NewsUCIPEM n. 661 – 6 agosto 2017

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02 ADDEBITO Lesione della dignità e della salute del coniuge.

03 ADOZIONE 10 cose che una persona adottata vorrebbe farvi sapere.

03 ADOZIONE INTERNAZIONALE Conferenza Internazionale su Adozione Milano 24-25 maggio 2018

04 ADOZIONI INTERNAZIONALI Modello Redditi e Spese adozione minori stranieri

05 AMORIS LÆTITIA Peccati senza pentimento.

05 Superare l’Humanæ vitæ

07 ASSEGNO DIVORZILE Niente assegno alla ex laureata che torna da mammà.

075 CENTRO STUDI FAMIGLIA CISF Newsletter n. 30/2017, 2 agosto 2017.

08 CHIESA CATTOLICA Morte del Cardinale Dionigi Tettamanzi.

08Addio a Tettamanzi, il cardinale che tentò di seppellire il ruinismo-

09 CONFEDERAZIONE C. F. C. È tornato alla casa del Padre il cardinale Dionigi Tettamanzi.

09 CONIUGE DISABILE Le misure di protezione dell’infermo di mente.

10 CONIUGI Quali sono i diritti e doveri dei coniugi?

12 CONSULENTI di COPPIA e FAMILIARILettera della Presidente dell’A. I. C. C. e F.

12Giornata di studio dell’AICCeF a Milano-22 ottobre 2017.

13 CONSULTORI FAMILIARI Roma. Non chiamateli più consultori!

14 CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM Faenza. Incontro per i 50 anni dalla Fondazione del Consultorio.

15 DALLA NAVATA Trasfigurazione del Signore – Anno A – 6 agosto 2017

15 Fu trasfigurato davanti ai discepoli. (Enzo Bianchi)

17 ETS (già onlus) NON PROFIT Riforma terzo settore: Ecco il Codice. In vigore dal 3 agosto 2017.

18 Codice del terzo settore: i 100 articoli del decreto in Gazzetta

19 Riforma del Terzo Settore, la guida di Italia non profit.

19 La scomparsa delle Onlus.

19 FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI Noi per il territorio. Questionario sulla conciliazione casa-lavoro.

20Card. Tettamanzi. Il cordoglio e la tristezza del Forum

20 MINORI FUORI FAMIGLIA Indagine del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

20 NULLITÀ MATRIMONIO Sacra Rota ed effetti civili.

22 SANAZIONE MATRIMONIO CIVILE Sanare in senso religioso un matrimonio civile.

24 SCIENZA&VITA Sostanziali perplessità etiche su esperimento di editing genetico.

25 SESSUALITÀ Questionario sul sesso nelle scuole, mai contro le famiglie.

25 UCIPEM Ricordo affettuoso del card. Dionigi Tettamanzi.

27 UNIONI CIVILI Il primo divorzio a Savona.

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ADDEBITO

Lesione della dignità e della salute del coniuge

Nella quantificazione dell’addebito la lesione della dignità dell’ex coniuge è questione diversa dalla capacità patrimoniale del coniuge che ha tradito

Corte di Cassazione, prima sezione civile, sentenza n. 19422, 3 agosto 2017.

Il caso: un marito che tradisce la propria consorte e, costruendo una relazione con un’altra donna, diventa padre ed una moglie tradita ed offesa, più che dal tradimento in sé, dalla presenza di questo figlio generato dall’amante del marito.

Il secondo comma dell’art. 151 c.c., come noto, sanziona il coniuge che con il suo comportamento causa l’intollerabilità della convivenza coniugale. Su tale concetto di “intollerabilità” la giurisprudenza si è più volte espressa ricordando che il comportamento indicato deve essere comunque valutato in comparazione con il contegno tenuto anche dall’altro coniuge (Cass. 26/1991; Cass. 2648/1996; Cass. 6970/2003 e numerose altre).

Diversa è poi la considerazione della gravità e riprovevolezza del comportamento che ha determinato la separazione e sul punto la casistica è varia in considerazione dei doveri coniugali lesi: violazione dei diritti costituzionali e di diritti di personalità del coniuge; violazione dell’obbligo di fedeltà (anche in termini di lesione della fiducia che un coniuge ripone nell’altro); violazione dell’obbligo di coabitazione; violazione dell’obbligo di assistenza e di collaborazione; violazione dell’obbligo di contribuzione.

Gli effetti della pronuncia di addebito sono sicuramente di ordine patrimoniale (artt. 156, primo comma, c.c. nonché 548 e 585, secondo comma, c.c.) nonché di carattere risarcitorio (a tal riguardo la giurisprudenza ha mutato orientamento soltanto negli ultimi anni ammettendo infatti di recente – Cass. 5866/1995 – un’astratta risarcibilità dei danni per violazione dei doveri matrimoniali, risarcibilità inizialmente ritenuta incompatibile con la natura già sanzionatoria dell’addebito).

Ebbene, con la decisione in commento, la Suprema Corte sembra ampliare la tutela risarcitoria per le ipotesi di addebito includendo, fra le violazioni lese, la dignità del coniuge tradito (sempre in relazione al comportamento del coniuge danneggiante che, come detto, nella presente fattispecie, aveva avuto un figlio con un’altra donna). Eppure, nonostante tale apertura (e dunque la casistica delle violazioni indicate si arricchisce ulteriormente), il dicta degli Ermellini è lapidario nella quantificazione del danno: la lesione – per quanto grave e significativa – non può essere riparata parametrando la ristorazione con la capacità patrimoniale e reddituale del coniuge danneggiante (e qui, secondo la scrivente, si ripropone la dicotomia tra natura sanzionatoria dell’addebito e risarcibilità del danno) bensì come fatto illecito ex artt. 2043 e 2059 c.c. e, ritenendo il danno di prova non certa nel suo ammontare, suscettibile di quantificazione in via equitativa (art. 1226 c.c.). In particolare la Corte, nella sentenza in commento, testualmente richiama la parte motivazionale dei Giudici di appello napoletani ove si afferma che “il danno subito dalla ricorrente non è la perdita di un marito facoltoso ma, in ipotesi, la lesione della dignità e della salute per effetto delle modalità e circostanze nelle quali apprese dell’esistenza … di una figlia che il marito aveva avuto da una precedente relazione”.

Altra occasione mancata, a mio parere, per una riflessione più attenta sulle lesioni dei diritti della persona. Colto infatti il principio della risarcibilità per violazione del diritto della persona (lesione della dignità e della salute per effetto delle modalità e circostanze in cui si era appresa la notizia dell’esistenza in vita di una figlia da parte del coniuge traditore) sarebbe stato opportuno considerare anche le condizioni sociali e storiche in cui si poneva il fatto e la persona, l’ambiente in cui la donna tradita si relazionava (o si relaziona), la cultura e la famiglia.

Una persona, infatti, non è una monade isolato nella società ma interagisce con tanti altri fattori che ne determinano, anche sotto il profilo qualitativo, la sua esistenza. Certamente l’addebito ha una natura sanzionatoria che comunque non esclude la risarcibilità di un danno esistenziale della persona (ove chiaramente, per tutte le considerazioni sopra compiute, viene valutato sussistente nelle singole fattispecie) e dunque una quantificazione globale che, pur non escludendo il criterio equitativo, sia comunque parametrata a tutti i fattori della vita del danneggiato e, non meno importante, anche alla condizione sociale e su tale aspetto incide certamente la capacità reddituale dei coniugi ovvero il c.d. tenore di vita della famiglia.

Michela Del Vecchio – Persona e danno 04 agosto 2017

Sentenzawww.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_27061_1.pdf

www.personaedanno.it/articolo/nella-quantificazione-dell-addebito-la-lesione-della-dignit-dell-ex-coniuge-questione-diversa-dalla-capacit-patrimoniale-del-coniuge-che-ha-tradito-cass-i-civ-3-agosto-2017-n-19422

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ADOZIONE

10 cose che una persona adottata vorrebbe farvi sapere

Christina Romo è stata adottata quando aveva due anni, vive negli Stati Uniti e lavora in un’organizzazione di sostegno alle adozioni. Con la sua autorizzazione, ho tradotto un testo con dieci suggerimenti che dà ai genitori adottivi o a chi vuole saperne di più.

  1. È impossibile ignorare che perdere i genitori biologici è traumatico per un bambino. Questa perdita farà sempre parte di me. Modellerà la persona che sono e avrà un effetto sui miei rapporti – soprattutto sul mio rapporto con te.

  2. L’amore non basta per l’adozione, ma fa sicuramente la differenza. Dimmi che sono amata tutti i giorni – soprattutto quelli in cui non sono particolarmente adorabile.

  3. Mostrami, con le parole e con i fatti, che sei disposto ad affrontare qualsiasi tempesta con me. Ho difficoltà ad avere fiducia nelle persone per via delle perdite che ho sperimentato nella mia vita. Mostrami che posso fidarmi di te. Mantieni la tua parola. Ho bisogno di sapere che sei un punto di riferimento sicuro nella mia vita, e che sarai lì quando avrò bisogno di te e quando non ne avrò bisogno.

  4. Penso sempre che mi abbandonerai, indipendentemente dalle volte in cui mi dici o mi mostri il contrario. L’idea che le persone che mi vogliono bene mi abbandoneranno farà sempre parte di me. Posso volerti allontanare da me per proteggermi dal dolore della perdita. Non tener conto di quello che dico, ho bisogno che mi mostri che non mi lascerai mai.

  5. Ho bisogno che mi aiuti a imparare qualcosa sul colore della mia pelle o sulla mia cultura d’origine, perché per me è importante. Non ti assomiglio, ma ho bisogno che tu mi dica, con le parole e con i gesti, che non c’è problema nel fatto di essere diversa.

  6. Ho bisogno che tu sia il mio avvocato. Ci saranno persone nella nostra famiglia, a scuola, nel vicinato, nella sala d’attesa del pediatra che non capiranno l’adozione. Ho bisogno che tu spieghi loro questa cosa.

  7. In qualche momento potrò chiedere o voler cercare la mia famiglia biologica. Puoi anche dirmi che queste persone non sono importanti, ma non avere un rapporto con loro ha lasciato un vuoto nella mia vita. Tu sarai sempre la mia famiglia. Se chiederò o cercherò la mia famiglia biologica non significherà che ti voglio meno bene. Vivere senza conoscere la mia famiglia biologica è stato come fare un puzzle a cui mancano dei pezzi, e conoscere qualcosa al riguardo può aiutarmi a sentirmi più completa.

  8. Per favore, non aspettarti che io sia grata per il fatto di essere stata adottata. Ho sopportato una perdita tremenda prima di diventare parte della tua famiglia. Non voglio discorsi del tipo “Tu mi hai salvata e dovrei esserti grata”. L’adozione riguarda la formazione delle famiglie per sempre, non la carità nei confronti di un bambino.

  9. Non aver paura di chiedere aiuto. Posso aver bisogno di aiuto per far fronte alle perdite che ho vissuto e ad altre questioni collegate all’adozione. Forse ne hai bisogno anche tu, ed è del tutto normale. Unisciti ai gruppi di sostegno per le famiglie adottive, ad esempio. Può richiedere che tu esca dalla tua zona di comfort, ma ne vale la pena.

  10. L’adozione è diversa per tutte le persone. Per favore, non paragonarmi ad altre persone adottate. Guarda all’esperienza altrui solo perché ti aiuti a trovare il modo migliore per comprendermi. Rispettami come individuo. Il nostro viaggio non finirà mai. Non importa quanto possa essere difficile il cammino, e indipendentemente da dove porti il fatto di percorrerlo insieme farà tutta la differenza.

Aleteia Traduzione dal portoghese a cura diRoberta Sciamplicotti 5 agosto 2017

https://it.aleteia.org/2017/07/31/10-cose-che-un-adottato-vorrebbe-sapeste-sulladozione/?utm_campaign=NL_it&utm_source=daily_newsletter&utm_medium=mail&utm_content=NL_it

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ADOZIONE INTERNAZIONALE

Conferenza Internazionale sull’Adozione Milano. 24 e 25 maggio 2018.

Si svolgerà a Milano, al Palazzo delle Stelline, i prossimi 24 e 25 maggio 2018, la Conferenza Internazionale sull’Adozione. Un evento biennale fondamentale per scambiarsi visioni ed esperienze nelle adozioni internazionali che arriva dopo la ‘tappa’ del 2014 a Stoccolma e quella di Utrecht nel 2016.

La conferenza è organizzata da EurAdopt, una rete di oltre 20 Enti autorizzati europei operativi nel settore dell’adozione internazionale, di cui Ai.Bi. fa parte da più di 20 anni.

Per il biennio 2016-18 Michele Torri referente per le adozioni internazionali della sede nazionale di Ai.Bi rappresenterà l’Italia all’interno del consiglio di EurAdopt (il Council è l’organo governativo di EurAdopt).

La conferenza internazionale si svolgerà in concomitanza con l’Assemblea Generale di EurAdopt e partendo da una riflessione sulla crisi delle adozioni internazionali degli ultimi anni, affronterà varie tematiche nell’ottica del rilancio del settore. Tra i vari argomenti, le cattive ‘prassi’ da abolire (come le lungaggini burocratiche e gli eccessivi tempi di attesa), i costi dell’adozione e i viaggi multipli. Verrà sottolineata, inoltre, l’importanza di accompagnare le coppie nel post adozione.

I relatori si confronteranno in particolar modo su come sia cambiata l’adozione, il rapporto con le origini e il punto di vista di un Paese accogliente e quello di un Paese d’origine.

Temi e problemi che saranno sviscerati nell’ottica di un rilancio dell’adozione stessa alla luce degli ultimi 3 anni di crisi che ha investito il settore.

Il programma definitivo della Conferenza sarà disponibile negli ultimi mesi dell’anno, insieme a tutte le info necessarie per partecipare all’evento.

News Ai. Bi. 3 agosto 2017

www.aibi.it/ita/milano-24-25-maggio-2018-conferenza-internazionale-adozione-espertida-tutto-il-mondo

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ADOZIONI INTERNAZIONALI

Modello Redditi e Spese adozione minori stranieri

L’articolo 10, comma 1, lett. l-bis), del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) ammette la deducibilità dal reddito complessivo del 50% delle spese sostenute dai genitori adottivi per l’espletamento della procedura di adozione di minori stranieri di cui al Capo I del Titolo III della Legge 4 maggio 1983, n. 184. Tale beneficio fiscale è stato introdotto a regime nel TUIR per effetto della disposizione contenuta nell’art. 4 della Legge 31 dicembre 1998, n. 476, recante “Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, modifiche alla Legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di adozione di minori stranieri”.

È deducibile dunque il 50% delle spese sostenute dai genitori adottivi per l’espletamento delle procedure di adozione di minori stranieri certificate nell’ammontare complessivo dall’Ente autorizzato che ha ricevuto l’incarico di curare la procedura di adozione.

L’Albo degli Enti autorizzati è stato approvato dalla Commissione per le adozioni internazionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri con Delibera del 18 ottobre 2000, pubblicata sul S.O. n. 179 alla G.U. n. 255 del 31 ottobre 2000 e successive modificazioni.

L’Albo degli Enti autorizzati è consultabile sul sito Internet www.commissioneadozioni.it.

Condizioni da rispettare – Per usufruire della deduzione delle spese sostenute per la procedura di adozione, non è necessario aver acquisito lo status di genitore adottivo in quanto si ha diritto al beneficio fiscale a prescindere dalla effettiva conclusione della procedura di adozione e indipendentemente dall’esito della stessa.

Con la Risoluzione 55/E dell’8 maggio 2000 del MEF (Ministero dell’Economia e delle Finanze) è stato precisato che, fra le spese certificabili o documentabili sono comprese quelle riferite all’assistenza che gli adottandi hanno ricevuto, alla legalizzazione dei documenti, alla traduzione degli stessi, alla richiesta di visti, ai trasferimenti, al soggiorno, all’eventuale quota associativa nel caso in cui la procedura sia stata curata da Enti, ad altre spese documentate finalizzate all’adozione del minore.

