dell’umanità”, e quindi di prendersi lui le immancabili accuse di oscurantismo.

Insomma, dove e quando infuria la battaglia politica e culturale pro o contro l’affermazione dei nuovi diritti, papa Francesco tace. E parla invece lontano dall’agone, nei luoghi e nei momenti più al riparo dall’assalto.

La dottrina tradizionale della Chiesa lui la preserva così, come in un rifugio antiaereo.

Sandro Magister Settimo cielo Espresso n.52 24 dicembre 2016

http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it

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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM

Pescara, Babbo Natale fra i nuovi nati di novembre. Tenerezza e Festa a Palazzo di città

E’ stato Babbo Natale l’allegro protagonista della cerimonia del “Benvenuto ai nuovi nati di novembre”, che si è tenuta stamani, in sala consiliare, a Palazzo di Città, su iniziativa dell’Assessorato alle Politiche Sociali. (…) Al suo fianco, l’assessore Antonella Allegrino che, come avviene ogni mese, ha salutato e rivolto un augurio alle neo mamme e ai neo papà, donando loro un facsimile di carta d’identità con il nome del bimbo e una valigetta contenente prodotti per l’infanzia, (…).

La cerimonia di oggi è stata anche l’occasione per ringraziare, attraverso la consegna di un attestato, i nuclei familiari, le coppie e le persone che hanno accolto un minore in affido o affiancato altre famiglie, aiutandole a superare una situazione temporanea di disagio. Un ringraziamento che l’assessore Allegrino ha rivolto anche ai rappresentanti della Fondazione Paideia e della Caritas Diocesana, che hanno sviluppato il progetto “Una famiglia per una famiglia” in collaborazione con il Comune, all’équipe Affido dei Servizi sociali, agli operatori dei consultori Cif e Ucipem, della Asl, della cooperativa Orizzonte e ai tutors, che si stanno adoperando per promuovere e realizzare queste forme di accoglienza.

“La disponibilità delle persone che scelgono l’affido e l’affiancamento familiare evita il ricorso alle comunità per i bambini e i ragazzi e consente di sostenere una famiglia che sta attraversando un momento di difficoltà – ha spiegato Antonella Allegrino – L’accoglienza deve essere il primo valore che caratterizza una comunità e queste famiglie la praticano quotidianamente. Parlarne in occasione del ‘Benvenuto ai nuovi nati’ ci permette di far conoscere a tante persone una forma meravigliosa di solidarietà e altruismo”.

“Il mondo dice che caricarsi un problema sulle spalle non porta felicità – ha aggiunto Marco Bulferi, affidatario con la moglie Alessandra Centorami e rappresentante dell’associazione Famiglie per l’accoglienza- Invece, è esattamente il contrario perché aprire il cuore e la propria casa a un bambino che è in difficoltà è un‘esperienza che rende felici”. A proposito dell’affiancamento familiare, il vice direttore della Caritas Corrado De Dominicis ha aggiunto che “è un istituto nuovo ma anche antico, perché siamo tornati con gli strumenti di oggi, a fare buon vicinato, ad aiutare le famiglie che hanno bisogno di aiuto per portare i figli a scuola o per fare i compiti”.

www.metropolitanweb.it/cultura-e-eventi/item/14883-pescara-babbo-natale-fra-i-nuovi-nati-di-novembre-tenerezza-e-festa-a-palazzo-di-citta.html

 

Trento. Quadri di famiglia: libro sui cinquant’anni di Consultorio familiare UCIPEM (1965-2015)

Scrivere della vicende di un’associazione legata a un consultorio non è impresa facile e per motivi diversi. I consultori sono delle strutture particolari, tanto diffuse quanto poco conosciute, dall’identità fluttuante e dalla storia ignorata. Nel panorama delle strutture socio-sanitarie, costituiscono ancora, a cinquant’anni circa dalla legge nazionale 405 del 1975 che li riconosceva e avviava, la prosecuzione di una sperimentazione nata dall’attenzione verso le trasformazioni della famiglia e un nuovo modello di sanità. Sperimentazione lunga, dunque, banco di prova di un intervento pubblico (e privato) preventivo prima che curativo, concentrato sulle relazioni e non sui singoli individui, basato sulla condivisione e non sul parere autoreferenziale di specialisti. Il volume che affronta le vicende del Consultorio familiare UCIPEM a Trento a cinquant’anni dalla sua nascita è pertanto assai più di un’occasione per celebrare un anniversario importante; è il pretesto per indagare più a fondo una storia che ha ancora molto da raccontare.

Monica Ronchini, di formazione antropologa, si è occupata di studio delle trasformazioni del territorio e di fenomeni sociali quali il turismo, la demografia e di recente la nuova emigrazione, avviando progetti di ricerca storica e partecipativa.

  • Una storia, tante storie- Enrica Tomasi. Introduzione

  • La famiglia sotto osservazione. Il consultorio della Scuola regionale e i centri prematrimoniali.

  • Il consultorio e la chiesa locale: i primi timidi approcci. <poi la cosa si è fermata>: note di un tentativo fallito Il Centro prematrimoniale e matrimoniale di Trento (1964-1967).

  • L’anno della mutazione (1968). L’inizio delle grandi trasformazioni. L’influenza della lettera enciclica Humanæ vitæ sulla vita dell’associazione.

  • Vicino al disagio delle coppie (1970-1996). Le azioni contro il divorzio: Da Centro prematrimoniale a consultorio UCIPEM (1972-1979). Dall’ascolto della domanda alle nuove professionalità (1980 -1991) – L’identità di consultorio: la ricerca degli anni novanta (1992-2001).

  • Il consultorio e la domanda di aiuto

  • Sguardi dall’interno.

Enrica Tomasi: il nuovo corso del Consultorio UCIPEM (1996-2015)

Vanda Scopel: la risorsa Consultorio

Anna Maria Butturini, Valerio Fontanari, Anna Formaini, Daniela Pisoni: dalla parte dei consulenti.

http://fondazione.museostorico.it/index.php/Pubblicazioni/Libri-e-produzioni-video/Libri/Quadri-di-famiglia-cinquant-anni-di-Consultorio-familiare-UCIPEM-a-Trento-1965-2015

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CORTE COSTITUZIONALE

Status di chi è nato da maternità surrogata: è sempre necessario valutare l’interesse del minore.

Corte Costituzionale – Sentenza n. 272, 18 dicembre 2017.

Il giudice chiamato a pronunciarsi sull’impugnazione del riconoscimento del figlio naturale concepito mediante surrogazione di maternità è sempre tenuto a valutare comparativamente l’interesse alla verità e l’interesse del minore. È quanto si legge nella sentenza della Corte costituzionale n. 272 (relatore Giuliano Amato), con la quale la Corte afferma che anche nell’azione prevista dall’articolo 263 del Codice civile [R.D. 16 marzo 1942, n.262. Impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità] è ineludibile la valutazione comparativa fra l’interesse alla verità e l’interesse del minore. Vi sono casi in cui tale valutazione è fatta direttamente dalla legge (così è, ad esempio, per il disconoscimento del figlio concepito da fecondazione eterologa); ve ne sono altri “in cui il legislatore impone, all’opposto, l’imprescindibile presa d’atto della verità, con divieti come quello della maternità surrogata. Ma l’interesse del minore non è per questo cancellato”. Nel silenzio della legge, come nel caso in esame, la valutazione è dunque più complessa della sola alternativa vero/falso. Tra le variabili di cui tener conto, “oltre alla durata del rapporto con il minore e, quindi, alla condizione identitaria già acquisita, oggi assumono particolare rilevanza le modalità del concepimento e della gestazione” e la possibilità per il genitore sociale di stabilire, mediante l’adozione in casi particolari, un legame giuridico che garantisca al minore un’adeguata tutela. Nella valutazione comparativa rimessa al giudice rientra anche la considerazione dell’elevato grado di disvalore che il nostro ordinamento riconnette alla surrogazione di maternità, che “offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane”. Perciò la Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte d’appello di Milano sull’articolo 263 del Codice civile.

Ufficio Stampa della Corte costituzionale 18 dicembre 2017

www.cortecostituzionale.it/documenti/comunicatistampa/CC_CS_20171218160743.pdf

 

La sentenza. Maternità: oltre i dubbi, l’essenziale. Una certezza che rifonda

C’è un bambino, riconosciuto come proprio figlio da una donna che dice di essere sua madre. C’è un tribunale che invece dice che quel bambino non è figlio della donna che lo ha riconosciuto. Questa donna è sposata a un uomo, padre biologico del bambino, che è nato da utero in affitto, in India. Cioè ha una madre genetica, che ha “donato” l’ovocita, e un’altra surrogata, che ha portato avanti la gravidanza e che lo ha partorito. Ma la donna che vuole essere riconosciuta come madre del piccolo è una terza persona, diversa dalle due madri biologiche (la “donatrice” e la surrogata, che in questa vicenda restano anonime, sullo sfondo): è «la persona che ha formulato il progetto familiare e che, dalla nascita del bambino, ne è madre», come viene indicato da alcuni giudici, con una definizione a dir poco inquietante di maternità.

L’atto di nascita con cui il bambino è riconosciuto figlio dei due committenti – i coniugi che hanno firmato il contratto di maternità surrogata – è stato trascritto in Italia, ma poi il Tribunale ordinario di Milano ha fatto un passo indietro, cioè ha stabilito che la donna che ha firmato il contratto di surroga e ha cresciuto il bambino non è la madre, perché non lo ha partorito. La donna ha quindi fatto ricorso alla Corte di Appello, sostenendo che il legame biologico non può essere l’ultima parola su chi siano i genitori di un bambino, ed è questa Corte a porre il quesito alla Consulta, che ieri ha risposto. Per decidere bisogna stabilire quale sia il massimo interesse del piccolo, e la riflessione intorno a cui si sviluppa la sentenza della Corte Costituzionale è: quanto è importante la verità biologica, cioè l’esistenza o meno del legame biologico fra una donna e un bambino, per stabilire se sono madre e figlio davanti alla legge?

Al di là delle complesse e articolate considerazioni giuridiche, colpisce il modo in cui emerge la questione, e cioè come una contrapposizione fra favor veritatis, cioè l’interesse alla verità, e favor minoris, cioè l’interesse del bambino. Ma può esserci un interesse del bambino che escluda la verità su come è venuto al mondo? Come ha giustamente sottolineato l’Avvocatura dello Stato, le due cose non possono confliggere, al contrario: la verità su come una persona è stata concepita e su come è nata è una componente fondamentale della sua identità, anche se non è l’unica.

La sola esistenza di una discussione come questa dovrebbe far suonare una imponente sirena di allarme: possiamo non essere più in grado di stabilire chi è la madre di un bambino!

Dobbiamo chiederlo a più di un tribunale, e non c’è un Salomone in grado di rispondere, perché la domanda è andata oltre, e ci stiamo domandando quale sia il bene di un bambino, e poi se e quanto vale la verità, e, in ultima analisi, se esiste una verità su chi sia la madre di un bambino. E la Consulta, che pure ha dato una risposta improntata a buon senso e buon diritto, non può che aprire – simbolicamente – le braccia e dire: in questo caso non esiste una risposta certa e automatica, che valga sempre. Ogni volta dovete considerare e soppesare tutto. Come quel piccolo è stato concepito, e poi partorito, e poi come è vissuto fino ad adesso, e poi anche valutare se si può regolare il tutto con una adozione. E ricordatevi – ammonisce sempre la Consulta – che la maternità surrogata per la legge italiana ha «un elevato grado di disvalore», è vietata perché «offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane», e anche di questo va tenuto conto. E quindi altri giudici dovranno ancora pronunciarsi, per scoprire quale sia il bene per quel bambino, e quindi dire chi è la sua mamma.

Eppure nella domanda posta alla Corte Costituzionale, a voler leggere bene, la risposta già c’è: se riconoscere la verità di quel concepimento e di quel parto potrebbe contrapporsi al bene di quel bambino, significa che nascere in quel modo, come “progetto familiare” regolato da un contratto di maternità surrogata, non è un bene. Oramai abbiamo difficoltà a riconoscere una verità elementare, e cioè che ogni bambino ha diritto a vivere non con una madre, individuata a seconda delle circostanze da un qualche tribunale, ma con sua madre. Unica (semper certa, si diceva un tempo). E la verità è che la sua unica madre è quella che suo figlio lo ha concepito, lo ha portato in pancia e lo ha partorito, e se ce ne è un’altra può essere solo adottiva, quando la prima non c’è più o non è più in grado di crescerlo. Tutto il resto è delirio di onnipotenza in cui troppi sono caduti, un mondo in cui si può persino stentare a riconoscere il volto della mamma.

E meno male che, almeno in Italia, i custodi della Costituzione stanno ribadendo che la pratica dell’utero in affitto, saggiamente e limpidamente vietata nel nostro ordinamento grazie alla legge 40, «offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane». Ripetiamolo, sottolineiamolo, siamo tutti e tutte conseguenti. Ecco una certezza da cui, umanamente, ricostruire il vero e pieno rispetto della maternità, della paternità e della condizione di figlio.

