NewsUCIPEM n. 662 – 13 agosto 2017

NewsUCIPEM n. 662 – 13 agosto 2017

Unione Consultori Italiani Prematrimoniali E Matrimoniali

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01 ADOZIONE INTERNAZIONALE Ritorna la voglia di adozione internazionale.

02 La svolta. «Adozioni, ecco come ripartire».

04 Ora anche gli insegnanti sanno come rispondere!

04 AFFIDAMENTO preadottivo e minori in collocamento temporaneo: Codice Fiscale.

05 AFFIDO CONDIVISO Sì alla convivenza con la madre in Inghilterra.

05 AMORIS LÆTITIA Addio a Dionigi Tettamanzi, aprì ai divorziati seguendo Bergoglio.

05 ASSEGNO DIVORZILE Addio all’assegno alla moglie che va a stare con un altro.

06 Assegno solo se l’ex coniuge ha bisogno.

07 Commissione Adozioni Internaz. CARE: “Famiglie adottive, inviateci le vostre istanze.”

07 CONFERENZA SULLA FAMIGLIAIl governo si muova: in manovra interventi per i nuclei numerosi.

09 Cinque anni per convocare l’Assemblea nazionale della famiglia.

10 CONSULENTI di COPPIA e FAMILIARIIl Consulente familiare n. 3\2017 dell’A.I.C.C e F.

10 CONSULTORI FAMILIARI Firenze. Seminario della Rete toscana dei consultori familiari.

10 CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM Bologna. Convegno per i 30 anni di attività.

11 Grosseto. 30 anni della fondazione del Consultorio.

11 Napoli. P. Domenico Correra, S.J. dopo 55 anni passa il testimone.

11 DALLA NAVATA XIX domenica del tempo ordinario – Anno A – 13 agosto 2017

11Coraggio, Io sono, non abbiate paura! (Enzo Bianchi)

13 DIRITTI La donna che ha appena partorito.

14 ETS (già onlus) NON PROFIT Terzo settore: per i volontari assicurazione INAIL.

15 FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI A settembre si ricomincia a narrare l’importanza della famiglia!

15 Bassetti: dopo tanti rinvii si parlerà del fattore famiglia.

16 FRANCESCO VESCOVO DI ROMA Il percorso che riporta il mondo globalizzato al Vangelo.

16 GOVERNO Le richieste al governo. Famiglia, in campo le idee dei partiti.

18 MINORI stranieri non accompagnatiRegioni italiani alle prese con gli albi per i tutori legali volontari.

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ADOZIONE INTERNAZIONALE

Ritorna la voglia di adozione internazionale.

Come funziona, requisiti e costi. Il percorso di una coppia ed un bambino verso la gioia della famiglia.

Nonostante le vacanze, continuano a squillare i telefoni nelle sede nazionale di AiBi (aperta tutto il mese di agosto). Telefonate che arrivano da coppie che chiedono informazioni su come adottare, tempi, requisiti e procedure per incontrare il proprio figlio che li attende altrove.

Adottare un bambino e farlo sentire parte di una famiglia è uno dei più grandi gesti d’amore possibili. Donare ad un bambino affetto, attenzione e tutto ciò di cui un minore ha bisogno per crescere in armonia con le persone e l’ambiente che lo circondano è una scelta di cuore, ma comporta un percorso burocratico ben preciso, oltre a dei costi per le procedure adottive. Un percorso che va dalla dichiarazione di disponibilità al Tribunale dei minori alla trascrizione del provvedimento di adozione nei registri dello stato civile. Tutto ciò passando per un ente autorizzato all’adozione internazionale, come Ai.Bi.

Le coppie che intraprendono l’adozione internazionale devono per prima cosa dimostrare di possedere i requisiti necessari perché la procedura possa essere avviata: essere sposati, conviventi da almeno 3 anni, essere in grado di mantenere il bambino ed essere in grado di garantirgli un’istruzione. Inoltre la differenza di età tra i coniugi ed il minore non può essere inferiore ai 18 anni e superiore ai 45.

La coppia che possieda tali requisiti può presentare la dichiarazione di disponibilità all’adozione, che deve essere inoltrata alla cancelleria del Tribunale per i minorenni del distretto in cui la coppia risiede. Se il Tribunale per i minorenni ravvisa la carenza dei requisiti richiesti pronuncia un immediato decreto di inidoneità. Se non sussistono problemi il giudice minorile trasmette la documentazione ai servizi degli Enti locali che devono redigere relazioni psicosociali, accertamenti legali e relazione sanitaria. 

Letti i pareri e la relazione dei Servizi territoriali, il Tribunale per i minori dichiara l’idoneità o l’insussistenza dei requisiti all’adozione della coppia in questione. Ottenuta l’idoneità dal Tribunale per i minori, la coppia avrà un anno di tempo per conferire mandato ad uno degli Enti Autorizzati dalla Commissione delle Adozioni Internazionali al fine di espletare l’iter adottivo. Ai.Bi. è l’ente italiano che ha ottenuto più autorizzazioni ad operare nei paesi di origine.

In totale sono 33 i Paesi in cui l’ente è autorizzato ad espletare le procedure adottive, di cui operativi ad oggi ben 22.

Qual è il ruolo dell’Ente? La legge n. 184/1983 così come modificata dalla legge 476/1998 e dalla legge 149/2001 che disciplina l’adozione internazionale ha individuato nell’ente autorizzato il soggetto istituzionale che deve informare, formare e accompagnare gli aspiranti genitori adottivi nel percorso dell’adozione internazionale e svolgere tutte le procedure per l’adozione di adozione internazionale. Questa azione si svolge sia in Italia, nella preparazione all’adozione internazionale, nel sostegno nella fase di attesa, nell’accompagnamento alla fase di abbinamento, sia all’estero per quanto riguarda la gestione delle procedure necessarie per portare a compimento l’adozione. L’ente autorizzato ha quindi il ruolo di assistere la coppia genitoriale in tutte le fasi amministrative legate all’adozione del minore davanti all’Autorità Straniera.

Per quanto concerne i costi delle procedure adottive, questi variano a seconda dei Paesi. È possibile consultare questo link per avere un’idea delle spese che devono essere affrontate da una coppia che decide di adottare all’estero conferendo mandato ad Ai.Bi.

Un argomento scottante quello sui costi per le procedure adottive che sale alla ribalta in questi mesi “caldi” in cui si parla tanto di rimborsi delle spese sostenute dai genitori adottivi a seguito di un comunicato pubblicato dalla Commissione per le adozioni internazionali, lo scorso 19 maggio 2017, i cui si legge che non vi è stato alcun provvedimento che preveda il rimborso delle spese sostenute per le adozioni concluse dopo il 31 dicembre 2011.

E proprio a proposito di costi per l’adozione, deducibilità e rimborsi il primo agosto aibinews riportava un articolo di Fiscalfocus.it [ripreso da newsUCIPEM n. 661, 6 agosto 2017, pag. 4] che entra nel merito, punto per punto, di cosa sia rimborsabile, quanto, in che termini e percentuali, i tempi di presentazione dei moduli e a chi spetta.

Il tema “costi e rimborsi per le procedure adottive” deve assumere un carattere prioritario nell’agenda della Commissione se realmente si vuole lavorare insieme per un rilancio delle adozioni internazionali e un concreto sostegno e supporto alle famiglie italiane che intraprendono il progetto adottivo.

News Ai. Bi. 11 agosto 2017

www.aibi.it/ita/estate2017-ritorna-voglia-adozione-internazionale

 

La svolta. «Adozioni, ecco come ripartire»

Laera: entro la metà di settembre la commissione torna a riunirsi. Nuova linea diretta per le famiglie e più impulso agli accordi internazionali nel programma della vicepresidente Cai.

Adozioni internazionali, da settembre si riparte. Dopo oltre tre anni dall’ultima commissione, tutto è pronto per la convocazione del prossimo incontro. È la stessa vicepresidente della Cai (Commissione adozioni internazionali), Laura Laera, a dare l’annuncio del disgelo, un lungo e travagliato periodo in cui – per ragioni ancora tutte da chiarire – l’attività dell’ente è stata paralizzata. A farne le spese innanzi tutto le famiglie, circa 8mila ogni anno che in modo generoso e quasi eroico, si avviano lungo la strada impervia dell’adozione internazionale.

Ora la svolta decisiva: «Abbiamo predisposto tutto per la convocazione della commissione entro la metà di settembre», assicura l’ex presidente del Tribunale dei minori di Firenze, dal giugno scorso alla vicepresidenza Cai (il presidente è lo stesso premier Paolo Gentiloni). Non si tratterà solo di un momento formale. Le questioni sul tappeto sono tante e complesse. La Commissione per le adozioni internazionali che, secondo la legge, controlla e coordina l’attività dei 63 enti accreditati in Italia, è un organo collegiale. Può capitare che, per motivi di urgenza o di opportunità, una decisione venga assunta dalla vicepresidenza, ma tutto poi dev’essere ratificato dalla commissione riunita. Questo negli ultimi tre anni non è mai avvenuto perché la precedente responsabile, Silvia Della Monica – anche lei magistrato fuori ruolo – si era convinta che esistessero conflitti di interesse insuperabili all’interno della commissione, tali da rendere impossibile l’attività ordinaria e da sconsigliare addirittura la convocazione dell’ente. Così mese dopo mese tutto si era progressivamente bloccato, le comunicazioni con le famiglie interrotte, la collaborazione con gli enti paralizzata. Stasi profonda anche nei rapporti internazionali tanto che alcuni Paesi, con cui l’Italia aveva un positivo rapporto di collaborazione, hanno espresso il loro disagio per l’evanescenza della Commissione.

Ora, tra le urgenze più immediate, c’è quella di una verifica dell’attività svolta nell’ultimo triennio, con la ratifica collegiale delle decisioni monocratiche assunte dall’ex vicepresidente. Quelle naturalmente che sarà corretto ratificare perché considerate ancora valide. L’ordine del giorno della prima riunione è però ancora tutto da definire e la vicepresidente Laera spiega che, vista la straordinaria mole di lavoro da smaltire, le priorità saranno messe a punto proprio a ridosso dell’incontro di settembre. Facile però immaginare che questioni urgenti, come per esempio la verifica dei visti d’ingresso dei bambini per cui l’iter adottivo si è già concluso, non potrà essere procrastinato. Come sarà esaminato il delicato dossier relativo ai rimborsi che, come già annunciato nei giorni scorsi, potranno essere riconosciuti soltanto alle famiglie che hanno adottato solo fino al 2011.

