UCIPEM Unione Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali
NewsUCIPEM n. 668 – 24 settembre 2017
Unione Consultori Italiani Prematrimoniali E Matrimoniali
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02 ACCORDI Uno dei coniugi non lavora è efficace anche dopo la separazione.
02 ADOLESCENZA Crescita e problemi.
04 ADOZIONI INTERNAZIONALI In 10 anni crollo del 73,5%.
05 AFFIDO ESCLUSIVO PAS o no, la madre inadeguata perde l’affido della figlia.
06 ASSEGNO DIVORZILE Si deve dare continuità alla recente giurisprudenza della Corte.
06 CENTRO INTERN. STUDI FAMIGLIA Newsletter CISF – n. 34, 20 settembre 2017.
07 CHIESA CATTOLICA La forza dell’alleanza. La sapienza cristiana della famiglia.
08 Essenziale sprone. Francesco, la pedofilia e la mafia.
09 Commiss. Adozioni Internazionali Autocertificazioni delle istanze rimborso spese adozioni 2011.
09 CONFERENZA SULLA FAMIGLIAA Roma il 28 e 29 settembre 2017.
10 Ballarani: «Oggi il diritto di famiglia sta emarginando i piccoli».
11 CONSULTORI FAMILIARI Federazione Toscana CIC-UCIPEM. Il Consultorio al servizio della famiglia.
12 Torino. Punto Familia: percorso per la Vita di coppia-
13 CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM Vittorio Veneto. Attività sul territorio
13 CONVIVENZA Come si può attestare legalmente che si è conviventi?
14 Intollerabilità della convivenza a base della separazione dei coniugi
15 DALLA NAVATA XXV domenica del tempo ordinario – Anno A – 24 settembre 2017.
15Misericordia non meritocrazia! (Enzo Bianchi).
17 FRANCESCO VESCOVO DI ROMAIl Papa nell’udienza alla Commissione per la tutela dei minori.
18 Abusi sessuali. Ecco ciò che il papa ha detto, ma quanto vale?
18 Pedofilia: Papa, Chiesa in ritardo, mai grazia a colpevoli.
20 GARANTE PER LA PRIVACY Scelta del Responsabile della protezione dei dati.
21 GAZZETTA UFFICIALE Sostegno alla natalità.
21 MINORENNI Minorenne incinta: può sposarsi?
21 RICONOSCIMENTO Diritto a trascorrere tempo da solo col figlio riconosciuto tardi.
22 SEPARAZIONE Sentenza non definitiva scioglimento\cessazione degli effetti civili-
22 SUMMA FAMILIAÆ CURA Motu proprio di Papa Francesco.
23 Mons Paglia: famiglia rinnova Chiesa e società.
24 La forza dell’alleanza. La sapienza cristiana della famiglia. Sequeri.
24 Con Francesco si cambia famiglia.
25 La Summa Familiæ di papa Francesco: una “salutare autocritica”.
27 Famiglia, la nuova università di papa Francesco.
28 VIOLENZA Violenza psicologica, maltrattamento invisibile: come difendersi?
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ACCORDI
L’accordo secondo cui uno dei coniugi non lavora è efficace anche dopo la separazione
Corte di Cassazione, sesta Sezione civile, ordinanza n. 3297, 8 febbraio 2017
Secondo la Cassazione, poiché con la separazione si tende a mantenere il più possibile gli effetti propri del matrimonio, compreso il tipo di vita di ciascuno dei coniugi, se prima della separazione i coniugi hanno concordato, o anche solo accettato, che uno di essi non lavorasse, l’efficacia di tale accordo permane anche dopo la separazione.
La Corte di Cassazione si è occupata di un interessante caso in materia di diritto di famiglia e separazione dei coniugi. In particolare, se durante il matrimonio i coniugi si sono accordati nel senso che uno dei due non lavorasse, questo accordo mantiene validità anche dopo la separazione?
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza sopra citata, si è occupata proprio di questa questione, fornendo alcune precisazioni sul punto.
Nel caso esaminato dalla Cassazione, la Corte d’appello di Catanzaro aveva modificato la pronuncia di primo grado, stabilendo che la moglie versasse un contributo per il mantenimento dei figli, pari a Euro 150 per ciascun figlio, oltre al 30% delle spese straordinarie.
Ritenendo la decisione ingiusta, la moglie proponeva ricorso per Cassazione, evidenziando la violazione degli artt. 155 e 156 codice civile e chiedendo la conferma del provvedimento di primo grado, che le aveva riconosciuto il diritto ad un assegno mensile di mantenimento di Euro 1.700,00,
La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di dover aderire alle argomentazioni svolte dalla ricorrente, accogliendo il relativo ricorso. In particolare, secondo la Cassazione, la Corte d’appello non aveva ricostruito le situazioni reddituali e patrimoniali dei coniugi, confrontandole tra loro, e non aveva nemmeno determinato la consistenza del reddito dei due coniugi, in modo tale da poter valutare se la somma attribuita al coniuge meno abbiente fosse adeguata oppure no.
Infine, la Cassazione evidenziava come, con riferimento alla condizione lavorativa della moglie, la Corte d’appello non avesse tenuto conto del principio posto dalla stessa Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18547 del 2006, in base al quale “siccome la separazione instaura un regime che tende a conservare il più possibile gli effetti propri del matrimonio compatibili con la cessazione della convivenza e, quindi, anche il tipo di vita di ciascuno dei coniugi, se prima della separazione i coniugi hanno concordato – o, quanto meno, accettato – che uno di essi non lavorasse, l’efficacia di tale accordo permane anche dopo la separazione”.
In sostanza, dunque, se i coniugi durante il matrimonio si sono accordati nel senso che uno dei due non lavorasse, questo accordo rimane efficace anche in caso di separazione e il giudice dovrà tenerne conto nel momento in cui si trova a dover valutare se riconoscere o meno il diritto all’assegno di mantenimento.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto dalla moglie, annullando la sentenza di secondo grado e rinviando la causa alla Corte d’appello, affinché la medesima decidesse nuovamente sulla questione, in base ai principi sopra enunciati.
Redazione giuridica Brocardo 20 settembre 2017
www.brocardi.it/notizie-giuridiche/accordo-secondo-coniugi-lavora-efficace-anche-dopo-separazione/887.html?utm_source=Brocardo+Giorno&utm_medium=email&utm_content=news_big_famiglia&utm_campaign=2017-09-20
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ADOLESCENZA
Crescita e problemi
Chi sono gli adolescenti e che cosa si intende per adolescenza. L’adolescenza (dal latino adolescere=crescere) è per definizione quel periodo di transizione della vita che segue la fanciullezza e precede l’età adulta e che convenzionalmente va dagli 11 ai 18 anni per le femmine e dai 14 ai 21 anni per i maschi. Si tratta di un arco caratterizzato da una serie di modificazioni somatiche oltre a essere un momento chiave per lo sviluppo psicosociale dei caratteri sessuali.
L’adolescenza rappresenta un periodo particolarmente delicato dell’esistenza di un individuo durante il quale si evidenziano comportamenti spesso comuni: non ancora adulto ma non più bambino, l’adolescente osserva il suo corpo che cambia, a volte, senza avere gli strumenti per comprendere e gestire tale cambiamento, può vivere una fase conflittuale con i genitori e interrogarsi sulla propria identità sociale e sessuale. Dei problemi tipici dell’adolescente, che richiedono competenze interdisciplinari specifiche, si occupa l’adolescentologia, branca della pediatria che si occupa dei soggetti in età adolescenziale.
La salute degli adolescenti. La Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza (SIMA) stima che in Italia circa 300.000 ragazzi tra i 15 e i 17 anni soffrano di almeno una patologia cronica, che non viene adeguatamente curata probabilmente a causa di un minore monitoraggio da parte dei medici e delle famiglie dovuto all’indipendenza dell’individuo.
Inoltre, secondo il rapporto sulla Strategia Globale per le donne, bambini e adolescenti Salute 2016-2030: guida per sostenere l’azione nei Paesi dell’Organizzazione mondiale della sanità (i cui risultati sono stati riportati da Quotidiano Sanità), nel corso del 2015 si sono registrati circa 1,2 mln di morti nella fascia di età compresa tra 10 e 19 anni per diverse cause. In primis gli incidenti stradali che hanno provocato 115.000 decessi seguiti, nell’ordine, dalle infezioni alle vie respiratorie inferiori, dai suicidi e da pratiche di autolesionismo, diarrea e annegamento. Anche le complicazioni legate alla gravidanza nel novero delle cause di decesso tra gli adolescenti verificatesi, per più di due terzi, in paesi a basso e medio reddito in Africa e Sud-Est asiatico.
Circa 3.000 morti al giorno, la maggior parte di queste, secondo l’Oms, prevenibili con adeguati servizi sanitari, con l’istruzione e con il sostegno sociale.
I disturbi psicopatologici. Secondo la Società Italiana di Pediatria, “gli studi epidemiologici indicano che un adolescente su cinque va incontro ad un disturbo psicopatologico”. I più frequenti sono i disturbi d’ansia e depressivi e l’abuso e dipendenza da sostanze mentre il suicidio è una delle cause di morte più comune tra i giovani. Si tratta di argomenti complessi gestiti dal neuropsichiatra infantile ma, come si legge ancora sulle pagine della SIP, il pediatra ha un ruolo fondamentale nel riconoscere e comprendere i primi segni della depressione da condividere con lo specialista.
Riconoscere la depressione è il primo passo per intraprendere un percorso di cura efficace – intervista alla dr Simona Carniato, specialista in psicoterapia.
I disturbi dell’alimentazione nell’età adolescenziale. Durante l’età evolutiva, l’alimentazione deve supportare l’accrescimento dell’organismo attraverso l’apporto dei nutrienti appropriati all’aumentato fabbisogno energetico. Le ragazze adolescenti, in particolare, nel momento del loro sviluppo necessitano di un maggiore apporto di ferro e di calcio.
Soprattutto è importante osservare e saper intervenire nella correzione di comportamenti alimentari irregolari che nell’età adolescenziale possono andare dal consumo di junk food, al salto dei pasti, fino a veri e propri disturbi del comportamento alimentare (anoressia, bulimia, ortoressia). Questi ultimi rappresentano un fenomeno che solo nel nostro Paese, secondo gli studi, riguarda 2,3 milioni adolescenti.
Salute riproduttiva e comportamenti sessuali. In un Paese come l’Italia dove la natalità ha raggiunto il record di livelli negativi, il tema della fertilità non è più un tabù tuttavia, come riporta Andrea Borini presidente Sifes e Mr sulle pagine di Sanità24, “l’informazione in materia è superficiale e inesatta”. I giovani sono poco preparati sul tema della fertilità e si affidano al Web per colmare le lacune: per il 37,4% dei ragazzi che nel 2016 hanno preso parte all’indagine dal titolo I Giovani e la Fertilità” la Rete è la prima fonte di informazione su questi temi. Basti pensare, per esempio, che negli ultimi anni la diagnosi precoce in ambito andrologico si è ridotta, probabilmente a causa della scomparsa della “visita di leva” che per i giovani maschi ha rappresentato per anni l’unica forma di screening. Di conseguenza si registra un aumento di malattie andrologiche non diagnosticate e facilmente prevenibili e curabili.
Riguardo alla malattie sessualmente trasmesse, queste risultano in continuo aumento nel mondo mentre si abbassa sempre di più l’età in cui si presentano. La tendenza soprattutto dei giovani ad avere più partner sessuali fa sì che a livello globale la popolazione tra i 15 e i 24 anni risulti una delle fasce più esposte a questo gruppo di malattie infettive e che una adolescente su 20 presenti un’infezione batterica acquisita per via sessuale.
Secondo una ricerca Censis Adolescenti e Millennials: la sessualità e la prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili e dell’Hpv (2017) non è sempre chiara la distinzione tra contraccezione e prevenzione: infatti, se il 70,7% dichiara di usare il profilattico come strumento di prevenzione, il 17,6% per le stesse ragioni dichiara di fare ricorso alla pillola anticoncezionale, concependola erroneamente, quindi, non come metodo contraccettivo bensì come strumenti di prevenzione.
Il ruolo dei genitori nel processo di crescita di un adolescente. In virtù della complessità del periodo di transizione dell’adolescenza, il ruolo dei genitori non è semplice. Accusati talora di indifferenza, talora di invadenza, il “trucco” sta nella ricerca di un dialogo aperto senza pregiudizi né prevenzioni: parlare, capire quali sono le amicizie e le frequentazioni, cercare un punto di incontro mantenendo fermo il gioco dei ruoli genitore/figlio: il rapporto tra genitori e figli adolescenti è un terreno lastricato di difficoltà e addossare le colpe esclusivamente ai “fenomeni biologici” sarebbe riduttivo.
Piuttosto è importante che gli adolescenti di domani vengano “preparati” a vivere a quella che sarà, seppure transitoria, una nuova condizione fin da quando sono bambini: famiglia, scuola e network di relazioni devono lavorare per tempo nella costruzione di rapporti saldi e solide certezze.
Redazione Paginemediche 23 settembre 2017
www.paginemediche.it/benessere/mamma-e-bambino/adolescenza-come-affrontare-il-periodo-critico?utm_source=Weekly+NL%3A+utenti+pubblici+NEW&utm_campaign=657f6a8d5f-Newsletter_Pubblica_84_23_09_2017_NEW&utm_medium=email&utm_term=0_15908c0aeb-657f6a8d5f-168826737
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ADOZIONI INTERNAZIONALI
In 10 anni crollo del 73,5%.
Marco Griffini (Ai.Bi.) “Finché Stati di origine e di accoglienza non considereranno prioritario il diritto di un bambino abbandonato alla famiglia, nulla cambierà”.
L’Italia è il primo Paese in Europa e il secondo nel mondo dopo gli Stati Uniti per numero di bambini adottati. È quanto emerge dal rapporto della Commissione Adozioni Internazionali “Dati e prospettive nelle adozioni internazionali”, secondo cui le famiglie italiane hanno accolto 2.206 minori nel 2014 e 2.216 nel 2015. Tuttavia dai dati emerge una riduzione progressiva del 73,5% in dieci anni.
Perché le adozioni sono in calo. Se le adozioni internazionali stentano a decollare il motivo è soprattutto ‘politico’ e ‘culturale’: “Finché gli Stati di origine e quelli di adozione non considereranno una priorità la necessità di dare una mamma a un bambino nulla cambierà. “. Ne è convinto il presidente dell’ONG “Amici dei bambini” (Ai.BI), Marco Griffini, che si dice fiducioso sulla ripresa delle attività della Commissione Adozioni Internazionali (Cai) dopo lo stop di tre anni durante i quali “sono stati creati dei danni immensi“. “Le coppie italiane hanno perso la fiducia nell’adozione internazionale ed ora non resta che ricostruirla “, ha dichiarato Griffini all’Agi.
“Il bene dei bimbi non interessa a nessuno”. In generale c’è un problema di fondo che accomuna tutto il mondo: “Il bene del bambino non interessa a nessuno “. “In Africa ci sono milioni di minori abbandonati, parliamo di 8 milioni solo in Congo. Ma la maggior parte dei Paesi africani ha chiuso le adozioni internazionali perché si sono verificati episodi di corruzione e di traffici illeciti. Di chi è la colpa? Nostra. Siamo noi occidentali che non siamo stati in grado di aiutare quei Paesi a dotarsi di una struttura efficiente “.
“Un bambino ha diritto a una famiglia”. “Siamo abituati a trattare le emergenze riguardo l’infanzia su temi che vanno dalla scuola alla sanità, alla guerra, ma non consideriamo il problema dell’abbandono. Quello non interessa a nessuno “. In particolare, secondo Griffini, “l’Unione Europea ha fatto passi in avanti e oggi progetta dei Piani Marshall per l’Africa, che toccano anche il tema dell’abbandono. Ma le grandi agenzie come l’Unicef, l’Onu, non prendono in considerazione il benessere familiare del bambino abbandonato. A loro interessa che mangi, che sia istruito, che sia sano, ma non che abbia o meno una famiglia “. Tuttavia, “bisogna andare oltre le questioni burocratiche e impedire che per alcuni episodi di mala adozione si blocchi tutto “. Griffini ne è certo: “E’ necessario capire che effettivamente un bambino ha diritto a una madre. Se l’adozione viene vista come un contentino per genitori adottivi che non hanno figli e vogliono togliersi lo sfizio, allora la situazione non cambierà mai. Abbiamo bisogno che politica e cultura si mettano a disposizione dei bambini abbandonati. E oggi non è così “. Ma qual è il quadro delle adozioni in Italia?
Origine e età dei bimbi. Quanto all’origine geografica dei bambini accolti in Italia, la maggior parte arriva dall’Europa (con in testa la Russia, la Polonia e la Bulgaria). Seguono subito dopo l’Asia (con Cina, India e Vietnam), le Americhe (Colombia, Cile e Brasile) e l’Africa (Etiopia, Congo e Burkina).
Per quanto riguarda l’età, i bambini più grandi in media sono quelli che provengono dalla Bielorussia (13,6 anni). Poco più piccoli quelli che arrivano dall’Ucraina (10,1 anni nel 2014 e 9,1 anni nel 2015), dal Brasile (8,2 anni nel 2014 e 8,4 anni nel 2015), dal Cile (7,3 anni nel 2014 e 7,9 anni nel 2015), dalla Bulgaria (8,1 anni nel 2014 e 7,5 anni nel 2015), dalla Polonia (7,7 anni nel 2014 e 7,4 nel 2015), dal Perù (6,2 anni nel 2014 7,1 anni nel 2015) e dalla Repubblica Democratica del Congo (7 anni nel 2015). I più piccoli, di 2 e 3 anni circa, provengono dal Vietnam, dall’Etiopia e dalla Cina. I russi invece arrivano in Italia a circa 5 anni di età.