Come specificato dall’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione n° 77/2004 “nel caso in cui la procedura, anche per motivi indipendenti dalla volontà dei coniugi, si interrompe, gli aspiranti all’adozione sono, comunque, tenuti a rimborsare l’Ente autorizzato di tutte le spese sostenute sino a quel momento per l’incarico ricevuto. Si realizza, pertanto, la situazione considerata dal Legislatore ai fini della fruizione della deduzione (sostenimento di spese connesse alla procedura di adozione)”.

La procedura di adozione inizia con il conferimento ad un Ente autorizzato del mandato all’adozione. È da questo momento che gli adottandi avranno diritto ad usufruire delle deduzioni in commento. La deduzione segue il principio di cassa in relazione al periodo d’imposta in cui le spese sono state effettivamente sostenute e prescindendo dall’effettiva conclusione dell’iter procedurale: l’Ente autorizzato deve, quindi, certificare annualmente le spese sostenute dagli aspiranti genitori adottivi; certificare non solo le spese sostenute direttamente dall’Ente stesso per la procedura di adozione e rimborsate dagli aspiranti genitori adottivi, ma anche quelle sostenute direttamente o presso soggetti diversi dall’Ente autorizzato; non sono deducibili le spese non certificate.

Ai fini della certificazione della spesa i genitori che hanno intrapreso la procedura di adozione dovranno consegnare all’Ente stesso, oltre alla documentazione delle spese autonomamente sostenute, anche un’apposita autocertificazione, resa ai sensi dell’art. 46 del D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445 oppure una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, con cui attestino che le spese, per le quali chiedono la deduzione dal reddito complessivo ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. l-bis) del TUIR, e che non sono state sostenute direttamente dall’Ente autorizzato sono “riferibili esclusivamente alla procedura di adozione di cui al Capo I del Titolo III della Legge n. 184 del 1983”.

Possiamo dunque affermare che ai fini della deduzione le spese sostenute devono essere: finalizzate all’adozione del minore; debitamente documentate; certificate dall’Ente autorizzato.

Le relazioni e gli incontri post-adottivi non costituiscono parte della procedura di adozione che si conclude con la dichiarazione di efficacia in Italia, da parte del competente tribunale per i minorenni, del provvedimento di adozione emesso dall’Autorità straniera, oppure con la pronuncia di adozione da parte del Tribunale per i minorenni.

Sempre in materia, l’Agenzia delle Entrate con la Circolare n° 7/E ha precisato che in merito alla suddivisione della spesa deducibile tra i genitori qualora nella certificazione rilasciata dall’Ente di adozione sia indicata la quota di spesa sostenuta da ciascun genitore, tale indicazione è da prendere a riferimento per la ripartizione della deduzione tra i genitori; diversamente se la spesa è stata sostenuta da un solo genitore, in quanto l’altro coniuge è a suo carico, la deduzione spetta esclusivamente al coniuge che ha sopportato la spesa. In quest’ultimo caso sarà cura del contribuente chiedere all’Ente la certificazione dell’intera spesa.

Indicazione nel modello Redditi PF – Le spese per l’adozione di minori possono essere indicate nel modello Redditi, nel Quadro RP, rigo RP26, codice 11 “Altri oneri deducibili”, in particolare va indicato il 50% delle spese sostenute dai genitori adottivi.

Non sono deducibili le spese non certificate

Fiscal focus.it 28 luglio 2017

www.fiscal-focus.it/quotidiano/fiscale/fisco/modello-redditi-e-spese-adozione-minori-stranieri,3,89760

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AMORIS LÆTITIA

Peccati senza pentimento

Un articolo di un vecchio giudice cattolico, Giuseppe Ricaldone, sostiene il dovere del discernimento nel caso del divorzio. I tradizionalisti accusano il Papa di tradire la dottrina e contestano l’Amoris Lætitia.

Il giurista ricorda che il divorzio è un atto umano che annulla gli effetti del matrimonio civile, ma sostiene anche che viene meno il requisito sacramentale in conseguenza della mancata fedeltà: l’amore degli sposi era “presunto”.

Ma si domanda anche se il divorzio sia sempre peccato (lo è se ricorrono tutte le condizioni, “piena conoscenza”, “libertà di decidere”) e se l’ammissibilità alla comunione non sia un falso problema per “i peccatori non pentiti”, se la liturgia prevede l’assoluzione generale dopo il confiteor.

Giancarla Codrignani Cerco solo di capire 1 agosto 2017

http://giancodri.women.it/peccati-senza-pentimento

 

Superare l’Humanæ vitæ

Una commissione vaticana riesaminerà l’ultima enciclica di Paolo VI. Lo scopo della commissione istituita per volontà del Papa sull’enciclica l’Humanæ vitæ è storico, prima di tutto. E cioè di fare chiarezza, scavando negli archivi, sul percorso travagliato che portò Paolo VI a scrivere così com’è il testo che provocò una frattura grave in seno alla chiesa, con la disobbedienza pubblica di una parte consistente dell’episcopato nordeuropeo (a cominciare dai vescovi olandesi capitanati dal cardinale Bernard Alfrink) e letture del documento tutt’altro che univoche.

Dopotutto, il cinquantesimo anniversario della promulgazione è imminente (2018) e anche alla luce di Amoris lætitia, l’esortazione post sinodale sulla morale famigliare firmata da Francesco, il momento per riproporre all’attenzione quel testo appare propizio. A presiedere la commissione è stato chiamato il professor Gilfredo Marengo, docente all’Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia, e con lui nel gruppo di esperti si annoverano il preside dell’Istituto stesso, Pierangelo Sequeri, lo storico della chiesa Philippe Chenaux e mons. Angelo Maffeis, preside dell’Istituto Paolo VI di Brescia.

In una recente intervista alla Radio Vaticana, Marengo ha spiegato che “da un lato, è necessario procedere a collocarla nel contesto di tutte le cose importantissime e feconde che la chiesa in questi 50 anni ha detto su matrimonio e famiglia” e poi “dal punto di vista della ricerca storico-teologica, sarà molto utile poter ricostruire, esaminando la documentazione conservata presso alcuni archivi della Santa Sede, l’iter compositivo dell’enciclica, che si è sviluppato con fasi distinte dal giugno 1966 alla sua pubblicazione, il 25 luglio 1968”.

Benché i lavori siano agli inizi e la complessità del tema richieda tempo, pare fin d’ora certo che davanti alla commissione si presenteranno due strade. Con relative polemiche e letture (il teologo Andrea Grillo ha definito Humanæ vitæ “controversa” e Luca Badini direttore di ricerca del Wijngaards Institute for Catholic Research, ha parlato di enciclica “contraddittoria in se stessa” e “profondamente sbagliata nelle sue conclusioni”.

https://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=https://en.wikipedia.org/wiki/Wijngaards_Institute_for_Catholic_Research&prev=search

La prima strada che la commissione ha davanti a sé, spauracchio dei settori più legati al mondo tradizionalista e ultraconservatore, è quella di una reinterpretazione di Humanæ vitæ alla luce del celeberrimo “rapporto di maggioranza”, cioè quel documento che suggeriva a Paolo VI di aprire alla pillola, alla luce dell’idea che la procreazione poteva essere considerata come mero fine biologico.

L’accentuazione, insomma, dell’interpretazione dell’enciclica nello spirito della Gaudium et spes, facendo leva sulla linea dei personalisti francesi vicini a Montini che però non salvavano – sulla materia in discussione – la continuità dottrinale.

L’altra strada è più dirompente ma anche più complicata da imboccare nel dato contesto attuale e cioè dire – come fa ad esempio Eberhard Schockenhoff, già assistente di Walter Kasper a Tubinga negli anni Ottanta, teologo moralista all’Università di Friburgo e apprezzato consigliere della Conferenza episcopale tedesca – che con Amoris lætitia s’è verificato un cambiamento di paradigma per tutta la teologia morale e che quindi Humanæ vitæ va letta, ora, alla luce dell’ultima esortazione.

Quindi, mentre l’interpretazione della teologia morale di Giovanni Paolo II afferma una deduzione che dai princìpi assoluti si applica ai casi concreti non ammettendo eccezioni, ora (è la linea, tra gli altri, di Schockenhoff) si parte dal caso concreto e le norme morali saranno considerate solo a guisa di orientamento generale e primario che però è suscettibile di interpretazione. Finendo così nella casistica.

Il problema è che anche la prima strada ha davanti a sé un ostacolo non irrilevante, rappresentato proprio dal rapporto di maggioranza che – secondo la vulgata – Paolo VI decise di ignorare. Fu nei primi anni Duemila, regnante Wojtyla, che il professor Bernardo Colombo, docente di Demografia all’Università di Padova, perito conciliare e fratello del vescovo Carlo, che Montini si scelse come proprio consigliere teologico una volta eletto Pontefice, scrisse sulla rivista Teologia che quel rapporto “era un falso sparato a uso dei criticoni e dei beoni: non di rado le stesse persone”. Nient’altro, precisò, che “uno di dodici rapporti presentati al Santo Padre”. Ma l’unico che finì sui giornali, dal Monde al Tablet e al National Catholic Reporter. Rapporto che raccomandava (con 70 sì e 4 no) al Papa di approvare la pillola contraccettiva. “Io – scrisse sempre Colombo – vi vedo una campagna orchestrata con malizia: non mi risulta che questa rientri tra le virtù cristiane”.

Poi Paolo VI scelse diversamente, ignorò “uno dei dodici rapporti” e decise di confermare la dottrina tradizionale, ben consapevole delle reazioni che avrebbe suscitato il suo documento (non avrebbe più scritto alcuna enciclica negli ultimi dieci anni di pontificato). E sarà da vedere come la commissione dei dotti presieduta da Marengo – che non a caso ritiene Humanæ vitæ e Amoris lætitia due “storie parallele” – riuscirà a conciliare la richiesta di reinterpretazione dell’enciclica “alla luce della persona e della coscienza“, (come chiese senza successo nel biennio sinodale l’allora presidente del Pontificio consiglio per la Famiglia, mons. Vincenzo Paglia), con la scelta precisa che sul finire degli anni Sessanta fece Montini, grazie anche a un memorandum che da Cracovia gli inviò l’arcivescovo cardinale Wojtyla, che proprio Paolo VI aveva voluto dentro alla commissione.

Il Papa, secondo quanto hanno ricostruito Juan José Perez Soba e Pawel Galuszka, era davanti a un dilemma non da poco: propendere per le tesi del personalismo francese, che enfatizzavano l’indubbio aspetto innovativo di Gaudium et spes ma non salvavano la continuità dottrinale, o seguire la strada indicata da quanti ritenevano necessario preservare la dottrina ma facendolo su basi naturali. Wojtyla, secondo lo studio di prossima pubblicazione a ridosso delle celebrazioni per il cinquantesimo anniversario dalla pubblicazione di Humanæ vitæ, propose una mediazione, consentendo al Papa di tenere nel documento (per quanto possibile) entrambe le anime confliggenti.

Matteo Matzuzzi Il Foglio 2 agosto 2017

www.ilfoglio.it/chiesa/2017/08/02/news/superare-lhumanae-vitae-147157

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ASSEGNO DIVORZILE

Niente assegno alla ex laureata che torna da mammà.

Tribunale di Roma, sentenza n. 12899/2017

Il Tribunale di Roma applica l’orientamento recente della Cassazione privando la donna disoccupata ma in età da lavoro dell’assegno divorzile. Ad incidere il ritorno della donna dalla madre in un paese del Sud.

Non è dovuto l’assegno divorzile alla ex in età lavorativa, nonostante sia disoccupata, che lascia la capitale tornando dalla madre in un paese del Sud che non brilla per l’abbondanza delle occasioni di lavoro. Le conseguenze della scelta presa unilateralmente dalla donna non possono ricadere sull’ex marito.

Lo ha stabilito il Tribunale di Roma, che ha applicato il revirement giurisprudenziale che la Corte di Cassazione ha stabilito nella sentenza 11504/2017

www.studiocataldi.it/articoli/26094-assegno-divorzio-la-cassazione-dice-addio-al-tenore-di-vita.asp

L’importante provvedimento della Suprema Corte dimostra una “svolta e battuta d’arresto” che incide sui criteri per determinare la sussistenza dell’assegno divorzile a carico dell’ex, facendo venir meno la variabile del “tenore di vita goduto in costanza di matrimonio” che fino ad ora era stata utilizzata dalla giurisprudenza.

Moglie laureata e in età da lavoro: niente assegno di divorzio. Nel caso in esame, l’ex moglie è laureata in scienze politiche, nonostante affermi di non svolgere attività lavorativa bensì solo docenze e traduzione saltuarie. Il Tribunale capitolino, tuttavia, ritiene che la donna abbia a disposizione altre entrate: prima di tornare dalla madre a Caserta questa ha venduto la casa che si trova in un distinto quartiere romano, ricavandone circa 200mila euro di cui non si hanno più notizie. Inoltre, in sede di separazione i coniugi avevano stabilito che ognuno provvedesse a se stesso.

Non viene dimostrata la circostanza che la ex non sia economicamente indipendente, poiché un peggioramento economico avrebbe potuto giustificare l’assegno: in giudizio la signora non ha provato di aver cercato attivamente un’occupazione che fosse confacente alla sua esperienza professionale e al suo titolo di studio, adducendo solo di essere tornata al paese d’origine per beneficiare del soggiorno “gratis” presso la famiglia.

Nessun assegno di divorzio deve essere dunque stabilito a carico del marito, anzi, vanno ridotte anche le spese di mantenimento dei figli poiché l’uomo è costretto a spostarsi per vedere i minori.

Lucia Izzo Newsletter Giuridica Studio Cataldi 31 luglio 2017

www.studiocataldi.it/articoli/26964-divorzio-niente-assegno-alla-ex-laureata-che-torna-da-mamma.asp

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CENTRO INTERNAZIONALE DI STUDI SULLA FAMIGLIA

Newsletter CISF – N. 30, 2 agosto 2017

Prossima newsletter 28 agosto 2017

  • In questa estate sportiva, bello aver sentito l’inno di Mameli per la Pellegrini e per Paltrinieri, nelle vasche di Budapest. Ma questo versione dell’inno, “cantato” dalle ragazze non udenti della nazionale pallavolo, fa davvero battere il cuore! www.youtube.com/watch?v=T0X-fM_6Sbo

  • Tanti propositi, ma per il Governo la famiglia non è mai una priorità. Il 28-29 settembre dovrebbe svolgersi la terza Conferenza nazionale della famiglia (dopo quella di Firenze nel 2007 e quella di Milano nel 2010). Ma, a due mesi dalla data fissata, l’Esecutivo non dà risposte certe sull’effettiva realizzazione di questo evento. Commento di Francesco Belletti, direttore del CISF

www.famigliacristiana.it/articolo/famiglia.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_02_08_2017

  • La famiglia “non ha prezzo”: l’economia se n’è accorta? Su Sussidiario.net la presentazione di Francesco Belletti del recente volume dell’economista céco Lubomir Mlcoch, Family Economics” dedicato al possibile ruolo decisivo che le teorie economiche possono riconoscere alla famiglia.

www.ilsussidiario.net/News/Cultura/2017/7/26/LETTURE-La-famiglia-non-ha-prezzo-l-economia-se-n-e-accorta-/775437

  • Scheda di iscrizione per il Seminario internazionale sulla valutazione d’impatto delle politiche familiari (21-22 settembre, Milano, 23 settembre, Trento), promosso dal CISF e dal Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’università Cattolica di Milano

http://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/eventi-cisf/valutare-l-impatto-delle-politiche-familiari.aspx?utm_source=newsletter&utm_medium=newsletter_cisf&utm_campaign=newsletter_cisf_02_08_2017

http://newsletter.sanpaolodigital.it/cisf/agosto2017/5042/index.html

Iscrizione alle newsletter http://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/newsletter-cisf.aspx

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CHIESA CATTOLICA

Morte del Cardinale Dionigi Tettamanzi

Papa Francesco, in un telegramma di cordoglio, ricorda il “caro cardinale Dionigi Tettamanzi” arcivescovo di Milano dal 2002 al 2011, morto stamani in Brianza all’età di 83 anni, dopo una lunga malattia. “Figlio tra i più illustri e pastore tra i più amabili” scrive il Pontefice, è ricordato “con gratitudine per l’intensa opera culturale e pastorale profusa”.

