UCIPEM Unione Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali
NewsUCIPEM n. 678 –3 dicembre 2017
Unione Consultori Italiani Prematrimoniali E Matrimoniali
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“Notiziario Ucipem” unica rivista ufficiale – registrata Tribunale Milano n. 116 del 25.2.1984
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Notizie in breve per consulenti familiari, assistenti sociali, medici, legali, consulenti etici ed altri operatori, responsabili dell’Associazione o dell’Ente gestore con note della redazione {…ndr}.
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02 ADOLESCENZA Accanto agli adolescenti autenticità e rispetto delle ferite.
03 ASSEGNO MANTENIMENTO FIGLI Rischia il carcere senza condizionale padre che non mantiene i figli
04 Il mantenimento dei figli minori.
04 ASSEGNO DIVORZILE Cassazione: a rischio numerosi assegni di divorzio.
05 CENTRO INTERN. STUDI FAMIGLIA Newsletter CISF – N. 42, 15 novembre 2017.
07 CENTRO ITALIANO SESSUOLOGIA Disforie di genere: Supporto al percorso di transizione
07 CHIESA CATTOLICA Ma noi un Papa come Francesco siamo disposti a seguirlo?
08 COMM. ADOZIONI INTERNAZ. Protocollo di collaborazione con la repubblica di Belarus.
08 CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM Frosinone. Il 10 dicembre 2017 nasceva il Consultorio Anatolè!
08 Messina. 50 anni di operatività e 25° del convenzionamento.
08 Milano2. Genitori oggi. Aiutiamo le donne gravide in difficoltà.
09 DALLA NAVATA 1° Domenica d’Avvento – Anno B – 3 dicembre 2017.
09 Vigilate, commento di Enzo Bianchi, priore emerito A Bose (BI).
11 DEMOGRAFIA Istat: dal 2008 al 2016 nascite diminuite di oltre 100mila unità.
13 Istat, in calo nascite ma matrimoni tornano in crescita.
16Save the Children: «Sostegno strutturale a genitorialità».
17La svolta culturale è nella volontà politica.
17Cala la natalità, il bonus bebè si dimezza: che coerenza!
18 EUROPAConflitti transfrontalieri sulla responsabilità genitoriale.
19 MATRIMONIO E LEGGE La crescente attualità degli articoli 143, 144 e 147 del codice civile.
23 NULLITÀ MATRIMONIALE Il Papa: il vescovo sia unico giudice per il processo breve di nullità.
24 POLITICHE PER LA FAMIGLIA Al via a Trento la sesta edizione del Festival della Famiglia.
24 Centro di Documentazione e Analisi per l’Infanzia e l’Adolescenza.
25 SALUTE Matrimonio salva cervello, fede al dito taglia rischi demenza.
25 VIOLENZA Anche l’uomo è vittima della violenza della donna.
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ADOLESCENZA
Accanto agli adolescenti autenticità e rispetto delle ferite
Riflessione legata a un’esperienza di terapia familiare. Rimanere «aperti all’incontro». I ragazzi non tollerano il “genitore amico”. “L’adolescente non vuole essere capito, ed è per questo che si lamenta tutto il tempo di essere frainteso”. Stephen Fry.
Quando incontri un adolescente, al primo sguardo colpisce il suo modo di stare in relazione: può essere timido; bene educato; desideroso di fare una buona impressione; scocciato; provocatore; desideroso di lasciare un segno, il suo segno. Se dopo il primo sguardo non ci lasciamo “catturare dal pensiero etichettante” che ne consegue, ma rimaniamo aperti all’incontro, abbiamo la possibilità di entrare nella verità di quel ragazzo\ragazza e di poter provare ad osservare come lui osserva il mondo che lo circonda e la realtà familiare di cui fa parte.
Accade che lo sguardo si muta, si espande fino ad includere osservatore ed osservato, in cui l’alternanza tra chi osserva e chi è oggetto di osservazione diventano una danza dove le figure che si compongono possono essere infinite a seconda di come procede la relazione. Non si tratta di osservare l’adolescente con un “occhiale” normativo, che cerca di vedere se quello che si ha davanti è un ragazzo adattato alla realtà o meno, ma di fare un viaggio nel suo mondo e capire cosa osserva di noi: mondo adulto.
Se nella poesia “I vostri figli” di Kahlil Gibran, che propongo a fine riflessione, si sottolinea come “noi siamo l’arco dal quale, come frecce vive, i nostri figli sono lanciati in avanti”, possiamo interrogarci su che tipologia di “arco” siamo e come i nostri figli ci considerano.
Andrea, 15 anni, guarda i suoi genitori separati da diversi anni e dice «A ma’.. a pa’.. famose a capì, siete gli ultimi che possono dire quello che devo fare, voi avete fatto quello che volevate. Avevate promesso che era per sempre… siete un bluff!». Andrea ha problemi scolastici, una diagnosi di disturbi dell’apprendimento, fatica a rispettare le regole ed è stato sospeso più volte, fuma marijuana, ha relazioni con ragazze solo per avere rapporti sessuali, dichiarando che l’amore «è una fregatura».
Lo sguardo di Andrea è quello di un ragazzo ferito, arrabbiato e deluso, è un gran provocatore con tutti, specialmente con chi ha autorità; allo stesso tempo è schietto, sincero e analizza la realtà che vive in modo da far trasparire ciò che i suoi occhi hanno visto, ciò che ha imparato dal mondo adulto e costantemente richiama ad una autenticità nella relazione. Andrea vorrebbe maggiore coerenza da parte dei suoi genitori, maggiore fermezza nelle decisioni, anche nella punizione, se è giusto che ci sia, deve essere sostenuta; non tollera “il genitore amico”, sente di non avere un limite e nonostante dichiari di voler fare «come gli pare» al tempo stesso richiama i genitori ad essere fermi nelle regole e nel farle rispettare.
Incontrare e danzare con Andrea richiede autenticità, rispetto delle sue ferite, ascolto senza pregiudizi su ciò che Andrea dovrebbe fare o come dovrebbe essere. Si tratta di poter osservare se stessi rispetto a ciò che si dice e assumere la coerenza rispetto alle proprie azioni. I ragazzi sono dei buoni osservatori.
Laura Boccanera, psicologa e psicoterapeuta Consultorio diocesano Al Quadraro. Roma
I vostri figli non sono figli vostri.
Sono i figli e le figlie della forza stessa della Vita.
Nascono per mezzo di voi, ma non da voi.
Dimorano con voi, tuttavia non vi appartengono.
Potete dar loro il vostro amore, ma non le vostre idee.
Potete dare una casa al loro corpo, ma non alla loro anima, perché la loro anima abita la casa dell’avvenire che voi non potete visitare nemmeno nei vostri sogni.
Potete sforzarvi di tenere il loro passo, ma non pretendere di renderli simili a voi, perché la vita non torna indietro, né può fermarsi a ieri.
Voi siete l’arco dal quale, come frecce vive, i vostri figli sono lanciati in avanti.
L’Arciere mira al bersaglio sul sentiero dell’infinito e vi tiene tesi con tutto il suo vigore affinché le sue frecce possano andare veloci e lontane.
Lasciatevi tendere con gioia nelle mani dell’Arciere, poiché egli ama in egual misura e le frecce che volano e l’arco che rimane saldo.
Kahlil Gibran Khalil Gibran (in arabo: جبران خليل جبران Jubrān Khalīl Jubrān;
Bsharre, Libano 6 gennaio1883 – New York, 10 aprile1931).
RomaSette 1 dicembre 2017
www.romasette.it/accanto-agli-adolescenti-autenticita-rispetto-delle-ferite
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ASSEGNO MANTENIMENTO FIGLI
Rischia il carcere senza condizionale il padre che non mantiene i figli
Corte di Cassazione, sesta sezione penale, sentenza n. 52730, 20 novembre 2017.
Download (scaricamento) file:///C:/Users/Giancarlo/Downloads/allegato_28209_1.pdf
Per la Cassazione il giudice può subordinare la sospensione condizionale della pena all’obbligo della restituzione delle somme dovute, valutando le capacità economiche solo se emergono situazioni di difficoltà. Rischia il carcere senza condizionale il genitore che non adempie gli obblighi di assistenza nei confronti dei figli.
Infatti, il giudice che subordina la concessione della sospensione condizionale della pena alla restituzione integrale delle somme dovute (ex art. 165 c.p.) non è tenuto a una preventiva verifica delle condizioni economiche dell’obbligato, a meno che non emergano indici della sua difficoltà ad adempiere o questi siano forniti dall’interessato.
È questa la linea dura scelta dalla Cassazione, che ha respinto il ricorso del condannato a 4 mesi di reclusione e 400 euro di multa ex art. 570 c.p. (Violazione degli obblighi di assistenza familiare) per aver omesso di corrispondere la somma stabilita quale contributo di mantenimento per i tre figli minori.
La Corte territoriale aveva stabilito che l’imputato potesse beneficiare della sospensione condizionale della pena solo se avesse integralmente corrisposto le somme dovute a titolo di mantenimento entro tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza.
Secondo la difesa, tuttavia, il giudice a quo [in ambito giuridico per indicare il giudice di grado inferiore (o, per meglio intendere: di partenza] avrebbe omesso una preventiva e motivata verifica, sia pure sommaria, delle condizioni economiche dell’uomo e, dunque, della sua concreta possibilità di sopportare l’onere del risarcimento pecuniario.
Risarcimento obblighi mantenimento: niente preventivo accertamento sulla possibilità di adempiere.
Gli Ermellini evidenziano l’esistenza di due orientamenti giurisprudenziali sulla subordinazione da parte del giudice della sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno (ex art. 165 c.p.), in particolare quanto alla sussistenza o meno di un preventivo accertamento da parte del giudice sulle condizioni economiche dell’imputato e sulla possibilità di adempiervi.
Il primo indirizzo ermeneutico sostiene che tale valutazione da parte del giudicante vada effettuata, seppur sommariamente, mentre l’orientamento contrapposto e maggioritario, al quale la Cassazione sceglie di aderire nel caso di specie, sostiene il contrario. Secondo tale interpretazione, il giudice della cognizione non è tenuto a svolgere alcun accertamento sulle condizioni economiche dell’imputato nell’ipotesi di cui all’art. 165, comma primo, c.p., ciò a meno che non emergano situazioni che ne facciano dubitare della capacità economica di adempiere oppure tali elementi vengano forniti dalla parte interessata in vista della decisione.
Dunque, la formulazione della norma (art. 165 c.p. come modificato dalla L. 145/2004) non subordina la concessione della sospensione condizionale condizionata al risarcimento del danno a un preventivo accertamento del giudice di merito sulle condizioni economiche del prevenuto.
Tuttavia, precisa la Cassazione, tale verifica preliminare sulla sussistenza delle condizioni economiche dell’imputato per far fronte al risarcimento del danno, cui sia appunto subordinata la sospensione condizionale della pena, pur non sostanziandosi in una formale conditio sine qua non per l’accesso al la beneficio, risulta comunque imprescindibile in alcune situazioni.
Il giudice, chiarisce il Collegio, sarà tenuto all’accertamento se dall’incartamento processuale e, a maggior ragione, dalle stesse deduzioni e/o produzioni documentali dell’interessato, emerge una situazione di impossibilità o di rilevante difficoltà all’adempimento pecuniario
Una simile “eccezione” è giustificata da esigenze di economia processuale oltre che da considerazioni di buon senso: risulterebbe, infatti, inutile e irragionevole adottare un provvedimento che, già al momento in cui sia disposto, appaia inadempibile dal destinatario e sia, pertanto, inesigibile nei suoi confronti a causa delle sue condizioni economiche.
Nel caso di specie, tuttavia, i principi come delineati non sono risultati violati: dal fascicolo processuale, infatti, è apparso che il ricorrente, in appello, aveva censurato la subordinazione della sospensione condizionale al risarcimento del danno, ma non in relazione alla sua incapacità economica, bensì quanto alla necessita di ridurre a sette le dieci mensilità inizialmente indicate dal giudice come dovute, attaccando quindi il solo quantum debeatur [quanto sia dovuto] a titolo risarcitorio.
In conclusione, poiché l’imputato non aveva sottoposto al giudice d’appello una questione di impossibilità assoluta ad adempiere l’obbligazione ex art. 165, comma 1 c.p., la Corte territoriale, in assenza di evidenze in tal senso, non era tenuta ad operare alcuna preventiva verifica sulla capacità economica del prevenuto. Il ricorso va, pertanto, respinto.
Lucia Izzo Newsletter Giuridica Studio Cataldi 27 novembre 2017
www.studiocataldi.it/articoli/28254-catasto-online-il-servizio-per-consultare-le-mappe.asp
Il mantenimento dei figli minori
Il dovere costituzionale di mantenimento dei figli minorenni. Il comma 1 dell’art. 30 della Costituzione prevede che “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.” L’art. 316 bis c.c. richiamato dall’art. 148 c.c. determina invece la misura in cui tale dovere deve essere assolto. Esso infatti prevede che: “I genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo.”
Il mantenimento dei figli minori durante il matrimonio e dopo la separazione o il divorzio. Appare evidente che in costanza di matrimonio il mantenimento dei figli non è sottoposto a regole stringenti. Esso è rimesso infatti alle rispettive possibilità economiche dei genitori. Tutto cambia quando la coppia entra in crisi e i coniugi decidono di separarsi o divorziare. In questo caso spetta al giudice adottare tutti quei provvedimenti che ritiene necessari a soddisfare i loro interessi morali e materiali.
Il giudice deve infatti fare in modo che i minori non subiscano troppo gli effetti della separazione e del divorzio, garantendo loro la conservazione delle loro abitudini e dello stile di vita precedente. La modalità con cui tali diritti vengono garantiti tradizionalmente ai figli minori è rappresentata dall’assegno di mantenimento, la cui misura può essere decisa dal giudice o dalle parti in accordo tra di loro. Esso spetta al genitore collocatario (dei figli minori) o di quello convivente (con i maggiorenni). Nella determinazione della misura del mantenimento il giudice è tenuto a prendere in considerazione anche l’assegnazione della casa familiare.
Il mantenimento include le spese ordinarie e quelle straordinarie. I parametri di cui il giudice deve tenere conto nel determinare l’assegno di mantenimento sono diversi. Prima di tutto si tratta di prendere in considerazione i bisogni del figlio e il tenore di vita goduto da costui durante il matrimonio o la convivenza dei genitori. Altri elementi da valutare sono altresì il tempo trascorso dal figlio con ciascun genitore, le rispettive risorse economiche dei genitori e infine i compiti di cura e aiuto domestico assolte dagli stessi.
