NewsUCIPEM n. 670 – 8 ottobre 2017

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02 ACCADEMIA PER LA VITA Assemblea Accademia, riformata dal Papa: vita e tecnologie.

03 Mons. Paglia: la tecnica mette a rischio la qualità della vita.

03 ADDEBITO Separazione: addebito anche per un singolo episodio di percosse.

04 ADOZIONE Identità dei genitori naturali.

06 Adottabilità e idoneità genitoriale. Valutazione estesa al minore.

07 AMORIS LÆTITIA La correctio? Metodo scorretto: non discutono, condannano.

10 Ubi Petrus, ibi Ecclesia. 61 firme contro papa Francesco (?!?).

10 Don Gentili: «La Amoris lætitia nasce da un popolo in cammino».

11 ASSEGNO MANTENIMENTO A ex coniuge: quando e come lo paga lo Stato.

12 ASSEGNO MANTENIMENTO FIGLI Nonni di genitori divorziati pagano gli alimenti.

13 ASSEGNO DIVORZILE I nuovi criteri per la determinazione dell’assegno di divorzi

14 Si cambia ancora. Pdl: salta il riferimento al tenore di vita.

15 CENTRO INTERN. STUDI FAMIGLIA Newsletter CISF – n. 36, 4 ottobre 2017.

17 CHIESA CATTOLICA Senza che la Chiesa se ne accorga.

18 CINQUE PER MILLE Con l’entrata in vigore della Riforma chi potrà usufruirne.

18 Cinque per mille: elenchi soggetti beneficiari.

18 CONFERENZA SULLA FAMIGLIACinque buone idee per rilanciare la famiglia.

21 Le attese. Le associazioni al governo

22 Lo sciopero dei figli contro la natalità zero

22 CONSULTORI FAMILIARI Rete Toscana. Il consultorio al servizio della famiglia

23 Cerea. Consultorio Familiare “la Bussola” Laboratori 2017\8.

24 CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM Faenza. Corso di autoconsapevolezza e corsi di metodi naturali.

24 Taranto. Giornata di studio “Per-Dono”

24 DALLA NAVATA XXVII domenica del tempo ordinario – Anno A – 8 ottobre 2017.

24Il Figlio inviato nella vigna.(Enzo Bianchi).

26 DIRITTO DI FAMIGLIA Orientamenti di Diritto di Famiglia del Tribunale di Mantova.

26 FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI La famiglie rinunciano al risparmio per mettere insieme i pasti

26 Forum famiglie Lazio al Campidoglio: «Rimodulare l’Irpef».

27 Famiglia, risorsa del territorio: come vincere la denatalità.

28 Val d’Aosta. Forum presenta un piano delle politiche x la famiglia.

28 Famiglie numerose a Trento.

28Convegno dei Centri aiuto alla vita.

28 FRANCESCO VESCOVO DI ROMAAlleanza uomo-donna è chiamata alla responsabilità per il mondo.

29«No all’utopia del neutro», sì «all’alleanza uomo-donna».

30 HUMANÆ VITÆ Gregoriana: corso per i 50 anni dell’Humanæ Vitæ.

30 OMOADOZIONE Il sociologo Sullins. Per i figli di coppie gay i problemi raddoppiano

31Cattolica la ricerca «Omogenitorialità e filiazione»

32 UCIPEM Assemblea dei Consultori familiari Soci e Giornata di studio.

32 VIOLENZA Donne di nuovo sotto tutela? Fa discutere l’articolo di L. Scaraffia.

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ACCADEMIA PER LA VITA

Assemblea Pontificia Accademia per la Vita, riformata dal Papa: vita e tecnologie

Accompagnare la vita. Nuove responsabilità nell’era tecnologica”: il tema dell’Assemblea generale della Pontificia Accademia per la Vita (Pav), organizzata in Vaticano, nell’Aula nuova del Sinodo, dal 5 al 7 ottobre. A presentare i lavori, stamane nella Sala stampa vaticana, è stato mons. Vincenzo Paglia, presidente del dicastero, che è stato rinnovato nell’ambito della riforma della Curia romana, avviata da Papa Francesco, per rispondere – ha spiegato il presule – alle “gravi domande” del mondo contemporaneo, che interpellano la fede cattolica. Da qui l’accezione allargata della parola vita:

R. “Essere Accademia per la Vita vuol dire avere una preoccupazione per tutto l’arco dell’esistenza umana, come essa si concretizza; avere la preoccupazione per tutte le situazioni, in qualche modo legate alla qualità stessa della vita; avere preoccupazione per i legami che ci sono tra una ecologia integrale e una ecologia umana.”

Tra le novità dell’Accademia il rinnovo generazionale dei membri, di 37 Paesi del mondo (4 onorari, 45 ordinari designati dal Papa e 87 corrispondenti) e l’inserimento di 13 giovani ricercatori.

Ancora mons. Paglia: “Quindi la dimensioni scientifica qualifica i convegni, i dibattiti, le riflessioni che noi faremo. Questo viene arricchito anche dalla presenza tra i membri dell’Accademia, di scienziati di diversa appartenenza, all’interno di un quadro di primaria responsabilità e attenzione sul primato della persona umana, inteso nella sua globalità”.

Dunque, attesa particolare per questa prima Assemblea, che sarà aperta dalla relazione introduttiva di Papa Francesco. Da qui l’auspicio dello stesso presidente del dicastero:

R. “Che questo avvio risponda, in maniera attenta, alle nuove prospettive di Papa Francesco, che chiede a tutti noi di entrare, in medias res, nelle nuove frontiere di dibattito su tutti i temi che riguardano – appunto – la dignità della vita, la sua difesa, dovunque, per chiunque e in qualsiasi momento.

Per questo, occorre rimettere a fuoco il significato della vita umana non solo ridotto a quello che ci dicono le scienze naturali, ha sottolineato mons. Paglia: Ancora:

R. “Le frontiere che ci sono davanti sono delicatissime. Se posso dire, dopo la prima, grande crisi planetaria provocata dal tragico tema del nucleare – per la prima volta nella storia gli uomini possono distruggere il pianeta – e dopo la gravissima crisi ecologica – per la prima volta nella storia gli uomini possono distruggere la vita del pianeta – la terza grande sfida è quella antropologica. Per la prima volta nella storia, gli uomini possono deturpare, con un delirio di onnipotenza persino creare, una nuova vita umana”.

Ad illustrare il programma dell’Assemblea è stato mons. Renzo Pegoraro, cancelliere della Pontifica Accademia per la Vita, rimarcando che l’approccio al tema delle tecnologie, non sarà negativo ma riconoscendo gli aspetti positivi e benefici, vorrà richiamare l’attenzione sui rischi e le conseguenze talvolta pericolose e gravemente dannose:

R. “La grande sfida è quale responsabilità, quali valori etici, sono in gioco, quali modalità, per gestire questo potere che è affidato alla responsabilità dell’uomo”.

 

Oltre 20 i relatori e partecipanti alle discussioni, incentrate sui temi:

  • L’uomo sperimentale. Riproduzione, fabbricazione, generazione”, relatore Adriano Pessina, direttore del Centro di bioetica dell’Università cattolica di Milano;

  • Genitorialità, filiazione, corporeità”, relatore Helen Watt, ricercatrice del Centro di bioetica Anscombe di Oxford;

  • Tra mito della prestazione e cultura dello scarto”, relatore Henk ten Have, direttore del Centro per l’assistenza sanitaria etica dell’Università di Duquesne di Pittsburg;

  • La tecnologia a servizio della giustizia”, relatore Marco Fabri, docente di Etica cristiana all’Istituto San Paolo di Studi Superiori di San Paolo;

  • Accompagnare la vita nel passaggio della morte”, relatore Kathleen M. Foley, neurologa del Centro oncologico Sloan Kettering di New York.

Riguardo le attività dell’Accademia per la vita, mons. Paglia ha anticipato alcune importanti iniziative: un convegno a novembre, in collaborazione con l’Associazione mondiale dei medici, sul fine vita e il suicidio assistito; un altro evento a fine febbraio sulle cure palliative; un Congresso in primavera, in Russia, in cooperazione con il Patriarcato di Mosca; una serie di Seminari sul genoma, il rapporto tra mente e coscienza, la robotica, la generatività, in preparazione ad altrettanti Congressi internazionali, che l’Accademia organizzerà in futuro.

Tutte informazioni disponibili – come annunciato dallo stesso presidente del dicastero vaticano – sul nuovo Sito internet, inaugurato oggi, all’indirizzo www.academyforlife.va

oltre ai contenuti fruibili sui diversi social Twitter: @PontAcadLife; Youtube: Pontifical Academy for Life; Flickr: Pontifical Academy for Life.

Roberta Gisotti Radio Vaticana 2 ottobre 2017

http://it.radiovaticana.va/news/2017/10/02/prima_assemblea_per_accademia_vita,_riformata_dal_papa/1340307

Mons. Paglia: la tecnica mette a rischio la qualità della vita

Con il discorso di Papa Francesco si è aperta oggi l’Assemblea Generale dei membri della Pontificia Accademia per la vita sul tema: “Accompagnare la vita. Nuove responsabilità nell’era tecnologica”. Mons. Vincenzo Paglia, presidente del dicastero, spiega il perché del tema scelto quest’anno.

R. – Il titolo si è scelto per due motivi.

  1. Uno, perché è il primo Congresso dopo il rinnovamento della Pontificia Accademia per la Vita voluto da Papa Francesco: perché è indispensabile di fronte alle nuove grandi sfide che si presentano all’orizzonte dell’intera umanità, un impegno ancora più attento da parte della Pontificia Accademia.

  2. Due, perché tra i problemi più gravi che dobbiamo oggi affrontare per un verso c’è l’avanzamento enorme della tecnica e della scienza che ormai invade in qualche modo il cuore stesso della vita umana. La tecnica ha tale potenza di intervento nel Dna, nel genoma e così oltre, da porre a rischio, la stessa qualità della vita e della persona umana. Ecco perché il titolo accompagnare alla vita, in questo momento di grande impulso della tecnica, vuol dire che la tecnica deve essere accompagnata da una prospettiva umanistica. Ed ecco perché allora non si parla solamente della vita in astratto ma della vita nelle sue diverse fasi che tuttavia deve essere accompagnata dall’amore, dall’affettività, dal rispetto, dalla dignità di ogni singola persona umana.

D. – Accompagnare in che modo concretamente? E la Chiesa cosa in questo cosa può dire?

R. – L’accompagnamento consiste in questo. Cioè, primo: evitare che l’uomo sia ridotto ad una macchina o ad un gioco di molecole. La persona umana è un soggetto che è nel cuore stesso della creazione e questo richiede tutta quella attesa di affettività, di tenerezza, di compagnia, di vicinanza umana che deve riguardare la persona da quando sta nel grembo della mamma sino all’ultima fase della sua vita sulla terra. Ecco perché la vita è come un prisma. Quindi vuol dire che tutte le scienze, debbono essere coinvolte nella compagnia della persona umana e la Chiesa ha nel suo profondo un tesoro di sapienza umana incredibile. Non dimentichiamo quello che Paolo VI diceva: la Chiesa esperta in umanità. Io credo che oggi di fronte ai grandi sviluppi della scienza e della tecnica la Chiesa ha la grande chance di poter essere a servizio della persona umana, della società umana. La nuova Accademia, che ha anche membri non appartenenti alla Chiesa, sceglie di trovare amici, di trovare compagni di strada per aiutare l’umanità intera a vivere una migliore qualità della vita.

Federico Piana Radio vaticana 5 ottobre 2017

http://it.radiovaticana.va/news/2017/10/05/mons_paglia_la_tecnica_mette_a_rischio_qualità_della_vita/1340984

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ADDEBITO

Separazione: addebito anche per un singolo episodio di percosse

Corte di Cassazione, prima sezione civile, sentenza n. 22689, 28 settembre 2017.

Per la Cassazione comportamenti violenti e vessatori fondano la separazione, ma anche l’addebitabilità all’autore. Corretto addebitare la separazione al marito che per anni ha assunto un comportamento vessatorio e violento nei confronti della moglie e dei figli.

D’altronde, anche un solo episodio di percosse è idoneo a fondare la pronuncia di separazione personale, nonché di addebitarla all’autore. Si tratta di una violazione talmente grave che il giudice non è tenuto neppure a comparare ad essa il comportamento, contrario ai doveri coniugali, del partner vittima delle violenze.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, pronunciandosi a seguito della dichiarazione di separazione di una coppia, con addebito al marito. In Corte d’Appello veniva, inoltre, stabilito che il figlio minore dovesse essere affidato in via esclusiva alla madre con possibilità per il padre di vederlo due o tre volte a settimana, secondo la volontà del minore, e prevedendo che l’aumento della frequentazione con il padre avvenisse progressivamente con l’ausilio e sotto la vigilanza dei servizi sociali.

In Cassazione, l’uomo contesta sia l’addebito della separazione, sia l’affidamento del figlio minore: quanto al primo motivo, egli sostiene che la Corte d’Appello sia incorsa in un errore di diritto fondando l’addebito sulla sola sussistenza di presunti comportamenti tenuti dal medesimo durante la convivenza matrimoniale, senza in alcun modo indagare il profilo del nesso di causalità rispetto alla crisi coniugale.

Violenze e vessazioni idonee a fondare l’addebito della separazione. In realtà, sottolineano gli Ermellini dichiarando infondata la doglianza, il giudice di seconde cure è arrivato alla decisione basandosi sulle deposizioni testimoniali dei figli e su una sentenza penale di condanna del padre.

Da tale pronuncia si è desunto un comportamento di reiterate violenze e umiliazioni inflitte alla moglie e ai figli, protrattosi per quasi vent’anni, costando all’uomo una condanna a tre anni di reclusione per il reato continuato di maltrattamenti contro familiari ex art. 572 del codice penale.

Per i giudici, dunque, non si vede come il ricorrente possa dedurre un difetto di prova circa un comportamento talmente grave da essere stato sanzionato severamente anche in sede penale e che i figli hanno attestato nuovamente nel giudizio civile. Inoltre, appare manifestamente evidente il nesso di causalità tra tale condotta e la crisi del matrimonio.

Secondo gli Ermellini deve ribadirsi che le violenze fisiche e morali costituiscono violazioni talmente gravi e inaccettabili dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, anche se concretatesi in un unico episodio di percosse, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti l’intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all’autore.

La loro gravità è tale che il giudice è esonerato dal dovere di comparare con esse, ai fini dell’adozione delle relative pronunce, il comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze trattandosi di atti che, in ragione della loro estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei.

Anche per l’affidamento del figlio minore va confermato l’affidamento alla madre, senza precludere la possibilità di recuperare la genitorialità condivisa: i Servizi Sociali, pur avendo evidenziato una valutazione astratta della sua capacità genitoriale, hanno sottolineato i gravissimi comportamenti posti in essere nel corso del matrimonio e a cui deve ascriversi la situazione traumatica sofferta dai figli che appare ancora in atto soprattutto per quanto riguarda il figlio minore.

Lucia Izzo Newsletter Giuridica Studio Cataldi 2 ottobre 2017 Sentenza

www.studiocataldi.it/articoli/27649-separazione-addebito-anche-per-un-singolo-episodio-di-percosse.asp

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ADOZIONE

Identità dei genitori naturali

Lettera aperta a Flavia Amabile e al direttore de La Stampa Maurizio Molinari.

Intendiamo fare alcune precisazioni in merito all’articolo “Il sogno dei figli adottivi: scoprire l’identità dei genitori naturali” pubblicato su La Stampa del 5 ottobre scorso.

  1. I dati. Se sono circa 90.000 mila dal 1950 ad oggi le persone non riconosciute alla nascita (non tutte sono state adottate) e il numero delle istanze di accesso, come da riportato nell’articolo, sono state 171 nel 2013, 101 nel 2014 e 249 nel 2015, siamo di fronte ad un numero decisamente ridotto di richieste che non giustifica il titolo assertivo dato all’articolo.

  2. Le sentenze. Nell’articolo, inoltre si afferma che “negli ultimi quattro anni quattro sentenze della Corte Costituzionale e una della Corte di Cassazione hanno bocciato il diritto delle madri a rimanere segrete per cento anni previsto da quasi un secolo dalla legge in vigore”. In effetti, la Corte di Cassazione (attraverso una interpretazione estensiva della già negativa sentenza della Corte Costituzionale n. 328/2013) con sentenza n. 1946 del 20 dicembre 2016, ha stabilito che ”ancorché il legislatore non abbia ancora introdotto la disciplina procedimentale attuativa, sussiste la possibilità per il giudice, su richiesta del figlio desideroso di conoscere le proprie origini e di accedere alla propria storia parentale, di interpellare la madre che abbia dichiarato alla nascita di non voler essere nominata, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione, e ciò con modalità procedimentali, tratte dal quadro normativo e dal principio somministrato dalla Corte costituzionale, idonee ad assicurare la massima riservatezza e il massimo rispetto della dignità della donna”, ma precisa anche: ” fermo restando che il diritto del figlio trova un limite insuperabile allorché la dichiarazione iniziale per l’anonimato non sia rimossa in seguito all’interpello e persista il diniego della madre di svelare la propria identità”. Pertanto sia le sentenze della Corte Costituzionale come pure l’ultima della Corte di Cassazione non hanno cancellato questo diritto, anche se riteniamo comunque questa sentenza gravissima in quanto nei fatti rappresenta una violazione del patto stabilito tra le partorienti e lo Stato che ha finora assicurato loro il diritto ad avvalersi della segretezza del parto , garantendo loro che tale diritto sarebbe durato per cento anni: in base a questa sentenza queste donne invece potranno essere rintracciate dai Tribunali per i minorenni – su richiesta dei loro nati diventati adulti – attraverso una procedura che di fatto viola questo loro diritto alla segretezza. Ciò oltretutto in assenza dell’approvazione di una legge da parte del Parlamento che in base alla suddetta sentenza della Corte Costituzionale, avrebbe dovuto tutelare la assoluta riservatezza sulla loro identità.

Lo Stato è venuto meno a un patto di ordine morale e giuridico: il loro interpello avrà ripercussioni gravissime sulla vita personale e familiare di queste donne che, fidandosi dell’impegno assunto dallo Stato hanno tenuto celata questa loro dolorosa decisione anche, sovente, agli stessi familiari. L’iter richiamato nelle sentenza dalla Corte di Cassazione per risalire alla loro identità esporrà comunque le donne rintracciate alla loro individuazione non solo da parte del non riconosciuto che ne ha promosso l’interpello, ma indirettamente, anche da parte di terzi e questo con esiti anche drammatici.

Infatti queste istanze sarebbero inevitabilmente prese in esame da un numero elevato di persone: i Giudici, i Cancellieri e la Polizia giudiziaria del Tribunale per i minorenni cui si rivolge l’interessato, i responsabili dei reparti maternità, gli impiegati addetti alla conservazione del plico in cui sono indicate le generalità della donna e del neonato, il personale dell’Agenzia delle Entrate incaricato di rintracciare attraverso il codice fiscale l’ultima residenza della donna, gli altri Giudici, i Cancellieri e/o la polizia giudiziaria incaricati di contattarle, il personale, anche impiegatizio, i servizi sociali interpellati al riguardo dai Tribunali (è assai probabile che le donne non abitino più nelle città in cui hanno partorito).

Inoltre le lettere di convocazione, indirizzate alle donne per verificare la loro eventuale disponibilità ad incontrare i propri nati, potrebbero molto facilmente essere viste dai loro familiari. Non è da dimenticare poi che la possibilità del non riconoscimento del neonato e la garanzia della segretezza dell’identità della donna sono anche uno strumento a difesa della stessa vita di donne che provengono da contesti in cui per tradizioni o motivi di natura religiosa (vedi ad es. extracomunitarie), l’avere rapporti sessuali o partorire al di fuori del matrimonio, può portare a gravissime conseguenze sulla loro vita.