Una esistenza “feconda” riletta da Francesco come testimonianza gioiosa del Vangelo. Il Papa ne ripercorre il lungo servizio reso “docilmente alla Chiesa”, a partire dall’incarico come presbitero dell’arcidiocesi di Milano poi come vescovo ad Ancona-Osimo, quindi come segretario della Conferenza Episcopale Italiana, arcivescovo di Genova e poi della diletta Chiesa Ambrosiana infine Amministratore apostolico di Vigevano.

Il Papa ne sottolinea la sollecitudine come Pastore “totalmente dedito alle necessità e al bene dei sacerdoti e dei fedeli tutti” e ne rimarca l’attenzione peculiare ai “temi della famiglia, del matrimonio e della bioetica dei quali era particolarmente esperto”. Infine nel telegramma il Pontefice eleva la sua preghiera al Signore affinché “accolga questo Suo fedele servitore, che egli ha tanto amato, nel gaudio e nella pace eterna”, con un pensiero speciale per quanti lo hanno “amorevolmente assistito negli ultimi tempi di malattia”.

Radio Vaticana 5 agosto 2017

http://it.radiovaticana.va/news/2017/08/05/papa_tettamanzi_pastore_amabile_e_servitore_fecondo/1329089

http://it.radiovaticana.va/news/2017/08/05/morto_tettamanzi,_amato_arcivescovo_emerito_di_milano/1329065

www.chiesadimilano.it/news/chiesa-diocesi/e-morto-il-cardinale-dionigi-tettamanzi-176758.html

Colpiva in lui il permanente sorriso, espressione di una umanità contagiosa, riverbero della tenerezza di Gesù e di Maria Santissima verso tutti coloro che incontrava, e con eccezionale pazienza salutava ad uno ad uno”.

Né vanno dimenticate la presenza e l’azione nella Confederazione Italiana dei Consultori familiari di ispirazione cristiana, di cui è stato consulente ecclesiastico dal 1979 al 1989; nell’Oari (movimento per una pastorale di comunione e di speranza per l’uomo che soffre) come responsabile dell’attività culturale prima e quale Presidente poi; nell’Associazione dei Medici cattolici italiani della sezione di Milano, quale Assistente ecclesiastico per circa vent’anni.

Colpiva in lui il permanente sorriso, espressione di una umanità contagiosa, riverbero della tenerezza di Gesù e di Maria Santissima verso tutti coloro che incontrava, e con eccezionale pazienza salutava ad uno ad uno. (Card. Angelo Scola).

 

Addio a Dionigi Tettamanzi, il cardinale che tentò di seppellire il ruinismo

Roma. Che il cardinale Dionigi Tettamanzi fosse malato era cosa nota e a certificarlo fu l’immagine dell’incontro con il Papa, lo scorso marzo in Duomo. L’arcivescovo emerito, morto questa mattina verso le 10.30 presso la Villa Sacro Cuore di Triuggio, non aveva voluto mancare all’appuntamento. Francesco gli andò incontro, abbracciandolo. Tettamanzi aveva terminato nel 2011 la propria esperienza da pastore della diocesi ambrosiana, iniziata ricevendo il pesantissimo pastorale dalle mani di Carlo Maria Martini. Al suo posto, Benedetto XVI volle Angelo Scola, allora patriarca di Venezia. Tettamanzi era stato precedentemente a Genova come successore del cardinale Canestri e ancor prima, dal 1989 al 1991, vescovo di Ancona-Osimo. Nel 2012, dopo il pensionamento milanese, fu nominato amministratore apostolico di Vigevano, chiamato a mettere ordine in una diocesi con gravi problemi finanziari.

Nel messaggio di cordoglio, il Papa ha ricordato la “peculiare attenzione ai temi della famiglia, del matrimonio e della bioetica, dei quali era particolarmente esperto”.

E in effetti Tettamanzi in questi campi è stato per lungo tempo uno dei teologi più importanti che la chiesa italiana potesse offrire. Per oltre vent’anni insegnò Teologia morale a Venegono Inferiore, quindi Teologia pastorale a Milano. A lungo, poi, fu la “penna” di tanti discorsi di Giovanni Paolo II, eletto poi presidente della Commissione episcopale della Cei per la famiglia (1990) e, l’anno dopo dal 14 marzo, segretario generale della Conferenza episcopale italiana sino al 30 aprile 1995. Stimatissimo anche da Bergoglio, che lo chiamò al Sinodo ordinario sulla famiglia dell’autunno 2015, Tettamanzi era stato cardinale il 21 febbraio del 1998. Per anni è stato considerato un papabile, soprattutto nella vulgata mediatica che seguiva il declino del pontificato giovanpaolino. Si diceva che era il profilo più adatto per incarnare una via mediana tra gli opposti schieramenti presenti in Conclave, una soluzione “di mezzo” tra i progressisti e i conservatori. Nell’aprile del 2005, però, subito si capì che gli orientamenti erano ben altri.

Undici anni fa Tettamanzi fu il protagonista del tentativo di scardinare e mandare in soffitta il commissariamento della Cei sancito da Giovanni Paolo II a Loreto nel 1985, quando affidò le chiavi della Conferenza episcopale italiana a Camillo Ruini. A Verona si celebrava il Convegno ecclesiale nazionale e l’allora arcivescovo di Milano fu chiamato a tenere la prolusione, che sviluppò attorno alla necessità di “tradurre il Concilio in Italiano”. Tettamanzi citò le parole d’ordine del Convegno ecclesiale di Roma del 1976, cercando di riportare le lancette indietro di decenni e rievocando la difesa del Vaticano II fatta a suo tempo da Paolo VI contro chi lo accusava “di un tollerante e soverchio relativismo al mondo esteriore”. Fu un fallimento, pochi applausi, una definizione dai più definita “generalista” e nessun cambio di passo di rilievo nella linea della Cei.

L’ultimo Tettamanzi, ormai emerito, è stato quello dell’appoggio – anche sui temi della morale famigliare – alla linea di Santa Marta, che non a caso (come s’è scritto sopra) lo volle al Sinodo del 2015. Già l’anno prima, Tettamanzi si era detto favorevole, a determinate condizioni, al raccostamento alla comunione dei divorziati risposati.

“La dipartita del cardinale Dionigi Tettamanzi rappresenta una grande perdita per la chiesa milanese e per tutta la chiesa universale”, ha scritto in una Nota il cardinale Angelo Scola, amministratore apostolico dell’Arcidiocesi di Milano. “Non solo per i diversi ministeri che egli ha assunto e per il suo servizio come esperto a Papi e alla Santa Sede, ma anche per la sua personalità umile, sorridente, appassionata ai rapporti. Era sempre teso ad incarnare la visione cristiana della vita nella realtà attuale”.

Matteo Matzuzzi Il Foglio 5 agosto 2017

www.ilfoglio.it/chiesa/2017/08/05/news/e-morto-dionigi-tettamanzi-147640/

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CONFEDERAZIONE ITALIANA CONSULTORI FAMILIARI DI ISPIRAZIONE CRISTIANA

È tornato alla casa del Padre il cardinale Dionigi Tettamanzi

Dopo una lunga malattia è tornato alla casa del Padre (sabato 5 agosto 2017) il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo emerito di Milano.

«La Confederazione italiana dei Consultori familiari di ispirazione cristiana – sottolinea il presidente don Edoardo Algeri scrivendo ai Consultori della Confederazione – lo ricorda grata nella preghiera, affinché il suo ingresso nella Casa del Padre lo ricolmi di quella “misura pigiata ed abbondante” di gioia e di pace che Gesù ha promesso ai Suoi servi fedeli e generosi».

www.cfc-italia.it/cfc/index.php/2-non-categorizzato/413-e-tornato-alla-casa-del-padre-il-cardinale-dionigi-tettamanzi

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CONIUGE DISABILE

Le misure di protezione dell’infermo di mente

Un limite elastico all’autoregolamentazione delle relazioni familiari. L’istituto della famiglia costituisce una formazione sociale proteiforme, che sussiste, indipendentemente, dall’attribuzione di qualsivoglia statuto giuridico. Da un attento esame, dei Lavori Preparatori alla stesura della Carta costituzionale, appare chiaro come la relazione fra ordinamento statuale ed ordinamento familiare sia improntato ad un principio di reciproca autonomia, tuttavia permeato dall’obbligo di conformità al rispetto dei principi costituzionali, attinenti ai diritti inviolabili della persona.

Orbene, lo Stato, nel perseguire la tutela dei diritti inviolabili, enunciati all’art. 2 Costituzione, nel farsi legislatore può interferire nel potere di autoregolamentazione della comunità familiare. Incisiva e penetrante resta la possibilità di intervento delle Autorità giurisdizionali, le quali, nei limiti dettati dalla legge, possono esercitare poteri di cognizione sui rapporti personali e patrimoniali interni alla compagine familiare; suindicata cognizione condiziona l’andamento dell’amministrazione lato sensu del consorzio familiare, basti pensare alle ipotesi desumibili dal Titolo IX, Libro I, del Codice Civile, in materia di responsabilità genitoriale,

Nell’irriducibile microcosmo della comunità familiare, la coabitazione e la convivenza con persona affetta da patologia psichiatrica, qualora tale luogo esistenziale, sia irto di episodi di conflittualità domestica, viene a realizzarsi evidente manifestazione delle tante problematiche intercorrenti fra la comunità familiare e le molteplici articolazioni dello Stato sul territorio: le Scuole, i Servizi Sociali e Sanitari, gli Organi di Pubblica Sicurezza, le Istituzioni Giudiziarie.

Or dunque, gli attriti nei rapporti fra la famiglia, con a carico il disabile psichiatrico, e le suindicate articolazioni statuali, acquistano primaria rilevanza alla notizia dell’evento fattuale circa il sopravvenuto l’intervento del Giudice Tutelare nelle dinamiche familiari, specie qualora vi sia un concorso di fattori a determinare tale intervento tra cui: le dilapidazioni patrimoniali, le reiterate violenze fra le mura domestiche, l’accertata inidoneità dei familiari conviventi nella cura degli interessi nel disabile, nel lungo periodo. La tensione fra la pretesa intimità della comunità familiare e la pretesa statuale di tutela di diritti superiori, ascrivibili al disabile, trovano genuina rappresentazione nelle udienze di cui all’art. 714 c.p.c., nel caso di ricorso per declaratoria di interdizione, e nella fattispecie processuale di cui all’art. 407, Co 2, Cod. Civ.

Manifestazione concreta del potere dell’ordinamento statuale di condizionare il regolamento degli assetti endofamiliari può essere individuata nelle ipotesi di cui all’art. art. 348, Co 4 e 408, Co 4 Cod. Civ., ove viene contemplata l’ipotesi della nomina di un professionista, esterno. L’indubbia rilevanza delle prerogative ascrivibili in capo Giudice Tutelare discendono dal disposto di cui all’art. 344 Cod. Civ., la cui formulazione letterale configura un ventaglio ampio attinente ai poteri di valutazione nell’esercizio delle sue funzioni.

L’opera del Tutore/A.D.S. produce, come uno dei primari effetti, quello della cessazione delle commistioni fra il patrimonio del disabile e quello dei familiari conviventi, si pensi alle cattive pratiche ove il familiare convivente attinga, con frequenza, al patrimonio del disabile per sopperire ad altrui posizioni debitorie. Il Tutore/A.D.S., individuate le fonti di reddito del disabile, provvede, se necessario, alla ricostituzione del patrimonio subentrando nella gestione o con accensione di strumenti finanziari adeguati, ponendovi sempre il vincolo pupillare.

A tal guisa, lo Stato controlla il divenire degli assetti patrimoniali, e delle condizioni di vita del disabile, anche attraverso l’Ufficio del Pubblico Ministero, stante il pubblico interesse, alla protezione dei diritti della persona incapace, esercitando la qualità di litisconsorte necessario nei procedimenti di volontaria giurisdizione, attinenti alle misure di protezione per persone prive, in tutto o in parte, di autonomia.

Gli istituti della Tutela degli interdetti, dell’Amministrazione di sostegno e della desueta Curatela ex art. 424 Cod. Civ., qualora contemplino la designazione di un professionista esterno, non possono essere interpretati quali strumenti ai quali si fa ricorso per un fine meramente assistenzialistico: il Tutore/A.D.S. cerca di relazionarsi con i familiari del Tutelato/Amministrato che assiste, ma non è soggetto preposto alla risoluzione delle problematiche affettive e giuridiche di persone diverse dal disabile beneficiario della misura di protezione. Il professionista esterno non ha un obbligo informativo verso i familiari e/o parenti del disabile che assiste, tuttavia, resta fermo il loro diritto a visionare ed estrarre copia degli atti depositati e prodotti presso la Cancelleria del Giudice Tutelare.

Orbene, il potere che gli Uffici Tutelari possono esercitare nello svolgimento delle relazioni familiari non scardina il principio di autonomia fra ordinamento statuale ed ordinamento familiare: qualora ne ricorrano i presupposti, lo Stato deve intervenire nel consorzio familiare al fine di tutelare i diritti personalissimi del disabile psichiatrico.

Manuele Pizzi Persona e danno 03 agosto 2017

www.personaedanno.it/articolo/le-misure-di-protezione-dell-infermo-di-mente-un-limite-elastico-all-autoregolamentazione-delle-relazioni-familiari

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CONIUGI

Quali sono i diritti e doveri dei coniugi?

Quando ci si sposa si assumono diritti ma anche doveri: fedeltà, assistenza morale e materiale, condivisione dell’abitazione e dei bisogni fondamentali della famiglia.

Matrimonio: gioie e dolori, direbbe qualcuno. Non avrebbe tutti i torti dato che, nel momento in cui due persone si sposano, assumono diritti ma anche doveri che è la legge stessa a stabilire: fedeltà, assistenza morale e materiale, condivisione dell’abitazione e dei bisogni fondamentali della famiglia sono alcuni. Vediamo, allora, quali sono i diritti e i doveri dei coniugi, precisando da subito che marito e moglie sono uguali di fronte alla legge, posti, cioè, in una condizione di assoluta parità: hanno, quindi, gli stessi diritti e gli stessi doveri [Art. 143 cod. civ.], quanto meno in teoria. In pratica, la moglie ha alcuni diritti che al marito non sono riconosciuti, come:

  • Il diritto al parto anonimo: il figlio, infatti, può non conoscere l’identità della propria madre fino alla morte di quest’ultima, al contrario di quanto avviene per il padre che è obbligato a riconosce la prole;

  • In caso di separazione e divorzio, i figli sono preferibilmente “affidati” alla madre.

Matrimonio: doveri dei coniugi. Il codice civile dice chiaramente che, con il matrimonio, il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri e passa subito ad elencarli:

  • Dovere di fedeltà,

  • Dovere all’assistenza morale e materiale,

  • Dovere alla collaborazione nell’interesse della famiglia,

  • Obbligo di coabitazione,

  • Obbligo di contribuire ai bisogni della famiglia in proporzione alle proprie capacità economiche e di lavoro (professionale o casalingo).

Violare questi obblighi significa essere pronti a subire pesanti conseguenze sia civili – come l’addebito in caso di separazione e, nei casi più gravi, il risarcimento del danno (pensiamo un marito che abbia tradito la moglie e lo abbia fatto così alla luce del sole da causarle una forte depressione) – sia penali: la legge prevede il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare per chi nega la dovuta assistenza materiale al coniuge.

  • Dovere di fedeltà. Il matrimonio è per sempre, almeno finché dura. Niente tradimenti e scappatelle, quindi, né relazioni extraconiugali stabili a meno che l’unione con il proprio partner sia davvero finita e l’unica soluzione possibile sia il divorzio. Attenzione: per fedeltà non si intende solo il fatto di non avere rapporti sessuali ma anche il divieto di relazioni di qualsiasi tipo, anche platoniche o virtuali (pensiamo a una amicizia in chat) o, comunque, tali da mortificare in pubblico il/la compagno/a. La moglie che tradisce in modo stabile e ripetuto si vedrà addebitata la separazione e potrà dire addio all’assegno di mantenimento anche se ne ha bisogno. {Dovrebbe persistere durante la separazione sino al divorzio. Ormai in disuso. Ndr}

  • Dovere di assistenza. I coniugi devono assistersi reciprocamente moralmente e materialmente, a meno che il marito o la moglie abbandoni la casa coniugale senza alcuna giustificazione e si rifiuti di farvi ritorno.