La forma più comune per provvedere al mantenimento avviene con assegno. In realtà è possibile provvedervi in altri modi, ad esempio costituendo un trust, ponendo un vincolo di destinazione su dei beni immobili oppure pagando una somma di denaro una tantum. Nel caso in cui il giudice ritenga che la corresponsione dell’assegno sia a rischio, può chiedere al genitore obbligato di prestare un’idonea garanzia personale (fideiussione) o reale (ipoteca, pegno). Occorre infine precisare che il mantenimento dei figli minori è sempre modificabile nel caso intervengano mutamenti positivi o negativi delle condizioni economiche delle parti.
Guide legali Newsletter Giuridica Studio Cataldi 27 novembre 2017
www.studiocataldi.it/guide_legali/assegno-di-mantenimento/mantenimento-figli-minori.asp
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ASSEGNO DIVORZILE
Cassazione: a rischio numerosi assegni di divorzio
Corte di Cassazione, sesta sezione civile, ordinanza n. 28326, 28 novembre 2017.
Download (scaricamento)file:///C:/Users/Giancarlo/Downloads/allegato_28298_1.pdf
Le conseguenze del revirement[repentino cambiamento] della Corte sul tenore di vita stanno iniziando a spiegare effetti su molti assegni divorzili già confermati in appello.
Corte di Cassazione, prima Sezione civile, sentenza n. 11504, 10 maggio 2017.
Downloadfile:///C:/Users/Giancarlo/Downloads/allegato_26094_2.pdf
A distanza di qualche mese dal noto revirement della Corte di cassazione sul mantenimento all’ex coniuge, con il quale è stato detto addio al parametro del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio per la valutazione dell’an debeatur [se dovuto] dell’assegno, le conseguenze dell’innovativo orientamento stanno iniziando a manifestarsi a pieno.
Ad esempio, proprio adeguandosi a quanto sancito con la sentenza n. 11504/2017, la sesta Sezione civile, ha accolto il ricorso di un uomo avverso la sentenza della Corte d’appello che aveva confermato l’assegno di mantenimento a favore della ex moglie, rinviando al giudice territoriale per l’analisi del possesso di mezzi di sostentamento adeguati da parte della donna e della sua effettiva impossibilità di lavorare.
Valeria Zeppilli –Studio Cataldi.it – 30 novembre 2017
www.studiocataldi.it/articoli/28298-cassazione-a-rischio-numerosi-assegni-di-divorzio.asp
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CENTRO INTERNAZIONALE DI STUDI SULLA FAMIGLIA
Newsletter CISF – N. 44, 29 novembre 2017
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Social network: quando ti connetti, connetti anche la testa!
www.youtube.com/watch?v=BqtnYcfgLbM
Stare sui social network è spesso una grande opportunità, ma con diversi rischi. Senza eccessivi allarmismi, ma con qualche giustificata attenzione, questo breve video (poco più di 3 minuti) del Garante per la protezione dei dati personali è sicuramente una buona introduzione per essere e diventare “navigatori sempre più consapevoli. www.youtube.com/channel/UCR9l1m-5FivpCVtBdir9TCQ
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Rapporto CISF 2017. Le https://www.un.org/development/desa/disabilities/international-day-of-persons-with-disabilities-3-december.html relazioni familiari nell’era delle reti digitali. Prossimamente in libreria
Download file:///C:/Users/Giancarlo/Downloads/newscisf4317_indice_rapporto_cisf_2017(5).pdf
Preacquisto entro 11 dicembrehttp://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/rapporto-famiglia-2017.aspx
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Giornata internazionale delle persone con disabilità 2017 (International Day of Persons with Disabilities). Trasformazione verso una società sostenibile e resiliente per tutti (Transformation towards sustainable and resilient society for all).
www.un.org/development/desa/disabilities/international-day-of-persons-with-disabilities-3-december.html
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Handymatica 2017. Tecnologie digitali per una società inclusiva. Fiera-eventi promossa da Fondazione ANSPHI Onlus (Avviamento e Sviluppo di Progetti per ridurre l’Handicap mediante l’Informatica), Bologna, 30 novembre-2 dicembre 2017.
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Dati istat sulle nascite. Ancora diminuzione della natalità, e nessuna misura strutturale all’orizzonte. Un commento ai dati demografici Istat
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La dispersione scolastica. I dati del ministero. L’Italia è il quinto Paese in Europa con più giovani che hanno abbandonato precocemente gli studi, dopo Malta, Spagna, Romania e Portogallo. L’indicatore sta migliorando: nel 2016 era al 13,8% contro il 20,8% del 2006. L’Italia si avvicina dunque all’obiettivo Europa 2020, che prevede di scendere per quella data al livello del 10%. Il dettaglio regionale evidenzia però il divario fra Nord e Sud con Sicilia, Campania, Sardegna, Puglia, Calabria, sopra la media nazionale della dispersione. Lo studio del MIUR evidenzia inoltre come la dispersione scolastica colpisca maggiormente i cittadini stranieri rispetto a quelli italiani: nella secondaria di 1° grado la dispersione fra loro è al 3,3%, contro lo 0,6% relativo agli alunni con cittadinanza italiana. Gli stranieri nati all’estero, con una percentuale del 4,2%, sembrano essere in situazione di maggiore difficoltà rispetto agli stranieri di seconda generazione, che hanno riportato una percentuale di abbandono complessivo del 2,2%.
Download file:///C:/Users/Giancarlo/Downloads/Focus%20La%20dispersione%20scolastica.pdf
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Lettera aperta a una donna che non ha riconosciuto il proprio nato e vuole continuare a restare anonima.Il tema della conoscenza delle proprie origini da parte di bambini adottati è oggi al centro di crescenti attenzioni, anche in considerazione delle differenziazioni di storie oggi possibili (adozione nazionale o internazionale, procreazione medicalmente assistita, adozione a seguito di mancato riconoscimento al parto). Questa lettera aperta, diffusa da Anfaa (Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie), è dedicata proprio allo specifico del “diritto all’anonimato” da parte di una madre che, in ospedale, sceglie di non abortire, e non riconosce il figlio, consentendogli così di poter essere accolto in via definitiva da un’altra famiglia adottiva, potendo contare su un prolungato “diritto all’anonimato” (100 anni). Tema controverso, e riflessione meritevole di ascolto e ulteriori approfondimenti.
Download ile:///C:/Users/Giancarlo/Downloads/newscisf4417_allegato2.pdf
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Thomas Knieps-Port le Roi (Ed.), A Point of No return? Amoris Lætitia on Marriage, Divorce and Remarriage, (INTAMS Studies 2), Lit Verlag, Berlin, 2017, pp. 276.
Nella sua esortazione post-sinodale Amoris Lætitia, Papa Francesco invita la Chiesa a «dare spazio alla coscienza dei fedeli, che tante volte rispondono quanto meglio possibile al Vangelo in mezzo ai loro limiti e possono portare avanti il loro personale discernimento davanti a situazioni in cui si rompono tutti gli schemi. Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle» (n. 37). Il rispetto per la coscienza personale e il discernimento pastorale, quindi, dovrebbero guidare anche l’approfondimento teologico e l’approccio pastorale verso le attuale forme di vita assieme, soprattutto quelle che non si conformano all’idea del matrimonio fedele e indissolubile.
Questo volume, in lingua inglese, contiene gli atti di un Simposio internazionale che INTAMS (International Academy of Marital Studies) ha organizzato nell’ottobre del 2016 presso la Facoltà di Teologia dell’Università di Lovanio, proprio per esplorare le implicazioni di questa nuova visione, con particolare riguardo nei confronti di coloro il cui primo matrimonio è fallito, e hanno iniziato una nuova unione. L’obiettivo di questo discernimento personale e pastorale è l’ammissione al sacramento della riconciliazione e all’eucaristia? Amoris Lætitia apre nuove possibilità nella cura pastorale dei divorziati risposati, oppure è solo una legittimazione a posteriori di quanto già era prassi in molti Paesi? Come tutto ciò ha a che fare con la comprensione che la Chiesa ha dell’indissolubilità del matrimonio
Dopo le relazioni fondative del Simposio, affidate a relatori di grande spessore quali il card. R. Marx, l’ex maestro generale dei domenicani T. Radcliffe o il teologo P. Hünermann, il volume presenta anche un’interessante carrellata di esperienze pastorali condotte in questi anni in diversi Paesi europei tra i quali anche l’Italia, attraverso il contributo affidato a T. Ventimiglia e G. Barioni per l’Ufficio Nazionale per la pastorale familiare della CEI (Pietro Boffi)
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Webinar – nuovi strumenti di formazione on line. Un webinar è un evento online gratuito che puoi seguire in diretta comodamente da un computer collegato ad internet.
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Un webinar sulla coppia. Continua il ciclo di Webinar promosso dal Centro di Terapia dell’Adolescenza. Il 12 dicembre dalle ore 15.00 alle 16.30 ci sarà la diretta Webinar “Quando la coppia scoppia. Interventi per le coppie in crisi” condotto dalle formatrici dott.ssa Irene Ratti e dott.ssa Mitia Rendiniello. Il Webinar è rivolto a psicologi, psicoterapeuti, studenti in psicologia e medicina, medici, pediatri, neuropsichiatri infantili, psichiatri. A questo link potrete trovare tutte le informazioni sul Webinar e le modalità di iscrizione: www.webinarhumansystems.com
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In inglese. Un webinar dagli Stati Uniti sul tema dei conflitti che possono innescarsi in famiglia quando ci sono rilevanti compiti di cura per gli anziani. Eldercaring Coordination, webinar (Linda Fieldstone, MEd, 12 dicembre 2017 1:00pm-2:00pm Eastern Time – ora della Costa Est degli Stati Uniti). Il Webinar è promosso da AFCC (Association of Family and Conciliation Courts), ente accreditato per la formazione continua degli psicologi (negli Stati Uniti).
www.afccnet.org/Conferences-Training/Webinars/ctl/ViewConference/ConferenceID/221/mid/772
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Save the date
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Nord Neeting.2 – Convegno Internazionale sui NEET, promosso da Fondazione Cariplo, Istituto Toniolo di Studi Superiori e Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Milano, 1 dicembre 2017
http://www.fondazionecariplo.it/it/news/servizi/neeting-2.html?mc_cid=66313f5f76&mc_eid=0c54d96ac8
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Nord La tutela della continuità affettiva delle bambine e dei bambini in affidamento, seminario promosso da Coordinamento Nazionale Servizi Affidi, Regione Emilia-Romagna e Tavolo Nazionale Affido, Bologna, 1 dicembre 2017.
file:///C:/Users/Giancarlo/Downloads/Seminario-1-dicembre-Continuità-affettiva-in-affidamento.pdf
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Centro 1° Giornata Nazionale in materia di Dipendenze Tecnologiche e Cyberbullismo, promossa da “Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, GAP e Cyberbullismo”, in collaborazione con la Cooperativa Sociale “Vivere Verde Onlus”, Ancona, 2 dicembre 2017.
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http://www.dipendenze.com/1giornata-nazionale-sulle-dipendenze-tecnologiche-cyberbullismo
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Sud Io Tarzan tu Jane. Maschile e femminile a confronto, ciclo di incontri in Sicilia con Marco Scarmagnani (giornalista, formatore, mediatore e consulente familiare), sulla differenza sessuale e sulla relazione di coppia, promossi da vari enti ed associazioni familiari, città varie (Messina, Augusta, Avola, Ragusa, Trapani, Palermo, S. Stefano di Camastra), dal 1 dicembre al 6 dicembre 2017.
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file:///C:/Users/Giancarlo/Downloads/newscisf4417_allegato4.pdf
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Sud Coesioni culturali per una nuova economia del lavoro e dello sviluppo, 18.Happening della solidarietà, promosso da Consorzio Sol.Co., Palermo, 30-novembre-1 dicembre 2017.
file:///C:/Users/Giancarlo/Downloads/ProgrammaHappeningSt.pdf
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Estero Parenting Coordination: Essential Tools for Conflict Resolution (Coordinare i genitori: strumenti essenziali per la risoluzione dei conflitti), due giorni di formazione per gli operatori dei servizi e del sistema giudiziario che lavorano con famiglie ad elevata conflittualità, promosso da AFCC (Association of Family and Conciliation Courts) Baltimora (US), 4-5 dicembre 2017.
file:///C:/Users/Giancarlo/Downloads/AFCC%20Baltimore%20Training%20Brochure%209.14.pdf
Iscrizione alle newsletterhttp://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/newsletter-cisf.aspx
Con tutti i link http://newsletter.sanpaolodigital.it/cisf/novembre2017/5057/index.html
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CENTRO ITALIANO SESSUOLOGIA
Disforie di genere: Supporto al percorso di transizione
Il corso intende fornire conoscenze e strumenti di intervento per affrontare il supporto alla transizione di genere nelle sue varie dimensioni (psicologiche, fisiche, sociali e giuridiche) e attuare interventi specifici e mirati alle situazioni emergenti.
La varianza di genere. La disforia di genere nell’infanzia, nell’adolescenza e nell’età adulta. La presa in carico psicologica. Il trattamento endocrinologico e l’intervento chirurgico. L’iter di transizione secondo i nuovi standard di cura. Le linee guida nazionali. Le norme giuridiche in materia di cambio del sesso.
Il lavoro dell’equipe interdisciplinare. L’intervento psico-sociale con la famiglia e la scuola. Il ruolo delle Istituzioni Pubbliche.
L’esperienza delle persone Trans e dei loro familiari. Discussione di casi clinici.
2 marzo e 3 marzo 2018, 6 aprile e 7 aprile 2018 dalle ore 9,30 alle 18,30 per un totale di 32 ore
Iscrizioni entro il 9 febbraio 2018 www.cisonline.net/files/disforie-pieghevole.pdf
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CHIESA CATTOLICA
«Ma noi cattolici un Papa come Francesco siamo disposti a seguirlo?»
Caro direttore, ma noi cattolici un Papa come Francesco siamo disposti a seguirlo? La notte in cui fu eletto non ho dormito, pensando alla ventata di novità che rappresentava per la Chiesa e per la sua umiltà (anche nella scelta del nome). Per lunghi anni la Chiesa era rimasta ferma, indietro rispetto alla società umana (di duecento anni, diceva il cardinal Martini), arroccata e autoreferenziale nei rapporti con il mondo. Con papa Francesco «il Papa diventa uomo» (Enzo Bianchi); «uno di noi», come dicono, con la loro tipica sfrontatezza, i giovani. Lo Spirito, instancabilmente al lavoro, ha prodotto frutti veramente insperati.
Sta finendo, infatti, il tempo dei baciamano, della reverenza, della netta suddivisione tra chi ha il potere e quindi comanda, e chi, invece, deve solamente e silenziosamente ubbidire. Anche nella Chiesa, spesso, storicamente, è stato attuato quello che prima era successo nel mondo. Non è un caso, infatti, che alla figura dell’imperatore fosse contrapposta, come sovrano assoluto, quella del Papa. Cui dovevano essere riservati, oltre all’obbedienza incondizionata, gli onori, corrispondenti alla presenza di un Dio in terra. E tutto ciò nonostante un annuncio evangelico basato su presupposti del tutto antitetici. «Sono venuto per servire e non per essere servito», dice Gesù.