3. Le voci ignorate delle donne. La Stampa ha dato ampia voce ad alcuni figli adottivi ma non alle donne, che restano necessariamente invisibili e che sono preoccupatissime per il rischio di avere sconvolta la loro vita. Invitiamo a leggere a titolo esemplificativo la lettera di una di queste donne, qui di seguito riportata.

4. Le iniziative assunte. L’Anfaa insieme a molte altre organizzazioni e esperti giuristi, psicoterapeuti, ecc. , hanno dato loro voce difendendo questo loro diritto che loro non sono in condizione di difendere apertamente.

5. Le future drammatiche conseguenze. Non dovremo inoltre stupirci se in futuro le gestanti che non intendono riconoscere il proprio nato, non potendo più contare sulla sussistenza della garanzia dell’anonimato e della segretezza del parto, non andranno più a partorire in ospedale con tutte le garanzie fornite alle partorienti e ai neonati. Potranno essere costrette a partorire in condizioni precarie e rischiose per la salute loro e dei loro nati e anche cadere nella rete di trafficanti di bambini; aumenteranno, oltre agli aborti, gli infanticidi e gli abbandoni dei neonati in luoghi e con modalità che potranno mettere in pericolo la loro vita.

6. Le nostre proposte. L’Anfaa ha ripetutamente chiesto al Parlamento di fare la sua parte e di approvare una legge che preveda la possibilità di interpello di queste donne unicamente nei casi in cui le stesse abbiano preventivamente rinunciato al loro diritto all’anonimato – segnalando la loro decisione o al Tribunale per i minorenni o al Garante nazionale per la privacy – e che definisca un iter garantista della loro riservatezza.

Concludendo Noi riteniamo che i desideri, anche profondi, di ciascuno di noi non dovrebbero mai compr5omettere i diritti fondamentali degli altri. Pertanto la richiesta di conoscere l’identità della partoriente da parte della persona non riconosciuta alla nascita dovrebbe essere accolta solo se le procedure previste non rischiano di danneggiare le migliaia di donne che finora non hanno riconosciuto o che in futuro non riconosceranno i loro nati.

Va anche tenuto presente che la segretezza del parto in anonimato prevista dal legislatore italiano già ora non impedisce la conoscibilità delle notizie sanitarie riguardanti la persona non riconosciuta alla nascita, purché le stesse non rivelino i dati identificativi della partoriente.

Chiediamo a La Stampa di ritornare sull’argomento, pubblicando almeno questa nostra lettera per una informazione corretta e completa su questa tematica così articolata e delicata.

Siamo a disposizione per ogni ulteriore chiarimento e/o approfondimento e restiamo in attesa di un riscontro a breve. Con i migliori saluti

Donata Nova Micucci, presidente ANFAA

Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie http://www.anfaa.it

 

Stato di adottabilità e idoneità genitoriale. Valutazione estesa al minore

Corte di Cassazione, prima sezione civile, sentenza n. 22933, 29 settembre 2017.

Malattia mentale del genitore non giustifica l’abbandono.Perché si realizzi lo stato di abbandono che giustifichi lo stato di adottabilità di un minore, devono risultare, ad esito di un rigoroso accertamento, carenze mentali ed affettive di tale rilevanza da integrare di per sé una situazione di pregiudizio per il minore, tenuto conto anche dell’esigenza primaria che questi cresca nella famiglia di origine. Esigenza che non può essere sacrificata per la semplice inadeguatezza dell’assistenza o degli atteggiamenti psicologici e/o educativi dei genitori; con la conseguenza che, ai fini della dichiarazione di adottabilità non basta che risultino insufficienze o malattie mentali dei genitori medesimi, anche se a carattere permanente.

E’ invece necessario accertare se, anche in ragione di dette patologie, il genitore sia realmente idoneo a conservare la piena consapevolezza dei propri compiti e delle proprie responsabilità e ad offrire al minore quel minimo di cure indispensabili per una equilibrata crescita psico – fisica.

Da indagare anche lo stato psichico del minore. Ciò detto, una siffatta e complessa indagine, tuttavia, non può essere compiuta solo tenendo conto dell’idoneità del genitore interessato (nella specie, il padre) ad assicurare il minimo esigibile nei confronti del figlio, senza invece estendere la valutazione alla completa relazione intra familiare e, dunque, anche allo stato psichico e comportamentale del minore.

E’ quanto afferma la Corte di Cassazione, cassando, su ricorso della tutrice provvisoria, la sentenza con cui la Corte d’appello aveva provveduto alla revoca dello stato di abbandono di una bambina, disposto in primo grado per lo stato di infermità mentale in cui versava il di lei genitore. Secondo gli Ermellini, in particolare, ha errato la Corte territoriale laddove non ha tenuto in debito conto, ai fini della sua decisione, la circostanza che la minore risultasse affetta da seri problemi psico –patologici, come i disturbi del linguaggio.

Necessario convocare la famiglia affidataria. Oltretutto, conclude la Corte, non è stata disposta la necessaria convocazione, a pena di nullità, della famiglia affidataria nel procedimento giudiziario che vede coinvolta la minore, in virtù di espressa disposizione normativa (Legge n. 173/2015) che trova applicazione anche ai procedimenti in corso.

Eleonora Mattioli Edotto 2 ottobre 2017

www.edotto.com/articolo/stato-di-adottabilita-e-idoneita-genitoriale-valutazione-estesa-al-minore?newsletter_id=59d21e8bfdb94d0f0c431ad4&utm_campaign=PostDelPomeriggio-02%2f10%2f2017&utm_medium=email&utm_source=newsletter&utm_content=stato-di-adottabilita-e-idoneita-genitoriale-valutazione-estesa-al-minore&guid=488d5f80-cf61-45dc-b790-d9c956edeb71

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AMORIS LÆTITIA

La correctio? Metodo scorretto: non discutono, condannanoˮ

Il filosofo Rocco Buttiglione risponde e smonta una ad una le sette accuse di eresia rivolte a Francesco: «Se si tirano le conseguenze logiche delle loro affermazioni, anche i critici ammettono che in alcuni casi i divorziati risposati possono essere esenti da colpa grave e quindi possono ricevere la comunione»

«Giudicano e condannano». E per di più usano «un metodo scorretto». Il filosofo Rocco Buttiglione, profondo conoscitore del pensiero di Giovanni Paolo II, in questa lunga intervista con Vatican Insider entra nel merito – discutendole – di tutte le accuse di eresia che i firmatari della recente correctio filialis hanno rivolto all’attuale Pontefice.

http://www.lastampa.it/2017/09/24/vaticaninsider/ita/vaticano/il-banchiere-gotti-tedeschi-accusa-il-papa-di-eresie-64n88dQWl2k6uOlCJpjpHK/pagina.html

Che cosa pensa della correctio filialis inviata al Papa e del fatto che un gruppo di studiosi faccia affermazioni così pesanti sul successore di Pietro?

«Gesù non ha scritto un manuale di metafisica e nemmeno di teologia. Si è affidato a un gruppo di uomini e poi a uno, Pietro. Ha promesso loro l’assistenza dello Spirito Santo. Qui un gruppo di uomini si ergono a giudici sopra il Papa. Non espongono obiezioni, non discutono. Giudicano e condannano. Chi li ha autorizzati a costituirsi giudici sopra il Papa?».

Alcuni firmatari hanno sostenuto dopo la pubblicazione del documento di non aver mai dato dell’eretico al Papa.www.andreatornielli.it/?p=8724

Dalla lettura del testo non traspare questo?

«Leggiamo il testo: “siamo costretti a rivolgerLe una correzione a causa della propagazione di alcune eresie sviluppatesi per mezzo dell’esortazione apostolica Amoris lætitia e mediante altre parole, atti e omissioni di Vostra Santità”. Se questa non è un’accusa di eresia io allora non so che cosa lo sia. I firmatari del documento che dicono di non avere dato al Papa dell’eretico forse non hanno letto il testo che hanno firmato».

Link al testo in www.lanuovabq.it/it/correzione-al-papa-la-verita-che-i-lettori-meritano

www.correctiofilialis.org

Prima di entrare nel merito delle 7 eresie volevo soffermarmi sul linguaggio usato: si fanno affermazioni (propositiones) lasciando intendere che il Papa le abbia scritte, dette o sostenute: in realtà nessuna di queste è stata affermata da Francesco. È un metodo corretto?

«No, non è un metodo corretto. Le proposizioni non riassumono in modo corretto il pensiero del Papa. Facciamo un esempio: nella seconda proposizione attribuiscono al Papa la affermazione che il divorziato risposato che permanga in tale stato con piena avvertenza e deliberato consenso è in grazia di Dio. Il Papa dice un’altra cosa: in alcuni casi un divorziato risposato che permane in tale stato senza piena avvertenza e deliberato consenso può essere in grazia di Dio».

Perché questo esempio è significativo?

«I critici hanno cominciato sostenendo che in nessun caso un divorziato risposato può essere in grazia di Dio. Poi qualcuno (io, per esempio) gli ha ricordato che per avere un peccato mortale è necessaria non solo una materia grave (e l’adulterio è certamente materia grave di peccato) ma anche piena avvertenza e deliberato consenso. Adesso sembra che facciano marcia indietro: hanno capito anche loro che in alcuni casi il divorziato risposato può essere esente da colpa a causa di attenuanti soggettive (mancanza di piena avvertenza e deliberato consenso). Per coprire la ritirata cosa fanno? Attribuiscono al Papa la affermazione che il divorziato risposato che rimanga nella sua situazione con piena avvertenza e deliberato consenso è tuttavia in stato di grazia. Questa falsificazione della posizione del Papa alla quale si vedono costretti dice quanto sia disperata la loro situazione dal punto di vista logico. Essi ammettono implicitamente che vi sono alcune situazioni in cui il divorziato risposato può ricevere la Comunione ma tutta la rivolta contro Amoris laetitia è nata dal rifiuto viscerale di questa possibilità».

La Chiesa, quando condannava proposizioni giudicate eretiche, era sempre precisa nello stabilire che cosa fosse stato detto e anche l’intenzione di colui che l’aveva detto. In questo caso non è stato fatto così.

«Ai correttori piace atteggiarsi a Nuovo Sant’Uffizio ma evidentemente non ne conoscono bene le procedure».

Entrando nel merito delle 7 “eresie” attribuite al Pontefice, si vede che ruotano tutte sul punto della comunione ai divorziati risposati. Sono fondate a suo avviso?

«La prima correzione attribuisce al Papa la affermazione che la grazia non è sufficiente a permettere all’uomo di evitare tutti i peccati. Il Papa dice con tutta evidenza un’altra cosa: la cooperazione dell’uomo con la grazia è spesso insufficiente e parziale. Per questo non riesce ad evitare tutti i peccati. La cooperazione con la grazia, inoltre, si svolge nel tempo. Quando l’uomo comincia a muoversi verso la salvezza spesso porta con sé un carico di peccati dei quali si libererà solo un poco per volta. Per questo una persona che non riesce ancora a compiere per intero le opere della legge può essere in grazia di Dio. È la nozione di peccato veniale».

Della seconda abbiamo già parlato, veniamo alla terza.

«La terza correzione attribuisce al Papa la affermazione che si può conoscere il comandamento di Dio e violarlo e ciò nonostante rimanere in grazia di Dio. Anche qui il Papa dice con tutta evidenza un’altra cosa: è possibile conoscere le parole del comandamento e non comprenderle o non riconoscerle nel loro vero significato. Il cardinale Newman distingueva fra un assenso nozionale (ho capito il senso verbale di una proposizione) e l’assenso reale (ho capito cosa significa per la mia vita). Qualcosa di simile dice anche san Tommaso quando parla dell’errore in buona fede».

La quarta censura attribuisce al Papa l’affermazione che si può commettere un peccato obbedendo alla volontà di Dio.

«Probabilmente l’estensore della censura ha in mente un passo di Amoris lætitia in cui il Papa dice che quando una coppia di divorziati risposati decide di vivere insieme come fratello e sorella (cioè di agire secondo la legge del Signore) può accadere che finiscano con l’avere rapporti sessuali con terze persone e con il distruggere il nido che avevano creato e nel quale i loro figli trovavano il giusto ambiente per la loro crescita e la loro maturità umana. Il Papa non trae conclusioni da questa affermazione empirica. Se però si vogliono trarre delle conclusioni occorre molta malizia e pregiudizio per trarre la conclusione proposta dai censori. La conclusione più ovvia è: il confessore raccomandi alla coppia di interrompere i rapporti sessuali ma prenda seriamente in considerazione il loro timore di non farcela e di passare da un peccato (l’adulterio) ad un peccato peggiore (l’adulterio + il tradimento anche della seconda relazione). Il confessore accompagni la coppia fino a che la loro maturazione interiore consenta loro di compiere il passo richiesto dalla legge morale».

La quinta proposizione attribuisce al Papa la affermazione che gli atti sessuali dei divorziati risposati fra loro possono essere buoni e graditi a Dio.

«Qui probabilmente l’autore ha in mente un passo di AL dove il Papa dice che la “coscienza può riconoscere non solo che una situazione non risponde obiettivamente alla proposta generale del Vangelo; può anche riconoscere con sincerità e onestà ciò che per il momento è la risposta generosa che si può offrire a Dio, e scoprire con una certa sicurezza morale che quella è la donazione che Dio stesso sta richiedendo in mezzo alla complessità concreta dei limiti, benché non sia ancora pienamente l’ideale oggettivo. In ogni caso, ricordiamo che questo discernimento è dinamico e deve restare sempre aperto a nuove tappe di crescita e a nuove decisioni che permettano di realizzare l’ideale in modo più pieno.” Il Papa non dice che Dio è contento del fatto che i divorziati risposati continuano ad avere rapporti sessuali fra loro. La coscienza riconosce di non essere in regola con la legge. La coscienza però sa anche di avere iniziato un cammino di conversione. Uno va ancora a letto con una donna che non è sua moglie ma ha smesso di drogarsi e di frequentare prostitute, si è trovato un lavoro e si prende cura dei suoi figli. Ha il diritto di pensare che Dio sia contento di lui, almeno in parte (san Tommaso direbbe: secundum quid). Dio non è contento dei peccati che continua a fare. È contento delle virtù che inizia a praticare e naturalmente si aspetta che faccia domani degli altri passi in avanti».  

Può fare un altro esempio di questa situazione?

«Immaginate un padre che ha un figlio malato e il bambino migliora. Ha ancora la febbre ma ha smesso di vomitare, riesce a trattenere nello stomaco quello che mangia, ha iniziato una terapia che sembra funzionare. Il padre è contento. È contento del fatto che il figlio è malato? No, è contento del fatto che il figlio dà sintomi di miglioramento e di guarigione. Pensate per un attimo alla vedova del Vangelo che offre al tesoro del Tempio due piccole monete di rame. Gesù commenta: questa donna ha dato molto di più che non i ricchi ed i potenti che pure hanno versato tonnellate di monete di oro e di argento. Quelli hanno dato del loro superfluo, lei ha dato tutto quello che aveva. Allo stesso modo Dio forse si rallegra di più per un passo incerto verso il bene fatto da uno che è nato in una famiglia divisa, è stato battezzato ma mai veramente evangelizzato, non ha avuto mai davanti agli occhi un esempio di amore vero fra un uomo ed una donna, è cresciuto dentro l’ideologia dominante per la quale il sesso è reale e l’amore invece non esiste che non per la perfetta osservanza della legge da parte di uno che ha avuto buoni genitori, buoni esempi, buoni maestri, un buon parroco e (forse più importante di tutto) una buona moglie».  

Veniamo alla sesta censura, che fa dire al Papa: non esistono atti intrinsecamente cattivi ma che, a seconda delle circostanze, ogni atto umano può essere buono o cattivo.

«Qui si vuole appiattire il Papa sulla cosiddetta “etica della situazione”. Ancora una volta Amoris lætitia dice un’altra cosa, assolutamente tradizionale, che abbiamo studiato tutti da bambini nel catechismo della Chiesa cattolica, non solo in quello nuovo di san Giovanni Paolo II ma anche in quello vecchio di san Pio X. Per avere un peccato mortale sono necessarie tre condizioni: la materia grave (l’adulterio è sempre e senza eccezioni materia grave di peccato), la piena avvertenza (devo sapere che quello che sto facendo è male) ed il deliberato consenso (devo scegliere liberamente di fare quello che sto facendo). Se manca la piena avvertenza ed il deliberato consenso un peccato può diventare da mortale veniale. L’azione è sempre sbagliata ma il soggetto che la compie non sempre ne porta l’intera responsabilità. È come nel diritto penale: l’omicidio è sempre un reato grave. La pena però può essere molto diversa: tu guidi rispettando tutte le regole e un ubriaco si getta sotto le ruote della tua macchina. Forse verrai assolto o te la caverai con una piccola pena. Tu non rispetti le regole del codice, guidi da ubriaco e uccidi un poveraccio che passava di lì. Avrai una condanna severa. Usi la macchina come un’arma per uccidere una persona che odi. Ti meriti l’ergastolo».

Nella settima e ultima correzione filiale del documento si accusa il Papa di voler dare la comunione ai divorziati risposati che «non abbiano la contrizione per il loro stato di vita ed il fermo proposito di emendarsi».

«Il Papa vuole accompagnare i divorziati che hanno la contrizione per il loro stato di vita ed il fermo proposito di emendarsi. Non dice che bisogna dare loro la comunione sempre e comunque. Dice però che bisogna accompagnarli nella situazione concreta in cui si trovano e valutare anche il loro livello di responsabilità soggettiva. Il punto di arrivo del cammino è (qualora la riconciliazione con il vero coniuge non sia possibile) la rinuncia ai rapporti sessuali.

Nel cammino vi sono però molte tappe. Vi possono essere dei casi nei quali una persona può essere in grazia di Dio a causa delle attenuanti soggettive (mancanza di piena avvertenza e deliberato consenso) anche se continua ad avere dei rapporti sessuali con il proprio partner. Pensate ad una donna che vorrebbe fare questa scelta di castità ma l’uomo non vuole e se lei gliela imponesse si sentirebbe tradito e se ne andrebbe distruggendo il legame d’amore in cui crescono i figli. Chi rifiuterebbe le attenuanti soggettive ad una donna che continui ad avere rapporti sessuali con il suo uomo mentre d’altro canto persevera nel suo tentativo di convincerlo a compiere una scelta di castità?

Nella disciplina canonica che non ammette i divorziati risposati ai sacramenti bisogna distinguere due elementi o, se volete, due diverse ragioni. La prima è una ragione che deriva dalla teologia morale. L’adulterio è intrinsecamente cattivo e non può mai essere giustificato. Questo però non impedisce che la persona possa essere non interamente responsabile per quella trasgressione a causa di circostanze attenuanti soggettive. Esiste una impossibilità assoluta di dare la comunione a chi sia in peccato mortale (e questa regola è di diritto Divino e quindi inderogabile) ma se, a causa della mancanza di piena avvertenza e deliberato consenso, non vi sia peccato mortale, la comunione si può dare, dal punto di vista della teologia morale, anche ad un divorziato risposato.

Esiste poi un’altra proibizione, non morale ma giuridica. La convivenza extra/matrimoniale contraddice chiaramente la legge di Dio e genera scandalo. Per proteggere la fede del popolo e rafforzare la coscienza della indissolubilità del matrimonio la legittima autorità può decidere di non dare la comunione ai divorziati risposati anche nel caso in cui non siano in peccato mortale. Questa regola però è di diritto umano e la legittima autorità può consentire delle deroghe per giusta ragione».

Le sembra che i firmatari della correctio tengano conto delle possibili circostanze attenuanti?

«Se confrontiamo questo ultimo documento con quelli precedenti non è difficile vedere le tracce di un certo imbarazzo. I documenti precedenti ignoravano completamente la problematica relativa alle circostanze attenuanti. Adesso cercano di tenerne conto. Per fare questo devono far finta di non capire quello che il Papa ha detto veramente. Una conseguenza ancora più importante è che, adesso, se si tirano le conseguenze logiche delle loro affermazioni, anche i critici ammettono che in alcuni casi i divorziati risposati possono essere esenti da colpa grave a causa delle attenuanti soggettive e quindi possono ricevere la comunione. Questo è però, fin dall’inizio, il vero oggetto del contendere». 