  • «Assistenza morale» significa comprendere il partner, proteggerlo, sostenerlo, non sminuirlo nella sua qualità di genitore o di partner e avere con lui/lei rapporti affettivi e sessuali. Proprio così: anche il sesso rientra tra i doveri matrimoniali a cui non ci si può sottrarre con la classica scusa del mal di testa.

  • «Assistenza materiale» significa obbligo di assistere il coniuge durante la malattia o la vecchiaia, fornendogli cure e attenzioni e, in caso di separazione o divorzio, mantenerlo qualora non sia economicamente autosufficiente (e questo vale anche per la moglie se il suo reddito è maggiore rispetto a quello del marito). Rientra nell’assistenza materiale anche l’obbligo di partecipare alle spese per la famiglia e a quelle necessarie per soddisfare le esigenze di carattere primario (proprie e dei figli) come il cibo, il vestiario, i trasporti, lo studio, la cura in caso di malattie, mettendo a disposizione il denaro occorrente o eventualmente ricorrere all’opera di terzi.

  • Dovere di collaborazione nell’interesse della famiglia. Marito e moglie devono contribuire alle spese necessarie alla famiglia e ai figli in base alle proprie capacità economiche o lavorative: per intenderci, se il marito guadagna di più della moglie dovrà far fronte in misura maggiore al mantenimento dei figli. E non è solo una questione puramente economica: ad esempio, la moglie può decidere di non lavorare e di dedicarsi completamente alla famiglia. Così facendo, adempie al suo obbligo di contribuzione, dato che l’attività domestica ha pari dignità rispetto a quella lavorativa, a patto che questa scelta non sia un modo per scaricare tutte le responsabilità sul marito e, nel frattempo, dedicarsi tranquillamente a hobby personali, magari anche pretendendo l’aiuto di una domestica per pulire casa. Allo stesso modo, l’uomo non può scaricare tutte le questioni pratiche alla moglie e dedicarsi solo alla carriera.

  • Dovere di coabitazione. Sposarsi significa anche condividere lo stesso tetto, «nella gioia e nel dolore», tranne nel caso di separazione o per gravi motivi (ad esempio, se il marito picchia la moglie) o per esigenze particolari: pensiamo alla moglie che lavora in un’altra regione in attesa di un trasferimento. Una banale lite non può essere l’occasione per fuggire a casa di mamma e papà: si rischia di essere accusati del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare e l’addebito della separazione, durante la quale, fino a quando il giudice non decide a chi va la casa, non è possibile cambiare la serratura per non far entrare più il partner. {Cessa con la separazione. Ndr}

  • Dovere di rispettare la libertà e la privacy del coniuge, I coniugi sono tenuti a rispettare ciascuno la privacy dell’altro, non frugando tra oggetti personali o non spiando il cellulare alla ricerca di possibili tradimenti, neppure se questo serve per far valere i propri diritti davanti al giudice.

Matrimonio: diritti dei coniugi

 

Accanto ai doveri dei coniugi si pongono i diritti che, a conti fatti, sono lo specchio dei primi. Come abbiamo detto, infatti, il matrimonio implica diritti e doveri.

  • Diritto a non essere traditi. Abbiamo detto che marito e moglie hanno il dovere di fedeltà: e, allora, è chiaro che, in automatico, marito e moglie hanno diritto a non essere traditi. È vero, le corna non sono un reato ma sono un illecito civile: ne consegue che, se a tradire è la moglie, il marito potrà chiedere l’addebito della separazione e non pagarle l’assegno di mantenimento. Che sia un tradimento sotto le coperte o social, di “una volta e mai più” o recidivo poco conta: sempre di tradimento si tratta, a meno che, come abbiamo già detto, non sia l’ultimo atto di una relazione già compromessa e alla deriva.

  • Diritto all’assistenza. Quello all’assistenza morale e materiale è un dovere ma è anche un diritto: la moglie deve assistere il marito, prendersi cura di lui, soddisfarlo affettivamente e sessualmente. Stesso discorso per il marito.

  • Diritto alla collaborazione nell’interesse della famiglia. Marito e moglie hanno diritto al rispetto da parte del partner del dovere di contribuire ai bisogni della famiglia, in base alle capacità economiche o lavorative: e, allora, entrambi i coniugi hanno diritto a un contributo per il pagamento delle bollette, per comprare scarpe e vestiti ai figli, per le cure mediche, ecc… E, se la moglie decide di non lavorare e badare alla casa, ne ha tutto il diritto, appunto, perché questa forma di contribuzione non ha meno valore del lavoro fuori.

  • Diritto alla privacy. Si parla spesso di mariti violenti: non sono solo quelli maneschi. La violenza può manifestarsi in molti modi: pensiamo a colui che parla male della moglie in pubblico, umiliandola e sminuendone capacità e dignità. E per la violenza psicologica non c’è distinzione di sesso: si può mortificare una persona, sia moglie che marito e si può essere mortificati, sia moglie che marito. In tali casi scatta il risarcimento del danno.

Stesso discorso per la violazione della privacy che non significa solo controllare cellulare, mettere le mani nelle tasche della giacca o della borsa o spiare la mail del partner; diritto alla privacy significa rispetto della propria intimità e alla propria libertà di persona: ecco, allora, che sia il marito che la moglie possono decidere per quanto tempo far stare la suocera in casa loro, senza appropriazioni di campo indesiderate. Stesso discorso per le chiavi di casa: nessun cambio di serratura se non nelle circostanze di cui abbiamo detto.

Maura Corrado La legge per tutti 5 agosto 2017

www.laleggepertutti.it/164260_quali-sono-i-diritti-e-doveri-dei-coniugi

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CONSULENTI DI COPPIA E FAMILIARI

Lettera della Presidente dell’Associazione Italiana Consulenti Coniugali e Familiari

Estratto

(…) Ringrazio in particolare i Referenti regionali e tutti i soci tutor di Tirocinio che stanno svolgendo il prezioso compito di accompagnamento ai colleghi appena diplomati e di “ponte” tra le realtà regionali e la sede centrale, attivando convenzioni con Enti pubblici e privati, secondo le nuove linee guida AICCeF. Questo capillare lavoro sta portando la figura del consulente familiare e la consulenza in tante realtà rivolte alla famiglia, diverse da quella consultoriale.

Stiamo lavorando alla realizzazione di una mappatura di tutte le strutture convenzionate con l’AICCeF a livello nazionale e speriamo di poterla pubblicare a breve sul nuovo sito, in modo da agevolare i soci aggregati nella ricerca di una sede di tirocinio. Sappiamo che in alcune regioni ci sono molte strutture disponibili ed in altre si fa molta fatica a trovare accoglienza e per questo intendo chiedere aiuto ai Presidenti dell’UCIPEM, del CFC e del CIF per sensibilizzare i Direttori dei consultori, a loro associati, a favorire l’accoglienza dei nostri tirocinanti.

Nello svolgere questo compito di ricerca di strutture da convenzionare più volte i Referenti regionali mi hanno segnalato il fatto che la nostra figura, alle volte, non è valorizzata e in altre viene ancora oggi confusa con altre che operano nel campo della relazione d’aiuto. Fare chiarezza in merito alle professioni d’aiuto compete sia agli Ordini che alle Associazioni Professionali, definendo correttamente gli ambiti per evitare confusione nei confronti dell’utenza, ma senza creare discriminazioni o scorrette informazioni. Come sapete l’AICCeF sta da tempo affrontando questo compito con tenacia e competenza, ma siamo consapevoli che abbiamo bisogno dell’aiuto di ogni associato per rappresentare e difendere la professione che esercitiamo.

Abbiamo un bellissimo Codice Deontologico che ci indica gli atteggiamenti giusti da tenere in ogni occasione. Abbiamo una storia molto ben documentata che ci identifica, che dobbiamo fare nostra con consapevolezza sia per difenderla che per trasmetterla alle nuove generazioni. Non si tratta di difendere una “etichetta” professionale o di fare “rivendicazioni” nelle strutture dove operiamo, ma di portare avanti con la dovuta dignità un patrimonio culturale e metodologico unico nel suo genere in Italia, che non è secondo a quello di altre professioni. Spetta a noi non accettare condizioni lavorative, volontarie o remunerate, che sviliscono, mettono in posizione secondaria la figura del consulente familiare, o sono contrarie a quanto previsto dal Codice deontologico ricordando con garbo e fermezza che:

  • Non siamo un “filtro” che serve solo per passare obbligatoriamente i casi ad altri professionisti presenti nell’équipe. Come previsto dal Codice deontologico passiamo ad altri professionisti i casi dove si evince una patologia e comunque questo passaggio deve avvenire non in forma automatica ma con i dovuti passaggi e attenzioni relazionali nel rispetto delle persone che si rivolgono a noi.

  • La consulenza non è un intervento “trasversale” che può essere esercitata da altre figure professionali esistenti nell’équipe: psicologo, assistente sociale, avvocato, a meno che non abbiamo il titolo triennale di consulenti familiari come previsto dalla legge. Senza contare che la nostra formazione è orientata su una base socio educativa verso la persona, la coppia e la famiglia visti nella totalità delle loro componenti e utilizza metodologie, tecniche e strumenti tipici dell’accoglienza, dell’ascolto non direttivo e nell’ apprendimento dell’autoascolto.

  • Il consulente familiare è un professionista, uno specialista, che non può né deve essere confuso con altre professioni presenti nei consultori, nei centri di consulenza e nei centri per le famiglie. Tutto questo si evince dal nostro Statuto e dal Codice deontologico. Atti normativi che sono il cardine della nostra associazione professionale e che ci hanno consentito l’iscrizione nel registro del MISE, e fatto ottenere un decreto Ministeriale come Associazione maggiormente rappresentativa delle professioni non regolamentate in Italia.

Alla non conoscenza dobbiamo rispondere sempre con la serietà e la professionalità che ci distinguono e con l’impegno alla formazione continua, alla ricerca, al consolidamento della rete che abbiamo creato negli anni con altri organismi ed enti, ma anche con professionisti nazionali ed internazionali. Rete che abbiamo consolidato nella Conferenza Internazionale di Trento: con ICCFR, col Centro Internazionale Studi sulla Famiglia, UCIPEM, CFC, le Scuole di Formazione tanto per citarne alcuni.

Sentivo il bisogno di ribadire in occasione del quarantennale dell’AICCeF chi siamo, evidenziare punti salienti della nostra storia professionale ma anche e sollecitare ognuno di voi a rappresentare con forza e orgoglio la nostra bella professione. Nell’augurarvi buona lettura e una meritata vacanza vi do appuntamento alla prossima Giornata di Studio di ottobre per condividere momenti formativi e conviviali, e per festeggiare un cammino lungo 40 anni!

Rita Roberto, presidente lettera n. 3\2017 6 agosto 2017

 

Giornata di studio dell’AICCeF a Milano-22 ottobre 2017

La prossima Giornata di Studio del 2017, anno del quarantennale di fondazione dell’AICCeF, si terrà domenica 22 ottobre a Milano presso l’Auditorium San Paolo in Via Giotto 36.

Dalla coppia alla famiglia e ritorno: il ciclo di vita tra legame e progetto

  • Rita Roberto, Presidente dell’AICCeF, cherwomen del Convegno

  • Francesco Belletti, Direttore del CISF, che presenta il nuovo libro, edizione AICCeF, sulla Raccolta dei migliori contributi pubblicati sulla consulenza di coppia

  • Eugenia Scabini Dalla coppia coniugale alla coppia genitoriale

  • Paola Marozzi Bonzi Consulenza ai genitori in fase ‘pre e neonatale’

  • Elisabetta Baldo Consulenza ai genitori con figli piccoli

  • Raffaello Rossi La consulenza ai genitori con figli adolescenti

  • Alice Calori La consulenza ai genitori adottivi

  • Patrizia Margiotta La consulenza ai genitori separati

  • Rita Roberto La consulenza a genitori con figli emancipati e ai nonni.

www.aiccef.it/it/news/prossima-giornata-di-studio-a-milano.html

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CONSULTORI FAMILIARI

Roma. Non chiamateli più consultori!

La Consulta cittadina permanente consultori familiari Comune di Roma denuncia l’impoverimento delle strutture e il cambiamento dell’identità del servizio.

E’ estremamente difficile far combaciare l’idea di consultorio che si è costruita nella nostra mente di operatori e che si è nutrita delle leggi, delle esperienze e della sperimentazione di tanti anni, con la realtà che si è andata affermando nell’ultimo decennio e che si è ‘infiltrata’ nella quotidianità dei consultori, determinandone progressivamente una mutazione di identità.

Il consultorio ha rappresentato un’inversione dell’approccio culturale e clinico alla salute della donna e ha imposto un modello di intervento che ha ribaltato interpretazioni e metodologie: dalla divisione rigida in ambiti professionali all’équipe multidisciplinare, dalla separazione delle prestazioni alla condivisione dei saperi, dalla delega ai tecnici della salute all’autodeterminazione.

Non si è trattato di un cambiamento esclusivamente procedurale, ma dell’acquisizione di una consapevolezza nuova, della certezza che per tutelare e promuovere la salute delle donne era indispensabile lavorare insieme a loro, favorire l’empowerment, mettere insieme i “saperi” professionali e quelli soggettivi delle donne, per consentire scelte consapevoli – quindi durature – e responsabili in ordine alle relazioni, alla sessualità, alla prevenzione, alla genitorialità consapevole.

In questo senso, la “contaminazione” tra sociale e sanitario e la condivisione delle diverse prospettive con gli obiettivi professionali, sono state un passaggio fondamentale per costruire una voce unica dell’intero servizio, proprio per questo in grado di dare risposte omogenee e globali, che non guardassero solo a parti del corpo o della mente della donna, ma che fossero capaci di mettere al centro la persona, nelle sue diverse e inscindibili componenti, e con quella donna ‘costruire’ un percorso di salute personalizzato.

L’organizzazione attuale delle attività del consultorio e la conseguente modalità di rapportarsi all’utenza, purtroppo non rispondono più alle intenzioni e alle procedure validate e finalizzate a favorire un rapporto diretto e di fiducia tra operatori e cittadini.

Nell’organizzazione quotidiana dei nostri servizi dobbiamo registrare: accoglienze limitate in spazi e tempi ridotti, visite ginecologiche ogni 15 minuti come nei poliambulatori, segreterie telefoniche che forniscono indirizzi mail o altri numeri da chiamare.

Un numero sempre più esiguo di operatori riesce a garantire interventi nelle scuole del territorio, occasione unica per presentare il consultorio e per parlare di prevenzione alle giovani generazioni.

Sempre più spesso il Percorso Nascita viene effettuato in luoghi diversi dal consultorio, gestiti da una sola figura professionale – l’ostetrica – separato dalle altre attività, e dal resto dell’équipe.

Come si può facilmente intuire, questa modalità non favorisce l’empowerment né la promozione della salute, ma ripropone le prestazioni professionali parcellizzate. Inoltre, l’inserimento dei Dipartimenti delle Professioni nell’organigramma dei nuovi Atti Aziendali ha determinato il prevalere degli aspetti burocratici, incidendo negativamente sull’operatività del servizio: un atteggiamento ambulatoriale di tipo difensivo che, per definizione, è all’opposto dell’ascolto e della accoglienza.

Certo, bisogna tener conto del blocco delle assunzioni, delle nuove norme e dei limiti che il commissariamento della Sanità del Lazio ha introdotto, ma il problema è delle scelte politiche e tecniche che vengono effettuate.

Si deve anche dare atto alle diverse componenti dell’amministrazione regionale dell’impegno profuso per conoscere più approfonditamente la realtà attuale dei consultori, attraverso l’apertura di tavoli tematici partecipati. A questa apertura istituzionale però non corrisponde ancora un cambiamento di direzione nella gestione organizzativa delle attività e della metodologia di intervento. La preoccupazione che esprimo è proprio legata all’accelerazione che negli ultimi mesi ha messo in atto – in tutte le Asl, anche se con modalità leggermente diverse – un vero e proprio cambiamento dell’identità del servizio.