Chi sono le coppie che adottano Le coppie che adottano bambini hanno in media più di 40 anni. Con mamme e papà che si collocano tra i 40 e i 44 anni. Sopra i 50 anni di età ci sono il 19,7% dei padri (20,3% nel 2014) e il 10,3% delle madri (11,5% nel 2014). Mentre per quanto riguarda le classi di età più giovani emerge che solo l’1,3% dei padri (1,2% nel 2014) e il 3,4% delle madri (3% nel 2014) ha un’età inferiore ai 35 anni. Quanto al grado d’istruzione l’85% ha un diploma di scuola superiore o una laurea.
Il percorso adottivo: motivazioni e tempistica. Le famiglie italiane, che hanno un’età media al matrimonio di 30-32 anni per le donne e di 32-34 per gli uomini, in media iniziano il percorso adottivo dopo circa otto-nove anni di matrimonio.
L’intero iter adottivo si compone di due fasi, rispetto alle quali le coppie italiane, in riferimento al periodo rilevazione 2014-2015, hanno impiegato in media:
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18 mesi dal momento della dichiarazione di disponibilità al Tribunale dei Minorenni competente fino al rilascio del decreto di idoneità da parte di tale autorità giudiziaria, cui si aggiunge il periodo impiegato per la scelta dell’Ente autorizzato da parte degli aspiranti genitori adottivi;
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25 mesi per portare a termine la procedura adottiva, a partire dal conferimento di incarico all’ente sino al ricevimento dell’autorizzazione all’ingresso.
Tra le principali motivazioni, la più comune (l’88,2%) è legata a problemi di fertilità. Mentre una seconda motivazione riguarda le coppie che hanno avuto una positiva esperienza di accoglienza di un minore straniero, come avviene per le famiglie che ospitano minori per soggiorni così detti di risanamento o soggiorni di accoglienza.
Cosa prevede la legge. La normativa italiana prevede l’adozione da parte di coppie sposate e contempla anche la possibilità di adozioni in casi particolari (art.44 legge adozioni) rendendo possibile, in tali ipotesi, l’adozione anche da parte di chi non coniugato. Ma qual è il cammino per adottare un bambino?
Ecco i 4 passi principali da effettuare
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In Italia gli aspiranti genitori adottivi, come primo passo, devono rivolgersi al Tribunale per i minorenni di competenza territoriale per presentare la dichiarazione di disponibilità all’adozione.
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Il Tribunale incarica quindi i Servizi sociali competenti del territorio di conoscere la coppia e di valutarne le potenzialità genitoriali ai fini di redigere una relazione psico-sociale, in grado di fornire al giudice tutti gli elementi utili per la Legge 4 maggio 1983, n. 184 12 decisione.
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Una volta ricevuta la relazione il Tribunale convoca i coniugi per un ulteriore approfondimento, cui seguirà il rilascio del decreto di idoneità all’adozione internazionale.
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Gli aspiranti genitori adottivi, poi, se intendono avviare un iter adottivo, devono, necessariamente conferire l’incarico, entro un anno dalla notifica del decreto, ad un Ente autorizzato dalla Commissione, che dovrà assisterli e seguirli lungo tutto il percorso adottivo; se i genitori lo richiedono anche durante il periodo post adottivo.
La geografia delle adozioni. Nel biennio 2014-2015, sono stati autorizzati all’ingresso in Italia a scopo adottivo 4.420 minori stranieri, precisamente 2.206 nel 2014 e 2.214 nel 2016, con una media, nel biennio, di 1,2 minori autorizzati all’ingresso per coppia, un dato in linea con quanto riscontrato negli anni precedenti.
La maggior parte dei bambini sono stati accolti da famiglie residenti in Lombardia, segue la Toscana e il Lazio, la Campania e il Veneto. In tema di adozioni l’Italia si muove in direzione opposta con quattro regioni che hanno fatto registrare, il maggiore incremento di minori autorizzati all’ingresso: la Campania +45 minori (+ 25,9% sul 2014), la Sardegna +32 minori (+91,4% sul 2014), la Toscana +25 minori (+11,3% sul 2014) e il Friuli-Venezia Giulia +11 minori (+36,7% sul 2014). E quattro regioni che invece hanno registrato il maggiore decremento in valore assoluto sono la Sicilia -44 minori (-34,9% sul 2014), il Lazio -35 minori (-16,2% sul 2014), la Lombardia -22 minori (-5,6% sul 2014) e la Liguria – 16 minori (-21,1%).
News Ai. Bi. 21 settembre 2017
www.aibi.it/ita/adozioni-internazionali-marco-griffini-ai-bi
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AFFIDO ESCLUSIVO
PAS o no, la madre inadeguata perde l’affido della figlia
Corte di Cassazione, prima Sezione civile, ordinanza n. 21215, 13 settembre 2017
www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_27475_1.pdf
Per la Cassazione, a prescindere dalla sussistenza della patologia, sono i comportamenti complessivi della donna a giustificare l’affido esclusivo al padre. La madre inadeguata e che cerca continuamente di screditare il padre agli occhi della figlia sino a determinare nella piccola una sindrome di alienazione parentale [PAS] perde l’affidamento della minore, che resta esclusivamente al papà.
Una simile decisione, già presa dalla Corte d’appello di Napoli, è stata confermata anche dalla Corte di cassazione, che tuttavia non si è espressa esplicitamente sulla PAS. I giudici di legittimità, infatti, hanno ritenuto che le carenze della madre fossero sufficienti a giustificare la scelta di disporre l’affidamento esclusivo della minore al padre, mentre l’allegazione in Cassazione di un mero dissenso scientifico non inerente a un vizio del processo logico, si traduce in una domanda di revisione nel merito del convincimento del giudice e, in quanto tale, è inammissibile.
Con l’occasione la Corte ha anche ricordato che chi intende infirmare in Cassazione sotto il profilo della insufficienza argomentativa la motivazione di una sentenza che recepisce le conclusioni di una CTU della quale il giudice ha ritenuto di condividere il merito deve, innanzitutto, allegare di aver rivolto critiche alla consulenza dinanzi al giudice a quo. Inoltre, deve anche trascriverne nel ricorso i punti salienti al fine di permettere alla Corte di cassazione di valutare i termini di decisività e rilevanza della questione.
Inadeguatezza della madre. A fronte delle esplicite censure della ricorrente in merito al riferimento fatto dalla Corte d’appello alla diagnosi di PAS, la Cassazione ha precisato che la questione non riguarda la ricorrenza o meno di una patologia, quanto piuttosto “l’adeguatezza di una madre a svolgere il proprio ruolo nei confronti di una figlia minore che si trova in grave difficoltà, avrebbe bisogno del sostegno di entrambi i genitori, ma non riceve la collaborazione di cui ha bisogno dalla madre”. Le univoche risultanze di causa hanno confermato tale quadro e, che si tratti di PAS o no, l’affidamento esclusivo al padre deve essere confermato.
Valeria Zeppilli Newsletter Giuridica Studio Cataldi 19 settembre 2017
www.studiocataldi.it/articoli/27475-pas-o-no-la-madre-inadeguata-perde-l-affido-della-figlia.asp
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ASSEGNO DIVORZILE
Si deve dare continuità alla recente giurisprudenza della Corte
Corte di Cassazione, sesta sezione civile, ordinanza n. 20525, 29 agosto 2017.
1. Il Tribunale di Fermo ha statuito sulla cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto da B.M. e C.L. imponendo la corresponsione di un assegno divorzile in favore della C. in ragione della forte sproporzione delle situazioni reddituali e patrimoniali delle parti e al fine di una conservazione, almeno tendenziale, in favore del coniuge economicamente più debole del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.
2. Tale decisione è stata confermata dalla Corte di appello di Ancona con sentenza n. 617/2015.
3. Ricorre per cassazione B.M. deducendo, con il primo motivo di impugnazione, la violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art.5, comma 4, e dei parametri legali ivi indicati nonché la contraddittorietà intrinseca della pronuncia. Lamenta il ricorrente che non sia stata adeguatamente valutata la circostanza dell’attribuzione alla C. della somma di Lire 157.000.000 prima della pronuncia relativa al divorzio e che non si sia tenuto conto delle condizioni economiche della C. (stipendio mensile di professoressa di matematica, casa di abitazione di sua proprietà, recenti investimenti immobiliari) che escludono la sussistenza dei presupposti per l’attribuzione di un assegno divorzile in suo favore.
Ritenuto che:
5. Il ricorso deve essere accolto dando così continuità alla recente giurisprudenza di questa Corte (Cass. civ. sez. 1° n. 11504 del 10 maggio 2017) secondo cui il diritto all’assegno di divorzio, di cui alla L. n. 898 del 1970, art.5, comma 6, come sostituito dalla L. n. 74 del 1987, art.10, è condizionato dal suo previo riconoscimento in base ad una verifica giudiziale che si articola necessariamente in due fasi, tra loro nettamente distinte e poste in ordine progressivo dalla norma (nel senso che alla seconda può accedersi solo all’esito della prima, ove conclusasi con il riconoscimento del diritto): una prima fase, concernente l’an debeatur, informata al principio dell’autoresponsabilità economica di ciascuno dei coniugi quali persone singole ed il cui oggetto è costituito esclusivamente dall’accertamento volto al riconoscimento, o meno, del diritto all’assegno divorzile fatto valere dall’ex coniuge richiedente; una seconda fase, riguardante il quantum debeatur, improntata al principio della solidarietà economica dell’ex coniuge obbligato alla prestazione dell’assegno nei confronti dell’altro quale persona economicamente più debole (artt. 2 e 23 Cost.), che investe soltanto la determinazione dell’importo dell’assegno stesso.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Ancona che in diversa composizione deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Elena Jaccheri 15 settembre 2017 ordinanza
www.studiolegalejaccheri.it/2017/09/15/ai-fini-del-riconoscimento-della-successiva-eventuale-quantificazione-dellassegno-divorzile-si-deve-dare-continuita-alla-recente-giurisprudenza-della-corte
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CENTRO INTERNAZIONALE DI STUDI SULLA FAMIGLIA
Newsletter CISF – n. 34, 20 settembre 2017
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Essere padri, essere figli [guarda il video]. Fa davvero pensare, questo delicato video sulla relazione tra un padre e un figlio. Poche parole, ma immagini capaci di descrivere il debito generazionale e la circolarità delle relazioni molto più di tanti libri e di tante conferenze.
www.youtube.com/watch?v=7hbBuEA5PN0
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Family impact. Imminenti le giornate di confronto internazionale a Milano (21-22 settembre) e Trento (23 settembre) sulla valutazione dell’impatto familiare. Milano, 21-22 settembre, presso Università Cattolica (21 e 22 mattina) e Regione Lombardia(22 pomeriggio) Trento, 23 settembre (mattina), presso sede della Provincia Autonoma di Trento.
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Assistenza a lungo termine: solo il 2,7% degli over-65 italiani assistiti a domicilio, fra servizi disomogenei che generano disuguaglianze. [Scarica l’indagine], dal titolo “La Babele dell’assistenza domiciliare in Italia. Chi la fa, come si fa”. Il prof. Bernabei presenta l’indagine di Italia Longeva: “L’Italia non ha ancora dato una risposta univoca, né ha individuato un modello condiviso, per la gestione della più grande emergenza demografica ed epidemiologica del presente e del futuro […]. Dato di fondo la disomogeneità, ma emergono due suggerimenti: tranne qualche eccezione, servizi insufficienti laddove è meno sviluppata l’integrazione fra servizio sanitario e operatori sociali dei Comuni, e assistenza domiciliare meno costosa dove si dedicano più ore ‘di qualità’ a ciascun paziente”. www.italialongeva.it/wp-content/uploads/2017/07/RicercaAdi2.pdf
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Dalle case editrici
Laterza, I segreti delle madri.
Cittadella, Le cose nuove di “Amoris Lætitia”. Come papa Francesco traduce il sentire cattolico.
Edizioni Segno, La vita spirituale del bambino.
Mondadori, Risalire in superficie. Conoscere e affrontare la depressione.
Zucal Silvano, Filosofia della nascita, Morcelliana, Brescia, 2017, pp. 544, € 38,00. La nascita è, per tutti, l’esperienza straordinaria dell’accesso alla vita umana, e in quanto tale è un concetto che ha una potenzialità filosofica. In questo volume si trova una lettura dell’evento natale capace di aprire molteplici prospettive, sia al “femminile” – con H. Arendt e M. Zambrano – sia al “maschile”, seguendo le principali prospettive fenomenologiche, soprattutto della scuola francese […].
http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf3417_allegatolibri.pdf
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Save the date
Nord Questioni etico-antropologiche in medicina. Ciclo di tre incontri, promosso dalla Fondazione Ambrosianeum e dalla Fondazione Matarelli, Milano, 25 ottobre 2017 (Mode alimentari e salute – non sempre vanno d’accordo), 15 novembre 2017 (Come decidere sulla fine della vita – per un discernimento etico), 22 novembre 2017 (La sfida educativa dell’adolescenza – un approccio disciplinare).
www.ambrosianeum.org/questioni-etico-antropologiche-in-medicina
L’alfabeto dei sentimenti, Laboratorio ludico-didattico per bambini/ragazzi dai 4 ai 12 anni con Anna Chiara Cavallotto, psicologa, promosso nell’ambito di Torino Spiritualità ad Alba, Alba (CN), 23 settembre 2017. newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf3417_allegato3.jpg
Centro “Più forte la famiglia, più forte il paese”. Terza Conferenza nazionale sulla famiglia, Dipartimento delle Politiche per la Famiglia, Roma, 28-29 settembre 2017.
http://www.politichefamiglia.it/media/1373/programma.pdf
Sud Nella gioia dell’amore. Passi per un benessere di coppia, Progetto “Una Caro”; weekend di spiritualità matrimoniale, Parrocchia di Sant’Antonio di Padova, San Giorgio a Cremano (NA), 30 settembre-1 ottobre 2017. http://newsletter.sanpaolodigital.it/Cisf/attachments/newscisf3417_allegato4.jpg
Iscrizione alle newsletter http://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/newsletter-cisf.aspx
Con tutti i linkhttp://newsletter.sanpaolodigital.it/cisf/settembre2017/5046/index.html
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CHIESA CATTOLICA
La forza dell’alleanza. La sapienza cristiana della famiglia
L’intelligenza della fede cristiana non può limitarsi a descrivere il modello ideale della famiglia, deve anche saper rischiarare e accompagnare le sue storie di vita.
In altri termini, deve saper restituire incanto all’umana bellezza dei legami forti che fanno la famiglia, che si irradiano su tutte le relazioni umane e tengono insieme i popoli. Ma una teologia degna di questo nome deve anche saper consigliare le mosse giuste per metterci sulle tracce dell’amore di Dio che ci porta in salvo e ci restituisce speranza: anche nelle situazioni più difficili e dolorose. Il valore aggiunto che può essere riconosciuto senza incertezze all’esortazione post-sinodale Amoris Lætitia di papa Francesco sta proprio nella visualizzazione di questo stile fondamentale: la teologia deve abbracciare l’intera realtà della condizione familiare, nell’intero arco della vita. Comprese le sue parti drammatiche e oscure, le sue fragilità e le sue incoscienze. E anche gli inganni e le prevaricazioni con cui le potenze mondane insidiano la libertà dei padri e delle madri, dei figli e delle figlie, in tutte le culture. La teologia insegna al pastore a mettersi sulle spalle la pecora ferita e perduta, non soltanto la ramanzina che deve farle.
Nella congiuntura presente, poi, la sapienza cristiana deve anche mettere ordine in una certa confusione della mente, come dice papa Francesco, a riguardo dell’uomo e della donna, per battere il cinismo e la rassegnazione che demoralizzano le generazioni e spengono la mente.
La Chiesa ha certamente bisogno di pensiero e conoscenza all’altezza dell’inedita sfida che l’egemonia della razionalità tecno-economica rivolge alla famiglia. E più in generale, all’alleanza promettente e feconda dell’uomo e della donna, alla quale il Creatore ha consegnato il destino della terra e il senso della storia. La terra dei viventi è affidata all’uomo e alla donna, perché diventi la casa comune degli esseri umani. Soltanto l’uomo e la donna, insieme, possono renderla veramente abitabile, per i figli e per i popoli. E solo insieme possono insegnare ad abitarla in modo degno, di generazione in generazione. La storia dei popoli è affidata all’alleanza dell’uomo e della donna, perché il legame che rende umana la storia è proprio il legame delle generazioni. La guerra dei sessi abbrutisce la terra. L’indifferenza fra le generazioni istupidisce i popoli. La Lettera apostolica di papa Francesco (Summa familiæ cura), che rifonda l’Istituto Giovanni Paolo II, lancia un messaggio forte e indica in obiettivo preciso.
L’eredità e il patrimonio dell’ispirazione del santo papa Giovanni Paolo II, che ha fondato l’Istituto, rimangono la solida radice dalla quale frutti nuovi devono ricevere linfa vitale. Il nuovo assetto istituzionale che papa Francesco firma di suo pugno (motu proprio) è affidato a coloro che vi sono attualmente impegnati, testimoni e affidatari di quell’impulso originario. Papa Francesco ha infatti deciso di impegnarsi, nel rilancio di questa missione dell’intelligenza cristiana, nel modo più esplicito, autorevole, diretto. Insomma, “ci ha messo la firma”. E ha assegnato al nuovo Istituto il compito di un’alta rappresentanza, presso le istituzioni culturali della Chiesa (e del mondo), dell’attualità e della profondità della sapienza cristiana, a tutto campo, sull’alleanza coniugale dell’uomo e della donna.