L’obiettivo della critica, secondo lei, sono soltanto alcune affermazioni dell’attuale Pontefice o è in questione, più in generale, il magistero degli ultimi Papi e in fondo della Chiesa post-conciliare?

«Non conosco tutti i firmatari della correctio. Di quelli che conosco io, alcuni sono lefebvriani. Erano contro il Concilio, contro Paolo VI, contro Giovanni Paolo II, contro Benedetto XVI e adesso sono contro Papa Francesco. Altri sono vicini al movimento Tradição, Familia, Propriedade, che ha sostenuto a suo tempo il regime militare in Brasile. Qualcuno afferma pubblicamente che la deviazione della Chiesa inizia con Leone XIII e la enciclica Au milieu des sollicitudes con cui Leone XIII ha tradito l’alleanza del trono e dell’altare e ha rinunciato al principio del diritto divino dei re. Si cerca di isolare Papa Francesco opponendolo ai suoi predecessori ma questi suoi avversari sono anche gli avversari dei suoi predecessori. Non vedo fra i firmatari molti cardinali (anzi, non ne vedo nessuno), non vedo molti vescovi (uno solo, novantaquattrenne), non vedo molti professori ordinari di teologia o di filosofia (c’è però Antonio Livi, che io stimo molto). 

Non c’è dubbio che il documento abbia avuto una grande eco mediatica.

«Vedo una campagna d’opinione molto bene orchestrata per dare l’impressione di una rivolta degli “esperti”, così esperti che possono permettersi di dare lezioni al Papa. Chiaramente non è così. Mi si consenta infine di esprimere una preoccupazione. Ho l’impressione che alcuni pensino che la Chiesa esista per difendere una Tradizione che la precede, che si oppone ad ogni cambiamento storico e che non è la Tradizione cristiana. I saggi, che sono i depositari di questa Tradizione increata ed eterna, hanno il diritto di giudicare anche la Chiesa, qualora essa venga meno al suo compito di combattere la modernità. Un pensiero di questo tipo si è presentato con forza nella “Action Françaiseˮ ed è stato condannato da Pio XI. Seguendo un pensiero di questo tipo René Guenon passò a suo tempo dal cattolicesimo all’islam, convinto che esso offrisse una difesa più efficace della Tradizione contro la modernità».

Andrea Tornielli Vatican Insider 3 ottobre 2017

www.lastampa.it/2017/10/03/vaticaninsider/ita/inchieste-e-interviste/la-correctio-metodo-scorretto-non-discutono-condannano-VSBiQj8z9TVDxisQYvfXpI/pagina.html

 

Ubi Petrus, ibi Ecclesia. 61 firme contro papa Francesco (?!?)

Era tradizione, per la setta ebraica dei Farisei, dedicarsi a frequenti e minuziose abluzioni prima di qualsiasi preghiera, pubblica o privata, da quella comunitaria al Tempio alla benedizione dei pasti. L’idea era che, per essere degno di accostarsi alla presenza di Dio, l’uomo dovesse prima purificarsi, e la forma esteriore di tale processo era, appunto, l’abluzione. Per questo l’episodio delle nozze di Cana riportato nel Vangelo secondo Giovanni, è rilevante e provocatorio: l’acqua che nel racconto Gesù trasforma in vino (il “vino buono”, quello della festa, quindi il vino benedetto del kiddush) è quella degli otri per l’abluzione, l’acqua che doveva purificare i commensali. Il messaggio dell’evangelista è chiaro: è inutile tentare di “rendersi degni” di Dio, Lui è già presente, ha fatto il primo passo.

Questa interpretazione del brano dev’essere sfuggita all’ex presidente dello IOR Ettore Gotti Tedeschi ed agli altri sessantuno firmatari della Correctio Filialis De Hæresibus Propagatis, un documento che contiene un monito diretto a Papa Francesco, redatto e sottoscritto da professori, sacerdoti, religiosi e semplici credenti. Il succo della questione, espresso in sette punti da un latino magniloquente e in altre venticinque pagine di commento, è che il Papa regnante si sarebbe macchiato di gravi eresie, e sarebbe colpevole di stare mettendo in pericolo le anime dei cattolici tutti con la propria condotta e i propri messaggi.

La pietra dello scandalo è principalmente l’Amoris lætitia, in particolare i passaggi dal 295 al 311 in cui si tocca l’annosa questione dell’accesso ai sacramenti per i divorziati risposati. Non basta, evidentemente, il casuismo gesuitico che porta Bergoglio ad una incredibile cautela nel toccare l’argomento, concedendo sì assoluzione e comunione, ma solo in casi particolarissimi ben specificati, e richiedendo a gran voce un accompagnamento personale da parte di un padre spirituale che sappia distinguere caso per caso (cosa che, peraltro, richiamerebbe diversi parroci “burocratizzati” ad una cura delle anime ben più attiva e personale della forma attuale). I firmatari della Correctio sono irremovibili: in caso di peccato, non si è “degni” di accostarsi ai sacramenti, e il peccatore deve essere tenuto lontano dalla Chiesa fino a che non abbia mostrato segni di pubblico pentimento e abbandonato le proprie vie perverse. Solo i perfetti e i santi possono, apparentemente, godere della Grazia divina (in barba all’etimologia che rimanderebbe alla “gratuità”), e i nuovi Defensores Fidei, seguendo l’esempio del figlio maggiore della parabola del “figliol prodigo”, non possono certo tollerare una simile confusione tra misericordia e lassismo morale.

Seguono ulteriori accuse a Francesco, tra cui quella di essersi “pericolosamente” avvicinato alla riconciliazione coi protestanti luterani in almeno due precise occasioni. Inutile a dirsi, questa impressionante serie di comportamenti “contro la dottrina” rischierebbe nientemeno che di rendere nullo il pontificato di Francesco, seguendo il dettame di San Roberto Bellarmino (anche lui gesuita, come il Papa) secondo cui un pontefice eretico decadrebbe automaticamente dalla propria carica, ma accostandosi in maniera imbarazzante anche all’eresia donatista tanto condannata da S. Agostino, per la quale solo i sacramenti amministrati da sacerdoti puri e perfetti erano da considerarsi validi, in puro stile farisaico.

Anche volendo sorvolare sul Codice di diritto canonico, secondo cui “la Prima Sede non è giudicata da nessuno” (Canone 1404), basta una lettura per capire quanto poco di cristiano ci sia nelle accuse dei Correctores: una Chiesa per pochi, in cui solo gli eletti e i perfetti ricevono in premio alla propria virtù il privilegio di accostarsi a Cristo, è in aperta e palese contraddizione con qualsiasi tradizione evangelica, canonica o apocrifa. Una Chiesa che, poi, si definisce “cattolica”, quindi “universale”, è per sua natura aperta, accogliente: la conversione del cuore è sì prevista e caldamente sperata, ma come conseguenza dell’incontro con Dio, non certo come sua necessaria condizione. Ben vengano i dubia come espressi dai Cardinali Brandmüller, Burke, Caffarra e Meisner, finché sono tesi e finalizzati a un dialogo aperto e costruttivo per la crescita comune. Non ci siano dubbi, però: la porta è e resterà aperta, e non c’è intellettuale che abbia la forza di ritrasformare il vino in acqua.

Giacomo Mininni La chiave di Sophia 4 ottobre 2017

www.lachiavedisophia.com/blog/ubi-petrus-ibi-ecclesia-61-firme-contro-papa-francesco

 

Don Gentili: «La Amoris lætitia nasce da un popolo in cammino»

Da oggetto di studio e pastorale, la famiglia diventa soggetto attivo di evangelizzazione, oltre che di educazione. Se n’è parlato nel pomeriggio di ieri, lunedì 2 ottobre, al Seminario Maggiore, nella tavola rotonda promossa dal Forum delle associazioni familiari del Lazio sul tema “Famiglia, la sfida di educare”. Uno degli incontri organizzati nell’ambito della Settimana della famiglia, introdotto e moderato da monsignor Andrea Manto, direttore del Centro diocesano per la pastorale familiare. Al centro, la ricchezza dell’esortazione apostolica Amoris lætitia di Papa Francesco, che risplende in «un tempo speciale di grandi opportunità e sfide».

Parole di don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio Cei per la pastorale familiare. Questa esortazione apostolica, «prima ancora che dal Papa, nasce da un popolo in cammino», da quegli stessi fedeli che alla vigilia del Sinodo sulla famiglia hanno compilato i questionari sollecitati dalle diocesi.

La Amoris lætitia è un testo che, però, «potrà vivere se la Chiesa lo riconsegna al popolo». Secondo don Gentili, più che la famiglia Bergoglio ha come «tema forte» del suo pontificato i poveri, in tutte le loro dimensioni. Pertanto, ha voluto riflettere sulla famiglia proprio a partire dalle sue «fragilità, avendo compreso che a volte le soluzioni sono nascoste proprio nella fragilità».

Sulla stessa lunghezza d’onda Anna Chiara Gambini, moglie di Gianluigi De Palo, presidente del Forum nazionale delle associazioni familiari, che ha individuato nell’esortazione apostolica un testo ecclesiale diverso dagli altri, che «si è fatto strada nel quotidiano, perché parla la nostra lingua e non ci impone nulla: dopo che l’hai letta capisci che non è uno strumento perché il vero strumento sei tu». Gambini ha quindi citato le parole rivolte a lei e al marito, in un incontro privato, dallo stesso Francesco: «La Amoris lætitia siete voi!». E ha sottolineato che un difetto ricorrente di molti padri e madri di oggi è di essere «genitori da salotto», che rivendicano più tempo per se stessi che non per i familiari e che non si sforzano troppo di conoscere il mondo dei figli, delegando gran parte dell’educazione alla scuola o, in certi casi, alla parrocchia.

De Palo ha osservato come la pigrizia di molte famiglie si ripercuota nella società e, per i cattolici, nel corpo ecclesiale. Un genitore virtuoso al contrario, secondo il presidente del Forum, deve avere la pazienza di parlare con i figli, scoprire quali trasmissioni televisive guardano, a quali videogame giocano, quali social network usano, non per censurare ma per discutere e confrontarsi con loro e offrire una chiave di lettura educativa. In fondo, ha affermato De Palo, «tutto educa e tutti educano». Ancora, secondo De Palo è necessaria anche una certa «autocritica» tra i cattolici, spesso propensi a un «atteggiamento lamentoso» che cerca capri espiatori e crea alibi per giustificare l’inazione: più che dare colpe alle «lobby lgbt o ai media, sarebbe molto più utile, giocare all’attacco e provare a fare gol», ovvero cercare una presenza attiva nel mondo, avere idee costruttive per la società ed essere d’esempio per gli altri.

Intervenuto nel dibattito anche il giornalista Giacomo Galeazzi, vaticanista della Stampa, che ha messo in luce la coerenza del messaggio di Francesco sulla famiglia con l’insegnamento del Concilio Vaticano II. Il punto di forza: l’invito a essere Chiesa in modo nuovo e «trasmettere l’immagine di una comunità libera e bella».

Luca Marcolivio Roma sette 3 ottobre 2017

www.romasette.it/don-gentili-la-amoris-laetitia-nasce-da-un-popolo-in-cammino

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ASSEGNO DI MANTENIMENTO

Assegno di mantenimento ex coniuge: quando e come lo paga lo Stato

Quando e come il coniuge che non riceve l’assegno di separazione può accedere al fondo statale, la nuova circolare del ministero della giustizia e il modulo di domanda

Con una recente circolare del 31 agosto 2017, il Ministero della Giustizia riassume e precisa i presupposti di accesso al Fondo di solidarietà a tutela del coniuge separato in stato di bisogno, misura introdotta dalla legge di stabilità 2016. www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_27675_1.pdf

Via Arenula si rivolge ai 29 uffici giudiziari in cui è stata avviata la sperimentazione dell’attività, richiamando espressamente il contenuto della precedente circolare datata 22 marzo 2017 e integrandola con nuove precisazioni. www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_27675_2.pdf

Assegno mantenimento: chi può accedere al Fondo. Legittimato a presentare istanza è il coniuge separato in stato di bisogno e non in grado di procedere al mantenimento proprio e dei figli, anche quelli maggiorenni portatori di handicap grave, che convivano con lui.

La presenza dei figli a carico rappresenta un presupposto per l’accesso giuridico al Fondo, tuttavia, si evidenzia che la legge non ha esteso il beneficio in esame anche ai genitori di figli maggiorenni, non portatori di handicap grave, e tuttavia non indipendenti economicamente.

Ancora, la richiesta può essere avanzata se il richiedente sia titolare dell’assegno periodico determinato ai sensi dell’art. 156 c.c., al cui versamento l’onerato non abbia provveduto; ancora, il richiedente dovrà avere un indicatore ISEE, corrente o in corso di validità, inferiore o uguale a 3mila euro e avrà dovuto, altresì, esperire infruttuosamente le procedure di recupero del credito nei confronti dell’inadempiente.

Esclusi dal beneficio. Non sono legittimati ad accedere al beneficio: l’ex coniuge divorziato titolare di assegno ex art. 5 legge 898/1970; il convivente di fatto titolare di assegno alimentare ex art. 1 comma 65 legge 72/2016; il coniuge titolare di assegno provvisorio di separazione fissato da ordinanza previdenziale ex 708 c.p.c., poiché in tale segmento processuale l’istante non ha ancora conseguito lo status di coniuge separato che si ottiene con la successiva sentenza di separazione; l’ex unito civilmente titolare di assegno di mantenimento.

Esame della domanda. L’unico credito che può giustificare l’accesso al fondo è quello maturato in epoca successiva all’entrata in vigore della legge di stabilità 2016: pertanto, potranno accedere al beneficio solo i crediti sorti a partire dall’1 gennaio 2016 e non quelli maturati negli anni 2015 e precedenti.

L’istanza di accesso al Fondo deve essere redatta in conformità al modulo (qui sotto allegato) predisposto dal Ministero e la conformità al modello ministeriale rappresenta requisito di ammissibilità della domanda. www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_27675_3.pdf

Competente a esaminare nel merito le domande di accesso al fondo, determinandone l’ammissione o meno, dovrà essere il Presidente del Tribunale competente, oppure un magistrato da lui delegato: tuttavia, in questo secondo caso, nel testo del provvedimento andrebbe opportunamente richiamato l’atto di delega.

Il Ministero della Giustizia, inoltre, ha provveduto a elaborare una tabella riassuntiva dei presupposti di accesso e delle condizioni di ammissibilità, nonché dei contenuti e delle allegazioni dell’istanza a pena di inammissibilità. www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_27675_4.pdf

Si rammenta che i Tribunali nei quali è iniziata la sperimentazione sono quelli di: Ancora, Bari, Bologna, Bolzano, Brescia, Cagliari, Caltanissetta, Campobasso, Catania, Catanzaro, Firenze, Genova, L’Aquila, Lecce, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Perugia, Potenza, Reggio Calabria, Roma, Salerno, Sassari, Taranto, Torino, Trento, Trieste e Venezia.

Lucia Izzo Newsletter Giuridica Studio Cataldi 2 ottobre 2017 con link

www.studiocataldi.it/articoli/27675-assegno-di-mantenimento-ex-coniuge-quando-e-come-lo-paga-lo-stato.asp

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ASSEGNO DI MANTENIMENTO PER I FIGLI

Nonni di genitori divorziati pagano gli alimenti

Se il padre tenuto al pagamento del mantenimento non provvede e la madre non ha soldi a sufficienza per poter soddisfare le esigenze primarie dei figli può imporre gli alimenti ai nonni.

Quando marito e moglie vanno d’amore e d’accordo, è normale che, nel normale spirito di solidarietà, i nonni accordino degli aiuti economici in favore dei nipoti, specie quando in famiglia i soldi mancano e i bambini hanno bisogno di comprare i vestiti o delle tasse per la scuola. Quando però interviene il divorzio e l’assegnazione dei figli a uno solo dei due coniugi, le cose si complicano: scattano ritorsioni e, specie da parte dei nonni a cui viene concesso di vedere i piccoli col “contagocce”, c’è il rifiuto totale a dare ciò che prima, con generosità, veniva concesso economicamente. La legge [Art. 316-bis cod. civ.], però, stabilisce che, in determinate situazioni, i nonni di genitori divorziati pagano gli alimenti. E a ricordarlo è il Tribunale di Messina in una recente sentenza [Trib. Messina, sent. n. 861/2017: «L’obbligazione prevista dall’articolo 316 bis cod. civ. a carico degli ascendenti è «assimilabile» a quella degli alimenti, (articoli 433, 448 cod. civ.) quanto meno sotto il profilo che anch’essa è subordinata ad una constatata insufficienza di mezzi economici».]. Ma procediamo con ordine e vediamo quando i nonni devono mantenere i nipoti.

Quando i nonni devono mantenere i nipoti. Se hai letto il nostro articolo già saprai che il codice civile stabilisce una norma che detta proprio i doveri dei nonni in caso di separazione e divorzio dei coniugi.

www.laleggepertutti.it/32665_se-lex-coniuge-non-versa-il-mantenimento-sono-tenuti-a-farlo-i-nonni

La norma recita, pressappoco, nel seguente modo. I genitori devono mantenere i figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, i nonni (e, in caso di loro incapacità, i bisnonni se ancora in vita) sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli. Tale norma vale anche nel caso di coppia separata o divorziata.

Ovviamente ai nonni non può essere chiesto più di quanto gli stessi possono permettersi e, se hanno già il sufficiente per vivere, non può essere imposto loro nulla. Ricapitolando, le condizioni affinché si possa chiedere ai nonni di pagare gli alimenti ai nipoti di genitori divorziati sono:

  • Che il genitore tenuto a versare l’assegno di mantenimento non lo faccia (al di là delle ragioni, valide o meno);

  • Che l’altro genitore, quello con cui i bambini convivono, dia disoccupato o, comunque, abbia un reddito insufficiente a provvedere al mantenimento dei figli;

  • Che i nonni abbiano – anche una minima – capacità economica per provvedere, oltre alle proprie necessità, a quelle dei minori. A loro, comunque, può essere chiesta solo una somma proporzionata al reddito (eventualmente la pensione).

Che fare se i nonni non vogliono mantenere i nipoti. Se i nonni non adempiono al dovere di pagare gli alimenti ai nipoti, uno dei due genitori – o chiunque altro vi abbia interesse – può presentare al presidente del tribunale un ricorso affinché – dopo aver sentito l’inadempiente ed assunte informazioni – ordini che una quota dei redditi del nonno, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all’altro genitore o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l’istruzione e l’educazione della prole.

Una volta ottenuto il decreto del giudice, questo va notificato ai nonni e se ancora non vogliono pagare si potrà fare loro il pignoramento del quinto della pensione, detratto il minimo vitale (pari a 672,10 euro) [misura dell’assegno sociale erogato dall’Inps (importo annualmente rivalutato) e sommarvi la metà di tale stesso importo metà di tale importo: ossia attualmente 448,07 + 224,03)

Cosa devono fare i nonni? La norma, nell’elencare i doveri dei nonni, parla espressamente di «spese per il mantenimento» da versare direttamente nelle mani del genitore con cui i nipoti convivono; non si limita quindi a chiedere generici aiuti economici. Per cui non è sufficiente il comportamento del nonno che, ad esempio, regala ai bambini scarpe e vestiti o che dà loro, di tanto in tanto, la paghetta settimanale. È invece necessaria una somma in denaro.

Redazione La legge per tutti 2 ottobre 2017

www.laleggepertutti.it/177365_nonni-di-genitori-divorziati-pagano-gli-alimenti

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ASSEGNO DIVORZILE

I nuovi criteri per la determinazione dell’assegno di divorzio

Un’analisi sui nuovi criteri per la determinazione dell’assegno divorzile condotta anche alla luce di recentissime pronunce dei tribunali di Roma e di Milano.

Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive”.