Se si proseguirà su questa strada, consentendo di stravolgere un modello di intervento che ha dato risultati importanti – e che è stato riconosciuto dagli organismi internazionali come strumento di pianificazione familiare, quindi di progresso per le popolazioni svantaggiate – si assisterà ad un ulteriore impoverimento e ad una perdita di efficacia nel campo della promozione della salute sessuale e riproduttiva e della prevenzione, con un aumento dei rischi legati a quest’area e dei costi economici e umani conseguenti.

Se il modello a cui si tende è questo, si abbia il coraggio di ammettere di aver rinunciato a percorrere la strada che mette la persona al centro delle scelte di salute, si metta fine a questa ambiguità, si effettuino le scelte che si ritengono più opportune, ma non si utilizzi una parola che rimanda a una realtà diversa e ormai perduta.

Per favore, non chiamateli più consultori!

La Presidente Giuseppina Adorno

www.noidonne.org/blog.php?ID=08229

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CONSULTORI FAMILIARI UCIPEM

Faenza. Incontro per i 50 anni dalla Fondazione del Consultorio

Sabato 28 Ottobre dalle 16:00 alle 20:00. Salesiani 2.0 Faenza

via San Giovanni Bosco, 1 – ingresso carrabile via Mura Torelli 67, 48018 Faenza (RA)

Sarà presente Padre Alfredo Ferretti – direttore del consultorio di Roma1

www.pastoralefamiliarefaenza.it/wp/?page_id=1038

www.informafamiglie.it/faenza/prima-e-dopo-la-nascita/consultori-familiari-pubblici-e-privati/consultorio-familiare-ucipem

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DALLA NAVATA

Trasfigurazione del Signore – Anno A – 6 agosto 2017

Daniele 07, 14 Gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto.

Salmo 97, 06 Annunciano i cieli la sua giustizia, e tutti i popoli vedono la sua gloria.

2 Pietro 01, 16 Vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole artificiosamente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza.

Matteo 17.01 Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte.

 

Fu trasfigurato davanti ai discepoli…” Commento di Enzo Bianchi, priore emerito a Bose

Ricorre in questa domenica la festa della Trasfigurazione del Signore, particolarmente cara alla tradizione monastica, celebrata in oriente a partire dal IV secolo e in occidente dall’XI. La via per accogliere questo grande mistero e così conoscere meglio l’identità del Signore Gesù, consiste come sempre nel fare obbedienza al vangelo, contemplando per quanto ci è possibile questa pagina luminosa: quest’anno secondo la versione di Matteo, che leggeremo però anche alla luce di Marco e Luca.

L’evento della trasfigurazione è profetizzato da Gesù, che dopo il primo annuncio della sua passione-morte-resurrezione dice ai discepoli: “Vi sono alcuni tra i presenti che non moriranno, prima di aver visto venire il Figlio dell’uomo con il suo Regno” (Mt 16,28). Gesù è il regno di Dio in persona, come ha ben compreso Origene; Gesù, che ha annunciato la venuta del regno di Dio, ora è rivelato dal Padre come Regno veniente con potenza, e di ciò l’evento della trasfigurazione appare come un’anticipazione. Sei giorni dopo queste parole, “Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte”. Egli compie un’elezione, e dei dodici prende con sé solo tre, tra i primi chiamati alla sequela (cf. Mt 4,18-22). Sono i tre discepoli più vicini a Gesù, già scelti come testimoni della resurrezione della figlia di Giairo (cf. Mc 5,37-43), quelli che saranno poi anche i testimoni della sua de-figurazione nell’orto del Getsemani, alla vigilia della passione (cf. Mt 26,36-46). Sono scelti non per particolari meriti ma, nell’imperscrutabile volontà di Dio, perché possano diventare testimoni di Gesù.

Presi con sé da Gesù, essi salgono con lui sull’alta montagna, la montagna della rivelazione di Dio che a partire dal II secolo è identificata col Tabor. C’è in questa salita sul monte l’eco di tutti i racconti di teofania, di rivelazione di Dio dell’Antico Testamento: rivelazione sui monti del Sinai e dell’Oreb, che sono un’unica montagna (cf. Es 3,1) salita e discesa da Mosè (cf. Es 19-34) e da Elia (cf. 1Re 19,1-18); rivelazione sulla “montagna della dimora del Signore elevata al di sopra dei monti” (Is 2,2; Mi 4,1). Dunque questa salita è finalizzata a un evento decisivo, in cui i discepoli beneficeranno di una rivelazione fatta da Dio, di un’epifania che riguarda il loro maestro, confessato poco prima da Pietro come Messia (cf. Mt 16,16). Ed ecco che, mentre Gesù era in preghiera, “fu trasfigurato” (passivo divino), subì un mutamento di forma nei vestiti e nel corpo. Luca, temendo che i lettori comprendano questo evento come un mito, preferisce usare un’espressione più neutra: “L’aspetto del suo volto divenne altro” (Lc 9,29). Qui riscontriamo come l’evento sia in realtà inesprimibile e come il linguaggio degli evangelisti sia inadeguato: Matteo parla di “vesti bianche come la luce”, Marco le descrive “splendenti, bianchissime, quali non le potrebbe rendere nessun lavandaio”, Luca le definisce “sfolgoranti”.

Invece del corpo e del volto umano, quotidiano di Gesù come lo conoscevano i discepoli, il mutamento fornisce la visione di un volto altro, luminoso, trasfigurato da un’azione che poteva solo essere divina. Se Paolo nell’inno della Lettera ai Filippesi confessava: “Colui che era nella forma di Dio … prese la forma di schiavo” (cf. Fil 2,6-7), nella trasfigurazione colui che aveva la forma di schiavo riprende la sua forma di Dio e risplende di luce divina. Qualcosa della gloria, della luce di Dio risplende in Gesù, per quanto è possibile vedere ai discepoli: Gesù appare nella forma di uno dei “giusti splendenti come il sole nel Regno del Padre loro” (cf. Mt 13,43), come lui stesso aveva rivelato; appare come uno dei santi sapienti “splendenti nel firmamento come stelle per sempre” (Dn 12,3). Ciò che accade è dunque una vera “Cristofania”, una rivelazione di chi è il Cristo, il Messia.

In quel momento “si aprono i cieli” (cf. Mt 3,16) e appaiono Mosè ed Elia in dialogo con Gesù. Mosè ed Elia, la Legge e i Profeti che sintetizzano tutte le Scritture di Israele, l’Antico Testamento, sono accanto a Gesù come testimoni e interpreti. Anzi, in quel loro “parlare insieme” a Gesù mostrano un’autentica interpretazione spirituale in atto: Gesù è l’ermeneuta della Legge e dei Profeti che sempre, “cominciando da Mosè e da tutti i Profeti, spiega in tutte le Scritture ciò che si riferisce a lui” (cf. Lc 24,27); e Mosè ed Elia, definiti da Luca “due uomini”, sono coloro che, presenti accanto alla tomba vuota, interpreteranno le parole dette da Gesù nella sua vita e lo proclameranno Crocifisso-Risorto (cf. Lc 24,4-7). Proprio in quest’ottica, Luca specifica che Mosè ed Elia “parlavano con Gesù del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme” (Lc 9,31). Dunque la Legge e i Profeti testificano la necessitas passionis di Gesù, lo indicano come il Servo del Signore che deve passare attraverso l’abbassamento e l’innalzamento, e così mostrano la continuità della fede tra Antica e Nuova Alleanza. Le attese messianiche di Israele sono veramente compiute, e Gesù il Messia appare come l’esegesi vivente e il compimento autentico delle Scritture.

Nella straordinarietà del momento, Pietro dice a Gesù: “Signore (Kýrios), è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia”. Crede forse che sia giunta la fine dei tempi? Pensa alle tende della festa delle Capanne, carica di senso escatologico? Pensa di erigere per Gesù, Mosè ed Elia la tenda dell’incontro fatta da Mosè per incontrare Dio (cf. Es 33,7-11)? In ogni caso, i tre discepoli non sanno rispondere a quell’evento, come nell’ora del Getsemani, e sono presi da spavento per la rivelazione di cui sono destinatari, lo stesso spavento provato dalle donne nell’alba di Pasqua.

Mentre Pietro sta parlando, ecco arrivare “una nube luminosa che li copre con la sua ombra”. Sullo sfondo vi è sempre il racconto della teofania rivolta sul Sinai a Mosè: sull’alta montagna c’era una nube che la copriva (cf. Es 19,16; 20,21; 24,15; ecc.), simbolo della Presenza di Dio, segno del Dio che è sceso, e tuttavia resta nascosto, Santo, separato dal mondo. Questa nube che sul monte indicava la Dimora di Dio passò sul tabernacolo costruito da Mosè nel deserto (cf. Es 40,34-35) e, nell’ora della dedicazione del tempio, riempì il Santo (cf. 1Re 8,10-12). Questa nube è dunque la Shekinah, la Presenza di Dio, letta dalla tradizione rabbinica come Presenza attraverso lo Spirito santo. L’introito della messa latina giustamente dice: “Lo Spirito santo apparve nella nube luminosa e la voce del Padre risuonò”. Questa è dunque la risposta alle parole di Pietro: non tre tende fatte da mano d’uomo, ma una nube, la Shekinah di Dio. Ecco la realtà ultima e definitiva: non più una tenda, non più un tempio, non più un Santo dei santi, ma la Dimora-Presenza di Dio è in Gesù Cristo, lui che è Dimora, Tempio e Presenza!

E dalla nube della Presenza di Dio ecco venire la voce del Padre, la parola di Dio: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo!”. Gesù aveva già ascoltato questa parola nel battesimo, nell’immersione ricevuta da Giovanni il Battista; allora i cieli si erano aperti e la voce aveva dichiarato a Gesù solo: “Tu sei il Figlio mio, l’amato, in te mi sono compiaciuto” (Mt 3,17). Di fatto la voce del Padre allora aveva ripetuto le parole dette sul Servo: “Ecco il mio Servo che io sostengo, in cui si compiace la mia anima” (Is 42,1), attestando che il Figlio di Dio è il Servo del Signore. Ora questo viene annunciato ai tre discepoli: colui che i discepoli avevano seguito, coinvolti nella sua vita, colui che avevano ascoltato e visto agire come Maestro, Profeta, Messia, è rivelato dal Padre come “Figlio amato” e “Servo del Signore”. Sì, attraverso la rivelazione del Padre Gesù appare insieme come il Messia intronizzato del Salmo 2 (“Tu sei mio Figlio, io oggi ti ho generato”: Sal 2,7) e come il Servo che Dio stesso presenta a Israele tramite il profeta Isaia (cf. Is 42,1-9).

Vi è qui l’incrociarsi delle diverse attese messianiche di Israele: quella di un Messia regale, di un Messia profetico e di un Messia escatologico. Per questo ormai può risuonare l’invito: “Ascoltatelo!”, che è l’eco della parola di Dio sul profeta escatologico (cf. Dt 18,15) ed è anche l’eco dello Shema‘: “Ascolta, Israele.” (Dt 6,4). Ormai l’ascolto di Dio stesso è ascolto di Gesù, del Figlio, Parola vivente di Dio! Mosè ed Elia, la Legge e i Profeti, cedono il posto a Gesù dopo avergli reso testimonianza, perché ormai è lui l’esegesi del Padre (cf. Gv 1,18); è lui, Gesù, che può dire in verità chi è Dio ed evangelizzarlo, renderlo cioè buona notizia per tutti gli esseri umani; è lui il Lógos, la Parola definitiva.

Ma la visione svanisce, e Gesù è di nuovo contemplato “solo” nella quotidianità umile della natura umana. Poi, mentre scendono dall’alta montagna, Gesù ordina ai discepoli: “Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti”. La rivelazione è stata straordinaria, ma deve restare sotto silenzio, perché non sia svelato il segreto messianico prima dell’ora della resurrezione.

Al termine di questa lettura puntuale, vorrei evidenziare solo alcuni significati della trasfigurazione per la nostra fede cristiana. Innanzitutto contemplare la trasfigurazione significa comprendere in profondità l’evento del battesimo di Gesù. La parola di Dio rivela l’identità di Gesù: egli è il Figlio di Dio che deve fare esodo, cioè patire-morire-risorgere. Nello stesso tempo l’evento della trasfigurazione annuncia ciò che accadrà a Gerusalemme, quando nell’ora della croce il centurione confesserà: “Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!” (Mt 27,54). Sì, l’evento della trasfigurazione è memoriale del battesimo e oracolo della croce, e la posizione centrale assegnatogli dagli evangelisti vuole indicare questa sua qualità di memoriale e di profezia.

La trasfigurazione è anche mistero di luce, che illumina tutto il corpo (Israele e la chiesa; Mosè, Elia e i discepoli) insieme al Capo. Non c’è immagine biblica più efficace per narrare l’unità della fede nei due Testamenti, la centralità di Gesù il Messia, la pienezza della rivelazione in lui, l’essere un solo corpo da parte dei credenti che nell’Antico Testamento attendevano il Messia e nel Nuovo lo confessano e lo annunciano.

E infine la trasfigurazione è mistero di trasformazione: il nostro corpo e questa creazione sono chiamati alla trasfigurazione, a diventare “altro”; il nostro corpo di miseria diventerà un corpo di gloria (cf. Fil 3,21), e “la creazione che geme e soffre nelle doglie del parto” (cf. Rm 8,22) conoscerà il mutamento in “cielo nuovo e terra nuova” (Ap 21,1). Ciò che è avvenuto sul monte Tabor in Gesù avverrà per tutti i credenti e per il cosmo intero alla fine della storia… Nell’attesa di quel giorno a noi non resta che contemplare, per quanto ne siamo capaci, “il volto di Cristo su cui risplende la gloria di Dio” (cf. 2Cor 4,6): così, “riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasfigurati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, attraverso l’azione dello Spirito santo” (cf. 2Cor 3,18). Così nella tua luce vedremo la luce, Signore (cf. Sal 35,10)!

www.monasterodibose.it/preghiera/vangelo/11670-fu-trasfigurato-davanti-ai-discepoli

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ETS (già ONLUS) NON PROFIT

Riforma terzo settore: Ecco il Codice. In vigore dal 3 agosto 2017.

D. Lgs 3 luglio 2017 n. 117 “Codice del Terzo settore, a norma dell’art. 1, comma 2, lettera b), della L. 6 giugno 2016, n. 106”. Gazzetta Ufficiale n. 179, 2 agosto 2017

www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/08/02/17G00128/sg

Spariscono le onlus, arrivano gli ETS (Enti Terzo Settore).

Nasce il Registro unico nazionale del Terzo settore, aumenta la trasparenza e cambiano le agevolazioni fiscali e i metodi di finanziamento. Ora anche gli enti autorizzati all’adozione internazionale dovranno pubblicare i bilanci

Si tratta di una delle tappe di realizzazione della riforma del mondo Non profit (prevista dalla Legge n. 106/2016), preceduta dalla recente pubblicazione in Gazzetta di altri due decreti attuativi:

  1. D. Lgs 3 luglio 2017, n. 112, Revisione della disciplina in materia di impresa sociale (G.U. n. 167, 19 luglio 2017)

  2. D. Lgs 3 luglio 2017 n. 111, Disciplina dell’istituto del cinque per mille (G.U. n. 166, 18 luglio 2017).

Ma il percorso della riforma non è terminato. Infatti il Codice del Terzo settore dovrà essere completato, entro il prossimo anno, da numerosi decreti ministeriali, che lo definiranno in modo specifico e concreto.

Il D. Lgs n. 117/2017 è molto corposo (104 articoli).

In attesa di proporvi un approfondimento a cura dei professionisti di Nonprofitonline, in questa sede vi illustriamo, in estrema sintesi, i contenuti principali del Codice.

www.nonprofitonline.it/default.asp?id=466&id_n=7409&utm_campaign=Newsletter+Non+profit+on+line+4+agosto+2017&utm_medium=email&utm_source=CamoNewsletter

Quale sarà il trattamento fiscale delle attività di interesse generale di cui al nuovo Codice degli Enti del Terzo Settore?