La novità di indirizzo è facile da indicare: ma sarà certamente un compito impegnativo da affrontare. Si tratta infatti di allargare l’orizzonte di questa sapienza, in termini di ricerca e di formazione, a tutte le implicazioni di quell’alleanza: interne ed esterne alla famiglia stessa.
Perché è proprio su questa soglia che ora sono posti i temi che rendono vitale, e insieme cruciale, il discernimento del rapporto fra i beni familiari e il bene comune: per la società e la politica, per la cultura e l’economia, per l’umanesimo e la religione.
Se non ci fosse, un Istituto come il nostro, sarebbe da inventare. Ma grazie a Dio era già stato inventato. E adesso, è addirittura reinventato. Metteremo ogni passione e intelletto d’amore nell’assolvimento del progetto che papa Francesco ci ha generosamente e fiduciosamente consegnato. E siamo pieni di idee.
Pierangelo Sequeri preside del Pontificio istituto Giovanni Paolo II. Avvenire 20 settembre 2017
www.avvenire.it/opinioni/pagine/sapienza-cristiana-della-famiglia
Essenziale sprone. Francesco, la pedofilia e la mafia
Chi confonde misericordia con indulgenza, e pensa che sia una specie di melassa che tutto rimedia chiudendo un occhio e pareggiando il bene e il male, rilegga oggi le parole che il papa Francesco, il profeta della misericordia, ha pronunciato sulla macchia atroce della pedofilia, e poi quelle sulla piaga sociale della criminalità mafiosa. Due temi diversi, distanti; l’uno relativo all’innocenza profanata, alla violazione d’una intimità sacra; l’altro attinente a un cancro della vita comunitaria, una putredine inestirpata. A noi pare di accomunarli a fatica, sotto una comune ombra, sotto il pensiero doloroso del male che insidia le cose più belle della vita e le guasta; il male che fa torbidi i giorni e angosciose le notti di molti; il male che ha nome di crimine per la legge umana e che per la coscienza credente ha la struttura abietta del peccato.
Sulla pedofilia il Papa è stato tagliente. Sdegno e severità, dentro un dolore acuito dai ritardi nel misurare il male e le sue ricadute. Ora noi, che vediamo le pene canoniche che la Chiesa commina in modo inflessibile a «coloro che hanno tradito la loro chiamata», in parallelo alle condanne che la giustizia civile infligge ai colpevoli, osserviamo il doppio volto del male. C’è un profilo criminologico, negli abusi sui minori, che mostra una devianza bruta, con qualcosa di guasto in se stessa, una devianza in certo modo “malata” per la sua anomala perversione. La cosa atroce è che il mondo ne è pieno, non per faccenda di preti; provate ad aprire sul web la pagina dell’Unicef “abusi”; se vi regge il cuore. Qualche anno fa il Consiglio d’Europa lanciò una campagna contro gli abusi sessuali sui minori, e il titolo “Uno su cinque” (cioè in Europa un bambino su cinque subirebbe abusi sessuali) resta ancora qualcosa che toglie il sonno.
Che cosa succede nel cuore di un bambino violato è un dolore che gli psicologi forensi stentano a descrivere; ci vorrebbero a volte le parole di Dostoevskij sull’infanzia umiliata o torturata come obiezione ultima alla “armonia” di un universo scempiato. O i pensieri veementi di Bernanos sullo “spirito d’infanzia” insozzato dalla lussuria degli adulti, simile alla pazzia. Ma c’è ancora dell’altro, c’è qualcosa che ha a che fare non solo col corpo, ma con la prossimità che hanno i bambini con l’invisibile, cioè col mondo dello spirito.
Questo pensiero dovrebbe già guidare l’approccio di ogni educatore al bambino che gli si confida, che gli si affida; conscio che corporeità e affettività e sessualità toccano le dimensioni dello spirito. E per chi crede che i loro angeli vedono il Padre, e se non si diventa come loro non si entra nel Regno, il monito evangelico fa tremare. La decisione dura del Papa (chi ha abusato e ha avuto condanna canonica non sarà mai “graziato”) appartiene ancora allo strato giuridico dei delitti e delle pene. Non si rinnega, certo, che la misericordia divina è più grande di ogni peccato, ma essa mette in cuore col perdono la radicale conversione e riparazione.
Sulla mafia, papa Francesco ha ripetuto parole che abbiamo già nella comune memoria dolorosa. La differenza, pensiamo, è che il Papa non è un sociologo, ma un apostolo del vangelo; e la mafia è, dentro la comunità umana, il controvangelo dell’empietà che si fa norma di tutto, banalizza il male e confonde la verità con la menzogna. È questa dimensione “spirituale” che fa la differenza col crimine comune. A ragione l’allarme primario colpisce la corruzione (non come episodico tradimento del dovere, ma come disprezzo dell’interesse generale, come sistema, opportunismo, inganno, frode) cioè la palude fangosa che dà alla mafia ricettacolo. Così va letta la parola, esplicita ed esigente, in un periodo di grande scontento e confusione politica, che fa da sprone fortissimo all’azione politica: non basta lottare e reprimere, bisogna bonificare, trasformare, costruire. Cioè essere giusti, metterci il cuore.
Giuseppe Anzani Avvenire 22 settembre 2017
www.avvenire.it/opinioni/pagine/francesco-la-pedofilia-e-la-mafia
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COMMISSIONE ADOZIONI INTERNAZIONALI
Controlli sulle autocertificazioni presentate a corredo delle istanze di rimborso spese per adozioni 2011
Si informano gli Enti e le coppie adottive che hanno presentato istanza di rimborso delle spese sostenute per le adozioni concluse entro il 31/12/2011, che la Segreteria Tecnica della CAI ha avviato le procedure di verifica sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive allegate alle istanze di rimborso.
A riguardo si rammenta che ai sensi dell’art. 71 del D.P.R. 28/12/2000, n. 445 Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa “Le amministrazioni procedenti sono tenute ad effettuare idonei controlli, anche a campione, e in tutti i casi in cui sorgono fondati dubbi, sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive…”
I controlli verranno effettuati chiedendo conferma scritta, alle amministrazioni interessate, della corrispondenza di quanto dichiarato con le risultanze dei registri da queste custoditi; per quanto, invece, riguarda le certificazioni attestanti le spese sostenute verrà chiesto agli enti e alle coppie di produrre la documentazione comprovante la spesa stessa.
I controlli riguarderanno il 15% delle istanze ammesse a contributo e saranno disposti a campione scegliendo il campione con le seguenti modalità: le istanze pervenute al protocollo nel periodo temporale di riferimento (dall’1/1/2012 al 31/12/2012), secondo l’ordine di arrivo al protocollo, nella prima, nella terza e ultima settimana di ogni mese fino al raggiungimento della percentuale oggetto di rilevazione mensile e nel rispetto della percentuale del 15% sopra definita.
Per evitare che l’attività di verifica comporti rallentamenti rispetto all’impegno della CAI di procedere alla liquidazione dei rimborsi 2011 entro l’anno 2017, i controlli saranno disposti anche successivamente alla liquidazione e, qualora in sede di accertamenti, emerga la non veridicità del contenuto della dichiarazione, verrà dichiarata la decadenza dal beneficio con il conseguente obbligo di restituzione del rimborso in applicazione alla disposizioni previste dal D.P.R. 28 dicembre 2000, n.445.
Responsabile dell’attività di controllo è il Dott. Marcello Mayer.
Comunicato stampa 20 settembre 2017
www.commissioneadozioni.it/it/notizie/2017/avviso-controlli-sulle-autocertificazioni-istanze-di-rimborso.aspx
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CONFERENZA NAZIONALE SULLA FAMIGLIA
A distanza di 7 anni dalla seconda edizione, la Capitale si prepara a ospitare la Conferenza nazionale sulla famiglia, il cui titolo è’ “Più forte la famiglia, più forte il Paese”. Si tratterà di due giorni di confronto per approfondire bisogni concreti, elaborare proposte per la tutela dei diritti delle famiglie e discutere le Linee generali del Piano nazionale. Si sono svolte due plenarie e cinque gruppi di lavoro in contemporanea. Ecco come sarà articolata la terza Conferenza nazionale sulla famiglia che, come anticipato a inizio settembre, sarà ospitata dal Complesso del Campidoglio a Roma il 28 e 29 settembre. Organizzata dal Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con il supporto dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia, la conferenza arriva 7 anni dopo la seconda edizione nonostante la scadenza sia di 2 anni (la seconda si era svolta a Milano nel 2010, la prima invece risale al 2007 a Firenze).
“Una prima piccola vittoria”, l’ha definita Gianluigi De Palo, presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari. I continui rinvii e le dimissioni lo scorso luglio del ministro per gli Affari regionali con delega alle Politiche per la famiglia, Enrico Costa, avevano, infatti, lasciato in sospeso l’annuncio ufficiale. La Conferenza sarà, come si è detto, un’occasione di confronto e dibattito sui temi della famiglia, per approfondire temi relativi a bisogni concreti ed elaborare proposte per garantire la tutela dei diritti delle famiglie. Durante la due giorni saranno presentate e discusse le Linee generali del Piano nazionale per la famiglia.
Si aprirà il 28 settembre (Sala della Promoteca, ore10-13) con una plenaria moderata dal giornalista della Rai, Alberto Matano. I saluti istituzionali sono affidati a Virginia Raggi, sindaco di Roma Capitale, Rita Visini, assessore alle Politiche sociali, Sport, Sicurezza della Regione Lazio, e Laura Boldrini, presidente della Camera dei Deputati. Sono previsti poi gli interventi del Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, del presidente dell’Istat, Giorgio Alleva, del presidente dell’Inps, Tito Boeri, il saluto della Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, Filomena Albano, e la relazione del presidente del Comitato tecnico-scientifico dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia, Simonetta Matone.
Centralità del ruolo delle famiglie come risorse sociali ed educative, crisi demografica e rapporto tra il quadro nazionale e le tendenze internazionali, l’evoluzione della famiglia fra diritto e società, armonizzazione famiglia-lavoro e nuove politiche di welfare, proposte e prospettive per un fisco a sostegno delle famiglie sono invece i 5 temi su cui lavoreranno in parallelo i gruppi nel pomeriggio del 28 settembre. Tra i relatori ci saranno tra gli altri: Pierpaolo Donati, professore di Sociologia dei processi culturali e comunicativi dell’Università di Bologna nel gruppo 1 (famiglie come risorse sociali ed educative); Gianluigi De Palo, presidente del forum delle Associazioni familiari, nel gruppo 2 (sulla crisi); Francesca Stilla, magistrato dell’Ufficio legislativo del ministero della Giustizia e membro dell’Assemblea dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia, nel gruppo 3 (sull’evoluzione della famiglia tra diritto e società); Virginia Costa, responsabile immigrazione dell’Anci, nel gruppo 4 (famiglia/lavoro e nuovo welfare); Ferdinando Di Nicola, consigliere per le politiche fiscali presso il Dipartimento delle finanze del ministero dell’Economia e delle Finanze, nel gruppo 5 (fisco a sostegno delle famiglie).
Il 29 settembre (9.30-12.30) è in programma una plenaria durante la quale è prevista la restituzione dei lavori dei gruppi e una tavola rotonda moderata da Emma D’Aquino, giornalista della Rai, a cui parteciperanno Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia e delle Finanze, Valeria Fedeli, ministro dell’Istruzione, Stefano Bonaccini, presidente della Conferenza delle Regioni, Antonio Decaro, presidente dell’Anci. L’intervento conclusivo è affidato a Maria Elena Boschi, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri
www.regioni.it/newsletter/n-3235/del-22-09-2017/conferenza-nazionale-sulla-famiglia-il-28-e-29-settembre-a-roma-17078
Ballarani: «Oggi il diritto di famiglia sta emarginando i piccoli»
C’è un rischio che incombe sul diritto di famiglia. Quello di accelerare quella privatizzazione delle relazioni familiari già in parte sollecitata dall’incombente cultura del relativismo. Una tendenza adultocentrica di cui le prime vittime sono i minori. «Ecco perché se ne parlerà alla Conferenza nazionale della famiglia che si svolgerà a Roma i prossimi 28 e 29 settembre», osserva Gianni Ballarani, docente straordinario di Istituzioni di diritto privato presso la Pontificia Università Lateranense e membro del Comitato scientifico dell’Osservatorio nazionale sulla Famiglia presso la presidenza del Consiglio dei ministri. Ballarani è anche referente scientifico del gruppo sulla giustizia minorile in vista della Conferenza.
Qual è stato il criterio che ha guidato gli esperti del vostro gruppo?
Al Gruppo sull’analisi giuridica, economica e sociale del fenomeno della disgregazione familiare ho proposto di lavorare sulla ‘evoluzione della famiglia fra diritto e società’, come espressione del rapporto dicotomico tra eteronomia ordinamentale e autonomia privata in ambito familiare, confrontando la spinta normativa e giurisprudenziale alla ‘privatizzazione’ del diritto di famiglia con le imprescindibili esigenze di tutela pubblica del superiore interesse del minore, dando primario rilievo al ruolo del Garante dell’infanzia e dell’adolescenza.
Cosa si può fare per cambiare la mentalità che considera marginale la mediazione familiare nelle situazioni di conflittualità coniugale?
Il problema principale, che affronteremo in Conferenza, risiede nell’aver relegato la mediazione a eventuale parentesi infraprocessuale, svilendone con ciò la funzione. Volgendo lo sguardo ai modelli di collaborative justice, la mediazione, come strumento di soluzione conciliativa delle problematiche inerenti alle relazioni familiari e interpersonali, assolve la propria funzione soprattutto in chiave preventiva e contenitiva della conflittualità. In questo senso, si può ipotizzare la predisposizione di un modello tendenzialmente extragiudiziale (pre-processuale o infra-processuale) di orientamento collaborativo per la gestione di questa, mediante l’ausilio di una rete di professionisti operanti in equipe.
Figli nati all’interno del matrimonio e figli nati da convivenze. La legge li ha messi sullo stesso piano, ma esistono ancora diversità quando la coppia si disgrega?
In realtà, le domanda coinvolgono un duplice profilo – che affronteremo in Conferenza – attinente, per un verso, ad un residuo di discriminazione fra figli, nonostante lo status unico (legge 219/2012) e, per altro verso, a un differente approccio alle sorti della prole nella crisi della convivenza coniugale e non. Sotto il primo profilo, va rilevato il fatto che un figlio nato in costanza di matrimonio è direttamente figlio della coppia, in ragione della certezza della maternità e della presunzione di paternità, laddove lo status del figlio nato al di fuori del matrimonio è rimesso al libero riconoscimento da parte di uno o di entrambi i genitori. Sotto il secondo profilo, anche nelle ipotesi di separazione consensuale o di divorzio congiunto in cui c’è l’accordo dei coniugi, questi non possono sottrarre le sorti della prole al vaglio giudiziale. Se la coppia non è coniugata, il ricorso alle procedure di affidamento è solamente eventuale, in quanto rimesso alla comune volontà delle parti o al ricorso di una di esse.
Ritiene corretto valorizzare i concetti di continuità affettiva e di genitorialità sociale nella prossima legge di riforma delle adozioni?
Se entrambi i concetti assumono oggi rilievo nelle procedure di gestione dell’abbandono transitorio o permanente del minore, questi debbono sempre misurarsi con il diritto del minore di crescere ed essere educato nella propria famiglia, (art. 1, legge 184/1983) che impone di considerare in veste esclusivamente rimediale e residuale l’affidamento familiare e l’adozione. Il rischio legato a una enfatizzazione del valore dei concetti in parola consiste nel ritenere l’abbandono del minore e il suo sradicamento dal proprio contesto di origine non come un trauma, dandosi scarso rilievo al fattore biologico della procreazione. Se tutto ciò viene confrontato con la visione adultocentrica al fondo di taluni assunti normativi e giurisprudenziali, si rischia di sacrificare il superiore interesse del minore sull’altare dell’utilitarismo individualistico che vuole il diritto e l’ordinamento in funzione servente.
La legge del 2006 sull’affido condiviso viene considerata da più parti ormai inadeguata. Si può andare oltre?
Così come ho sostenuto sin dal primo commento alla legge 54/2006, ritengo ancora che, sebbene un accordo fra le parti sia di più facile attuazione, questo non dovrebbe sottrarsi al vaglio omologatorio da parte del giudice, il quale dovrebbe valutarne la corrispondenza all’interesse superiore della famiglia nel suo insieme e della prole nello specifico. Ciò non toglie che, taluni assunti della legge sull’affidamento condiviso, come quelli sulla assegnazione della casa familiare, in quanto habitat presuntivamente ottimale per la prole, meriterebbero una rimeditazione accordando maggior autonomia alle parti, specie a considerare come sovente dalle ceneri di un rapporto ne sorgano altri, sicché il vantaggio accordato ad una parte può tradursi in fattore discriminatorio per nuove – e magari più stabili – realtà affettive.
È vero che le scelte legislative di questi ultimi anni (divorzio breve, unioni civili) hanno finito per privatizzare le relazioni mettendo il minore in una situazione di minore tutela legislativa?
Ne sono fermamente convinto. Stiamo assistendo alla progressiva e irreversibile rinuncia da parte dell’ordinamento a preservare quell’interesse pubblico che connotava l’insieme dei principi al fondo del diritto di famiglia e dei minori. Sembra che lo Stato dimentichi come la protezione costituzionale della unità familiare trovasse ragione propria nella insostenibilità dei costi sociali della disgregazione familiare. Come ho sostenuto in sede di primo commento alla legge sulle unioni civili, si stanno sempre più contrattualizzando le relazioni affettive nelle fasi genetiche, funzionali e patologiche, svilendo ogni profilo di rilevanza personale. Ciò può non creare problemi se, accanto al rispetto dell’autonomia privata familiare fra adulti, si mantiene una tutela pubblica dell’interesse superiore del minore.