Assuntina Morresi Avvenire 19 dicembre 2017

www.avvenire.it/opinioni/pagine/maternita-oltre-i-dubbi-certezza-morresi

 

La Corte costituzionale: maternità surrogata, offesa intollerabile alla donna

La Consulta ha respinto la questione di legittimità costituzionale sollevata contro il divieto di maternità surrogata previsto dal nostro ordinamento. L’utero in affitto «mina le relazioni umane».

«L’esigenza di verità» nella filiazione non può imporsi «in modo automatico sull’interesse del minore». Serve una «valutazione comparativa». Ma se il soggetto è un bimbo nato da utero in affitto, e di questa valutazione «fa parte necessariamente la considerazione dell’elevato grado di disvalore che il nostro ordinamento riconnette alla surrogazione di maternità, vietata da apposita disposizione penale». Sono i princìpi di diritto enunciati ieri dalla Corte costituzionale, nella cui cancelleria è stata depositata l’attesa sentenza 272/2017 redatta da Giuliano Amato. Il giudizio – tecnicamente molto complesso e di non facile interpretazione – era stato deferito alla Consulta dalla Corte d’appello di Milano, che sospettava l’incostituzionalità dell’articolo 263 del Codice civile: a detta dei giudici milanesi, infatti, la norma rendeva possibile il disconoscimento del figlio avuto con modalità diverse da quelle naturali anche quando quest’azione giuridica contrastava con l’interesse del piccolo. Nella sostanza, però, il procedimento in Consulta ha permesso di chiarire quando è possibile riconoscere giuridicamente un legame di filiazione diverso da quella naturale, e quali sono i limiti perché ciò accada.

Per giungere a ciò, preliminarmente, la Corte ha dovuto argomentare come nella filiazione il criterio di verità non sia un principio assoluto: lo dimostra l’istituto dell’adozione, dove il legame genitoriale prescinde da quello genetico. Va dunque escluso che l’«accertamento della verità biologica e genetica dell’individuo costituisca un valore di rilevanza costituzionale assoluta», ma nello stesso tempo bisogna «riconoscere un accentuato favore dell’ordinamento per la conformità dello status alla realtà della procreazione». Tra queste due dimensioni bisogna dunque operare un «bilanciamento», consapevoli che il punto di equilibrio deve coincidere con «l’interesse del minore».

«Vi sono casi – ricorda la Consulta – nei quali la valutazione comparativa tra gli interessi è fatta direttamente dalla legge, come accade con il divieto di disconoscimento a seguito di fecondazione eterologa (il coniuge o il convivente che ha prestato il consenso al figlio non può disconoscerlo, anche se non gli ha impresso i propri geni)». In altri, invece, lascia la possibilità che vengano valutate le singole situazioni, e a tal proposito i giudici costituzionali forniscono tre criteri per orientare la decisione: «Durata del rapporto instauratosi col minore», «modalità del concepimento e della gestazione», «presenza di strumenti legali che consentano la costituzione di un legame giuridico col genitore contestato».

Proprio dopo aver enunciato questi criteri, la Consulta lancia un esplicito affondo contro la maternità surrogata: la surrogazione di maternità «offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane». La sentenza riconosce che «nel silenzio della legge» (diversamente da quanto accade con l’eterologa) non è possibile disciplinare univocamente la filiazione che da essa discende, ricordando poi come il nostro ordinamento le attribuisca un «elevato grado di disvalore».

Secondo i giudici costituzionali, dunque, per attribuire la filiazione di un bimbo nato da un utero in affitto bisogna innanzitutto considerare la grande contrarietà della pratica al nostro corpus giuridico. Se fosse per ciò solo, dunque, il piccolo non potrebbe esser ritenuto figlio di chi l’ha fatto “assembleare” e “gestare” a pagamento. Bisogna tuttavia verificare se questa soluzione sia o meno superabile alla luce dell’interesse del minore, e l’operazione concreta consiste nell’applicazione dei tre criteri sopra enunciati.

Criteri che, nel caso della surrogazione di maternità, sembrerebbero chiedere un’attenta valutazione solo riguardo alla durata del rapporto dei “committenti” con il minore. Quanto infatti alle modalità del concepimento e della gravidanza, la circostanza per cui i “committenti” abbiano scelto la gestante e colei che offre a pagamento i suoi gameti da un catalogo (così avviene nella pressoché totalità dei casi) difficilmente potrebbe essere considerato sintomo di un interesse del bimbo a venire considerato loro figlio.

Quanto invece alla possibilità di instaurare comunque un legame giuridico, il “committente” non genitore avrebbe la possibilità di valutare l’adozione «in casi particolari», quella cioè non legittimante. Così il bimbo rimarrebbe tutelato. Ma, contemporaneamente, colui che ha violato la legge non si vedrebbe riconosciuta quella genitorialità piena cui avrebbe aspirato. Un «bilanciamento» tra verità della filiazione e interesse del minore, d’ora innanzi offerto dalla Corte a tutte le magistrature d’Italia.

Marcello Palmieri Avvenire 18 dicembre 2017

www.avvenire.it/famiglia-e-vita/pagine/la-corte-costituzionale-stop-alla-maternita-surrogata

 

Utero in affitto. Nicolussi: «Tra madre e figlio diritti sempre più fragili»

La sentenza della Corte Costituzionale mette al centro il superiore interesse del minore. Il giurista dell’Università Cattolica: la logica del fatto compiuto relativizza la verità della filiazione

La sottolineatura sul «disvalore della maternità surrogata» è chiarissima, ma era lecito sperare «in qualche parola in più contro la logica del fatto compiuto». Così Andrea Nicolussi, docente di diritto privato e di diritto della famiglia all’Università Cattolica, riguardo alla sentenza della Corte costituzionale su un caso controverso di dichiarazione di filiazione.

Non sembra una vittoria (o una sconfitta) a metà? Da una parte si ribadisce che la maternità surrogata «offende in modo intollerabile la dignità della donna», ma dall’altra si sollecita a valutare sempre in via prioritaria l’interesse del minore. Non è come prevedere una scappatoia per l’utero in affitto?

Anzitutto, non parlerei di vittorie e di sconfitte, trattandosi di una sentenza che per di più decide di questioni che riguardano bambini. Tuttavia, è vero che il diritto contemporaneo sembra sempre più fragile, e quindi incapace di tutelare i più deboli. In effetti, se la maternità surrogata offende la dignità della donna, non meno offende quella del minore trattato come una merce. D’altra parte, non mi sentirei di dire che riconoscere rilevanza all’interesse in concreto del minore significhi per forza strizzare l’occhio alla maternità surrogata.

Nella sentenza si fa riferimento più volte all’articolo 44 [legge 184\1983], sull’adozione ‘in casi speciali’. È questa la strada che la Consulta ravvisa per risolvere i casi derivanti da ‘maternità surrogata’ costruiti da coppie italiane nei Paesi dove tale pratica è consentita?

www.camera.it/_bicamerali/leg14/infanzia/leggi/legge184%20del%201983.htm

In realtà, il riferimento all’art. 44 della legge sull’adozione (stepchild adoption) è fatto soprattutto dai ricorrenti. La Corte vi dà rilievo in un passaggio finale come una possibile soluzione alternativa al riconoscimento nella misura in cui è ritenuta in grado di garantire al minore una adeguata tutela. Non è chiarissimo però se la Corte reputi questa una possibilità futura, de iure condendo, oppure se avalli quella applicazione distorta dell’art. 44 che in giurisprudenza si è registrata negli ultimi anni.

Nella sentenza si spiega che il superiore interesse del minore, «è fortemente radicato nell’ordinamento sia interno sia internazionale». E che quindi ogni altra valutazione – come il favor veritatis – deve passare in secondo piano? È davvero così?

Il superiore interesse del minore è senz’altro un principio cardine in materia di filiazione, ma – occorre fare attenzione – non può essere rigirato contro il minore. Anzi, la sua rilevanza, anche storicamente, è emersa proprio quando si dà un conflitto con gli interessi di altri adulti, inclusi i genitori o gli aspiranti tali.

Quanto al favor veritatis, la Corte non sembra avvedersi che esso è cresciuto di importanza nei tempi recenti, anche per via delle biotecnologie che permettono più facilmente di accertare il legame genetico. Emblematiche sono la giurisprudenza della Corte stessa fino al primo decennio di questo secolo, e quella della Corte europea dei diritti dell’uomo. Quest’ultima, in diversi casi, e in particolare in quelli di maternità surrogata, ha fortemente sottolineato il nesso tra identità e legame genetico. Purtroppo questa giurisprudenza sembra fraintesa dalla Corte.

C’è un’altra espressione che lascia qualche dubbio. Si dice: «Non è costituzionalmente ammissibile che l’esigenza di verità della filiazione si imponga in modo automatico sull’interesse del minore». Quale dovrebbe essere quindi ‘il bilanciamento’ indicato dai giudici costituzionali?

La Corte sembra interpretare il sistema delle azioni di stato relativizzando l’esigenza di verità della filiazione ben oltre quanto questo stesso sistema consentirebbe. Basti soltanto leggere il testo dell’art. 243 bis introdotto dalla riforma recentissima della filiazione. [Articolo inserito dall’art. 17, comma 1, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014]

www.altalex.com/documents/news/2014/08/22/della-filiazione

La Corte, invece, consegna al giudice un potere anomalo, in mancanza di previsione legale, e al contempo indebolisce il vincolo della legge in modo preoccupante. Va aggiunto però che essa stessa sembra limitare l’uso contro legge dell’interesse del minore proprio in materia di maternità surrogata considerando «l’elevato disvalore che il nostro ordinamento riconnette alla surrogazione di maternità, vietata da apposita disposizione penale».

Questa sentenza, come si legge, non riguarda né la legittimità ‘del divieto di tale pratica’, né la ‘legittimità costituzionale sulla trascrivibilità in Italia di atti di nascita formati all’estero’. Quindi vuol dirci che i problemi indicati possono essere superati. Una lettura esagerata?

Riterrei di sì per quanto riguarda la maternità surrogata, come dicevo prima. Però mi sarei aspettato che in un Paese come il nostro in cui si parla spesso di crisi della legalità, la Corte avesse avuto qualche parola anche contro la logica del fatto compiuto cui sono messi di fronte i giudici da parte di coloro i quali effettuano tali pratiche illecite. Insomma, è giustissimo tutelare i bambini, che vanno messi al primo posto, e nel dubbio è meglio evitare tutto ciò che può pregiudicarli, ma non si può rigirare contro di loro l’interesse del minore quasi avallando una sorta di usucapione dei bambini. Tanto più che queste pratiche, eterologa e maternità surrogata, non sono nemmeno controllate dalle procedure previste in materia di adozione. Nel frattempo, peraltro, mentre si fanno bambini in questo modo, vi sono bambini abbandonati che aspettano inutilmente una famiglia che li accolga.

Leggendo la sentenza si viene colti quasi da un senso di impotenza. È come se i giudici dicessero: non possiamo farci nulla perché tutto questo accade in Paesi in cui non possiamo intervenire. È proprio così?

Purtroppo una legge che regoli queste situazioni di fatto non c’è, anche perché esse sono proprio il risultato della violazione di una legge. Bisognerebbe però almeno distinguere, come fa la Corte europea dei diritti dell’uomo, fra la questione di lasciare il bambino a coloro che se ne occupano, se si accerta che ciò corrisponde al suo miglior interesse, e la questione dello status che invece in linea di principio riguarda l’identità se vi è legame genetico. Proprio questo profilo, peraltro, ha permesso alla Corte europea di risolvere diversamente i casi Labassee e Mennesson, francesi, e il caso Paradiso Campanelli, italiano. Forse, di fronte a queste situazioni nascenti da fatti illeciti, anziché assecondare la propensione degli aspiranti genitori verso lo status e così oscurare la verità, sarebbe preferibile attribuire ai minori tutti i diritti verso di loro. Del resto, dire la verità dovrebbe essere ancora un buon principio educativo.

Luciano Moia Avvenire 19 dicembre 2017

www.avvenire.it/attualita/pagine/tra-madre-e-figlio-diritti-sempre-pi-fragili

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DALLA NAVATA

IV Domenica d’Avvento – Anno B – 24 dicembre 2017

2Samuele 06, 14 Io sarò per lui (tuo discendente) padre ed egli sarà per me figlio.

Salmo 89, 29 Gli conserverò sempre il mio amore, la mia alleanza gli sarà fedele.

Romani 16, 25 A colui che ha il potere di confermarvi nel mio vangelo, che annuncia Gesù Cristo, secondo la rivelazione del mistero, avvolto nel silenzio per secoli eterni,

Luca 01, 37 Nulla è impossibile a Dio.