Le attività di interesse generale di cui all’articolo 5 del Codice, ivi incluse quelle accreditate o contrattualizzate o convenzionate con le amministrazioni pubbliche, l’Unione europea, amministrazioni pubbliche straniere o altri organismi pubblici di diritto internazionale, si considerano di natura non commerciale quando sono svolte a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi, tenuto anche conto degli apporti economici degli enti di cui sopra e salvo eventuali importi di partecipazione alla spesa previsti dall’ordinamento.

Non concorrono, in ogni caso, alla formazione del reddito degli enti del Terzo settore:

a) i fondi pervenuti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione;

b) i contributi e gli apporti erogati da parte delle amministrazioni pubbliche per lo svolgimento delle attività di interesse generale.

Newsletter Non profit on line 4 agosto 2017 www.nonprofitonline.it

Archivio newsletter www.nonprofitonline.it/default.asp?id=530

Codice del terzo settore: i 100 articoli del decreto in Gazzetta

Spariscono le onlus, arrivano gli ETS, nasce il Registro unico nazionale del Terzo settore, aumenta la trasparenza e cambiano le agevolazioni fiscali e i metodi di finanziamento: ecco i principali contenuti del corposo testo, suscettibile di chiarimenti, modifiche e successive novità, grazie ai numerosi decreti esplicativi. Ma un passo decisivo è stato fatto.

Registro Unico, ETS e nuove agevolazioni fiscali. Sono queste alcune delle principali novità introdotte dagli oltre 100 articoli dell’ultimo decreto collegato alla Riforma del Terzo settore (dopo quello sul 5‰ e sulla “nuova” impresa sociale), il Codice del Terzo settore, pubblicato in Gazzetta Ufficiale nella serata del 2 agosto 2017 e in vigore dal 3.

Vediamo alcune disposizioni del testo, tenendo presente che per completarlo e dettagliarlo sono attesi nei prossimi mesi diversi altri decreti, che scenderanno nel particolare e che via via chiariranno molti punti oggi lasciati volutamente sulle generali.

Il decreto inizia, come di consueto, dalle definizioni. Si definiscono quindi «enti del Terzo settore», o ETS (va in pensione l’acronimo onlus), le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni riconosciute e non, le fondazioni e gli altri enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, ed iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore.

Questi enti, per essere tali, esercitano principalmente le cosiddette «attività di interesse generale» e hanno «finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale».

Tra le attività di interesse generale, il legislatore le ha incluse praticamente tutte, da quelle sociali e sanitarie, alla formazione, alla salvaguardia dell’ambiente, dalla cultura (editoria compresa) alle attività di turismo sociale e religioso, dalla cooperazione internazionale al commercio equo, dall’agricoltura sociale all’adozione internazionale passando per i «servizi ad enti del Terzo settore resi da enti composti in misura non inferiore al 70% da enti del Terzo settore». Attività diverse possono essere svolte, come in passato, a condizione che siano secondarie e strumentali.

Viene poi “istituzionalizzato” il fundraising, che gli ETS possono svolgere – dice il decreto – «in forma organizzata e continuativa, anche mediante sollecitazione al pubblico o attraverso la cessione o erogazione di beni o servizi di modico valore», e si pone un tetto alle retribuzioni sia in alto che in basso: non si possono infatti retribuire i dipendenti con «compensi superiori del 40 per cento rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi», né riservare loro un trattamento economico inferiore a quello previsto dai contratti collettivi; ogni caso, negli ETS la differenza retributiva tra dipendenti non può essere superiore al rapporto uno a otto.

Quanto alla trasparenza, si stabilisce che gli ETS debbano redigere un bilancio formato dallo stato patrimoniale e dal rendiconto finanziario, oltre alla relazione di missione che descriva il perseguimento delle finalità statutarie; gli enti con ricavi o entrate superiori al 1 milione di euro devono anche depositare presso il registro unico nazionale del Terzo settore, e pubblicare nel proprio sito internet, il bilancio sociale.

E veniamo alle agevolazioni fiscali.

La detrazione Irpef sale al 30% per le erogazioni liberali in denaro o in natura effettuate a favore degli ETS, fino a un massimo di 30.000 euro; il vantaggio arriva al 35% qualora l’erogazione vada a favore di organizzazioni di volontariato. Inoltre, le liberalità sono deducibili dal reddito del donatore nel limite del 10%.

È istituito infine un credito d’imposta del 65% per le persone fisiche e del 50% per le società che donino agli ETS impegnati nel recupero degli immobili pubblici inutilizzati e dei beni confiscati alla criminalità organizzata.

Altra novità assoluta è l’istituzione, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Registro unico nazionale del Terzo settore, gestito su base territoriale in collaborazione con ciascuna Regione, che consta (per ora) di sette sottosezioni:

  1. Organizzazioni di volontariato;

  2. Associazioni di promozione sociale;

  3. Enti filantropici;

  4. Imprese sociali (comprese le cooperative sociali);

  5. Reti associative;

  6. Società di mutuo soccorso;

  7. Altri enti del Terzo settore.

Il Ministero si riserva di apportare successive modifiche a questa ripartizione, come del resto – lo ripetiamo – nei prossimi mesi altri cambiamenti e novità potrebbero essere in vista.

Gabriella Meroni Vita.it 02 agosto 2017

www.vita.it/it/article/2017/08/04/riforma-del-terzo-settore-la-guida-di-italia-non-profit/144237

 

Riforma del Terzo Settore, la guida di Italia non profit

Uno strumento digitale e gratuito rivolto a tutti che spiega in maniera immediata le novità introdotte. «È rivolto agli enti, agli operatori, ma soprattutto ai cittadini», sottolinea la Ceo Giulia Frangione.

«La Riforma del Terzo settore è la prima riforma organica che ri-descrive un ambito così importante per la convivenza civile», dichiara Giulia Frangione, CEO di Italia non profit, lanciando la versione aggiornata della Guida alla Riforma del Terzo Settore. Con voce ONLUS https://italianonprofit.it/riforma

«Per questo abbiamo ritenuto importante ideare uno strumento digitale e divulgativo rivolto agli enti, agli operatori, ma soprattutto ai cittadini capace di far comprendere in modo chiaro e intuitivo i punti qualificanti della riforma».

Italia non profit ha raggruppato tutti i cambiamenti dei decreti attuativi nella Guida alla Riforma del Terzo Settore, pagina web interattiva, che è ora online nella sua versione definitiva consultabile non solo dagli operatori del Terzo Settore, ma aperta a tutti i cittadini che vogliono informarsi e impegnarsi nel volontariato. La Guida introduce tutte le maggiori novità presenti all’interno dei decreti e nuovi aggiornamenti strutturali della piattaforma che permettono all’utente un’ancora più veloce e facile fruizione dei contenuti, per esempio attraverso l’inserimento di TAG che raggruppano le schede di approfondimento.

  • In questa versione l’intera Riforma è stata ordinata per argomenti consentendo all’utente di navigare trasversalmente a seconda dei propri interessi, creandosi così in maniera autonoma un proprio percorso all’interno della comprensione della Riforma. Per esempio, ipotizzando un utente fundraiser operante nel Terzo Settore che desidera approfondire l’argomento raccolta fondi, può farlo attraverso l’apposita scheda per poi passare ad altra grazie ai suggerimenti proposti.

La Guida alla Riforma risponde alle domande pratiche degli utenti come ad esempio “Come avviene l’iscrizione al Registro Unico? Quali sono obblighi rispetto al 5×1000? Cosa comporta il nuovo servizio civile universale?” fornendo una chiave di lettura innovativa e chiara del testo normativo. La Guida è consultabile online gratuitamente e scaricabile da chiunque in formato pdf così da poter essere consultata in ogni momento di necessità.

www.vita.it/it/article/2017/08/04/riforma-del-terzo-settore-la-guida-di-italia-non-profit/144237

 

La scomparsa delle Onlus.

Decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, in particolare art. 54, 89, 99, 101, 102, 104

Codice del Terzo Settore. Con la piena attuazione della Riforma del Terzo settore, la normativa sulle Onlus verrà abrogata: gli enti che ad oggi hanno la qualifica di Onlus dovranno avviare l’iter per iscriversi al Registro unico nazionale del Terzo settore.

Nel frattempo continuano ad applicarsi le norme previgenti ai fini e per gli effetti derivanti dall’iscrizione nell’anagrafe delle Onlus.

Verrà abrogata la norma Onlus (artt 10 e succ D Lgs 460/1997) a partire dall’esercizio successivo all’autorizzazione della Comunità europea e comunque non prima dell’effettiva operatività del Registro Unico nazionale del Terzo settore

Entrata in vigore. Abrogazione delle norme Onlus a partire dal periodo successivo all’autorizzazione della Commissione europea.

https://italianonprofit.it/riforma/onlus

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FORUM ASSOCIAZIONI FAMILIARI

Noi per il territorio. Questionario sulla conciliazione casa-lavoro

Il Forum delle associazioni familiari ha avviato il progetto “N.O.I. per il territorio”, in collaborazione con il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Il nostro scopo è dare supporto alle famiglie grazie ad attività di promozione di territori “family-friendly”, vicini alle esigenze delle famiglie.

Per questo motivo, vi invitiamo a rispondere al questionario sul tema della conciliazione casa-lavoro. La sua opinione ci aiuterà a definire la direzione delle future politiche sul tema, supportando la famiglia nella vita lavorativa e quotidiana.

I dati saranno utilizzati, in forma aggregata e anonima, per costituire dei tavoli tra famiglie ed esperti volti a definire le dimensioni della conciliazione casa-lavoro avvertite come necessarie e proporre progetti dedicati a supporto della famiglia.

http://newcawi.eulabconsulting.it/index.php/896284/lang-it

Forum Associazioni Familiari 3 agosto 2017

www.forumfamiglie.org/2017/08/03/noi-per-il-territorio-questionario-sulla-conciliazione-casa-lavoro

 

Card. Tettamanzi. Il cordoglio e la tristezza del Forum

Ci mancherà: oltre ad essere stato un pastore attento e premuroso lo ricordiamo in particolar modo per essere stato tra i promotori della nascita del Forum delle associazioni familiari intuendo, già 25 anni fa, l’importanza delle politiche familiari per il futuro del nostro Paese e del lavoro in rete tra le diverse associazioni.

www.forumfamiglie.org/chi-siamo/statuto

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MINORI FUORI FAMIGLIA

Indagine del Ministero del lavoro e delle politiche sociali

Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nell’ambito degli accordi di collaborazione con le Regioni e le Provincie Autonome, ha avviato la realizzazione di un’indagine nazionale sui bambini e gli adolescenti che vivono l’esperienza dell’allontanamento dalla famiglia di origine.

L’obiettivo è approfondire la conoscenza del fenomeno per favorire una programmazione delle politiche del settore sempre più appropriata e fornire un valido supporto conoscitivo per la prossima piena attuazione del Sistema Informativo sulla cura e la protezione dei bambini e della loro famiglia (S.In.BA).

In linea con quella realizzata nel 2010, l’indagine prevede una rilevazione di tipo campionario, realizzata in collaborazione con l’Istituto degli Innocenti, rappresentativa a livello regionale sia per l’accoglienza nei servizi residenziali che per l’affidamento familiare con riferimento all’anno 2016.
I soggetti campionati riceveranno una comunicazione diretta da parte dell’équipe di ricerca dell’Istituto degli Innocenti con le indicazioni e le credenziali per l’accesso al sistema di rilevazione.

Newsletter Minori – Numero 7 – 4 luglio 2015

www.minori.it/it/news/minori-fuori-famiglia-indagine-del-ministero-del-lavoro-e-delle-politiche-sociali

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NULLITÀ MATRIMONIO

Sacra Rota ed effetti civili

Quando il matrimonio viene annullato dalla Sacra Rota è come se non fosse mai stato celebrato. Quando è possibile e quali sono gli effetti della sentenza del tribunale ecclesiastico?

Molto spesso, quando un matrimonio finisce, si parla di annullamento del matrimonio o di divorzio, facendo confusione tra istituti molto diversi tra loro e pensando di poter scegliere, indistintamente, tra i due, a seconda di quale conviene di più. Ma non è affatto così. Quando il matrimonio viene annullato è come se non fosse mai stato celebrato per via della mancanza di un requisito essenziale alla sua validità; l’annullamento è possibile senza procedere alla previa separazione. Invece il divorzio (che deve essere preceduto, a differenza dell’annullamento, dalla separazione dei coniugi) consiste nello scioglimento di un vincolo matrimoniale che resta, quindi, valido per il periodo in cui è durato. Potremmo riassumere in questo modo:

  • Pronuncia del tribunale ecclesiastico: annullamento del matrimonio = il matrimonio non è mai esistito;

  • Pronuncia del tribunale civile italiano: divorzio = il matrimonio smette di esistere ed è valido fino alla sentenza di divorzio.

Non è tutto: per poter mettere fine “legalmente” a un’unione matrimoniale, bisogna inoltre distinguere tra:

  1. Matrimonio civile, celebrato davanti a un ufficiale di stato civile e regolato integralmente dalle leggi italiane,

  2. Matrimonio religioso, il più diffuso dei quali è il matrimonio “concordatario”. Sono le nozze “classiche” celebrate in chiesa davanti a un sacerdote secondo le regole del diritto canonico; queste, se trascritte nei registri dello stato civile, producono gli effetti civili previsti dalle leggi italiane, sempre che ricorrano precise condizioni.

In questa guida cerchiamo quindi di capire cosa comporta l’annullamento del matrimonio dinnanzi alla Sacra Rota e quali sono gli effetti civili.

  • Matrimonio: quando è valido per la Chiesa? Per essere valido agli occhi della Chiesa, il matrimonio deve essere contratto:

  1. In assenza di impedimenti, come la consanguineità: ad esempio, un matrimonio tra cugini di primo grado non è valido;

  2. Dopo aver compiuto le formalità religiose secondo il diritto ecclesiastico: per intenderci, bisogna trovare un sacerdote [o un diacono] che lo celebri e due testimoni;

  3. Con il consenso al matrimonio dato e ricevuto in Chiesa.

In altre parole, le nozze devono essere frutto di una scelta autonoma, personale e libera. Da questi elementi occorre partire per capire se il legame è legittimo e valido.

Altro punto da non dimenticare: per la Chiesa il matrimonio è un vincolo indissolubile, che dura “finché morte non ci separi”. Quindi, parlare di annullamento di matrimonio anche per il matrimonio canonico è un’espressione usata comunemente ma, di fatto, errata. La Chiesa può non annullare un matrimonio ma solo dichiararlo nullo, come – in pratica – se non fosse mai esistito.

  • Matrimonio: quando è nullo per la Chiesa? Affinché la Sacra Rota – che è il tribunale ordinario del Vaticano – possa dichiarare nullo il matrimonio, devono essere presenti alcuni ben precisi presupposti indicati dal codice di diritto canonico. Vediamo quali sono:

  • La mancanza di consenso da parte di uno dei coniugi o di entrambi al matrimonio, compresa la riserva mentale e la simulazione che si ha quando i coniugi, prima di sposarsi, si sono messi d’accordo per non adempiere agli obblighi e non esercitare i diritti matrimoniali («Mi sposo, ma tanto so già che divorzieremo»). Ad esempio, possiamo pensare allo straniero che si sposa solo per acquisire la cittadinanza del coniuge o all’Italiano stesso che lo fa per ottenere la reversibilità della pensione o per esaudire il desiderio dei genitori di regolarizzare una situazione attraverso il cosiddetto matrimonio riparatore (la classica ragazza rimasta incinta senza volerlo);

  • Il fatto che uno dei coniugi si sposi escludendo, però, una delle finalità essenziali del matrimonio religioso: procreazione («mi sposo ma non voglio figli»), la fedeltà («mi sposo ma sono libero di andare a letto con chi mi pare»), l’indissolubilità del vincolo matrimoniale («mi sposo ma sono libero di divorziare in qualsiasi momento»);

  • L’errore sulla persona del coniuge: classico esempio è il matrimonio per procura (che si ha quando, in sostanza, Maria sposa Alberto, pensando sia Raffaele) o sulla qualità (sposo Alberto perché credo che sia un medico, in realtà è solo un laureando in medicina);

  • La violenza fisica o il timore («sposo Giovanni altrimenti mi ammazza»);

  • L’impotenza, da non confondere con la semplice sterilità non è causa di nullità del matrimonio, tranne nel caso in cui la parte sterile abbia tenuto dolosamente nascosta la sua condizione all’altra parte solo per convincerla a sposarsi, cosa che altrimenti non avrebbe fatto;

  • Matrimonio rato ma non consumato: significa che marito e moglie non hanno avuto un rapporto sessuale completo. In realtà, in questo caso, non si tratta di vera nullità matrimoniale, ma di una speciale «dispensa» del Pontefice

  • Recentemente tra le cause che possono portare all’annullamento del matrimonio religioso è stato introdotto il “mammismo”, termine coniato appositamente dalla Sacra Rota per definire il coniuge che non riesce a staccarsi dai genitori.