Luciano Moia Avvenire 17 settembre 2017
www.avvenire.it/attualita/pagine/oggi-il-diritto-di-famiglia-sta-emarginando-i-piccoli
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CONSULTORI FAMILIARI
Federazione Toscana CFC-UCIPEM. Il consultorio al servizio della famiglia
L’interazione dei Consultori familiari di ispirazione cristiana con la Chiesa locale.
Sabato 7 ottobre 2017 ore 10,45 – 15,45
San Romano di Montopoli (Pisa) Convento francescano-piazza s. Chiara 2
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La rete dei Consultori familiari di ispirazione cristiana, una risorsa a disposizione della Chiesa locale. Sandro Spagli, presidente della Federazione Toscana dei Consultori di ispirazione cristiana.
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Il Motu Proprio di Papa Francesco Mitis Iudex Dominus Iesus e le procedure per il riconoscimento della nullità matrimoniale: possibili forme di collaborazione tra Tribunali ecclesiastici e Consultori familiari di ispirazione cristiana. Mons. Andrea Migliavacca, Vescovo di San Miniato, docente di Diritto canonico presso la Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale.
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Dibattito per la ricerca di possibili interazioni.
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Il ruolo dei consultori familiari nello sviluppo del Welfare: funzione socio-sanitaria ed educativa. Don Edoardo Algeri, psicologo, presidente della Confederazione Nazionale dei Consultori di ispirazione cristiana.
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Domande e conclusioni
L’incontro si propone di approfondire e valorizzare il ruolo dei Consultori familiari di ispirazione cristiana e le loro interazioni con la Chiesa locale, in particolare dopo le ultime modifiche introdotte dal Papa al procedimento canonico di riconoscimento della nullità matrimoniale. L’incontro è rivolto ai responsabili e agli operatori dei Consultori familiari, ai membri dei tribunali ecclesiastici e degli uffici.
Comunicare la propria partecipazione entro il 23 settembre inviando una mail a:consultoriofamiliare@diocesisanminiato.it
Torino. Punto Familia: percorso per la Vita di coppia
Mercoledì 27 settembre 2017 alle 21 al Punto Familia ci sarà un incontro di presentazione di “Costruire in Due”, percorso per la vita di coppia. La serata è informativa e rivolta alle coppie che desiderano approfondire il senso della scelta e del progetto di vita insieme. Gli incontri inizieranno il 4 ottobre 2017.
Perché. Per aiutare la coppia a riflettere sul proprio progetto di vita insieme; per migliorare la capacità di comunicazione all’interno della coppia e prevenire conflitti; con l’aiuto di esperti, di volontari e delle altre coppie che condividono il cammino di formazione.
Per chi. Il percorso è aperto a chiunque desideri approfondire con il proprio partner il senso della scelta matrimoniale come scelta di vita, alla luce del progetto cristiano di famiglia.
Come. Il percorso prevede due incontri alla settimana (mercoledì e venerdì dalle 21.00 alle 23.00) e due week end (da sabato pomeriggio a domenica pomeriggio).
Modalità degli incontri. Duranti gli incontri serali è previsto l’intervento dell’esperto per presentare il tema e le riflessioni comuni. Nei week-end sono previsti interventi di esperti, lavoro di coppia e in gruppo, momenti di incontro con le altre coppie.
Le lezioni di cucina consistono nella spiegazione e preparazione dei piatti a cura dell’esperto. A seguire, la cena per gustare i piatti presentati.
Sono previsti alcuni incontri di conoscenza e sensibilizzazione rivolti ai genitori – futuri suoceri; al termine del percorso verrà proposta anche “la cena dei suoceri”, momento di incontro dei fidanzati e delle loro famiglie.
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L’amore secondo Dio
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Il significato cristiano del matrimonio, il cammino verso l’incontro con l’altro.
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La crescita della coppia nella fede e nella fedeltà.
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La fecondità della coppia.
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Conoscenza e comunicazione nella coppia, la progettualità della coppia.
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L’intesa sessuale nella vita di coppia; diventare genitori.
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Le relazione con le famiglie, gli amici, gli altri.
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Il rapporto con il lavoro.
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La famiglia nel codice civile.
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Diritti e doveri dei coniugi.
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Anatomia e funzione degli apparati riproduttivi.
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Sessualità e genitalità.
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Procreazione responsabile e metodi naturali.
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Fondamenti di genetica.
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Fertilità e sterilità.
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Le preparazioni di base.
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La cucina secondo le stagioni.
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I menù per le occasioni speciali.
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La famiglia nella storia dell’uomo
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La famiglia nel contesto culturale attuale.
Il percorso che vi proponiamo, unico in Italia, è ricco, impegnativo, sperimentato ma attuale, gioioso e appetitoso……un po’ come il matrimonio! Da scaricare il volantino
www.puntofamilia.it/coppia-corsi/costuire-in-due.html
http://www.puntofamilia.it/news-punto-familia.html
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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM
Vittorio Veneto. Attività sul territorio
Il Consultorio di Vittorio Veneto, nel corso degli anni, ha avuto la capacità di intervenire anche nel territorio, offrendo la sua attenzione alle aree della prevenzione, del sostegno e della formazione.
Attraverso corsi, giornate di studio, incontri di approfondimento su tematiche specifiche, attività di animazione, laboratori guidati, il consultorio si rivolge anche a:
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Gruppi (Adolescenti, Genitori, Coppie Fidanzati, Insegnanti, Anziani)
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Scuole
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Istituzioni
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Comuni
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Associazioni
sempre con lo stile che anima il nostro Consultorio: l’accoglienza della persona nella sua unicità e globalità, l’attivazione delle sue risorse, la promozione del suo sviluppo.
www.ucipem.info/servizi.asp
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CONVIVENZA
Come si può attestare legalmente che si è conviventi?
Le risultanze dell’ufficio anagrafe provano la convivenza. Al fine di dimostrare legalmente la convivenza tra soggetti possono essere richieste alcune certificazioni all’ufficio anagrafe del comune dove si è residenti. I certificati da richiedere sono quello di residenza e di stato di famiglia. Tali attestazioni sono tra loro complementari per la prova della convivenza. La prima infatti documenta che i soggetti hanno inteso fissare la propria dimora abituale nel medesimo luogo, la seconda dimostra la coabitazione nella stessa unità immobiliare di persone legate tra loro da vincoli affettivi. Questo legame è quello che interessa le coppie di fatto. Per la legge italiana sono conviventi di fatto due persone maggiorenni – omosessuali o eterosessuali – unite stabilmente da legami affettivi e di reciproca assistenza morale e materiale, i quali non siano già vincolati da rapporti di parentela, affinità, adozione, matrimonio o unione civile.
La recente legge sulle unioni civili e le convivenze di fatto [Legge 20 maggio 2016 n.76.] ha posto il problema per i conviventi di come dimostrare la propria convivenza, poiché dalla prova della sua esistenza e durata, la legge fa discendere tutta una serie di diritti e doveri. Anzitutto è bene precisare che trattandosi di una situazione di fatto i benefici di legge troveranno applicazione automatica. Non sarà cioè necessaria alcuna azione ulteriore per le coppie (omosessuali o eterosessuali) allo stato conviventi, che abbiano già dichiarato la residenza e che ricadano nel medesimo stato di famiglia. Per quelle nuove occorrerà invece rendere contestualmente le dichiarazioni presso l’ufficio anagrafe del comune dove intendono stabilire la propria residenza.
Se le dichiarazioni sono state rese da un solo partner, ai fini della applicazione dei benefici di legge, occorre che il dichiarante ne dia comunicazione all’altro convivente a mezzo raccomandata con prova di ricevimento (cosiddetta raccomandata a/r). Tali adempimenti hanno per la coppia, tra l’altro, l’immediato vantaggio di poter regolare anche i rapporti di natura economica attraverso i cosiddetti contratti di convivenza.
Si tratta di specifici patti con i quali i conviventi possono disciplinare i rapporti patrimoniali e, in parte, quelli personali relativi alla convivenza. Tali contratti devono rivestire, a pena di nullità, la forma scritta. Possono avere la veste dell’atto pubblico o più semplicemente quella della scrittura privata. In quest’ultimo caso le sottoscrizioni andranno comunque fatte dinanzi ad un notaio o ad un avvocato per l’autentica delle firme e l’attestazione di conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico. I contratti saranno infine a cura del professionista registrati entro dieci giorni dall’autentica della firma, presso il comune dove i conviventi hanno fissato la loro residenza. Pertanto si raccomanda che le dichiarazioni anagrafiche siano già rese all’atto della registrazione del contratto di convivenza, pena l’irricevibilità dell’atto.
Concludendo, le dichiarazioni di residenza e di stato di famiglia provano l’esistenza e la durata della convivenza, che può comunque essere data anche con prove testimoniali. Tuttavia la prima soluzione appare la più semplice e la più utile ai fini pratici: si pensi ad esempio alla necessità di proseguire immediatamente il godimento di un bene immobile a seguito del decesso del proprio partner.
È bene ricordare inoltre che le dichiarazioni anagrafiche, a prescindere dalla utilità probatoria e dalla ricaduta dei benefici legali, sono obbligatorie non solo per i conviventi di fatto, ma per ogni cittadino. Tali dichiarazioni sono infatti dovute per legge e, in caso di inerzia dei soggetti obbligati, l’anagrafe può provvedervi anche d’ufficio.
Daniele Di Leo la legge per tutti 22 settembre 2017
www.laleggepertutti.it/175977_come-si-puo-attestare-legalmente-che-si-e-conviventi
L’intollerabilità della convivenza alla base della separazione dei coniugi.
La riforma del diritto di famiglia e la valutazione del giudice di merito sull’intollerabilità della convivenza- L’intollerabilità della convivenza coincide con la scomparsa della volontà di vivere insieme ed è il presupposto per la separazione dei coniugi, indipendentemente dalla presenza, o meno, di comportamenti dell’uno o dell’altro che possano ammettere alla separazione con addebito.
Il concetto del vivere insieme, infatti, più volte è stato interpretato come un desiderio di comunione reciproca che supera la mera coabitazione imposta ai coniugi dall’articolo 143 del Codice civile.
Tanto più se si considera la volontà del legislatore, espressa con la legge n. 76/2016, di dare rilevanza giuridica al fatto stesso del convivere, prevedendo la possibilità di accedere ai contratti di convivenza a due maggiorenni che coabitano e hanno tra loro un rapporto affettivo, purché non vincolati da vincoli di parentela, affinità, adozione, matrimonio o unione civile.
L’art. 151 del codice civile. A seguito della riforma del diritto di famiglia con la legge 19 maggio 1975 n. 151, la norma di riferimento è modificata per far riferimento proprio all’intollerabilità della convivenza.
L’articolo 151 del Codice civile, infatti, muta radicalmente passando dall’elencazione di fatti che ammettevano alla richiesta di separazione (volontario abbandono, eccessi, sevizie, minacce o ingiurie) a un’impostazione che, dalla parità dei diritti e dei doveri nel matrimonio, fa discendere un approccio soggettivistico legato alla disaffezione e al distacco spirituale le motivazioni della possibile richiesta di separazione.
Valenza oggettiva e soggettiva dell’intollerabilità. Si tratta di un cambiamento profondo che trasla la separazione da qualcosa che puniva le violazioni degli obblighi matrimoniali – con il principio espresso della colpa – a un piano strettamente legato al rapporto di coppia.
Di conseguenza, anche la dottrina e la giurisprudenza hanno metabolizzato nel tempo il passaggio da tesi garantiste rispetto a un presupposto interesse superiore della famiglia a quelle che concepiscono la separazione come mezzo di realizzazione individuale che permette di liberarsi di un legame diventato insopportabile.
Come espressamente spiega la Corte di Cassazione, sezione I civile, nella sentenza 16 febbraio 2012 n. 2274, l’intollerabilità della convivenza non presuppone necessariamente un conflitto riconducibile alla volontà di entrambi i coniugi ma può configurarsi anche nel caso in cui una sola delle parti sia arrivata a ritenere impossibile una comunione di vita.
La stessa pronuncia risulta estremamente utile nel ricostruire i due diversi approcci verso la configurazione dell’intollerabilità. Inizialmente infatti, l’orientamento prevalente propendeva per una oggettivazione dell’intollerabilità che, in concezioni più flessibili, individuava in «fattori gravi, reiterati e protratti nel tempo» la causa del deterioramento dei rapporti tra i coniugi.
In questo caso non basterebbe la volontà di uno dei coniugi di separarsi ma andrebbe valutata la presenza di dati obiettivi che giustifichino la volontà di interrompere il matrimonio rispetto a una comune valutazione sociale. L’approccio oggettivo al principio assume infatti come parametro “l’uomo medio” e non la sensibilità del singolo soggetto richiedente.
Più recentemente, la tesi garantista dell’unitarietà della famiglia si è modificata in un senso soggettivistico che guarda al matrimonio come un rapporto fondato sul persistente accordo dei coniugi.
Se viene meno la volontà anche solo di uno dei due a proseguire il matrimonio – e quindi anche qualora l’altro coniuge si opponga – il tribunale accorda la separazione richiesta poiché il fatto stesso di adire al giudice mina in radice la fiducia reciproca.
Si tiene conto in questo modo del principio del consenso che, dopo la riforma del 1975, caratterizza ogni vicenda del rapporto coniugale (cfr Cassazione, sentenza n. 1164/2014).
In senso più ampio si era anche espressa la stessa Corte nella sentenza n. 2183/2013 che riteneva il diritto di separarsi di ciascun coniuge, membro della famiglia, come attuazione di un diritto individuale di libertà positiva dell’uomo riconducibile al combinato disposto degli articoli 2 e 29 della Costituzione quando la convivenza sia divenuta intollerabile al punto di non poter dar vita alla propria personalità nella società naturale costituita con il matrimonio.
Da ultimo si segnala la pronuncia del Tribunale di Milano n. 2253/2017 con cui si statuisce che il venir meno della comunione materiale e spirituale dei coniugi, per cui sono intervenute circostanze tali da rendere intollerabile la convivenza, permette di avanzare la richiesta di separazione senza che il giudice avvii una specifica istruttoria per la valutazione ulteriore dei fatti emersi anche attraverso il comportamento processuale delle parti.
A chi spetta la valutazione. L’indagine sull’intollerabilità è di competenza del giudice merito che, con giudizio insindacabile, deve motivare la propria decisione.
La pronuncia in primo grado, se sorretta da congrua motivazione, può essere censurata soltanto a norma dell’articolo 360 n. 5 c.p.c. (cfr., in proposito, Cass. n. 18074/2014).
Per la giurisprudenza l’eventuale richiesta di addebito – spiega la Cassazione – «deve essere effettuata con una valutazione globale e con la comparazione delle condotte di tutti e due i coniugi» tale da permettere di riscontrare la rilevanza «nel verificarsi della crisi matrimoniale» e che sussista un rapporto di causa/effetto «tra i comportamenti addebitati e il determinarsi dell’intollerabilità della convivenza» (Cass. n. 279/2000).
Intollerabilità e addebito. Il comma 2 dell’articolo 151 del codice civile lascia al giudice la possibilità di pronunciarsi in materia di addebito qualora ne sia fatta richiesta dal resistente. Per esempio, è orientamento prevalente considerare l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale come circostanza sufficiente a integrare l’addebito (Cass. n. 977/2017) ma solo se non si accerta la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, come specificato, tra le altre, dalle sentenze di Cassazione n. 14414/2016, n. 16859/2015 e n. 8862/2012.
Giulia Nelli Newsletter Giuridica Studio Cataldi 19 settembre 2017
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DALLA NAVATA
XXV domenica del tempo ordinario – Anno A – 24 settembre 2017
Isaia 55, 06 Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino.
Salmo Il Signore 145, 18 è vicino a chiunque lo invoca, a quanti lo invocano con sincerità.
Filippesi 01, 27 Comportatevi dunque in modo degno del vangelo di Cristo.
Matteo 20, 15 non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?
Misericordia non meritocrazia! Commento di Enzo Bianchi, priore emerito a Bose
Dopo la parabola del servo spietato che non sa reiterare la misericordia e il perdono ottenuti (cf. Mt 18,21-35), eccone una sulla scandalosa misericordia di Dio. Scandalosa perché non è meritocratica, cioè non è un sentimento, un’azione di Dio che raggiunga gli esseri umani a partire dai loro meriti; non può essere conquistata e tantomeno acquistata, ma può solo essere accolta come un dono: essa è gratuita, per questo il suo nome è anche “grazia”. Dio fa grazia nella sua infinita libertà e nel suo infinito amore, e nessuno può pretendere premi, né tanto meno privilegi, per elezione o vocazione.
Gesù fa l’annuncio di questa buona notizia in una parabola raccontata in tre scene e completata da un commento finale (v. 16):
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a ore diverse, dall’alba fino al tardo pomeriggio, il padrone della vigna esce per ingaggiare lavoratori (vv. 1-7);
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alla sera egli paga i lavoratori (vv. 8-10);
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infine il padrone giustifica il proprio comportamento (vv. 11-15).