Il messaggio cristiano è “lievito” per la storia, e, come tale, non rimane inerte, ma costringe la “pasta” a espandersi, a trasformarsi. Così è stato e così sarà per la realtà nella quale tutti, volenti o nolenti, siamo immersi. Certo, ci sono delle forze ostili a questo cambiamento: stupirebbe il contrario. Forze retrive, che credono il loro benessere, le loro tranquillizzanti idee e modi di vivere di ispirazione divina. Dimenticando la forza dirompente del Vangelo. Sì, i tempi sono questi: a noi fedeli il compito di seguire un pastore così immerso nella spiritualità evangelica. Luigi Magnani
Caro Luigi, grazie per la tua riflessione. Noi crediamo che la Chiesa è guidata dallo Spirito Santo, nonostante sia anche fatta di peccatori e quindi possa fare scelte sbagliate. Nemmeno Francesco, da questo punto di vista, è perfetto. Lui stesso ha detto più volte di essere un peccatore e costantemente chiede la nostra preghiera. Lo Spirito guida la Chiesa riportandola sempre alla sorgente del Vangelo, a Gesù Cristo. È quello che sta facendo papa Francesco. Ricordarci il Vangelo, il nostro essere di Cristo; il primato dell’amore e del servizio e non del potere e degli onori.
Famiglia cristiana on line 30 novembre 2017
www.famigliacristiana.it/articolo/francesco-e-la-forza-del-vangelo.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter+fc&utm_content=donsciortino&utm_campaign=fc1749
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COMMISSIONE ADOZIONI INTERNAZIONALI
Protocollo di collaborazione con la repubblica di Belarus.
In data 30 novembre 2017 a Minsk è stato sottoscritto il nuovo protocollo di collaborazione tra la Commissione per le Adozioni Internazionali e il Ministero dell’Istruzione della Repubblica di Belarus in materia di adozione dei cittadini minorenni della Repubblica di Belarus da parte dei cittadini della Repubblica Italiana.
La firma è avvenuta nel corso di un proficuo incontro tra il Ministro dell’Istruzione Igor Vasilievich Karpenko e il vice presidente della Commissione per le Adozioni Internazionali dott.ssa Laura Laera, alla presenza di una delegazione bielorussa e di una delegazione italiana, composta dall’Ambasciatore Stefano Bianchi, dal Primo Segretario Paolo Tonini e dal Consigliere d’Ambasciata Enrico Nunziata.
In questa occasione è stata anche formalmente consegnata la lista degli aspiranti all’adozione di minori bielorussi con le integrazioni richieste.
L’auspicio unanime è che si possa giungere nei prossimi mesi all’espletamento delle relative procedure.
Comunicato CAI 30 novembre 2017
www.commissioneadozioni.it/it/notizie/2017/protocollo-di-collaborazione-repubblica-belarus.aspx
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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM
Frosinone. Il 10 dicembre 2017 nasceva il Consultorio Familiare Anatolè!
Una Messa di ringraziamento presieduta dal Vescovo Mons. Ambrogio Spreafico.
Grazie per questi 10 anni di Accoglienza, Ascolto ed Aiuto alla Persona, alla Coppia ed alla Famiglia!
Il Consultorio Familiare Anatolè O.N.L.U.S nasce a Frosinone il 21 dicembre 2007 per dare vita nella Diocesi di Frosinone-Veroli-Ferentino ad un Consultorio Familiare, di ispirazione cristiana, inteso come luogo accogliente di incontro e di ascolto per la famiglia e la persona in difficoltà.
Il Consultorio ANATOLE’, trova le sue radici nel Centro Aiuto alla Vita che è stato operativo a Frosinone fino agli anni ‘90; aderisce sia all’U.C.I.P.E.M. (Unione Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali) che alla CFC (Confederazione Italiana dei Consultori di Ispirazione Cristiana), crede fortemente nel lavoro di rete e nell’efficace condivisione di valori e metodologie operative. Esso è il luogo per aiutare e pensare, riflettere e rispondere ai nuovi bisogni delle coppie, dei singoli e delle famiglie attraverso l’attuazione di una serie di iniziative che vanno dall’attenzione ai problemi dell’infanzia a quelli dell’adolescenza e dell’età adulta.
www.consultorioanatole.it/site/index.php/consultorio/chi-siamo
Messina. 50 anni di operatività e 25° del convenzionamento
Tavola rotonda 12 dicembre 2017 0re 10 Palazzo dei leoni
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Dr Cettina Sgalambro, presidente Consultorio La nostra Storia
Tavola rotonda: “Consultorio familiare: dal passato al futuro”
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Dr Michele Grandolfo, Epidemiologo, già dirigente di ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità
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Dr Luisa Barbaro, Ginecologa, già dirigente U.O Consultori Asp Messina
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Dr Salvatore Franco, Psicologo e Psicoterapeuta
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Dr Emidio Tribulato, Neuropsichiatra
www.consultorio-ucipem.messina.it
file:///C:/Users/Giancarlo/Downloads/opuscolo.pdf
Milano2. Genitori oggi. Così aiutiamo le donne in difficoltà, ad affrontare la gravidanza
Il Centro di Aiuto alla Vita Mangiagalli – CAV – è un’associazione di volontariato Onlus che fa parte del MoVi/CIESSEVI ed è federata al Movimento per la Vita italiano. È stato fondato nel 1984 per volontà di Paola Marozzi Bonzi, nell’omonima Clinica di Milano, Unità Operativa di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale – Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico.
La missione del CAV è dare sostegno alla maternità ed alla genitorialità difficile con progetti di aiuto personalizzati, immediati e concreti. Di fatto, in 33 anni di attività il CAV ha aiutato a nascere 20.999 bambini (dato del 7 novembre2017). All’associazione si rivolgono donne e coppie che, per i motivi più diversi, sono in dubbio nell’accettare una gravidanza inattesa o indesiderata. Spesso questa incertezza è connessa ad un disagio economico e sociale che può interessare anche una coppia: infatti sono numerosi i nuclei familiari che si rivolgono al Centro di Aiuto alla Vita Mangiagalli perché si trovano in situazione di fragilità sociale e a rischio di esclusione. Al momento della richiesta di aiuto, viene offerto alla donna o alla coppia un primo colloquio, condotto da operatori con competenze specifiche, durante il quale si fanno emergere le problematiche, i bisogni, ma anche le potenzialità individuali. Durante il colloquio si incontra la persona e non il problema. Viene quindi proposto un progetto di aiuto personalizzato, che è finalizzato non solo a favorire l’accettazione serena della gravidanza, ma anche al rinforzo delle risorse personali e genitoriali e al raggiungimento dell’autonomia e dell’integrazione del nucleo familiare. La mamma o la coppia genitoriale sono seguiti fino al primo anno del bambino.
Consulenza integrata. Nel 2000 il CAV Mangiagalli ha fondato il Consultorio Familiare Genitori Oggi (in via della Commenda, 37), accreditandosi ad ATS (Agenzia di Tutela della Salute, ex Asl) Città Metropolitana di Milano, per dare un sostegno non solo economico ma anche psico-socio-pedagogico e relazionale alla donna e/o al nucleo familiare. Ogni progetto di aiuto è strutturato così su diversi piani di intervento, tra loro integrati: psicosociale (colloqui con consulenti familiari, assistenti sociali, psicologi ed educatori), sanitario (percorso di preparazione alla nascita, consulenza ginecologica, ostetrica e pediatrica) e assistenziale (erogazione di beni di prima necessità per i bambini – come pannolini, capi di vestiario, attrezzature – e per i loro genitori, come la “borsa della spesa” con cadenza quindicinale). I consulenti familiari fanno parte dell’Associazione AICCEF che struttura corsi di formazione permanente attribuendo i relativi crediti formativi.
Nel 2016 l’associazione ha potuto contare su 87 soci, con 62 volontari attivi. La formazione professionale degli operatori del CAV è affidata all’UCIPEM, attraverso convegni e seminari di aggiornamento.
Passim da Corriere della sera 1 dicembre 2017
www.corriere.it/salute/pediatria/17_dicembre_01/maternita-donne-centro-aiuto-vita-19563e96-d679-11e7-8996-59f0a2474e5e.shtml
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DALLA NAVATA
I Domenica d’Avvento – Anno B – 3 dicembre 2017
Isaia 63, 16 Tu, Signore sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore.
Salmo 80, 19 Da te mai più ci allontaneremo, facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome.
1Corìnzi 01, 09 Degno di fede è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione con il Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro.
Marco 13, 37 “Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!”.
Vigilate, commento di Enzo Bianchi, priore emerito nel convento di Bose (BI).
Abbiamo appena terminato l’anno liturgico A, nel quale ci è stato proposto, come lectio cursiva domenicale, il vangelo secondo Matteo. Con questa domenica, prima del tempo delle venute di Cristo (Avvento), iniziamo la lettura del Vangelo secondo Marco che ci accompagnerà in questo nuovo anno liturgico (B).
Se Matteo nell’ultima domenica ci proponeva l’affresco della venuta del Figlio dell’uomo e del suo giudizio su tutta l’umanità (cf. Mt 25,31-46), oggi Marco pone ancora davanti ai nostri occhi la venuta del Figlio dell’uomo alla fine dei tempi e ci istruisce su come attendere quel giorno. Secondo l’evangelista più antico, la manifestazione gloriosa del Figlio dell’uomo avverrà dopo una tribolazione nella quale l’assetto attuale del mondo sarà sconvolto e avrà fine (cf. Mc 13,5-23). Allora tutta l’umanità sarà posta di fronte alla visione del Figlio dell’uomo veniente sulle nubi con grande potenza e gloria (cf. Mc 13,24-27; Dn 7,13-14). Sarà un evento estrinseco alla storia e alla volontà umana, che realizzerà un decreto del Padre: il Figlio dell’uomo instaurerà per sempre il suo Regno e, attraverso i suoi messaggeri, radunerà i chiamati da lui. Visione apocalittica, rivelativa, le cui immagini devono evocare l’inenarrabile azione di Dio, che è e sarà sempre azione di salvezza e di liberazione.
La parusia, la venuta gloriosa, coinciderà con la fine dell’attuale creazione e l’avvento della nuova, un evento che avverrà certamente ma la cui ora non è conosciuta da nessuno se non da Dio, come Gesù afferma subito prima del nostro brano liturgico: “Quanto a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre” (Mc 13,32). Neppure Gesù li conosce, lui che, nella condizione di vero uomo in tutto simile a noi eccetto il peccato (cf. Eb 4,15), ignora e dunque non può dichiarare quell’ora che verrà improvvisa, sia che gli umani la attendano sia che non l’attendano. Certo, ci sono dei segni che possono ammonire, segni che richiedono un discernimento attento: come, osservando le gemme del fico, al loro gonfiarsi si può intravedere che l’estate è vicina, così i credenti, leggendo in profondità gli eventi della storia, possono comprendere che “il giorno del Signore” (jom ’Adonaj) è vicino e che il Figlio dell’uomo è alle porte (cf. Mc 13,28-31). E proprio affinché i discepoli attendano quel giorno ed esso non li colga all’improvviso, Gesù consegna loro un’ammonizione nella quale è contenuto anche l’abbozzo di una parabola.
Egli comincia dicendo: “State in guardia e vegliate”. All’inizio del discorso escatologico, e poi altre due volte prima di questa, Gesù ripete: “State in guardia” (blépete: Mc 13,5.9.23). Qui lo ribadisce per la quarta volta, in modo dunque incalzante, unendo questo monito all’altro: “Vegliate” (agrypneîte; in modo analogo, con il martellante verbo gregoréo ai vv. 34, 35 e 37). Stare in guardia, attenti, e vegliare è un atteggiamento assolutamente necessario nella lotta, e la vita cristiana è una lotta, un combattimento contro l’intontimento spirituale, il letargo della consapevolezza, l’assopimento della convinzione nella fede, il raffreddamento della carità (cf. Mt 24,12). Altre volte nel vangelo secondo Marco Gesù richiama i discepoli a questa vigilanza per ascoltare la parola di Dio (cf. Mc 4,24), per non essere influenzati dal lievito dei farisei (cf. Mc 8,15), dall’ipocrisia degli scribi (cf. Mc 12,38), dall’inganno di quanti predicono il futuro come se lo conoscessero (cf. Mc 13,23). Egli vuole che i discepoli siano convinti della venuta gloriosa del Figlio dell’uomo, perché questo ormai è il solo evento che conta veramente e definitivamente nella storia. Anche l’Apostolo Paolo chiederà alla comunità cristiana questa vigilanza, questa capacità di stare svegli destandosi dal sonno, perché il giorno del Signore è vicino (cf. Rm 13,11). Il momento non è conosciuto, occorre dunque attenderlo per essere pronti ad accogliere il Veniente, il Signore stesso!
Ecco allora, di seguito, la breve parabola. Un uomo parte per un viaggio lontano dalla sua casa e, nel lasciarla, dà potere ai suoi servi e ordina al portinaio di vigilare. Detto questo, Gesù si rivolge direttamente ai discepoli, perché è chiaro che quella parabola li riguarda direttamente: presto egli partirà – sarà infatti catturato, condannato e ucciso – e i suoi discepoli resteranno senza di lui. Vi sarà dunque un tempo contrassegnato dalla sua assenza, ma i discepoli hanno ricevuto ciascuno una missione, un compito e c’è anche qualcuno che, come il portinaio, è chiamato a vegliare sull’intera comunità. Le responsabilità affidate sono diverse e certamente il portinaio (figura sotto la quale si può cogliere anche un’allusione a Pietro, che spesso Marco distingue dagli altri undici) ha un compito superiore a quello degli altri: a lui è stato dato molto e sarà richiesto molto di più (cf. Lc 12,48), perciò soprattutto lui deve stare in guardia sulla casa e sui servi lasciati in essa.