  • Matrimonio: che fare per avere l’annullamento? Perché il matrimonio canonico sia dichiarato nullo, ci si può rivolgere alla propria parrocchia, alla curia o consultare l’Albo Rotale per conoscere gli avvocati ecclesiastici che esercitano nella zona di residenza, anche se l’avvocato rotale non ha limiti territoriali e può esercitare ovunque. Il tribunale competente è quello del luogo della celebrazione del matrimonio o del domicilio della parte convenuta; eventualmente anche quello del domicilio della parte attrice o del luogo in cui si trovano la maggior parte delle prove.

La causa di nullità del matrimonio inizia presentando un ricorso (cosiddetto “libello”) in cui vanno spiegati i motivi della richiesta. Solo una delle due parti può iniziare il processo mentre l’altra può scegliere di

  1. Subirlo passivamente,

  2. Partecipare accettandolo,

Perché la sentenza sia riconosciuta anche dalla legge civile bisogna chiedere alla Corte d’appello competente un “giudizio di delibazione” che serve proprio ad attribuire efficacia nello Stato Italiano alle sentenze del Tribunale ecclesiastico: in pratica perché la persona sia considerata libera a tutti gli effetti. Attenzione: non si può delibare lo scioglimento delle nozze concordatarie se la convivenza tra i coniugi è durata almeno tre anni dalla data della loro celebrazione. Ciò non significa che il matrimonio non potrà più essere annullato dal tribunale ecclesiastico decorsi i tre anni ma che tale sentenza non avrà effetto per lo Stato italiano nel senso che non potrà essere “ratificata” (delibata), se l’altro coniuge vi si oppone. Se, invece, manca tale contestazione, la delibazione può ancora avvenire, nonostante il triennio.

  • Matrimonio: che succede se la Sacra Rota lo annulla? Spesso si preferisce chiedere l’annullamento del matrimonio più che il divorzio. Perché? È presto detto: quando un matrimonio viene dichiarato nullo, è come se non fosse mai esistito; ciò significa che ci si può risposare in chiesa. Ma, quel che più conta, la dichiarazione di nullità fa venir meno (salvo alcune eccezioni) ogni tipo di dovere o tutela nei confronti del coniuge economicamente più debole. In soldoni: niente mantenimento o alimenti a beneficio dell’ex, anche se non è tutto così automatico. Perché il matrimonio sia dichiarato nullo da parte del tribunale ecclesiastico, non basta (come per la separazione e il divorzio) che sia definitivamente venuta meno la comunione di vita spirituale e materiale tra i coniugi, ma occorre che si sia verificata almeno una delle cause che abbiamo elencato sopra.

I figli nati dall’unione dichiarata nulla sono legittimi. Essi, infatti, si considerano nati da un matrimonio putativo, cioè che si credeva esistesse e una sentenza civile si occuperà di regolare la loro custodia e il loro mantenimento.

  • Matrimonio: la riforma di Papa Francesco. Nel 2015 Papa Francesco ha approvato due leggi per la riforma del codice di diritto canonico e per quello dei canoni delle Chiese orientali con cui sono state introdotte molte novità importanti riguardo all’annullamento del matrimonio religioso. Novità assoluta è il divorzio breve, a cui si può ricorrere se le cause della nullità del matrimonio siano evidenti: a decidere sull’annullamento non è la Sacra Rota ma il vescovo diocesano.

  • Nullità del matrimonio e, quindi, divorzio breve anche nei seguenti casi:

  • Mancanza di fede (da parte di uno o di entrambi i coniugi) che genera la simulazione del consenso;

  • Brevità della convivenza coniugale;

  • Aborto procurato;

  • Ostinata permanenza in una relazione extraconiugale;

  • Occultamento della sterilità, di figli nati da una precedente relazione o di una carcerazione.

Altra significativa novità voluta da Papa Francesco riguarda la sentenza di annullamento: mentre in passato era necessaria una doppia sentenza per la conferma dell’annullamento del matrimonio, ora basta una sola sentenza per poter procedere nuovamente a nozze. In pratica:

  1. Per prima cosa si deve presentare il libello (la richiesta) al tribunale ecclesiastico competente;

  2. Il Vicario giudiziale designa un collegio giudicante che ha il compito di raccogliere e analizzare tutti gli elementi di prova;

  3. Se la richiesta è ritenuta valida il matrimonio religioso viene dichiarato nullo.

Punto fermo anche sui costi per l’annullamento del matrimonio religioso: 525 euro per la tassa da pagare alla Sacra Rota, a cui però bisogna aggiungere l’onorario dell’avvocato rotale (che va da un minimo di 1.575 euro ad un massimo di 2.995 euro), l’Iva e la Cassa di Previdenza Forense. Tuttavia, se si riesce a dimostrare, tramite documentazione idonea, di non poter versare la cifra di 525 euro, l’importo verrà scalato fino alla totale gratuità.

Anche i tempi si riducono: se prima, per una sentenza definitiva bisognava aspettare almeno due anni, ora per il processo ordinario la tempistica è di circa un anno. Per il processo breve, invece, bastano 30 giorni per decretare la nullità del matrimonio religioso

Maura Corrado La legge per tutti 5 agosto 2017

www.laleggepertutti.it/164020_annullamento-matrimonio-sacra-rota-ed-effetti-civili

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SANAZIONE MATRIMONIO CIVILE

Sanare in senso religioso un matrimonio civile

Sanatio in radice consente di convalidare un matrimonio civile anche senza sposarsi in chiesa. La cosiddetta convalidazione del matrimonio che include la «convalidazione semplice» (cann. 1156-1160) e la «sanazione in radice» (cann. 1161-1165). L’una o l’altra forma dipenderanno, a seconda dei casi, dalla causa della nullità, dal rinnovo o meno del consenso e dalla volontà di perseverare nella vita coniugale.

Il matrimonio canonico nasce dal consenso delle parti giuridicamente abili, in assenza di impedimenti dirimenti e di vizi del consenso, manifestato in forma legittima. Il consenso è naturalmente sufficiente quando è in grado di causare per se stesso il vincolo coniugale, ma è giuridicamente inefficace quando manca l’habilitas giuridica anche di uno solo dei nubendi – per esempio per la presenza di un impedimento dirimente non dispensato o non dispensabile – oppure a causa del difetto della forma prevista per la manifestazione del consenso. Quindi, perché il consenso matrimoniale possa dare vita al vincolo coniugale, è necessario che sia insieme naturalmente sufficiente ed efficace.

Di fronte alla nullità del vincolo si possono seguire tre strade: la dichiarazione di nullità del vincolo; la convalidazione semplice (canoni 1156-1160); la sanazione in radice (canoni 1161-1165). Questi due ultimi percorsi si seguono quando c’è la volontà di perseverare nella vita coniugale.

La convalidazione semplice ha sempre come peculiarità il rinnovo del consenso come nuovo atto di volontà e non come conferma di quello già dato, anche se mai revocato (can. 1157). Essa può costituire un rimedio per un matrimonio nullo dovuto a impedimento dirimente o a difetto del consenso. I canoni 1156-1159 stabiliscono in quale modo potrà essere rinnovato il consenso e se da una o entrambe le parti.

Il matrimonio nullo per vizio di forma, come nel caso dei matrimoni civili, è suscettibile di convalidazione semplice solo se viene contratto di nuovo nella forma canonica (can. 1160). Gli effetti della convalidazione semplice sono ex convalidazione semplice solo se viene contratto di nuovo nella forma canonica (can. 1160). Gli effetti della convalidazione semplice sono ex nunc, cioè dal momento in cui avviene il rinnovo del consenso.

Fatta questa premessa, entriamo nello specifico della sanazione in radice come possibilità di sanare anche i matrimoni celebrati con il solo rito civile, quindi in presenza di un vizio di forma. Occorre precisare che la forma della celebrazione canonica prescritta (canoni 1108 e ss.) deve essere osservata «se almeno una delle parti contraenti sia stata battezzata nella Chiesa cattolica o sia stata ricevuta da essa, salvo quanto prescritto dal can. 1127 §2» (can. 1117).

La sanazione in radice non richiede il rinnovo del consenso in quanto la nullità del matrimonio non deriva da un vizio del consenso, ma da un impedimento dirimente o da un vizio di forma.

In altri termini il consenso manifestato dai nubendi è originariamente sufficiente, quindi integro, ma giuridicamente inefficace per la presenza di un impedimento o di un vizio di forma. Per questo si parla di «sanazione in radice» perché si scende fino al consenso, considerato la radice del matrimonio, per rimuovere quegli ostacoli che lo rendevano giuridicamente inefficace.

La sanazione in radice, che non prevede un intervento attivo dei coniugi con il rinnovo del consenso, è una grazia data dall’Autorità competente come atto amministrativo. Per grave causa tale concessione può essere fatta anche all’insaputa di una o di entrambe le parti (can. 1164), sempre che i coniugi vogliano perseverare nella vita coniugale (can. 1161 §3).

Tanto per fare un esempio, un parroco si accorge che il matrimonio di due coniugi in procinto di celebrare le nozze d’oro è nullo per la presenza di un impedimento dirimente non dispensato a suo tempo, per es. l’età minima richiesta o la consanguineità tra cugini primi (consanguineità in linea obliqua di quarto grado), oppure per un vizio di forma nella celebrazione. La notizia potrebbe sconvolgere la vita degli anziani coniugi nel sapere che per cinquant’anni hanno vissuto, seppure in buona fede, una unione non valida. Per questo il parroco può ricorrere al Vescovo diocesano per chiedere la sanazione in radice all’insaputa dei coniugi ben sapendo che in loro permane la volontà di perseverare nella vita coniugale e che la notizia potrebbe arrecare grave turbamento (canoni 1164; 1161 §3).

Il presupposto per sanare in radice un matrimonio è che ci sia stato un consenso iniziale naturalmente sufficiente da entrambe le parti, che non sia stato revocato e che gli sposi vogliano perseverare nella vita coniugale. L’intervento dell’Autorità competente, Sede Apostolica o Vescovo diocesano, consiste in una concessione in forma graziosa della sanazione attraverso la dispensa dall’impedimento dirimente se esiste e se è dispensabile, e dalla forma canonica se non fu osservata.

Per quanto riguarda il matrimonio di coloro che sono obbligati alla forma canonica, ma hanno scelto un’altra forma pubblica, il can. 1160 non distingue tra difetto sostanziale e carenza totale di forma canonica. Ne deriva che anche coloro che sono tenuti alla forma canonica, ma hanno scelto il rito civile, hanno emesso un consenso naturalmente sufficiente e valido, ma giuridicamente inefficace. D’altra parte il matrimonio civile non è da paragonarsi a una convivenza more uxorio o al concubinato e non deve lasciar presumere a priori che il consenso sia viziato per simulazione o per esclusione del matrimonio così come Dio lo ha istituto nella creazione e la Chiesa lo celebra nel sacramento.

Nella sanazione in radice gli effetti che riguardano lo status canonico dei coniugi per una fictio iuris sono ex tunc, cioè vengono fatti risalire al momento in cui fu emesso il consenso coniugale naturalmente sufficiente (can. 1161 §1), mentre il vincolo matrimoniale sorge ex nunc, cioè al momento della concessione della grazia (can. 1161 §2). Sia per la convalidazione semplice che per la sanazione in radice il vincolo coniugale valido sorge ex nunc e pertanto anche la consumazione del matrimonio dovrà prendere in considerazione questo termine temporale.

La sola riscoperta della fede e il desiderio di sanare il proprio matrimonio non sono in sé sufficienti. Sarà invece necessario esaminare se esistano i presupposti per concedere la grazia della sanazione in radice, ovvero esaminare la forma legittima con cui fu emesso il consenso e se fu naturalmente sufficiente, cioè se la volontà dei nubendi era di celebrare un matrimonio che nella sostanza corrisponde a quello che la Chiesa insegna ai fedeli. Infatti, come abbiamo detto, nella sanazione in radice il consenso non viene rinnovato e l’intervento dell’Autorità competente non potrebbe in nessun modo supplirlo (can. 1057 §1).

Infine, di fronte alla convalidazione come due possibili strade da percorrere attraverso la convalidazione semplice e la sanazione in radice, spetterà ai pastori d’anime, ai Vescovi e alla Santa Sede l’opera di discernimento rispetto a una moltitudine di situazioni che si possono presentare.

p. Francesco Romano, docente di Diritto Canonico alla Facoltà teologica dell’Italia Centrale.

Aleteia 24 luglio 2017

https://it.aleteia.org/2017/07/24/e-possibile-sanare-in-senso-religioso-un-matrimonio-civile

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SCIENZA&VITA

Sostanziali perplessità etiche su recente esperimento di editing genetico

E’ di questi giorni la notizia (pubblicata su una prestigiosa rivista scientifica) che alla Oregon Health and Science University di Portland, negli USA, un team di scienziati sarebbe riuscita a correggere – per la prima volta in alcuni embrioni umani – un gene difettoso (denominato MYBPC3), responsabile di una grave patologia cardiaca (la cardiomiopatia ipertrofica) che costituisce la causa più comune di morte improvvisa in giovani atleti in salute. La correzione del gene mutato è stata realizzata mediante l’innovativa tecnica CRISPR–Cas9, una specie di “forbice” molecolare in grado di eliminare selettivamente parti indesiderate del genoma e sostituirle con nuovi tratti di DNA.

L’esperimento è stato condotto su embrioni precoci (4-8 cellule), ottenuti in vitro, alcuni dei quali presentavano il difetto genetico in questione. Alla fine dell’esperimento, tutti gli embrioni (il cui numero totale non è riportato) prodotti e utilizzati sono stati distrutti.

La potenziale portata di questa sperimentazione, in termini di capacità di intervento sul DNA embrionale, inevitabilmente fa sorgere anche delle importanti questioni di carattere etico, che Scienza & Vita vuole proporre pubblicamente, come base di confronto e approfondimento comune.

A livello di principio, la finalità ultima di questo esperimento – ovvero, la messa a punto di una nuova terapia per sconfiggere gravi malattie genetiche – non può che essere valutata positivamente, come ogni sforzo messo in campo dalla medicina moderna per la cura della nostra salute. Ma ogni impegno in tal senso si realizza, di fatto, in determinate circostanze concrete, che vanno anch’esse esaminate sotto il profilo etico, sempre avendo come inderogabile punto di riferimento l’essere umano e la sua peculiare dignità.

Nel caso di cui ci occupiamo, ad esempio, lo sforzo encomiabile di trovare nuove vie per “salvare vite umane” sta passando – paradossalmente – per la distruzione di numerosi embrioni (non sono forse anche loro vite umane, pur ad uno stadio precoce di sviluppo?), appositamente prodotti in laboratorio per essere utilizzati come materiale da esperimento. Un’evidenza, questa, che non può essere negata né taciuta. Peraltro – secondo i dati pubblicati – questo “sacrificio” di vite nella fase iniziale ha dato risultati parziali (meno del 50% di successo nella correzione della mutazione) e sicuramente ancora molto lontani dal permettere il passaggio ad una loro applicazione clinica. Sarebbe pertanto auspicabile che questa sperimentazione potesse proseguire con altri modelli animali, senza causare distruzione di embrioni umani.