Gesù, l’uomo che solo Dio poteva darci

Commento di Enzo Bianchi, priore emerito nel convento di Bose (BI)

La quarta domenica di Avvento, che cade sempre all’interno delle ferie maggiori di Avvento, ci narra l’azione di Dio in una donna, Maria di Nazaret: davvero “grandi cose ha fatto in lei il Potente” (cf. Lc 1,49)! Il famosissimo brano dell’annunciazione dell’angelo a Maria, celebrato da innumerevoli opere d’arte, presenta l’evento che prelude alla venuta del Messia nella carne: il suo concepimento, l’inizio della sua vita mortale. E tutto avviene come compimento puntuale di una parola di Dio, perché egli realizza sempre le sue promesse.

Il racconto si apre con la precisazione “al sesto mese”, il che costituisce l’aggancio con l’annuncio dell’angelo a Zaccaria (cf. Lc 1,5-25). Quando Elisabetta porta ormai da sei mesi in grembo il bambino annunciato dall’angelo, Giovanni, lo stesso “angelo Gabriele è mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret”. Era stato inviato da un sacerdote a Gerusalemme, nel tempio, nell’ora dell’offerta dell’incenso; ora invece è inviato alla periferia della terra santa, in una città minuscola, in una regione spuria abitata da molti pagani e perciò vista con diffidenza. “Da Nazaret può venire qualcosa di buono?” (Gv 1,46), si chiederà non a caso Natanaele.

Il messaggero è Gabriele, che nel libro di Daniele annunciava l’unzione di un Santo dei santi alla fine di settanta settimane, la presenza di un Unto da Dio, di un Messia (cf. Dn 9,24-27). Sì, per Luca il tempo delle settanta settimane si è compiuto, è finita l’attesa, è giunta la pienezza dei tempi. L’angelo Gabriele è dunque inviato a una donna, Maria, “vergine, promessa sposa di Giuseppe un uomo della casa di David”, stirpe da cui doveva venire il Messia.

Entrando nella sua casa, Gabriele le dice: “Rallegrati (chaîre, da chará, gioia), tu che sei stata colmata dalla grazia”. Maria è salutata con le parole rivolte dai profeti al popolo di Dio, alla figlia di Sion, cioè un invito alla gioia escatologica: “Rallegrati, perché sto per annunciarti la buona notizia, il Vangelo”. È definita kecharitoméne, ossia donna colmata dalla grazia, totalmente sotto l’influsso della cháris, della benevolenza gratuita ed efficace di Dio. Per questo il messaggero aggiunge: “Il Signore è con te”, saluto che riecheggia e riattualizza quelli rivolti alla figlia di Sion, personificazione della comunità dei credenti dell’antica alleanza, degli anawim, quei poveri che speravano solo nel Signore. In particolare, le sue parole ricordano due oracoli:

Rallegrati, figlia di Sion …Re d’Israele è il Signore in mezzo a te, tu non temerai più alcuna sventura. Non temere, Sion …Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te, è un salvatore potente (Sof 3,14-17).

Rallegrati, esulta, figlia di Sion, perché, ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te. Oracolo del Signore (Zc 2,14).

Maria è profondamente turbata, sia per quella visita sia per il contenuto del messaggio, che non sa decifrare. Ella pensa, medita, si interroga, vuole fare discernimento di quella parola. È la reazione tante volte testimoniata nei racconti delle annunciazioni: la venuta di Dio, l’ascolto della sua parola indirizzata a un credente turba, causa il timore di Dio, quella sensazione di piccolezza, di umiltà, di indegnità, che conduce all’adorazione. Come già Zaccaria (cf. Lc 1,12), anche Maria è sconvolta dall’improvvisa venuta del Signore, e non sa dove questo incontro la condurrà.

L’angelo allora la rassicura con le parole centrali di questa pagina, da leggere e rileggere, senza mai stancarsi: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio”. Quante volte Dio si rivolge così ai suoi chiamati, infondendo loro pace, forza e coraggio! “Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di David suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo Regno non avrà fine”.

Chi è questo figlio? Colui che Dio aveva promesso tramite il profeta Natan a David (cf. 2Sam 7,8-16). Così la profezia si compie, finalmente si realizza, e nella pienezza dei tempi il figlio di David, ma anche Figlio dell’Altissimo, nasce da Maria: il suo Regno non avrà fine, come ripetiamo ancora oggi nel Credo! L’attesa del Messia nutrita da generazioni e generazioni di credenti e testimoniata ai tempi di Gesù, soprattutto dalla comunità essenica di Qumran, giunge al suo termine. Quale paradosso: una dichiarazione solenne, un grande annuncio fatto a una giovane e umile ragazza di uno sconosciuto villaggio della Galilea! Gesù sarà il nome del nascituro: Jehoshu’a, “il Signore salva”. A Maria spetterà imporgli questo nome: non saranno però né lei né Giuseppe a sceglierlo, ma il Nome gli è dato da Dio stesso tramite l’angelo, perché esso è vocazione, è missione, racchiude l’identità di Gesù, Figlio dell’Altissimo, Figlio di Dio, un uomo che solo Dio poteva darci.

Anche questo annuncio non è di facile comprensione per Maria: è una donna di fede, ma la fede sempre interroga, pone in questione. Non chiede segni, non dubita come ha fatto Zaccaria, che proprio per questo è diventato afono, incapace di parlare per dare testimonianza a Dio (cf. Lc 1,8-20), ma interroga: “Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?”. Attenzione, l’evangelista non s’interessa alla psicologia di Maria, ma vuole rivelare l’identità di Gesù attraverso il modo del concepimento del bambino. Sì, Maria è vergine, è in una condizione che impedisce la nascita da lei di un figlio. Molte donne nell’Antico Testamento avevano generato un figlio grazie all’intervento di Dio, nonostante la loro condizione di sterilità: Sara, Anna… fino a Elisabetta. C’era un’impossibilità umana a generare, ma la potenza di Dio rivelata nell’annuncio della nascita aveva reso fecondo il grembo di quelle sterili. E così, dopo essersi unite al loro coniuge, anche se sterili, avevano concepito e dato alla luce per grazia, per volontà di Dio. Quei figli solo Dio poteva donarli loro.

In Maria ciò risulta ancora più evidente. Questa giovane è vergine, non conosce uomo, non si è unita al fidanzato Giuseppe (Matteo dirà che “si trovò incinta prima che andassero a vivere insieme”: Mt 1,18), dunque non può assolutamente diventare madre. Maria non chiede all’angelo né garanzie né segni, ma interroga il mistero di Dio affinché le sia indicato il cammino della fede, la strada dell’obbedienza. In tal modo cerca solo di rispondere alla chiamata di Dio. Continua a essere una donna di fede, cioè una donna di ascolto: ha veramente “un cuore capace di ascolto” (1Re 3,9), che accoglie la parola del Signore, la custodisce, cerca di interpretarla, di pensarla, di meditarla (cf. Lc 2,19.51). Con la sua fede interroga l’intelletto, ciò che ha compreso.

L’angelo allora le rivela: “Lo Spirito santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra”. Lo Spirito compirà ciò che è impossibile agli umani ma possibile a Dio. È lui il protagonista della nuova creazione: colui che alla creazione del mondo si librava sull’informe e sul vuoto (cf. Gen 1,2) scenderà nell’utero vuoto di Maria e darà inizio alla nuova creazione. Lo Spirito, potenza efficace di Dio, la sua Shekinah, la sua Presenza che dimorava sul monte Sinai e nel Santo dei santi, testimoniata dalla nube che faceva ombra, verrà a porre la sua dimora in Maria, la quale entrerà nell’ombra della potenza di Dio. Lo Spirito scenderà su Maria, nel suo grembo verginale: ed ecco, la Vergine concepirà il Figlio di Dio, il Santo! Così, e solo così, è possibile raccontare la filiazione di Gesù da Dio e da Maria sua madre, di quel Figlio che solo Dio poteva dare all’umanità.

Dio, il celeste, si è fatto terrestre; Dio, l’eterno, si è fatto mortale; Dio, l’onnipotente, si è fatto debole; Dio, il tre volte Santo, si è fatto Emmanuele, Dio-con-noi (cf. Is 7,14; Mt 1,23); Dio, che è Dio, si è fatto uomo.

Ecco il grande mistero dell’incarnazione, dell’umanizzazione di Dio: Maria di Nazaret appare il luogo in cui il Dio invisibile si è fatto visibile, il sito dove il Dio che non può essere visto si è fatto l’uomo che racconta Dio (exeghésato: Gv 1,18), il Dio-con-noi.

Infine, Gabriele annuncia a Maria un segno: “Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio” (cf. Gen 18,14). Di fronte a questa ulteriore rivelazione dell’angelo, Maria dice semplicemente: “Eccomi!”, ovvero pronuncia il suo “sì” incondizionato. Alle parole abbondanti dell’angelo, replica rompendo appena il silenzio: “Eccomi, sono la serva del Signore. Avvenga per me secondo la tua parola”. Maria continua a essere e mostrarsi donna della fede, donna dell’ascolto, e si rivela anche donna dell’obbedienza: non è una madre che si fa discepola ma, proprio perché discepola, è chiamata a essere madre, e madre del Messia.

Si definisce serva del Signore, si mette radicalmente e totalmente al suo servizio. Maria è la serva che dice il suo “amen”, il suo “fiat”, accogliendo la vocazione rivoltale da Dio. C’è in lei un totale abbandono all’ascolto della Parola e della volontà del Signore, ed è l’ascolto che rende servi, dice tutta la Scrittura. In Maria abbiamo l’icona autentica della chiesa e del credente sottomesso al primato della parola di Dio e all’azione dello Spirito. Non è un caso che la nascita di Gesù avvenga grazie all’azione dello Spirito che scende in Maria e che la nascita della chiesa avvenga grazie allo Spirito che scende sui discepoli e sulla stessa Maria riuniti in preghiera (cf. At 1,8; 2,1-4). E non si dimentichi che la generazione di Gesù da parte di Maria è innanzitutto un evento spirituale, come Luca ci ricorda in un brano attestato solo nel suo vangelo: Mentre Gesù parlava, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: “Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!”.

Ma egli disse: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la custodiscono!” (Lc 11,27-28). Parole che risuonano a piena lode di Maria, la quale è “beata perché ha creduto al compiersi della promessa del Signore” (cf. Lc 1,45).

Il generare Cristo è un’operazione innanzitutto spirituale, che avviene grazie alla fede, la quale è esposizione radicale di sé alla presenza di Dio e alla forza del suo Spirito. A questa generazione di Cristo in sé, è chiamato ogni cristiano: si tratta di accogliere la Parola con fede e obbedienza, di lasciarla fecondare in noi dallo Spirito santo, di lasciarla crescere notte e giorno, anche se non sappiamo come (cf. Mc 4,26-27). Così sarà generato il Cristo: “Cristo in voi, speranza della gloria” (Col 1,27).

Il mistero di Maria diviene dunque il mistero del cristiano, il quale, contemplando l’icona dell’annunciazione, vede il mistero della sua stessa vocazione. E impara che tale impresa non può essere portata avanti contando sulle proprie forze personali, ma solo fidandosi e affidandosi alla grazia del Signore.

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DIVORZIO

Accordi di divorzio: guida con fac-simile

Tutto quello che c’è da sapere sulle intese tra i coniugi per la cessazione degli effetti civili del loro matrimonio

Cosa sono gli accordi di divorzio. Gli accordi di divorzio sono quegli accordi con i quali i coniugi in procinto di sciogliere definitivamente il loro legame matrimoniale definiscono consensualmente tutte le condizioni che regoleranno i loro rapporti successivi a tale scioglimento. In particolare, gli accordi di divorzio hanno in genere ad oggetto l’affidamento e il mantenimento dei figli, l’assegnazione della casa coniugale, la divisione dei beni comuni, l’eventuale mantenimento del coniuge economicamente più debole.

Principi da rispettare negli accordi di divorzio. Nella redazione degli accordi di divorzio, sebbene i coniugi abbiano una sostanziale libertà tesa anche a favorire l’incontro delle loro volontà e a semplificare la gestione della fine di un matrimonio, è necessario rispettare alcuni principi fondamentali, che riguardano, in particolare, la tutela degli interessi degli eventuali figli minori della coppia che sta divorziando.

Infatti, il nostro ordinamento pone come principio fondamentale quello dell’affidamento condiviso e dà la massima rilevanza al diritto alla bigenitorialità. Il che vuol dire ad esempio che, con l’accordo di divorzio, uno dei due ex coniugi, pur se l’altro è compiacente, non può esonerarsi dal svolgere il suo ruolo di genitore nei confronti del figlio. Non è insomma possibile prevedere che egli non parteciperà alla vita del minore, non lo sosterrà economicamente e moralmente, non contribuirà alla sua educazione.

Del resto, ha rilevanza costituzionale il principio in forza del quale “è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli” (art. 30 Cost.).

Accordi in vista del divorzio. Se gli accordi di divorzio, formalizzati in una delle modalità che vedremo più avanti, sono perfettamente validi e, anzi, da favorire per lo scioglimento del vincolo matrimoniale, non altrettanto può dirsi per gli accordi in vista del divorzio, ovverosia quelli stipulati prima, in sede di separazione.