Si tratta dunque di vegliare, perché quell’uomo, il Signore della casa, verrà. Attenzione, non si dice che “ritornerà”, perché nei Vangeli mai si parla di “ritorno”, bensì di “venuta” del Signore. Egli è il Veniente (ho erchómenos), che sempre può venire: alla sera, a mezzanotte, al canto del gallo, o al mattino… le ore del sonno o del primo risveglio! Potrà venire alla sera, l’ora in cui proprio i tre discepoli più vicini a Gesù– Pietro, Giacomo e Giovanni –, chiamati a vegliare in preghiera per soffrire insieme a Gesù tentato nell’imminenza della sua passione e morte, dormivano (cf. Mc 14,32-42). Potrà venire all’ora del canto del gallo, quando Gesù sta davanti al sommo sacerdote ed è processato, mentre Pietro lo rinnega dicendo di non averlo mai conosciuto, come il Signore gli aveva anticipato (cf. Mc 14,66-72). Potrà venire all’alba, quando la tomba di Gesù si presenta vuota perché egli è risorto da morte, ma i discepoli restano increduli anche di fronte all’annuncio pasquale delle donne discepole (cf. Mc 16,1-11). Sono ore di rivelazione di Gesù, ore della sua venuta, eppure i discepoli, i Dodici, le hanno disertate tutte, e significativamente Marco mette in luce questi fallimenti, questa non vigilanza. Per questo saranno le donne a ricevere l’annuncio pasquale e l’ordine di andare a proclamare ai suoi discepoli e a Pietro che Gesù è risorto e li precede tutti in Galilea, là dove li aveva chiamati e dove aveva vissuto con loro: è una chiamata a ricominciare.
Vegliare nella notte, vigilare, stare attenti e in guardia, sono tutte espressioni che indicano ciò che compete a ciascun discepolo, in particolare a chi è chiamato a vigilare in modo particolare, essendo posto come sentinella sulla casa e sulla comunità del Signore. Queste sentinelle hanno anche il compito di tenere svegli gli altri, di impedire loro di assopirsi e dormire. “Sentinella, a che punto è la notte?” (Is 21,11), è la domanda che i cristiani rivolgono ai loro pastori, ma purtroppo a volte anche i pastori non vegliano e dormono, incapaci di rispondere alle attese di quelli che sono stati loro affidati.
E ciò che Gesù ha detto ai quattro discepoli sul monte degli Ulivi (i tre di cui sopra, più Andrea: cf. Mc 13,3), lo indirizza anche a tutti gli altri: “Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!”. Ebbene, chiediamoci: noi cristiani, che vogliamo essere discepoli di Gesù, attendiamo ancora veramente la sua venuta? Siamo quelli che Paolo definiva “in attesa della manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo” (cf. 1Cor 1,7)? Il grande Basilio di Cesarea ammoniva: “‘Che cosa è specifico del cristiano? ’. ‘Vigilare ogni giorno e ogni ora ed essere pronti nel compiere pienamente la volontà di Dio, sapendo che nell’ora che non pensiamo il Signore viene (cf. Mt 24,44; Lc 12,40)’” (Regole morali 80,22). E i padri del deserto, dal canto loro, arrivavano a dire: “Non abbiamo bisogno di nient’altro che di uno spirito vigilante” (Detti dei padri, collezione alfabetica, Poemen 135), perché sapevano e avevano sperimentato che la vigilanza è la matrice di tutte le virtù cristiane.
Il cristiano dovrebbe vivere la vigilanza anche vegliando nella notte, vivendo l’attesa nel suo corpo, nella sua carne, e non lasciandola relegata ai pensieri pii. Ma in ogni caso, il fine del vegliare, anche sottraendo ore al sonno, è l’acquisizione della consapevolezza di ciò che si è e della responsabilità che si ha nella compagnia degli uomini e nella comunità del Signore. Vigilare è vivere con i sensi svegli, resistendo all’intorpidimento spirituale, al venire meno della sovraconoscenza dataci dalla fede. Vigilare è aderire alla realtà ed essere fedeli alla terra, sapendo e affermando di essere sempre alla presenza di Dio, “tempio dello Spirito santo” (1Cor 6,19) e corpo del Cristo risorto nella storia. Vigilare è resistere allo spirito dominante e conservare la capacità di critica, per non piegarci al “così fan tutti!”.
Nella chiesa, il vescovo, colui che vigila (epískopos), non si dimentichi non solo di restare sveglio, ma di risvegliare anche quanti sono a lui affidati. Sì, fa parte del ministero episcopale svegliare i sonnolenti, affinché la loro fede sia rinsaldata e tutta la chiesa attenda il Signore veniente, unendo la sua preghiera all’invocazione dello Spirito, perché “lo Spirito e la sposa dicono: ‘Vieni! ’” (Ap 22,17). Il lettore delle sante Scritture partecipi dunque a questa invocazione e la ripeta senza tregua, entrando con tutte le sue forze in quel dialogo che chiude l’intera Bibbia e avvolge l’intera nostra vita:
“Sì, vengo presto!”. “Amen. Vieni, Signore Gesù!” (Ap 22,20).
www.monasterodibose.it/preghiera/vangelo/11958-vigilate
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DEMOGRAFIA
Istat: dal 2008 al 2016 nascite diminuite di oltre 100mila unità.
Diminuiscono le nascite nel nostro Paese. Dal 2008 al 2016 sono diminuite di oltre 100 mila unità. Lo rileva l’Istat, nel rapporto natalità e fecondità, indicando come nel 2016 in Italia siano nati 473.438 bambini. Sono oltre 12mila in meno rispetto al 2015.
Il calo interessa soprattutto le nascite da coppie di genitori entrambi italiani. Tra i fattori indicati dagli esperti in merito al calo dovuto alle donne italiane in età riproduttiva c’è il fatto che sono sempre meno numerose ed hanno anche una propensione decrescente ad avere figli. A questo si aggiunge che continua a calare la fecondità delle donne in Italia: 1,34 figli in media. Ma nel contempo scende anche quella delle donne straniere: “La riduzione del numero medio di primi figli per donna tra il 2010 e il 2016 è responsabile per il 57% del calo complessivo della fecondità delle donne italiane e per il 70% di quello delle donne straniere”.
“Nel 2016 – evidenzia ancora l’Istat – si conferma la tendenza alla diminuzione della fecondità in atto dal 2010. Il numero medio di figli per donna scende a 1,34 (1,46 nel 2010). Le donne italiane hanno in media 1,26 figli (1,34 nel 2010), le cittadine straniere residenti 1,97 (2,43 nel 2010)”.
Si osserva uno spiccato aumento della quota di donne senza figli: “nella generazione del 1950 tale quota è stata dell’11,1%, nella generazione del 1960 del 13% e in quella del 1976 si stima che raggiungerà (a fine del ciclo di vita riproduttiva) il 21,8%”.
La quota più elevata di nati da genitori non coniugati si osserva nel Centro (35,6%), seguito dal Nord-est (33,7%). Tra le regioni del Centro spicca la Toscana (37,1%), mentre tra le regioni del Nord la proporzione più alta di nati fuori dal matrimonio si registra nella Provincia autonoma di Bolzano (47,3%, il valore più alto a livello nazionale). Sud e Isole presentano incidenze di nati fuori dal matrimonio molto più contenute, con le percentuali più basse in Basilicata (18,4%) e Calabria (18,8%). Il valore della Sardegna (37,4%) supera invece la media del Centro-Nord. “Se consideriamo solo i nati da genitori entrambi italiani, quasi un nato su tre ha genitori non coniugati, con una distribuzione territoriale sostanzialmente analoga a quella del totale dei residenti”.
Con il 53,6% sono quattro le comunità che rappresentano il totale dei nati stranieri: “Al primo posto per numero di nati stranieri iscritti in anagrafe si confermano i bambini rumeni (15.417 nati nel 2016), seguiti dai marocchini (9.373), dagli albanesi (7.798) e dai cinesi (4.602)”.
L’incidenza delle nascite da genitori entrambi stranieri è notoriamente molto più elevata nelle regioni del Nord (circa 20,8%), dove la presenza straniera è più stabile e radicata e, in misura minore, in quelle del Centro (16,9%); nel Mezzogiorno l’incidenza è molto inferiore rispetto al resto d’Italia (5,7% al Sud e 5,1% nelle Isole). Nel 2016 è di cittadinanza straniera circa un nato su quattro in Emilia-Romagna, quasi il 22% in Lombardia, circa un nato su cinque in Piemonte, Veneto, Liguria e Toscana. La percentuale di nati stranieri è decisamente più contenuta in quasi tutte le regioni del Mezzogiorno, con l’eccezione dell’Abruzzo dove supera il 10%.
Si avvicinano i livelli di fecondità tra le ripartizioni geografiche, in particolare tra il Centro (1,31 figli per donna) e il Mezzogiorno (1,29 circa nel 2016). L’indicatore di fecondità è più elevato per le residenti nelle Province Autonome di Bolzano e Trento (rispettivamente 1,76 e 1,52 figli per donna), seguite dalla Lombardia (1,42).
I tassi di fecondità delle donne italiane mostrano invece una minore variabilità sul territorio: “il più elevato numero medio di figli per donna si registra nella Provincia autonoma di Bolzano (1,67) tra le regioni del Nord, nel Lazio (1,29) tra quelle del Centro e in Campania (1,33) e Sicilia (1,30) tra quelle del Mezzogiorno. Si tratta comunque di livelli bassissimi. Ad eccezione dell’Abruzzo, in tutte le regioni del Mezzogiorno la fecondità delle donne italiane è anche inferiore ai valori osservati nel 1995, anno di minimo assoluto della fecondità per il nostro Paese (1,19 figli per donna)”.
Regioni.it 3278 -Natalità e fecondità – 28 novembre 2017.
http://www.regioni.it/newsletter/n-3278/del-28-11-2017/istat-dal-2008-al-2016-nascite-diminuite-di-oltre-100mila-unita-17395/?utm_source=emailcampaign3169&utm_medium=phpList&utm_content=HTMLemail&utm_campaign=Regioni.it+n.3278+-+marted%C3%AC+28+novembre+2017
www.istat.it/it/archivio/206606
Istat, in calo nascite ma matrimoni tornano in crescita. Passim
Nel 2016 sono stati iscritti all’anagrafe per nascita 473.438 bambini, oltre 12 mila in meno rispetto al 2015. Nell’arco di 8 anni (dal 2008 al 2016) le nascite sono diminuite di oltre 100 mila unità.
Lo sottolinea l’Istat, aggiungendo che “il calo è attribuibile principalmente alle nascite da coppie di genitori entrambi italiani. I nati da questa tipologia di coppia scendono a 373.075 nel 2016 (oltre 107 mila in meno in questo arco temporale).
Ciò avviene fondamentalmente per due fattori: le donne italiane in età riproduttiva sono sempre meno numerose e mostrano una propensione decrescente ad avere figli”. La fase di calo della natalità avviatasi con la crisi è caratterizzata da una diminuzione soprattutto dei primi figli, passati da 283.922 del 2008 a 227.412 del 2016 (-20% rispetto a -16% dei figli di ordine successivo).
La diminuzione delle nascite registrata dal 2008 è da attribuire interamente al calo dei nati all’interno del matrimonio: nel 2016 sono solo 331.681 (oltre 132 mila in meno in soli 8 anni). Questa importante diminuzione è in parte dovuta al contemporaneo forte calo dei matrimoni, che hanno toccato il minimo nel 2014, anno in cui sono state celebrate appena 189.765 nozze (57 mila in meno rispetto al 2008).
Dal 2015 invece i matrimoni hanno ripreso ad aumentare (+4.612 rispetto all’anno precedente) e la tendenza si è accentuata nel 2016 (+9 mila), anno in cui è stata di nuovo superata la soglia delle 200 mila celebrazioni. “Il legame tra nuzialità e natalità -prosegue l’Istat- è ancora molto forte nel nostro Paese (nel 2016 il 70% delle nascite avviene all’interno del matrimonio); ci si può quindi attendere nel breve periodo un ridimensionamento del calo delle nascite dovuto al recupero dei matrimoni.
Secondo i dati provvisori riferiti al periodo gennaio-giugno 2017, i nati sono solo 1.500 in meno rispetto allo stesso semestre del 2016. Si tratta della diminuzione più contenuta dal 2008″. Dal 2012 diminuiscono, seppur lievemente (-7 mila), anche i nati con almeno un genitore straniero pari a poco più di 100 mila nel 2016 (21,2% del totale). Tra questi, a calare in maniera più accentuata sono i nati da genitori entrambi stranieri, che nel 2016 scendono per la prima volta sotto i 70 mila.
Tra i nati stranieri, al primo posto si confermano i bambini romeni (15.417 nel 2016), seguiti da marocchini (9.373), albanesi (7.798) e cinesi (4.602). Queste quattro comunità rappresentano il 53,6% del totale dei nati stranieri. Nel 2016 si conferma la tendenza alla diminuzione della fecondità in atto dal 2010.
Il numero medio di figli per donna scende a 1,34 (1,46 nel 2010). Le donne italiane hanno in media 1,26 figli (1,34 nel 2010), le cittadine straniere residenti 1,97 (2,43 nel 2010).
Si osserva poi “uno spiccato aumento della quota di donne senza figli: nella generazione del 1950 tale quota è stata dell’11,1%, nella generazione del 1960 del 13% e in quella del 1976 si stima che raggiungerà (a fine del ciclo di vita riproduttiva) il 21,8%”.
Nel 2016 sono stati iscritti in anagrafe per nascita 473.438 bambini, oltre 12 mila in meno rispetto al 2015. Nel complesso, dal 2008 i nati sono diminuiti di oltre 100 mila unità. Il calo è attribuibile principalmente alle nascite da coppie di genitori entrambi italiani che scendono a 373.075 nel 2016 (oltre 107 mila in meno negli ultimi otto anni).
(Prospetto1). Principali caratteristiche e indicatori di natalità, fecondità e nuzialità. Anni 2008, 2010 e 2014-2016 (…)
Questa riduzione è in parte dovuta agli effetti “strutturali” indotti dalle significative modificazioni della popolazione femminile in età feconda, convenzionalmente fissata tra 15 e 49 anni. In particolare, sono le donne italiane ad essere sempre meno numerose: da un lato, le cosiddette baby-boomers (ovvero le donne nate tra la seconda metà degli anni Sessanta e la prima metà dei Settanta) stanno uscendo dalla fase riproduttiva (o si stanno avviando a concluderla); dall’altro le generazioni più giovani sono sempre meno folte. Queste ultime scontano l’effetto del cosiddetto baby-bust, ovvero la fase di forte calo della fecondità del ventennio 1976-1995, che ha portato al minimo storico di 1,19 figli per donna nel 1995. Nonostante l’apporto positivo dell’immigrazione, che ha parzialmente contenuto gli effetti del baby-bust grazie agli ingressi di popolazione prevalentemente giovane, al primo gennaio 2017 le donne residenti tra 15 e 29 anni sono poco più della metà di quelle tra 30 e 49 anni.
Meno donne in età feconda (anche in una teorica ipotesi di propensione alla procreazione mantenuta costante) comportano inevitabilmente meno nascite. Questo effetto può essere stimato applicando alla popolazione osservata nel 2016 la propensione ad avere figli del 2008 (espressa mediante i tassi di fecondità specifici per età). Si otterrebbero in questo modo oltre 503 mila nati per il 2016; confrontando questo valore con i 576.659 nati del 2008 risulta un gap di circa 74 mila nascite imputabile unicamente alla variazione di ammontare e di struttura per età della popolazione femminile in età feconda. Questo fattore è responsabile per i tre quarti circa della differenza di nascite osservata tra il 2008 e il 2016.