Per tutte le altre – sono circa 10mila nuclei familiari – si apre una lunga attesa di cui è difficile prevedere gli esiti. Ma ci sono anche attività meno conosciute sul fronte della ricerca e della collaborazione scientifica, come il rapporto scaduto nello scorso triennio con l’Istituto degli Innocenti di Firenze – all’avanguardia per lo studio delle dinamiche relative agli aspetti psicosociali dei minori – che va al più presto rinnovato. Perché un ente che si occupa di adozione internazionale non può fare a meno di un costante confronto scientifico su temi così delicati e complessi. Come altrettanto urgente è il ripristino della cosiddetta ‘linea CAI’ con le famiglie. Il numero diretto a cui le coppie adottive potevano in passato far riferimento per necessità, chiarimenti, spiegazioni, informazioni tecniche e non solo, relative sia alla complessità dell’iter adottivo, sia a richieste nel post- adozione.

Anche questo servizio nel triennio 2014 2017 è stato via via lasciato languire fino ad essere interrotto. Con la conseguenza che decine e decine di famiglie, abituate a un confronto periodico con i dirigenti della Commissione, non solo si sono sentite abbandonate in momento talvolta difficile del loro percorso adottivo, ma spesso non sono riuscite ad avere in tempo utile le informazioni necessarie per espletare una pratica o per rispettare una particolare scadenza tecnica. Sul tappeto anche il gravoso capitolo degli accordi internazionali. Come detto, si è tratta di un aspetto che riguarda i rapporti con gli Stati e ha implicazioni diplomatiche tutt’altro che irrilevanti. Negli anni scorsi anche questa dimensione ha conosciuto momenti di difficoltà, con il risultato che alcune convenzioni non sono state rinnovate, altre sono state sottoscritte ma attendono ancora di essere ratificate.

Una ‘dimenticanza’ non irrilevante visto che non si parla di carbone o di ortaggi, ma di bambini in condizioni di abbandono e di sofferenza che attendono di avere una famiglia. Si tratta quindi di riprendere i rapporti con gli Stati protagonisti di questi accordi – la Cambogia per esempio – per verificare la validità dei documenti sottoscritti. Oppure, come nel caso della Bielorussia, di far partire nuove convenzioni ormai già definite. Sarà riproposta anche la questione del conflitto d’interesse che, come detto, avrebbe contribuito a paralizzare per un intero triennio l’attività della Cai. Il problema – anche a giudizio degli attuali dirigenti – esiste, ma non è tale da impedire i lavori della Commissione. Secondo il decreto Del Rio del gennaio 2015 non possono fare parte dell’organismo rappresentanti di associazioni a cui interno sono presenti enti accreditati. Si tratterebbe della solita questione del controllato che è allo stesso tempo controllore. Come ovviarne? Possibile, tra le varie ipotesi, una soluzione tecnica anche all’interno dell’ente che possa assicurare la massima trasparenza alle decisioni della Commissione nel rispetto dell’attuale normativa.

Nel frattempo però l’attività dell’organismo va avanti. E da settembre tutto riprenderà a camminare. Se l’adozione internazionale è una scelta generosa di solidarietà e di apertura alla vita, poter contare su un organismo pubblico che accompagna e sostiene puntualmente questo percorso è solo un atto di giustizia. Che per un triennio però lo Stato non è stato in grado di assicurare. E si tratta di un credito che le famiglie hanno finalmente il diritto di veder riconosciuto.

Luciano Moia Avvenire 6 agosto 2017

www.avvenire.it/attualita/pagine/adozioni-ecco-come-ripartire

 

Ora anche gli insegnanti sanno come rispondere!

La geografia consente il confronto sulle grandi questioni comuni a partire dalla conoscenza dei differenti luoghi di nascita o di origine familiare”: si legge nelle nuove Indicazioni Nazionali per il curricolo dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione. Ecco l’importanza della geografia: chiarisce dove si è, dove si è stati e dove si potrebbe essere non solo da un punto di vista fisico ma anche da un punto di vista “umano”.

Al giorno d’oggi infatti le classi scolastiche che si costituiscono di una pluralità di geografie: spesso i luoghi di origine e quelli di approdo non corrispondono ed è più che naturale che un bambino possa chiedere chiarimenti o esporre dei dubbi. Le scuole non sono soltanto multiculturali, ma racchiudono numerosissime realtà, difficilmente enumerabili. Tra i figli che compongono le classi delle scuole, quelli arrivati con l’adozione internazionale ne sono certamente una parte fondamentale e importante: la nascita in un Paese diverso da quello in cui si risiede, unito al diventare parte di un nucleo familiare attraverso un viaggio, può essere oggetto di attenzione o di indifferenza con il passare degli anni.

Le domande sulla terra natìa possono essere infatti più intense in alcune fasi della crescita e più blande in altre: resta la curiosità verso le origini che devono essere soddisfatte in primis dalla famiglia, e in secundis dalla scuola.

A partire dalla scuola dell’Infanzia, in cui, tra gli obiettivi delle Indicazioni Nazionali figura la consapevolezza del “sé e l’altro” si legge: “Sa di avere una storia personale e familiare, conosce le tradizioni della famiglia, della comunità e le mette a confronto con altre”. Il raggiungimento di questo obiettivo deve essere ulteriormente favorito già dai primi anni della Scuola Primaria e Secondaria di Primo Grado, in cui è necessario valorizzare la differenza delle esperienze vissute: è da queste ultime che l’eventuale manifestazione da parte di un bambino di approfondire le conoscenze sul Paese di origine non solo non devono restare inascoltate, ma devono essere necessariamente incoraggiate e supportate dal corpo docenti. Per questo motivo le Indicazioni Nazionali lasciano ampio raggio d’azione alla progettazione dei singoli docenti proprio per evitare che il libro di testo diventi un vincolo nei confronti della progettazione didattica.

La geografia nel percorso di crescita non è un elemento statico bensì dinamico e narrabile: libri di fiabe di vari Paesi da cui provengono sia i figli adottivi che gli alunni stranieri, e atlanti geografici ricchi di immagini possono essere pratici strumenti per scoprire caratteristiche di luoghi lontani che fungeranno da base per la creazione di un dialogo interculturale. Una fiaba potrà diventare un ottimo mediatore didattico volto a valorizzare la specificità di ogni alunno, da qualunque parte del mondo provenga.

Vedi www.italiaadozioni.it/?page_id=359

www.italiaadozioni.it/?page_id=117

News Ai. Bi. 9 agosto 2017 www.aibi.it/ita/adozioni-internazionali-origini-scuola

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AFFIDAMENTO

Codice Fiscale per i minori in collocamento temporaneo e in affidamento preadottivo.

Il Garante dell’Infanzia e Adolescenza all’Agenzia delle Entrate: sani con urgenza la “ferita” del Codice Fiscale per i minori in collocamento temporaneo e in affidamento preadottivo.

L’Autorità Garante dell’Infanzia e Adolescenza, Filomena Albano, scrive al direttori dell’Agenzia delle Entrate, e per conoscenza al Ministero della Giustizia, al Dipartimento degli Affari interni e territoriali del Ministero degli Interni e alla Direzione Generale delle Finanze al fine di sollecitare la risoluzione del problema della mancanza del codice fiscale, e l’impossibilità di accedere ai diritti da questo scaturenti, dei minori in collocamento temporaneo e in affidamento preadottivo.

E’ necessaria una modalità operativa uniforme su tutto il territorio al fine di tutelare le esigenze del minore. Basterebbe applicare la prassi virtuosa di alcune Agenzie delle Entrate territoriali di fornire al minorenne un codice fiscale provvisorio.

In allegatola lettera dell’Autorità Garante dell’Infanzia e Adolescenza.

News Ai. Bi. 10 agosto 2017

www.aibi.it/ita/garante-infanzia-adolescenza-allagenzia-delle-entrate-urgenza-codice-fiscale-minori-in-affidamen

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AFFIDO CONDIVISO

Sì alla convivenza con la madre in Inghilterra

Corte di Cassazione, prima sezione civile, sentenza n. 19421, 3 agosto 2017.

È compatibile con l’affido condiviso del minore la residenza presso la madre, in Inghilterra. Al bambino è concessa l’autorizzazione all’espatrio, mentre per il genitore di riferimento scatta l’obbligo di fornire al padre in tempo reale tutte le informazioni riguardanti il figlio: dall’indirizzo al numero di telefono.

Così ha deciso la Cassazione, come si evince dalla sentenza. La Suprema Corte ha dunque respinto il ricorso del padre, residente in Italia, secondo il quale la decisione avallata dalla Corte di appello avrebbe finito col danneggiare il piccolo, poiché lo avrebbe allontanato sia dal genitore che dal fratello.

E questo nonostante la Corte di appello abbia predisposto una dettagliata regolamentazione del rapporto padre-figlio, basata su uno schema di cinque settimane, con incontri sia in Italia, che in Inghilterra e chiarendo che l’organizzazione della vita del minore andrà necessariamente rivista quando il ragazzo traguarderà la scuola dell’obbligo.

Nulla hanno potuto i numerosi motivi illustrati nel ricorso presentato alla Suprema corte e che vanno dalla genericità delle indicazioni di residenza fissate dalla Corte di appello (la sentenza si limita a parlare in senso lato del Paese Inghilterra, senza specificare un luogo più preciso), alla presunta violazione dell’articolo 316 del Codice civile, che disciplina la responsabilità genitoriale.

In caso di disaccordo tra genitori – ribadisce tranchant la Cassazione – la decisione relativa alla scelta della residenza abituale del minore è rimessa al giudice. Età, prevalente bisogno di cure materne, caratteristiche personali della madre, impegni lavorativi e caratteristiche psicologiche del padre, gli elementi che più hanno pesato sulla scelta dei giudici. Una scelta guidata – si rammenta nella sentenza – dalla stella polare dell’interesse del minore.

Silvia Marzialetti ilsole24ore 4 agosto 2017 sentenza allegata

www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2017-08-03/affido-condiviso-si-convivenza-la-madre-inghilterra-200053.shtml?uuid=AEEWbX8B

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AMORIS LÆTITIA

Addio a Dionigi Tettamanzi, aprì ai divorziati seguendo Bergoglio

Tettamanzi sostenitore di Francesco sull’apertura ai divorziati risposati: lo è stato senza fare rumore, com’era suo costume, ma con riconosciuta efficacia nella Chiesa italiana. Per l’arcivescovo emerito di Milano l’esortazione «Amoris lætitia» di Papa Bergoglio — pomo di discordia per tanti — era un documento «chiaro e chiarificatore», da accogliere con gratitudine. Ne lodava il «procedere rigoroso e semplice» e il «linguaggio originale, quasi popolare». Invitava a «comprendere» quella nuova lingua «magisteriale e pastorale» all’interno dello «sforzo sempre rinnovato della Chiesa nel porre in primo piano la formazione delle coscienze e il cammino di ciascuna persona».

Quanto ai passaggi più contestati del documento, riguardanti la possibilità di ammettere ai sacramenti — in casi particolari — i divorziati risposati, Tettamanzi affermava con la sicurezza del «teologo morale» qual era per formazione, che essi «in realtà sono pienamente coerenti con la dottrina tradizionale della Chiesa».

Queste argomentazioni si trovano nel volumetto che Tettamanzi ha pubblicato l’anno scorso con il cardinale Antonelli intitolato «Per vivere l’Amoris lætitia» (Edizioni Ares).