I presupposti dell’assegno di divorzio. L’assegno divorzile trova presupposto nell’inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante, da intendersi come insufficienza dei medesimi, comprensivi di redditi, cespiti patrimoniali ed altre utilità di cui possa disporre, a conservargli un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio. Ai fini del calcolo rileva il deterioramento, a causa del divorzio, delle precedenti condizioni economiche, le quali devono essere per quanto possibile ripristinate, per ristabilire un certo equilibrio.

La Corte di Cassazione ha sempre ritenuto che il parametro di riferimento – al quale dover rapportare “l’adeguatezza” o meno dei “mezzi” – è rappresentato dal “tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, o che poteva legittimamente e ragionevolmente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio stesso, fissate al momento del divorzio” (Cass. n.3341/1978, Cass. n.4955/1989, Cass. n.11686/2013, Cass. n.11870/2015).

La Cassazione Civile, sez. I, sentenza 10/05/2017 n.11504, ha abbandonato il criterio di adeguamento dell’assegno divorzile al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. La Corte ha stabilito che il criterio del tenore di vita, applicato all’an debeatur, non possa più essere il valido criterio per la determinazione dell’assegno divorzile, proprio perché, con la sentenza di divorzio il rapporto matrimoniale si estingue sul piano non solo personale ma anche economico-patrimoniale e tale criterio, una volta applicato limitatamente alla dimensione economica del “tenore di vita matrimoniale” ivi condotto, finirebbe per operare un ripristino del vincolo.

Il principio espresso nella suddetta pronunzia è applicabile anche a tutti i processi già pendenti ed avviati prima della pronunzia stessa.

Il parametro di riferimento fondamentale ai fini del riconoscimento dell’assegno divorzile si fonda sul giudizio di adeguatezza-inadeguatezza” dei «mezzi» dell’ex coniuge richiedente l’assegno di divorzio e sulla “possibilità-impossibilità «per ragioni oggettive»” dello stesso di procurarseli. Tale assunto è inscindibilmente connesso al raggiungimento dell’indipendenza economica” del richiedente: se si accerta che quest’ultimo è “economicamente indipendente” o è effettivamente in grado di esserlo, non deve essergli riconosciuto il relativo diritto all’assegno divorzile.

L’accertamento nella fase dell‘an debeatur atterrà solo alla persona dell’ex coniuge richiedente l’assegno come singolo individuo, cioè senza alcun riferimento al preesistente rapporto matrimoniale; mentre, nella fase del quantum debeatur è legittimo procedere ad un “giudizio comparativo” tra le rispettive “posizioni” personali ed economico-patrimoniali degli ex coniugi, secondo gli specifici criteri dettati dall’art. 5, comma 6, della legge n. 898 del 1970 per tale fase del giudizio.

Assegno divorzile: i principali indici per accertare la sussistenza o meno del diritto. I principali “indici” per accertare, nella fase di giudizio sull‘an debeatur, la sussistenza, o no, dell'”indipendenza economica” dell’ex coniuge richiedente l’assegno di divorzio – e, quindi, l'”adeguatezza”, o no, dei «mezzi», nonché la possibilità, o no «per ragioni oggettive», dello stesso di procurarseli -possono essere così indicati:

  1. Il possesso di redditi di qualsiasi specie;

  2. Il possesso di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari, tenuto conto di tutti gli oneri lato sensu “imposti” e del costo della vita nel luogo di residenza («dimora abituale»: art. 43, secondo comma, cod. civ.) della persona che richiede l’assegno;

  3. Le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale, in relazione alla salute, all’età, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente o autonomo;

  4. La stabile disponibilità di una casa di abitazione.

Il Tribunale, Milano, sez. IX civile, ordinanza 22/05/2017, ha subito applicato i nuovi principi specificando che: “Per indipendenza economica deve intendersi la capacità per una persona adulta e sana – tenuto conto del contesto sociale di inserimento – di provvedere al proprio sostentamento, inteso come capacità di avere risorse sufficienti per le spese essenziali (vitto, alloggio, esercizio dei diritti fondamentali)”. “Un parametro (non esclusivo) di riferimento può essere rappresentato dall’ammontare degli introiti che, secondo le leggi dello Stato, consente (ove non superato) a un individuo di accedere al patrocinio a spese dello Stato (soglia che, ad oggi, è di euro 11.528,41 annui ossia circa euro 1.000 mensili)”.

Il Tribunale di Milano, adeguandosi ai nuovi criteri di determinazioni, elaborati dalla Corte di Cassazione, ha aggiunto un altro elemento valutativo: l’importo minimo reddituale oltre il quale chi richiede l’assegno divorzile non può ottenerne il riconoscimento. Il reddito mensile minimo, per accedere all’assegno di divorzio, viene fissato in Euro 1.000, mensili.

Il Tribunale di Roma ha seguito l’orientamento della Corte di Cassazione ed ha evidenziato che per la verifica dei criteri dell’an debeatur è il richiedente a dover fornire la prova della insussistenza dei criteri elaborati dalla Corte di Cassazione. Tale principio prevede che sia la parte richiedente a dover dimostrare di essersi attivata per reperire un lavoro consono all’esperienza professionale maturata e al titolo di studi conseguiti. Il coniuge più debole che ha richiesto l’assegno di divorzio non può limitarsi a semplici prove generiche e non circostanziate. Deve, infatti, dimostrare di essere nell’impossibilità – per impedimento fisico o altro – di svolgere qualsiasi attività lavorativa. Se dovesse limitarsi a dedurre di aver svolto incarichi occasionali non avrebbe sufficientemente provato quanto sopra e perderebbe il diritto all’assegno di divorzio.

Avv. Matteo Santini – Newsletter Giuridica Studio Cataldi 5 ottobre 2017

www.studiocataldi.it/articoli/27708-i-nuovi-criteri-per-la-determinazione-dell-assegno-divorzile.asp

 

Assegno di divorzio: si cambia ancora. Salta il riferimento al tenore di vita

Depositato un progetto di legge diretto a modificare i parametri per la determinazione dell’assegno di divorzio. Via il riferimento al tenore di vita ma anche all’indipendenza economica.

Camera dei Deputati. Proposta di Legge n. 4605, 27 luglio 2017. Ferranti e altri Modifiche all’articolo 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, in materia di assegno spettante a seguito di scioglimento del matrimonio o dell’unione civile, esame iniziato il 5 ottobre 2017 in Commissione Giustizia.

www.camera.it/leg17/995?sezione=documenti&tipoDoc=lavori_testo_pdl&idLegislatura=17&codice=17PDL0054400&back_to=http://www.camera.it/leg17/126?tab=2-e-leg=17-e-idDocumento=4605-e-sede=-e-tipo=

www.camera.it/leg17/824?tipo=C&anno=2017&mese=10&giorno=05&view=&commissione=02&pagina=data.20171005.com02.bollettino.sede00020.tit00020#data.20171005.com02.bollettino.sede00020.tit00020 PAG. 34

Lo spunto è arrivato dalle ultime sentenze della Cassazione sull’assegno di divorzio che hanno rivoluzionato un panorama immobile da quasi trent’anni. Difficile immaginare che l’iniziativa vada a buon fine, visto il breve orizzonte di questo Parlamento. Ma potrebbe essere una base per la prossima legislatura per risolvere un problema annoso. Dal 1990, infatti, l’assegno era dovuto al coniuge che non era in grado di mantenere il pregresso tenore di vita matrimoniale; un principio che aveva finito per creare sacche di profonda ingiustizia, come nei casi di assegni a vita dati a coniugi molto giovani o che non avevano dato alcun contributo al ménage familiare a cui facevano da contraltare altri ridotti in uno stato di semipovertà. Eppure la legge sul divorzio, riformata da ultimo nel 1987, prevedeva una serie di criteri volti a ritagliare soluzioni diversificate caso per caso. Criteri che però non sono mai stati concretamente applicati per effetto di una sorta di letargia interpretativa.

Le sentenze che si sono succedute da maggio in poi hanno ribaltato la situazione: l’assegno è dovuto nella misura in cui permette all’ex di essere “economicamente indipendente”, senza nessun riferimento alle singole storie familiari, ai sacrifici fatti dall’uno per permettere all’altro di fare carriera o agli impegni profusi per far crescere i figli. Si è passati da un eccesso di ingiustizia (l’assegno sempre e comunque) all’altro (l’assegno solo se si è vicini alla “soglia di povertà”).

I parlamentari hanno percepito l’esigenza di correggere le storture giurisprudenziali ed è stato depositato un progetto di legge diretto a modificare i parametri per la determinazione dell’assegno di divorzio. Via, dunque, il riferimento al tenore di vita ma anche all’indipendenza economica. L’intenzione è di recuperare il parametro compensativo e risarcitorio. L’assegno è dovuto nella misura in cui è funzionale a riequilibrare le disparità economiche che si creano col divorzio, tenendo conto delle condizioni economiche, del contributo dato alla famiglia, degli impegni nei confronti dei figli, delle concrete possibilità di riciclarsi sul mercato del lavoro, delle rinunzie fatte per la famiglia. Inoltre viene introdotta, la possibilità dell’assegno a tempo ovvero concesso per un periodo che possa servire al coniuge debole a riacquistare una capacità professionale e lavorativa.

Il testo, però, dovrà essere meglio armonizzato e soprattutto scritto in modo tale da non lasciare troppo spazio a interpretazioni eccessivamente creative; l’introduzione del divorzio con addebito, previsto nel disegno di legge, rischia di dar luogo a processi infiniti. L’assegno a tempo invece potrebbe essere ispirato ai modelli dei paesi vicini al nostro, come in Francia e in Spagna.

Alessandro Simeone, Comitato Scientifico de Il Familiarista di Giuffrè Editore 03 Ottobre 2017

www.repubblica.it/economia/diritti-e-consumi/famiglia/2017/10/04/news/assegno_di_divorzio_si_cambia_ancora_-177236997/?ref=RHRS-BH-I0-C6-P27-S1.6-T1

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CENTRO INTERNAZIONALE DI STUDI SULLA FAMIGLIA

Newsletter CISF – n. 36, 4 ottobre 2017

per ricordare quanto i nonni siano importanti nella trama delle relazioni familiari, e come stia cambiando la condizione anziana. Senza dimenticare anche chi da anziano è solo, fragile fisicamente o mentalmente, con limitata autonomia fisica. Ma ancora memoria vivente del dono che ciascuno di noi ha ricevuto dalle generazioni precedenti.”I nonni ci sostengono. Sosteniamoli!”.

  • Trento, 23 settembre 2017. Valutare l’impatto sulla famiglia delle politiche pubbliche

www.trentinofamiglia.it/Attualita/Archivio-2017/Settembre/Monito-per-la-governance-iniziare-ad-usare-le-lenti-della-famiglia-e-non-dell-economia

Dopo la due giorni di Milano, in Università Cattolica, sul “Family Impact Lens” (21-22 settembre) anche l’incontro tenutosi a Trento la mattina del sabato successivo, 23 settembre, con la Prof. Karen Bogenschneider, ha confermato l’interesse e la forza innovativa, per il nostro Paese, del modello già attuato in circa 25 Stati degli USA. Anche in un territorio, come il Trentino, già fortemente orientato al “family friendly“, e in cui anche la valutazione degli interventi è particolarmente curata (vedi il progetto V@luta”).

  • Terza conferenza sulla famiglia, Roma 28-29 settembre 2017. Dal Governo molte lodi ma solo qualche promessa Un primo commento del Direttore Cisf (F. Belletti), sul sito di Famiglia Cristiana, durante la prima giornata. Con la segnalazione di una cifra, precisa, circoscritta, legata agli assegni familiari, che poteva essere utilizzata da subito come impegno del Governo per restituire alle famiglie almeno un po’ di equità fiscale. “Un dato su tutti: anche oggi, come già denunciato anche dai Rapporti Cisf nei primi anni ’90, una parte molto importante del prelievo per gli assegni familiari non viene restituito alle famiglie. Sei miliardi (!) di Euro vengono prelevati dalle buste paga dei lavoratori, solo cinque (?) vengono restituiti nelle buste paga del lavoratori. Ai padri e alle madri che lavorano manca un miliardo di Euro per i propri figli!“. Alla fine della Conferenza, poi, dopo la chiusura sulle risorse annunciata dal Ministro dell’Economia, Padoan, il giudizio non può che essere ancora più negativo

www.famigliacristiana.it/articolo/conferenza-sulla-famiglia-quali-prospettive.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_04_10_2017

  • A study of national policies. 2017. Progress across Europe in the implementation of the 2013 EU Recommendation on ‘Investing in children: Breaking the cycle of disadvantage. (“Uno studio sulle politiche nazionali. 2017. Stato di avanzamento dell’attuazione della Raccomandazione UE 2013 su “Investire sui bambini. Rompere il circuito dello svantaggio”). Questo Rapporto [leggi il testo integrale, in inglese] è stato realizzato per conto dell’Unione Europea dall’ESPN (European Social Policy Network), network internazionale indipendente di vari centri di ricerca, che analizza in modo sistematico le politiche di welfare in Europa. In particolare questo Rapporto mette sotto osservazione le politiche per l’infanzia di 35 Paesi europei (28 Stati membri e sette altre nazioni). Emergono tipologie distinte di Paesi, secondo le modalità e l’intensità con cui sono stati attuati interventi di contrasto alla marginalità e alla povertà delle nuove generazioni. L’Italia pare purtroppo appartenere alla tipologia di Paesi (non pochi, a dire il vero) in cui le politiche di contrasto alla povertà infantile sono rimaste al palo (quando non hanno presentato persino arretramenti di livello). Ricchissimo di affidabili dati comparativi, nazione per nazione. Estremamente utile per chi vuole “ragionare sui fatti”, anziché su verità preconfezionate.

http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf3617_allegato1.pdf

www.psicologia.unifi.it/upload/sub/eventi/Programma%2010%20ottobre%20giornata%20orientamento%20Ordine%20Psicologi.pdf

10 ottobre 2017, Convitto della Calza, Firenze. Evento interessante, questo incontro organizzato dall’Ordine degli Psicologi della Toscana, che presenterà le opportunità di specializzazione in psicoterapia in Toscana. Tra i vari stand anche la presentazione di un percorso sulla famiglia, già segnalato in questa Newsletter (n. 29, 26 luglio 2017), La Scuola di Psicoterapia Integrata percorso quadriennale organizzato a Marina di Massa (iscrizioni aperte, fino al 15 dicembre). www.scuolapsicoterapiaintegrata.it

  • Dalle Case editrici

Salani, Il cervello del bambino spiegato ai genitori

San Paolo, Vita nascente. Prima pietra di un nuovo umanesimo

Mondadori, Se non ti amo più. Quando lasciarsi bene diventa una risorsa anche per i figli

Aipsa Edizioni, Dietro lo specchio. L’influenza dei mass media nella diffusione dei Disturbi del Comportamento Alimentare

Scabini Eugenia, Rossi Giovanna (a cura di), La natura dell’umana generazione, Vita e Pensiero, Milano, 2017, pp. 184, € 20,00. Il volume affronta il tema della procreazione ottenuta mediante tecnologie e le conseguenze antropologiche, culturali e sociali di questo fenomeno che avviene ormai da anni nelle società occidentali. In che senso il fatto procreativo è un fatto di natura? Quali i suoi limiti invalicabili? Se, e come, possiamo identificare le caratteristiche specie-specifiche del generare umano? Dove va posta l’origine del generare? Quali le possibili conseguenze del “generare tecnologico” sia dal punto di vista del generante che del generato? http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf3617_allegatolibri.pdf

  • Save the date

Nord Il signore è vicino a chi ha il cuore ferito. Accompagnare, discernere e integrare la fragilità, Ottavo Meeting delle famiglie, promosso da Istituto La Nostra Famiglia, Bosisio Parini (LC), 8 ottobre 2017.

http://famiglia.chiesacattolica.it/wp-content/uploads/sites/23/2017/09/26/Meeting_famiglie.pdf

Centro Nella rete della rete, Tra cyberbullismo, sexting, adescamento e challenge, convegno promosso dall’Osservatorio Nazionale Adolescenza e dal Centro Nazionale Anti Cyber-Bullismo, Roma, 21 ottobre 2017

http://anticyberbullismo.it/2017/09/27/nella-rete-della-rete-convegno-dellosservatorio-nazionale-adolescenza

Sud La coppia e la crisi. Come “Accompagnare, Discernere, Integrare” [vedi programma], percorso di formazione promosso da Associazione Retrouvaille e Confederazione Italiana Consultori Familiari di Ispirazione Cristiana in collaborazione con Ufficio Nazionale per la Pastorale della Famiglia, Trani (BT), 23-24 ottobre 2017. E’ prevista anche una edizione a Bologna, il 6-7 febbraio 2018.

http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf3617_allegato4.pdf

http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf3617_allegato3.pdf

Estero Results of the stocktaking study on the challenges and needs of family carers in Europe (Rassegna delle sfide e delle necessità dei caregiver familiari in Europa – I risultati), incontro di presentazione/lancio dell’indagine promossa dalla COFACE. Bruxelles, 30 november 2017 (8.15 – 9.45).

www.coface-eu.org/disability/study-who-cares-in-europe/

Iscrizione alle newsletter http://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/newsletter-cisf.aspx

Con tutti i link http://newsletter.sanpaolodigital.it/cisf/ottobre2017/5048/index.html

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CHIESA CATTOLICA

Senza che la Chiesa se ne accorga

Il presidente del Senato, in relazione al femminicidio disumano della sedicenne Noemi Durini, ha dichiarato: «A nome di tutti gli uomini ti chiedo scusa. Finché tutto questo verrà considerato un problema delle donne, non c’è speranza. Scusateci tutte, è colpa nostra, è colpa degli uomini, non abbiamo ancora imparato che siamo noi uomini a dover evitare questo problema, a dover sempre rispettarvi, a dover sradicare quel diffuso sentire che vi costringe a stare attente a come vestite, a non poter tornare a casa da sole la sera. È un problema che parte dagli uomini e solo noi uomini possiamo porvi rimedio».

Le donne temono sempre l’uomo che piange oggi sapendo che non memorizza il suo, pur sincero, impegno; tuttavia, queste sono parole pronunciate da una tribuna istituzionale e simbolicamente hanno il loro peso.

Dispiace, invece, che la Chiesa cattolica, nonostante l’attenzione di Avvenire e dell‘Osservatore Romano ai fatti ormai quotidiani di spesso efferata violenza contro le donne, non percepisca necessaria una propria autocritica. Nemmeno papa Francesco che spende molte parole per riconoscere la dignità delle donne e dei loro diritti, si ferma mai a riflettere sulle responsabilità dottrinali sessuofobiche che non assolvono uomini celibi e “casti” senza rigoroso esame di coscienza e senza confessione dei peccati storici. La voce del vescovo di Roma si alza autorevole quando entra nel contesto dei problemi ambientali, lavorativi, dell’emigrazione e, in particolare, quando denuncia le colpe dei pedofili appartenenti al clero; ma il suo rigore argomentativo sorvola sul “genere”.

Le donne se ne dispiacciono perché la sua parola può essere determinante non solo all’interno della comunità cristiana. Non tocca a noi donne farci carico della liberazione dei maschi, tanto meno se chierici, ma sarebbe gradito che l’altro genere si analizzasse, magari per capire che le donne non sono migliori ontologicamente, ma nell’evoluzione hanno sempre proposto un modello di società che, bloccato nella domesticità, non ha potuto contribuire a guidare la storia né dei loro Paesi né delle loro Chiese. I danni derivati dalla presunzione di superiorità del ruolo maschile e di inferiorità femminile pesano tuttora quando viene proposto il modello unico dentro il quale essere “come un uomo”, un mas occasionatus [maschio fallito] diceva la patristica.