Il protagonista della prima scena è “un uomo, un padrone di casa”, in seguito definito anche “padrone della vigna”, che agisce dal mattino alla sera, uscendo di casa per andare nella piazza a cercare lavoratori per la sua vigna, com’era abitudine a quei tempi. Fin dallo spuntare dell’alba, dunque fin dalle sei, si reca sulla piazza e chiama dei lavoratori, stipulando con loro un contratto: li pagherà, per la giornata intera, un denaro, secondo le tariffe del mercato di quell’epoca. Poi esce di nuovo verso le nove e assolda altri operai, promettendo loro: “Quello che è giusto ve lo darò”. Fa lo stesso verso mezzogiorno, verso le tre e addirittura verso le cinque del pomeriggio. A quelli che trova sulla piazza quasi alla fine del giorno chiede ragione del loro starsene senza far niente, ed essi rispondono: “Nessuno ci ha presi a giornata”, cioè “siamo rimasti disoccupati”. Il padrone fa molte chiamate, non esclude nessuno, offre lavoro a tutte le ore: esce di casa per ben cinque volte, anche nel tardo pomeriggio, quando si avvicina il tramonto e non resta che un’ora soltanto utile per il lavoro.
Da questa prima scena risulta che tutti quelli che erano sulla piazza del mercato sono stati chiamati dal padrone e che alla sera non vi sono più disoccupati. Si noti anche che questo ingaggio è fatto dal padrone stesso, non da un suo amministratore: ciò è molto strano, perché i proprietari di solito non entravano direttamente a contatto con lavoratori sovente sporchi, vestiti con abiti indecenti e comunque rozzi. Ma tale comportamento indica la sollecitudine di questo padrone, che vuole vedere in faccia chi lavora nella sua vigna e vuole stipulare lui stesso i contratti con i suoi operai.
Giunge la sera e gli operai ritornano dalla vigna. Il padrone, uomo giusto e anche generoso, osserva fedelmente la legge: “Non sfrutterai il salariato povero e bisognoso … Gli darai il suo salario il giorno stesso, prima che tramonti il sole, perché egli è povero e attende ciò con impazienza. Non alzi grida al Signore contro di te: sarebbe grande il tuo peccato!” (Dt 24,14-15). Il padrone chiama dunque l’amministratore e gli ordina di pagare i lavoratori, incominciando dagli ultimi e terminando con i primi ingaggiati. L’ordine dei chiamati è capovolto, e questo fa sì che i primi possano osservare quale salario il padrone ha corrisposto a quanti hanno lavorato meno di loro. L’amministratore, secondo l’ordine ricevuto, comincia con il dare un denaro agli operai dell’ultima ora. Quelli che hanno lavorato fin dal mattino presto pensano allora di dover ricevere una paga più alta: hanno lavorato più ore, dunque meritano di più! Si crea in loro un’attesa, ben presto delusa. Il testo annota infatti laconicamente: “… ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro”, né più né meno degli altri.
Se fin qui erano descritte quasi solo azioni, con l’eccezione del rapido accenno al pensiero balenato nella mente degli operai assoldati al mattino presto, nell’ultima scena Gesù, mostrando tutta la sua abilità di narratore e di conoscitore del cuore umano, si arresta a considerare i sentimenti dei personaggi. Gli operai della prima ora passano dal pensiero fugace al paragone con gli altri lavoratori: da ciò nasce la rabbia per essere stati trattati come gli altri, e la loro attesa frustrata li spinge infine a mormorare. Mormorare, questo terribile uso della parola, purtroppo tanto familiare e attestato nella chiesa e nelle comunità; tante volte ci siamo soffermati su questo autentico cancro delle relazioni umane…
Questi lavoratori recriminano, esponendo con rabbia al padrone il risultato delle loro parole scambiate nel nascondimento: “Abbiamo lavorato dal mattino alla sera, abbiamo faticato per dodici ore, abbiamo sopportato il peso della calura, sotto il sole cocente, mentre questi ultimi sono giunti a giornata quasi finita, hanno lavorato un’ora sola, nella frescura del tramonto, eppure tu li hai fatti uguali a noi”. Questo, in ultima analisi, ciò che non riescono a sopportare: “loro sono stati fatti uguali a noi”, chiamati per primi e chiamati per ultimi sono tutti uguali! Ai loro occhi ciò appare come un’ingiustizia, un atteggiamento che non vede né riconosce i meriti. Di conseguenza, il padrone è da loro ritenuto ingiusto, quindi insopportabile. Costoro ci rappresentano bene: quando infatti vogliamo affermare quella che ci appare la giustizia, ci sentiamo carichi di autorità, alziamo la voce per esprimere in modo anche duro la nostra convinzione. “La giustizia innanzitutto!”, diciamo, e non ci sfiora nemmeno il pensiero che la nostra giustizia può essere limitata e che ci possano essere altri criteri di giustizia. Quando gli altri esprimono giudizi di giustizia su di noi, li sentiamo duri; quando invece noi ci possiamo appellare alla giustizia per giudicare, ci sentiamo forti, alziamo la voce…
Su quella mormorazione interviene risolutamente il padrone della vigna, rivolgendosi a uno dei contestatori. Innanzitutto lo chiama “amico”, termine utilizzato nella parabola del banchetto nuziale, per indicare l’uomo sprovvisto dell’abito per la festa (cf. Mt 22,12), e addirittura da Gesù per Giuda, nell’ora del tradimento (cf. Mt 26,50). Il rimprovero è dunque introdotto in modo amichevole, forse non privo di una certa ironia. Il padrone ricorda inoltre che ha rispettato il compenso pattuito, quindi non ha fatto alcun torto, non è stato ingiusto. Ma non vuole calcare la mano, per questo congeda il mormoratore senza alcuna parola di condanna: “Prendi il tuo denaro e vattene”.
Poi però prosegue, con l’intenzione di spostare l’accento sulla propria gratuità: “Io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio?”. Egli certamente rispetta la giustizia, e quindi l’accordo stabilito, ma vuole dare di più a colui al quale spetterebbe meno, affinché possa portare a casa il salario necessario per sé e per la propria famiglia. Mostra pertanto una giustizia altra da quella prospettata e attuata dagli uomini: una giustizia non retributiva né meritocratica. Tale concetto di giustizia, che Gesù attribuisce a Dio, scandalizza i devoti che si affaticano a contare le loro azioni per poter enumerare i loro meriti. “Lavoro, guadagno, dunque pretendo!”: questo volgare modo di esprimersi è all’insegna di una logica che ci abita e che dobbiamo sforzarci di estirpare dal nostro cuore. Accanto a noi ci sono persone meno fortunate per nascita o per storia; ci sono persone deboli che non lavorano come noi perché non possono; ci sono quelli che non hanno un lavoro o che la malattia ha reso meno produttivi. Questi non sono scarti da dimenticare o, peggio, da abbandonare: sono nostri fratelli e sorelle, carne della nostra carne, e noi dobbiamo pensare anche a loro, a immagine del signore della vigna che nella sua generosità misericordiosa non vuole che un altro essere umano torni a casa, dalla propria famiglia, senza il necessario per vivere.
Infine il padrone della vigna mette a nudo un rischio presente nell’atteggiamento di chi fa paragoni con gli altri: “Oppure il tuo occhio è malvagio perché io sono buono?”. Con questa semplice domanda tratteggia il meccanismo dell’invidia, termine che deriva da in-videre, cioè “non voler vedere” la felicità, il bene, la gioia dell’altro, come se questa attentasse alla nostra. Gelosia e invidia possono nascere nel nostro cuore – perché “è dal cuore umano che nasce … l’occhio cattivo” (Mc 7,21-22) – ma vanno combattute, per giungere progressivamente, nell’esercizio dell’ascolto dell’altro, della com-passione e dell’empatia con lui, a gioire quando l’altro beneficia della bontà nostra, che è sempre anche bontà di Dio.
Quanto questa parabola sia scandalosa lo possiamo misurare anche leggendo una parabola rabbinica, ispirata con buona probabilità alla nostra: Un re, che aveva ingaggiato molti operai, venne a controllare il lavoro che svolgevano. Notò che uno di loro era più abile e svelto di tutti gli altri; gli chiese allora di accompagnarlo in una passeggiata che durò tutto il resto della giornata. Alla sera gli diede un compenso uguale a quello degli altri che erano rimasti a lavorare. Questi allora protestarono: “Noi abbiamo lavorato duro tutto il giorno e costui, che ha lavorato soltanto due ore, ha ricevuto il nostro stesso salario. Non è giusto!”. Rispose allora il re: “Costui ha fatto più lavoro in due ore che voi in un giorno intero” (Talmud di Gerusalemme, Berakhot 2,3).
Il contrasto con la parabola evangelica non potrebbe essere più netto: qui vi è una logica meritocratica, mentre Gesù parla di gratuità, di una misericordia che non va meritata, ma accolta con gioia come dono e come amore riversato su tutti noi, tutti fratelli e sorelle, tutti figli e figlie amati da Dio. Di fronte a questo amore non ci sono privilegi da vantare! Facciamoci una domanda: come pensiamo il nostro rapporto con Dio? Come relazione nella grazia o come prestazione meritoria? In verità solo la grazia di Dio può instaurare la comunione con noi; e se cercassimo di andare a lui forti di nostri presunti meriti, non riusciremmo a conoscere il suo amore, sempre gratuito e mai meritato.
Degna conclusione di questa parabola che canta la misericordia del Signore, che non crea primi e ultimi, ma tutti vuole salvare, mi pare un brano della Catechesi sulla santa Pasqua attribuita a Giovanni Crisostomo:
Chi ha lavorato fin dalla prima ora, riceva oggi il giusto salario; chi è venuto dopo la terza, renda grazie e sia in festa; chi è giunto dopo la sesta, non esiti: non subirà alcun danno; chi ha tardato fino alla nona, venga senza esitare; chi è giunto soltanto all’undicesima, non tema per il suo ritardo. Il Signore è generoso, accoglie l’ultimo come il primo, accorda il riposo a chi è giunto all’undicesima ora come a chi ha lavorato dalla prima. Fa misericordia all’ultimo e serve il primo.
La misericordia infinita del Signore, che ci è donata in modo totalmente gratuito, sia condivisa tra noi, tutti suoi amati e amate, senza fare alcun paragone, ma entrando nella sua logica, rivelataci una volta per tutte da Gesù Cristo: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10,8).
http://www.monasterodibose.it/preghiera/vangelo/11814-misericordia-non-meritocrazia
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FRANCESCO VESCOVO DI ROMA
Il Papa nell’udienza alla Commissione per la tutela dei minori
Nella Chiesa c’è “tolleranza zero” contro gli abusi sessuali sui minori: lo ha ribadito Papa Francesco nell’udienza ai membri della Pontificia Commissione per la Tutela dei minori, in occasione dell’apertura della plenaria. Nel suo discorso a braccio, Papa Francesco ha affermato che la Chiesa ha preso coscienza tardi di questo problema e “quando la coscienza arriva tardi i mezzi per risolvere il problema arrivano tardi”. “Ma grazie a Dio – ha aggiunto – il Signore ha suscitato uomini profeti nella Chiesa” per far emergere il problema “e vederlo in faccia”.
Alla Congregazione per la Dottrina della Fede, che si occupa degli abusi – riconosce il Papa – “ci sono tanti casi che non vanno avanti”, così si sta cercando di prendere più gente che possa studiare i dossier. Se poi ci sono le prove di un abuso – afferma – questo è sufficiente per non accettare ricorsi. Non per una avversione – spiega – ma semplicemente perché la persona che compie questo delitto è malata: se si pente ed è perdonata, “dopo due anni ricade”. Per questo il Papa ha detto con decisione: mai firmerò la grazia.
Nel testo consegnato ma non pronunciato, il Papa ha ringraziato la Commissione per il lavoro compiuto in questi tre anni. Esprimendo dolore e vergogna per gli abusi compiuti da esponenti del clero, il Papa allo stesso tempo ha rinforzato la fede in quella missione dedicata ai più deboli, “abbiamo sperimentato – afferma – una chiamata che siamo sicuri venga direttamente dal nostro Signore Gesù Cristo: abbracciare la missione del Vangelo per la protezione di tutti i minori e gli adulti vulnerabili”.
“Avendo ascoltato le testimonianze delle vittime e dei sopravvissuti” a tali violenze, ed essendo gli abusi sessuali “un peccato contrario e in contraddizione con quanto Cristo e la Chiesa insegnano”, Papa Francesco ha reiterato l’impegno della Chiesa ad applicare le misure più forti nei confronti di chi “abusa dei figli di Dio”.
“E’ incoraggiante sapere quante Conferenze Episcopali e Conferenze dei Superiori Maggiori hanno cercato il vostro consiglio”, ha poi proseguito il Papa, facendo particolare riferimento a quanto la collaborazione della Commissione sia preziosa “soprattutto per quelle Chiese che hanno meno risorse”.
L’obiettivo è “continuare la collaborazione con la Congregazione per la Dottrina della Fede e la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, affinché queste pratiche possano essere inculturate in diverse Chiese di tutto il mondo”.
Soddisfazione espressa anche per i programmi educativi, presentati dal cardinale O’Malley e dalla signora Marie Collins, uno dei suoi membri fondatori, che offrono il tipo di risorse che “consentiranno alle Diocesi, agli Istituti religiosi e alle istituzioni cattoliche di adottare e attuare” le strategie “più efficaci per tale lavoro”.
A chiusura del suo intervento, prima dell’affidamento alla Vergine Maria, il Papa ha espresso la sua fiducia e piena convinzione che “la Commissione continuerà ad essere un luogo in cui” “ascoltare con interesse le voci delle vittime e dei sopravvissuti. Perché abbiamo molto da imparare da loro e dalle loro storie personali di coraggio e perseveranza”.
“La protezione dei minori – ha detto nel suo saluto il card. Sean O’Malley, presidente della Commissione – è chiaramente una delle più alte priorità della Chiesa nel nostro tempo” e “la cura della Chiesa per le vittime di abuso e per le loro famiglie è una considerazione primaria in questa missione. Dall’attento ascolto e dalla condivisione di esperienze con loro, la nostra Commissione ha beneficiato grandemente da tutto ciò che i sopravvissuti ci hanno offerto”.
Tra le priorità della Commissione, anche l’impegno di “continuare il lavoro intrapreso” e quello di “rinnovare il gruppo dei commissari con rappresentanti delle Chiese di diverse parti del mondo”. A conclusione del saluto, il ringraziamento e la riconoscenza nei confronti del Papa: “Desidero anche esprimere quanto la leadership che Vostra Santità continua ad offrire”, ha specificato il cardinale, aggiungendo quanto “abbia veramente agito come fonte di ispirazione e profondo incoraggiamento” per “renderci capaci di portare avanti con zelo la missione che ci è stata affidata”.
Emanuela Campanile Radio vaticana 21 settembre 2017
http://it.radiovaticana.va/news/2017/09/21/papa_francesco_sugli_abusi_nella_chiesa_tolleranza_zero/1338121
Abusi sessuali. Ecco ciò che il papa ha detto, ma quanto vale?
Ricevendo giovedì 21 settembre 2017 la pontificia commissione per la difesa dei minori vittime di abusi sessuali, papa Francesco non ha letto ma ha solo “consegnato” il discorso predisposto allo scopo.
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2017/september/documents/papa-francesco_20170921_pontcommissione-tutela-minori.html
Dopo di che ha parlato a ruota libera, come spesso fa sulle cose che più gli stanno a cuore. Questa volta, però, è avvenuto qualcosa di insolito e di enigmatico. Le fonti ufficiali della Santa Sede, a cominciare da “L’Osservatore Romano“, non hanno trascritto né tanto meno diffuso ciò che il papa ha detto a viva voce. Nemmeno una parola. Anzi. “L’Osservatore Romano” ha premesso alla riproduzione integrale del testo non letto dal papa la seguente notazione: “Ai membri dell’organismo il Pontefice ha consegnato il discorso preparato – che pubblichiamo qui di seguito – quindi ha rivolto loro a braccio alcune considerazioni personali”.
“Considerazioni personali”. Punto. Quindi sue opinioni private? Prive di valore normativo? Tant’è vero che nemmeno meritano di essere riferite? Sta di fatto che alcune delle cose dette a viva voce da papa Francesco sono diventate “breaking news” nei media di tutto il mondo.
Ecco qui di seguito i dispacci in cui l’agenzia italiana Ansa ha trascritto buona parte di quanto detto dal papa. Perché se ne prenda nota e si possa poi verificare quali fatti corrisponderanno o no a queste parole.
Un solo appunto a proposito del “prete della diocesi di Crema” menzionato dal papa. Si tratta di don Mauro Inzoli, sacerdote di spicco del movimento di Comunione e Liberazione, ridotto allo stato laicale nel 2012 dalla congregazione per la dottrina della fede per aver abusato di numerosi giovani, ma restituito al sacerdozio attivo da Francesco nel 2014, con la raccomandazione di condurre una vita ritirata di penitenza e preghiera. “Dopo due anni lui è ricaduto”, ha detto oggi il papa, dichiarandosi pentito di essere stato troppo “morbido”. In realtà Inzoli non è “ricaduto”, cioè non è tornato a commettere abusi sessuali su minori, ma piuttosto ha disobbedito al divieto di compiere in pubblico atti sacerdotali.
Pedofilia: Papa, Chiesa in ritardo, mai grazia a colpevoli.