La restante quota dipende invece dalla diminuzione della propensione ad avere figli (da 1,45 figli per donna a 1,34). A diminuire sono le nascite all’interno del matrimonio (331.681 nel 2016, oltre 132 mila in meno in soli 8 anni). Ciò è dovuto al forte calo dei matrimoni che si è protratto fino al 2014, anno in cui sono state celebrate appena 189.765 nozze (57 mila in meno rispetto al 2008). Dal 2015 i matrimoni hanno ripreso ad aumentare (+4.612 rispetto all’anno precedente) e la tendenza si è accentuata nel 2016 (oltre 200 mila celebrazioni, +9 mila dal 2015).
La lieve ripresa dei matrimoni riguarda anche le prime nozze, 165.316 nel 2016 (circa 6 mila in più rispetto al 2014) mentre dal 2008 al 2014 erano diminuite di oltre 53mila (il 94% del calo complessivo delle nozze).
Figura 1. Nati e primi matrimoni (n.i. 1995=100). Anni 1995-2016. (…)
Effetto della crisi: crollo di primi matrimoni e primi figli. La recente crisi economica si è riflessa sensibilmente nella crisi della formazione delle famiglie e nel calo della natalità. La forte contrazione dei primi figli, passati dai 283.922 del 2008 ai 227.412 del 2016 (-20% i primi figli e -16% i figli di ordine successivo), interessa tutte le aree del Paese (Figura 2). La diminuzione è marcata anche nelle regioni del Nord e del Centro che avevano sperimentato negli anni precedenti una fase di moderata ripresa della natalità e della fecondità riconducibile soprattutto alle nascite da coppie con almeno un genitore straniero. Il calo dei nati del primo ordine si è avvertito più intensamente tra il 2014 e il 2016 (-3,5% media annua) in tutte le ripartizioni ad eccezione del Centro (-2,0 media annua), anche a seguito della diminuzione della primo-nuzialità (che è antecedente e riguarda il periodo 2008-2013). A partire dal 2014, al contrario, aumentano i primi matrimoni in tutte le aree del Paese.
Figura 2. Nascite del primo ordine e primi matrimoni per ripartizione. Anni 2008-2013 e 2014-2016. Variazioni percentuali medie annue. (…)
Il legame tra nuzialità e natalità è ancora molto forte nel nostro Paese: nel 2016 il 70% delle nascite avviene all’interno del matrimonio e tra queste oltre il 50% dei primogeniti nasce entro i tre anni dalla celebrazione delle prime nozze. Ci si può quindi attendere nel breve periodo un ridimensionamento del calo delle nascite dovuto al recupero dei matrimoni. Secondo i dati provvisori riferiti al periodo gennaio-giugno 2017, i nati sono solo 1.500 in meno rispetto allo stesso semestre del 2016, un calo decisamente più contenuto rispetto a quanto si è verificato nei primi sei mesi del 2016 (oltre 14.500 nati in meno rispetto al primo semestre 2015). (…)
Un nato su tre ha genitori non coniugati In un contesto di nascite decrescenti quelle che avvengono fuori del matrimonio sono in aumento: 141.757 i nati da genitori non coniugati nel 2016, oltre duemila in più rispetto al 2015. Il loro peso relativo è più che triplicato rispetto al 1995 e raggiunge il 29,9% nel 2016 (Prospetto 2). (…)
L’incidenza di nati fuori dal matrimonio è più elevata nel caso di coppie miste quando è il padre ad essere straniero (36,2%); quando invece è la madre ad essere straniera, i valori si attestano sul 30,8% (Prospetto 3). L’incidenza delle nascite al di fuori del matrimonio è decisamente più bassa nelle coppie di genitori entrambi stranieri (17,7%). (…)
Si riduce il contributo dei cittadini stranieri alla natalità. Dal 2012 diminuiscono, seppur lievemente, anche i nati con almeno un genitore straniero (-7 mila unità): nel 2016 sono poco più di 100 mila (21,2% del totale dei nati). Tra questi scendono soprattutto i nati da entrambi genitori stranieri (nel 2016 per la prima volta sotto i 70 mila). Le cittadine straniere residenti, che finora hanno parzialmente riempito i “vuoti” di popolazione femminile ravvisabili nella struttura per età delle donne italiane, stanno a loro volta “invecchiando”: la quota di donne straniere 35-49enni sul totale delle cittadine straniere in età feconda passa dal 6,41% al 1° gennaio 2005 al 51,7% al 1° gennaio 2017. (…)
Al Nord più di un nato su cinque con genitori entrambi stranieri Al primo posto per numero di nati stranieri iscritti in anagrafe si confermano i bambini rumeni (15.417 nati nel 2016), seguiti dai marocchini (9.373), dagli albanesi (7.798) e dai cinesi (4.602). Queste quattro comunità rappresentano il 53,6% del totale dei nati stranieri. (…)
Per le donne italiane 1,26 figli in media, per le straniere 1,97. La fecondità rappresenta la propensione alla riproduzione di una popolazione. L’intensità della fecondità si misura rapportando le nascite alla popolazione femminile in età feconda, in modo da ottenere il numero medio di figli per donna (o Tft, Tasso di fecondità totale), un indicatore sintetico che consente di monitorare l’evoluzione del fenomeno nel tempo e nello spazio. Nel 2016 le residenti in Italia hanno avuto in media 1,34 figli per donna, un valore in linea con la diminuzione in atto dal 2010, anno in cui si è registrato il massimo di 1,46 figli per donna.
Per le italiane l’indicatore è di 1,26 figli per donna, mentre ammonta a 1,97 per le donne straniere (Prospetto 5). L’analisi nel tempo e sul territorio conferma l’avvicinamento dei livelli di fecondità tra le ripartizioni, in particolare tra il Centro (1,31 figli per donna) e il Mezzogiorno (1,29 circa nel 2016). L’indicatore di fecondità è più elevato per le residenti nelle Province Autonome di Bolzano e Trento (rispettivamente 1,76 e 1,52 figli per donna), seguite dalla Lombardia (1,42). (…)
Nel 2016 in ripresa la propensione alla nascita dei primi figli. In un contesto di bassa fecondità, come quello italiano, il numero medio di primi figli per donna rappresenta circa il 50% della fecondità complessiva: 0,66 primi figli verso 1,34 figli totali nel 2016 (erano rispettivamente 0,73 e 1,46 nel 2010). Il numero medio di primi figli per le donne al di sotto dei 30 anni di età è passato da 0,35 a 0,28, calando dunque ancora più drammaticamente rispetto a quello riferito al complesso delle donne in età feconda; la diminuzione osservata in questa fascia di età spiega quasi il 90% della diminuzione complessiva della fecondità del primo ordine.
In aumento donne senza figli e quelle con un solo figlio. Le misure di periodo riferite al comportamento riproduttivo risentono, come si è detto dei cambiamenti che avvengono nel calendario delle nascite. Quando è in atto una pronunciata posticipazione, come nella fase attuale, il numero medio di figli per donna di periodo si abbassa rapidamente.
L’andamento della discendenza finale delle generazioni, a differenza di quanto avviene per l’indice di fecondità di periodo, invece, non mostra significative discontinuità in relazione alla congiuntura e pertanto consente di analizzare le tendenze di fondo dei comportamenti riproduttivi. Queste ultime mostrano che il numero medio di figli per donna calcolato per generazione continua a decrescere nel nostro Paese senza soluzione di continuità. Si va dai 2,5 figli delle donne nate nei primissimi anni Venti (subito dopo la Grande Guerra), ai 2 figli per donna delle generazioni dell’immediato secondo dopoguerra (anni 1945-49), fino a raggiungere il livello stimato di 1,44 figli per le donne della generazione del 1976. (…)
Francesco e Sofia i nomi preferiti dai neo genitori. (…)
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Allarme denatalità, Save the Children: «Sostegno strutturale a genitorialità»
Raffaela Milano commenta il rapporto diffuso dall’Istat su natalità e fecondità nel 2016. In 8 anni, 100mila nascite in meno. Il Forum famiglie torna a chiedere «una seria politica familiare».
Dal 1961 al 2017 la popolazione al di sotto dei 15 anni d’età è diminuita di circa un terzo. Negli ultimi 8 anni le nascite sono diminuite di oltre 100mila unità. Nel 2016 sono stati iscritti all’anagrafe 473.438 nuovi nati: oltre 12mila in meno rispetto all’anno precedente. Sono dati drammatici, quelli contenuti nel rapporto diffuso oggi, 28 novembre, dall’Istat su natalità e fecondità nel 2016. «I bambini hanno sempre meno fratelli e sorelle, vivono in una società che continua a invecchiare e devono fare i conti con un crescente vuoto relazionale», commenta Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children. Alla fonte di una così grave diminuzione delle nascite c’è per tre quarti la riduzione del numero delle donne in età riproduttiva e per un quarto la loro minore propensione ad avere figli. Un calo, sottolinea Milano, che ha avuto inizio nello scorso secolo, come già rilevato nell’ottava edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio di Save the Children.
L’arco cronologico a cui fa riferimento Milano è proprio quello iniziato nel 1961 e concluso nel 2017, quando i minori di 15 anni sono passati da 12 a 8 milioni. In questo periodo «l’indice di natalità è crollato, passando da 17,8 nati vivi a 7,8, mentre l’indice di vecchiaia si è impennato, complice l’innalzamento dell’aspettativa di vita, salendo da 40 fino a 165».
La direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children sottolinea la necessità di uno «sforzo collettivo delle istituzioni per invertire una tendenza che ha prodotto profondi cambiamenti nella società, ripercuotendosi in modo negativo su molti aspetti della vita dei bambini, dalla scuola alla frammentazione familiare». E usa due aggettivi, «indispensabile» e «inderogabile», per definire «l’avvio di un piano strutturale di sostegno alla genitorialità», che comprenda la messa a punto di una rete di cura per l’infanzia 0-6 anni «della quale il nostro Paese ha enormemente bisogno», ma anche la definizione di «strumenti di effettiva conciliazione di tempi di vita e di lavoro per le mamme» e il sostegno alle famiglie che vivono in condizioni di povertà «le quali, come dimostrano i dati, oggi subiscono un grave impoverimento con la nascita di un bambino», conclude Milano.
Sulla stessa linea il commento espresso a nome del Forum nazionale delle associazioni familiari dal presidente Gigi De Palo. «Con cadenza quasi quotidiana l’Istat lancia i suoi allarmi che però servono solo per qualche titolo ad effetto e poi vengono regolarmente dimenticati. Che senso ha il lavoro dell’Istat – domanda De Palo – se i dati elaborati non diventano azione politica?». Ad aggravare il quadro, per il presidente del Forum famiglie, anche la flessione delle nascite tra i genitori stranieri, scese per la prima volta sotto quota 70mila. «L’unica possibilità per invertire questa tendenza – avverte – è il varo di una seria politica familiare accompagnata dal rilancio dell’immagine e del ruolo della famiglia».
De Palo ricorda il flash mob del 14 maggio scorso al Colosseo, dove migliaia di passeggini vuoti simboleggiavano cosa potrebbe essere del futuro del Paese. «Diminuendo le nascite – sottolinea -, diminuiranno la coesione sociale, il welfare, le pensioni e la sostenibilità del nostro sistema sanitario. Siamo arrivati al punto di non ritorno. Per questo chiediamo, anche in vista delle prossime elezioni, che tutti i partiti la smettano di litigare e firmino il patto sulla natalità che presenteremo nei prossimi giorni».
Redazione online RomaSette 28 novembre 2017
www.romasette.it/allarme-denatalita-save-the-children-sostegno-strutturale-genitorialita
La svolta culturale è nella volontà politica. Natalità, la soluzione la conosciamo già
Conosciamo il problema, conosciamo le cause che l’hanno determinato, conosciamo il modo per risolverlo, abbiamo capito cosa succederà se gli interventi non risulteranno tempestivi ed efficaci. Il problema, più volte evidenziato e confermato ancora una volta dai dati Istat diffusi martedì, è il sempre più gelido inverno demografico. La strategia per invertire la tendenza è stata più volte delineata. Non più tardi di due mesi fa, alla Conferenza nazionale sulla famiglia, esperti di vario orientamento e diversa sensibilità culturale, si sono trovati d’accordo sulle modalità per affrontare la più impegnativa delle emergenze. Sono analisi che nessuno mette più in discussione.
Ma c’è modo per invertire una tendenza che ha determinato un calo di 12mila bambini nell’ultimo anno? Addirittura centomila in meno negli ultimi otto anni, con un tasso di fecondità precipitato, per quanto riguarda le donne italiane, a una media di 1,27 figli? Sì, la ricetta della ripresa non è più un mistero per nessuno e, anche in questo caso, trova ampio consenso tra gli addetti ai lavori e tra i politici di vari schieramenti. Anche se, paradossalmente, le scelte della maggioranza sembrano andare in direzione diversa. La decisione di dimezzare il bonus bebè proprio nel giorno in cui l’Istat ha confermato il dramma delle culle sempre più vuote, è un dato anche simbolico che lascia sconcertati. Sarebbe stato davvero impossibile imboccare strade diverse, coerenti con le richieste del Paese reale? Quello che servirebbe, come detto, è noto. L’abbiamo scritto decine di volte ma non è inutile ricordarlo ancora. Servono politiche strutturali per razionalizzare gli strumenti di sostegno già esistenti, serve un fisco davvero amico della famiglia (Fattore famiglia), servono investimenti per i servizi della prima infanzia, servono iniziative per l’edilizia popolare, servono nuovi posti di lavoro per i giovani. Ma tutto questo non basterà se le politiche ‘con’ e ‘per’ la famiglia non verranno inquadrate in un perimetro coerente, con una progettazione capace di sorridere – non solo idealmente – a chi nonostante tutto sceglie la strada della responsabilità familiare. Occorre che Stato, enti pubblici, aziende facciano capire a queste persone che la loro decisione è condivisa e sostenuta.
Una svolta culturale, di tendenza e sensibilità, prima ancora che politica. Non si tratta di un auspicio impossibile. Esiste un’Italia che non si rassegna al declino. E questa Italia non smette di riflettere, progettare, proporre. In questi giorni a Trento, quasi ignorato dai media, va in scena la sesta edizione del Festival della famiglia. Iniziativa lodevole non solo per rimettere al centro il caso virtuoso di un territorio che dimostra come politiche familiari durevoli si rilevano determinanti per la natalità e per la stabilità familiare, ma anche perché il ‘laboratorio trentino’ sta offrendo spunti facilmente trasferibili a livello nazionale. Tra le tante buone prassi il cosiddetto ‘Family audit’, sistema di certificazione che traduce in punti concreti la conciliazione tra famiglia e lavoro, da decenni vagheggiata ma raramente tradotta in realtà. Ebbene in Italia sono già oltre un centinaio, comprese realtà importanti come Enel, Tim Nestlé, le aziende che hanno varato provvedimenti diretti al benessere familiare dei lavoratori, proprio nella logica del ‘Family audit’, dimostrando così di comprendere come tra equilibrio familiare e successi aziendali esiste un nesso diretto e non eludibile. Sono messaggi importanti, destinati a diffondere e rafforzare quella cultura familiare come preziosa risorsa pubblica che negli ultimi decenni è risultata appannata da troppi dati contraddittori.