La valutazione serena e colta di Tettamanzi è stata di aiuto ai due arcivescovi milanesi suoi successori — cioè al cardinale Scola e al neonominato arcivescovo metropolitano Mario Delpini — nella definizione di un atteggiamento di prudente ma schietta accoglienza delle novità introdotte da Francesco. La partecipazione di Tettamanzi ai due sinodi sulla famiglia (2014 e 2015) e la «Lettera agli sposi in situazione di separazione, divorzio e nuova unione» che aveva scritto nel 2008 costituivano il fondamento della sua autorità in materia.

Luigi Accattoli Corriere della sera 6 agosto 2017

http://milano.corriere.it/notizie/cronaca/17_agosto_06/addio-dionigi-tettamanzi-apri-divorziati-seguendo-bergoglio-6e3ae6e6-7a03-11e7-9488-fb4c3ebc9cd4.shtml#

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ASSEGNO DIVORZILE

Addio all’assegno alla moglie che va a stare con un altro

Corte di Cassazione, sesta sezione civile, ordinanza n. 18111, 21 luglio 2017.

Per la Cassazione il diritto all’assegno viene escluso e non entra in fase di quiescenza. Se il coniuge divorziato instaura una nuova famiglia, ancorché di fatto, rescindendo così ogni connessione con il tenore e il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, viene meno definitivamente ogni presupposto per il riconoscimento dell’assegno divorzile a carico dell’altro coniuge, sicché il relativo diritto non entra in stato di quiescenza, bensì viene definitivamente escluso.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione respingendo il ricorso della ex moglie che si era vista dichiarare insussistente il diritto all’assegno divorzile, mentre restava il mantenimento dovuto dal padre nei confronti del figlio.

Famiglia di fatto: stop all’assegno per il coniuge divorziato. La Corte di merito, infatti, aveva ritenuto rilevante al proposito il fatto che la moglie convivesse con altro uomo. Da qui il ricorso in Cassazione che si risolve con un nulla di fatto. www.studiocataldi.it/guide_legali/famiglia-di-fatto

Per il collegio, la formazione di una nuova famiglia, ancorché di fatto, tutelata dall’art. 2 della Costituzione come formazione sociale stabile e duratura in cui si svolge la personalità dell’individuo, è espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole, che si caratterizza per l’assunzione piena del rischio di una cessazione del rapporto e quindi esclude ogni residua solidarietà post matrimoniale con l’altro coniuge, il quale non può che confidare nell’esonero definitivo da ogni obbligo.

Nel caso di specie, il fatto che la ex moglie abbia instaurato una convivenza con altri, anche se la ricorrente assume essere cessata, rappresenta una circostanza non rilevante poiché l’instaurazione della nuova convivenza non può essere posta nel nulla a seguito della prospettata cessazione della stessa.

La sentenza n. 6855/2015 della Cassazione stessa ha infatti precisato che il diritto all’assegno non entra in fase di quiescenza, ma viene definitivamente eliso, pertanto sono irrilevanti le successive evoluzioni del nuovo rapporto.

Lucia Izzo Newsletter Giuridica Studio Cataldi 7 agosto 2017 Ordinanza

www.studiocataldi.it/articoli/26931-divorzio-addio-all-assegno-alla-moglie-che-va-a-stare-con-un-altro.asp

 

Divorzio: assegno solo se l’ex coniuge ha bisogno

Tribunale di Roma, prima Sezione civile, sentenza 13 luglio 2017.

Il Tribunale di Roma, nel solco dell’orientamento della Cassazione, valorizza il criterio attributivo-assistenziale. Il riconoscimento dell’assegno divorzile è collegato esclusivamente alla accertata inadeguatezza dei mezzi economici di cui dispone il coniuge e all’oggettiva impossibilità di procurarseli.

La sentenza si inserisce nel solco di altri provvedimenti emessi dalla stessa prima sezione, quale ad esempio la sentenza n. 11723 dello scorso 8 giugno, rinforzando il principio seguito dalla recente giurisprudenza di Cassazione che privilegia, per il riconoscimento dell’assegno divorzile, il criterio c.d. “assistenziale”, svincolato dal tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.

Nel caso in esame, pronunciandosi sullo scioglimento del matrimonio di una coppia, il Tribunale capitolino rigetta le reciproche domande di assegno divorzile avanzate tra i coniugi argomentando in base a numerose sentenze di Cassazione.

Va abbandonata la originaria tesi che individuava i presupposti dell’assegno divorzile nella triplice funzione assistenziale (tenuto conto delle condizioni economiche e personali dei coniugi), risarcitoria (con riferimento alle ragioni della decisione) e compensativa (avuto riguardo all’impegno profuso da ciascuno dei coniugi nella formazione del patrimonio comune e nella gestione familiare).

L’orientamento giurisprudenziale affermatosi, infatti, ricollega il riconoscimento dell’assegno esclusivamente all’accertata inadeguatezza dei mezzi economici di cui dispone il coniuge e alla oggettiva impossibilità di procurarseli (criterio attributivo-assistenziale).

Solo ove tale accertamento risulti positivo, prosegue la sentenza, ai fini della determinazione del quantum, soccorrono gli altri criteri quali: condizioni dei coniugi, ragioni della decisione, contributo personale ed economico di ciascuno alla conduzione familiare cd alla formazione del patrimonio, reddito di entrambi, durata del rapporto di coniugio e ragioni della decisione.

Il riconoscimento dell’assegno divorzile, come insegna la Cassazione nella recente sentenza n. 11504/2017 della Corte di Cassazione, è condizionato da una verifica giudiziale che si articola necessariamente in due fasi, tra loro nettamente distinte e poste in ordine progressivo dalla norma (nel senso che alla seconda può accedersi solo all’esito della prima, ove conclusasi con il riconoscimento del diritto).

La prima riguarda il riconoscimento o meno del diritto all’assegno e concerne “l’an debeatur“, ossia è improntata all’autoresponsabilità economica di ciascuno dei coniugi quali “persone singole”.

Riconosciuto il diritto all’assegno, si passa alla seconda fase riguardante “quantum debeatur” che investe soltanto la determinazione dell’importo dell’assegno stesso: questa è invece improntata al principio della solidarietà economica dell’ex coniuge obbligato alla prestazione dell’assegno nei confronti dell’altro quale persona economicamente più debole (artt. 2 e 23 Cost.).

Nel caso di specie, il Tribunale respinge la domanda di assegno avanzata dal marito contro la moglie poiché l’uomo non ha dimostrato la sua impossidenza o la inadeguatezza dei redditi e sostanze; stessa conclusione per la domanda avanzata dalla moglie nei suoi confronti, stante l’accertata situazione reddituale che le assicura i mezzi necessari per il proprio sostentamento ed in linea con la professionalità acquisita.

Tribunale di Roma, sent. 13/7/2017 www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_27086_1.pdf

Tribunale di Roma, sent. 08/6/2017 www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_27086_2.pdf

Lucia Izzo Newsletter Giuridica Studio Cataldi 10 agosto 2017

www.studiocataldi.it/articoli/27086-divorzio-assegno-solo-se-l-ex-coniuge-ha-bisogno.asp

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COMMISSIONE ADOZIONI INTERNAZIONALI

CARE: “Famiglie adottive, inviateci le vostre istanze. Le porteremo alla attenzione della CAI”

Il CARE è parte attiva e propositiva nella Commissione adozioni internazionali da quando due suoi rappresentanti, Monya Ferritti e Anna Guerrieri, sono stati nominati commissari della Cai.

Il CARE è il Coordinamento delle Associazioni familiari adottive e affidatarie in REte ed il suo obiettivo è il rilancio delle adozioni internazionali, settore in forte crisi negli ultimi anni anche a causa dell’operato poco chiaro proprio della Cai.

In vista della prossima riunione della CAI in programma per metà settembre, il CARE propone attraverso il suo sito una bella iniziativa, assicurando il massimo impegno per portare le istanze delle famiglie adottive nei lavori della Commissione.

La promessa è rivolta sia alle famiglie già formate con le necessità del post adozione, sia a quelle che vogliono portare a termine efficacemente il proprio iter adottivo.

Il CARE offre la possibilità alle famiglie di fornire qualsiasi suggerimento e segnalazione attraverso vari canali.

Chi volesse approfittare dell’iniziativa può utilizzare il contatto: info@coordinamentocare.org

www.coordinamentocare.org/index.php/cai/841-cai-due-rappresentanti-care-nella-commissione-adozioni-internazionali.html

News Ai. Bi. 8 agosto 2017 www.aibi.it/ita/care-famiglie-adottive-istanze-cai

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CONFERENZA NAZIONALE SULLA FAMIGLIA

«Il governo si muova: in manovra interventi per i nuclei numerosi»

Le associazioni cattoliche verso la Conferenza nazionale di Roma. Sale forte la richiesta di scelte concrete in sostegno alle famiglie, già con la legge di stabilità. E il “fattore famiglia” in 5 anni.

Al bando gli atteggiamenti tipici di chi «rivendica» qualcosa dalla politica. Al bando pure la tentazione di trasformare la prossima Conferenza sulla famiglia (Roma, 28-29 settembre 2017) «in un ring dove dare e prendere pugni». Piuttosto, ora che il governo ha confermato l’appuntamento, serve una piattaforma «seria e responsabile», un «percorso» che «in una prima fase dia ossigeno ai nuclei numerosi» e «nel giro di cinque anni introduca il fattore-famiglia nel sistema fiscale italiano».

C’è consapevolezza nelle parole di Gigi De Palo, presidente del Forum delle associazioni familiari. Consapevolezza che questo non è il tempo di sogni e proclami senza sbocchi. Consapevolezza che l’enorme ritardo del Paese sulle politiche familiari deve vedersela con il problema generale dei conti pubblici. Consapevolezza, allo stesso tempo, che un ennesimo rinvio alle calende greche di misure urgenti e necessarie potrebbe rappresentare un nuovo colpo di gelo sul già rigidissimo inverno demografico.

Non c’è da meravigliarsi, dunque, se il mondo cattolico vede la Conferenza di Roma strettamente legata al varo della prossima legge di bilancio. Senza dimenticare che i tavoli di lavoro sono sei e oltre al fisco ci sono anche temi cruciali come quello educativo. «Ben venga che i partiti e i leader mettano la famiglia nei programmi per la campagna elettorale della prossima primavera, ma a noi interessa di più cosa Gentiloni e Padoan riescono a mettere nella manovra 2018», prosegue De Palo.

La novità più grossa è che l’arcipelago di associazioni e movimenti d’ispirazione cristiana ha reimparato a far di conto e si presenta alla Conferenza con numeri e proposte che mettono il governo di fronte alla responsabilità di decidere: 16 miliardi, il costo del fattore-famiglia a regime; 4 miliardi, se lo si introduce in una prima fase per le famiglie numerose; 2 miliardi, se si raddoppia il fondo anti-povertà per il Reddito d’inclusione; un miliardo appena, se si decidesse anche solo di raddoppiare gli assegni familiari ai nuclei che hanno dai 4 figli in su. Un panel di possibilità articolate in simulazioni economiche che potrebbero facilmente integrarsi con proposte di legge depositate da tempo alle Camere.