Il peso delle religioni è perfino sconcertante: tutte patriarcali, tutte escludenti, tutte richiedenti subalternità, tutte sessuofobiche. Per una loro concezione della natura che condanna l’impurità delle mestruazioni: perfino gli animisti si sono inventati le capanne separate per relegarvi le donne mestruate ed evitare malanni e carestie. Non è possibile avere paura del sangue che dà la vita e ritenere glorioso il sangue degli eroi. Eppure per questa impurità Maria assunta in cielo e, vergine e madre, resa idolo dall’immaginario virile, dopo aver partorito il Salvatore, stette anche lei per quaranta giorni fuori dal tempio.

E nel Medioevo i teologi si interrogavano se mai avesse avuto le mestruazioni, preoccupati dell’ombra di tale sudiceria. Se il patriarcato non è invenzione delle Chiese, il pregiudizio clericale lo ha autenticato imprimendovi il segno del sacro e vietando l’altare. Quindi, se oggi la continuità sotterranea del dominio proprietario continua a voler controllare le donne fino a far loro del male, è o no un problema di cui i cattolici maschi, tanto più se “consacrati”, dall’ultimo parroco al sommo pontefice, dovrebbero sentire la responsabilità e convertirsi?

Nemmeno dopo il Concilio, nemmeno dopo l’arrivo di Francesco venuto dalla fine del mondo, la Chiesa ha preso atto fino in fondo di quel “segno dei tempi” (che per la Chiesa indica il compiersi dell’ora messianica) indicato da Giovanni XXIII nella dignità paritaria: «Nella donna, infatti, diviene sempre più chiara e operante la coscienza della propria dignità. Sa di non poter permettere di essere considerata e trattata come strumento; esige di essere considerata come persona, tanto nell’ambito della vita domestica che in quello della vita pubblica», anche nella Chiesa.

Invece, continuano le parole gratificanti del Papa “paladino delle donne”, si è formata una commissione di studio per il diaconato, l‘Amoris Lætitia prevede la parità in famiglia, ma la parola “femminismo” resta censurata, la questione del “gender” fornisce materia di attacco al papa da parte dei tradizionalisti, la responsabilità del partner nell’aborto è da sempre silenziata e ovviamente la condanna dei femminicidi e della violenza resta inadeguata. Come dice Cristina Simonelli «rimanendo nel plesso violenza/maschilità, appare chiaramente la seguente questione: dal momento che diaconi/preti/vescovi sono uomini, sta a loro, esattamente come agli altri uomini italiani, imparare a partire da sé, a dire “sono solo questo uomo qui”». Non si poteva dire meglio: le donne che non hanno ancora abbandonato possono aiutare a salvare la Chiesa, soprattutto se dice di essere la chiesa della tenerezza e della pace.

Giancarla Codrignani Adista Segni Nuovi n. 35 5 ottobre 2017

www.adista.it/articolo/57732

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CINQUE PER MILLE

Con l’entrata in vigore della Riforma chi potrà usufruire del cinque per mille?

Ai sensi dell’articolo 3 del D.Lgs. n. 111 del 2017 (Disciplina dell’istituto del cinque per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche) per ciascun esercizio finanziario, con riferimento alle dichiarazioni dei redditi relative al periodo d’imposta precedente, una quota pari al 5‰ dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è destinata, in base alla scelta del contribuente, alle seguenti finalità:

  1. Sostegno degli ETS (enti del terzo settore) iscritti nel Registro unico nazionale previsto dal decreto legislativo n. 117/2017;

  2. Finanziamento della ricerca scientifica e dell’università;

  3. Finanziamento della ricerca sanitaria;

  4. Sostegno delle attività sociali svolte dal comune di residenza del contribuente;

  5. Sostegno delle associazioni sportive dilettantistiche, riconosciute ai fini sportivi dal Comitato olimpico nazionale italiano a norma di legge, che svolgono una rilevante attività di interesse sociale.

Con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri saranno definite le modalità e i termini per l’accesso al riparto del cinque per mille degli enti destinatari del contributo, nonché le modalità e i termini per la formazione, l’aggiornamento e la pubblicazione dell’elenco permanente degli enti iscritti e per la pubblicazione degli elenchi annuali degli enti ammessi.

Newsletter non profit on line 5 ottobre 2017

www.nonprofitonline.it/default.asp?id=508&id_n=7471&utm_campaign=Newsletter+Non+profit+on+line+5+ottobre+2017&utm_medium=email&utm_source=CamoNewsletter

 

Cinque per mille: elenchi soggetti beneficiari

Elenchi dell’Agenzia delle Entrate con il codice fiscale degli enti di volontariato, ricerca scientifica e ASD per la scelta di destinazione del contributo Irpef 2017.

5‰: gli elenchi dei soggetti beneficiari sono stati pubblicati in versione definitiva il 25 maggio 2017 e aggiornati a seguito delle iscrizioni tardive pervenute entro il 2 ottobre 2017. Si tratta di enti di volontariato, di ricerca sanitaria o universitaria e associazioni sportive dilettantistiche ai quali è possibile donare la quota Irpef con la dichiarazione dei redditi.

L’elenco dei soggetti beneficiari del 5‰ viene aggiornato ogni anno dall’Agenzia delle Entrate che per agevolare la scelta dei destinatari del contributo Irpef ha messo a disposizione anche un apposito motore di ricerca con il quale è possibile trovare il codice fiscale da inserire nella scheda di destinazione

I contribuenti possono scegliere di destinare una quota pari al 5‰ Irpef con la dichiarazione dei redditi 2017 a enti con finalità di interesse sociale o per il finanziamento di attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici.

Oltre al 5‰, con la dichiarazione dei redditi bisogna anche scegliere la destinazione dell’8‰per mille e si può inoltre scegliere di destinare il 2‰ Irpef ad uno dei partiti politici presenti nell’elenco dell’Agenzia delle Entrate.

Di seguito gli elenchi di tutti gli enti ai quali è possibile destinare il cinque per mille Irpef e le istruzioni ufficiali dell’Agenzia delle Entrate.

Informazione fiscale 4 ottobre 2017

www.informazionefiscale.it/cinque-per-mille-elenchi-soggetti-beneficiari

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CONFERENZA NAZIONALE SULLA FAMIGLIA

Cinque buone idee per rilanciare la famiglia

Dai cinque gruppi della Conferenza proposte originali: dall’educazione alla demografia, dal welfare alla giustizia fino al fisco. La politica prenda nota.

Chi voleva buone idee per passare dalla lunga stagione delle analisi a quelle della concretezza, è stato accontentato. Ora la politica non ha più alibi. Pur nel breve tempo a disposizione, gli esperti che hanno offerto cuore e intelligenza alla Terza Conferenza nazionale sulla famiglia, sono stati in grado di scrivere parole importanti in vista di quel rilancio atteso e auspicato. Certo, non ci sono stati annunci di stanziamenti miliardari, e neppure progetti di riforma radicale né del fisco né delle altre leggi – e sono tante – che incidono nel bene o nel male sulla vita familiare.

Ma, realisticamente, era possibile attendersi tutto ciò in un contesto politico come l’attuale? Eppure i cinque gruppi di lavoro coordinati dall’Osservatorio nazionale della famiglia guidato dal magistrato Simonetta Matone, hanno preso con grande serietà il loro compito. E le proposte – come cerchiamo di sintetizzare qui sotto – sono arrivate. Alcune molto dettagliate, precise, circostanziate, come quelle riferite alla riforma del welfare locale. Altre, com’è inevitabile, meno definite. Ma, parlando di educazione e di sussidiarietà sarebbe stato francamente difficile offrire indicazioni più precise. In questo caso, più di buone prassi ‘pronte all’uso’ è stato importante ribadire principi che sembravano un po’ appannati, come quello della corresponsabilità educativa e della necessità di sottolineare la soggettività della famiglia.

Non semplice destinataria di servizi ma protagonista accanto ai corpi intermedi – imprese, sindacati, fondazioni, terzo settore, non profit – che possono essere comunque attori delle politiche familiari. Gli esperti di tutti i gruppi si sono trovati d’accordo nel confermare che l’assistenzialismo non serve alla famiglia e la logica delle interventi a misura di genitori e figli non può essere quello degli aiuti contro la povertà. Lo spazio non ci permette di ospitare in modo esaustivo tutta la ricchezza delle proposte emerse ma quanto presentato è comunque una piattaforma originale per preparare e accompagnare quel rilancio del ruolo e delle responsabilità della famiglia di cui il Paese non può fare più a meno.

Demografia. Obiettivo culle piene. La strategia è il consenso. C’è un’altra crisi destinata a lasciare il segno in modo ben più pesante e duraturo rispetto a quella economica. Una crisi che, se non si farà nulla per invertire la tendenza – e al momento non si fa – è destinata a lasciare segni ancora più gravi e irreparabili. Gli allarmi delle conseguenze dell’inverno demografico sono rimbalzati da più parti ieri e giovedì, nel corso della Conferenza nazionale. Ne ha parlato, con gli schemi asettici ma incontestabili dei numeri, il presidente dell’Istat, Giorgio Alleva. È stato approfondito nel gruppo specifico di cui ieri Fernanda Ballardin, dirigente del ministero dell’economia e delle finanze, ha presentato un’efficace sintesi. I numeri che fanno pensare – 474mila nascite, il numero più basso dall’Unità d’Italia a oggi; 1,34 figli per donna, il tasso di fecondità trai più bassi d’Europa – sono ormai diventati punti fermi di ogni dibattito sulla denatalità. Come la complessità delle cause – economiche, culturali e sanitarie – al cui interno in realtà esistono molti altri percorsi d’indagine, tutti da definire. Come fare per uscire dal tunnel? La ricette, apparentemente sono note e cioè recuperare la famiglia sul piano demografico, rilanciare la natalità, passare dall’accoglienza solidale dell’immigrato alla valorizzazione autentica, non perdere il capitale umano giovane, raccontare correttamente la crisi demo-grafica, con le sue conseguenze attraverso i media per sensibilizzare la popolazione e avere il consenso rispetto alle cose da fare. Nell’ambito del gruppo è anche emerso, come spunto di riflessione il confronto tra la stasi demografica dell’Europa che negli ultimi vent’anni ha visto crescere la propria popolazione solo del 4,4% e l’esplosione demografica di Asia e, soprattutto Africa, la cui popolazione e quintuplicata e ora supera il miliardo di persone. Ecco perché l’immigrazione – è stato fatto notare – sarà fenomeno non solo inarrestabile, ma destinato a proseguire in modo stabile per lunghi anni. Nessun muro sarà invalicabile.

Welfare. Fragilità e Dopo di noi: il sociale da riscrivere. Politiche di investimento familiare, politiche di contrasto alla povertà, ‘Dopo di noi’, minori stranieri non accompagnati, violenze di genere, livelli essenziali per il sociale, conciliazione lavoro-famiglia, valutazione di impatto familiare, politiche per la prima infanzia. Sono tra i temi affrontati dal gruppo sul welfare. Un’analisi rigorosa e una serie di proposte che potrebbero già essere immediatamente operative per superare il carattere di emergenzialità e diventare «persistenza strutturale». La sintesi dei lavori è toccata a Gina Pedroni, già assessore a Reggio Emilia, esperta dell’Osservatorio nazionale per le politiche sociali. «Per ottenere risultati non episodici – ha spiegato – servono modelli flessibili, procedure uniche e riorganizzate, modalità integrate, standard omogenei». Nello specifico è stata auspicata la definizione di una legge quadro del ‘prendersi cura’ che preveda livelli di assistenza, presa in carico, piano assistenziale individuale e valutazione di impatto familiare. Allo stesso tempo servono progetti di formazione «che garantiscono risposte omogenee sui territori, monitoraggio dei risultati e ricognizione delle risorse». Nella legge quadro andrà inserita anche la figura dei cosiddetti care-giver che dovrà riconoscerne l’operato dal punto di vista economico e giuridico. Per valorizzare e potenziarne le funzioni servono – a parere degli esperti – tre criteri: personalizzazione degli interventi, domiciliarità dell’assistenza sociale e sanitaria, deistituzionalizzazione.

Di grande rilievo il capitolo per la non autosufficienza. I Comuni spendono oggi per questo obiettivo 1,7 miliardi, cioè il 24,3% della spesa sociale comunale. Tanto, ma non basta. E non basterà in futuro visto il progressivo invecchiamento della popolazione. Proposte? Un tavolo permanente che definisca i livelli essenziali e i beneficiari sulla base delle risorse stanziate dal Piano nazionale. E la riforma del terzo settore appena varata? «Benissimo – conclude Pedroni – ma per renderla davvero operativa servono 32 decreti attuativi. Quando verranno approvati?».

Giustizia. Rimettiamo il figlio al centro del diritto. «Occuparsi di diritto di famiglia significa occuparsi di relazioni umane. E le relazioni umane più delicate e più importanti sono quelle che riguardano i minori». Ecco, secondo quanto spiegato dall’avvocato Marta Giovannini, a cui ieri è toccato fare sintesi di quanto emerso dal gruppo sulla ‘giustizia minorile’, il tema più urgente per i giuristi della famiglia.

Oggi il diritto di famiglia sta emarginando i minori. Nei tanti casi giudiziari che coinvolgono le famiglie, il criterio prevalente sembra quello adultocentrico. «Dobbiamo trovare un nuovo equilibrio tra diritto e costume, riconoscendo valore a tutte le parti in conflitto, ma soprattutto alle persone più fragili». Ecco perché i giuristi hanno chiesto innanzi tutto di valorizzare la mediazione familiare, anche quella preventiva che oggi è considerata quasi marginale. «Si tratta di una misura capace sia di prevenire il conflitto, sia di renderlo meno dirompente».

La mediazione, è stato fatto notare, dev’essere un diritto soprattutto per i minori, mentre oggi non è neppure prevista. Altro tema irrinunciabile quello della disparità di trattamento tra figli nati all’interno del matrimonio e figli di coppie non coniugate. Nel primo caso, quando la coppia si spezza, della situazione dei figli si occupa il giudice. Nel secondo no, con la conseguenza che i minori rimangono spesso senza tutele. Una situazione che va corretta al più presto. Stesso discorso per lo status di figlio. È stata sottolineata l’inopportunità di esigere, come avviene ora, il riconoscimento da parte della madre quando la nascita avviene fuori dal matrimonio. Anche il diritto al parto in anonimato – hanno fatto notare gli esperti – andrebbe normato con più chiarezza. C’è poi il grande capitolo dell’affido. Quello limitato al minore, è stato fatto notare, non basta più. Occorre pensare a un affido di tutta la famiglia in difficoltà. Ci sono già esperienze in questo senso. Andrebbero fatte rientrare nella riforma in discussione.

{Nessun cenno ai consultori familiari, la cui legge, datata 1975, sarebbe da aggiornare. Alla 2° conferenza nel 2010 l’UCIPEM aveva presentato una proposta in merito. Ndr}

Fisco. “Fattore” sì ma graduale: un’idea condivisa. Una riforma dell’Irpef che introduca una no tax areamobile, crescente in base ai carichi familiari secondo il principio del ‘fattore famiglia’. Un nuovo assegno familiare universale (Nasu) che assorba anche le detrazioni, secondo lo schema – almeno in parte – del disegno di legge già presentato in Parlamento da Stefano Lepri (Pd).

La proposta arriva da Cgil, Cisl e Uil. E poi la riforma della Tari sui rifiuti, secondo quanto ha proposto l’Anci e, infine, la riforma del ticket sanitario da valutare, anche in questo caso, sulla base dei carichi familiari e delle situazioni di fragilità presenti nel nucleo familiare. Sono le quattro proposte emerse dal gruppo che ha messo al centro del dibattito l’esigenza di una riforma del fiscofamily friendly.

Presentando i quattro modelli – che andrebbero tutti con varia efficacia ad alleggerire il peso tributario per le famiglie – Silvio Magliano, presidente del Centro servizi per il volontariato, non ha negato che quello su cui si sono concentrate le attenzioni maggiori è stato il primo, a riprova che il concetto di ‘fattore famiglia’ – anche se per il momento la sua introduzione su vasta scala non è considerata percorribile – può essere applicato gradualmente, anche come importante segnale culturale. Nella stessa logica la proposta di rivedere i coefficienti del Rei, considerando anche le famiglie con più di cinque componenti (criterio oggi non previsto) e, nella stessa prospettiva, l’idea di ripensare l’Isee.

La volontà espressa da tutti gli esperti – ha aggiunto Magliano – è emersa con grande chiarezza. Oggi il sistema fiscale italiano presenta iniquità che vanno risolte al più presto proprio nella prospettiva di risollevare il quadro demografico depresso, anche e forse soprattutto, da una tassazione che non tiene conto dei carichi familiari. È stato anche fatto notare come le risorse per quella ‘correzione’ dell’Irpef in chiave di ‘fattore famiglia’ potrebbero arrivare dal reimpiego dei fondi oggi destinati alle detrazioni per i carichi fiscali. Un segnale che in ogni caso, è stato ribadito, non potrà tardare.

Luciano Moia Avvenire 30 settembre 2017

www.avvenire.it/attualita/pagine/buone-idee-per-rilanciare-la-famiglia

 

Le proposte concrete per ogni ambito, che hanno fatto da base di discussione della Conferenza.

www.associazionepopolari.it/allegato/abstract-gruppi-di-lavoro-conferenza-famiglia-2017.pdf

 

Le attese. Le associazioni al governo

Famiglia, oltre la Conferenza nazionale. «Non ci accontentiamo di promesse». Don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per la pastorale della famiglia, e Gian Luigi De Palo, presidente del Forum nazionale delle associazioni familiari, stilano un bilancio dell’appuntamento appena concluso

“Più forte la famiglia, più forte il Paese” il tema della terza Conferenza nazionale sulla famiglia convocata a Roma, in Campidoglio, il 28 e 29 settembre 2017, a sette anni dalla precedente edizione milanese del 2010, dal Dipartimento per le politiche della famiglia della presidenza del Consiglio dei ministri con il supporto dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia.

Abbiamo intervistato don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia della Cei, e Gian Luigi De Palo, presidente del Forum delle associazioni familiari, che riunisce 47 realtà per un totale di quattro milioni di famiglie.

«Siamo partiti con il piede giusto – esordisce don Gentili -. Davanti alla possibilità di saltare questo appuntamento, a sette anni dal precedente il governo torna finalmente a mettere il tema famiglia al centro. Un segnale positivo è stato il metodo: avere invitato la base dell’associazionismo familiare (presenti fra gli altri oltre 200 rappresentanti del Forum), quella che tutti i giorni fa i conti con i costi di bollette che aumentano, pannolini, libri di scuola ha segnato un punto di svolta perché c’è stato un grande ascolto della famiglia. Vuol dire che il governo riconosce in queste associazioni il vero braccio con cui portare avanti nuove politiche in materia. Un altro elemento positivo è il lavoro d’eccellenza svolto nei gruppi”. “Tuttavia – prosegue Gentili – -non possiamo accontentarci di belle promesse per un lontano futuro. Se ci sarà un segnale forte fin dalla prossima legge di bilancio, le famiglie potranno riacquistare fiducia nella politica, altrimenti no. La proposta di riforma del fisco non può restare in archivio in attesa della legislatura che verrà; per questo ci aspettiamo che le promesse che abbiamo sentito possano realizzarsi, almeno in parte, fin da ora».

Anche De Palo esprime soddisfazione per lo svolgimento della Conferenza: «Andava fatta, quantomeno per far prendere coscienza a governo, istituzioni e opinione pubblica di un tema che troppo spesso viene taciuto o messo in sordina. I dati sono impressionanti: siamo tutti d’accordo sul fatto che la famiglia non è un problema ma una risorsa, e che la denatalità è non un problema ma il problema del Paese». Eppure «la politica a tutti i livelli non ha assolutamente dato risposte soddisfacenti. La sensazione è che non abbiano capito la domanda, e questo fa paura. “Non ci sono soldi” è la risposta sbagliata. La domanda è molto più radicale: “Avete capito che fra un po’ salta tutto? Che è giunto il momento di investire sulla famiglia, non perché lo chiede il Forum, non perché lo chiede la Chiesa, ma perché a chiederlo è un Paese la cui tenuta è a rischio?”.