Come è incoraggiante, sempre guardando a quanto sta avvenendo a Trento, la crescita dei ‘Comuni amici della famiglia’, network di amministrazioni locali convinte che le politiche familiari non siano scelta di parte, ma asse centrale di qualsiasi programma di buon governo, come va proponendo il Forum delle associazioni familiari che su queste reti sta investendo con coraggio, anche con progetti innovativi che verranno annunciati nei prossimi giorni. Perché la strada, per iniziative e provvedimenti, non può che essere quella della stabilità e delle prospettive lunghe. Come stabile e rassicurante dev’essere la famiglia che accoglie i figli. Chi in questi giorni, analizzando i dati Istat, ha salutato quasi come un raggiunto traguardo di maturità sociale il fatto che l’aumento maggiore delle nascite si sia registrato tra le coppie non sposate, ignora almeno due aspetti. Il primo è che la nascita di un figlio all’interno di una convivenza si rileva il più efficace fattore di accelerazione verso il matrimonio. Il secondo che sono gli stessi figli a desiderare che il nido sia radicato su basi solide e affidabili. Sostenere e promuovere la solidità dei legami – senza ignorare le varie fragilità – è l’unica strada per uscire dalla stagnazione.
Luciano Moia Avvenire 30 novembre 2017
www.avvenire.it/opinioni/pagine/natalit-la-soluzione-la-conosciamo-gi
Cala la natalità, il bonus bebè si dimezza: che coerenza i nostri ministri
L’attuale Esecutivo presieduto da Gentiloni non mostra certo una generosa attenzione alla famiglia: stabilizza sì il bonus bebè, ma al contempo lo riduce della metà, nel 2019 e nel 2020, passando da 80 a 40 euro mensili. Però mette ampie risorse pubbliche per salvare l’Alitalia, l’Ilva e le banche
Ieri venivano commentate separatamente sui giornali e sui siti web due notizie che sono invece strettamente collegate: da un lato, i dati ISTAT, che confermano l’ennesimo calo delle nascite (sia pure rallentato, nell’ultimo anno, rispetto ai crolli dei due o tre anni precedenti). Dall’altro, la notizia della proposta dolce-amara, da parte del Governo, di stabilizzare il bonus bebè – e questa sarebbe la parte dolce – e insieme di prevedere il suo dimezzamento, nel 2019 e nel 2020, passando da 80 Euro mensili a 40 Euro mensili.
E qui arriva l’amaro della notizia, ulteriormente aggravato da altri due elementi: il fatto che si dice “almeno fino al 2020” (e dopo? Che garanzie di finanziamento?), e il limite ISEE di 25.000 Euro. La platea dei beneficiari sarà quindi limitata, rispetto ai circa 470.000 neonati che potremmo aspettarci per il 2018. Inoltre, il bonus non è più erogato per i primi tre anni di vita, ma è stato circoscritto al solo primo anno di vita.
Così, il bilancio demografico rimane in profondo rosso, e le misure per intervenire su questo fenomeno, anziché essere di lungo periodo, consistenti e permanenti, si presentano ancora marginali e non strutturali. Davvero non si riesce a convincere chi ha responsabilità di Governo che l’emergenza demografica è una priorità strategica per la sostenibilità complessiva del Paese, e il gelo demografico va contrastato con interventi drastici, non con piccole consolazioni.
Abbiamo avuto – fortunatamente – decise strategie di intervento pubblico per proteggere settori economici in crisi, negli ultimi vent’anni: quante risorse pubbliche per l’Alitalia? Quante per le varie ILVA? Quante per il sistema bancario? Quante per tenere in piedi ampie parti della pubblica amministrazione? Interventi con esiti alterni, con diversa efficacia: ma mai, negli ultimi vent’anni, la priorità “bambini” è arrivata tra le priorità dell’agenda della politica. E’ una questione privata, da lasciare alla libera iniziativa dei cittadini.
Peccato che la progettualità di chi mette al mondo un figlio non può non avere un orizzonte temporale di almeno venticinque anni, in cui i genitori sanno che dovranno investire tempo, energie, risorse economiche, affettive, relazionali, per far diventare adulto il proprio figlio.
E invece la politica oggi pesa l’impatto delle proprie scelte sul piccolo cabotaggio, sulla prossima scadenza elettorale, o peggio, sul grado di consenso immediato che una dichiarazione o una promessa di intervento fanno ottenere nei sondaggi di opinione, in una infinita campagna pre-elettorale. Una politica miope, che non vede nemmeno nel medio periodo, è una politica incapace di costruire il futuro del sistema Paese. E in questo agire senza respiro, anche le famiglie che vorrebbero scommettere su un figlio, e che costruirebbero così un pezzetto di questo futuro, si trovano senz’aria, costrette a rimandare, o addirittura a rinunciare ad un figlio in più.
In sintesi, l’apparente stabilizzazione del bonus bebè appare più un intervento simbolico, beffardo nel suo saper indicare la direzione giusta (il sostegno economico diretto alla famiglia, alla nascita del figlio), ma illusorio nel definire l’entità del sostegno (40 Euro al mese; bastano per i pannolini?), e soprattutto nel proporsi come un intervento effimero, che dopo due o tre anni svanirà, nelle prossime campagne elettorali. A cui, però, andranno a votare sempre meno elettori: cioè, sempre meno famiglie, forse anche perché stanche di essere illuse e deluse.
Francesco Belletti famiglia cristiana on line 29 novembre 2017
www.famigliacristiana.it/articolo/cala-la-natalita-calera-il-bonus-bebe-non-ce-che-dire-ce-una-certa-coerenza.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter+fc&utm_content=news&utm_campaign=fc1749
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EUROPA
Conflitti transfrontalieri sulla responsabilità genitoriale in un rapporto del Consiglio d’Europa
La Commissione Affari Sociali, Salute e Sviluppo Sostenibile del Consiglio d’Europa, il 30 ottobre 2017, ha pubblicato un rapporto, curato da Martine Mergen, su “Cross-border parental responsibility conflicts” (Doc. n. 14435, responsabilità genitoriale).
Aumentano le coppie transnazionali e, di pari passo, i conflitti legati alla responsabilità genitoriale in caso di separazione e divorzio. Il Relatore ha evidenziato la necessità di decisioni più rapide e con minori ostacoli nella fase di esecuzione. Il protrarsi di situazioni conflittuali va a danno dei minori con un rischio crescente dei casi di sottrazione internazionale. Esaminate le convenzioni internazionali, da quella dell’Aja del 1980 a quella del 1996, nonché gli atti Ue in materia, è evidenziata la necessità di un maggiore ricorso alla mediazione e all’utilizzo sempre più ampio del criterio della residenza abituale del minore come fattore determinante per le decisioni sulla responsabilità genitoriale.
Marina Castellaneta mercoledì, novembre 29, 2017
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MATRIMONIO E LEGGE
La crescente attualità degli articoli 143, 144 e 147 del codice civile
L’autrice riscopre l’autenticità dell’istituto matrimoniale nella dinamica delle relazioni tra marito e moglie, genitori e figli, concentrata e promossa in tre articoli codicistici.
Capita che ci si sposi con leggerezza, anche dopo anni di fidanzamento o convivenza. Non si presta ascolto o attenzione ai tre articoli del codice civile, artt. 143, 144 e 147 (letti durante il rito) – in cui è condensata la quotidianità matrimoniale -, come se non ne derivassero obblighi di cui si avvertono peso e responsabilità in seguito. E, poi, si parla male del matrimonio come contratto o istituzione desueta inventata da qualcuno solo per vincolare o vessare.
I tre articoli codicistici, mediante un’interpretazione adeguatrice ed evolutiva, hanno tanto da dire in ogni matrimonio e a ogni coppia.
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Il primo articolo inascoltato durante il rito e disapplicato nella realtà è l’art. 143 cod. civ. “Diritti e doveri reciproci dei coniugi” che, rispetto al testo previgente, precisa anche i diritti reciproci, presenta tre commi e non solo uno, e altre differenze normative rilevanti.
Art. 143. Diritti e doveri reciproci dei coniugi.
Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri.
Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione.
Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia.
L’essenza dell’art 143 è la reciprocità che è ben altra cosa dello scendere a compromessi come si suole dire o pensare nell’immaginario collettivo, non è nemmeno equilibrio perfetto né suddivisione perfetta. È ricerca dell’equilibrio, è avvicinarsi all’altro, cercare e cercarsi insieme. Coniugio è portare lo stesso giogo ma senza pesare su chi il giogo grava di più, perché conta percorrere la stessa strada e perseguire lo stesso obiettivo. E la reciprocità è il fulcro, il segreto dell’amore, come si legge pure nelle parole dello scrittore Aldo Nove: “L’amore è come la bilancia, messa alla prova ogni momento, e sempre sta per rompersi se non si riequilibra, e quella cura che richiede è la sua storia, ed è una storia fatta di continui giochi di contrappesi e dunque tra gli uomini di avvicinamenti, di spiegazioni, di sguardi che convergono nel tempo, e si adattano, tra slancio e discriminazione, come il tempo e la saggezza insegnano”. E così l’amore coniugale trova nei doveri reciproci dell’art. 143 cod. civ. non tanto dei limiti quanto delle indicazioni per il “per-corso” quotidiano. Perché, scrive il teologo belga Jean Galot: “Se voglio amare l’altro, devo stimarlo, accettarlo com’è, e non esigere che sia più di quello che è, né che sia diverso, adatto ai miei gusti. Se voglio amare l’altro, devo scoprirlo, e saper svelare, anche sotto i difetti, le qualità profonde, i doni e i talenti, la nobiltà dell’anima”.
Reciprocità che sottintende, perciò, vedere l’altro come soggetto del proprio amore e non come oggetto del proprio amore, reciprocità in cui si è entrambi soggetti degli stessi diritti e degli stessi doveri. Solo così si esercitano e si adempiono quotidianamente i diritti e doveri reciproci dei coniugi senza incorrere negli abusi familiari che si manifestano con grave pregiudizio all’integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell’altro coniuge o convivente (art. 342 bis cod. civ.) o con esiti nefasti.
Lo psichiatra Eugenio Borgna esplica: “Che cosa è questa parola ambivalente, «comunicazione», questa parola-valigia che entra in gioco in ogni forma di discorso e in ogni forma di vita? Significa entrare in relazione con la nostra interiorità e con quella degli altri. Nella convinzione che «comunicazione» sia sinonimo di cura”. [“Parlarsi. La comunicazione perduta”]. Reciprocità che si traduce in comunione spirituale e materiale e in comunicazione che sono il contenuto degli obblighi elencati nel secondo comma dell’art. 143. L’obbligo reciproco alla fedeltà (divenuto il primo dopo la riforma del diritto di famiglia del 1975 nell’art. 143 comma 2 cod. civ.) non riguarda solo la sfera sessuale, ma innanzitutto quella intima (etimologicamente “ciò che sta molto dentro”), quella della vera conoscenza. Obbligo di fedeltà non previsto nelle cosiddette unioni civili (legge 20 maggio 2016 n. 76) e che si è proposto di eliminare anche nel matrimonio (in un disegno di legge del 2016). Fedeltà che è frutto dello scegliersi e fonte delle scelte successive, che si manifesta nell’unirsi in un patto e mantenere fede a quel patto, nel promettersi di esserci l’uno per l’altra e nell’impegnarsi in tal senso. Amarsi è anche ricordarsi tutto quello che si è detto a luce spenta e comunicarsi quello che non si è detto a luce spenta ma scambiandosi uno sguardo vivo d’amore e, quando è necessario, anche un silenzio ricco d’amore. Silenzio: affinità, complicità, essenzialità, serenità, sincerità. Raggiungerlo è il massimo, mantenerlo è l’apice: anche questo è il significato dell’obbligo di assistenza morale e materiale cui si è tenuti nella vita di coppia ai sensi dell’art. 143 cod. civ. e che, non a caso, segue all’obbligo di fedeltà. La reciprocità nell’amare è pure saper chiedere e prendere l’amore e il calore dall’altro e dell’altro.
La studiosa Giuseppina De Simone precisa: “Le parole, i gesti, che nell’assoluta semplicità rendono visibile e percepibile l’amore nella vita delle famiglie, dicono di una relazione che si fa cura. Essi danno sapore ai giorni nel loro scorrere talvolta sempre uguale, intensità di luce ai momenti speciali, respiro e orizzonte al buio delle fatiche o delle sofferenze più laceranti” [“La fedeltà dell’aver cura. Essere famiglia oggi”]. L’aver cura, e non la giuridicità, è il contenuto essenziale dei doveri reciproci coniugali, del contribuire ai bisogni della famiglia (art. 143 cod. civ.), dell’obbligo di assistere moralmente i figli (art. 147 cod. civ.). Quella cura richiamata espressamente nell’art. 337 ter cod. civ. nei provvedimenti riguardo ai figli in caso di separazione e altre vicende.
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Art. 144 del codice civile
Art. 144. Indirizzo della vita familiare e residenza della famiglia
I coniugi concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa.
A ciascuno dei coniugi spetta il potere di attuare l’indirizzo concordato.
In una coppia non deve esistere soltanto l’intesa sessuale, ma soprattutto quella morale e spirituale che si concretizza nel concordare l’indirizzo della vita familiare (art. 144 cod. civ.): non solo dormire nello stesso letto, ma potersi addormentare mentre l’altro veglia, dormire anche negli stessi sogni (naturalmente non tutti, perché è bene conservare i propri sogni). Lo scrittore Simone Perotti argomenta: “I sogni devono essere ambiziosi, ma al tempo stesso devono essere realizzabili per noi, alla nostra portata. I sogni irrealizzabili non vanno sognati. Sono una scusa che ci proietta nell’utopia e ci fa fuggire dalla realtà. I sogni buoni chiedono invece di essere perseguiti e meritano tutti gli sforzi possibili per realizzarli. Quando si avverano, se erano effettivamente sogni adatti a noi, ci rendono molto, ma molto, ma molto felici. Se non ci rendono felici vuol dire che avevamo sbagliato sogni, oppure che abbiamo tralasciato qualcosa nel processo di avvicinamento. Una volta realizzati, i sogni aprono spazio e opportunità per nuovi sogni (realizzabili)”. “Sogno” deriva da “sonno”, perché solitamente si sogna quando si dorme. Dormire insieme, trovare riposo e armonia con l’altro, nell’altro: l’intimità è una componente della coppia che dà unione e comunione. Quell’intimità in cui si concepisce e custodisce un figlio.