Infatti, come ricordato più volte dalla Corte di cassazione (recentemente, ad esempio, con la sentenza numero 2224/2014), gli accordi con i quali i coniugi fissano preventivamente il regime giuridico-patrimoniale che regolerà i loro rapporti in vista di un futuro ed eventuale divorzio devono ritenersi invalidi per illiceità della causa. Essi, infatti, violano il principio fondamentale, di cui all’articolo 160 del codice civile, di radicale indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale. Tale norma, del resto, sancisce che “gli sposi non possono derogare né ai diritti né ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio”, con la conseguenza che non è ad esempio possibile considerare la dazione di una somma di denaro dal marito alla moglie, pattuita in sede di separazione, come un’anticipazione dell’assegno divorzile.

Gli accordi in vista del divorzio, insomma, devono ritenersi nulli e di essi non può tenersi conto né quando, ad esempio, limitano o escludono il diritto del coniuge economicamente più debole a conseguire ciò che è necessario per il soddisfacimento delle sue esigenze di vita, né quando soddisfano pienamente tali esigenze. Si potrebbe trattare, infatti, di determinazioni idonee a condizionare il consenso allo scioglimento del matrimonio.

Gli accordi a latere nel divorzio. Diverso discorso vale per gli accordi a latere, che sono quelli contestuali al divorzio ma non trasporti in esso o quelli che contengono eventuali modifiche rispetto alle condizioni stabilite nella pronuncia di divorzio. Tali accordi, infatti, devono ritenersi ormai pacificamente validi, in virtù del principio di libertà contrattuale delle parti di prevedere e di regolare uno o più aspetti della vita da divorziati, ulteriori rispetto a quelli essenziali contenuti nella pronuncia “ufficiale”. Si tratta di accordi con effetti che possono essere assimilati a quelli degli accordi non omologati che modificano le condizioni della separazione.

Come trasporre gli accordi di divorzio. Gli accordi di divorzio, formalmente, possono essere ufficializzati con tre diverse modalità: tramite un ricorso congiunto da presentare presso il Tribunale in cui almeno uno dei due coniugi ha la residenza, attraverso la stipula di un accordo di negoziazione assistita, comparendo dinanzi all’ufficiale dello Stato civile (solo, però, se la coppia non ha figli minori o portatori di handicap grave o economicamente non autosufficienti e se l’accordo non contiene patti di trasferimento patrimoniale).

Allegati Fac-simile accordi di divorzio

Accordo di negoziazione assistita

Valeria Zeppilli Newsletter Giuridica Studio Cataldi 19 dicembre 2017

www.studiocataldi.it/articoli/28443-accordi-di-divorzio-guida-con-fac-simile.asp

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FECONDAZIONE ASSISTITA

Chi accetta la fecondazione eterologa non può revocare il consenso

Corte di Cassazione, sesta sezione civile, sentenza n. 30294, 18 dicembre 2017.

www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_28535_1.pdf

Per la Suprema Corte, la revoca del consenso non può avvenire a trattamento embrionale iniziato e il padre non può disconoscere il nato privandolo di una figura genitoriale. L’uomo che abbia dato il consenso alla fecondazione eterologa della donna, non potrà revocarlo quando la procedura di trattamento embrionale sia già iniziata e neppure potrà, successivamente, disconoscere la paternità del nato per la sua impotenza a generare.

La sentenza della Corte Costituzionale, che ha limitatamente ammesso la fecondazione eterologa, ha unificato la disciplina della procreazione assistita, ma non modificato la disciplina del consenso: il nato, infatti, non può essere privato di uno dei genitori tramite il disconoscimento di paternità, poiché quella reale non è accertabile essendo stato utilizzato un seme di provenienza ignota.

La vicenda. Il marito aveva convenuto in giudizio il figlio e la moglie affinché si disconoscesse la sua paternità stante la propria impotentia generandi. La domanda, tuttavia, veniva rigettata sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello.

La coppia, formata da due cittadini italiani, avevaeffettuato in Spagna l’impianto dell’embrione nell’utero, poiché, al tempo l’inseminazione eterologa (ovverosia con seme diverso da quello del marito o del partner) era vietata in Italia, nonostante ne venissero disciplinati gli effetti dalla legge 40/2004 nell’esclusivo interesse del nato. Solo il successivo intervento della Corte Costituzionale, sentenza n. 162/2014, ha ammesso l’eterologa in Italia.

L’uomo ripropone le sue doglianze in Cassazione, lamentando violazione e vizio di motivazione, in relazione ai parametri costituzionali, in particolare quanto all’art. 6 della L. 40/2004, circa il divieto di revoca del consenso all’impianto, e dell’art. 9 della stessa legge, sul divieto di disconoscimento del figlio nato a seguito di trasferimento embrionale.

Gli Ermellini, rammentano come, ai sensi della normativa richiamata dal ricorrente, il coniuge o convivente il cui consenso sia ricavabile da atti concludenti, non può esercitare azione di disconoscimento della paternità, in particolare anche quando, come nella specie, sia affetto da impossibilità di generare.

Ancora, quanto al consenso del coniuge o del partner, la volontà può essere da lui revocata, ma sino al momento della fecondazione dell’ovulo.

Con la sentenza n. 162/2014, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità del divieto di fecondazione eterologa in caso di sterilità o infertilità assolute e irreversibili: tuttavia, la stessa Consulta, nel provvedimento, ha escluso che il proprio intervento avesse provocato un vuoto normativo.

La Cassazione, sulla scia della pronuncia richiamata, ritiene che la dichiarazione di incostituzionalità della normativa in esame abbia avuto quale effetto quello di unificare la disciplina della fecondazione assistita e, riferendosi esplicitamente alla disciplina del consenso, la Consulta ne ha in sostanza affermato la conformità a Costituzione.

D’altronde, consentire la revoca del consenso, anche in un momento successivo alla fecondazione dell’ovulo, non apparirebbe compatibile con la tutela costituzionale degli embrioni più volte affermata dalla Corte Costituzionale (ex multis, sentt. 151/2009 e 229/2015).

La stessa giurisprudenza costituzionale e di legittimità ha ritenuto che l’attribuzione dell’azione di disconoscimento al marito, anche quando abbia prestato assenso alla fecondazione eterologa, priverebbe il nato di una delle due figure genitoriali e del connesso rapporto affettivo e assistenziale, stante l’impossibilità di accertare la reale paternità a fronte dell’impiego di seme di provenienza ignota.

Sul punto, precisa il Collegio, non costituisce un valore di rilevanza costituzionale assoluta la preminenza della verità biologica rispetto a quella legale.

Nel caso di specie, il ricorrente, dopo aver espresso il consenso all’inseminazione eterologa assieme alla moglie in un contratto con l’Istituto spagnolo, revocò tale consenso con successiva comunicazione, giunta in data nella quale il trattamento embrionale era, però, già iniziato.

Per la Cassazione, dunque, la comunicazione di revoca del consenso ricevuta dall’Istituto non può rilevare, non essendovi stata dimostrazione che tale revoca era intervenuta prima dell’attivazione della tecnica di preparazione dell’embrione, ovvero della fecondazione dell’ovulo destinato all’impianto.

Si tratta, d’altronde, di questione di fatto insuscettibile di controllo in Cassazione, pertanto la domanda deve essere rigettata.

Lucia Izzo Newsletter Giuridica Studio Cataldi 20 dicembre 2017

www.studiocataldi.it/articoli/28535-cassazione-chi-accetta-la-fecondazione-eterologa-non-puo-revocare-il-consenso.asp

 

Nota a Cassazione Civile, Sezione VI, ordinanza 18 dicembre 2018 n. 30294.

Con l’ordinanza in commento, la Cassazione ha stabilito che l’attribuzione dell’azione di disconoscimento al marito, anche quando abbia prestato assenso alla fecondazione eterologa, priverebbe il nato di una delle due figure genitoriali e del connesso rapporto affettivo ed assistenziale, stante l’impossibilità di accertare la reale paternità a fronte dell’impiego di seme di provenienza ignota.

Del resto, non costituisce un valore di rilevanza costituzionale assoluta la preminenza della verità biologica rispetto a quella legale.

Nel caso sottoposto all’esame della Corte di Cassazione dopo il consenso espresso da entrambi i coniugi in un contratto con l’Istituto Marques in Spagna, il marito della donna aveva revocato il consenso, con comunicazione successiva a quella in cui il trattamento embrionale era già iniziato, sebbene solo successivamente ebbe luogo l’impianto dell’ovulo fecondato nell’utero della donna. Non può rilevare dunque, la comunicazione di revoca del consenso, ricevuto dall’Istituto Marques in data 18/12/2009, non essendovi stata dimostrazione che tale revoca era intervenuta prima dell’attivazione della tecnica di preparazione dell’embrione, ovvero della fecondazione dell’ovulo destinato all’impianto.

I precedenti. Prima che la materia fosse disciplinata dalla L. 19.2.2004, n. 40 in tema di procreazione medicalmente assistita, ci si chiedeva se fosse esperibile l’azione, proposta dal marito, per il disconoscimento del figlio nato dalla moglie a seguito di fecondazione artificiale eterologa. L’orientamento giurisprudenziale riteneva che la domanda di disconoscimento fosse ammissibile e che fosse irrilevante il consenso preventivo prestato a tali interventi dal marito stesso.

I dubbi sollevati da questo orientamento avevano indotto il Tribunale partenopeo [ordinanza 2.4.1997] a provocare l’intervento della Corte costituzionale, che aveva giudicato inammissibile la questione, rilevandoche il caso di un bambino nato da fecondazione assistita eterologa in costanza di matrimonio, con il consenso di entrambi i coniugi, non può ricondursi alla previsione dell’art. 235, 1° co.[Corte cost., 26.09.1998, n. 347]

Successivamente la Corte di Cassazione [Cass. civ. Sez. I, 16.03.1999, n. 2315; Cass. civ. Sez. I, 28.03.2017, n. 7965] però, ha affermato un principio importantissimo, ossia, che “Se il parametro della predominanza del favor veritatis dovesse avere forza tale da permettere al marito un contegno “ondivago”, con l’esercizio dell’azione di disconoscimento anche dopo una meditata (e probabilmente sofferta) decisione di aderire all’intento della moglie di praticare la fecondazione assistita, si dovrebbe pervenire, in via generale, ad ammettere la rivedibilità di ogni scelta, solo perché divergente dalla realtà, consentendo ad esempio pure la possibilità del marito, vittorioso nel giudizio di disconoscimento, di rivendicare successivamente la qualità di padre del minore in precedenza disconosciuto, deducendo e dimostrando fatti contrari a quelli anteriormente allegati; l’illogicità di tale risultato conferma che l’azione di disconoscimento non può competere solo perché vi sia una verità difforme dalla presunzione legale, richiedendosi la concorrente presenza delle specifiche circostanze fattuali delineate dall’art. 235 cod. civ. e delle esigenze e finalità in funzione delle quali le circostanze stesse si appalesano giustificative della rimozione dello status determinato da quella presunzione.

Il “bene-verità”, quindi, in tema di disconoscimento, ha una priorità non assoluta, ma relativa, in quanto può prevalere per effetto di una valutazione preferenziale effettuata dagli interessati, dovendo invece definitivamente cedere il passo al “bene-presunzione” dopo un’opzione di segno opposto (situazione del resto contemplata nella “vicina” materia del riconoscimento del figlio naturale ai sensi dell’art. 250 cod. civ.).”

L’art. 9, L. 19.2.2004, n. 40 mise a posto le cose, stabilendo che il bambino nato da fecondazione eterologa, nonostante il divieto posto dalla legge di ricorrere a tale tecnica, non potesse essere disconosciuto dal coniuge il cui consenso era ricavabile da atti concludenti, nei casi in cui si fosse allegata la mancata coabitazione o l’impotenza, mentre era fatta salva la possibilità del disconoscimento per adulterio della moglie.

La Corte costituzionale, con la nota sentenza n. 162 del 2014, ha rimosso il divieto di ricorrere alla fecondazione eterologa, dichiarando l’illegittimità costituzionale degli artt. 4, 3° co. e 12, 1° co., nonché dell’art. 9, 1° e 3° co., ma solo nei limiti necessari ad espungere dalla norma il riferimento alla violazione del divieto, ivi contenuto. Rimane pertanto, immutato il contenuto precettivo dell’art. 9, riguardante la disciplina del divieto di disconoscimento.

In precedenza, al marito era stato riconosciuto il diritto di promuovere l’azione di disconoscimento quando avesse provato di non aver dato il consenso preventivo alla fecondazione eterologa, comunque entro il termine di decadenza, all’epoca di un anno decorrente dal momento in cui sia acquisita la certezza del ricorso al metodo di procreazione assistita [Cass. civ. Sez. I, 11/07/2012, n. 11644]. Successivamente, la Cassazione si è pronunciata nello stesso senso, in un caso in cui la moglie aveva fatto ricorso, all’insaputa del marito, alla pratica della procreazione assistita eterologa [Cass. civ. Sez. I, 28.03.2017, n. 7965].