Mai la grazia a preti colpevoli di abusi su minori. Niente ricorsi in secondo grado di giudizio se gli abusi sono provati in prima istanza. Mai più la prassi di spostare un prete pedofilo da una diocesi all’altra, una modalità che in passato “ha addormentato le coscienze”. Più personale all’ex Sant’Uffizio per istruire i processi canonici, che restano di sua competenza. Per papa Francesco, sulla piaga della pedofilia “la Chiesa è arrivata in ritardo”, ma ora è lui – nella chiave della “tolleranza zero” – a imprimere un’ulteriore accelerazione perché si arrivi a sconfiggerla. In un ampio discorso ’a braccio’ ai membri della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori – quasi una riforma ’annunciata’ in diretta – Francesco li ha informati sulle nuove iniziative che mette in campo contro il flagello della pedofilia nel clero, con la premessa, posta nero su bianco nel discorso scritto consegnato alla Commissione presieduta dal cardinale di Boston Sean O’Malley, che “lo scandalo dell’abuso sessuale è una rovina terribile per tutta l’umanità ” e per la Chiesa “un’esperienza molto dolorosa”. “Sentiamo vergogna per gli abusi commessi da ministri consacrati, che dovrebbero essere i più degni di fiducia”, ha scritto esprimendo “profondo dolore”: “L’abuso sessuale è un peccato orribile, completamente opposto e in contraddizione con quanto Cristo e la Chiesa ci insegnano”. Bergoglio, parlando poi all’impronta, elogia la Commissione per il lavoro “controcorrente”, poiché sul tema “la coscienza della Chiesa è arrivata un po’ tardi, e quando la coscienza arriva tardi i mezzi per risolverlo arrivano tardi”: “io sono consapevole di questo difficoltà, ma è la realtà e lo dico così: siamo arrivati in ritardo!”. “Forse l’antica pratica di spostare la gente, non fare fronte al problema, ha addormentato un po’ le coscienze”, ammette. Sullo sfondo delle sue parole, risuonano in qualche modo le dimissioni dalla Commissione dei rappresentanti delle vittime, in particolare l’irlandese Marie Collins, indignata dalla sordità della Congregazione per la Dottrina della Fede rispetto a proposte dell’organismo consultivo e anche alle lettere di vittime per avere informazioni sui processi. All’ex Sant’Uffizio, però, il Papa conferma la competenza sui processi canonici e sulle riduzioni allo stato laicale, anziché trasferirla, come proposto da alcuni, ai tribunali della Rota o della Segnatura apostolica. “Il problema degli abusi è grave e finché non tutti ne avranno preso coscienza è bene che resti alla Congregazione”, osserva. Con delle correzioni, però. Rispetto alle lamentele che i casi esaminati “non vanno avanti”, Francesco ha deciso “di prendere più gente che lavori nella classificazione dei processi”. Il secondo passo riguarda i ricorsi dei preti condannati in primo grado. “La Commissione, presieduta da mons. Scicluna, uomo che ha una coscienza ben chiara della questione della pedofilia, lavora bene, ma deve essere aggiustata un po’ con la presenza di qualche vescovo diocesano che conosca bene il problema ’in situ’”. E se nella Commissione, composta per lo più da canonisti, c’è “la tentazione degli avvocati di abbassare la pena”, la soluzione del Papa è drastica: oltre a “bilanciare” la Commissione, essa non riceverà più ricorsi se in primo grado ci sarà la prova dell’abuso commesso dall’imputato. “Se ci sono le prove, punto. E’ definitivo. Perché? Non per avversione – rimarca – no, semplicemente perché la persona che fa questo, uomo o donna, è malato o malata. E’ una malattia. Oggi lui si pente, ma sa bene, vai avanti, ti perdoniamo, dopo due anni ricade”. Terzo passo, ancora più drastico: alle richieste di grazia di preti condannati “io mai ho firmato una di queste e mai la firmerà. Francesco ammette anche, in questi anni, di essere stato ’morbido’ nel caso di un prete della diocesi di Crema accogliendo la sentenza “benevola” del vescovo che gli toglieva tutti i ministeri ma non lo stato clericale. “Dopo due anni lui è ricaduto – ricorda -. L’unica volta che l’ho fatto, poi mai. Ho imparato in questo. Imparato dal card. O’Malley, imparato dalle vittime che ho incontrato. E’ una brutta malattia”.
“Chi viene condannato per abusi sessuali sui minori può rivolgersi al Papa per avere la grazia” ma “io mai ho firmato una di queste e mai la firmerò”. Lo ha annunciato papa Francesco parlando ’a braccio’ alla Commissione Pontificia per la protezione dei minori. “Spero che sia chiaro e questo lo potere dire”, ha aggiunto.
“Io non firmo le sentenze, le firma la ’feria quarta’ e l’altra di secondo grado. In un solo caso, uno solo, in quasi cinque anni, c’erano due sentenze su un sacerdote della diocesi di Crema, la sentenza del vescovo era buona, toglieva tutti i ministeri non lo stato clericale. Io ero nuovo non capivo bene queste e davanti alle due ho scelto la più benevola. Ma dopo due anni lui è ricaduto. L’unica volta che l’ho fatto, poi mai”, ha raccontato il Papa alla Pontificia Commissione per la protezione dei minori. “Io ho imparato in questo, imparato delle cose che diceva il cardinale presidente O’Malley. Ho imparato quella volta che ho ricevuto sei vittime”, ha osservato. “E’ una brutta malattia ma è una malattia vecchia – ha proseguito -. Io non ho trovato ma forse i gesuiti lo trovano: c’è una lettera di San Francesco Saverio ai monaci buddisti credo, che rimproverava questo vizio loro, voi vedete se è vero, l’ho sentito da varie, comunque è una cosa vecchia. Questo un po’ ho voluto dirvi spontaneamente, come sono avvenute le cose e andare avanti. Procedere con fiducia ma fare strada, vecchia come problema ma nuova come sistemazione qui in Curia”.
“Credo che per il momento risolvere il problema di abusi dev’essere sotto la competenza della Commissione Pontificia per la protezione dei minori. “Questo è stata una cosa pratica – ha spiegato -. Quando veniva un problema nuovo, veniva una disciplina nuova per la riduzione allo stato laicale, l’ha presa sempre la Congregazione per la Dottrina della Fede. Poi quando la cosa si è sistemata bene, nel caso della laicizzazione dei preti. E’ passata al Culto e poi al Clero”. “E questo lo dico – ha aggiunto – perché alcuni chiedono che vada direttamente al sistema giudiziale della Santa Sede, cioè alla Rota e alla Segnatura. Ma in questo momento il problema è grave: e non solo è grave il problema, è grave che alcuni non hanno preso coscienza del problema. E quindi è bene che resti alla Dottrina della fede, finché tutti nella Chiesa non prendano coscienza”.
Il Papa ha ammesso che nei processi canonici per pedofilia alla Congregazione per la Dottrina della Fede, “ci sono tanti casi là che non avanzano, non vanno avanti, questo è vero. Col nuovo segretario, che sarà ordinato arcivescovo il 29 e il nuovo segretario che ho appena nominato, e il prefetto anteriore (il card. Müller, ndr) era d’accordo, si sta cercando di prendere più gente che lavori nella classificazione dei processi”. “Questo è il primo problema – ha sottolineato -: incominciare con gli operatori che classificano e studiano i dossier. Poi nella ’feria quarta’ (l’organo che emette la sentenza di primo grado, ndr) si risolve”.
A proposito della Commissione che presso la Congregazione per la Dottrina della fede esamina i ricorsi di sacerdoti condannati in primo grado per abusi sessuali, papa Francesco ha detto oggi che essa “lavora bene ma deve essere aggiustata un po’ con la presenza di qualche vescovo diocesano che conosca bene il problema proprio ’in situ’. Si sta lavorando a questo”. Questa commissione, ha detto “è presieduta da mons. Scicluna, arcivescovo di Malta, che è un uomo che ha una coscienza ben chiara del problema della pedofilia”. Ma questa commissione che riceve ricorsi “ha un problema: la maggioranza sono canonisti, esaminano se tutto il processo sta bene, c’è la tentazione degli avvocati di abbassare la pena. Gli avvocati vivono di questo, no? E ho deciso di bilanciare un po’ questa commissione e anche dire che se un abuso su minori è provato è sufficiente per non ricevere ricorsi. Se ci sono le prove, punto. E’ definito. Perché? Non per avversione, no, semplicemente perché la persona che fa questo, uomo o donna, è malato o è malata. E’ una malattia”.
“La persona che fa questo, uomo o donna, è malato o è malata. E’ una malattia. Oggi lui si pente ma sa bene che, vai avanti, ti perdoniamo, dopo due anni ricade. Dobbiamo metterci in testa che è una malattia”. Lo ha detto papa Francesco a proposito degli abusi pedofili, parlando ’a braccio’ alla Pontificia commissione per la tutela dei minori.
Fausto Gasparroni ANSA 21 settembre 2017
www.ansa.it/sito/notizie/politica/2017/09/21/pedofilia-papa-ai-colpevoli-di-abusi-non-daro-mai-la-grazia_48ef9322-44ee-4198-bf9b-82a607e6d23c.html
Sandro Magister blog espresso 21 settembre 2017
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2017/09/21/abusi-sessuali-ecco-cio-che-il-papa-ha-detto-ma-quanto-vale/
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GARANTE PER LA PRIVACY
Scelta del Responsabile della protezione dei dati
Newsletter n. 432 del 15 settembre 2017
www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/6826945
Entro il 25 maggio 2018 dovranno designare obbligatoriamente un Responsabile della protezione dei dati (RPD o DPO):
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Amministrazioni ed enti pubblici, fatta eccezione per le autorità giudiziarie;
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Tutti i soggetti la cui attività principale consiste in trattamenti che, per la loro natura, il loro oggetto o le loro finalità, richiedono il monitoraggio regolare e sistematico degli interessati su larga scala;
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Tutti i soggetti la cui attività principale consiste nel trattamento, su larga scala, di dati sensibili, relativi alla salute o alla vita sessuale, genetici, giudiziari e biometrici.
Inoltre si ricorda che, comunque anche nei casi in cui Regolamento UE 2016/679 non impone in modo re www.edotto.com/articolo/scelta-del-responsabile-della-protezione-dei-dati?newsletter_id=59c0fb0bfdb94d259840913c&utm_campaign=PostDelPomeriggio-19%2f09%2f2017&utm_medium=email&utm_source=newsletter&utm_content=scelta-del-responsabile-della-protezione-dei-dati&guid=4a4189fe-5ca1-4ecc-84c9-775510ba6274Posto ciò, dalla newsletter del Garante per la Privacy si apprende che i soggetti obbligati dovranno scegliere il Responsabile della protezione dei dati personali (RPD) con particolare attenzione, verificando la presenza di competenze ed esperienze specifiche.
Non sono, quindi, richieste attestazioni formali sul possesso delle conoscenze o l’iscrizione ad appositi albi professionali, ma il Data Protection Officer dovrà avere un’approfondita conoscenza della normativa e delle prassi in materia di privacy, nonché delle norme e delle procedure amministrative che caratterizzano lo specifico settore di riferimento.
Rossella Schiavone EDotto 19 settembre 2017
www.edotto.com/articolo/scelta-del-responsabile-della-protezione-dei-dati?newsletter_id=59c0fb0bfdb94d259840913c&utm_campaign=PostDelPomeriggio-19%2f09%2f2017&utm_medium=email&utm_source=newsletter&utm_content=scelta-del-responsabile-della-protezione-dei-dati&guid=4a4189fe-5ca1-4ecc-84c9-775510ba6274
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GAZZETTA UFFICIALE
Sostegno alla natalità
Nella Gazzetta Ufficiale n. 213 del 12 settembre 2017, è pubblicato il Decreto 8 giugno 2017: Fondo di sostegno alla natalità.
www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/09/12/17A06277/sg
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MINORENNI
Minorenne incinta: può sposarsi?
Una delle condizioni per contrarre matrimonio è la maggiore età; solo i minori emancipati possono sposarsi ma a condizione che ricorrano gravi motivi.
La gravidanza inaspettata di una donna non sposata era, un tempo, causa di disonore e vergogna per la famiglia. Tant’è che si ricorreva immediatamente al matrimonio riparatore. I costumi sono fortunatamente cambiati e il matrimonio è ormai quasi sempre una scelta consapevole e volontaria. Molte coppie di conviventi decidono di convolare a nozze proprio nel momento della nascita di un bambino, al fine di dare a quest’ultimo una “formalizzazione” familiare, sebbene anche le coppie di fatto siano state ormai completamente equiparate a quelle sposate. Ma che succede se a rimanere incinta è una minorenne? Può sposarsi e cosa deve fare in questi casi?
Affrontiamo un tema un po’ delicato perché la gravidanza di una donna non sposata, frutto di una relazione occasionale come può essere quella di un adolescente, resta sempre un tema che coinvolge diverse sfere: da quella fisica a quella psicologica. La nostra però resta sempre un’indagine legata al diritto: vediamo dunque cosa prevede la legge in caso di minorenne incinta.
Il codice civile stabilisce che i minorenni non possono sposarsi. Tuttavia, il tribunale, su istanza dell’interessato, accertata la sua maturità psicofisica e la fondatezza delle ragioni adottate può, per gravi motivi, ammettere al matrimonio (solo) chi abbia compiuto 16 anni. In tal caso si parla di minore emancipato.
Ma quali sono questi «gravi motivi» per cui un minore di età può essere autorizzato a contrarre matrimonio? La legge non li specifica e ne lascia l’individuazione al giudice, il quale deciderà caso per caso sulla base delle circostanze concrete e delle prove fornitegli dalle parti. Ad esempio, è ritenuto un grave motivo l’imminente pericolo di vita di uno dei nubendi o una prolungata e sperimentata convivenza tra i due.
La legge, quindi, non dice che lo stato di gravidanza è un grave motivo che consente a un minorenne di sposarsi. La valutazione spetta al giudice. L’essere incinta quindi non comporta di per sé, in automatico, l’autorizzazione del giudice a contrarre matrimonio. Non si vuole, infatti, che le nozze abbiano una funzione puramente riparatrice come un tempo il costume sociale imponeva e che i giovani così vi siano costretti dai genitori o dal timore del disvalore sociale. Quindi, nel caso di una ragazza minorenne in gravidanza la richiesta di autorizzazione a sposarsi viene accolta dal tribunale solo se il giudice accerta che:
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c’è davvero la volontà di contrare matrimonio e di offrire al nascituro un idoneo ambiente familiare;
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c’è la maturità effettiva dei minori e la capacità di costituire un nucleo familiare.
Redazione La legge per tutti 19 settembre 2017
www.laleggepertutti.it/175737_minorenne-incinta-puo-sposarsi
[Alcuni cattolici ricorrono al Tribunale Ecclesiastico diocesano per un matrimonio solo religioso non concordatario]
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RICONOSCIMENTO
Il padre ha il diritto di trascorrere tempo da solo con il figlio riconosciuto tardi
Tribunale di Catanzaro prima Sezione civile, sentenza n. 1125, 28 luglio 2017
www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_27446_1.pdf
Per il Tribunale di Catanzaro i minori hanno diritto a sviluppare dei legami equilibrati con entrambi i genitori- Il padre che riconosce il figlio dopo qualche anno dalla sua nascita ha tutto il diritto di costruire con lui una relazione intensa ed equilibrata e di inserirsi a pieno titolo nella vita del piccolo.
Con la sentenza citata, il Tribunale di Catanzaro ha infatti disciplinato i rapporti tra il figlio minore riconosciuto e il padre senza soggiacere alla teoria della “maternale preference”, ma ponendosi sulla scia di quelle pronunce, sempre più numerose, che danno il massimo rilievo alla necessità di garantire che i figli minori sviluppino dei legami equilibrati con entrambi i genitori e avallando il superamento della visione tradizionale che individua nella madre, a prescindere, l’unica figura in grado di accudire adeguatamente i figli.
Nel caso di specie, il padre aveva riconosciuto il figlio dopo oltre tre anni dalla sua nascita e lo aveva incontrato per la prima volta quando il piccolo aveva compiuto quasi quattro anni.
In giudizio, la madre aveva preteso che l’ex compagno incontrasse il piccolo sporadicamente e mai da solo. Prima della sentenza, si era sempre interposta nei rapporti tra i due, impedendo loro di avere attimi di intimità ma presenziando sempre agli incontri.
Il giudice, con la sentenza in commento, ha tuttavia deciso di non dare alcun seguito alle richieste della donna di partecipare attivamente ai rapporti padre/figlio, ma, piuttosto, ha accolto il programma di incontri elaborato dall’uomo, ritenendo che solo in tal modo fosse possibile preservare l’equilibrio che si stava creando tra questi e il minore e permettere al piccolo di abituarsi gradualmente alla presenza del padre.
Il Tribunale ha poi dispostol’affido condiviso, con collocazione prevalente del minore presso la madre. Il padre ha visto invece rigettata la sua richiesta di mantenimento diretto del figlio, con versamento di un contributo mensile perequativo: la diseguaglianza reddituale dei genitori è tale da impedirlo (e su questo punto la sentenza è opinabile).
In ogni caso, anche la pretesa della madre di ottenere un contributo di 800 euro per il figlio è stata giudicata elevata: 400 euro bastano.
Segnalazione dell’avv. Angelo Polacco
Valeria Zeppilli Newsletter Giuridica Studio Cataldi 19 settembre 2017
www.studiocataldi.it/articoli/27446-il-padre-ha-il-diritto-di-trascorrere-tempo-da-solo-con-il-figlio-riconosciuto-tardi.asp
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SEPARAZIONE
Sentenza non definitiva di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio
Corte di Cassazione, sesta sezione civile, ordinanza n. 20666, 31 agosto 2017
Nel divorzio e nella separazione, il tribunale quando la causa è matura per la decisione è tenuto a pronunciare (anche in mancanza di istanza di parte) sentenza non definitiva sullo status. Ordinanza
Studio Legale Jaccheri 15 settembre 2017
www.studiolegalejaccheri.it/2017/09/15/nel-divorzio-nella-separazione-tribunale-la-causa-matura-la-decisione-tenuto-pronunciare-anche-mancanza-istanza-parte-sentenza-non-definitiva-sullo-status
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SUMMA FAMILIAÆ CURA
Motu proprio di Papa Francesco
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/motu_proprio/documents/papa-francesco-motu-proprio_20170908_summa-familiae-cura.html
È datata 8 settembre 2017, ma è stata pubblicata oggi la Lettera Apostolica Summa Familiæ Cura di Papa Francesco in forma di Motu Proprio, con la quale si istituisce il Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia, che, legato alla Pontificia Università Lateranense, succede – sostituendolo e facendolo in tal modo cessare – al Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia stabilito a sua volta dalla Costituzione apostolica Magnum Matrimonii sacramentum del 7 ottobre 1982.