Non è importante e costruttivo solo dormire insieme o sotto lo stesso tetto, ma ritrovarsi, ristorarsi anche attorno alla stessa tavola. Lo studioso gesuita Jean-Paul Hernandez descrive: “Non dimentichiamo che il rapporto con il cibo è prima di tutto relazione con chi ha preparato da mangiare. Le generazioni degli ultimi anni sono le prime della storia in cui si è perso il legame tra chi mangia e chi ha preparato il cibo. La mamma che fa da mangiare per i suoi figli mette sul piatto non soltanto una materia organica, ma una mattinata della sua vita: ha pensato che cosa avrebbe fatto loro piacere, ma anche che cosa avrebbe fatto loro del bene; è andata a fare la spesa; ha cucinato. Quella madre ha offerto il suo tempo come cibo per i figli. Quando noi mangiamo, allora, mangiamo innanzitutto il tempo dell’altro”. Occorre recuperare la rilevanza della convivialità e dell’educazione alimentare anche per prevenire i crescenti disturbi del comportamento alimentare dei giovanissimi e per la salute stessa dei figli. Ciò rientra nei doveri dei genitori verso i figli espressi nell’art. 147 cod. civ., in particolare in quello di mantenerli, e nel senso stesso di famiglia di mettersi l’uno al servizio dell’altro.
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Art. 147. Doveri verso i figli.
Art. 147. Doveri verso i figli.
Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, secondo quanto previsto dall’articolo 315-bis.
Mangiare insieme consente anche di parlare e parlarsi, sentire e sentirsi, d’imparare il linguaggio dell’amore e della vita. Le parole sono fonte ed espressione di vita; si tenga conto pure del significato etimologico di “padre”, “colui che nutre, sostiene”, e “madre”, “colei che prepara, ordina” e dell’origine onomatopeica e fanciullesca di “papà” e “mamma”. Lo scrittore Erri De Luca richiama: “Come fa un bambino a credere alle proprie parole? Facile: non sono ancora sue. Vengono da un’altra parte della vita e si affacciano con un anticipo improvviso. I bambini trafficano in profezie con se stessi e non tremano quando sono atroci” [“Lo spazio di nessuno” in “Il più e il meno”]. I bambini sono profeti di se stessi: i genitori devono abbandonare ogni aspettativa o etichettamento e considerare le capacità, le inclinazioni naturali e le aspirazioni dei bambini. Mangiare insieme senza televisione o altra interferenza e almeno un pasto con la figura paterna dovrebbe rientrare nell’indirizzo della vita familiare di cui all’art. 144 cod. civ. in modo tale da rilevare e rispondere meglio alle esigenze della famiglia stessa. Si pensi alle conseguenze delle deprivazioni alimentari e/o affettive sui bambini, come il nanismo psicosociale o altre sindromi.
“Di certo, non possono rispondere alle nuove esigenze educative gli “adultescenti” – scrive il giornalista Paolo Perazzolo –: padri e madri che privilegiano un rapporto fin troppo amichevole e complice con i propri figli, rinunciando al ruolo di guida e alla trasmissione di una narrazione di senso. A complicare ulteriormente il quadro, è la conclamata crisi del padre, una generazione di uomini dall’identità fragile, incerti sul loro ruolo di mariti, prima ancora che di padri, tanto da provocare in alcuni casi un annullamento della differenza fra maschile e femminile, elemento centrale di una sana relazione educativa. […] le ricerche scientifiche, laddove non siano piegate alle ideologie, confermano la necessità di un padre e di una madre come garanzia di uno sviluppo armonioso dei figli”. Tutti i vocaboli al plurale usati nella formulazione dell’art. 147 cod. civ., “Doveri verso i figli” (dove non compare più il nome collettivo “prole”), evidenziano che occorre educare alle differenze nelle differenze, tra i genitori, tra genitori e figli e tra i figli stessi (altresì e soprattutto in vista della dimensione della c.d. famiglia allargata); coerenza e coesione educativa, ma non omologazione (o altro ancora).
Quelle differenze personali e interpersonali che fanno crescere il figlio e che problematizzano l’età adolescenziale. “Crescere”, letteralmente “andare formandosi”, “aumentare di massa o di estensione in qualsivoglia verso e specialmente in altezza”: “Il figlio ha diritto di crescere in famiglia” (art. 315 bis comma 2 cod. civ.).
Art. 315 Stato giuridico della filiazione.
Tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico
Art. 315 bis. Diritti e doveri del figlio.
Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.
Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti.
Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.
Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finche’ convive con essa.
Non deve essere né abbandonato a se stesso né avviluppato. “Proprio questa è la fatica di avere un figlio adolescente – spiega lo psicologo e psicoterapeuta Fabrizio Fantoni –. Stare in costante equilibrio tra accompagnamento educativo e autonomia. Stargli addosso e prendere le distanze. Qualche volta viene il capogiro, perché è un equilibrio faticoso, mai raggiunto una volta per tutte. […] Primo: è un lavoro così difficile che è meglio non farlo da soli, ed essere almeno in due. Con stili e modalità di intervento differenziati, perché si è donna e uomo. Quindi coinvolgendo l’altro genitore e accettando che talvolta faccia in modo diverso da come avremmo fatto noi. E cercando alleanze con gli altri educatori adulti esterni alla famiglia. Secondo: osservare la maturazione del figlio nella sua interezza. Non solo a scuola, quindi, ma anche negli altri ambiti: lo sport, il tempo libero, le altre attività. E la presenza in casa. Dal risveglio al mattino alla sera, come il ragazzo gestisce i suoi impegni, in casa e fuori? Terzo: in certi momenti, soprattutto all’inizio dell’anno o in prossimità delle valutazioni decisive, si può intervenire in modo deciso e forte. Magari anche chiedendo conto di inadempienze e mettendo alle strette”. Durante l’adolescenza dei figli i genitori sperimentano ancor di più le difficoltà dei doveri genitoriali, i cosiddetti compiti evolutivi dei genitori: perciò nell’art. 147 cod. civ. si passa dall’obbligo di mantenerli, “tenerli per mano” a quello di assisterli, “stare presso, accanto”.
Nell’art. 337 ter, relativo ai provvedimenti riguardo ai figli a seguito di separazione e altro, si specifica che il figlio minore ha il diritto di ricevere assistenza morale: attenzioni e gesti verso il figlio devono, in ogni caso, essere diretti e orientati. Che non si dica: “Cosa ho fatto di male!” o “Che cosa gli ho fatto mancare?”.
Art. 337-ter. Provvedimenti riguardo ai figli.
Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, nei procedimenti di cui all’articolo 337-bis, il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, ivi compreso, in caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori, l’affidamento familiare. All’attuazione dei provvedimenti relativi all’affidamento della prole provvede il giudice del merito e, nel caso di affidamento familiare, anche d’ufficio. A tal fine copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del pubblico ministero, al giudice tutelare.
La responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la responsabilità genitoriale separatamente. Qualora il genitore non si attenga alle condizioni dettate, il giudice valuterà detto comportamento anche al fine della modifica delle modalità di affidamento.
Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:
1) le attuali esigenze del figlio;
2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori;
3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore;
4) le risorse economiche di entrambi i genitori;
5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice.
Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi.
Padre Angelo Benolli, antropologo e educatore, sostiene: “Giustamente Freud dice che una persona è matura se sa ben lavorare e ben amare. La libido e l’aggressività crescono non tanto per la buona intelligenza o la buona volontà, quanto per le buone relazioni d’amore. Nessuno sa ben amare e ben lavorare se non ha, nel tempo giusto e nel modo giusto, giuste relazioni d’amore. Solo l’amore matura e solo la mancanza d’amore impedisce alla libido e all’aggressività di svilupparsi”. Il tempo giusto e il modo giusto delle giuste relazioni d’amore genitoriale che si perseguono e si provano nell’esplicazione dei doveri verso i figli (art. 147 cod. civ.), soprattutto nell’assisterli moralmente e nel rispetto dei tratti della loro personalità. Quella pratica dell’amore genitoriale che è disciplinata nell’art. 316 cod. civ., anche in caso di contrasto tra i due genitori (nell’attuale formulazione dell’art. 316 si dice “nell’interesse del figlio e dell’unità familiare” usando la congiunzione “e” e non più la “o”).
Art. 316. Responsabilità genitoriale.
Entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale che è esercitata di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio. I genitori di comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore.
In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei.
Il giudice, sentiti i genitori e disposto l’ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento, suggerisce le determinazioni che ritiene più utili nell’interesse del figlio e dell’unità familiare. Se il contrasto permane il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori che, nel singolo caso, ritiene il più idoneo a curare l’interesse del figlio.
Il genitore che ha riconosciuto il figlio esercita la responsabilità genitoriale su di lui. Se il riconoscimento del figlio, nato fuori del matrimonio, è fatto dai genitori, l’esercizio della responsabilità genitoriale spetta ad entrambi.
Il genitore che non esercita la responsabilità genitoriale vigila sull’istruzione, sull’educazione e sulle condizioni di vita del figlio
Il pedagogista salesiano Bruno Ferrero: “L’accettazione è nel cuore della piena consapevolezza. Accettare non significa dire: «Va tutto bene», ma «C’è tutto, c’è già tutto»”. L’accettazione (come l’accoglienza) è alla base della vita di coppia, dal rapporto sessuale all’arrivo di un figlio. È anche questa l’evoluzione della vita coniugale, insita nei tre articoli codicistici affinché divengano codice personalizzato e introiettato di vita insieme, fondamentale per la vita di tutti e con tutti, convinti che la famiglia sia nucleo fondamentale della società e ambiente naturale per la crescita ed il benessere di tutti i suoi membri (mutuando la terminologia del Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).
Margherita Marzario studio Cataldi 2 ottobre 2017
www.studiocataldi.it/articoli/27679-la-crescente-attualita-degli-articoli-143-144-e-147-del-codice-civile.asp
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NULLITÀ MATRIMONIALE
Matrimonio. Il Papa: il vescovo sia unico giudice per il processo breve di nullità
Il vescovo sarà l’unico a decidere sui processi di nullità in forma breviore. Il Papa lo ha dichiarato nel discorso che ha rivolto ai partecipanti al corso promosso dal Tribunale della Rota Romana
A due anni dalla pubblicazione dei Motu proprio “Mitis Iudex Dominus Iesus” e “Mitis et misericors Iesus”, Papa Francesco ha deciso “di precisare definitivamente alcuni aspetti fondamentali” dei due provvedimenti che hanno introdotto nuove procedure per le cause di nullità matrimoniale. E in particolare di precisare “la figura del Vescovo diocesano come giudice personale ed unico nel Processo breviore”, cioè di quel processo più rapido rispetto a quelli ordinari trattati dai tribunali diocesani e interdiocesani.
Lo ha fatto ricevendo in udienza questa mattina i partecipanti al Corso promosso dal Tribunale della Rota Romana sul tema Il nuovo processo matrimoniale e la procedura Super Rato.
Anche dopo la promulgazione dei motu proprio, rileva Papa Francesco, il principio che il vescovo forma un unico tribunale insieme al suo vicario giudiziale (“iudex unum et idem cum vicario iudiciali”) viene “interpretato in maniera di fatto escludente l’esercizio personale del vescovo diocesano, delegando quasi tutto ai Tribunali”. Ecco quindi la necessita di definire regole più stringenti affinché tale principio venga rispettato.
Il Pontefice ribadisce che il “processo breviore” perché sia valido deve sottostare a “due condizioni inscindibili”, e cioè “l’episcopato e l’essere capo di una comunità diocesana di fedeli”. Quindi se manca una delle due condizioni “il processo breviore non può aver luogo” e così “l’istanza deve essere giudicata con il processo ordinario”.
Il processo breviore poi, rimarca il Papa, “non è un’opzione che il vescovo diocesano può scegliere ma è un obbligo”.
Egli quindi è “competente esclusivo” nelle tre fasi del procedimento. L’istanza cosi “va sempre indirizzata al vescovo diocesano”. Anche l’istruttoria poi deve essere condotta dal vescovo “sempre coadiuvato dal vicario giudiziale o da altro istruttore, anche laico, dall’assessore, e sempre presente il difensore del vincolo”.
E se il vescovo “fosse sprovvisto di chierici o laici canonisti, la carità, che distingue l’ufficio episcopale, di un vescovo viciniore potrà soccorrerlo per il tempo necessario”. Tenendo presente che “il processo breviore deve chiudersi abitualmente in una sola sessione, richiedendosi come condizione imprescindibile l’assoluta evidenza dei fatti comprobanti la presunta nullità del coniugio, oltre al consenso dei due sposi”. Infine la decisione “da pronunciare coram Domino” (Davanti al Signore), è “sempre e solo del vescovo diocesano”.
Papa Francesco quindi avverte che “affidare l’intero processo breviore al tribunale interdiocesano (sia del viciniore che di più diocesi) porterebbe a snaturare e ridurre la figura del vescovo padre, capo e giudice dei suoi fedeli a mero firmatario della sentenza”. Ed esortando i vescovi diocesani ad attuare “quanto prima il processo breviore”, spiega che nel caso non si ritenessero pronti “nel presente ad attuarlo”, devono “rinviare la causa al processo ordinario, il quale comunque deve essere condotto con la debita sollecitudine”.
Papa Francesco infine ribadisce che le cause matrimoniali vengano trattate con il principio della “prossimità” e della “gratuità”. E precisa che per quanto riguarda la competenza “nel ricevere l’appello contro la sentenza affermativa nel processo breviore” la normativa attuale conferisce al Decano della Rota “una potestas decidendi nuova e dunque costitutiva sul rigetto o l’ammissione dell’appello”.
E che “ciò avviene senza chiedere il permesso o l’autorizzazione ad altra Istituzione oppure alla Segnatura Apostolica”.
Gianni Cardinale Avvenire sabato 25 novembre 2017
www.avvenire.it/chiesa/pagine/il-vescovo-sia-unico-giudice-per-il-processo-di-nullita-breviore
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POLITICHE PER LA FAMIGLIA
Al via a Trento la sesta edizione del Festival della Famiglia
L’importanza di un territorio interconnesso che generando contatti e scambi sociali ed economici tra famiglie diventa una risorsa che incrementa la capacità di produrre ulteriore capitale da parte di individui, aziende e istituzioni: parte da questa riflessione la sesta edizione del Festival della Famiglia, organizzato dall’Agenzia per la Famiglia della Provincia autonoma di Trento con il patrocinio del Dipartimento per le Politiche della Famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri, che si è aperto ieri pomeriggio a Trento.