La recente ordinanza in commento ha dunque, rigettato il ricorso dell’uomo con queste parole: “Va altresì osservato che consentire la revoca del consenso, anche in un momento successivo alla fecondazione dell’ovulo, non apparirebbe compatibile con la tutela costituzionale degli embrioni, più volte affermata dalla Consulta (tra le altre Corte Cost. 151/2009 e 229/2015).

Va ancora ricordato l’insegnamento della Corte Costituzionale (Corte Cost. n. 347 del 1198) e di questa Corte (Cass. N. 2315 del 1999), secondo cui l’attribuzione dell’azione di disconoscimento al marito, anche quando abbia prestato assenso alla fecondazione eterologa, priverebbe il nato di una delle due figure genitoriali e del connesso rapporto affettivo ed assistenziale, stante l’impossibilità di accertare la reale paternità a fronte dell’impiego di seme di provenienza ignota; e, ancora, questa Corte (Cass. N. 5653 del 2012) ha precisato che non costituisce un valore di rilevanza costituzionale assoluta la preminenza della verità biologica rispetto a quella legale.”

In sostanza, l’inseminazione artificiale che fosse stata decisa in modo del tutto unilaterale legittimerebbe il marito a promuovere l’azione, ma se il ricorso a tale tecnica è stato oggetto di un comune progetto di vita dei genitori, si può sostenere che non vi sia stata alcuna violazione del dovere di fedeltà.

Valeria Cianciolo Persona e danno 22 dicembre 2017

www.personaedanno.it/articolo/fecondazione-eterologa-e-disconoscimento-nota-a-cass-civ-sez-vi-ord-18-dicembre-2018-n-30294

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FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI

Newsletter del Forum n. 2, 21 dicembre 2017

Nelle scorse settimane sono stati molti i temi a cui ci siamo dedicati. A cominciare dalla conferma giunta dall’Istat che nel 2016 sono nati oltre 12mila bambini in meno rispetto al 2015. Nell’arco di 8 anni (dal 2008 al 2016) le nascite sono diminuite di oltre 100mila unità. La crisi demografica non è una minaccia… è un fatto. Qui il nostro comunicatoduro, ma necessario.

www.forumfamiglie.org/2017/11/28/istat-scommettiamo-che-il-prossimo-anno-saremo-ancora-meno

Come sapete è stata approvata in via definitiva la legge sul biotestamento. Come sempre si è scelta una scorciatoia. Ben più utile ed efficace sarebbe stato offrire alle famiglie un aiuto nell’assistenza ai malati terminali. Qui proviamo a dirlo nella nostra nota ufficiale.

www.forumfamiglie.org/2017/12/14/biotestamento-ancora-una-volta-si-e-scelto-di-lasciare-sole-le-famiglie

Se volete altre due chiavi di lettura vi invitiamo a dare un’occhiata anche.

www.facebook.com/gigidepalo/posts/10214653209714098

www.facebook.com/gigidepalo/posts/10214676796423751

Di segno opposto è la sentenza della Corte Costituzionale che obbliga i giudici a valutare primariamente “il miglior interesse del minore” in tema di utero in affitto.

www.forumfamiglie.org/2017/12/20/maternita-surrogata-i-diritti-del-bambino-vengono-prima-di-tutto

Una sentenza che accusa la surrogazione di maternità di “offendere in modo intollerabile la dignità della donna e minare nel profondo le relazioni umane”. Questo il commento delle due vicepresidenti nazionali del Forum, Maria Grazia Colombo ed Emma Ciccarelli.

www.forumfamiglie.org/2017/12/19/maternita-surrogata-le-donne-del-forum-soddisfatte-dalla-sentenza-della-consulta

Se volete leggere due interviste al presidente nazionale sul tema delle famiglie, anche e soprattutto alla luce della deludente Legge di stabilità, potete trovare qui quella rilasciata al quotidiano di informazione politica Formichehttp://formiche.net/2017/12/07/famiglie-legge-stabilita-de-palo

e quella rilasciata ad Affari Italiani.

www.affaritaliani.it/roma/fare-figli-rende-poveri-crescere-un-bambino-costa-come-una-ferrari-514290.html

Intanto in queste ore si è insediato al MIUR il gruppo di lavoro sul costo standard presieduto dal prof. Berlinguer e formato da ministeriali, associazioni gestori e genitori. Il costo standard apre una possibilità di quantificazione della spesa relativa allo studente nella scuola statale e paritaria. Si aprono possibilità interessanti per proporre un pluralismo scolastico reale in particolare per le famiglie di scuole paritarie. L’aspetto interessante è che il costo standard rimette in gioco tutto il sistema nazionale di istruzione con l’obiettivo di attuare una vera autonomia anche per le scuole statali. Al centro dunque il diritto di apprendere dello studente statale o paritario senza discriminazioni.

www.avvenire.it/attualita/pagine/paritarie-fedeli-apre-sul-costo-standard

Tra le notizie positive provenienti dal territorio vogliamo segnalare l’accordo tra Regione Toscana e Forum regionale “per la promozione di azioni di sostegno alla Famiglia”

www.forumfamiglie.org/2017/12/10/toscana-accordo-tra-forum-e-regione-per-iniziative-di-sostegno-alle-famiglie

e la nascita a Genova dell’Agenzia della famiglia.

Sempre più presidenti regionali, sindaci e assessori chiamano ogni giorno il Forum per chiedere incontri di formazione e un accompagnamento costante per dare al loro territorio una dimensione familiare. Dal particolare all’universale, dal locale al nazionale. Da gennaio saremo pronti con un pacchetto formativo rivolto non solo agli amministratori, ma anche ai funzionari e ai dirigenti che, spesso, hanno un ruolo ancora più determinante. Qui potete vedere un videoche sottolinea l’importanza della politica locale, capace di intercettare ancora il Paese Reale. www.facebook.com/gigidepalo/posts/10214729062170362

Come sempre vi invitiamo a leggere i nostri comunicati stampa

www.forumfamiglie.org/category/comunicati

e ad informarvi suglieventi promossi dai Forum regionali e dalle associazioni.

www.forumfamiglie.org/category/eventi

Nei giorni scorsi Vincenzo Bassi che rappresenta il Forum presso la Fafce ha incontrato a Bruxelles Matthias Dantlgraber, segretario nazionale della tedesca Familienbund der Katholiken insieme al segretario generale della FAFCE, Nicola Speranza. Si è discusso dei programmi della FAFCE nel 2018, e in particolare del progetto su famiglia ed economia lanciato dalla FAFCE nello scorso ottobre. Questo progetto approfondirà il concetto di famiglia come esperienza imprenditoriale al centro dell’economia.

www.forumfamiglie.org/2017/05/05/archivio-newsletter

www.forumfamiglie.org/wp-content/uploads/2017/05/ForumFamiglie2.pdf

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FRANCESCO VESCOVO DI ROMA

Papa Francesco il legislatore. Diritto canonico e riforma della Chiesa

L’attività legislativa di papa Francesco annovera 41 nuove disposizioni: quasi il 50% in più di papa Benedetto. Legifera troppo? Secondo il canonista Georg Bier, la risposta è negativa per due motivi.

Innanzitutto perché la maggior parte dei provvedimenti riguarda la curia romana (e per questo si può dire che la scelta di Francesco sia quella d’intervenire con modifiche più che «avviare una completa riorganizzazione»). E poi perché i rimanenti sono stati per lo più interventi necessari e richiesti dai canonisti stessi. Semmai si potrebbe affermare che è un legislatore «troppo cauto», come il dibattito su Amoris lætitia mette in luce.

http://www.ilregno.it/attualita/2017/22/papa-francesco-il-legislatore-georg-bier

 

La Teologia di papa Francesco”, 11 teologi di fama internazionale mostrano il suo insegnamento

Sin dal primo apparire in piazza San Pietro, la sera della sua elezione, è stato chiaro ai più che il pontificato di Francesco si presentava all’insegna di una novità di stile. Il presentarsi semplicemente come vescovo di Roma, il chiedere – nel “silenzio assordante” di una piazza gremita – la preghiera del popolo, il salutare con un semplice «Buonasera» i presenti, sono tutti segni eloquenti del fatto che era in atto un mutamento nel “modo di porsi” e, dunque, nel “linguaggio”.

La portata teologica del suo Magistero viene esaminata all’interno della collana “La Teologia di Papa Francesco” da 11 teologi di fama internazionale che, attraverso i loro studi, intendono mostrare l’insegnamento di papa Francesco, le sue radici, le novità del suo pontificato e quale sia la continuità con il magistero precedente. I contributi sono a firma di: Jurgen Werbick, Lucio Casula, Peter Hünermann, Roberto Repole, Carlos Galli, Santiago Madrigal Terrazas, Aristide Fumagalli, Juan Carlos Scannone, Marinella Perroni, Piero Coda, Marko Ivan Rupnik. (Libreria editrice vaticana).

I tre volumi che presentiamo affrontano la visione della Chiesa evangelica e missionaria di Papa Francesco. Esaminano gli insegnamenti, la dottrina, i documenti più importanti del suo Magistero e gli elementi del suo pontificato in forte continuità con il Concilio Vaticano II.

Il sogno di una Chiesa evangelica. L’ecclesiologia di Papa Francesco” di Roberto Repole, curatore della collana, fornisce un focus sulla visione della Chiesa evangelica e missionaria sognata dal Pontefice sia attraverso l’esame ecclesiologico dei suoi documenti più importanti sia attraverso una profonda riflessione sui suoi insegnamenti incentrati sul Vangelo della Misericordia. Nell’ottica dell’insegnamento ecclesiologico di Papa Francesco è presente un capitolo sulla riforma della Chiesa oggi in atto e da lui fortemente voluta affinché essa, nello scorrere del tempo e nel mutare delle situazioni, possa rimanere «evangelica e trasparente al Dio misericordioso che la abita e la fa esistere».

Una teologia spirituale che cammina con la sua Chiesa. Una teologia spirituale espressione del rinnovamento della vita ecclesiale. È questo il filo conduttore del magistero di papa Francesco. All’interno del volume “Secondo lo spirito. La teologia spirituale in cammino con la Chiesa di Papa Francesco”, Marko Ivan Rupnik, S.J., illustra i passaggi che animano la leadership del Pontefice volta al rinnovamento della Chiesa secondo le linee del Concilio Vaticano II. L’autore mostra l’idea di riforma di Papa Francesco, quella di una vita ecclesiale ispirata al mistero stesso della Chiesa in Cristo e nello Spirito Santo, attraverso un’attenta e originale presentazione della teologia spirituale, a partire dalla figura di Abramo – padre della fede – e in particolar modo dalla liturgia come molla dell’evangelizzazione.

In “La debolezza di Dio per l’uomo. La visione di Dio di Papa Francesco”, Jürgen Werbick offre una riflessione sulla teologia del Pontefice incentrata su Dio e dell’uomo creato a sua immagine attraverso l’esame di alcuni punti del suo documento programmatico Evangelii gaudium, dell’enciclica Laudato si’ e degli Esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola. L’autore grazie alla lettera apostolica Misericordia et misera emanata in occasione del Giubileo della Misericordia affronta inoltre alcuni temi molto cari a Papa Francesco quali la misericordia di Dio e della sua Chiesa e l’importanza del perdono.

Redazione Vatican Insider 24 dicembre 2017

www.lastampa.it/2017/12/23/vaticaninsider/ita/news/la-teologia-di-papa-francesco-teologi-di-fama-internazionale-mostrano-il-suo-insegnamento-Yo4JSMPUVvoXTLAFA3WBdN/pagina.html

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GENITORIALITÀ

Crescono i neo-papà che prendono il congedo: +27% nel 2016

Tra i dipendenti privati, la percentuali degli uomini sul totale dei beneficiari del congedo parentale è ormai arrivata al 18%. Cresce il ricorso al congedo parentale da parte dei neo-papà: secondo i dati Inps, nel 2016 il congedo obbligatorio ha registrato un incremento del 27,4% a quota 92mila, anche se l’Istituto crede che – nonostante la crescita – non sia ancora un valore a regime. Il congedo (inizialmente di un giorno, poi di due), è stato infatti introdotto solo nel 2013.

Più in generale, il numero di lavoratori tra i dipendenti del settore privato che sono stati almeno un giorno nell’anno 2016 in congedo parentale è stato pari a 308.682, +3,24% rispetto all’anno precedente. Due anni fa, ricorda l’istituto, sono stati elevati i limiti temporali di fruibilità del congedo parentale da 8 a 12 anni e i limiti temporali di indennizzo a prescindere dalle condizioni di reddito da 3 a 6 anni: tali novità hanno contribuito sicuramente all’aumento del ricorso alla prestazione negli ultimi due anni passando da 283.734 beneficiari nell’anno 2014 a 308.682 nell’ultimo anno di osservazione, pari ad un 8,67% complessivo di incremento.

Quanto ai neo papà, la percentuale di uomini sul totale dei beneficiari è passata dall’11,0% del 2012 al 18,4% del 2016.