Il nuovo Istituto teologico, secondo quanto precisato negli Articoli della Lettera Apostolica, costituirà nell’ambito delle istituzioni pontificie, un “Centro accademico di riferimento, al servizio della missione della Chiesa universale, nel campo delle scienze che riguardano il matrimonio e la famiglia e riguardo ai temi connessi con la fondamentale alleanza dell’uomo e della donna per la cura della generazione e del creato“.
Sarà temporaneamente retto dalle norme statutarie del precedente Istituto, avrà come autorità accademiche un Gran Cancelliere, un Preside e un Consiglio di Istituto e agirà in relazione con la Congregazione per l’Educazione Cattolica, con il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita e con la Pontificia Accademia per la Vita.
Si tratta dunque, si legge nella Lettera Apostolica di Francesco, di un “nuovo assetto giuridico” per l’Istituto che Giovanni Paolo II, volle nel 1981, affinché la sua ” lungimirante intuizione” possa essere ancora meglio “apprezzata e riconosciuta nella sua fecondità e attualità”. Il “campo di interesse sarà ampliato infatti sia in ordine alle nuove dimensioni del compito pastorale e della missione ecclesiale, sia in riferimento agli sviluppi delle scienze umane e della cultura antropologica in un campo così fondamentale per la cultura della vita”.
Di recente, spiega il testo, la Chiesa ha compiuto, rispetto agli anni ‘80 con san Giovanni Paolo II, un ulteriore percorso sinodale (in due tappe nel 2014 e nel 2015), con al centro la realtà del matrimonio e della famiglia, culminato con l’Esortazione Apostolica post-sinodale Amoris Lætitia dell’anno scorso. Tale stagione, scrive il Papa, ha portato la Chiesa ad una nuova consapevolezza. La famiglia è centrale, scrive il Papa, sia nei percorsi di conversione pastorale delle comunità sia nella missionarietà della Chiesa ed esige che non vengano mai meno ” la prospettiva pastorale e l’attenzione alle ferite dell’umanità”. In tema di famiglia la “verità della rivelazione e la sapienza della tradizione della fede” devono accompagnarsi “all’intelligenza del tempo presente” Secondo Francesco il cambiamento antropologico-culturale in atto oggi non consente alla pastorale di riproporre “modelli e forme del passato”, ma richiede un “approccio analitico e diversificato” che guardi alla realtà della famiglia di oggi in tutta la sua complessità di luci e ombre, con uno sguardo di “saggio realismo” e di “intelletto d’amore”.
Gabriella Ceraso Radio vaticana 19 settembre 2017
http://it.radiovaticana.va/news/2017/09/19/papa_motu_proprio_per_studi_sui_matrimoni_e_famiglia/1337618
Motu Proprio. Mons Paglia: famiglia rinnova Chiesa e società
Aspetto biblico teologico più approfondito e apertura al dialogo con le sfide di oggi: questi i due aspetti nuovi che contraddistinguono il Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia che Papa Francesco ha istituito oggi con la Lettera Apostolica Summa Familiæ Cura, in forma di Motu Proprio. Viene dunque così sostituito e fatto cessare il precedente Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia, fondato da Papa Woytila nel 1982.
Le cariche di Gran cancelliere e di Preside verranno ricoperte, come nell’Istituto precedente, rispettivamente da mons. Vincenzo Paglia e da mons. Pierangelo Sequeri. Del tutto nuovi saranno invece gli Statuti del nuovo Istituto Teologico che attendono di essere ri-scritti. “Nella volontà del Papa”, spiega mons. Vincenzo Paglia, “la realtà della famiglia non è astratta”, ma è fatta di limiti, sfide, problemi e possibilità e deve “diventare protagonista del rinnovamento della Chiesa e della società”, per questo va “indagata e approfondita ulteriormente”.
R. – Ci sono due termini nuovi nel titolo dell’Istituto che indicano prima di tutto la dimensione ecclesiale del pontificio istituto: “teologico“, che comprende un irrobustimento della teologia, quindi una sottolineatura ancora maggiore dell’aspetto biblico, dogmatico della dimensione pastorale. L’altro termine è per le “scienze“, quindi aperto ad un dialogo molto più ampio con le grandi sfide del mondo contemporaneo, quindi un approfondimento della prospettiva antropologica.
D. – Quindi c’è una consapevolezza e una richiesta nuova nei confronti della famiglia?
R. – Esattamente. La grande intuizione di Giovanni Paolo II chiede di essere ampliata ed arricchita e trova una sua concretizzazione alta nel testo dell’Amoris Lætitia, dove si riflette il compito storico che il Papa chiede di avere alla famiglia. Papa Francesco chiede che la realtà delle famiglie nella loro concretezza, quindi nei limiti e nella ricchezza, nelle ferite e nel bene, possano essere protagoniste di un rinnovamento sia nella Chiesa che nella società.
D. – Quindi non bastano – si legge – più pratiche della pastorale della missione che riflettono forme e modelli del passato. Serve un approccio analitico e diversificato perché il cambiamento antropologico culturale di oggi lo richiede. Quindi sostenere anche individui che non hanno più un sostegno in strutture sociali e nella loro vita affettiva e famigliare?
R. – Per sottolineare questo aspetto che io chiamerei “antropologico” è stata istituita una nuova cattedra che si chiama Gaudium et Spes con il compito di indagare, di proporre, di dialogare con tutte le scienze umane, perché la famiglia oggi – non in astratto – riscopra la sua vocazione.
D. – Ma quando il Papa scrive che bisogna rimanere fedeli agli insegnamenti di Cristo secondo lei nel concreto cosa vuole dire?
R. – Vuol dire che quanto è scritto nell’Amoris Lætitia deve diventare un’ispirazione importante anche a livello scientifico e questa enciclica, che purtroppo è stata intrepretata solo in un punto specifico, è composta di diversi capitoli con diverse sottolineature, molto più larghe, che richiedono una nuova riflessione.
D. – In questo nuovo Istituto che cosa, per esempio, si studierà in più?
R. – Si studierà, ad esempio: storia della famiglia, diritto della famiglia, materie che ora non sono nell’istituto o meglio non sono presenti in maniera così robusta. C’è per esempio questo grande ambito della responsabilità che Dio ha dato all’alleanza dell’uomo e della donna che va oltre la realizzazioni della famiglia. C’è tutto il tema del genere, il tema della custodia del Creato affidato all’uomo e alla dona, i rapporti tra le generazioni, le dimensioni della paternità, della maternità e altre, in questa nuova istituzione accademica, che dovrà guadagnarsi sul terreno l’altezza della ricerca scientifica in questo campo. Quindi sarà indispensabile ad esempio un irrobustimento della biblioteca, una rivisitazione dei diversi istituti nei cinque continenti, proprio perché i due sinodi celebrati non restino un testo scritto senza la responsabilità di un approfondimento teologico, scientifico e pastorale.
Gabriella Ceraso Radio Vaticana 19 settembre2017
http://it.radiovaticana.va/news/2017/09/19/motu_proprio_mons_paglia_famiglia_rinnova_chiesa_e_società/1337686
La forza dell’alleanza. La sapienza cristiana della famiglia
L’intelligenza della fede cristiana non può limitarsi a descrivere il modello ideale della famiglia, deve anche saper rischiarare e accompagnare le sue storie di vita.
In altri termini, deve saper restituire incanto all’umana bellezza dei legami forti che fanno la famiglia, che si irradiano su tutte le relazioni umane e tengono insieme i popoli. Ma una teologia degna di questo nome deve anche saper consigliare le mosse giuste per metterci sulle tracce dell’amore di Dio che ci porta in salvo e ci restituisce speranza: anche nelle situazioni più difficili e dolorose. Il valore aggiunto che può essere riconosciuto senza incertezze all’esortazione post-sinodale Amoris lætitia di papa Francesco sta proprio nella visualizzazione di questo stile fondamentale: la teologia deve abbracciare l’intera realtà della condizione familiare, nell’intero arco della vita. Comprese le sue parti drammatiche e oscure, le sue fragilità e le sue incoscienze. E anche gli inganni e le prevaricazioni con cui le potenze mondane insidiano la libertà dei padri e delle madri, dei figli e delle figlie, in tutte le culture. La teologia insegna al pastore a mettersi sulle spalle la pecora ferita e perduta, non soltanto la ramanzina che deve farle.
Nella congiuntura presente, poi, la sapienza cristiana deve anche mettere ordine in una certa confusione della mente, come dice papa Francesco, a riguardo dell’uomo e della donna, per battere il cinismo e la rassegnazione che demoralizzano le generazioni e spengono la mente.
La Chiesa ha certamente bisogno di pensiero e conoscenza all’altezza dell’inedita sfida che l’egemonia della razionalità tecno-economica rivolge alla famiglia. E più in generale, all’alleanza promettente e feconda dell’uomo e della donna, alla quale il Creatore ha consegnato il destino della terra e il senso della storia. La terra dei viventi è affidata all’uomo e alla donna, perché diventi la casa comune degli esseri umani. Soltanto l’uomo e la donna, insieme, possono renderla veramente abitabile, per i figli e per i popoli. E solo insieme possono insegnare ad abitarla in modo degno, di generazione in generazione. La storia dei popoli è affidata all’alleanza dell’uomo e della donna, perché il legame che rende umana la storia è proprio il legame delle generazioni. La guerra dei sessi abbrutisce la terra. L’indifferenza fra le generazioni istupidisce i popoli. La Lettera apostolica di papa Francesco (Summa Familiæ Cura), che rifonda l’Istituto Giovanni Paolo II, lancia un messaggio forte e indica in obiettivo preciso.
L’eredità e il patrimonio dell’ispirazione del santo papa Giovanni Paolo II, che ha fondato l’Istituto, rimangono la solida radice dalla quale frutti nuovi devono ricevere linfa vitale. Il nuovo assetto istituzionale che papa Francesco firma di suo pugno (motu proprio) è affidato a coloro che vi sono attualmente impegnati, testimoni e affidatari di quell’impulso originario. Papa Francesco ha infatti deciso di impegnarsi, nel rilancio di questa missione dell’intelligenza cristiana, nel modo più esplicito, autorevole, diretto. Insomma, “ci ha messo la firma”. E ha assegnato al nuovo Istituto il compito di un’alta rappresentanza, presso le istituzioni culturali della Chiesa (e del mondo), dell’attualità e della profondità della sapienza cristiana, a tutto campo, sull’alleanza coniugale dell’uomo e della donna.
La novità di indirizzo è facile da indicare: ma sarà certamente un compito impegnativo da affrontare. Si tratta infatti di allargare l’orizzonte di questa sapienza, in termini di ricerca e di formazione, a tutte le implicazioni di quell’alleanza: interne ed esterne alla famiglia stessa.
Perché è proprio su questa soglia che ora sono posti i temi che rendono vitale, e insieme cruciale, il discernimento del rapporto fra i beni familiari e il bene comune: per la società e la politica, per la cultura e l’economia, per l’umanesimo e la religione.
Se non ci fosse, un Istituto come il nostro, sarebbe da inventare. Ma grazie a Dio era già stato inventato. E adesso, è addirittura reinventato. Metteremo ogni passione e intelletto d’amore nell’assolvimento del progetto che papa Francesco ci ha generosamente e fiduciosamente consegnato. E siamo pieni di idee.
Pierangelo Sequeri Avvenire 20 settembre 2017
www.avvenire.it/opinioni/pagine/sapienza-cristiana-della-famiglia
Con Francesco si cambia famiglia
Il terremoto che ha cambiato faccia alla Pontificia Accademia per la Vita ha colpito anche l’istituto di studi sul matrimonio e la famiglia creato da Giovanni Paolo II e con suo primo preside il teologo e poi cardinale Carlo Caffarra. Da oggi questo storico istituto è stato azzerato e sostituito da un altro istituto con nome diverso.
Così infatti si legge nell’articolo 1 del motu proprio Summa Familiæ Cura pubblicato stamane, con cui papa Francesco “ha messo la firma” alla svolta: “Con il presente Motu proprio istituisco il Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia, che, legato alla Pontificia Università Lateranense, succede, sostituendolo, al Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia, stabilito dalla Costituzione apostolica ‘Magnum Matrimonii sacramentum’, il quale pertanto, viene a cessare”.
Sono tutti congedati, quindi, anche i docenti del defunto istituto, mentre restano in carica l’attuale gran cancelliere Vincenzo Paglia e il preside Pierangelo Sequeri, la cui nomina da parte di papa Francesco era stata, un anno fa, il preludio dell’attuale cataclisma. I due accompagnano la pubblicazione del motu proprio con una nota che sottolinea il “coinvolgimento diretto” del papa, il quale – ci tengono a dire – “affida il compito di modellare le regole, le strutture e l’operatività del nuovo Istituto teologico” alle stesse “autorità accademiche dello storico Istituto Giovanni Paolo II”, cioè, appunto, proprio a loro due e non ad altri.
Nel descrivere il “più ampio orizzonte” nel quale dovrà ora muoversi l’istituto, Paglia e Sequeri rimandano, naturalmente, ad “Amoris lætitia”, ma anche a “Laudato si’” e alla “cura del creato”.
Resta ora da vedere chi saranno i docenti del nuovo corso, chi sarà riconfermato e chi no, sia a Roma che nelle altre sedi di tutto il mondo. Come pure si vedrà che fine faranno le ultime pubblicazioni del defunto istituto, specie quel “Vademecum” sulla retta interpretazione di Amoris lætitia che è visto come la peste dai paladini della comunione ai divorziati risposati.
Sandro Magister blog Espresso 19 settembre 2017
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it
La Summa Familiæ di papa Francesco: una “salutare autocritica”
Il nuovo Motu Proprio “Summa Familiæ” (=SF), riformulando la istituzione dell’Istituto Giovanni Paolo II, introduce alcune importanti novità nel panorama teologico e pastorale contemporaneo. Vorrei presentare una breve lettura del documento e considerarlo come uno degli effetti del “lavoro sinodale” culminato con la Esortazione Apostolica Amoris lætitia. Anzi, come dirò in seguito, questo motu proprio assume proprio da AL il compito di una profonda autocritica della teologia e della pastorale familiare, per come si sono sviluppate negli ultimi 35 anni.
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La rifondazione dell’Istituto Giovanni Paolo II. Con un parallelismo assai efficace, il testo di SF pone in relazione il sinodo del 1980, di cui furono conseguenza la Esortazione Apostolica Familiaris Consortio e poi la Fondazione dell’Istituto Giovanni Paolo II, con il doppio Sinodo del 2014-2015, cui è seguita la Esortazione Apostolica Amoris lætitia, da cui scaturisce oggi la esigenza di una profonda revisione dell’atto istitutivo dell’Istituto, che da allora si era dedicato allo studio della teologia e della pastorale matrimoniale e familiare. Questo sviluppo, secondo il testo di SF, “esige che – anche a livello di formazione accademica – nella riflessione sul matrimonio e sulla famiglia non vengano mai meno la prospettiva pastorale e l’attenzione alle ferite dell’umanità”. Pertanto ne viene la integrazione di una “prospettiva pastorale” e di una nuova attenzione alle “ferite dell’umanità”: una maggiore attenzione alla storia e alla concretezza impone una revisione della impostazione degli studi promossi dall’Istituto. Di qui deriva, per conseguenza, una necessità di approfondimento “metodologico”, perché l’approccio al matrimonio e alla famiglia risponda davvero alla realtà contemporanea: “Il cambiamento antropologico-culturale, che influenza oggi tutti gli aspetti della vita e richiede un approccio analitico e diversificato, non ci consente di limitarci a pratiche della pastorale e della missione che riflettono forme e modelli del passato.” La fedeltà alla tradizione esige un accordo più radicale tra intelletto d’amore e saggio realismo.
Da tutto ciò discende la necessità di dare “un nuovo assetto giuridico” all’Istituto, perché la lungimirante intuizione di 35 anni fa possa aderire meglio alla realtà attuale. Ed ecco la decisione, considerata nel suo centro: “Pertanto, sono venuto alla deliberazione di istituire un Istituto Teologico per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia, ampliandone il campo di interesse, sia in ordine alle nuove dimensioni del compito pastorale e della missione ecclesiale, sia in riferimento agli sviluppi delle scienze umane e della cultura antropologica in un campo così fondamentale per la cultura della vita”. Il fronte di riforma è dunque duplice: da un lato il mutamento della prospettiva pastorale ed ecclesiale, dall’altro il riconoscimento del necessario confronto per la teologia con le scienze umane e la cultura antropologica.
A ciò segue una serie di 6 articoli, con cui si compiono alcuni atti giuridici di diversa rilevanza, di cui sottolineo solo i seguenti:
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Viene istituito il Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le scienze del matrimonio e della famiglia, che sostituisce di nome e di fatto il precedente Istituto. Anche nel titolo si nota l’ampliamento dell’ambito di ricerca.