«Dato il contesto, partiamo dalle situazioni di maggiore vulnerabilità», conferma Roberto Rossini, presidente delle Acli. E il riferimento è ai nuclei «con più di tre figli» che sono «a fortissimo rischio-povertà». La via veloce che Rossini vede è «rafforzare economicamente» il reddito d’inclusione, lo strumento messo a punto dall’Alleanza contro la povertà e adottato dal governo con una legge delega. Per rafforzamento, le Acli intendono almeno un raddoppio delle risorse, dagli 1,7 miliardi ora disponibili a 3,4. Rossini si aspetta inoltre che la Conferenza segni un rilancio dello ius culturæ, «perché è una legge che riguarda le tutele e i diritti dei bambini». «E poi – conclude il presidente delle Acli – c’è il grande tema dell’omogeneità dei welfare locali, ovvero fare in modo che le risorse e i livelli di assistenza per le famiglie in difficoltà siano simili da Nord a Sud».

La sensazione generale è che siamo di fronte a un bivio, quando si parla di famiglia. Perciò, riprende Matteo Truffelli, presidente dell’Azione cattolica italiana, «occorre che la Conferenza non diventi una passerella, ma che porti ad assumere impegni concreti». Anche per l’AC, lo sguardo è rivolto alla manovra 2018. «È importante il disegno generale – prosegue Truffelli –, ma è anche importante che si veda subito un’inversione di tendenza, perché le famiglie hanno innanzitutto bisogno di fiducia, hanno bisogno di capire che l’intero sistema-Paese è dalla loro parte dopo che hanno retto sulle loro spalle quasi l’intero peso della crisi».

A prepararsi alla Conferenza, quindi, non ci sono solo le associazioni cattoliche “specializzate” in questioni fiscali, ma anche quelle che stanno nelle parrocchie, fanno pastorale e curano percorsi spirituali. «In tanti modi occorre oggi aiutare la famiglia a “vincere” i mali che la assediano – è la premessa di Salvatore Martinez, presidente del Rinnovamento nello spirito –. Il Paese reale è molto più piagato e sfiduciato di quanto si racconti. Chi salva la famiglia, salva una Nazione. Se la politica terrà per mano la famiglia, la famiglia rialzerà lo Stato». Una famiglia, prosegue Martinez, «protagonista di soggettività economica e relazionale», intorno alla quale «sperimentare nuove forme di welfare fondate sul principio di “sussidiarietà comunitaria e circolare”, come attestano alcuni Paesi europei e americani che ne hanno compreso il vantaggio politico ed economico».

Allo stesso modo, è pronto a dare un contributo chi cura il disagio sociale. «Tre anni fa – ricorda Giovanni Paolo Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII –, abbiamo lanciato una proposta forte: dare uno stipendio alle mamme fino al terzo anno di vita del bambino, consapevoli che mettere al mondo ed educare i figli è un lavoro di grande valore ed utilità sociale. Ci sono studi che quantificano questo lavoro in 3mila euro al mese, noi crediamo che 800 euro sarebbero sufficienti per ridare impulso alle nascite e anche all’economia». Per la comunità fondata da don Benzi un pilastro essenziale è una vera politica preventiva degli aborti con «il sostegno alle mamme e famiglie in difficoltà e anche il parto in anonimato, con possibilità che il bambino venga dato in adozione».

È un’unione forte, quindi, tra realtà che nella Chiesa hanno scopi e fini diversi. «La Conferenza – riprende il filo del discorso don Edoardo Algeri, presidente della Confederazione dei Consultori familiari di ispirazione cristiana – riaccende una speranza per numerose famiglie che da tempo svolgono silenziosamente la funzione di ammortizzatore sociale, la gamba nascosta che fa camminare l’Italia». Le priorità sono «equità fiscale», «forme flessibili e differenziate di conciliazione tra cure familiari e lavoro», «servizi di sostegno al compito educativo dei genitori». Con un’attenzione, però, «a separare le politiche di contrasto alla povertà dalle politiche familiari vere e proprie», al fine di dare alla famiglia una dignità che non sia solo economica.

Alla Conferenza ci sarà poi chi arriverà con i faldoni delle simulazioni di costi e ritorni delle misure pro-famiglia. Giuseppe e Raffaella Butturini, presidenti nazionali delle Famiglie numerose, hanno coniato uno slogan: «Poca spesa e tanta resa». L’associazione si rivolge direttamente al premier Paolo Gentiloni: «Bene la Conferenza, ma noi ricordiamo che fine hanno fatto le promesse di 7 anni fa a Milano e quelle contenute nel “Piano nazionale della famiglia” del 2012. Ci brucia la delusione per i Ddl giacenti alle Camere, come quello a noi caro di Mario Sberna». E quindi, a fronte del «non ci sono risorse sottolineato dal ministro Padoan», lo sbocco concreto deve essere la manovra. «Non basta essere ragionieri, bisogna essere anche tesorieri, capaci di vedere il tesoro di una società».

Le famiglie numerose hanno una proposta concreta: «Se ora non si potesse iniziare dai nuclei con tre figli, iniziamo con quelli dai quattro figli in su. Sono 128.436, raddoppiare gli assegni familiari costerebbe appena 700 milioni». In qualche modo, questo potrebbe essere considerato l’intervento minimo.

Mentre il progetto di medio termine potrebbe essere o il fattore-famiglia o il Ddl S1473 30 aprile 2014 sen. Stefano Lepri «revisionato». www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Ddliter/comm/44377_comm.htm

L’intervento sistemico per eccellenza, perché agisce sull’Irpef, è appunto il fattore-famiglia, un’estensione della no-tax area in base ai carichi presenti nei nuclei che premia tutti e mette automaticamente al riparo dal rischio di povertà le famiglie numerose. Chi l’ha ideato, Roberto Bolzonaro, è il presidente nazionale dell’Associazione delle famiglie (Afi): «Il tasso di natalità è il più basso al mondo, il tasso di povertà ha raggiunto livelli inaccettabili e la politica dorme come un tasso – è la sua provocazione –. La laicissima Francia ha il quoziente familiare, il modello per l’Italia c’è ed è il fattore-famiglia. Ha valenza universale, altro che bonus e “premio riproduzione”. Basta con il bla bla bla, si inizi subito con la manovra».

Anche con un primo stanziamento, in un’ottica progressiva. Si può fare. «Se il governo e Gentiloni hanno a cuore il bene e il futuro di questo Paese – chiude l’ampio cerchio Carlo Costalli, presidente del Movimento cristiano lavoratori – non c’è dubbio che è la famiglia la vera chiave di volta. Troppi decenni di colpevoli silenzi, ora bisogna recuperare in fretta il terreno perso. Basta proclami e interventi-spot». E il test per verificare la serietà di esecutivo e Parlamento è, manco a dirlo, «la legge di stabilità». È alla manovra che il mondo cattolico si sta preparando, non alle elezioni.

Marco Iasevoli Avvenire 8 agosto 2017

www.avvenire.it/attualita/pagine/famiglia-associazioni-chiedono-interventi-concreti

 

Cinque anni per convocare l’Assemblea nazionale della famiglia.

Basta una tantum, ora servono certezze. Il sociologo Prandini: le politiche familiari sono investimenti, non costi per lo Stato.

Dopo l’annuncio della sottosegretaria Maria Elena Boschi, il Comitato tecnico-scientifico dell’Osservatorio sulla famiglia, l’organo incaricato di preparare tesi e documenti per l’Assemblea nazionale della famiglia, attende che il governo formalizzi la data di fine settembre.

I lavori di preparazione del materiale sono già conclusi. «Ci siamo riuniti alla metà di luglio in una seduta convocata da tempo e tenuta in assenza del ministro Costa, che si era appena dimesso. Mai nostri documenti sono pronti», racconta il prof. Riccardo Prandini, sociologo dell’Università di Bologna, esperto di welfare e politiche familiari e uno dei membri del Comitato presieduto dal giudice Simonetta Matone.

Professore, perché è così importante l’Assemblea nazionale?

Perché da troppi anni la famiglia è rimasta fuori dal raggio di attenzione dei governi. Tutti quelli con cui parliamo, associazioni e parti sociali, convengono sul fatto che c’è necessità e urgenza di intervenire sulle politiche familiari. L’Assemblea si è riunita l’ultima volta nel 2012, e dovrebbe essere biennale. I piani presentati sono rimasti chiusi nei cassetti mentre la situazione è andata via via peggiorando. Basti pensare all’aggravarsi del declino demografico e delle situazioni di povertà familiari, più pesanti soprattutto nei nuclei numerosi.

Quali sono le tesi che emergono dal vostro lavoro?

Una sintesi più completa tocca alla nostra presidente Matone. Io intanto voglio sottolineare alcuni punti condivisi dai diversi gruppi di lavoro. Il primo è che d’ora in avanti bisogna pensare alla politiche familiari come politiche di investimento per il Paese e non come costi. Ogni spesa deve essere vista come un investimento per il futuro, una sfida propositiva della quale poi dovranno essere misurati gli effetti, il ritorno nel tempo, come si fa per gli investimenti economici.

Questo implica progetti di ampio respiro.

Infatti un altro punto decisivo è che devono finire gli interventi una tantum, i bonus, che non danno certezze nel tempo. Bisogna intervenire su un orizzonte temporale che consenta appunto di misurare gli effetti delle nostre scelte. E alla famiglie bisogna dare sicurezza, con investimenti sul medio e lungo periodo. Qualunque misura o stanziamento dev’essere varata con un orizzonte di almeno 3-5 anni

Sul fisco qual è la linea di intervento?

Al diversi livelli di imposizione la famiglia deve essere considerata sempre più come un nucleo e non una somma di individui, introducendo quello che le associazioni chiamano Fattore famiglia. La vecchia proposta del quoziente familiare alla francese non è riuscita a passare perché si scontrava contro il principio generale della nostra tassazione che è su base individuale. Il fattore famiglia rimodula l’imposizione in base ai carichi familiari, cioè al numero dei componenti e alla loro posizione nella famiglia.

Il gruppo di lavoro da lei direttosi è occupato in particolare delle politiche di welfare. Quali sono le priorità?

Innanzitutto c’è una convergenza sul fatto che sui territori le politiche sono state messe in difficoltà dai tagli di risorse e bisogna rimettere in sesto i servizi. Così come avviene nella Sanità, vanno fissati dei livelli essenziali di assistenza anche in campo sociale e socio-sanitario, da assicurare in tutto il Paese. Poi c’è la conciliazione tra i tempi di vita e lavoro, che occorre in tutti i modi favorire attraverso la contrattazione e con una revisione del sistema dei congedi. Infine sono da rivedere i servizi alla prima infanzia anche con un’unificazione tra asili nidi e scuole materne, che vanno aggancianti al sistema scolastico. Dobbiamo sempre tenere presente che l’istruzione è l’unico investimento capace di far uscire dalle situazioni di povertà.