Nel documento dell’Inps si ricapitola anche l’andamento (relativo sempre al 2016) degli assegni al nucleo familiare, ovvero quella prestazione previdenziale che integra la retribuzione in base ai componenti del nucleo e a fasce reddituali che vengono di anno in anno aggiornate. Secondo l’Istituto, il numero di beneficiari ha subito una flessione per quasi tutte le categorie di lavoratori, eccezion fatta per i lavoratori dipendenti del settore privato per i quali si registra un leggerissimo incremento rispetto all’anno precedente. Lo comunica l’Inps nelle statistiche sulle Prestazioni a sostegno della famiglia.

www.inps.it/nuovoportaleinps/default.aspx?itemdir=45909

www.inps.it/nuovoportaleinps/default.aspx?itemdir=51436

In particolare, i beneficiari tra i lavoratori dipendenti del settore privato sono aumentati a 2.829.392, in aumento di 599 unità (+0,02%). L’importo medio annuo dell’assegno nel 2016 risulta più alto tra i lavoratori agricoli (importo medio annuo pari a 1.568 euro), spiega ancora l’Inps, ed è costantemente più alto per il genere maschile. La cifra maggiore va in genere alla classe di età ’35-44 anni’, fascia in cui si colloca il maggior numero di beneficiari della prestazione e con il numero di componenti il nucleo familiare più alto.

Redazione La repubblica 21 dicembre 2017

www.repubblica.it/economia/2017/12/21/news/inps_assegni_nuclei_familiari-184784760/?ref=RHRS-BH-I0-C6-P25-S2.6-T1

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GIOVANI

Anteprima del «Rapporto» dall’Osservatorio dell’Istituto Toniolo.

L’Osservatorio Giovani dell’Istituto Giuseppe Toniolo prosegue nel suo costante monitoraggio del mondo giovanile, attraverso il Rapporto Giovani che uscirà, come ogni anno, nella prossima primavera e che presenterà il report dei dati raccolti nel corso del 2017. Molti i temi di stringente attualità, tra cui quello delle scelte procreative, con particolare riferimento alla procreazione medicalmente assistita (Pma). Quali sono le opinioni dei giovani nei confronti delle varie opzioni generative, come si avvicinano a tale fenomeno quando tocca un amico e quali le reazioni che essi si prospettano nel caso di un coinvolgimento personale?

A questi interrogativi ha cercato di rispondere l’indagine promossa dall’Istituto Toniolo che si è basata su un campione rappresentativo della popolazione italiana di 2.256 giovani di età compresa tra i 20 e i 35 anni. La stragrande maggioranza di esso non ha figli (80,4%) e, a fronte del 58% degli intervistati che non conosce persone che hanno fatto uso di tecniche di fecondazione assistita, il 39% ne conosce e il 2,1% ne ha fatto uso.

Ai giovani abbiamo chiesto di dare un consiglio a un/a amico/a che vive con un partner di sesso opposto e non riesce ad avere figli e a un/a amico/a che vive con un partner dello stesso sesso e vuole avere un figlio, scegliendo una delle seguenti opzioni: cercare di avere una buona vita di coppia senza figli, ricorrere solo alla fecondazione omologa (solo per le coppie eterosessuali), anche alla fecondazione eterologa, all’adozione, all’affido o alla maternità surrogata.

Ecco il panorama che ne esce. I giovani consiglierebbero di puntare su una buona vita di coppia anche senza figli in misura maggiore alle coppie omosessuali (40,2% per l’amico gay e 37,5% per l’amica lesbica) rispetto alle coppie eterosessuali (22,5%). A differenza delle coppie eterosessuali, per le quali avere figli pare essere ritenuto un fattore decisamente importante per il completamento della coppia stessa, nelle coppie omosessuali anche la sola relazione di coppia sembra dunque essere un fattore verso cui dirigere un investimento significativo. I dati mostrano inoltre che i giovani sono particolarmente propensi a consigliare l’adozione, la quale raccoglie percentuali più rilevanti di scelta rispetto all’utilizzo di tecniche di fecondazione assistita sia omologa che eterologa, vuoi per le coppie eterosessuali (35,7%) che omosessuali (44% per amico gay e 35,9% per amica lesbica). Da considerare che, nel caso delle coppie omosessuali, la percentuale risulta elevata anche in virtù del fatto che le opzioni che le tecniche di fecondazione assistita offrono per avere un figlio sono numericamente inferiori rispetto a quelle a disposizione della coppia eterosessuale e, nel caso della coppia gay, inferiori anche alla coppia lesbica.

Se prendiamo poi in considerazione le tecniche di fecondazione assistita nel loro insieme, il consiglio si rivolgerebbe esclusivamente alla omologa circa nel 15% dei casi, anche alla eterologa circa nel 15-19% dei casi e in percentuale decisamente più bassa alla maternità surrogata (2,4% per amico eterosessuale, 4,5% per amica lesbica e 8,8% per amico gay).

Se analizziamo poi le risposte tenendo conto della differenza di genere notiamo che i maschi, rispetto alle femmine, si orientano in misura maggiore verso il rapporto di coppia, mentre le femmine puntano di più sull’avere un figlio. Questa tendenza è particolarmente rilevante nel caso di un amico gay, situazione che vede i maschi più restii rispetto alle femmine a consigliare, in questo caso, di avere un figlio. Abbiamo anche chiesto ai giovani le loro opinioni circa la donazione di sperma e ovulo. Colpisce anzitutto che la loro conoscenza dell’iter necessario per la donazione sia drammaticamente scarsa: l’80,3% dichiara di saper poco o nulla circa le procedure che occorre seguire per la donazione di sperma, percentuale che sale all’83,1% nel caso della donazione di ovulo, nonostante si tratti, specialmente in quest’ultimo caso, di procedure molto invasive e dolorose per il corpo femminile.

A fronte di questa scarsa conoscenza, alla domanda «Hai un caro amico che ha intenzione di donare il suo sperma. Tu cosa ne pensi?», il 52,5% degli intervistati approva la scelta, il 12,5% la disapprova e una percentuale di rilievo (35%) dice di non avere opinioni al riguardo. Si ottengono percentuali simili nella donazione di ovulo, con una leggera flessione delle approvazioni (51,5%), un leggero aumento nella disapprovazione (15,7%) e una leggera diminuzione della percentuale di giovani che non hanno opinioni al riguardo (32,8%).

Da rilevare che sono le femmine ad approvare maggiormente rispetto ai maschi la scelta di un’amica a donare ovuli. Va anche sottolineato che il fattore religioso influisce sull’atteggiamento nei confronti della donazione di sperma e ovulo: sono infatti i giovani che danno poco valore alla religione ad approvare con maggiore probabilità la scelta di donare gameti, mentre i giovani che danno più valore alla religione tendono a disapprovare in misura maggiore tale scelta.

Rispetto alla fecondazione eterologa abbiamo perciò percentuali di risposte diverse se chiediamo ai giovani di dare un consiglio a un amico o se chiediamo di esprimere un’opinione di approvazione/disapprovazione. Nel primo caso i giovani si mostrano più cauti nel consigliarne l’uso mentre nel secondo si dichiarano molto più favorevoli. Non è al proposito irrilevante notare che, nel secondo caso, l’azione è qualificata come donativa («donare il seme/ovulo») e tale espressione, nella lingua italiana, ha una chiara connotazione positiva che può indurre uno spostamento della risposta verso l’approvazione.

L’orientamento valoriale influisce sulla percezione dei giovani? Questo è un altro interessante quesito al fuoco dell’indagine. In particolare, avere un orientamento più finalizzato alla crescita del sé e più benevolo verso gli altri (indicato con il termine «autotrascendenza») rispetto al fatto di avere un orientamento maggiormente interessato alla propria realizzazione personale (indicato con il termine «autopromozione») incide sul tipo di scelta? La risposta è positiva: infatti i nostri dati indicano che, sia nel caso della coppia eterosessuale che omosessuale, chi consiglierebbe di ricorrere all’adozione invece che optare per altre soluzioni riporta livelli superiori di «autotrascendenza», e ciò vale in particolare per le femmine, mentre chi consiglierebbe di ricorrere a fecondazione eterologa e maternità surrogata riporta livelli superiori di «autopromozione», e ciò vale particolarmente per i maschi.

L’indagine ha inoltre, in modo innovativo, cercato di sondare anche il vissuto più personale dei giovani, chiedendo loro di immaginare di avere un figlio in modo naturale o ricorrendo alla fecondazione omologa, eterologa o all’adozione. In particolare si è cercato di indagare se le varie modalità di avere un figlio avessero effetti su alcune dimensioni della propria identità, e nello specifico sulla stima di sé, sul senso della vita e sul senso di vicinanza agli altri. I risultati ottenuti fanno molto riflettere. Infatti emerge, a questo livello, un panorama assai diverso sia da quello ricavato dalle risposte sul consiglio a un amico sia da quello ottenuto dalla richiesta di approvazione o meno di donazione di gameti.

È il ricorso alle tecniche di fecondazione eterologa quello che pare mettere più in crisi il senso di identità dei giovani poiché risulta associato a livelli molto bassi di stima di sé (24,5%), di senso della vita (26,3%) e di senso di vicinanza agli altri (23,5%). L’avere un figlio in modo naturale, invece, risulta rinforzare e incrementare il senso di identità, con percentuali molto alte in tutte e tre queste dimensioni (rispettivamente 58%, 48,6% e 39%). In posizione intermedia tra questi due estremi si situano sia la fecondazione omologa che l’adozione.

È importante evidenziare che sono le femmine più dei maschi a sentirsi svilite nella propria identità se immaginano di dover ricorrere alla fecondazione eterologa e invece arricchite se immaginano di avere un figlio in modo naturale. Sono perciò soprattutto le donne a dare centralità nella propria vita al figlio e quindi a essere particolarmente interpellate dal tipo di procreazione e a mostrare risposte con andamento non lineare. Esse risultano avere un atteggiamento ambivalente verso le tecniche di fecondazione assistita, specie eterologa, perché da una parte sostengono la scelta di mettere al mondo un figlio a qualsiasi costo e dall’altra, quando tale obiettivo le tocca più personalmente, ne intravedono la problematicità. Le donne paiono particolarmente in difficoltà se devono far ricorso a tecniche che portano ad avere un figlio con un patrimonio genetico estraneo in parte e, a volte, addirittura in tutto alla coppia.

Eugenia Scabini* Avvenire 20 dicembre 2017

*professore emerito di Psicologia sociale, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, presidente del Comitato scientifico del Centro di ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia

www.avvenire.it/opinioni/pagine/naturali-adottati-in-provetta-cosi-i-giovani-pensano-i-figli

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MINORI

Ismu: in Italia aumentano i minori stranieri non accompagnati

In occasione della giornata dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, la Fondazione ISMU ha segnalato che la presenza dei minori stranieri in Italia si è consolidata nel tempo. Infatti al primo gennaio 2017 sono più di 1.000.000 i minori stranieri iscritti nelle anagrafi comunali italiane e rappresentano un quinto della popolazione straniera residente. I giovani stranieri con più di 5 anni che frequentano le scuole italiane sono oltre 815.000 e ogni anno nascono in Italia mediamente 70.000 bambini e bambine con genitori stranieri (il 14% di tutte le nascite).

Inoltre ogni anno aumentano significativamente i minorenni di origine straniera che ottengono la cittadinanza italiana: ad oggi rappresentano il 40% di tutte le acquisizioni. Inoltre la Fondazione ISMU ha rilevato che dal 1° gennaio al 25 ottobre 2017 oltre 14.000 minori non accompagnati (msna) sono sbarcati sulle coste italiane, il 13% di tutti i migranti giunti in modo non autorizzato via mare.

Rispetto a tutti i minori che sbarcano in Italia la componente di giovani soli è sempre più rilevante. Il peso relativo di essi è andato crescendo nel tempo: nel 2014 essi costituivano il 49%, nel 2015 il 75%, nello scorso anno il 92% degli oltre 28.000 minori sbarcati e nel periodo gennaio-ottobre 2017 costituiscono il 93% dei minori arrivati via mare, a testimonianza di una migrazione prevalentemente individuale di giovani quasi adulti originari soprattutto dal continente africano (Guinea, Costa d’Avorio e Gambia i principali paesi di provenienza).

E sono in aumento i minori non accompagnati nelle strutture di accoglienza. I dati relativi ai minori soli, segnalati alle autorità e che risultano presenti e censiti nelle strutture di accoglienza italiana rilevati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, evidenziano un aumento nel triennio 2014-2017: al 31 dicembre del 2015 erano presenti 12.000 minori non accompagnati, a fine 2016 oltre 17.000 e al 30 settembre di quest’anno si contavano più di 18.000 giovani ospitati presso famiglie e strutture di accoglienza su tutto il territorio nazionale, di cui il 43% nella sola Sicilia, principale regione di sbarco.