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Le competenze dell’Istituto vengono correlate a quelle di altre istituzioni della Santa Sede come la Congregazione per la Educazione Cattolica, il Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, la Pontificia Accademia per la vita.
E’ evidente che il nuovo Istituto, pur collocandosi nella scia della accademia inaugurata 35 anni fa, ne costituisce una significativa riforma almeno per due profili fondamentali:
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Da un lato nel modo di intendere la “pastorale familiare”, compresa secondo le direttrici della “conversione pastorale” e della “identità missionaria” potentemente riproposte in Evangelii Gaudium e in Amoris lætitia,
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Dall’altro, sul piano squisitamente accademico, richiede metodologie di ricerca differenziate, più ampie e più aderenti alla realtà attuale: è un intero modo di fare teologia che qui viene ripensato e sottoposto ad accurato riesame.
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“Ci spetta una salutare reazione di autocritica” (AL 35). Proprio questo grande disegno di ripensamento trova in Amoris lætitia la sua base di formulazione e di orientamento più adeguata. Non solo perché esso cerca di superare quella “morale fredda da scrivania” (AL 312) che spesso si era espressa con particolare insistenza proprio dalle cattedre dell’Istituto GP2, ma perché trova, nei numeri 35-37 di AL, la sua base originaria di argomentazione.
Potrebbe essere utile formulare, quasi in forma di “decalogo”, le principali “voci” di quella “salutare autocritica” che non solo ha portato alla riformulazione dell’assetto giuridico dell’Istituto, ma anche ha contribuito efficacemente a delinearne i nuovi contenuti e le nuove istanze metodologiche.
Le “dieci parole” che qui elaboro – sulla base del dettato letterale di AL 35-37 – possono aiutare anche a giustificare la esigenza di riforma che in SF ha trovato lucida realizzazione. Dato che non pochi di questi difetti sono stati il frutto della impostazione largamente condivisa in seno all’Istituto GP2 – e forse da esso addirittura perfezionata – si comprenderà bene perché la esigenza di superamento abbia assunto la forma di una vera e propria “rifondazione” dell’Istituto:
Ecco dunque il Decalogo elaborato da AL per una “salutare autocritica”:
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La sterile denuncia: “non ha senso fermarsi a una denuncia retorica dei mali attuali, come se con ciò potessimo cambiare qualcosa” (AL 35).
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La pretesa normativa: “Neppure serve pretendere di imporre norme con la forza dell’autorità” (AL 35).
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Presentare le ragioni e le motivazioni di una scelta: occorre “presentare le ragioni e le motivazioni per optare in favore del matrimonio e della famiglia, così che le persone siano più disposte a rispondere alla grazia che Dio offre loro” (AL 35)
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Modi inadeguati di esporre le convinzioni e di trattare le persone: “a volte il nostro modo di presentare le convinzioni cristiane e il modo di trattare le persone hanno aiutato a provocare ciò di cui oggi ci lamentiamo, per cui ci spetta una salutare reazione di autocritica” (AL 36)
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Squilibrio tra fine unitivo e fine procreativo: “spesso abbiamo presentato il matrimonio in modo tale che il suo fine unitivo, l’invito a crescere nell’amore e l’ideale di aiuto reciproco sono rimasti in ombra per un accento quasi esclusivo posto sul dovere della procreazione” (AL 36)
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Un accompagnamento inadeguato delle nuove coppie: “Non abbiamo fatto un buon accompagnamento dei nuovi sposi nei loro primi anni, con proposte adatte ai loro orari, ai loro linguaggi, alle loro preoccupazioni più concrete” (AL 36)
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Astrattezza e idealizzazione teologica: “Abbiamo presentato un ideale teologico del matrimonio troppo astratto, quasi artificiosamente costruito, lontano dalla situazione concreta e dalle effettive possibilità delle famiglie così come sono. Questa idealizzazione eccessiva, soprattutto quando non abbiamo risvegliato la fiducia nella grazia, non ha fatto sì che il matrimonio sia più desiderabile e attraente, ma tutto il contrario” (AL 36)
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La presunzione di autosufficienza della dottrina: “Per molto tempo abbiamo creduto che solamente insistendo su questioni dottrinali, bioetiche e morali, senza motivare l’apertura alla grazia, avessimo già sostenuto a sufficienza le famiglie, consolidato il vincolo degli sposi e riempito di significato la loro vita insieme” (AL 37)
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Il matrimonio concepito più come atto che come rapporto: “Abbiamo difficoltà a presentare il matrimonio più come un cammino dinamico di crescita e realizzazione che come un peso da sopportare per tutta la vita” (AL 37)
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Non sostituire, ma formare le coscienze: “Stentiamo anche a dare spazio alla coscienza dei fedeli, che tante volte rispondono quanto meglio possibile al Vangelo in mezzo ai loro limiti e possono portare avanti il loro personale discernimento davanti a situazioni in cui si rompono tutti gli schemi. Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle”(AL 37).
Su ognuno di questi 10 punti il lavoro di ripensamento, nei contenuti e nei metodi – così come lucidamente additato da SF – indica nello stesso tempo lo spazio esigente tanto per il sorgere di un nuovo Istituto quanto per il tramonto di quello precedente. La buona continuità di seri studi sul matrimonio e sulla famiglia aveva proprio bisogno di questa benedetta discontinuità. Per potersi finalmente permettere di tradurre serenamente la tradizione familiare nella lingua degli uomini e delle donne di oggi: che sono più fragili, ma anche più ricchi; che sono più semplici, ma anche più complicati; che vivono famiglie deformate, ma anche informali; che attestano la fede più con la intimità che con le forme; che infine risultano – nello stesso momento – più indifferenti e più appassionati. Di questa realtà complessa, fuori da ogni massimalismo e fondamentalismo, dovrà occuparsi il lavoro accademico e pastorale del nuovo Istituto, al servizio non solo di una Chiesa più serena e dinamica, ma anche di una cultura ancora assetata di parole veramente serie.
Andrea Grillo blog Come se non 23 settembre 2017
www.cittadellaeditrice.com/munera/la-summa-familiae-di-papa-francesco-una-salutare-autocritica/
Famiglia, la nuova università di papa Francesco
Motu proprio per la creazione di un Istituto pontificio per matrimonio e famiglia. Si occuperà di teologia e di morale, ma anche di antropologia, fragilità e difesa del creato
Dopo Amoris lætitia, ecco anche l’università della famiglia in linea con le indicazioni dell’esortazione postsinodale. Oltre alla teologia e alla morale, il nuovo ateneo di eccellenza voluto da papa Francesco si occuperà di antropologia, scienze umane, fragilità, difesa del creato e tanto altro. Cioè della famiglia “in tutta la sua complessità, nelle sue luci e nelle sue ombre”.
Con il Motu proprio reso noto ieri, il Papa ha sciolto il Pontificio istituto “Giovanni Paolo” per studi su matrimonio e famiglia e ha istituito il Pontificio istituto teologico “Giovanni Paolo II” per le scienze del matrimonio e della famiglia. Nome quasi identico per finalità quasi simili. Perché allora un atto formale, suggellato da un forma così impegnativa come una lettera apostolica per ottenere un obiettivo che, a prima vista, non si scosta molto dall’originale, se è vero che anche le autorità accademiche – gran cancelliere, preside e consiglio d’istituto – rimangono le stesse? Lo spiega Francesco stesso nel documento Summa Familiæ Cura con cui segna una nuova tappa nella sua rivoluzione evangelica per definire con modalità nuove, più aderenti alla realtà, il rapporto tra famiglia e Chiesa.
Tre soprattutto le motivazioni che hanno sollecitato il Papa in questa decisione.
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La volontà di confermare l’intuizione geniale di Giovanni Paolo II nella scelta di istituire una realtà di alto livello accademico per lo studio della famiglia e del matrimonio.
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L’esigenza di riorganizzare l’istituto sulla base di una realtà familiare che, 36 anni dopo la scelta di papa Wojtyla, non solo è profondamente mutata ma manifesta segnali sempre più preoccupanti di fragilità nelle dinamiche interne e di indifferenza, se non di lontananza, per quanto riguarda il rapporto con la comunità ecclesiale.
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Infine, l’urgenza di modellare il nuovo istituto sulle indicazioni emerse dal lungo cammino sinodale 2014-2015, sfociato lo scorso anno nell’Amoris lætitia.
Sarebbe risultato un po’ singolare che, dopo aver approfondito per quasi un triennio il “prezioso poliedro” della famiglia nella sua bellezza e nella sua complessità, il Papa non avesse adeguato anche la punta avanzata della ricerca e dell’approfondimento universitario alle nuove, pressanti e inderogabili istanze.
“Questa stagione sinodale – scrive Francesco nel Motu proprio – ha portato la Chiesa a una rinnovata consapevolezza del vangelo della famiglia e del matrimonio e delle nuove sfide pastorali a cui la comunità cristiana è chiamata a rispondere”. Da qui l’esigenza che non venga meno, neppure nella formazione accademica – “la prospettiva pastorale e l’attenzione alle ferite dell’umanità”. Anche gli studi universitari dovranno tenere presente, accanto al “profilo ecclesiale della famiglia”, alla “verità della rivelazione e la sapienza della tradizione della fede”, il cambiamento antropologico-culturale “che influenza oggi tutti gli aspetti della vita e richiede un approccio analitico e diversificato”.
Poi, ecco il passaggio determinante della lettera che, se a una parte rende onore come detto alla profezia di papa Wojtyla, non perde di vista gli scenari futuri e obbliga al rinnovamento. C’è un rimescolamento così profondo e spesso di così difficile lettura degli scenari familiari che non ci è consentito, prosegue Francesco “limitarci a pratiche della pastorale e della missione che riflettono forme e modelli del passato”. Anzi, occorre essere “interpreti consapevoli e appassionati della sapienza della fede in un contesto nel quale gli individui sono meno sostenuti che in passato dalle strutture sociali, nella loro vita affettiva e familiare”.
Da qui l’urgenza di procedere alla fondazione di un nuovo istituto di alta specializzazione universitaria capace di accompagnare quella “conversione pastorale” e quella “trasformazione missionaria della Chiesa” che Francesco considera obiettivi irrinunciabili del suo pontificato. Il nuovo istituto, si legge ancora nella Lettera apostolica, dovrà essere un centro accademico di riferimento “nel campo delle scienze che riguardano il matrimonio e la famiglia, e riguardo ai temi connessi con la fondamentale alleanza dell’uomo e della donna per la cura della generazione e del creato”.
Per realizzare pienamente il suo nuovo, impegnativo, mandato la nuova realtà accademica potrà contare su strutture e strumenti adeguati e avrà anche la possibilità, pur rimanendo legata all’Università lateranense, di “conferire jure proprio” ai suoi studenti, tutti i gradi accademici, dal diploma al dottorato.
Come realizzare la trasformazione, quali aree di studio e di ricerca inserire nella nuova realtà accademica, come ampliare la didattica saranno problemi di cui si occuperanno il gran cancelliere del nuovo “Giovanni Paolo II”, l’arcivescovo Vincenzo Paglia, e il preside monsignor Pierangelo Sequeri. “L’attuazione del progetto del nuovo istituto – hanno osservato – deve ora essere ragionata e condivisa per quanto attiene alle sue soluzione tecniche, con gli interlocutori di volta in volta competenti”. E quindi Congregazione per l’educazione cattolica, Dicastero per i laici, famiglia e vita, Pontificia accademia per la vita. Paglia e Sequeri hanno fatto notare che il nuovo istituto ribadendo la centralità della famiglia nei percorsi di conversione pastorale, e proponendosi la cura della condizione familiare nell’odierno mutamento dei legami sociali e degli assetti civili, pone anche domande fondamentali: “Come si modella questa trasformazione della prativa testimoniale della fede evangelica, che restituisce la forma stessa della Chiesa all’evidenza bella e incoraggiante della ‘grande famiglia’ dell’amore di Dio, che accompagna e accoglie?”.
Nella portata innovativa della nuova realtà, che allargando il campo d’indagine ai temi della generazione e del creato – concludono – “valorizza la differenza e l’alleanza creaturale dell’uomo e della donna alla cura globale dell’habitat comune e all’edificazione della storia attraverso la generazione” c’è il senso del nuovo istituto, frutto della maturazione sinodale confermata da Amoris lætitia.
Luciano Moia Avvenire 19 settembre 2017
www.avvenire.it/famiglia-e-vita/pagine/l-universita-della-famiglia-di-papa-francesco
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VIOLENZA
Violenza psicologica, maltrattamento invisibile: come difendersi?
Se subisci una violenza psicologica, anche se temi di non riuscire a dimostrarla, devi denunciare il responsabile. Se il tuo ex fidanzato, il tuo ex coniuge, il tuo datore di lavoro o un vecchio amico ti maltrattano con continue offese e umiliazioni, puoi recarti presso i carabinieri, la polizia o la procura della repubblica e denunciare il responsabile per le violenze psicologiche subite. Ma cerchiamo di capire per gradi cos’è la violenza psicologica e come bisogna difendersi.
La violenza psicologica. Nel precedente articolo si può dimostrare una violenza psicologica abbiamo già chiarito che il nostro ordinamento non prevede espressamente il reato di violenza psicologica, ma punisce le condotte violente come strumento attraverso il quale vengono commessi altri reati. Quelli di cui abbiamo già parlato sono i maltrattamenti in famiglia [Art. 572 cod. pen.], la minaccia [Art. 612 cod. pen.], la violenza privata [Art. 610 cod. pen.] e lo stalking [Art. 612 bis cod. pen.].
La violenza psicologica può essere realizzata da chiunque (l’ex compagno, un amico, il datore di lavoro, l’amico di scuola) ai danni di qualsiasi persona: è una violenza subdola, alcune volte difficile da riconoscere e dimostrare (ecco perché viene anche definita maltrattamento invisibile) e può degenerare in violenza fisica.
Si può configurare la violenza psicologica ogni volta che (con condotte ripetute) ci insultano, ci offendono, ci umiliano, ci minacciano o ci aggrediscono verbalmente. Una manifestazione di violenza psicologica (sempre più presente nell’era moderna) è il bullismo. Questo reato si configura quando un branco (in genere formato da ragazzi di giovane età) si rivolge ad un soggetto debole (scelto quale vittima) e lo attacca, denigrandolo con insulti verbali e/o deridendolo fino ad offenderne la dignità personale. Quando questo fenomeno si realizza attraverso internet, facebook, forum, chat ci troviamo dinanzi all’ipotesi di cyberbullismo.
Altri reati per i quali è possibile punire un soggetto che realizza nei nostri confronti violenza psicologica sono:
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Il mobbing (ovvero il comportamento del datore, o del collega, di lavoro che si manifesta con atteggiamenti prima subdoli e dispettosi e poi addirittura ostruzionistici e pieni di disprezzo);
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La violenza sul partner (che è forse la più grave, in quanto si realizza nell’ambiente familiare ed affettivo nel quale chi la subisce è più indifeso e può lentamente degenerare in violenza fisica).
È il caso, ad esempio, di chi (uomo o donna) tratti il suo partner senza rispetto, lo rimproveri senza motivo, lo offenda e maltratti, sia ossessivamente geloso, non accetti che abbia più successo professionale, disprezzi la sua famiglia ed i suoi amici, lo derida cercando di isolarlo dal resto del mondo.
Come difendersi dalla violenza psicologica. Ogni volta che ti senti eccessivamente e continuamente pressato/a ed umiliato/a da un amico, un familiare, un collega di lavoro, sappi che puoi difenderti presentando una querela alle autorità competenti (polizia, carabinieri) o direttamente negli uffici della procura della repubblica del tuo luogo di residenza. Naturalmente è necessario che si tratti di maltrattamenti psicologici continui e non di semplici litigi (seppure un po’ duraturi nel tempo) nel corso dei quali ti sia sentito/a offeso/a (magari perché sei particolarmente sensibile o perché nutri nei confronti della persona che ti ha aggredito dei sentimenti molto forti).
È necessario che vi sia un vero e proprio maltrattamento, seppure non fisico, cioè un comportamento di violenza psicologica che, perpetrato giorno dopo giorno, scavi dentro te creando un serio malessere che il nostro ordinamento, per fortuna, ritiene sia rilevante penalmente. Non devi vergognarti di cosa penseranno i carabinieri dai quali ti recherai a sporgere la tua querela ed, anzi, anche qualora dovessero cercare di sminuire il tuo stato d’animo o il tuo racconto, dovrai insistere affinché verbalizzino esattamente ciò che tu hai deciso di raccontare.
Qualora il pubblico ministero, al quale la tua querela sarà trasmessa (da parte dei carabinieri o della polizia da cui ti sarai recato/a), dovesse ritenere non punibili i fatti da te descritti (e che, quindi, la tua offesa non è tale da determinare la punizione del colpevole), ne chiederà l’archiviazione (ma tu almeno ci avrai provato); qualora, invece, sarai in grado di descrivere dettagliatamente tutte le umiliazioni subite, la loro frequenza, il modo in cui sono state realizzate e ciò che hanno determinato in te, il pubblico ministero inizierà le indagini contro la persona che avrai indicato come colpevole che potrà essere condannata.
Se, poi, sei vittima di stalking, bullismo o cyberbullismo (realizzati attraverso la violenza psicologica), prima di presentare una querela, potrai anche rivolgerti al questore chiedendo che ammonisca il colpevole. Si tratta di una vera e propria richiesta da indirizzare al questore il quale, assunte (se necessario) informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate sui fatti, qualora ritenga fondata l’istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge [Art. 8 L. n. 38/2009].
Sabina Coppola La legge per tutti 19 settembre 2017
www.laleggepertutti.it/175545_violenza-psicologica-maltrattamento-invisibile-come-difendersi
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