Nicola Pini Avvenire 9 agosto 2017

www.famiglienumerose.org/famiglia-progetti-e-interventi-subito/www.aibi.it/ita/assemblea-nazionale-famiglia-lunga-attesa

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CONSULENTI DELLA COPPIA E DELLA FAMIGLIA

Il Consulente familiare n. 3\2017 dell’Associazione Italiana Consulenti Coniugali e Familiari

  • Lettera della Presidente Rita Roberto. (ospitare i tirocini)

  • Giornata di studio a Milano 22 ottobre 2017. «Dalla coppia alla famiglia e ritorno: il ciclo di vita tra legame e progetto»

  • Il consulente familiare e la supervisione.

  • Servizi di educazione al divorzio negli USA.

  • Conferenza dell’AFCC a Boston.

  • Intervista a don Edoardo Algeri, presidente della Confederazione Italiana dei Consultori Familiari di Ispirazione Cristiana

  • Dossier. La nascita e la crescita della coppia genitoriale.

  • Dalla diade coniugale alla triade familiare (Rita Roberto)

  • Al confine tra coppia e famiglia (Paola Marozzi Bonzi)

  • Una scelta e non un bisogno (Daniela Campana)

  • Essere consulenti familiari. Un caleidoscopio di ricordi!

  • A proposito di famiglia. “Precedente tenore di vita”. Addio!

  • Letto e visto per voi.

  • Lettere. Notizie.

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CONSULTORI FAMILIARI

Firenze. Seminario della Rete toscana dei consultori familiari

Il 28 ottobre 2017 al Bobolino di Firenze si svolgerà il Seminario “Dipendenza affettiva e sessuale”.

La Rete è costituita dai consultori familiari della Cfc e dell’UCIPEM in collaborazione con il Centro Italiano di sessuologia e l’Associazione Italiana Consulenti Coniugali e Familiari.

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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM

Bologna. Convegno per i 30 anni di attività.

Sabato 14 ottobre 2017, ore 9.00 cinema teatro Bellinzona – via Bellinzona 6 – Bologna

Crescere tra reale e virtuale

Educare all’empatia e alla solidarietà nell’epoca del narcisismo

Con questo convegno, vorremmo mettere in evidenza un passaggio auspicabile per le nuove generazioni: da relazioni connotate da paura/chiusura/individualismo a relazioni connotate da empatia/solidarietà/condivisione.

Quali strategie educative sono? possibili per favorire questo?

  • ore 9.00 Accoglienza e registrazione dei partecipanti

  • ore 9.30 Saluti Giovanna Cuzzani, presidente del Consultorio Familiare Bolognese

Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna

Luca Rizzo Nervo, assessore Sanità, Welfare, Innovazione sociale e solidale, Politiche per la famiglia, rapporti con il Consiglio comunale

  • ore 10, 00 Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva, ricercatore presso il Dipartimento di scienze biomediche dell’Università degli Studi di Milano

La partecipazione gratuita è aperta a genitori, educatori, insegnanti e a tutti coloro che hanno a cuore l’educazione.

info@consultoriobolognese.com www.consultoriobolognese.com/eventi.html

 

Grosseto. 30 anni della fondazione del Consultorio.

Il 30 settembre2017 si celebrerà la ricorrenza con l’intervento di Rita Roberto, presidente dell’Associazione Italiana Consulenti Coniugali e Familiari, Francesco Belletti, del Centro Internazionale Studi Famiglia

 

Napoli. Padre Domenico Correra, S.J. direttore dal 1962, dopo 55 anni passa il testimone

Il Consultorio nasce nel lontano 1962, in maniera piuttosto informale, per iniziativa del Prof. Luigi Palmieri e Ludovico Pontoni, e di altri medici cattolici, insieme al cappellano Antonio Di Marino S.J.

La Compagnia di Gesù di Napoli sostenne l’iniziativa, partecipando al progetto, offrì i locali di via S. Sebastiano 48d presso la chiesa del Gesù nuovo, per lo svolgimento delle attività e se ne fece garante, designando un padre gesuita alla guida dell’istituzione che prese il nome di Consultorio “Centro la Famiglia”.

IL centro conta una novantina di volontari, operatori con diverse qualifiche professionali che hanno offerto il loro servizio a circa ventimila persone.

La Compagnia di Gesù scelse come guida per questa Opera il Gesuita P. Domenico Correra. Dopo 55 anni di direzione del consultorio familiare e della scuola di formazione per consulenti familiari, a 91 anni, ben portati mentalmente e fisicamente, lascia solo la direzione del consultorio.

https://www.google.it/search?q=consultorio+padre+correra+napoli&sa=X&ved=0ahUKEwiM_7CLn9bVAhXHLlAKHVztAXAQ1QIIaigB&biw=1186&bih=776

Gli subentra p. Tommaso Guadagno S.J. eletto direttore del consultorio familiare nell’Assemblea dei soci del 3 luglio 2017.

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DALLA NAVATA

XIX domenica del tempo ordinario – Anno A – 13 agosto 2017

1 Re 1de9, 11 Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore.

Salmo 85, 09 Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: egli annuncia la pace per il suo popolo, per i suoi fedeli.

Romani 09, 01 Dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito santo.

Matteo 14.27 Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!»

 

Coraggio, Io sono, non abbiate paura!Commento di Enzo Bianchi, priore emerito a Bose

Nella XVIII domenica per annum (sulla quale quest’anno ha prevalso la festa della Trasfigurazione del Signore, 6 agosto) è prevista la lettura del racconto della moltiplicazione dei pani secondo Matteo (cf. Mt 14,13-21). Le folle, sapendo che Gesù è andato in disparte, in un luogo solitario, lo seguono dalle loro città e lo precedono sull’altra riva del lago di Genesaret. Scendendo dalla barca Gesù, sorpreso di vedere tante persone, è colto da viscerale compassione e, dopo aver donato “la parola del Regno” e aver guarito i malati, dona loro il pane condiviso, in modo che tutti siano saziati.

Subito dopo, rinviate le folle alle loro case, costringe i discepoli a salire sulla barca e a fare ritorno alla riva da cui erano partiti. Rimasto solo, sale sul monte, in disparte, a pregare, e venuta la sera è ancora là in preghiera solitaria. Secondo il quarto vangelo, dopo la moltiplicazione dei pani, quella gente in attesa di un liberatore politico che faccia regnare la giustizia e colmi tutti i poveri di cibo, vorrebbe proclamare Gesù Re Messia, ed è per questo che Gesù si ritira sul monte tutto solo (cf. Gv 6,14-15). Ecco dunque Gesù in solitudine e in preghiera, sulla montagna, luogo non abitato, dove trova silenzio e quiete, montagna che per la Bibbia è il luogo delle grandi rivelazioni di Dio. Sappiamo che Matteo presenta la montagna come luogo della tentazione di Gesù (cf. Mt 4,8-19), della proclamazione del discorso del Regno (cf. Mt 5-7), della trasfigurazione (cf. Mt 17,1-8), della missione consegnata ai discepoli dal Risorto (cf. Mt 28,16-20). Ma qui è luogo di solitudine e di preghiera.

Per noi umani la solitudine può essere buona o cattiva ma non possiamo dimenticare che essa è una dimensione essenziale della nostra vita, perché non è solo la verità più profonda che incontreremo nella morte ma resta una dimensione da cercare, da vivere per essere pienamente noi stessi nella libertà, per potere, in assenza di voci umane, ascoltare la voce di Dio che parla a ciascuno di noi nel cuore. Gesù nella solitudine è un’icona che dovremmo tenere più presente, proprio perché, nella sua umanità piena e assoluta, assunta nell’incarnazione, ha cercato nella solitudine la volontà del Padre, ha sentito e vissuto la propria vocazione messianica in un modo altro rispetto all’attesa dominante di un Messia potente e dominatore; ha lottato nella solitudine contro le tentazioni, vincendo Satana grazie all’unico sostegno della Parola di Dio, custodita, interpretata e pregata nel cuore. Nella solitudine Gesù si è preparato ad acconsentire alla logica della croce, al perdono dei suoi nemici, all’amare i suoi discepoli fino alla fine (cf. Gv 13,1). Ha vissuto almeno trent’anni di solitudine prima della sua missione pubblica, dunque la solitudine non è stata per lui luogo di assenza ma di presenza di Dio.

E la vera solitudine, per essere luogo di tale presenza, deve essere piena di preghiera. Ecco perché i vangeli testimoniano a più riprese che Gesù si ritirava in disparte per pregare. Ma cos’era la preghiera di Gesù? Innanzitutto ascolto di Dio, del padre, l’ “Abba” (Mc 14,36), come egli lo invocava, educato dall’ascolto delle sante Scritture del suo popolo. Gesù le leggeva, le meditava, le interpretava, le pregava, le contemplava, operazione che per lui, come per ogni essere umano, avveniva nel cuore, organo centrale in cui ciascuno può discernere la voce di Dio: senza questo passaggio della parola di Dio nel cuore umano, la Parola stessa non raggiunge l’uomo, dunque non può essere efficace. In questa sosta sulla montagna, dopo il segno-miracolo della moltiplicazione dei pani e dopo aver ricevuto “l’applauso” dalle folle, Gesù ancora una volta ascolta il Padre e sceglie nuovamente di essere il Messia povero, debole, che accetta anche il fallimento umano della sua missione, il Messia preda delle sofferenze, del rigetto e della morte ignominiosa del maledetto sulla croce (cf. Gal 3,13). Questo è il Gesù che la chiesa e ciascuno di noi dobbiamo avere presente nel nostro vivere quotidiano, nella nostra lotta, nei nostri fallimenti, nelle nostre fragilità.

Ma ecco che improvvisamente il Gesù solitario e orante sulla montagna diventa il Gesù Signore sulle acque in tempesta. La barca dei discepoli, durante la traversata notturna del lago, si trova in mezzo alla tempesta, è sbattuta dalle onde a causa del forte vento contrario. Sembra una notte interminabile in cui i discepoli lottano contro i marosi, nel buio fitto e nella paura. Come non vedere in questa barca un’icona della comunità di Gesù, della chiesa? I padri della chiesa hanno sempre interpretato così questa barca lontana dalla riva e sbattuta dalle onde (apò tês ghês apeîchen basanizómenon hypò tôn kymáton). In ogni ora della storia la barca dei discepoli di Gesù incrocia venti contrari e tempeste: non può essere diversamente in questo mondo, dove contro i discepoli di Gesù si scatenano spesso opposizioni, inimicizie, persecuzioni. Qualcuno dice che quello attuale è un tempo in cui “la barca si è riempita di acqua fino quasi a capovolgersi”, ed è vero; ma io direi che sempre, oggi come ieri, finché la barca non approderà alle rive del regno di Dio, sarà così. Il vero problema non sta nella tempesta ma nella paura di quanti sono sulla barca, perché la paura è segno di poca fede nel Signore il quale, anche se non è sulla barca, è tuttavia il Signore della terra e del mare, di tutta la storia che, nelle sue mani, resta e resterà storia di salvezza.