Il 93% dei minori non accompagnati presenti nelle strutture di accoglienza è costituito da giovani maschi; il 60% degli accolti ha 17 anni. Al 30 settembre scorso le nazionalità prevalenti tra i presenti erano Gambia (2.512), Egitto (1.925) e Guinea (1.772). Inoltre altro dato preoccupante riguardano i minori irreperibili, che si allontanano volontariamente dalle strutture di accoglienza che li ospitano: sono 5.433 i minori che risultavano irreperibili al 30 settembre scorso nelle strutture di accoglienza censite dal Ministero del Lavoro.

Si tratta di giovani somali, eritrei, egiziani, afghani che vogliono raggiungere parenti e reti amicali nei paesi del nord Europa o soggiornare in Italia svincolati dall’accoglienza istituzionale. Infine le richieste di asilo presentate da minori non accompagnati in Italia, pur risultando esigue rispetto al numero degli sbarcati e dei presenti, hanno registrano un incremento dal 2014 ad oggi.

Infatti si è passati da 2.500 minori non accompagnati richiedenti asilo nel 2014 ai quasi 4.000 del 2015 (+58%) e ai 5.700 dello scorso anno. Nei primi dieci mesi del 2017 i numeri sono ancora in crescita: le domande di asilo presentate sono 7.758 e rappresentano il 6,7% del totale, contro il 4,6% dell’anno precedente. E negli ultimi 10 anni i nuovi italiani sono quasi 1.000.000: dal 2007 al 2016 le acquisizioni di cittadinanza in Italia sono state 956.000.

Tranne che negli anni 2002, 2011 e 2014, nell’ultimo quindicennio gli sbarcati sono stati sempre meno degli acquisiti alla cittadinanza italiana: nel 2015 e 2016 il numero di acquisti alla cittadinanza italiana ha superato rispettivamente di 24.000 e 20.000 unità quello degli sbarcati negli stessi anni, e nell’ultimo quinquennio complessivamente l’ha oltrepassato di 114.000 unità. Tra le principali nazionalità extracomunitarie di origine degli acquisiti alla cittadinanza italiana durante il 2016 si confermano ai primi posti in senso assoluto albanesi e marocchini, rispettivamente con 37.000 e 35.000 neo-italiani.

Entrambi i collettivi (dalla storica presenza in Italia) hanno un tasso annuo di acquisizione di 81-82 naturalizzati ogni mille residenti, un valore doppio rispetto alla media fra tutte le nazionalità. A presentare invece il più alto tasso di acquisizione alla cittadinanza italiana è la comunità brasiliana (quasi 6.000 acquisiti, per un tasso del 130 per mille rispetto al numero di residenti).

Dal punto di vista del genere non ci sono grandi differenze tra uomini e donne: il 51% delle acquisizioni di cittadinanza si riferisce al collettivo straniero maschile e il 49% a quello femminile (in numeri assoluti 103.000 contro 98.000). Infine come nel 2015 anche nel 2016 la regione in cui si registra il maggior numero di acquisizioni in termini assoluti è la Lombardia, seguita dal Veneto e dall’Emilia-Romagna.

I tassi di acquisizione maggiori si rilevano nel Centro-Nord Italia: al primo posto si posiziona la Valle d’Aosta, con un valore di 76 acquisiti ogni mille residenti, seguita dal Trentino Alto Adige (71 ogni mille), dalle Marche (61 ogni mille) e dal Veneto (60 ogni mille). Agli ultimi posti troviamo la Campania (12 ogni mille) e la Basilicata (14 ogni mille).

Simone Baroncia Korazym 19 dicembre 2017

http://www.korazym.org/28656/ismu-italia-aumentano-minori-stranieri-non-accompagnati

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NON PROFIT

Non profit settore in espansione

L’Istat pubblica il primo censimento permanente. Nel 2015 erano attive in Italia 336.275 realtà (+11,6% rispetto al 2011), con 5 milioni 529mila volontari e 788mila dipendenti.

http://www.istat.it/it/archivio/207807

«Un settore in espansione». L’Istat definisce così il non profit italiano, fotografato nel “Primo censimento permanente sulle istituzioni non profit” svolto dall’Istituto di statistica nel 2016 con riferimento al 2015 e presentato oggi pomeriggio, 20 dicembre, a Roma. Al 31 dicembre 2015 le realtà attive in Italia sono 336.275, l’11,6% in più rispetto al 2011, e complessivamente impiegano 5 milioni 529mila volontari e 788mila dipendenti.

Le istituzioni che operano grazie all’apporto dei volontari sono 267.529, pari al 79,6% delle unità attive. Quelle che dispongono di lavoratori dipendenti sono 55.196, pari al 16,4% delle istituzioni attive. Il 51% del totale delle istituzioni è concentrato nel Nord Italia, il 22,5% al Centro e il 26,5% nel Mezzogiorno.

La Lombardia con il 15,7% delle istituzioni non profit è la regione italiana con la presenza più consistente di realtà, seguita da Lazio (9,2%), Veneto (8,9%), Piemonte (8,5%) ed Emilia Romagna (8%). Fanalino di coda la Valle d’Aosta (0,4%), preceduta da Molise (0,5%) e Basilicata (1%). La stragrande maggioranza del settore è costituito da associazioni (85,3%) davanti a cooperative sociali (4,8%), fondazioni (1,9%) e istituzioni con altra forma giuridica (8%). Prevalente il settore della cultura, sport e ricreazione (64,9% del totale) dietro al quale si posizionano l’assistenza sociale (9,2%), le relazioni sindacali e la rappresentanza di interessi (6,1%), la religione (4,3%), l’istruzione e la ricerca (4%) e la sanità (3,4%).

A livello nazionale, il 34,4% delle istituzioni non profit ha come finalità il sostegno e il supporto a soggetti deboli e/o in difficoltà, il 20,4% la promozione e la tutela dei diritti, il 13,8% la cura dei beni collettivi.

Redazione Roma Sette 20 dicembre 2017

www.romasette.it/non-profit-settore-espansione

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PARLAMENTO.

Camera dei Deputati. 2° Commissione Giustizia. Assegno divorzile. C4605.

C. 4605 Ferranti. Modifiche all’articolo 5 della legge 1o dicembre 1970, n.898, in materia di assegno spettante a seguito di scioglimento del matrimonio o dell’unione civile.

www.camera.it/leg17/995?sezione=documenti&tipoDoc=lavori_testo_pdl&idLegislatura=17&codice=17PDL0054400&back_to=http://www.camera.it/leg17/126?tab=2-e-leg=17-e-idDocumento=4605-e-sede=-e-tipo=

21 dicembre 2017. Donatella Ferranti, presidente e relatrice, avverte che sono pervenuti i pareri favorevoli delle Commissioni I e XII, nonché il nulla osta al prosieguo dei lavori da parte della Commissione XI.

Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione delibera di conferire il mandato alla relatrice, onorevole Ferranti, di riferire in senso favorevole all’Assemblea sul provvedimento in esame. Delibera, altresì, di chiedere l’autorizzazione a riferire oralmente. pag. 61

www.camera.it/leg17/995?sezione=documenti&tipoDoc=lavori_testo_pdl&idLegislatura=17&codice=17PDL0054400&back_to=http://www.camera.it/leg17/126?tab=2-e-leg=17-e-idDocumento=4605-e-sede=-e-tipo=

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PATROCINIO GRATUITO

Gratuito patrocinio guida e fac-simile dell’istanza

Cos’è il gratuito patrocinio. L’ordinamento giuridico, in ossequio ai principi costituzionali di uguaglianza, formale e sostanziale di cui all’art. 3 e in attuazione del diritto di difesa di cui all’art. 24, garantisce a tutti coloro che non hanno i mezzi economici sufficienti per nominare un avvocato ed affrontare i costi di un processo, la possibilità di essere rappresentati in giudizio, sia per agire che per difendere i propri diritti ed interessi legittimi, usufruendo dell’istituto del patrocinio a spese dello Stato (o gratuito patrocinio).

La disciplina del gratuito patrocinio è contenuta negli artt. 74-145 del D.P.R. 30.5.2002, n. 115, “Testo unico in materia di spese di giustizia” (modificato da ultimo dalla L. 27.12.2013, n. 147), che provvede a fissare i requisiti e le modalità per essere ammessi al beneficio. Segue l’indice

  • Gratuito patrocinio: per quali cause si può richiedere

  • Requisiti di reddito per richiedere il gratuito patrocinio

  • Gratuito patrocinio: come richiederlo

  • Come si presenta domanda per il gratuito patrocinio

  • Gratuito patrocinio: la procedura

  • Fac-simile istanza ammissione al gratuito patrocinio

Raffaella Diviccaro StudioCataldi.it – 21 dicembre 2017

www.studiocataldi.it/articoli/15377-gratuito-patrocinio-guida-e-fac-simile-dell-istanza.asp

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POLITICHE PER LA FAMIGLIA

Denatalità. Duecento euro al mese a figlio: mossa del Friuli

La Regione Friuli Venezia Giulia stanzia un aiuto per tre anni, un segnale contro la drammatica denatalità. La Governatrice Debora Serracchiani: sintonia con l’appello dei Vescovi per il Natale.

Solo 1,3 figli per donna, in Friuli Venezia Giulia. E al 1º gennaio 2017 i bambini fra 0 e 4 anni erano, secondo il recente rapporto statistico della Regione, l’11,2% in meno rispetto al medesimo periodo del 2013 (5.723 unità). Ecco perché la stessa Regione ha deciso di correre ai ripari, rivoluzionando le politiche per la famiglia. L’ha annunciato ieri la presidente Serracchiani, tirando il bilancio di fine anno.

«Non poteva rimanere inascoltato il ripetuto appello dell’arcivescovo di Udine, monsignor Andrea Bruno Mazzocato, e di quello di Trieste, monsignor Giampaolo Crepaldi. Abbiamo così deciso – ha specificato – un aiuto mensile di 200 euro al mese per tre anni per ogni figlio, aiuto che si vada ad affiancare ai servizi offerti alle famiglie e introdotti in questa legislatura, quali l’abbattimento delle rette degli asili nido, carta famiglia, misura attiva di sostegno al reddito, contributo al trasporto pubblico e all’acquisto di testi scolastici».

Il Friuli-Venezia Giulia è una delle regioni demograficamente più desertificate. L’economista Fulvio Mattioni ha calcolato, studiando i dati Istat, che entro il 2026 la regione disporrà di 70mila lavoratori in meno e addirittura di 200mila in meno vent’anni dopo. «Il tema denatalità è una delle più rilevanti emergenze nazionali, che tocca molto anche il Friuli Venezia Giulia – ha riconosciuto la presidente – per cui, anche in sintonia con il recente appello di Natale dei vescovi, abbiamo deciso di impegnarci su questo aspetto». Serracchiani ha ammesso che la proposta «parte dal modello attuato in Alto Adige» e da quello portato avanti dalla Francia. Ed intende ampliarlo.

La convinzione è, dunque, che offrendo servizi alle famiglie, nonché un sostegno economico, una coppia possa pensare di avere dei figli e, parallelamente, mantenere l’impegno lavorativo di entrambi i genitori. I criteri di accesso immaginati per concedere il contributo mensile di 200 euro consistono nella residenza in regione secondo quanto già previsto dalla misura attiva di sostegno al reddito e un limite Isee fino a 70mila euro.

«I conti tornano, per le verifiche che abbiamo fatto» assicura Serracchiani; la cifra sarebbe comunque consistente, servirebbero più di 80 milioni l’anno. La presidente ha comunque anticipato che ci sarà una seconda fase dell’aiuto. «Andare oltre il limite dei tre anni e rilanciare con un progetto più ampio che si leghi ad esempio a quanto previsto a livello nazionale dallo Ius culturæ, ovvero concedere la stessa somma fino al completamento del ciclo di studi del bambino o della bambina».

Nel Friuli-Venezia Giulia il primo bebè in famiglia arriva in media a 31 anni e il 30,7% delle nascite del 2016 è avvenuto fuori dal matrimonio. Tra le coppie con figli, il 51% ne ha uno solo, il 42,1% due e il 7 tre o più (circa il 7%).

Francesco Dal Mas Avvenire 23 dicembre 2017

www.avvenire.it/attualita/pagine/duecento-euro-al-mese-a-figlio-mossa-del-friuli

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SEPARAZIONE

Se il cliente non paga l’avvocato può sospendere la sua attività?

Corte di Cassazione, terza sezione civile, ordinanza n. 26973, 15 novembre 2017.

http://bit.ly/2mFnvmI

Il cliente, coinvolto in una separazione consensuale, non versa le spese necessarie per la trascrizione del verbale di separazione nei RR. II. e l’avvocato interrompe l’attività professionale a suo favore.

Nel caso di specie, il professionista, di fronte al mancato pagamento da parte dell’assistito delle spese necessarie ad eseguire la trascrizione nei Registri Immobiliari del verbale omologato, (il quale conteneva la disposizione del trasferimento ad uno dei coniugi di una quota proprietaria dell’immobile adibito a casa familiare) ha ritenuto di dover sospendere la sua assistenza legale.