La famiglia, che contribuisce alla formazione dei cittadini e allo sviluppo e alla crescita economica dell’Italia, non vuole mance, né tantomeno elemosine, bensì il riconoscimento del ruolo che le spetta. Non è solo questione di soldi o di riforma del fisco: c’è un gap culturale che va colmato ma la politica non lo ha colto». «Nel nostro Paese a nascita zero – prosegue De Palo -, la seconda causa di povertà, dopo la perdita del lavoro, è mettere al modo un figlio. Siamo a un punto di non ritorno. La risposta non è provvedimenti tampone una tantum, bensì interventi strutturali, investimenti veri e stabili perché è sulle famiglie che si gioca il futuro del Paese in termini di ritorno in Pil, tenuta del welfare e del sistema pensionistico. Il governo non ha finora dato risposte, come possiamo fidarci della promessa che il tema della natalità e delle riforme strutturali verrà affrontato nella prossima legislatura?».

Negli ultimi dieci anni, sostiene il presidente del Forum, la situazione è andata progressivamente peggiorando, ma la distanza della politica dalla realtà «è rimasta siderale; chi ci governa – ma anche chi è all’opposizione perché il silenzio assordante è a 360° – sembra ritenere che, tanto, la famiglia continuerà a svolgere il suo ruolo sussidiario, anzi di supplenza dello Stato, ma fino a quando potrà reggere? I nodi sono venuti al pettine. Sta aumentando l’età degli anziani, i giovani rimangono a casa sempre più a lungo. Due categorie che stanno paradossalmente diventando un problema e questa è un’aberrazione che può portare alla rottura del patto intergenerazionale con il rischio di una grande conflittualità sociale».

Per De Palo, «la Conferenza non è un punto di arrivo ma il punto di partenza; il vero lavoro inizia ora. Faremo anzitutto un pressing asfissiante fino alla prossima legge di stabilità; successivamente convocheremo tutte le forze politiche intorno a un tavolo invitandole a fare un patto per la famiglia. Se questa legislatura non prenderà atto che la questione famiglia non è più rinviabile, come possiamo credere che la prossima metterà in campo riforme strutturali? Gli elettori devono sapere chi intende impegnarsi e chi no».

Nel corso dei lavori, i rappresentanti della politica e delle istituzioni hanno spesso declinato il sostantivo “famiglia” al plurale alludendo all’esistenza e al riconoscimento di diverse tipologie familiari. «Non ci spaventa il termine “famiglie” se questo significa andare incontro anche alle differenze territoriali e generazionali – il commento di don Gentili -; ci spaventa quando si indebolisce la struttura familiare, quando la Costituzione che riconosce la famiglia fondata sul matrimonio non viene più ascoltata. Tuttavia si deve aprire gli occhi sul fatto che anche davanti a forme familiari diverse, la famiglia costituita da papà, mamma e figli resta numericamente il vero motore che porta avanti l’Italia».

Giovanna Pasqualin Traversa Roma sette 2 ottobre 2017

www.romasette.it/famiglia-oltre-la-conferenza-nazionale-non-ci-accontentiamo-di-promesse

 

Lo sciopero dei figli contro la natalità zero

La Terza Conferenza nazionale della famiglia, tenuta a Roma il 28-29 settembre scorso, non rimarrà alla storia come punto di svolta delle politiche familiari in Italia. Si sono sentite buone intenzioni, tanta retorica, ma impegni precisi e incisivi pochi e in ordine sparso. Dopo aver toccato il record negativo di nascite nel 2013, averlo battuto nel 2014, essere scesi ulteriormente nel 2015, essere precipitati ancor più sotto nel 2016, cosa deve ancora succedere per decidere di cambiare rotta? Cosa manca per capire che senza mettere in relazione virtuosa scelte di formazione della famiglia, occupazione femminile, benessere infantile, non possiamo tornare a crescere in modo solido e creiamo, anzi, squilibri che diventano costi futuri?

Dobbiamo forse aspettare che scenda a zero la natalità, in un paese che si mobilita solo davanti alle emergenze? Un forte segnale potrebbe allora arrivare da un clamoroso sciopero delle nascite. Rinunciare ad avere figli per un anno intero sarebbe eccessivo, ma molto più praticabile l’idea di rimanere riproduttivamente fermi un mese. Un vuoto di nascite sarebbe un fatto del tutto inedito e di grande impatto, quantomeno simbolico.

La situazione oggi è, del resto, ancora peggiore rispetto a dieci anni fa, quando si è celebrata la Prima Conferenza nazionale della famiglia. La crisi economica ha congelato le decisioni di coppie che oramai hanno superato i 35 anni. Per evitare che il rinvio diventi rinuncia definitiva è necessario dare subito un segnale forte di supporto a chi decide di mettere al mondo un figlio. Assieme ad azioni di immediato riscontro va nel contempo messo in atto un solido processo di rafforzamento strutturale delle politiche familiari in grado di ridurre l’incertezza verso il futuro. Le carenze del nostro Paese da colmare sono particolarmente evidenti su tre fronti: gli strumenti che consentono ai giovani di non rinviare troppo autonomia e formazione di una unione di coppia; un sistema fiscale meno svantaggioso per le famiglie con figli, fondato sull’idea che i bambini sono un investimento sociale e non solo un costo privato; misure solide per una migliore armonizzazione tra lavoro e famiglia.

La denatalità se persistente nel tempo, come accade all’Italia, va a ridurre l’asse portante della vita riproduttiva e attiva del paese, accentuando ancor più il declino demografico e indebolendo la crescita economica. Nei prossimi quindici anni perderemo quasi 1,5 milioni di under 25 e oltre 4 milioni tra i 25 e i 55 anni, mentre crescerà di oltre 3 milioni la popolazione over 65.

La Germania, che ha un problema di denatalità (quindi anche di invecchiamento) simile al nostro, proprio durante la crisi ha deciso di investire in modo massiccio sui servizi per l’infanzia, producendo in pochi anni una convergenza verso i valori medi europei. In Italia, che si fosse in periodo di crescita o di crisi, con esecutivi di destra, di sinistra o tecnici, non sono mai arrivate politiche strutturali e incisive a favore delle famiglie. Una classe politica abituata a calibrare le proprie azioni in funzione della prossima scadenza elettorale, come può prendersi carico del sostegno a scelte, come quella di un figlio, che impegnano a ben più lungo termine?

Serve allora davvero uno scuotimento dalle fondamenta. Nel 2012 i nati sono stati circa 40 mila nel mese più basso e 51 mila in quello più alto. Nel 2016 il massimo è sceso a 45 mila, ad agosto, e il minimo a 33 mila, ad aprile. Nell’ipotetico sciopero dei concepimenti a novembre 2017, agosto 2018 potrebbe diventare il simbolo dell’Italia che va a zero. E da lì si può solo risalire.

Prof. Alessandro Rosina La repubblica 6 ottobre 2017

www.alessandrorosina.it/i-bambini-perduti

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CONSULTORI FAMILIARI

Toscana. Rete dei consultori familiari di ispirazione cristiana

Il consultorio al servizio della famiglia

L’interazione dei Consultori Familiari di ispirazione cristiana con la Chiesa locale.

Questo il titolo del Convegno che si è tenuto sabato 7 ottobre al convento Francescano di S. Romano, organizzato dalla Rete dei Consultori Toscani e dal Consultorio Familiare A. Giani di Montopoli Val d’Arno.

L’incontro è stato organizzato per valorizzare il ruolo dei Consultori familiari di ispirazione cristiana e le loro interazioni con la Chiesa locale, in particolare dopo le ultime modifiche introdotte dal Papa al procedimento canonico di riconoscimento della nullità matrimoniale.

L’incontro è rivolto ai responsabili e agli operatori dei Consultori familiari, ai membri dei tribunali ecclesiastici e degli uffici di pastorale familiare.

I relatori del Convegno sono stati:

  • Sandro Spagli, Presidente della Federazione Toscana dei Consultori di ispirazione cristiana, che ha introdotto i lavori della giornata ed ha presentato la rete dei Consultori familiari di ispirazione cristiana, come una risorsa a disposizione della Chiesa locale.

https://retetoscana7.blogspot.it/2017/10/presentazione-di-sandro-spagli.html

  • Mons. Andrea Migliavacca, Vescovo di San Miniato, docente di Diritto canonico presso la Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale, che ha illustrato il Motu Proprio di Papa Francesco sulla modifica delle riconoscimento della nullità matrimoniale: possibili forme di collaborazione tra Tribunali ecclesiastici e Consultori familiari di ispirazione cristiana.

https://retetoscana7.blogspot.it/2017/10/il-vescovo-andrea-migliavacca.html

E’ seguito un interessante di battito sulla possibilità di intervento e sostegno dei Consultori Familiari toscani alle funzioni giurisdizionali dei vescovi, chiamati ad emettere le sentenze di dichiarazione di nullità matrimoniale. Chiara è, comunque, emersa la funzione e la figura del Consultorio in relazione al processo canonico di dichiarazione di nullità matrimoniale, nel senso che esso, ed i suoi operatori, si prodigano nell’ascolto, nell’accoglienza e nel sostegno relazionale alle coppie in crisi, ma non possono svolgere funzioni di patronato, se non di natura informativa. (…)

Dopo la pausa è intervenuto Don Edoardo Algeri, psicologo, presidente della Confederazione Nazionale dei Consultori di ispirazione cristiana, che ha tenuto una relazione su: Il ruolo dei consultori familiari nello sviluppo del Welfare: funzione socio-sanitaria ed educativa. I cui ha parlato della funzione principale dei consultori in aiuto e sostegno alle famiglia, ma in posizione diversa dalla Pastorale familiare, da cui si differenzia per obiettivi e professionalità; dell’attenzione che le istituzioni statali e quelle regionali stanno cominciando ad avere nei confronti dei consultori privati; della riforma del terzo settore e delle modifiche introdotte dalla recente legge in ambito giuridico e fiscale per le ONLUS ed il Registro del volontariato

Maurizio Quagliano 7 ottobre 2017 http://retetoscana.blogspot.it

 

Cerea (Verona) Consultorio Familiare “la Bussola” Laboratori 2017\8

  • Per adolescenti. Quando il cuore vola in alto

Esistono le amicizie nate sui banchi di scuola, quelle fiorite nei cortili delle case o sotto i portici del centro o al “muretto” dove ci si incontrava il sabato sera abitualmente, spesso, senza neppure darsi appuntamento.

C’erano un tempo gli “amici di penna”, ai quali alcuni di noi erano legati da un semplice rapporto epistolare.

E oggi ci sono gli “amici di Facebook”. Prosegue

Obiettivi

  • Incoraggiare l’apertura al dialogo;

  • Promuovere riflessioni critiche su tematiche e valori età specifici;

  • Favorire il confronto costruttivo;

  • Incrementare competenze e strategie di gestione (attingendo anche alle esperienze riferite dal gruppo dei pari). www.consultoriolabussola.it/7-notizie/62-up.html

  • Per preadolescenti. I Croods crescere insieme tra autonomia e regole

I Croods sono una delle ultime famiglie rimaste sulla Terra. Come sono sopravvissuti? Grazie alle ferree regole del capostipite Grug, che da sempre impone la figura della loro caverna come unico rifugio sicuro in tutto il mondo prestorico. Non si oltrepassano mai i confini della caverna (a meno che non si tratti di uscire a caccia con tutta la famiglia) e soprattutto non si rimane all’esterno quando il sole tramonta. Questo modo di vivere estremamente sicuro (ed anche un po’ noioso) è ormai la routine di Ugga, la sua diligente metà, e di tutta la famiglia. prosegue www.consultoriolabussola.it/7-notizie/61-croods.html

  • Gruppo genitori. Laboratori interattivi. In un contesto come quello attuale dove da più parti viene lanciato l’allarme di una emergenza educativa, la famiglia, innanzitutto, ma anche la scuola e la comunità civile e religiosa sono chiamate a cercare insieme delle risposte inventando strategie nuove ed efficaci. Le trasformazioni sociali di questi ultimi anni, improntate sulla frammentazione e sull’individualismo, richiedono infatti l’elaborazione e la condivisione di iniziative fondate sulla corresponsabilità educativa che sappiano coinvolgere in progetti unitari più agenzie educative per diventare sempre di più una società educante. Il progetto “scuola genitori” intende rispondere a questa esigenza mettendo insieme le sinergie delle diverse istituzioni presenti nel territorio in un progetto comune che abbia come finalità il rinforzare la famiglia nel suo ruolo educativo. In questo percorso di corresponsabilità educativa, rafforzare il ruolo dei genitori, rappresenta non solo una strategia vincente, ma anche una modalità (laboratori interattivi) di intervento funzionale a un sostegno ad una genitorialità consapevole ed efficace. www.consultoriolabussola.it/7-notizie/31-scuolag.html

http://www.consultoriolabussola.it

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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM Faenza. Corso di autoconsapevolezza e corsi di metodi naturali.

  • A novembre 2017 riparte un Corso di autoconsapevolezza per migliorare la conoscenza di se’ stessi e le proprie relazioni. E’ rivolto a tutti coloro che intendono fare un percorso di conoscenza, crescita personale ed approfondimento del loro modo di relazionarsi con gli altri. In particolare, è poi consigliato a tutti coloro che si occupano di relazione: animatori di gruppi, insegnanti, educatori e persone che lavorano a stretto contatto con utenti e clienti. DIl percorso mira, attraverso l’utilizzo di dinamiche esperienziali, a favorire la capacità di auto-ascolto e l’esplorazione di sé. Facilitare il riconoscimento e la valorizzazione delle proprie risorse e l’accettazione integrazione dei propri limiti. Favorire le relazioni all’interno del gruppo, attraverso stili comunicativi improntati all’autenticità e al rispetto di sé e degli altri. Facilitare l’ascolto dei propri bisogni e la comprensione dei propri stili comportamentali.

La metodologia di apprendimento è teorico-esperienziale. Attraverso esercitazioni tecnico-pratiche si vuol favorire lo sviluppo e l’integrazione di abilità comunicative e di ascolto utili a migliorare la relazione con l’altro sia in ambito professionale che personale.

  • Fra le varie iniziative proposte si segnala i periodici corsi di metodi naturali (metodo Billings e sintotermico-Rötzer) offerti a tutte le coppie che desiderano apprendere o approfondire la conoscenza di sé e del proprio corpo; la partecipazione ai corsi può avvenire individualmente o in coppia

Vedi inoltre www.pastoralefamiliarefaenza.it/wp/?page_id=1038

 

Taranto. Giornata di studio “Per-Dono”

Domenica 19 novembre 2017, ore 09-19, il consultorio “Il focolare – A. Petrecca” organizza una Giornata di studio, rivolta a tutti, in particolare ai Consulenti familiari, Operatori del settore socio-educativo-relazionale e sanitario. PER-DONO

  • Il valore sociale del perdono. DrGabriella Greco, forgiveness life designer e master ISF

  • Relazioni d’aiuto nel perdono. Dr Pasqua Vecchione, professional counselor

  • Relazioni d’aiuto nel perdono di coppia. Dr Salvatore Caputo, consulente familiare, pedagogista

  • Laboratori esperienzali

http://www.ilfocolare.it/p/home.html

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DALLA NAVATA

XXVII domenica del tempo ordinario – Anno A – 8 ottobre 2017.

Isaia 05, 07 Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi.

Salmo 80, 16 Da te mai più ci allontaneremo, facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome.

Filippési 04, 07 E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù.

Matteo 21, 42 E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi?»

 

Il Figlio inviato nella vigna. Commento di Enzo Bianchi, priore emerito a Bose

Dopo essere entrato nella città santa di Gerusalemme in mezzo ad acclamazioni (cf. Mt 21,1-11) e aver compiuto il gesto della cacciata dei commercianti dal tempio (cf. Mt 21,12-17), Gesù torna nel tempio per annunciare con parabole la venuta del regno dei cieli. Oggi ascoltiamo la seconda di queste parabole, in realtà un’allegoria, indirizzata a quei sacerdoti e anziani del popolo che erano venuti a contestare Gesù interrogandolo sulla sua autorità, sull’origine della sua missione (cf. Mt 21,23-27). Ancora una volta Gesù ripete l’invito: “Ascoltate!”, ridice questo comando tante volte gridato da Mosè e dai profeti. Si tratta di smettere di sentire soltanto, per imparare ad ascoltare con attenzione una parola che viene dal Signore, ad accogliere nel cuore questa parola al fine di operare un mutamento e realizzare ciò che il Signore chiede a chi è e vuole essere in alleanza con lui.

Eccoci allora di fronte a un’altra parabola che evoca una vigna, come già quella ascoltata domenica scorsa (cf. Mt 21,28-32). Nel Mediterraneo la vigna è la coltivazione per eccellenza, che comporta anni di lavoro, richiede cura e amore, esige un rapporto stabile e pieno di attenzione verso di essa da parte del vignaiolo. Basta pensare che la vigna è un impianto stabile, occupa il terreno per generazioni, non è come un prato o un campo che annualmente possono essere destinati ad altre coltivazioni. Proprio questo legame duraturo, questa vera e propria alleanza tra la vigna e il vignaiolo, generano un amore profondo ed appassionato da parte di chi lavora per la “sua“ vigna. Sono queste le ragioni per cui già i profeti avevano intravisto nell’amore tra vignaiolo e vigna una narrazione dell’amore tra Dio e il suo popolo ed erano ricorsi all’immagine della vigna per esprimere il rapporto di alleanza: una storia tormentata ma piena di amore tra il Signore e la sua proprietà, il suo tesoro (segullah: cf. Es 19,5; Dt 7,6, ecc.). Isaia, in particolare, aveva cantato “il canto di amore dell’amante per la sua vigna“ (Is 5,1; cf. vv. 1-7), raccontando di un vignaiolo che aveva vangato la terra, l’aveva liberata dai sassi e vi aveva piantato ceppi scelti di vite. L’aveva addirittura ornata con una torre in cui aveva posto un tino. Avendole dedicato tanta cura, si aspettava da essa uva buona e bella, invece quella vigna si era inselvatichita producendo grappoli di uva immangiabile.

Questa immagine era ben conosciuta da Gesù e dai suoi ascoltatori, perciò, non appena Gesù inizia la parabola dicendo che “un padrone aveva piantato una vigna“, i presenti capiscono subito di cosa si tratta: è una storia su Dio e su Israele, sua vigna. Questo canto che esprime la speranza di Dio e, nel contempo, l’incapacità del popolo di comprendere il suo amore, dunque un canto di accusa verso Israele, è stato conservato e tramandato proprio da Israele. Il popolo dell’antica alleanza non ha espunto dalle Scritture i rimproveri e i giudizi di Dio nei suoi confronti: questo va tenuto presente da noi quando leggiamo questa parabola e, facilmente, siamo tentati di puntare il dito contro questo popolo, fino a gloriarci di essere noi il popolo del Signore al quale è stata data la vigna tolta ad altri. Stiamo attenti, perché questa parabola che Matteo colloca nel vangelo indirizzato ai cristiani riguarda certamente i capi religiosi di Israele, ma riguarda anche i capi che sono nella chiesa e riguarda pure noi!

Ebbene, questo proprietario della vigna, che l’ha piantata e l’ha dotata di tutto il necessario perché fruttifichi, la affida a dei contadini perché la lavorino in sua assenza: la vigna continua a essere sua proprietà, ma è affidata ad altri uomini in tutto il tempo della presa di distanza e dell’allontanamento da essa da parte del Signore. Giunge però l’ora della vendemmia, un giorno preciso in cui le uve sono mature, all’inizio dell’autunno, e allora il padrone manda alcuni suoi servi dai vignaioli per ritirare il raccolto con cui produrre il vino. Perché il raccolto resta suo, come la vigna è sua! Ma nel frattempo è sorta in quei vignaioli la tentazione di essere loro i padroni della vigna, perché il padrone ha tardato molto tempo prima di ritornare. Questa è la tentazione di chi è stato posto dal Signore come primo, come più grande, come lavoratore nella sua vigna: spadroneggiare sulla vigna, pensarla come proprietà personale, sostituendosi a colui che deve invece solo rappresentare nel servizio. Così quei vignaioli, all’arrivo dei servi inviati dal padrone, reagiscono con un rifiuto violento. Colpiscono alcuni e ne uccidono e lapidano altri, per farli scomparire. Il Signore però pazienta, continua ad aspettare il frutto della vigna e invia altri servi, in numero più grande di quanto fatto nella prima missione. Ma anche questi vengono trattati allo stesso modo, subendo rifiuto e rigetto.