Filo conduttore della kermesse che si concluderà sabato prossimo e si svilupperà attraverso un ventaglio di oltre 20 eventi diffusi nel capoluogo trentino e sul territorio provinciale, sarà il tema “Interconnessioni territoriali e sviluppo locale. Il capitale generato dalle reti”.
Il presidente della Provincia autonoma di Trento Ugo Rossi, nel saluto iniziale a questa nuova edizione del Festival inaugurato al Castello del Buonconsiglio, ha ripercorso le politiche messe in campo in Trentino per “non far sentire le famiglie sole”. Sul tema della non autosufficienza e della cura degli anziani ha ricordato l’assegno di cura, sul tema dell’educazione dei figli spiegando come non ci si limiti all’erogazione dei servizi ai nidi e alle scuole materne, ma anche alla volontà di “stare accanto alle famiglie rispetto al compito più difficile che è quello della sfida educativa quotidiana”, e toccando poi altri temi cruciali come la conciliazione tra tempi di vita con tempi del lavoro anche e soprattutto nelle imprese, e poi la sfida dell’integrazione che parte prima di tutto dalle famiglie.
Gianluigi De Palo, presidente del Forum nazionale associazioni familiari, ha commentato come a Trento ci sia davvero “un’attenzione diversa alla famiglia”, mentre l’arcivescovo della diocesi, mons. Lauro Tisi, ha aggiunto che “la famiglia è l’elemento più sano della società, ed è solo la rete familiare a permetterci di imparare a sbagliare e a ridimensionare il nostro ego”.
Durante la kermesse sarà presentato il primo Network nazionale dei Comuni amici della famiglia, promosso dall’Agenzia per la famiglia della Provincia autonoma di Trento, il comune di Alghero e l’Associazione Nazionale Famiglie Numerose, che si occuperà della promozione del progetto sul territorio nazionale. Obiettivo dell’accordo sarà, in una prima fase, riorientare e sensibilizzare le amministrazioni comunali nazionali ed europee alle politiche di benessere familiare e, parallelamente, avvicinare le stesse all’acquisizione della certificazione “Comune amico della famiglia”, tramite l’adesione al Network.
“Questa iniziativa – spiega Luciano Malfer responsabile per l’Agenzia provinciale per la Famiglia – vuole dare una mano a quelle amministrazioni che hanno cercato di fare del “family friendly”, un obiettivo strategico del loro piano comunale. Nasce dall’esperienza del nostro territorio dove l’80% della popolazione vive in comuni che lavorano con le famiglie, facendo con loro progetti e strategie. Una delle prime città a rispondere è stata quella di Alghero, con cui è nata una bella partnership, che si sta allargando anche con altre città italiane”.
Tra gli altri appuntamenti previsti durante il festival, un confronto tra quelle aziende che hanno scelto una conciliazione tra vita e lavoro, mentre il 1 dicembre alle 14.30, nel palazzo Geremia del Comune di Trento, ci sarà un incontro del Forum nazionale delle associazioni familiari, per capire quali progetti possono aiutare le famiglie a rendere più agevole ed effettivo lo svolgimento delle proprie funzioni, compresa quella economica.
http://it.radiovaticana.va/news/2017/11/28/al_via_a_trento_la_6a_edizione_del_festival_della_famiglia/1351580
Centro Nazionale di Documentazione e Analisi per l’Infanzia e l’Adolescenza
Il Dipartimento per le politiche della famiglia ha sempre lavorato nella direzione di promuovere e attuare, in sinergia con le Regioni, politiche a favore delle famiglie e dell’infanzia che, nel corso del tempo, sono state oggetto di attento monitoraggio. A tale scopo ha definito un rapporto di collaborazione con l’Istituto degli Innocenti di Firenze, attribuendo all’ente l’incarico di realizzare dei rapporti di monitoraggio sulle azioni promosse dalle Regioni e dai Comuni a favore delle famiglie e dell’infanzia e la banca dati sulle buone pratiche territoriali a favore delle politiche della famiglia.
Rapporto di monitoraggio sulle politiche della famiglia delle Regioni e Province Autonome
Il Rapporto di ricerca presenta i risultati del monitoraggio ex-post dell’utilizzo da parte delle Regioni e Province autonome delle risorse finanziarie del Fondo Nazionale per le Politiche della Famiglia destinate a favorire azioni per la prima infanzia e le responsabilità genitoriali (Intesa 103/CU del 2014), la nascita e lo sviluppo dei Centri per le famiglie (Intesa 81/CU del 2015), il sostegno alla natalità (Intesa 80/CU del 2016), nonché un approfondimento delle tipologie di servizi/interventi realizzati.
Rapporto di monitoraggio sulle politiche della famiglia dei Comuni
Il Rapporto presenta i risultati di un’attività ricognitiva – promossa dal Dipartimento per le Politiche della Famiglia, con la collaborazione dell’Istituto degli Innocenti di Firenze e il coinvolgimento di ANCI – che approfondisce i progetti messi in atto dai Comuni per rispondere ai bisogni di famiglie e bambini, al fine di comprendere le tipologie di azioni adottate.
Banca dati sulle buone pratiche territoriali a favore delle politiche della famiglia
La banca dati sulle buone pratiche territoriali a favore delle politiche della famiglia offre indicazioni statistiche di base (numero nati, popolazione complessiva, popolazione 0-17, numero di famiglie e numero medio di componenti per famiglia), una descrizione delle linee di progetto finanziate dalle Regioni e una descrizione dei progetti promossi dai Comuni. Si tratta di una mappa navigabile che dà la possibilità di consultare i progetti promossi dai diversi territori.
Linka:
PDF Rapporto di monitoraggio sulle politiche per la famiglia delle Regioni e Province Autonome
PDF Rapporto di monitoraggio sulle politiche per la famiglia dei Comuni
Newsletter Minori – Numero 9 – 29 novembre 2017
www.minori.it/it/minori/buone-pratiche-territoriali-sulle-politiche-della-famiglia
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SALUTE
Ricerca: matrimonio salva cervello, fede al dito taglia rischi demenza
Due cuori e un cervello sano. E’ la formula del matrimonio vista con gli occhi della scienza. La fede al dito, secondo uno studio pubblicato sul ‘Journal of Neurology, Neurosurgery & Psychiatry’, potrebbe avere un effetto protettivo per la mente, abbattendo il rischio di sviluppare demenza.
Qualcosa di più, quindi, rispetto al ‘vissero per sempre felici e contenti’ che chiude ogni favola d’amore che si rispetti. A spezzare una lancia in favore delle nozze è un team di ricercatori dell’University College London che ha esaminato l’esito di 15 studi diversi, tutti finalizzati a esplorare la correlazione fra rischio di demenza e stato civile.
Comunicandone i risultati, gli autori del lavoro sono stati in grado di analizzare una significativa mole di dati provenienti da 800 mila persone di varie parti del mondo. Da quanto emerge, restare single per il resto della propria vita potrebbe impennare il rischio di demenza del 42% rispetto alle coppie sposate. Anche chi rimane vedovo vede aumentare le proprie probabilità del 20%.
Le ragioni di questo effetto scudo correlato al matrimonio potrebbero essere diverse. Le coppie che convolano a nozze, è la riflessione di Laura Phipps di Alzheimer’s Research Uk, “tendono a essere in condizioni finanziarie migliori, un fattore che è strettamente interconnesso con molti aspetti della nostra salute”.
Non solo: “I coniugi possono incoraggiarsi l’un l’altro ad adottare abitudini salutari”, facendo da ‘custodi’ della salute del partner, “oltre fornire un importante sostegno sociale”. Lo psichiatra dell’Ucl Andrew Sommerlad, fra gli autori del lavoro, evidenzia che condurre uno stile di vita più sano può avere un impatto diretto anche sulla salute mentale. “Una cosa che succede quando si sviluppa demenza è l’accumulo di danni nel cervello”, spiega l’esperto all”Independent’. “Pensiamo che questo possa essere ridotto mantenendo una condizione di salute generale, seguendo una dieta sana, facendo esercizio fisico e trattando problemi medici come il diabete. Pensiamo anche che sia possibile sviluppare quella capacità cerebrale chiamata riserva cognitiva, che permette di resistere più a lungo ai danni cerebrali. Cosa che si può riuscire a fare avendo un maggior grado di istruzione e mantenendo attiva la mente e la propria vita sociale”.
La compagnia del partner e la cura che in una coppia ci si fornisce reciprocamente potrebbero quindi essere fattori che contribuiscono a ridurre il rischio di malattie mentali più avanti nella vita. La pubblicazione dello studio arriva in coincidenza con il lancio della tradizionale campagna natalizia di Alzheimer’s Research Uk, ‘Santa Forgot’, sostenuta dall’attore Stephen Fry, e finalizzata a raccogliere fondi e sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della ricerca sulla demenza.
AdnKronos Salute Newsletter di salute e benessere 3 dicembre 2017
www.lasaluteinpillole.it/salute.asp?id=38098
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VIOLENZA
Anche l’uomo è vittima della violenza della donna
Come il femminicidio esiste anche il maschicidio: un fenomeno orrendo su cui spesso si chiudono gli occhi. Per vergogna o per stereotipi. Quando si parla di «violenza di genere» si pensa sempre a quella dell’uomo nei confronti della donna: un reato sicuramente ignobile, spesso coperto dal pregiudizio, dall’ignoranza e dalla discriminazione, che merita la giusta punizione. Senza nulla togliere alla gravità di tali comportamenti, troppo poco però si dice del fenomeno opposto, quello cioè della violenza delle donne nei confronti dell’uomo.
Violenza che, stando agli atti giudiziari delle Procure e dei tribunali civili di mezza Italia, è tutt’altro che rara. Anzi, è subdola e lesiva, al pari di una violenza fisica. Tant’è che, in alcuni casi (circa 200 all’anno), porta al suicidio. Insomma, come esiste il femminicidio, c’è anche il maschicidio. Eppure di questo non si parla quasi mai a causa della vergogna e degli stereotipi che attribuiscono all’uomo l’immagine della parte forte e aggressiva. Un uomo che subisce una violenza è un debole o ha commesso un grave torto. Così, per evitare etichettature, si preferisce subire in silenzio piuttosto che alzare la testa.
5.000 uomini ogni anno subiscono violenze silenziosamente dalle donne. In questo calderone di violenze ai danni del genere maschile rientrano le false accuse di stalking e di violenza sessuale, la pressione esercitata sui figli per allontanarli dal padre separato, la richiesta di mantenimento come arma di vendetta verso l’ex coniuge. E poi una serie di minacce e reazioni fisiche come il lancio di oggetti, percosse con calci e pugni, morsi, graffi.
Secondo una indagine del 2012 condotta dall’Università di Siena (citata da Il Giornale), sono circa 5milioni gli uomini che, ogni anno, subiscono violenze dalle donne: violenze sia psicologiche che fisiche. In queste situazioni l’uomo ha spesso paura di reagire perché sa che, se dovesse rispondere allo schiaffo di una donna, sarebbe condannato per violenze e nessun giudice crederebbe alla sua versione.
In Italia ogni anno 200 padri ci sono 200 padri che si suicidano perché le ex mogli non vogliono che vedano più i figli. Non sono poche le ex mogli che, dopo il divorzio, usano i bambini come strumento della propria vendetta, iniziando su di loro un’opera di denigrazione della figura paterna. I minori arrivano così a negare di avere un padre e a non volerlo più vedere pur in assenza di alcuna colpa nei loro confronti. Si arriva così spesso al «suicidio silenzioso dei papà» che non riescono più a vedere i propri amati figli.
Facciamo un esempio preso in prestito da alcuni (ricorrenti) casi giudiziari. Prendiamo una coppia con un figlio dove la moglie è disoccupata e il marito guadagna 1.500 euro al mese. L’uomo è proprietario di una casa. Un giorno lei gli dice che non lo ama più e lo obbliga ad andare via di casa. Se i due andassero dal giudice, il tribunale non solo costringerà l’uomo a fare le valige, ma lo obbligherà a pagare circa 300 euro di mantenimento all’ex moglie e altri 300-400 euro per il figlio. A lui resteranno circa 800 euro con cui dovrà pagare anche l’affitto per una nuova casa. Ma questo è il minimo. Non appena lui salterà un mese, lei lo denuncerà ai carabinieri; probabilmente dirà al figlio che il padre non vuole mantenerlo e ha piacere a vederlo morire di fame. Il figlio odierà il padre e non vorrà mai più avere contatti con lui.
Una situazione del genere porta, ogni anno, in tutta Europa, ben duemila papà a suicidarsi. Il 10% di loro sono italiani. La cosiddetta «alienazione parentale» – è così che è stato battezzato il fenomeno – è in forte crescita e sono numerose le sentenze che lo attestano. I più “fortunati” vengono portati sul lastrico da assegni di mantenimento che non consentono di sopravvivere; in alcuni casi, gli ex mariti sono costretti a vivere nelle auto o a chiedere l’elemosina ai centri di accoglienza.
Ad oggi l’unico modo per i giudici di tutelare i padri è quello di escludere la madre dall’affidamento del figlio, ma questo succede solo nei casi più gravi perché ancora esiste il pregiudizio secondo cui la donna è sempre migliore dell’uomo nella crescita del figlio. Eppure i giudici europei hanno più volte bacchettato l’Italia perché non garantisce il rispetto dei diritti di visita dei minori ai padri separati. Il problema principale in Italia è la mancanza di norme che tutelino i diritti di visita, di educazione e di un normale rapporto dei genitori separati con i figli minori. L’unico rimedio concreto è quello di una denuncia per inottemperanza di ordine del giudice, ma nella realtà queste denunce quasi mai portano ad una soluzione concreta.
Il presidente dell’associazione «Nessuno tocchi papà», l’avvocato Walter Buscema, da anni si batte per i diritti dei padri. È sempre lui che così commenta il fenomeno: «In Italia ci sono circa un milione di uomini che subiscono violenza psicologica da parte delle proprie ex-compagne o mogli, le quali strumentalizzano i loro figli per motivi economici. Ci troviamo difronte ad una vera e propria emergenza sociale a cui la politica dovrà trovare presto una soluzione concreta. Nel nostro Paese la violenza ha un solo colore, il “rosa”. L’uomo che subisce violenza ha vergogna a denunciare e anche quando lo fa, rimane inascoltato. Anche i media purtroppo “preferiscono” raccontare dello stereotipo della “Vittima-Donna”. Auspico che il Governo e il Ministero delle Pari Opportunità dedichino la giusta attenzione anche agli uomini vittime di violenza di genere ricordando che la violenza non ha sesso».
Redazione La legge per tutti 27 novembre 2017
www.laleggepertutti.it/184812_anche-luomo-e-vittima-della-violenza-della-donna
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