L’avvocato, si è legittimamente appellato a quanto disposto dall’art.1460 del codice civile, il quale sancisce che: “nei contratti con prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l’altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria, salvo che termini diversi per l’adempimento siano stati stabiliti dalle parti o risultino dalla natura del contratto. Tuttavia non può rifiutarsi l’esecuzione se, avuto riguardo alle circostanze, il rifiuto è contrario alla buona fede”.

Le argomentazioni dell’avvocato sono state condivise dalla Corte di Cassazione, che però, sul punto, ha precisato che il professionista deve ben guardarsi dal arrecare con la sua condotta un pregiudizio irreparabile al cliente. Questo perché, sottolineano gli Ermellini: “il principio di buona fede, non è mai un aspetto da tralasciare. Esso, infatti, deve pur sempre portare a una salvaguardia della parte sino a che, tale salvaguardia, non comporti un onere o un sacrificio consistente”.

Per questi motivi, la Cassazione ha accolto il ricorso del professionista, annullando la sentenza con rinvio al giudice d’appello.

Redazione Giuridica Brocardo 22 dicembre 2017

www.brocardi.it/notizie-giuridiche/cliente-paga-avvocato-sospendere-attivita/1534.html?utm_source=Brocardo+Giorno&utm_medium=email&utm_content=news_big_contratti&utm_campaign=2017-12-22

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SESSUOLOGIA

Quando si è fisicamente maturi per un rapporto sessuale?

Il cervello adolescenziale può essere vulnerabile in una tappa di importanti cambiamenti nella crescita e nello sviluppo

Da quale età un minorenne può offrire il proprio consenso sessuale? È difficile stabilire un limite minimo di età, tenendo conto del fatto che i processi di maturazione variano nei giovani, essendo influenzati da molteplici fattori che influiscono sul loro sviluppo.

Non è un caso che anche se l’età stimata oscilla tra i 13 e i 18 anni esistano in vari Paesi divergenze all’idea di stabilire un’età concreta.

Con una visione esclusivamente genitocentrica della sessualità, fin dall’inizio della pubertà una ragazza può rimanere incinta e un ragazzo può diventare padre. I loro organi riproduttivi hanno il potenziale per concepire una nuova vita.

Come si sa, però, la sessualità è multidimensionale, il che vuol dire che non è solo fisica, ma anche emotiva e psicologica, intellettuale e creativa. Questa è la visione cerebrocentrica della sessualità, che integra tutte le dimensioni della persona.

Il cervello è il principale organo sessuale, e il suo sviluppo è fondamentale per la sessualità intelligente. Gli psicologi dicono che l’organo sessuale principale è il cervello, e gli interpreti della visione dell’evoluzione di Teilhard de Chardin dicono lo stesso.

Altri scienziati dichiarano che il cervello normale di un adulto è sviluppato solo nel 5-10% dei casi. Ciò indicherebbe che nonostante tutta la potenzialità genitale, molte delle persone non hanno raggiunto una maturazione importante, non prendono decisioni intelligenti o sono state – e sono ancora – sessualmente inattive.

La gente in generale capisce il ruolo del cervello e la fantasia necessaria per l’erezione e la stimolazione della passione erotica, ma questo è solo l’inizio. Senza le dinamiche della visione cerebrocentrica della sessualità che includono la libertà, l’amore e l’impronta personale e interiore, la sessualità è tronca.

Il cervello adolescente è in un processo di grande crescita e ristrutturazione. Anche se i primi anni sono fondamentali per lo sviluppo, grazie alla scienza oggi sappiamo che la maturazione cerebrale non finisce nella prima infanzia. Fa semplicemente una pausa per qualche anno, riprendendo con vigore all’inizio della pubertà.

Durante il secondo decennio di vita ed entrando nel terzo, si verifica un periodo di crescita e ristrutturazione esplosive. C’è una metamorfosi drammatica del cervello che risulta difficile da comprendere per l’ampiezza di queste alterazioni cerebrali.

Per via di questa trasformazione massiccia, l’adolescenza è un periodo della vita con diverse opportunità, ma anche con vulnerabilità, e la capacità del cervello adolescente può essere diversa da quella di un adulto, visto che si sta ancora attraversando una tappa di crescita e maturazione fisica.

Non si deve neanche sottovalutare il fatto che la maturazione è soggetta a molteplici fattori: stile di vita, educazione, abitudini, vita familiare, cultura, abitudini alimentari, che influiscono direttamente sullo sviluppo del principale organo sessuale: il cervello.

Un giovane può dimostrare il consenso a svolgere un’azione pur senza avere la maturità per mantenere una relazione sessuale responsabile, come avviene nel caso di molti adulti che, indipendentemente dalla loro età e con tutte le informazioni disponibili, mantengono un comportamento irresponsabile riguardo alla loro sessualità.

Un’analisi completa della sessualità non include solo l’aspetto biologico, visto che la maturazione ha a che vedere con altri aspetti che costituiscono l’integrità della persona e che sono fortemente caratterizzati dall’ambiente e dalle condizioni in cui è inserito il giovane.

Partendo dal ruolo fondamentale che ha il cervello nelle relazioni sessuali, condividiamo le vulnerabilità di cui possono soffrire gli adolescenti in questa tappa di grandi cambiamenti.

La parte esecutiva del cervello è l’ultima regione a maturare

La neurobiologia del decision making indica che prendere decisioni dipende da diverse regioni cerebrali che includono circuiti cognitivi e affettivi. Ciò vuol dire che le decisioni si basano sia sul pensiero che sull’emozione.

Il sistema emotivo è presente fin da molto presto nella vita, è rapido e quasi automatico, mentre il sistema cognitivo si sviluppa con l’età.

La corteccia prefrontale è l’area del cervello responsabile delle funzioni esecutive: giudicare, ragionare, prendere decisioni, pianificare, sopprimere impulsi e soppesare le conseguenze delle proprie decisioni. È l’ultima a maturare, e può non svilupparsi completamente fino ai 25 anni.

La corteccia prefrontale è considerata il centro del cervello “pensante”, mentre l’amigdala è la struttura principale “sensibile” del cervello. Queste due reti si vedono come sistemi paralleli la cui integrazione evolve nel tempo.

Le risonanze magnetiche funzionali mostrano che in situazioni intense, nuove e altamente stimolanti è più probabile che l’adolescente – spinto dalle emozioni – confidi nella sua amigdala e sia suscettibile alla coercizione e alla pressione di chi lo circonda.

La neuropsicologa di Harvard Deborah Yurgelun-Todd ha spiegato che “gli adolescenti sono più propensi a reagire con ‘istinti’ quando processano le emozioni, ma man mano che maturano fino alla prima età adulta sono in grado di attenuare la propria risposta istintiva con risposte razionali e ragionate”.

Non possiamo supporre che gli adolescenti prendano decisioni sbagliate perché non sono informati dei rischi. Come ribadisce il dottor Steinberg, “esistono prove sostanziali del fatto che gli adolescenti partecipano ad attività pericolose pur conoscendo e comprendendo i rischi che implicano”.

Il cervello giovane è inondato di ormoni che producono un “deficit da ricompensa”. Esistono fattori aggiuntivi che fanno sì che l’adolescenza sia un periodo di maggiore vulnerabilità.

Con l’inizio della pubertà, il cervello è inondato di ormoni sessuali. Per molti adolescenti, questo attiva impulsi forti e un’intensa vita emotiva. Questi ormoni sembrano alterare i livelli di dopamina, un neurotrasmettitore coinvolto nel sistema di ricompensa.

L’alterazione provoca quello che si definisce un “deficit da ricompensa”: per sperimentare la stessa sensazione di piacere di una determinata attività, gli adolescenti richiedono livelli più alti di novità e stimolazione. Per questo, c’è una maggiore passione per la novità e l’intensità, e a questo si unisce la sensazione di immortalità che ha la media dei quindicenni.

I professionisti di altri settori hanno risposto a questi risultati. Il Collegio degli Avvocati degli Stati Uniti ha diffuso nel 2003 una dichiarazione ufficiale in cui esortava tutte le legislature statali a proibire la pena di morte per i minorenni: “Per ragioni sociali e biologiche, gli adolescenti hanno più difficoltà a prendere decisioni mature e a comprendere le conseguenze delle loro azioni”.

Nello stesso anno, la Corte Suprema del Missouri ha annullato la condanna alla pena capitale di un giovane, e il tribunale si è riferito alla serie di studi che documentano la “minore capacità degli adolescenti di ragionare”.

L’Associazione Statunitense di Psicologia (APA) ha rivolto un appello affinché gli psicologi “continuino a fornire dati nuovi ed esistenti sui limiti del ragionamento e del decision making degli adolescenti”.

“Ragionare, giudicare e prendere decisioni” è quello che stanno ancora sviluppando, e sono proprio le capacità che gli adolescenti devono avere per determinare la propria “disposizione” a una relazione sessuale matura.

Cecilia Zinicola [Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti] Aleteia 19 dicembre 2017

https://it.aleteia.org/2017/12/19/adolescenza-sessualita-sviluppo-crescita/

 

Cassazione: per la rettifica del sesso non serve l’intervento chirurgico

Corte di Cassazione, prima sezione civile, ordinanza n. 30125, 14 dicembre 2017.

www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_28520_1.pdf

La normativa di legge richiede, infatti, la sola modificazione dei caratteri sessuali dell’interessato. Con la sentenza, la Corte di cassazione si è confrontata con la questione del diritto dell’individuo a ottenere la rettificazione anagrafica del sesso. Sul punto, in particolare, i giudici hanno precisato che tale diritto sussiste a prescindere da un preventivo intervento chirurgico: per la rettificazione è sufficiente che il percorso scelto sia serio e univoco e, ove necessario, che venga accertata la compiutezza dell’approdo finale mediante accertamenti tecnici rigorosi, compiuti in sede giudiziale.

Se ricorrono questi presupposti, la preventiva modificazione chirurgica dei caratteri sessuali anatomici primari non è necessaria.

Rettifica sesso: la legge n. 164/14 aprile 1982. Del resto, l’articolo 1 della pone come unica condizione per la domanda di rettifica del sesso, l’avvenuta modificazione dei caratteri sessuali dell’interessato, mentre non richiede espressamente il previo intervento chirurgico.

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Per quanto riguarda la procedura, oltretutto, la norma fa riferimento all’articolo 31 del d.lgs. n. 150/2011, in base al quale “quando risulta necessario un adeguamento dei caratteri sessuali da realizzare mediante trattamento medico-chirurgico, il tribunale lo autorizza con sentenza passata in giudicato”.

E a tal proposito la formula normativa “quando risulta necessario” si pone a ulteriore sostegno della conclusione cui è giunta la Cassazione, posto che essa va interpretata “nel senso di non imporre l’intervento chirurgico demolitorio e/o modificativo dei caratteri sessuali anatomici primari ai fini della rettifica di sesso”.

Insomma: l’autorizzazione giudiziale al trattamento medico-chirurgico non è né un presupposto processuale né una condizione di procedibilità della domanda di rettificazione di sesso, ma rappresenta un procedimento eventuale che diviene necessario solo se il giudice lo reputi tale all’esito di un’analisi condotta tenendo conto di tutte le circostanze e le specificità del caso concreto (ad esempio quando risulti indispensabile per permettere al soggetto interessato di raggiungere un equilibrio psicofisico stabile).

Valeria Zeppilli StudioCataldi.it – 21 dicembre 2017

www.studiocataldi.it/articoli/28520-cassazione-per-la-rettifica-del-sesso-non-serve-l-intervento-chirurgico.asp

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UNIONE CONSULTORI ITALIANI PREMATRIMONIALE E MATRIMONIALI

Elezione del Presidente dr Francesco Lanatà.

Nella seduta di sabato 16 dicembre 2017 nella sede di Milano, il Consiglio direttivo dell’Ucipem ha eletto all’unanimità Presidente Francesco Lanatà (Pisa) e come vicepresidenti Luca Proli anziano (Forlì) e Chiara Camber (Trieste).

Gli altri membri del Consiglio, eletti nell’Assemblea dell’Unione del 12 novembre 2017, in carica per 4 anni, sono: Renata D’Ambrosio (Senigallia), Emanuela Elmo (Bologna), Tommaso Guadagno S. J. (Napoli), Cristiano Marcucci (Pescara), Raffaella Moioli (Biella), Giancarlo Odini (Mantova).

Il Presidente non ha ancora nominato ex art. 11.2 dello Statuto il segretario/tesoriere a seguito delle dimissioni della dott.ssa Alice Calori che continuerà nell’incarico fina a nomina avvenuta.

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Le comunichiamo che i suoi dati personali sono trattati per le finalità connesse alle attività di comunicazione di newsUCIPEM. I trattamenti sono effettuati manualmente e/o attraverso strumenti automatizzati.

Il titolare dei trattamenti è Unione Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali Onlus – 20135 Milano-via S. Lattuada, 14. Il responsabile è il dr Giancarlo Marcone, via Favero 3-10015-Ivrea

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