Il Signore dunque nella sua makrothymía (sentire in grande, pazienza) fa un ultimo tentativo. Siccome spera ancora, decide di inviare suo figlio, che ha più autorità dei servi. La sua speranza profonda è che, vedendo il suo figlio amato, i vignaioli sentano di avere di fronte a sé il signore stesso e dunque, portando rispetto a lui, gli consegnino il frutto della sua vigna. Ingenuità di questo padrone? No, da parte sua c’è la volontà di restare in alleanza con i vignaioli a cui ha affidato la vigna. Cosa avviene invece? Quei vignaioli, “al vedere il figlio”, aumentano ancora di più il desiderio di essere padroni, di avere potere sulla vigna, perciò dicono tra sé: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e l’eredità sarà nostra!”. Innanzitutto escludono il figlio dalla sua vigna, prendendolo e gettandolo fuori, poi lo uccidono; prima lo portano “fuori”, fuori dalla vigna, fuori dalla città (cf. Lc 4,29; Mc 15,20; Mt 27,31; At 7,58), poi lo eliminano.

Gesù racconta questa allegoria alla vigilia della sua passione, la racconta proprio per quelli che la metteranno in pratica contro di lui, fino a rigettarlo fuori dalla città e a crocifiggerlo. Così Matteo ci mostra che Gesù ha coscienza di essere il Figlio inviato dal Padre nella vigna di Israele, sa ciò che lo attende come fine (télos) della sua missione in questo mondo e non si sottrae a questa necessitas humana inscritta nella storia: in un mondo ingiusto, il giusto può solo essere rigettato fino a essere eliminato! Gesù sa che il Padre non l’ha mandato nel mondo perché subisca la morte violenta; sa che il Padre, come il padrone della vigna, lo ha inviato perché sperava, perché spera di essere accolto. E anche se questa è la fine dolorosa che lo attende, Gesù sa che l’ultima parola spetta comunque al Padre. Conoscendo le sante Scritture e pregandole, sa infatti che – come sta scritto – la pietra che proprio i costruttori (questo è il termine con cui si chiamavano i capi religiosi del tempio) avrebbero scartato, messo fuori dalla costruzione, Dio l’avrebbe scelta e posta come testata d’angolo, facendo poggiare su di essa tutta la costruzione. Gesù crede, aderisce a questo piano di Dio profetizzato e cantato nel salmo 118.

Questa parabola risuona certamente come un giudizio di Dio: non però sul popolo d’Israele, ma su quei capi del popolo che hanno rigettato e condannato Gesù. Matteo, infatti, registra subito la loro reazione: cercano di catturarlo ma hanno paura della folla, per questo decidono di rimandare di qualche giorno il loro piano, attendendo una situazione più propizia (nella notte e nel Getsemani, dove non ci sarà la folla dei suoi seguaci; cf. Mt 26,47-56). Hanno infatti compreso che quella parabola individua proprio in loro i vignaioli omicidi. Ma la parabola dice che questo sarà pure il giudizio sulla chiesa, soprattutto sui suoi capi. La vigna è stata tolta a quei capi di Israele e data una nuova collettività umana (éthnos): la comunità dei poveri nello spirito, dei miti che, secondo la promessa del Signore, erediteranno la terra (cf. Mt 5,5; Sal 37,11), a quel popolo umile e povero costituito erede per sempre dal Signore (cf. Sof 3,12-13; Is 60,21; Ger 30,3).

Certo, al suo interno ci saranno ancora dei pastori, dei capi, dei primi, ma stiano attenti a non essere come i vignaioli della parabola. La loro tentazione, infatti, è quella di occupare tutto lo spazio ecclesiale, assolutizzando i loro progetti e chiedendo obbedienza a sé; la loro tentazione è quella di sostituirsi al Signore, magari con il semplice stare al centro, sentendosi non servi dei servi, ma padroni. Anche nella chiesa può accadere come nella parabola. E, se anche in essa non si manifesta la violenza fisica (come però è purtroppo avvenuto in altre epoche storiche!), oggi magari si pratica la violenza del non ascolto, del rifiuto, dell’emarginazione, della calunnia, del disprezzo, della manipolazione, dell’abuso psicologico. Queste le tentazioni dei vignaioli perfidi, ma anche, qui e ora, di chiunque nello spazio ecclesiale, nella vigna, esercita l’autorità. Non si scarichi dunque l’accusa di questa parabola su Israele, ma si pensi a noi, oggi, nelle vigne delle chiese.

www.monasterodibose.it/preghiera/vangelo/11848-il-figlio-inviato-nella-vigna

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DIRITTO DI FAMIGLIA

Orientamenti di Diritto di Famiglia del Tribunale di Mantova

Tribunale di Mantova, Sezione Prima Orientamenti in materia di diritto di famiglia. Massime.

Edizione Settembre 2017. A cura di Mauro Bernardi, pagg. 15

Redazione Il Caso.it [Doc. 3757] 4 ottobre 2017

http://news.ilcaso.it/news_3757/04-10-17/Orientamenti_di_Diritto_di_Famiglia_del_Tribunale_di_Mantova_-_Mauro_Bernardi

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FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI

La famiglie rinunciano al risparmio per mettere insieme i pasti quotidiani

«È durato poco l’entusiasmo per la ripresa del risparmio delle famiglie registrata nel 2016, già in quest’anno è tornato a scendere» commenta Gigi De Palo, presidente del Forum delle Associazioni familiari.

«A causare questa doccia fredda sarebbe la risalita dell’inflazione. In sostanza le famiglie non risparmiano perché sono costrette a spendere per vivere. Di fronte all’opzione tra risparmiare e mettere insieme i tre pasti quotidiani le famiglie non hanno scelta.

«Se nonostante la crescita economica e l’incremento degli occupati, il risparmio delle famiglie continuerà a essere eroso, vuol dire solo una cosa: la crescita sarà determinata prevalentemente non dagli investimenti ma dai consumi, che non sono sostenuti dai salari (troppo bassi) ma dai risparmi.

Si tratta di una crescita che distrugge ricchezza e di una crescita senza futuro, anzi di una crescita, che sostenuta anche dal maggiore indebitamento delle famiglie, rischia di diventare un boomerang perché indebolisce le famiglie e quindi il Paese».

Comunicato stampa 3 ottobre 2017

www.forumfamiglie.org/2017/10/03/la-famiglie-rinunciano-al-risparmio-per-mettere-insieme-i-pasti-quotidiani

 

Forum famiglie Lazio al Campidoglio: «Rimodulare l’Irpef»

La proposta dell’associazione guidata da Emma Ciccarelli: «Rendere la tassa equa e proporzionale al reddito dei nuclei familiari». Spalvieri: «Pronti allo sciopero della fame»

La chiamano «proposta della speranza» e prevede una rimodulazione a costo zero delle addizionali comunali ritenute ben lontane da quei principi di progressività dettati dalla Costituzione. «Serve una maggiore equità nella distribuzione delle risorse per i programmi di welfare e nella tariffazione dei servizi di pubblica utilità» sostiene Emma Ciccarelli, presidente del Forum delle Associazioni Familiari del Lazio, a margine della tavola rotonda “Un fisco locale a misura di famiglia: il Fattore Famiglia e le addizionali comunali”, svoltasi ieri pomeriggio, 5 ottobre, in Campidoglio.

All’incontro, inserito nell’ambito degli eventi della seconda edizione della Settimana della famiglia “La sfida di educare”, in corso a Roma fino a domenica 8 ottobre, era stato invitato anche Marcello De Vito, presidente dell’Assemblea Capitolina, che però non si è presentato per il protrarsi di una riunione con l’Oref, l’organo di revisione economica e finanziaria del comune. «Abbiamo già presentato a De Vito le nostre proposte – dice Alessandro Spalvieri, membro della presidenza del Forum famiglie Lazio -. Certo è che non molleremo la presa. O riusciamo a mettere in riga i politici e farli diventare buoni amministratori o non ce la faremo a salvare questo Paese».

La decrescita demografica che ha colpito Roma e l’Italia «è molto preoccupante, quindi – prosegue senza mezzi termini Spalvieri – o avremo successo o si muore. Le famiglie sono capaci di lottare per i propri diritti; faremo resistenza, siamo anche pronti ad azioni dimostrative estreme come lo sciopero della fame». La rimodulazione delle addizionali comunali, per il Forum, porterebbe a una più equa tassazione, «se oggi a Roma una persona ha un reddito di 100mila euro è ingiusto che paghi come chi ne guadagna 15mila. Bisogna smontare questa impostazione introducendo una proporzionalità della tassazione legata alle caratteristiche dei nuclei familiari».

Altro punto sul quale intervenire è quello della riforma dell’Isee, diventata operativa nel gennaio 2015 «con dei limiti oggettivi che, in sostanza, non tengono conto delle diverse tipologie dei nuclei familiari» sostiene Maurizio Bernardi, membro dell’Associazione delle famiglie (Afi) e responsabile della rete dei Comuni amici della famiglia. «L’Isee non considera adeguatamente, inoltre, i diversi gradi di disabilità, non tiene conto di una eventuale perdita del posto di lavoro recente, non valuta significativamente la monogenitorialità ed altri aspetti relativi alla reale capacità economica del nucleo familiare che spesso fanno la differenza».

Anche per questo, alcuni comuni con Castelnuovo del Garda come capofila (in cui Bernardi è anche consigliere comunale [dopo essere stato a lungo sindaco]) «hanno studiato possibili applicazioni del Fattore famiglia comunale che si basa su scale di equivalenza più articolate per cogliere in modo preciso le molteplici dimensioni dei bisogni delle famiglie». Le possibili applicazioni del Fattore famiglia a livello comunale sono diverse, dalle mense ai trasporti scolastici, dalle rette dell’asilo nido e scuole dell’infanzia ai contributi individuali; «non si può chiedere tutto e subito a un’amministrazione che governa la capitale da poco più di un anno – chiosa Spalvieri -, quindi ci concentriamo su quello che riteniamo più urgente e cioè la rimodulazione delle addizionali Irpef comunali».

Si tratta di «rimettere al centro del Paese la famiglia – conclude Ciccarelli -. Renderla più forte contribuisce a rafforzare l’Italia non solo in termini di fisco ma anche di coesione sociale».

Christian Giorgio Roma sette 6 ottobre 2017

www.romasette.it/forum-famiglie-al-campidoglio-rimodulare-lirpef

 

Famiglia, risorsa del territorio: come vincere la denatalità per una società migliore

Se ne parla a Marsciano sabato 21 ottobre con il demografo Blangiardo assieme a cittadini e istituzioni, in un convegno promosso dall’Associazione Famiglie Numerose e Comune di Marsciano (Perugia).

Alle ore 16.15, presso la Sala Capitini di Piazza degli Uffici di Marsciano, si svolgerà il convegno dal titolo: “la famiglia risorsa del territorio – Necessità del suo benessere per la rinascita e per lo sviluppo della società civile”. Si tratta di un’iniziativa della sezione umbra dell’Associazione Nazionale Famiglie Numerose (Anfn) con il patrocinio del Comune di Marsciano.

Lo scopo del convegno è quello di riflettere insieme – cittadini e rappresentanti delle istituzioni – sulla situazione delle famiglie in Italia e in particolare sul territorio umbro, in riferimento alla Zona Sociale nr. 4, comprendente i comuni di Todi, Massa Martana, Monte Castello Vibio, Fratta Todina, Marsciano, San Venanzo, Collazzone e Deruta.

Oggi il dato che emerge indica come si formino sempre meno famiglie e quelle esistenti facciano sempre meno figli, con la conseguenza che la popolazione italiana invecchia inesorabilmente. L’Italia ha una natalità tra le più basse del mondo e va accumulando un forte “deficit” demografico. La denatalità risulterà uno dei fattori di cambiamento più importanti nei prossimi decenni e modificherà in maniera significativa gli equilibri sociali, politici ed economici soprattutto nel vecchio continente.

Tale argomento verrà discusso da un esperto demografo di fama internazionale quale è il prof. Giancarlo Blangiardo, ordinario presso Università Bicocca di Milano.

Poiché il territorio umbro non è esente dalle problematiche demografiche, l’Anfn si è fatta promotrice di questo convegno a Marsciano (come in altri comuni italiani) per sollecitare le amministrazioni locali ad intervenire con azioni mirate volte alla valorizzazione e promozione della famiglia. Questa va intesa come risorsa del territorio, capace di generare sviluppo e benessere.

A tal proposito verrà illustrato da due assessori locali il progetto “Comune amico della famiglia” che è in fase di realizzazione nei comuni di Todi e Perugia.

Mariangela Musolino

www.famiglienumerose.org/famiglia-risorsa-del-territorio-come-vincere-la-denatalita-per-una-societa-migliore

MPV. A Milano il 37° convegno dei Cav

 

Val d’Aosta. Il Forum presenta un piano integrato delle politiche per la famiglia

Martedì 24 ottobre, alle 16, presso la sede del Centro delle Famiglie di Aosta, in viale F. Chabod 9.

Le politiche della famiglia in Valle d’Aosta, come spesso accade nel nostro Paese, sono state collocate all’interno di politiche tipicamente assistenziali o compensative, sovente confuse con azioni volte a ridurre la povertà o a gestire l’emergenza, o assimilate alle politiche destinate ai singoli e non hanno mai goduto di una visuale che li inquadrasse in un contesto integrato connotato da specifiche finalità e obiettivi aventi la famiglia come destinatario e come soggetto degli interventi”.

Michela Colombarini, Presidente del Forum delle Associazioni Familiari della Valle d’Aosta, spiega così le ragioni alla base dell’elaborazione dell’importante documento. Segue il testo integrale

www.valledaostaglocal.it/2017/10/14/leggi-notizia/argomenti/solidarieta-1/articolo/dal-forum-delle-associazioni-familiari-un-piano-integrato-delle-politiche-per-la-famiglia.html

 

Famiglie numerose” a Trento

Sabato 28 ottobre a Trento, Sala Dehon, via Bettini 11, Convegno: “Famiglie numerose nella dottrina sociale della Chiesa e nella vita dei santi”.

Introduce Emiliano Fumaneri (La Croce quotidiano),

Relatori Giuseppe Brienza, saggista, ricercatore Università di Roma, Giuliano Guzzo, sociologo, don Matteo Graziola, docente in Seminario

 

Convegno dei Centri aiuto alla vita.

Dal 10 al 12 novembre presso l’Hotel e Centro Congressi Da Vinci a Milano, si svolgerà il XXXVII Convegno dei Centri di aiuto alla vita. Il Convegno Cav sarà anticipato nei giorni 9 e 10 novembre da due altri eventi: il Convegno delle Case di Accoglienza e il Seminario per volontari SOS Vita

Allegato il programma www.forumfamiglie.org/2017/10/19/mpv-a-milano-il-37-convegno-cav

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FRANCESCO VESCOVO DI ROMA

Papa: alleanza uomo-donna è chiamata alla responsabilità per il mondo.

http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2017/october/documents/papa-francesco_20171005_assemblea-pav.html

Ripartire dalla Parola di Dio “che illumina l’origine della vita e il suo destino” per affrontare la sfida epocale “che interpella l’umanesimo planetario, in riferimento ai recenti sviluppi tecnologici delle scienze della vita”.

Così Papa Francesco ai partecipanti all’Assemblea Generale dei Membri della Pontificia Accademia per la Vita ricevuti oggi in Aula del Sinodo. Tema della sessione di quest’anno: Accompagnare la vita. Nuove responsabilità nell’era tecnologica, argomento attuale e che pone sfide prima impensabili e urgenti da affrontare. Chiare a riguardo, le indicazioni di Papa Francesco per contrastare il rischio di una cultura “ossessivamente centrata sulla sovranità dell’uomo”:

“Una teologia della Creazione e della Redenzione che sappia tradursi nelle parole e nei gesti dell’amore per ogni vita e per tutta la vita, appare oggi più che mai necessaria per accompagnare il cammino della Chiesa nel mondo che ora abitiamo. L’Enciclica Laudato sì è come un manifesto di questa ripresa dello sguardo di Dio e dell’uomo sul mondo, a partire dal grande racconto di rivelazione che ci viene offerto nei primi capitoli del Libro della Genesi”.

Rilettura, dunque, che ci fa apprezzare la profondità del gesto d’amore di Dio che affida all’alleanza dell’uomo e della donna il creato e la storia. Un’alleanza “sigillata dall’unione d’amore, personale e feconda, che segna la strada della trasmissione della vita attraverso il matrimonio e la famiglia” e che “va ben oltre questo sigillo”.

“L’alleanza dell’uomo e della donna è chiamata a prendere nelle sue mani la regia dell’intera società. L’uomo e la donna non sono chiamati soltanto a parlarsi d’amore, ma a parlarsi, con amore, di ciò che devono fare perché la convivenza umana si realizzi nella luce dell’amore di Dio per ogni creatura”.

Si tratta dunque di una “rivoluzione culturale” a cui la Chiesa è chiamata a fare la propria parte, colmando e riconoscendo “onestamente i ritardi e le mancanze”. “Le forme di subordinazione”, spiega il Santo Padre, “che hanno tristemente segnato la storia delle donne vanno definitivamente abbandonate”. Scrivere dunque un nuovo inizio, significa ripartire da “una rinnovata cultura dell’identità e della differenza”:

“L’utopia del neutro rimuove ad un tempo sia la dignità umana della costituzione sessualmente differente, sia la qualità personale della trasmissione generativa della vita. La manipolazione biologica e psichica della differenza sessuale, che la tecnologia biomedica lascia intravvedere come completamente disponibile alla scelta della libertà – mentre non lo è! – rischia così di smantellare la fonte di energia che alimenta l’alleanza dell’uomo e della donna e la rende creativa e feconda”.

Il rispetto e la cura verso la vita in tutte le sue fasi, così come “la testimonianza della fede nella misericordia di Dio” sono per il Papa, l’argine “all’anestesia e all’avvilimento dell’umanesimo”. Ed è proprio in questo quadro generale che Francesco vede “collocata la missione della rinnovata Pontificia Accademia per la Vita”. Un contesto difficile ma in cui, dando spazio al dialogo aperto e fecondo è possibile raggiungere il bene comune.

Emanuela Campanile Radio Vaticana 5 ottobre 2017

http://it.radiovaticana.va/news/2017/10/05/papa_alleanza_uomo-donna_per_responsabilità_per_il_mondo/1341026

 

«No all’utopia del neutro», sì «all’alleanza uomo-donna»

Jorge Mario Bergoglio è intervenuto all’Assemblea generale dei membri della Pontificia Accademia per la vita. «Né l’uomo da solo né la donna da sola sono in grado di assumersi responsabilità» relativamente al «senso dell’esistenza e al cammino dei popoli».

Le differenze sessuali non vanno demonizzate, combattute o, peggio, cancellate. La famiglia – uomo, donna, figli – rimane il luogo privilegiato dell’amore e della trasmissione della vita. «L’alleanza tra uomo e donna è chiamata a prendere nelle mani la regia dell’intera società». Lo ha detto il Papa all’Accademia per la vita per «contrastare le interpretazioni negative della differenza sessuale», di chi «vuole cancellare tale differenza». Il Papa ha criticato l’«utopia del neutro» che «rimuove ad un tempo sia la dignità umana» della differenza sessuale «sia la qualità personale della trasmissione generativa della vita».