Verso la fine della notte i discepoli sulla barca vedono qualcuno che cammina sulle acque venendo verso di loro; ma invece di cogliere in quella figura Gesù il Signore, pensano che sia un fantasma e hanno paura fino a gridare. Ma Gesù, stando sulle acque, li rassicura: “Coraggio, Io sono, non abbiate paura!”. Non è un fantasma che mette paura, ma è Gesù, Signore sugli abissi della morte, sui vortici e sui marosi della vita, che viene e chiede di sconfiggere la paura, di esercitare il coraggio e la fede, la fiducia, perché lui è “Io sono”. Ecco apparire sulle labbra di Gesù il Nome santo e glorioso di Dio rivelato a Mosè (cf. Es 3,14) e ripetuto dai profeti: “Io sono” (Egó eimi). Colui che sembra assente, in verità è presente più che mai, e la sua barca resta la sua barca, sia che lui non vi sia sopra, sia che si trovi su di essa e dorma appoggiato a un cuscino (cf. Mc 4,37; Mt 8,24). E sempre, quando Gesù ci viene incontro, prima che discerniamo pienamente la sua presenza, ci dice: “Coraggio, non temete!”.

Pietro, secondo Marco e Matteo il primo chiamato (cf. Mc 1,16; Mt 4,18), reagisce dicendo: “Signore (Kýrie), se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque”. Egli vorrebbe essere dotato dei poteri di Gesù, vorrebbe essere Signore delle acque, e allora quasi lo tenta: lo chiama Signore, con fede, ma cosa vuole provare? Gesù gli risponde: “Vieni!”, e Pietro scende dalla barca e cammina sulle acque verso di lui; ma non appena sente la potenza del vento, ha paura e comincia a sprofondare, gridando: “Signore, salvami!”. Ha provato, ma non è stato capace di rimanere in piedi sulle acque del mare di Galilea e, affondando, deve comprendere la propria debolezza, la propria incapacità di stare a galla, il che lo porta a invocare il Signore. Lo ripeto, Pietro comprende la propria fragilità e debolezza: quella di un “uomo di poca fede” – come Gesù lo definisce – che ha paura, che a volte tenta il Signore, ma che in ogni caso è riportato alla consapevolezza della propria miseria. È così che impara la verità di quell’esclamazione profondamente cristiana che sarà coniata da Bernardo di Clairvaux:Optanda infirmitas!”, “O desiderabile, beata debolezza!” (Discorsi sul Cantico dei cantici 25,7).

Sì, Gesù accetta la debolezza della nostra fede e ci tende la mano ogni volta che noi cadiamo o sprofondiamo. Pietro conoscerà ancora questa esperienza, quando, dopo aver rinnegato Gesù, si sentirà nuovamente tendere da lui la mano, attraverso lo sguardo del Signore che si volta verso di lui (cf. Lc 22,61). “Kýrie eleíson!”, “Signore, abbi pietà di me!”, ecco la preghiera del cristiano sempre, preghiera che nel profondo del cuore deve essere presenza costante, pronta a diventare parole che si fanno invocazione, in ogni momento di consapevolezza della propria fragilità.

Poi Pietro e Gesù risalgono sulla barca e il vento cessa. Allora tutti gli altri si prostrano davanti a Gesù e confessano: “Davvero tu sei Figlio di Dio!”, mostrando di aver compreso la parola di Gesù (“Io sono”) e riconoscendo in lui il Signore, il Kýrios. Il cammino della chiesa, di ogni comunità cristiana, di ciascuno di noi, conosce e conoscerà contrarietà, ore di paura, sofferenze e fatiche. Chi pensa che Gesù Cristo sia un “fantasma”, un abbaglio, mostra di non avare la fede necessaria per dirsi ed essere suo discepolo e non riesce ad andare verso di lui, a raggiungerlo. Ma chi ha fede, a costo di camminare su acque in tempesta – metafora efficacissima –, riesce a stare dietro a Gesù, a incontrarlo come il Signore che gli dice: “Non avere paura, Io sono!”.

www.monasterodibose.it/preghiera/vangelo/11681-coraggio-io-sono-non-abbiate-paura

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DIRITTI

La donna che ha appena partorito

La donna gode di vari diritti dal momento in cui sceglie di avere un figlio ad alcuni mesi successivi al parto. La legge (sia italiana che europea) tutela le donne (mamme), in particolare le lavoratrici, che hanno l’arduo compito di gestire contemporaneamente il lavoro, la maternità e la famiglia e che, nonostante questo, sono spesso discriminate dai datori di lavoro. Il congedo di maternità ed il diritto alla privacy sono solo alcuni dei diritti riconosciuti alla donna che ha appena partorito.

Il diritto di scegliere. La donna, già prima del parto, gode del diritto di scegliere se diventare madre o non esserlo. Spesso ci capita di sentir parlare donne che lamentano di aver avuto una gravidanza inattesa e non voluta. Ebbene, lo stato consente alla donna di decidere (seppure entro certi limiti) se portare avanti una gravidanza o interromperla, se riconoscere il proprio figlio o darlo in adozione. Questo comporta che una donna (a differenza di molti anni fa) può scegliere liberamente:

  • Di partorire conservando l’anonimato;

  • Di dare alla luce il proprio figlio in ospedale (in sicurezza), comunicando la decisione di non riconoscere il bambino che potrà, quindi, essere adottato;

  • Di riconoscere il proprio bambino già dall’età di 16 anni (in caso di ragazza nubile o separata potrà dare al figlio il suo cognome).

Diritti della mamma lavoratrice. La donna che ha scelto di diventare madre (ed ha appena partorito) gode di ulteriori diritti, soprattutto se è una mamma lavoratrice: la legge [Art. 37 Cost], infatti, tutela la maternità mettendo in evidenza la difficile coesistenza tra lavoro, maternità e vita familiare. Su questo tema concorda anche l’Europa che tutela la vita familiare e professionale quale diritto fondamentale dell’uomo e dichiara garantita la protezione della famiglia sul piano giuridico, economico e sociale.

Al fine di poter conciliare vita familiare e vita professionale, ogni donna ha il diritto:

  • Di essere tutelata contro il licenziamento (causato dalla maternità);

  • Il diritto ad un congedo di maternità retribuito e ad un congedo parentale, dopo la nascita o l’adozione di un figlio [Art. 33 Cedu.].

La donna che ha appena partorito (e quella che scopre di aspettare un bambino), dunque, gode:

  • Del divieto di licenziamento in gravidanza (che esiste dall’inizio della gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino);

  • Del diritto di svolgere una mansione (seppure temporaneamente diversa da quella che svolgeva prima di scoprire la gravidanza) salubre, poco faticosa e per nulla nociva. Tale diritto viene conservato anche durante la fase dell’allattamento in quanto tende a tutelare non solo la salute della mamma, ma anche quella del figlio appena nato: la donna che allatta ha il diritto di mantenere un lavoro sano senza rischio di contaminazioni.

Il congedo di maternità. La donna in gravidanza ha il diritto (nonché l’obbligo) di astenersi dal lavoro per cinque mesi: due mesi prima del parto e tre mesi dopo. Si tratta di un’astensione obbligatoria che, però, può anche essere posticipata di un mese quando non vi sono problemi per la continuità lavorativa (un mese prima del parto e quattro mesi dopo).

L’indennità di maternità viene riconosciuta:

  • Alle lavoratrici dipendenti;

  • Alle lavoratrici parasubordinate iscritte alla gestione separata (cioè ad un ente pensionistico diverso dall’Inps);

  • Alle lavoratrici autonome;

  • Alle libere professioniste.

Durante questa astensione obbligatoria alla madre verrà erogata un’indennità sostitutiva della retribuzione pari all’80% della retribuzione media.

Vi sono, poi, dei casi particolari nei quali la donna ha diritto ad un periodo di congedo maggiore. Si tratta:

  • Della donna che, in gravidanza, presenta problemi di salute (cosiddetta gravidanza a rischio) la quale, prima dei due mesi di astensione obbligatoria, ha il diritto di usufruire del congedo obbligatorio anticipato;

  • Della donna che ha un parto prematuro la quale potrà usufruire dei giorni non goduti prima del parto nel periodo di astensione obbligatoria post-parto;

  • Della donna che subisce un’interruzione di gravidanza (prima del 180° giorno di gravidanza) o la perdita del figlio subito dopo la nascita (per decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità) la quale ha diritto, se vuole, di astenersi dal lavoro per l’intero periodo di congedo di maternità.

La donna che ha appena partorito, al rientro al lavoro e per l’intero primo anno di vita del bambino, ha il diritto di usufruire dei permessi giornalieri necessari per accudire il figlio (il permesso ha la durata di due ore al giorno, se il lavoro è a tempo pieno, o di un’ora, se la giornata di lavoro dura sei ore totali.

Diritto alla non discriminazione. La donna in attesa o quella che ha appena partorito ha anche il diritto di non essere discriminata in sede di assunzione; ciò significa che non le può essere richiesto di sottoporsi ad un test di gravidanza per essere certi che non sia incinta, né le può essere chiesto se desidera o meno dei figli.

La donna ha, altresì, il diritto alla privacy per cui, quando deve presentare al proprio datore di lavoro il certificato di assistenza al parto può far cancellare i dati riguardanti la sua salute ed il tipo di parto a cui è stata sottoposta, dovendo indicare esclusivamente la data di nascita del piccolo ed i dati di riconoscimento della madre.

Anche l’Inps è tenuto alla privacy e può avvalersi solo dei dati utili all’espletamento delle proprie mansioni.

Sabina Coppola La legge per tutti 9 agosto 2017

www.laleggepertutti.it/171118_i-diritti-della-donna-che-ha-appena-partorito

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ETS (già ONLUS) NON PROFIT

Terzo settore: per i volontari assicurazione INAIL

Obbligo di assicurazione INAIL contro gli infortuni e le malattie professionali a favore del volontari e la responsabilità civile verso terzi. Il codice del terzo settore (Dlgs 117/2017) contiene anche nuove indicazioni in materia di tutele antinfortunistica a favore dei volontari che operano nelle onlus.

Il decreto rende infatti, obbligatoria sia l’assicurazione INAIL contro gli infortuni e le malattie professionali a favore del volontari, che la responsabilità civile verso terzi.

Il nuovo codice prevede tra l’altro la distinzione tra i volontari che collaborano stabilmente nelle attività delle onlus e che vanno iscritti in un apposito registro, e quelli che lavorano solo occasionalmente. Manca purtroppo l’indicazione precisa dei parametri con cui valutare l’occasionalità ovvero la continuità della prestazione.