L’altro aspetto che pone interrogativi etici è l’utilizzo di una tecnica (la CRISPR–Cas9) di “editing” genetico capace di produrre – se applicata ad un embrione precoce – modificazioni genomiche stabili e trasmissibili alle future generazioni. In questo caso specifico, abbiamo già ricordato che la finalità ultima è terapeutica (la correzione di un difetto genetico). Ma si può escludere che, una volta messa a punto, essa non possa essere utilizzata per finalità differenti? Come escludere l’idea – di stampo “eugenetico” – di poter ottenere esseri umani “modificati”, con determinate caratteristiche volute dal committente? Una simile prospettiva sarebbe inquietante e pericolosa, potenziale sorgente di inaccettabili discriminazioni ed imprevedibili esiti globali in particolar modo per le generazioni future.

Rifuggendo, dunque, dalla superficiale e frettolosa tentazione di preferire il “mettere da parte” una risorsa tecnica che può invece risultare preziosa per la cura della nostra salute – quale sembra essere la CRISPR–Cas9 – , ribadiamo invece l’imprescindibile esigenza di vigilare comunitariamente, con responsabilità attenta e condivisa – ciascuno in base al proprio compito sociale – perché le finalità applicative di tutte le risorse a disposizione della scienza medica siano sempre orientate al bene comune, senza mai richiedere o, peggio, imporre il sacrificio dei singoli, soprattutto dei più deboli e indifesi. La persona umana, infatti, precede in valore la società intera.

Tutto ciò, a conferma del fatto che l’autentico progresso della scienza passa sempre per una virtuosa alleanza con il confronto etico; insieme, questi due approcci di conoscenza della realtà possono garantire vicendevolmente la fedeltà al loro fine comune: il bene integrale della persona umana.

Comunicato stampa 4 agosto 2017

www.scienzaevita.org/scienza-vita-sostanziali-perplessita-etiche-su-recente-esperimento-di-editing-genetico

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SESSUALITÀ

Questionario sul sesso nelle scuole, mai contro le famiglie.

Indagine sulla salute sessuale degli adolescenti. Il ministero della Salute: genitori e studenti potranno decidere di non partecipare. Nasce il «dissenso informato»

«Non c’è nessuna volontà da parte del ministero di sostituirsi alle famiglie su un terreno così delicato e così importante come quello dell’educazione all’affettività e alla sessualità. Anzi la nostra convinzione è che tra famiglie e istituzioni ci dev’essere piena collaborazione». Una premessa indispensabile, secondo Serena Battilomo, responsabile del Settore donna e soggetti vulnerabili (bambini, anziani, disabili, ecc.) del ministero della Salute, per tornare a parlare dell’Indagine nazionale sulla salute sessuale e riproduttiva degli adolescenti di cui avevamo già dato notizia il 6 luglio scorso. In quell’occasione avevamo anche dato conto di alcune perplessità emerse nell’ambito delle associazioni del Fonags (che raggruppa alcune realtà di genitori nell’ambito della scuola) a cui l’inchiesta era stata presentata in anteprima. Formule discutibili sul coito interrotto e sulla gravidanza. E poi una definizione minimalista della pillola del giorno dopo considerata semplicemente contraccettiva e non, come in realtà è, abortiva.

Ora Serena Battilomo assicura che il questionario è stato modificato proprio alla luce di quanto espresso dalle associazioni dei genitori. Chiarita anche la questione del cosiddetto ‘dissenso informato’ che i genitori potranno esprimere alla luce dell’informativa diffusa in tutte le classi. «Abbiamo preferito parlare di ‘dissenso’ e non di ‘consenso informato’, perché nel secondo caso avremmo dovuto attendere la restituzione di un modulo firmato. Con il ‘dissenso’ invece – una volta presentato in classe il progetto e distribuito il materiale informativo – i genitori potranno esprimere la loro eventualità contrarietà alla partecipazione. Ma può essere il ragazzo stesso a decidere di non partecipare. In ogni caso siamo a disposizione per fornire tutte le informazioni sia attraverso gli insegnanti sia attraverso personale formato proprio per questa indagine».

Il ‘dissenso informato’ consente di non compromettere l’indagine, superando il rischio indifferenza che spesso è presente tra i genitori degli adolescenti. «Proprio perché vogliamo che questa indagine sia rappresentativa di quello che i ragazzi conoscono realmente a proposito della salute sessuale e riproduttiva – prosegue la responsabile del Settore salute della donna – vogliamo indagare anche in quell’ambito di popolazione forse meno consapevole e meno attenta ai problemi».

L’ultima indagine sul tema svolta nelle scuole risale a 17 anni fa. Ora, all’inizio dell’anno scolastico, prenderà il via il nuovo progetto che va a inquadrarsi in quel Piano nazionale sulla fertilità fortemente voluto dalla ministra Lorenzin. Si tratterà di una grande iniziativa. In questa prima fase verranno coinvolti gli adolescenti – in particolare i sedicenni – poi toccherà agli studenti più grandi e infine agli universitari. In tutto circa ventimila studenti.

«Parlare di salute sessuale e riproduttiva è quanto mai urgente – riprende Battilomo – perché i giovani sono bombardati da informazioni a velocità della luce: i mondi dei social e di Internet riversano valanghe di dati che però non sono attenti alla gradualità con cui queste nozioni andrebbero proposte». Da qui la necessità di fare chiarezza, cercando di scoprire cosa sappiamo oggi di quello che i giovani pensano nell’ambito della sessualità e della riproduzione. Secondo l’esperta «molto poco». Sia perché l’ultima indagine completa è dell’anno Duemila, sia perché sono cresciuti a dismisura comportamenti a rischio come alcol, droga, promiscuità sessuali. «I giovani sanno che questi stili di vita possono incidere pesantemente sulla loro fertilità? Noi facciamo abbastanza per informarli? Eppure, per intervenire, il fatto di avere a disposizione un quadro epidemiologico nazionale rappresentativo è indispensabile».

Ma cosa significa intervenire? «Avviare un progetto di educazione nazionale all’affettività e alla sessualità in concerto con le famiglie e con la scuola. Siamo consapevoli che si tratta di un terreno a rischio, ma sarebbe colpevole da parte delle istituzioni non intervenire di fronte a una confusione crescente. Ma, lo ripeto, non faremo nulla senza il consenso delle associazioni familiari e dei genitori. Ogni passo verrà comunicato e deciso di comune accordo». E noi promettiamo fin d’ora di darne conto.

Luciano Moia Avvenire 28 luglio 2017

www.avvenire.it/attualita/pagine/sesso-mai-contro-le-famiglie

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UNIONE CONSULTORI ITALIANI PREMATRIMONIALE E MATRIMONIALI

Ricordo affettuoso del card. Dionigi Tettamanzi.

Post hoc, non est propter hoc; però!

Ho incontrato più volte il card. Dionigi Tettamanzi, la prima quando era al Seminario arcivescovile di Milano, in corso Venezia. In seguito in altre occasioni significative, quando per dieci anni, dal 1979 al 1989, è stato consulente ecclesiastico della Confederazione italiana dei Consultori familiari di ispirazione cristiana (Cfc). Erano gli anni della presidenza dell’on. Ines Boffardi (1978-1992). Era stata la prima donna a ricoprire la carica Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega alla condizione femminile, dal 30 novembre 1978 al 3 agosto 1979 in due Governi Andreotti (IV e V).

Ho avuto la sensazione che mitigasse con pazienza e mitezza l’irruenza della onorevole, già partigiana e politica di professione, tesa a piantare la propria bandierina in ogni diocesi italiana, anche a discapito dei consultori familiari dell’UCIPEM, istituita in precedenza il 24 marzo 1968, con l’aggregazione di 29 centri di ispirazione cristiana, già operanti da tempo sulla scia dell’Istituto La Casa di Milano, che con don Paolo Liggeri istituì il primo consultorio familiare in Italia il 15 febbraio 1948.

Incontrai nuovamente il Cardinale nella sua veste di Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana (1991-1995) sotto la Presidenza del card. Camillo Ruini.

L’occasione era il decennale dell’Esortazione apostolica Familiaris Consortio (22 novembre 1981) di Giovanni Paolo II. Mons Tettamanzi invitò a Roma i responsabili di Associazioni Familiari ed anche, con grande sorpresa, il Presidente dell’UCIPEM per costituire il Forum delle Associazioni Familiari. Mi presentai ed ebbi un cordiale colloquio con lui. Infatti dal 1987 ho retto la Presidenza (sino al 2003).

Presentati tre problemi:

  1. L’Ucipem non è un’Associazione di famiglie, ma una Unione di consultori familiari, struttura che opera nell’area delle problematiche familiari. I Soci sono i consultori, non gli operatori.

  2. L’UCIPEM è un’organizzazione a confessionale, laica di ispirazione cristiana, non dipendente dalla struttura ecclesiale. Non ha assistenti ecclesiastici, anche se il consultorio ha come operatore il consulente etico, che può anche essere un laico.

  3. Contestualmente con l’approvazione del documento Evangelizzazione e sacramento del matrimonio la XII Assemblea Generale della CEI (presidente card. Antonio Poma) prese le seguenti deliberazioni conclusive: Raccomandazione e voti. §2 Sostenuti dalle Chiese locali e collegati con gli altri organismi della pastorale familiare, sorgano a livello diocesano, o almeno interdiocesano, o regionale, Consultori familiari professionalmente validi e di sicura ispirazione cattolica. Nello stesso tempo si sappiano valorizzare, con spirito di apertura e di discernimento, i contributi offerti anche agli stessi cristiani, dai Consultori già esistenti. Adeguate forme di collaborazione e di collegamento potranno essere studiate e gradualmente realizzate. (20 giugno 1975).

Lui sorrise e abilmente propose di modificare alcuni dei nostri documenti: probabilmente la Carta del 1979. Alla mia richiesta di precisazioni, sorrise e non disse altro. Ritengo che fosse stato sollecitato a quell’intervento, ma non lo condividesse.

L’ufficio nazionale CEI per la pastorale della famiglia il 1 novembre 1991 presentò il documento I consultori familiari sul territorio e nella comunità. In esso al § 30 è scritto: Molti dei consultori promossi da centri e associazioni o gruppi cattolici, ma non di dichiarata ispirazione cristiana, sono associati all’UCIPEM (Unione dei consultori italiani prematrimoniali e matrimoniali).

Il Forum venne costituito nel 1992. Nello statuto art. 1.2.b: Si considerano familiari quelle Associazioni e Organismi che hanno nel loro statuto, o tra le finalità qualificanti, la tutela e/o la promozione dei diritti della famiglia, anche mediante la prestazione di servizi ad essa diretti.

Nella qualità di presidente dell’UCIPEM firmai il 17 marzo 1992 l’atto fondativo come rappresentante di Socio effettivo, mentre la Confederazione dei Consultori Familiari di Ispirazione cristiana preferì allora essere semplicemente “osservatore”.

 

Il preambolo al Patto associativo del Forum delle Associazioni Familiari recita:

Le associazioni, i movimenti e le organizzazioni che operano in Italia a favore ed a sostegno della famiglia e per la promozione dei suoi diritti, nello spirito di quanto evidenziato dalla «Carta dei diritti della famiglia» (Santa Sede, 1983), riconoscono la fondamentale importanza di costituirsi in una associazione nazionale. Essa, operando nell’ambito sociale, politico ed ecclesiale secondo il principio di sussidiarietà, sarà così in grado di presentarsi come espressione unitaria e di perseguire quindi con maggiore forza e rilevanza la realizzazione delle legittime aspettative e richieste delle famiglie e delle Associazioni che rappresenta.

Il Patto che fonda questa associazione (detto Patto Associativo) trae le sue origini dalla richiesta formulata dal Sinodo dei Vescovi riunito a Roma nel 1980 sul tema «I compiti della famiglia cristiana nel mondo di oggi». Papa Giovanni Paolo II, nell’esortazione apostolica «Familiaris consortio», [22 novembre 1981], al n. 46 accolse tale richiesta del Sinodo e, il 22 ottobre 1983, presentò la suddetta «Carta dei diritti della famiglia» facendo «appello a tutti gli stati, alle organizzazioni internazionali e a tutte le istituzioni e persone interessate, perché rispettino questi diritti ed assicurino il loro effettivo riconoscimento e la loro osservanza.»

«Essa mira a presentare a tutti i nostri contemporanei, siano essi cristiani o no, una formulazione – la più completa ed ordinata possibile – dei fondamentali diritti inerenti a quella società naturale e universale che è la famiglia.» [L’Osservatore romano, 25.11.1983].

Nella «Familiaris consortio» al paragrafo n. 44, s’individua il «compito sociale e politico» della famiglia: «Il compito sociale delle famiglie è chiamato ad esprimersi anche in forma di intervento politico: le famiglie, cioè, devono, per prime, adoperarsi affinché le leggi e le istituzioni dello Stato non solo non offendano, ma sostengano e difendano positivamente i diritti e i doveri della famiglia. In tal senso le famiglie devono crescere nella coscienza di essere protagoniste della cosiddetta politica familiare e devono assumersi la responsabilità di trasformare la società: diversamente le famiglie saranno le vittime di quei mali che si sono limitate ad osservare con indifferenza.»

Nella stessa esortazione apostolica al n. 45, nel trattare il tema «La società al servizio della famiglia», si introduce il principio di sussidiarietà: «In forza di tale principio lo Stato non può né deve sottrarre alle famiglie quei compiti che esse possono egualmente svolgere bene da sole o liberamente associate, ma deve positivamente favorire e sollecitare al massimo l’iniziativa responsabile delle famiglie. Convinte che il bene della famiglia costituisce un valore indispensabile e irrinunciabile della comunità civile, le autorità pubbliche devono fare il possibile per assicurare alle famiglie tutte quegli aiuti – economici, sociali, educativi, politici, culturali – di cui hanno bisogno per far fronte in modo umano a tutte le loro responsabilità.»

Il direttore editoriale Giancarlo Marcone

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UNIONI CIVILI

Il primo divorzio a Savona

Arrivano i primi casi di scioglimento delle unioni nate dopo la legge Cirinnà. Ecco come funziona il divorzio nelle unioni civili. Con le gioie arrivano anche i dolori. E dopo aver celebrato le conquiste della legge Cirinnà che disciplina le unioni civili, arrivano anche i primi casi di divorzio.

La prima sentenza di divorzio nel campo delle unioni civili è stata emessa nei giorni scorsi dalla sezione civile del tribunale di Savona. I due coniugi, uno straniero e l’altro residente in un paese del ponente savonese, si erano sposati lo scorso anno, dopo qualche mese però il sogno d’amore dei due omosessuali è naufragato, pare per difficoltà di rapporti e convivenza.

Così i due uomini si sono presentati davanti ai giudici del tribunale per mettere la parola fine al matrimonio ed avviare tutte le pratiche previste dalla Cirinnà in tema di regime patrimoniale all’interno della coppia.

Si ricorda che, in virtù di quanto previsto dalla legge numero 76/2016, ognuno dei partner è libero di chiedere il divorzio in qualsiasi momento, anche se l’altro non è d’accordo. Serve però formalizzare lo scioglimento del legame. Le unioni civili possono sciogliersi in modo più veloce poiché non serve passare per la formale separazione, ma è sufficiente che i partner comunichino all’ufficiale di stato civile, anche disgiuntamente, la loro intenzione di dividersi. Dopo tre mesi da questo passaggio si potrà proporre domanda di divorzio.

Le possibilità di arrivare al divorzio si uniformano a quanto l’ordinamento italiano stabilisce per il matrimonio: procedere in tribunale, davanti al sindaco o ricorrendo alla negoziazione assistita da avvocati. Al soggetto della coppia economicamente più debole può essere riconosciuto il diritto agli alimenti posti a carico dell’altro e l’assegnazione della casa.

In alcuni casi, tuttavia, l’unione civile si scioglie automaticamente: non solo nelle ipotesi in cui il partner muoia o sia dichiarata la sua morte presunta, ma anche nell’ipotesi di rettifica di sesso da parte di uno dei due compagni. Contrariamente a quanto avviene per il matrimonio, si segnala che per le coppie unite da un’unione civile non è possibile chiedere lo scioglimento della stessa in maniera semplificata rispetto all’iter normale in caso di mancata consumazione del rapporto.

Vedi anche www.studiocataldi.it/articoli/24844-il-divorzio-nelle-unioni-civili.asp

Gabriella Lax Newsletter Giuridica Studio Cataldi 3 agosto 2017

www.studiocataldi.it/articoli/27022-unioni-civili-il-primo-divorzio-a-savona.asp

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