Il Papa, citando il racconto biblico della creazione, ha commentato che la alleanza tra l’uomo e la donna “è certamente sigillata dall’unione d’amore, personale e feconda, che segna la strada della trasmissione della vita attraverso il matrimonio e la famiglia. Essa, però, va ben oltre questo sigillo. L’alleanza dell’uomo e della donna – ha rimarcato papa Bergoglio – è chiamata a prendere nelle sue mani la regia dell’intera società. Questo è un invito alla responsabilità per il mondo, nella cultura e nella politica, nel lavoro e nell’economia; e anche nella Chiesa. Non si tratta semplicemente – ha precisato – di pari opportunità o di riconoscimento reciproco. Si tratta soprattutto di intesa degli uomini e delle donne sul senso della vita e sul cammino dei popoli”.

“L’uomo e la donna – ha detto poi papa Francesco – non sono chiamati soltanto a parlarsi d’amore, ma a parlarsi, con amore, di ciò che devono fare perché la convivenza umana si realizzi nella luce dell’amore di Dio per ogni creatura. Parlarsi e allearsi, perché nessuno dei due – né l’uomo da solo, né la donna da sola – è in grado di assumersi questa responsabilità. Insieme sono stati creati, nella loro differenza benedetta; insieme hanno peccato, per la loro presunzione di sostituirsi a Dhttp://it.radiovaticana.va/news/2017/10/18/gregoriana_corso_per_i_50_anni_dellhumanae_vitae_/1343664io; insieme, con la grazia di Cristo, ritornano al cospetto di Dio, per onorare la cura del mondo e della storia che Egli ha loro affidato”.

L’alleanza uomo-donna subisce l’impatto di una “rivoluzione culturale” nella quale “la Chiesa deve fare la sua parte”, e “in questa prospettiva”, deve “anzitutto riconoscere onestamente i ritardi e le mancanze”, ha aggiunto il Papa, ribadendo che “le forme di subordinazione che hanno tristemente segnato la storia delle donne vanno definitivamente abbandonate”. “Un nuovo inizio – ha raccomandato papa Bergoglio – dev’essere scritto nell’ethos dei popoli, e questo può farlo una rinnovata cultura dell’identità e della differenza”.

Alberto Chiara Famiglia cristiana 05 ottobre 2017

www.famigliacristiana.it/articolo/papa-no-all-utopia-del-neutro-si-all-alleanza-uomo-donna.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter+fc&utm_content=primopiano&utm_campaign=fc1741

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HUMANÆ VITÆ

Gregoriana: corso per i 50 anni dell’Humanæ Vitæ

Da giovedì 19 ottobre, il ciclo di 9 lezioni pubbliche che si concluderà a maggio 2018: “Il cammino della famiglia a cinquant’anni da Humanæ Vitæ”, organizzato dalla Pontificia Università Gregoriana con la collaborazione tra la Facoltà di Scienze Sociali e il Dipartimento di Teologia Dogmatica.

Ma ha senso, oggi, riflettere sull’ultima Enciclica di Paolo VI, pubblicata il 25 luglio del 1968 in contesti storici così lontani? Evidentemente sì, come spiega Emilia Palladino, docente di Etica della condizione femminile e della famiglia all’Università Pontificia. “Ha senso – spiega la docente – perché i tempi sono simili, in quanto forieri di grandissimi cambiamenti e sono anche legati fra di loro perché possiamo dire che l’uno è anche, in parte, chiaramente, il risultato dell’altro. Però – aggiunge Palladino – possiamo anche farci forti dell’insegnamento del pontificato di Francesco che guarda alla realtà come il primo elemento su cui riflettere per poter poi andare avanti e immaginare altri percorsi ecclesiali, pastorali, teologici e dottrinali. A nostro avviso è un’occasione che non si può perdere.”

Il ciclo, infatti, affronterà tematiche quali relazioni di coppie e famiglie, biotecnologie, controllo della vita e le due Encicliche Humanæ Vitæ e Amoris Lætitia. Due Lettere che “non entrano in contrasto o in competizione – specifica – ma che si parlano. I principi utilizzati nel primo caso – prosegue Palladino – come direttivi e normativi, sono nel secondo caso altrettanto direttivi e altrettanto normativi ma al servizio della realtà della vita di coppia e della vita di famiglia. Questo, l’Amoris Lætitia lo dice molto bene e anche in modo insistente”. Dunque, per quanto distanti mezzo secolo, “entrambe parlano di famiglia e, soprattutto, entrambe parlano di coppie”.

Da qui, la volontà di valutare il presente, “scrutando i segni dei tempi” e cercando soluzioni con tutte le espressioni intellettuali e sociali. Caratteristica e carisma, di una Chiesa capace di attraversare la storia.

Emanuela Campanile Radio Vaticana ottobre 2017

http://it.radiovaticana.va/news/2017/10/18/gregoriana_corso_per_i_50_anni_dellhumanae_vitae_/1343664

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OMOADOZIONE

Il sociologo americano Paul Sullins. «Per i figli di coppie gay i problemi raddoppiano»

Ma sull’adozione da parte del partner del genitore biologico apre: «Posso immaginare casi in cui permetterla». «Per i figli di coppie gay i problemi raddoppiano»

L’analisi attenta e senza pregiudizi delle circa 75 ricerche realizzate soprattutto negli Stati Uniti sui figli di genitori omosessuali mostra che la tesi della “nessuna differenza” è scientificamente infondata. «I figli di genitori omosessuali hanno il doppio delle probabilità di sviluppare problematiche emotive – depressione e ansia – rispetto agli altri bambini». Lo afferma Paul Sullins, docente di sociologia alla Catholic University of America di Washington, considerato tra i massimi studiosi del tema, autore di importanti studi sul tema dell’adattamento dei figli di coppie omosessuali, intervenuto nei giorni scorsi a un seminario organizzato all’Università Cattolica di Milano.

In Italia, anche a livello scientifico, è quasi impossibile discutere con moderazione sul tema dell’omogenitorialità. Chi solleva dubbi circa la tesi secondo cui i bambini dei genitori dello stesso sesso non mostrano problemi di sviluppo, è facilmente accusato di omofobia. Succede lo stesso negli Stati Uniti?

Penso che noi, che riconosciamo la presenza di problemi nello sviluppo di figli di coppie omosessuali, siamo sovente accusati di omofobia perché le prove in questa direzione sono talmente forti che coloro che ingenuamente accettano la tesi opposta avrebbero altrimenti ben pochi argomenti. Dobbiamo ricordare che molti, probabilmente la maggior parte, degli scienziati in questo campo sono essi stessi omosessuali e rispondono a livello emotivo e personale. Forse sono stati, a propria volta, oggetto di stigmatizzazione per il proprio orientamento sessuale. Quando mostriamo loro delle prove a sostegno delle difficoltà affrontate da queste famiglie, stiamo dunque loro chiedendo di affrontare una verità difficile.

La maggior parte della letteratura scientifica afferma che non esistono differenze tra i bambini di genitori dello stesso sesso e figli di genitori eterosessuali. È proprio così?

La tesi secondo la quale non ci sarebbero differenze tra i figli di famiglie omo ed eterosessuali è una pura invenzione, senza alcun fondamento scientifico. Ci sono due problemi principali nei circa 75 studi su cui tale tesi è fondata. Innanzitutto, la possibilità di trarre inferenze scientifiche si basa sull’utilizzo di campioni casuali accuratamente selezionati ma la maggior parte degli studi (almeno 70) non fa uso di un campione casuale. Al contrario, i partecipanti a questi studi vengono selezionati tra i membri attivi di gruppi a supporto della genitorialità gay.

Quali problemi dal punto di vista metodologico?

La maggior parte delle ricerche conta su meno di 40 partecipanti. Secondariamente, nessuno dei quattro o cinque studi che fanno uso di un campione casuale ha identificato direttamente le coppie omosessuali ma si è invece basato su un calcolo che, come abbiamo appurato, classifica erroneamente le coppie eterosessuali come omosessuali, sovrastimandone così il numero.

Riferendosi ai suoi studi, quali sono le difficoltà più comuni riscontrate nei bambini dei genitori dello stesso sesso?

I figli di genitori omosessuali hanno il doppio delle probabilità di sviluppare problematiche emotive – depressione e ansia – rispetto agli altri bambini. Ho potuto riscontrare risultati analoghi in molte mie ricerche che usavano database diversi e anche altri studiosi sono giunti a conclusioni simili, anche mediante studi longitudinali, che hanno seguito i bambini per oltre 20 anni.

Possiamo attribuire queste difficoltà alla stigmatizzazione da parte della società nei confronti delle persone omosessuali?

La stigmatizzazione è indubbiamente un problema ma non è un problema più grave per i figli di coppie gay né è in grado di spiegarne la maggior vulnerabilità. Ciò non significa in alcun modo che la stigmatizzazione sia accettabile. In tal senso, dobbiamo impegnarci per ridurre gli episodi di bullismo e vittimizzazione che costituiscono un problema grave per molti bambini, inclusi i figli di coppie gay.

Si sentirebbe di sostenere l’approvazione di leggi che permettono l’adozione da parte di genitori dello stesso sesso?

In generale no, ma credo possano sempre esserci delle eccezioni. Non credo che i risultati della mia ricerca possano diventare un punto a favore dell’adozione da parte di coppie omosessuali, dal momento che i figli di coppie adottive fanno già esperienza di maggiori difficoltà emotive. Dovremmo però chiederci qual è il superiore interesse del bambino. Dal momento che è cinquanta volte più probabile che un bambino sia eterosessuale piuttosto che omosessuale, il superiore interesse del bambino dovrebbe risiedere nel suo affidamento ad una coppia eterosessuale.

Una regola da rispettare in qualunque situazione?

No, non dovrebbe essere applicata in maniera rigida o automatica, fondata su ideologie politiche, di qualunque colore esse siano. Quando si prende in considerazione l’adozione da parte di un individuo omosessuale, occorre distinguere tra l’adozione da parte di due genitori – in cui due persone, nessuna delle quali legata al bambino da rapporti di parentela, chiedono allo stesso tempo di diventare legalmente genitori di un minore – e l’adozione da parte di un solo genitore, in cui il partner di uno dei genitori biologici del bambino chiede di poterlo adottare. Posso immaginare casi in cui permettere questo secondo caso (l’adozione da parte di un genitore) possa rappresentare l’interesse del bambino, ad esempio quando non è possibile ottenere supporto materiale e morale da parte dell’altro genitore naturale.

Luciano Moia con la collaborazione di Monica Accordini.

 

Presentata all’Università Cattolica la ricerca che prende in esame gli studi sul tema.

«Omogenitorialità e filiazione» è stato il titolo del seminario internazionale organizzato nei giorni scorsi all’Università cattolica di Milano. L’iniziativa, realizzata dal Centro di ateneo Studi e ricerche sulla famiglia diretto da Giovanna Rossi – che ha introdotto la giornata – è stata pensata per presentare il testo di Elena Canzi,Omogenitorialità, filiazione e dintorni. Un’analisi critica delle ricerche” (Vita e pensiero”, pag.120, euro 15) ed è stata impostata sulla lectio di Paul Sullins (Catholic University of America di Washington) che parlato sui “Risultati dello sviluppo per i figli di genitori dello stesso sesso: quello che sappiamo, e quello che non sappiamo”.

Per la presentazione del testo, oltre alla stessa autrice, sono interventi Eugenia Scabini e Vittorio Cigoli, già docenti di psicologia nello stesso ateneo, che hanno scritto l’introduzione al saggio, di fatto la prima analisi critica pubblicata in Italia sulle ricerche che si occupano di figli di coppie omosessuali. «Dal corpus delle ricerche presentate – hanno sottolineato tra l’altro i due esperti – risulta di tutta evidenza la forzatura della tesi della “non differenza”… A un livello più “meta” di riflessione empirica abbiamo rilevato la scorrettezza epistemologica prima che empirica sulla capacità della ricerca di “dimostrare” una tesi di così ampia portata». Riflessioni di grande interesse anche a proposito delle sensazioni sperimentate dai figli di genitori omosessuali: «Sono soprattutto i genitori dei figli a fornirci elementi per poter comprendere alcuni aspetti dei loro vissuti. Essi si sentono in difficoltà coi coetanei per timore che giudichino male la loro famiglia… e sappiamo quanto questo tasto sia delicato in particolare per i soggetti in crescita».

Luciano Moia Avvenire 3 ottobre 2017

www.avvenire.it/attualita/Pagine/per-i-figli-di-coppie-gay-i-problemi-raddoppiano

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UNIONE CONSULTORI ITALIANI PREMATRIMONIALE E MATRIMONIALI

Assemblea dei Consultori familiari Soci e Giornata di studio.

La giornata dell’Assemblea annuale dell’Ucipem è stata fissata sabato 11 novembre 2017 dalle ore 10.30 alle ore 16.00 a Milano nella sede legale presso la sede dell’Istituto La Casa in via Lattuada 14.

L’assemblea annuale è l’occasione per i Consultori dell’Unione di condividere la verifica del lavoro svolto, degli obiettivi raggiunti, delle previsioni per gli sviluppi di un servizio sempre più rispondente ai bisogni delle famiglie e delle persone in difficoltà di relazione oggi.

Sarà anche l’occasione per il rinnovo degli Organi sociali dell’Unione (Consiglio direttivo, Collegi dei Revisori dei conti, e dei Probiviri) secondo le modalità e i tempi previsti dallo Statuto e dal Regolamento. A questo proposito chi fosse disposto a proporsi per gli Organi sociali può inviare alla segreteria dell’Unione la sua candidatura a questo servizio.

Programma dell’Assemblea annuale e della giornata di studio

  • Accoglienza e introduzione del Vice Presidente dr Luca Proli

  • L’équipe cuore del Consultorio dell’Ucipem”. Relazione e discussione

Dr Laura Mullich – psicoanalista, psicoterapeuta, supervisore del Consultorio di Trieste.

  • Relazione del Presidente dr Francesco Lanatà e dei Revisori dei conti.

  • Votazioni per le elezioni degli Organi sociali.

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VIOLENZA

Donne di nuovo sotto tutela? Fa discutere l’articolo di Lucetta Scaraffia

Il dubbio che la difesa delle donne, vittima negli ultimi mesi di eclatanti casi di violenza, possa diventare anche il pretesto per rimettere in discussione conquiste culturali e sociali di decenni, ponendo il genere femminile sotto nuove forme di “tutela”, è venuto in mente a più di qualcuno. La campagna anti violenza del quotidiano romano Il Messaggero questo dubbio l’ha recentemente rafforzato. Lanciata lo scorso 14 settembre, la campagna da una parte intende denunciare l’insicurezza in cui versa la città, dall’altra avanzare proposte che vanno dal potenziamento della illuminazione pubblica (un diritto che però dovrebbe prescindere dalla questione degli stupri sulle donne) alla rete di telecamere in negozi, discoteche e pub fino ai taxi agevolati per chi gira di notte.

Ad accompagnare l’iniziativa, il giorno del suo lancio ufficiale, un corsivo in prima pagina di Lucetta Scaraffia, giornalista e storica della Chiesa, collaboratrice dell’Osservatore Romano, testata per cui da diversi anni cura l’inserto femminile “Donne, Chiesa, mondo”.

www.ilmessaggero.it/primopiano/cronaca/roma_insicura_stupri_manuale_donne-3238706.html

Il corsivo della Scaraffia ha suscitato un vespaio di polemiche, sia tra le attiviste dei movimenti delle donne che sui social network. L’articolo, per la verità, esordisce affermando un concetto caro al movimento delle donne: «Non si deve mai dire, di una donna stuprata, che se l’è andata a cercare. Ogni donna ha il diritto di essere rispettata sempre, comunque vada vestita e qualsiasi cosa faccia, soprattutto quando si fida di colui che sarà il suo stupratore».

Poi però la Scaraffia aggiunge: «A proposito della ragazza finlandese stuprata a Roma l’altra notte, viene però voglia di chiederle: nessuno ti ha mai insegnato a non accettare passaggi dagli sconosciuti, tanto più alle 4 del mattino? Sono sicura che è pericoloso ovunque, anche in Finlandia. E viene anche da pensare che il mito della raggiunta eguaglianza con gli uomini stia portando a effetti perversi, e che molte ragazze ormai girino di notte senza prendere le più elementari precauzioni».

Le donne che vogliono, giustamente, continuare a girare da sole per la città, anche di notte, ammette la Scaraffia. «Ma per raggiungere un buon grado di sicurezza nelle strade è indispensabile il contributo di tutti». E le donne devono accettare l’idea di avere bisogno di protezione. Di qui alla tutela del maschio sulla donna, legittimato dalla condizione se non intrinsecamente almeno socialmente fragile delle donne, il passo è breve.

Ma c’è di più: per la Scaraffia la responsabilità del pericolo che grava oggi sulle donne è anche e soprattutto il femminismo: infatti, «l’antica idea che gli uomini devono proteggere le donne è forse una delle prime consuetudini che il femminismo ha cancellato, dal momento che ha significato per le donne l’illusione di proteggersi da sole», scrive Scaraffia. «Il femminismo infatti ha rigettato con orrore l’idea che le donne avessero bisogno di protezione, preferendo inseguire una libertà dal loro destino biologico, cioè negando sia la maternità sia la maggiore fragilità, per arrivare a equipararle in tutto e per tutto ai maschi. Il tentativo di fare delle donne degli ‘uomini come gli altri’, padrone del loro corpo, aveva dei lati positivi, senza dubbio, ma anche il difetto di ignorare condizioni di realtà evidenti. La debolezza di questo progetto, così evidentemente utopistico, è stata pagata a duro prezzo da quelle donne, soprattutto giovani, che hanno creduto di non avere più bisogno di cautele. In realtà, un rapporto più libero e consapevole con il proprio corpo non deve escludere la necessità di riconoscere i rischi e le debolezze del destino femminile, per prevenirli. In qualsiasi città del mondo».

Neanche a farlo apposta lo stesso giorno, sul Manifesto, Bia Sarasini, giornalista e saggista, militante femminista e in passato direttore di Noidonne, scriveva, sempre a proposito di stupri e di “emergenza sicurezza” per le donne: «E la libertà – delle donne, delle ragazze – è il punto geometrico del conflitto. La solidarietà, perfino il dolore, sono pieni di ombre, di dubbi. Perché quelle ragazze sono in giro di notte? Perché si fidano di chiunque? Perché si permettono di andare in giro come se fossero dei ragazzi, dei maschi?».

Alle argomentazioni della Scaraffia risponde direttamente un’altra storica della Chiesa, Anna Carfora, interpellata da Adista: «Non c’è alcun destino, biologico o culturale che sia – sostiene Carfora – che condanni le donne ad essere esposte. Lucetta Scaraffia, sul Messaggero, ha sostenuto che non è il caso di aspettarsi la conversione degli uomini al rispetto delle donne: questo mi pare giusto; non si tratta di perseguire il pentimento e il cambiamento di certi uomini; ma la questione, a mio avviso, è tutt’altra: non possiamo pensare di tornare alla tutela del pudore femminile. La violenza sessuale deve risultare interdetta come un tabù. Per perseguire un simile obiettivo serve la tolleranza zero, una mobilitazione della società civile, e sottolineo l’aggettivo civile, condotta a tutto campo, dalla scuola e dalla famiglia, dai media e dalle istituzioni, in chiesa e al bar, al supermercato e in discoteca. Ma una cosa deve essere chiara a tutti, soprattutto a coloro che hanno una maggiore responsabilità sociale poiché le loro idee contribuiscono a fare tendenza e opinione: la lotta non può essere deviata introducendo considerazioni pericolosamente fuorvianti; non si può concentrare l’attenzione sulla provenienza degli stupratori, e sono in troppi, in questo momento, a cavalcare la tigre degli stupri compiuti da immigrati per rinfocolare i rigurgiti razzisti e nazionalistici. Né si può parlare delle vittime, delle loro presunte imprudenze o della fragilità femminile, altrimenti si innesca il cortocircuito semplificatore per cui per natura la femmina è preda e il maschio è cacciatore. Le donne non si toccano, né in casa, né al parco alle 4 del mattino. Né nude, né vestite da suora». 

Valerio Gigante Adista 02 ottobre 2017 www.adista.it/articolo/57727

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