Il volontario viene definito come una persona che per libera scelta svolge attività in favore della comunità e del bene comune, anche per il tramite di un ente del terzo settore, senza fini di lucro. Quindi l’attività non può essere retribuita. Sono possibili solo i rimborsi di eventuali spese sostenute.

L’obbligo di assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali, come disciplinata dal Dpr 1124/1965 (testo unico per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali) e quella per la responsabilità civile verso terzi, non è, tuttavia, di immediata applicazione. Infatti l’articolo 18 del codice stesso stabilisce che sarà un decreto ministeriale, da emanarsi entro sei mesi a opera del ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con quello del Lavoro, a individuare i meccanismi assicurativi e a disciplinare i relativi controlli.

Sempre per espressa previsione dell’articolo 18, la copertura assicurativa costituisce elemento essenziale delle convenzioni tra gli enti del terzo settore e le amministrazioni pubbliche. In tal caso le spese saranno a carico dell’amministrazione pubblica.

La tutela assicurativa completa il quadro in materia di sicurezza nelle imprese sociali e onlus dopo l’applicazione delle disposizioni previste dal Dlgs 81/2008, per tutti i lavoratori, in particolare, l’uso delle attrezzature di lavoro, l’uso dei dispositivi di protezione individuale, la sorveglianza sanitaria e la formazione specifica sui rischi specifici delle attività svolte.

Fonte: Il Sole 24 Ore 9 agosto 2016

www.fiscoetasse.com/rassegna-stampa/23810-terzo-settore-per-i-volontari-assicurazione-inail-.html

www.fiscoetasse.com/no-profit-enti-non-commerciali

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FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI

A settembre si ricomincia a narrare la bellezza e l’importanza della famiglia!

Dopo interminabili tira e molla, dopo un lavoro diplomatico e politico silenzioso portato avanti dal Forum sotto traccia, dopo paginate di Avvenire, editoriali sul Sole 24 ore, telefonate allarmate a chi di dovere e un pressing asfissiante fatto ogni santo giorno alle Istituzioni preposte a prendere la decisione, siamo a comunicarvi che la Conferenza Nazionale della Famiglia si farà!

Ma perché è tanto importante questo evento? Proviamo a spiegarlo in 4 punti.

  1. Perché nonostante sia fissata per legge la sua organizzazione ogni tre anni, non si celebrava da oltre sette anni, nonostante le richieste fatte dal past president del Forum, Francesco Belletti (che sarà felice con noi). Quindi è una grande vittoria politica riuscire a convincere il Governo a farla, nonostante il cambio di Ministro che poteva bloccare tutto sul più bello.

  2. Perché sarà un’occasione, prima della prossima legge di stabilità, per mettere al centro dell’agenda delle priorità le politiche familiari, la natalità e la fiscalità. Temi di cui ci si riempie la bocca da troppi anni senza fare mai nulla. Durante la Conferenza ne parleranno e proveremo a far prendere degli impegni seri ai vari Padoan e Gentiloni. Ci sarà un messaggio (se non addirittura la presenza) del Presidente Mattarella… e piazzata così, a fine settembre, prima delle prossime elezioni sarà un’occasione per rilanciare nei vari programmi di tutti i partiti politici i temi in questione… insomma per quei due giorni fari puntati sul tema che più di ogni altro può rilanciare il nostro Paese.

  3. Perché rimettere al centro del dibattito politico nazionale la famiglia aiuterà anche i Forum locali ad ottenere attenzione e giustizia riguardo le politiche familiari locali, anche qui, diciamocelo, solo accennate in alcune zone d’Italia.

  4. Perché insieme a tutte le Associazioni e Sindacati presenti nell’Osservatorio, abbiamo fatto in un anno, un grandissimo lavoro preparatorio. Già il titolo che dovrebbe essere “Più forte la famiglia, più forte è il Paese” (o qualcosa del genere) mette in luce l’orientamento propositivo dell’evento. Abbiamo voluto ragionare e insistere sugli aspetti concreti proprio per non offrire il fianco ed evitare qualsiasi polemica ideologica in un senso o nell’altro.

Insomma adesso proviamo, tutti uniti, a cogliere la possibilità di trasformare questa Conferenza Nazionale della Famiglia non in un ring su cui prendere e dare pugni, ma in un capolavoro dove ricominciare a narrare la bellezza e l’importanza della famiglia senza la quale, questo Paese, non va da nessuna parte.

Riuscire in questa impresa, narrativa e concreta, dipende da ciascuno di noi.

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Bassetti: dopo tanti rinvii si svolgerà la conferenza della famiglia in cui si parlerà del fattore famiglia

“Ciò che serve urgentemente all’Italia non sono solo politiche per la famiglia, ma un radicale cambio di prospettiva. In definitiva, una vera e propria rivoluzione culturale: una rivoluzione incentrata sulla famiglia”.

È quanto afferma il cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, in un articolo dal titolo “Fattore famiglia”, pubblicato nella rubrica Dialoghi su Il Settimanale dell’Osservatore Romano, in cui ricorda che “sullo stato della famiglia in Italia, dopo molti anni di dibattito e di rinvii, si registra una notizia positiva: il 28 e 29 settembre si svolgerà la terza Conferenza nazionale a essa dedicata”.

“Un fatto positivo – lo definisce – perché permette di affrontare la realtà con qualche speranza in più” e soprattutto perché servirà a mettere al centro della discussione pubblica “uno snodo di eccezionale importanza”: ovvero il “rapporto tra famiglia e lavoro”. “Un tema del genere – scrive il presule perugino – non può più essere eluso come se fosse solamente un argomento caro ai cattolici e quindi una questione ancillare dell’agenda pubblica del paese. No, il rapporto tra famiglia e lavoro è un tema centrale – pastorale, culturale e politico – per l’Italia di oggi e per quella di domani”. Anche perché, scrive il cardinale, sembra che l’Italia sia divisa in due: “tra chi lavora troppo e chi è disoccupato. Da una parte ci sono i cosiddetti “nomadi produttivi” costretti a ritmi lavorativi impressionanti e a vivere sostanzialmente lontano dalle famiglie e dall’altra i precari che senza un lavoro certo non riescono a fornire una speranza al proprio nucleo familiare”.

Per far fronte a questa difficile situazione, scrive Bassetti, occorre senza dubbio “un’organizzazione del lavoro efficiente per l’economia e che soprattutto riesca a fornire il bene più prezioso per le famiglie di oggi: il tempo. Tempo che i genitori possono dedicare ai figli, agli anziani, allo svago, al volontariato, alla preghiera. Tempo necessario per costruire e alimentare quelle relazioni interpersonali senza le quali la società s’inaridisce o muore”. “Bilanciare in maniera ottimale le ore di lavoro con quelle per la famiglia significa, pertanto, non solo rendere più efficiente il lavoro, ma significa soprattutto mettere al primo posto la persona umana per ribadire un sacrosanto principio evangelico: il lavoro è al servizio dell’uomo e non il contrario. Una società che, invece, valuta la dignità di una persona solamente in base allo status sociale dell’attività lavorativa – e quindi in relazione allo stipendio e al benessere che ne consegue – è di fatto una società infelice e sostanzialmente più povera”.

Ansa 11 agosto 2017

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FRANCESCO VESCOVO DI ROMA

Il percorso che riporta il mondo globalizzato al Vangelo

Nel 1965 in una conferenza su papa Giovanni minutata per lui da Giuseppe Dossetti, il card. Giacomo Lercaro individuava le tre culture nelle quali si possono classificare gli ecclesiastici.

  1. Vedeva da un lato gli uomini dei manuali, la cui sola ambizione è scriverne uno che scalzi quelli degli altri nelle facoltà teologiche;

  2. Dall’altro poneva gli uomini dei saggi, troppo problematici per accontentarsi dei sistemi dottrinali, ma incapaci per questo di giungere a una sintesi.

  3. E infine collocava gli uomini delle fonti: quelli che arretravano così profondamente nella tradizione biblica e patristica da poter precorrere il futuro.

La tripartizione, che funzionava sui papi degli anni Cinquanta-Sessanta, funziona ancora: e letta oggi fa dire che Papa Francesco è uomo delle fonti, in modo peculiare. Non sente il fascino della patristica che prendeva un uomo come Roncalli: Bergoglio è uomo della Bibbia e del Vangelo, letto sine glossa. Basta scorrere le sue omelie mattutine, o gli Angelus nei quali spiega sempre le letture del giorno, per sentire una capacità di spezzare la parola (nel senso liturgico della farcito) senza retropensieri e senza complessi di inferiorità.

È questa tessitura biblica che consente a Papa Francesco di incastonare le sue eclettiche letture di romanzieri, teologi e filosofi che non costituiscono un canone, ma un percorso. Ed è dalla intimità col Vangelo che Bergoglio è arrivato a leggere Zygmunt Bauman, che usa volentieri e che non cita quasi mai – non per ingratitudine, ma perché lui, il Papa, non è di quei preti vanitosi che nascondono la loro insicurezza fra citazioni inutilmente erudite. L’analisi di Bauman della postmodernità serve a Francesco perché in essa vi ritrova la drammatica del Vangelo stesso: cioè la violenza che incombe là dove la povertà inerme appare come una minaccia del potere e del privilegio, perché ne svela la vulnerabilità.

La formula dello “scarto” è quella che più di ogni altra è servita a Francesco in questa dimensione evangelica; ma non di meno quella che ha colto nella globalizzazione e nelle grandi migrazioni la chiave per ridisegnare il principio del dialogo come antidoto alla guerra, che non è altro che l’apoteosi di una idolatria bestiale. Quando si conobbero Francesco disse a Bauman che «quando non c’è dialogo, è l’inizio della guerra». Ecco questa è una estate senza dialogo. Dunque leggere Bauman. O il Vangelo.

Alberto Melloni la Repubblica 9 agosto 2017

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2017/08/09/il-percorso-che-riporta-il-mondo-globalizzato-al-vangelo29.html?ref=search

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GOVERNO

Le richieste al governo. Famiglia, in campo le idee dei partiti

Volendo escludere con un atto di fiducia che tutto si risolva in bellissime ma inefficaci parole, la Conferenza sulla famiglia ha due possibili obiettivi concreti: l’individuazione di misure urgenti per i nuclei numerosi da inserire già nella manovra 2018 e una scelta di fondo, di medio periodo, su una riforma fiscale che alleggerisca chi ha carichi familiari. «Dopo la nota di aggiornamento del Def avremo il quadro chiaro circa le risorse realmente disponibili in manovra e in base a questi numeri affronteremo la Conferenza», spiega Paola De Micheli del Pd, mamma da 17 mesi e sottosegretaria all’Economia.

Il punto, spiega, è analizzare bene «la composizione della crescita», vedere cioè se la ripresa economica in corso consente di aumentare le spese per l’anno prossimo senza deteriorare il deficit. «In previsione della legge di stabilità – prosegue l’esponente del governo – avremo anche una verifica delle misure varate negli anni scorsi. Un possibile punto di partenza potrebbe essere il potenziamento di questi strumenti», ipotizza. Il riferimento è agli interventi sulle neomamme e gli asili nido, per i quali potrebbe essere aumentata la dote finanziaria.

Il cronoprogramma dunque è questo: a metà settembre la Nota di aggiornamento del Def sbarca in Parlamento, il 28-29 c’è la Conferenza di Roma, il 15 ottobre il governo deve presentare la manovra alle Camere. Tutto si gioca in un mese. Nell’area di maggioranza da sempre sensibile al tema-famiglia il clima è sospeso tra speranze e realismo. Stefano Lepri, il senatore dem che dà il nome a un disegno di legge delega che prevede l’assegno universale per i figli a carico, si muove sulla scia di De Micheli: «Dal momento in cui è escluso che ci sia nel 2018 l’intervento sull’Irpef, e dal momento in cui è dato per certo il sostegno alle assunzioni dei giovani, è difficile che ci siano i 2 miliardi che servirebbero per avviare il mio Ddl o introdurre la fase uno del Fattore famiglia. Vedo possibile rafforzare gli strumenti già in vigore e proverei a portare a conclusione l’iter del mio provvedimento, così che la nuova legislatura prenda subito in carico i decreti attuativi».

È la stessa road map del deputato del Pd Edoardo Patriarca: «Dobbiamo puntare a inserire in manovra gli interventi più urgenti per i nuclei numerosi e impostare gli strumenti normativi per una misura strutturale che entri in vigore all’inizio della prossima legislatura». Non solo fisco, però. E il primo a metterlo in evidenza è il senatore democratico Francesco Russo: «Dobbiamo continuare a camminare per arrivare al quoziente familiare. Ma da pedagogista e docente universitario non posso non sottolineare che oggi c’è un problema enorme di pari opportunità circa l’educazione e l’istruzione. Le famiglie debbono avere autentica libertà di scelta e strumenti per consentire ai figli di avere una buona formazione». Diversi parlamentari della maggioranza parteciperanno alla Conferenza.

Ci sarà Gian Luigi Gigli, presidente del Movimento per la vita e deputato di Des-Cd: «Non c’è vita senza famiglia, ma non c’è famiglia senza vita», dice. «Oggi – prosegue – questa verità è sfidata a duello mortale da un lato dalla pretesa tecnologica di rendere famiglia ciò che non può essere aperto alla vita, dall’altro dall’oppressione per la mancanza di equità fiscale e di politiche familiari lungimiranti». Fisco e cultura dunque procedono insieme, e uno dei punti di caduta è «la piena applicazione della legge 194\1978 per offrire alle donne soluzioni alternative all’aborto».

Anche il collega di gruppo parlamentare, Lorenzo Dellai, tiene insieme «la scommessa fiscale, la scommessa culturale e la scommessa sociale» per creare «un antidoto alla deriva individualista». Non si tratta, prosegue, «di elencare singoli provvedimenti, ma di affermare una strategia complessiva, duratura, incisiva» che arrivi sino al livello amministrativo, dove si erogano i servizi.

Le opposizioni guardano alla Conferenza con un approccio diverso. Disponibili a collaborare, dicono, se emergeranno proposte concrete da portare subito in Parlamento. Ma pronte anche a sferzare esecutivo e maggioranza se gli esiti dovessero essere deludenti. «Nel 2005 – ricorda il deputato di Fi Antonio Palmieri – il governo Berlusconi aveva introdotto la deduzione di 2.900 euro per ogni figlio nato o adottato e anche per i costi per la badante. Sono misure attuali e attuabili anche oggi, assieme alla flat tax, al reddito di dignità e alla pensione alle mamme, punti del nostro programma». Tuttavia, Palmieri dubita che possa imboccare questa strada «un governo che ha varato una serie di leggi, dal divorzio breve alle unioni civili, che hanno picconato la famiglia dal punto di vista culturale. Gentiloni vorrà cambiar rotta?».

Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, chiede direttamente a Gentiloni di «sottoscrivere il nostro appello per avviare, con la prossima manovra di bilancio, una rivoluzione del welfare nazionale che metta al centro la famiglia e la natalità». Primo filone, prosegue Meloni, è «lo spostamento dell’imposizione fiscale dalla persona al nucleo familiare». Secondo filone, «incentivi alle aziende che hanno il coraggio di assumere una donna in età fertile». Terzo filone, «l’introduzione del ‘reddito per l’infanzia’, ovvero un sostegno di 400 euro mensili per i primi tre anni di vita dei bambini delle famiglie in difficoltà».

Il fronte del centrodestra si compatta con le parole di Stefano Parisi, leader di Energie per l’Italia: «La crisi demografica è molto grave. Dobbiamo riportare fiducia nella società con politiche che contrastino la deriva che porta il Paese a chiudersi in se stesso. Alla famiglia deve essere riconosciuto anche economicamente, con investimenti importanti, il ruolo che ha nel welfare. E alla luce di questo diviene lampante l’errore di Renzi di avere messo 80 euro nelle tasche di chi ha già un lavoro».

A prescindere dai toni, le proposte in campo non sono così lontane. Il ‘Fattore’ proposto del Forum delle associazioni familiari come portata finanziaria è paragonabile al Ddl Lepri, e quest’ultimo ha punti di contatto con la proposta Meloni. Il problema sono «le scarse risorse» già annunciate da Padoan per la prossima manovra. Ma tra fare tutto e fare nulla, c’è la via di mezzo di iniziare a imboccare la strada. Altrimenti, la Conferenza sarà archiviata come un libro di buone intenzioni. Ed è lo spettro che agitano, partendo da due posizioni radicalmente diverse, Mario Adinolfi del Popolo della famiglia e Stefano Fassina, di Sinistra italiana. «Sinora – dice Adinolfi – da Gentiloni sono arrivate solo parole vuote e la Conferenza di settembre è una gigantesca presa in giro. Si può anche cancellare se deve essere pre-campagna elettorale. Questo è il governo in cui Boschi declina al plurale la parola ‘famiglia’, la maggioranza è la stessa del divorzio breve e delle unioni gay. Non bastano pacche sulla spalla e una mancetta in legge di bilancio. Ai movimenti cattolici dico: attenti a non farvi strumentalizzare».

Fassina, viceministro dell’Economia durante il governo Letta, arriva alla stessa conclusione: «Se si vuole fare sul serio, allora si rimodulino i 10 miliardi usati per il bonus da 80 euro. Quando si è decisa quella misura – ricorda Fassina – alcuni proposero un legame con i figli minori, ma si è preferita la propaganda elettorale. Poi l’Istat ci ha spiegato che i due terzi del bonus vanno a redditi medio-alti». Quindi, «temo che si faccia della conferenza uno spot pre-elettorale». Tocca al governo smentire questo epilogo.

Marco Iasevoli Avvenire 10 agosto 2017

www.avvenire.it/attualita/pagine/famiglia-in-campo-le-idee-dei-partiti

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MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI

Regioni italiani alle prese con gli albi per i tutori legali volontari

ma molto resta ancora da fare sull’affido familiare.

Un percorso personalizzato per ogni minore non accompagnato arrivato in Italia è uno degli obiettivi della legge per la protezione dei minori stranieri non accompagnati (legge Zampa) che, oltre a sancire la priorità dell’affidamento familiare dei minori stranieri non accompagnati rispetto al ricovero in una struttura di accoglienza, ha stabilito che ogni Regione si attivasse – entro 3 mesi dall’approvazione della stessa – per costituire un elenco di volontari disponibili ad assumere la tutela dei minori stranieri non accompagnati. Le famiglie che desiderano candidarsi a diventare tutore di un minore non accompagnato dovranno della propria regione di residenza.

Oggi i ragazzi sono seguiti da figure istituzionali che non riescono a dedicargli le giuste attenzioni ed è proprio per ovviare al problema che le Regioni hanno provveduto ad avviare corsi di formazione per consentire ai volontari che vorranno prendere in carica un minore di fornire loro la migliore assistenza.

L’obiettivo, ha sottolineato la Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza Filomena Albano, è creare “un modello di cittadinanza attiva e di genitorialità sociale”.

Che sia nei tempi previsti o con un po’ di ritardo, tutte le Regioni stanno istituendo gli albi e lanciando appelli alla cittadinanza purché possano diventare tutori legali dei misna: Friuli Venezia Giulia, Basilicata, Puglia, Sicilia, Emilia Romagna e Veneto non hanno ancora pubblicato il bando per individuare i tutori legali volontari ma assicurano che lo faranno “a brevissimo”. Le altre regioni sono invece in regola. L’Emilia Romagna ha avviato i primi corsi di formazione nel 2014 e in Sicilia dal 2013 sono stati messi a disposizione del tribunale dei minori oltre 150 tutori.

Per prassi, fino ad oggi il tutore era una figura istituzionale e cioè un sindaco, un assessore o un ente locale di residenza del minore: il risultato è che in alcuni Comuni una sola persona si ritrovava a essere responsabile legale di centinaia di minori senza riuscire, inevitabilmente, a seguire l’iter di regolarizzazione di ciascuno finendo così a dover delegare il lavoro agli assistenti sociali dei ragazzi, spesso già sovraccarichi. Con questo progetto invece, si ricerca il tutore all’interno della società civile. L’idea è che a ogni tutore venga affidato un solo minore, in modo da creare percorsi personalizzati. Garanti regionali e tribunali dei minorenni dovranno fare riferimento a linee guida nazionali e operare in sinergia, con la supervisione dell’Autorità Garante.

Ben più di un rappresentate legale dunque: compito del tutore sarà seguire il minore nel suo percorso educativo e di integrazione, interpretarne i bisogni, preoccuparsi del suo benessere psico-fisico ed eventualmente amministrarne il patrimonio. Un vice-genitore, insomma, che non accoglie in casa ma è presente nei momenti cruciali della crescita. La domanda per candidarsi come tutori si può scaricare sul sito dell’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza (www.garanteinfanzia.org) e va inviata all’indirizzo: tutorivolontari@garanteinfanzia.org.

Nel 2016 sono arrivati in Italia 25.846 minori stranieri non accompagnati. Di moltissimi – oltre la metà – si sono perse le tracce. A dicembre 2016 i minori presenti sul territorio erano poco più di 17mila.

L’auspicio è che con i nuovi albi regionali si accorcino i tempi per l’assegnazione dei tutori e che tutte le regioni – come stabilito dalla legge Zampa – diano priorità all’affidamento familiare dei minori stranieri non accompagnati rispetto al ricovero in una struttura di accoglienza.

“Resta fondamentale il ruolo delle Famiglie affidatarie, quale prima misura di accoglienza” – commenta il responsabile della campagna Bambini in Alto Mare, Diego Moretti – “in quanto il tutore non sostituisce la possibile famiglia affidataria e l’affidamento familiare è l’unica misura che garantisce un’accoglienza giusta, diffusa e di tipo familiare”.

News Ai. Bi. 11 agosto 2017

www.aibi.it/ita/minori-stranieri-non-accompagnati-albi-tutori-volontari

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